IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (VIII)

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (VIII)

CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO

SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA

DI

FRANCESCO SPIRAGO

Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.

Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.

Trento, Tip. Del Comitato diocesano.

N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.

Imprimatur: Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.

PRIMA PARTE DEL CATECHISMO:

FEDE (5).

6. LA DIVINA PROVVIDENZA.

La Divina Provvidenza è la conservazione ed il governo dell’universo.

Nessuna verità è più spesso ripetuta nelle Sacre Scritture. Scritture.

1. DIO PRESERVA IL MONDO, CIOÈ PERMETTE AGLI ESSERI L’ESISTENZA FINCHÉ EGLI VOGLIA.

Una palla tenuta da un filo cade non appena il filo viene lasciato andare, e il mondo intero cadrebbe nel nulla se Dio non lo preservasse con il suo potere. Per garantire la loro conservazione, Dio dà alle creature ciò che è necessario per la loro esistenza. La moltiplicazione dei pani è un miracolo che si ripete ogni anno nei campi (S. Aug.); un chicco ne produce altri cento e una piccola patata ne produce una dozzina più grandi. I miracoli sono eventi quotidiani, ma nella loro frequenza non fanno più impressione su di noi”. (S. Aug.) – Tuttavia gli esseri non sussistono più a lungo di quanto Dio voglia; ci lascia morire quando gli piace. (Ps. CIII, 29). La luna cessa di brillare quando il sole cessa di splendere su di essa, e l’uomo cessa di vivere, non appena Dio cessa di sostenere la sua vita (Alb. Stolz). Gesù Cristo ha detto: “Il cielo e la terra passeranno” (S. Luc. XXI, 23), non saranno annientati. Ciò sarebbe contrario alle perfezioni di Dio, che cambierà l’universo in un mondo migliore. Aspettiamo un cielo nuovo e una terra nuova” (II S. Pietro III, 13).

2. DIO GOVERNA IL MONDO, CIOÈ DIRIGE TUTTE LE COSE IN MODO CHE SERVANO ALLA SUA GLORIA ED A NOSTRO VANTAGGIO.

Il mondo è governato da Dio, come un treno ferroviario dal macchinista, come una nave è governata dal pilota. Dio dirige gli astri secondo leggi fisse (Is. XL, 26), in modo che il firmamento parli della sua gloria (Sal. XVIII, 2). Egli dirige i popoli (Dan. IV, 32) e dirige il popolo giudaico in particolare. L’intervento di Dio è visibile nelle vite di Giuseppe, Mosè, Gesù Cristo e altri, e non meno nei destini della Chiesa cattolica. Tuttavia, non sempre riusciamo a comprendere gli scopi di Dio. “Questi disegni sono enigmatici come la marcia regolare delle lancette di un orologio per l’osservatore che non ne ha idea.. (Drexelius), – Quando si vede il disordine dei fili di un tappeto, ci si chiede come il disegno così regolare del viso possa rispondervi.. Così certi eventi ci sembrano dannosi a prima vista; ma Dio sa come dirigerli in modo che servano alla sua gloria e alla nostra felicità. Spesso dopo aver visto la piega che hanno preso certi eventi, ci troviamo nella posizione di esclamare con Davide: Dio ha fatto questo, ed è una meraviglia davanti ai nostri occhi. (Sal. CXVII, 23).

Non c’è un solo uomo di cui Dio non si prenda cura qui sulla terra.

Una madre si dimenticherebbe del suo bambino, ma Dio non si dimenticherà mai di noi. (Is. XLIX, 15). Egli si prende cura degli animali e degli esseri inanimati. Dio, dice Gesù Cristo, si prende cura degli uccelli del cielo, degli animali e dell’erba dei campi (S. Matth. VI, 25-30). Tutti gli esseri, volenti o nolenti, sono soggetti alla provvidenza di Dio (S. Aug.).

Dio si prende cura in modo particolare di ciò che è umile e disprezzato dal mondo.

Dio ha fatto sia gli umili che i potenti e si prende cura di entrambi in egual misura. (Sap. VI, 8). Dio è grande negli esseri più piccoli; basta guardare al microscopio una goccia d’acqua, la struttura di una piccola pianta o di un piccolo insetto. Dio è più glorioso in ciò che è umile. (I Cor ï; 27); d’ordinario uomini comuni come Giuseppe, Mosè, Davide, Daniele, ecc. vengono da Lui innalzati dall’oscurità per essere innalzati alle più alte dignità; gli Angeli annunciano la nascita del Salvatore ai pastori a preferenza dei superbi farisei; un’umile vergine viene scelta come sua madre e semplici pescatori come suoi Apostoli. È ai poveri che fa annunciare il Vangelo (S. Matth. XI, 5), agli umili dà la sua grazia (S. Giac. IV, 6), ecc. Così Davide gridava: “Chi è come il Signore, nostro Dio, che abita nei luoghi più alti e guarda gli umili. Egli solleva il bisognoso dalla polvere e innalza il povero dal letamaio per metterlo con i principi del suo popolo”. (Sal. CXII, 5-8). – È quindi una follia credere che a Dio non interessi ciò che accade quaggiù.

Nulla accade nella nostra vita senza l’ordine o il permesso di Dio.

Non è per il vostro tradimento”, disse Giuseppe ai suoi fratelli, “che sono venuto qui, ma per volontà di Dio (Gen. XLV, 8). Cristo ci dice che i capelli del nostro capo sono numerati, cioè che la Provvidenza si estende agli eventi più minuti della nostra vita. (S. Math. X, 80). Di conseguenza, nulla avviene per puro caso. Senza dubbio, non conosciamo la causa di molti eventi, ma Dio, che li dirige, la conosce. È una bestemmia alla divinità”, dice S. Efrem, “parlare seriamente del caso”. Nulla è fortuito, tutto viene dalla mano di Dio. – È importante capire quando diciamo che tutto accade per volontà di Dio. Dio non vuole che siamo uccisi, saccheggiati, insultati, ecc.; certi mali, cioè non li impedisce, anche se può farlo. Questo permesso non è un’approvazione, ma deriva dal fatto che Dio lascia l’uomo libero e ha il potere di volgere al bene il male che non ha impedito.

Dio volge al bene il male che Egli permette.

Dio ci ama infinitamente (S. Giovanni IV, 16) ed ha una sola intenzione, quella di farci del bene; le disgrazie, le tentazioni, persino il peccato, diventano strumenti della nostra felicità. (Genesi L, 80). Giuseppe, ad esempio, è stato venduto, gettato in prigione e tutto ciò ha contribuito alla sua elevazione al trono, alla salvezza degli Egiziani minacciati dalla carestia, e alla felicità dei suoi fratelli. La cattività degli Ebrei ha dato la conoscenza del vero Dio e la promessa del Redentore. (Tob. XIII, 4). Le persecuzioni dei primi secoli servirono solo a diffondere il Cristianesimo, perché l’ammirazione dei pagani per la costanza dei martiri li spinse a studiare la loro religione. Le guardie poste davanti alla tomba di Cristo sottolineavano la grandezza del miracolo della sua risurrezione , e “l’incredulità di Tommaso ci è più utile della fede degli altri Apostoli” (S. Aug.). Il peccato di Pietro lo ha reso umile e capace di perdonare i suoi fratelli, mentre quello di Giuda ha portato alla redenzione del mondo. Il demonio stesso è costretto a servire la nostra salvezza attraverso la glorificazione di Cristo. “Quanto sono incomprensibili ed imperscrutabili le sue vie! (Rm XI, 33). – Ciò che Dio Dio ci manda è buono, anche se sembra il contrario. – Ciò che ci manda è buono anche se ha apparenze contrarie.

3. IL VERO CRISTIANO, QUINDI, SI RASSEGNA NELLE DISGRAZIE ALLA VOLONTÀ DI DIO.

Gesù Cristo ci ha insegnato a dire a Dio nella preghiera: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. – Pietro ci esorta a “gettare tutte le nostre angosce nel seno di Dio, perché Egli ha cura di noi” (I. S. Pietro V, 7). Chiunque con la coscienza a posto può dire con Davide: “E se un esercito si alzasse contro di me, il mio cuore non teme”. (Sal. XXVI, 3). Prima di tutto, non dobbiamo agitarci per cose insignificanti, come ad esempio una temperatura che non ci piace. Soprattutto, dobbiamo rassegnarci alla volontà di Dio in eventi che non possiamo cambiare: malattie, rovesci di fortuna, la morte dei nostri genitori, le persecuzioni, le carestie, le guerre, ecc. dobbiamo rassegnarci alla morte. Ahimè, troppo spesso siamo come quelli che seguono Gesù nella moltiplicazione dei pani e, come i suoi discepoli, lo abbandoniamo nell’Orto degli Ulivi quando si tratta di bere con Lui il calice dell’agonia. (Thomas de Kempis). – Per conservare l’affetto dei nostri amici, ci sottomettiamo a tutti i loro capricci. Non ci preoccupiamo dell’amicizia di Dio.

Chi nella disgrazia si rassegna con gioia alla volontà di Dio, ottiene la vera pace, raggiunge una grande perfezione e riceve le benedizioni di Dio.

L’anima rassegnata è come una bussola che, una volta orientata verso il polo, mantiene la sua direzione, nonostante l’agitazione esterna (Rodriguez). È possedere il cielo sulla terra, sottomettersi alla saggezza di Dio (S. Aug.). Dio rimane calmo, nonostante la tribolazione; la tribolazione scompare come una scintilla che cade nell’immensità dell’oceano. (S. G. Cris.). L’uomo rassegnato non sente il dolore, perché lo ama come proveniente da Dio e dalla sua santa volontà (Marie Lataste); non porta la sua croce in senso stretto, la porta con sé in un’auto. Chi non si rassegna è costretto a trascinarla con difficoltà. (San Doroteo). – Colui che rinuncia maggiormente alla propria felicità per sottomettersi più perfettamente a quella di Dio arriva molto presto a una perfezione altissima (Santa Teresa ); non si può fare nulla di più gradito a Dio; Dio preferisce questa virtù al digiuno, al cilicio, ad ogni tipo di sacrificio. (Marie Lataste). L’anima rassegnata raggiungerà sicuramente la felicità eterna; è come chi si trova su una nave e ne segue tutti i movimenti, ed entra con essa nel porto della salvezza (S. Francesco di Sales). L’anima rassegnata ottiene già quaggiù la felicità e le benedizioni celesti. – Si dice che i campi di un aratore fossero sempre più fertili di quelli dei suoi vicini. Uno di loro gli chiese perché? Lui rispose: “Perché ho sempre il tempo che mi conviene”. L’altro rimase sbalordito. “Questo significa – continuò, che sono sempre contento del tempo che il buon Dio fa. Gli piace ed è per questo che Egli benedice il mio lavoro”. Basta ricordare le benedizioni di cui Dio ha ricolmato Giobbe.

L’esempio più bello di rassegnazione ci è stato dato da Cristo nell’Orto degli Ulivi.

“Padre – disse Gesù Cristo nell’orto – non la mia volontà, ma la tua sia fatta”. (S. Luc XXlI, 42). Cristo è stato obbediente a suo Padre, fino alla morte ed alla morte di croce. (Filipp. II, 8). La rassegnazione del patriarca Giobbe ne è stata la figura. – Miriadi di Angeli trovano la loro felicità nel compimento della volontà di Dio. “I più crudeli tormenti – diceva Santa Maddalena dei Pazzi – e le più pesanti tribolazioni, le sopporterei con gioia non appena sapessi che provengono dalla volontà divina”; questo è il linguaggio di tutti i Santi.

Sulla riconciliazione della Divina Provvidenza con le disgrazie dei giusti e la felicità dei malvagi.

Questo mistero non deve farci dubitare della Provvidenza, perché questa disgrazia e felicità sono solo apparenti. “La felicità di coloro che sono vestiti di porpora – diceva il filosofo Seneca – spesso non è più reale della felicità degli attori sul palcoscenico che portano lo scettro o il diadema imperiale. Il piacere del peccato è tale che si finisce per non goderne più (S. Bem.).

1. Nessun peccatore è veramente felice e nessun giusto è veramente infelice.

Non c’è felicità senza felicità interiore, che esiste solo nel giusto e non nell’empio.

Il mondo, cioè le ricchezze, i piaceri della tavola e della carne, gli onori, ecc. non ci danno la vera pace (S. Giovanni XI, 27); questa la si ottiene solo praticando i comandamenti di Cristo (S. Matth. XI, 29). La pace interiore e la felicità di quaggiù sono un frutto dello Spirito Santo che si produce solo con la virtù (L. de Gr.); e chi possiede la pace dell’anima è veramente ricco, perché possiede il tesoro più grande (S. Ambr.). – Gli empi non hanno pace; sono come il mare che non si riposa mai (Is. LVII, 20), Il giusto, anche se vestito di stracci e soffrendonla fame, gode di continue delizie, è mille volte più felice del peccatore sul trono, vestito di porpora e inebriato dai piaceri. L’allegria e la gioia non vengono né dal potere, né dalle ricchezze, né dalla forza corporea, né da una tavola imbandita, né da abiti preziosi, né da nulla di simile, ma ma dalla virtù e dalla buona coscienza. (S. Giov. Chr.).

2. Inoltre, la felicità dei senza Dio è solo temporanea.

Quanto è stata breve, ad esempio, la carriera di un Napoleone che ha sacrificato la vita di tanti uomini alla sua ambizione! L’uomo senza Dio assomiglia al cedro del Libano; un momento prima alza la sua testa orgogliosa, poi viene abbattuto e scompare (Sal. XXXVI, 36). L’edificio della sua felicità poggia sulla sabbia; viene la pioggia e tutto viene spazzato via (S. Matth. V, 27).

La felicità dell’empio è come il fungo che cresce in una notte e scompare immediatamente.

3. LA VERA PUNIZIONE ARRIVERÀ SOLO DOPO LA MORTE.

Molti dei primi, dice Nostro Signore, saranno gli ultimi e molti degli ultimi saranno i primi. (Matteo XIX, 30). La parabola dell’uomo ricco e di Lazzaro ci mostra che nell’altra vita, più di un grande e ricco invidieranno la sorte di colui che è venuto a mendicare alla loro porta. “Dio prepara per i suoi una vita futura migliore e più deliziosa di quella attuale. Se non fosse così Egli non potrebbe permettere la prosperità di tanti empi e le miserie di tanti Santi. La giustizia esigerebbe da Lui che il peccato e la virtù abbiano la loro sanzione quaggiù. (S. Giov. Chr.) In questa vita il piacere è la parte dei malvagi, la tristezza quella dei buoni; nella vita futura i ruoli saranno cambiati. (Tert.)

4. Il peccatore riceve quaggiù la ricompensa per il poco bene che ha fatto; il giusto è molto spesso punito qui sulla terra per le colpe che ha commesso.

“Guai a voi, uomini ricchi – dice Gesù Cristo – perché avete già la vostra consolazione”(S. Luc. VI, 24).

Sulla riconciliazione della Provvidenza con il peccato.

Né il peccato né le sue conseguenze devono scuotere la fede e la Provvidenza in noi.

1. Il peccato e le sue conseguenze non vengono da Dio (Conc. di Tr. VI, 6) ma dall’abuso della nostra libertà.

Dio ha creato l’uomo libero; per questo non pone ostacoli, nemmeno alle sue azioni malvagie. Ha gravi ragioni per farlo. Se non potesse accadere nulla di male, non ci sarebbe alcuna opportunità per l’uomo di fare il bene; se l’uomo non avesse la possibilità di scegliere tra il bene e il male, ma fosse forzato a fare il bene come una macchina, non avrebbe diritto ad una ricompensa. (Non dimenticate la parabola della zizzania e del grano (Matth. XIII, 24). Dio non permetterebbe mai il male che deriva dall’abuso della libertà, se non fosse potente abbastanza da trarne il bene (S. Aug.).

2. Dio, nella sua sapienza, volge anche il peccato al bene.

Giuseppe disse giustamente ai suoi fratelli: “Avevate disegni malvagi contro di me, ma Dio li ha trasformati in bene.” (1 Mosè, L, 20). Dio ha realizzato la redenzione del mondo attraverso il tradimento di Giuda; ha preferito far nascere il bene dal male (S. Aug.) L’ape raccoglie il miele dalle piante velenose, e il vasaio fa vasi meravigliosi da un fango sordido; questo è il modo in cui Dio agisce.

3. Inoltre, non si addice a noi, povere creature, scrutare i disegni segreti di Dio; dobbiamo solo adorarli e sottometterci umilmente ad essi.

Queste riflessioni sul peccato si applicano anche alle conseguenze del peccato, cioè alle sofferenze terrene.

VII. IL CRISTIANO PROVATO DALLA SOFFERENZA.

L’uomo può soffrire nel corpo e nell’anima o in entrambi.

Gli Apostoli picchiati con le verghe soffrivano nel corpo, i fratelli di Giuseppe, trattati così duramente da lui, soffrivano nell’anima. (I Mosè XLII, 21) soffrivano nella loro anima; le sofferenze di Giobbe nelle sue prove erano sia spirituali che corporali. – Il dolore può essere meritato o immeritato; il figliol prodigo soffriva per sua colpa, Giuseppe e Giobbe erano innocenti. – Ma il dolore immeritato è anche una conseguenza del peccato originale.

1. NESSUNO PUÒ ESSERE SALVVATO SRNZA SOFFRIRE PERCHÉ NESSUNO SARÀ INCORONATO SE PRIMA NON COMBATTE (II Tim. II, 5).

È impossibile conquistare un regno – e quindi anche il regno dei cieli – senza lotta e vittoria. Cristo, come disse ai ai due discepoli sulla via di Emmaus, non volle entrare nella sua gloria se non attraverso la sofferenza (S. Luc. XXIV, 26). Prima aveva detto: “Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me. (S. Matth. X, 38) Il ritorno al paradiso è possibile solo attraverso il paradiso del dolore e non attraverso il paradiso del piacere. (Mar. L at). La via del paradiso è dolorosa. Le pietre della Gerusalemme celeste sono sono tagliate qui sotto (S. P. de Sales). Il lino, dice S. Uupert, dà una bella stoffa bianca solo dopo essere stato pestato, ritrattato, steso e innaffiato; l’anima assomiglierà a questo tessuto splendente solo dopo aver subito le stesse prove. Le anime, come i covoni, restituiscono la loro ricchezza solo passando sotto il flagello. È con lo scalpello che Dio scolpisce gli angeli umani. Voler andare in cielo senza soffrire è come raggiungere un bene senza volerlo pagare (Tertulliano), è dimostrare di non essere sinceri (Gerson). – Perfezione (santità) e sofferenza sono indissolubilmente legati: non c’è opera buona senza ostacolo, non c’è virtù senza lotta.

Dio quindi non lascia nessun giusto senza un po’ di dolore.

Il medico agisce come Dio: se dispera della guarigione di un paziente, gli concede ogni tipo di cibo; se, al contrario, riesce a guarirlo, lo mette a dieta e prescrive pozioni che in genere non sono molto piacevoli. “Il latte è il cibo dei bambini, la tribolazione quella degli eletti”. (S. Vinc. Fer.). Quale santo è mai stato incoronato senza tribolazioni! Cercate e troverete che tutti hanno sofferto la croce e il dolore (Ger.).

Ai suoi santi Dio ha destinato una spada per il cuore quaggiù e una corona per la fronte lassù (Alb. Stolz). – Dio, tuttavia, non lascia il dolore dei giusti senza consolazione. Dio è come una madre che mescola la dolcezza del miele con l’amarezza della medicina, o che mostra immagini al figlio malato, in modo che senta meno il dolore. Dio tesse i giorni dei giusti con un’ammirevole varietà di gioie e di prove (S. G. Crys.). Guardate la Beata Vergine: quale dolore quando Giuseppe voleva ripudiarla! Quale gioia quando Dio salvò il suo onore mandando un Angelo a Giuseppe! Quanto è stato doloroso non trovare rifugio a Betlemme. Quale gioia quando videro i pastori che adoravano Gesù e raccontavano l’apparizione degli Angeli! Quale felicità quando i magi, raccontando le meraviglie della stella, portano i loro doni, e subito dopo quale angoscia per la Sacra Famiglia alla notizia dei piani sanguinari di Erode e l’ordine dall’Angelo di fuggire in Egitto! Che dolore avere smarrito Gesù per tre giorni! E poi che gioia alla vista dei dottori stupiti della sua grande sapienza! Che dolore la passione di Cristo! Che gioia la sua risurrezione!

2. OGNI SOFFERENZA VIENE DA DIO (Amos III, 6) eE SONO UN SEGNO DEL SUO FAVORE.

È vero che Dio non è la causa diretta delle sofferenze. Egli le permette, perciò non sono contrarie alla sua volontà. Le storie di Tobia e di Giobbe ci mostrano che più alcune persone sono giuste, più prove Dio invia loro, e queste prove sembrano essere la ricompensa della pietà. Dio, diceva San Luigi di Gonzaga, premia con le tribolazioni i servizi di coloro che lo amano. E Dio offre questa ricompensa, perché la sofferenza è un bene prezioso per l’eternità. Non è già una ricompensa molto grande poter soffrire per il proprio Dio? ” Chi ama Dio mi capisce”, diceva San Giovanni della Croce. Le sofferenze sono un dono del Padre celeste (S. Thér.), e molto più grandi del potere di risuscitare i morti (San Giovanni della Croce). – I genitori puniscono i figli per correggerli di certi difetti: lasciano questi difetti impuniti negli altri bambini, perché, essendo estranei, non hanno alcun affetto per loro. Così è per Dio, che castiga i suoi figli perché li ama (Alb. Stoltz). “Perché tu sei eri gradito a Dio”, disse Raffaele a Tobia, “dovevi essere messo alla prova dalla tentazione” (Tobia XII, 14). S. Paolo dice allo stesso modo: “Il Signore castiga quelli che ama; colpisce i figli che accoglie. (Eb. XII, 6). L’oro e l’argento sono messi alla prova nel fuoco, i prediletti di Dio sono messi alla prova nella fornace dell’umiliazione. (Eccl. II, 5). Tutti i Santi della Chiesa hanno dovuto soffrire, anche in proporzione alla loro santità. Maria, la Madre di Dio, ha sofferto più di tutti gli altri santi, perciò è la Regina dei martiri. Gli Apostoli non furono da meno: Pietro e Paolo trascorsero quasi tutta la loro vita in prigione. “Una vita pia, piena di sofferenze e tribolazioni, è il segno più certo della predestinazione” (S. Luigi di Gonz.).

– Compatiamo chi non ha nulla da soffrire; non c’è disgrazia più grande – secondo S. Agostino – della felicità dei peccatori; non c’è croce più pesante che non averne. La prosperità continua è una disgrazia, perché ciò che non soffriamo ora, lo soffriremo dopo.

Dio non ci manda nessuna sofferenza al di là delle nostre forze.

Dio, dice San Paolo, è fedele; non permetterà che siate messi alla prova oltre le vostre forze (I Cor. X, 13). Dio sarebbe meno saggio e meno buono dell’uomo meno istruito che conosce la forza di un animale e non lo carica più del necessario? Il vasaio non lascia i suoi vasi troppo a lungo nel fuoco, per non farli scoppiare. (S. Ephr.) Il musicista saggio non tende troppo le sue corde perché non si rompano, né le stringe troppo perché non si spezzino, né troppo poco perché diano un suono armonioso. – Allo stesso modo Dio non lascia gli uomini senza alcun dolore, né ne impone loro di troppo gravosi. (S. G. Chr.). Il medico prudente non ordina ai suoi pazienti di prendere rimedi tanto violenti tali da ucciderli, ed il medico celeste sa ancora meglio come misurare la dose di tribolazione che si addice ai giusti(Louis de Gr.). – Molte persone non soffrono molto e tuttavia si lamentano, perché trovano pesante ciò che è molto leggero. (B. Henri Suso.) Lamentarsi eccessivamente quando si soffre è segno di viltà.

3. DIO FA SOFFRIRE I PECCATORI PER CORREGGERLI E SALVARLI DALLA MORTE ETERNA.

Il figliol prodigo si converte nella miseria; Giona, nel ventre della balena; Manassès, nei sotterranei di Babilonia (2 Par. XXXIH); San Francesco Borgia, alla presenza del cadavere della sua protettrice, la regina Isabella. – Dio è come un padre che richiama all’obbedienza un figlio con la verga in mano (S. Bas.), come un medico che taglia e cauterizza per guarire e salvare dalla morte (S. Aug.). Si battono i vestiti per toglierne la polvere, ed è così che Dio colpisce gli uomini macchiati dal peccato (S. Thomas di Villanova). Il primo effetto della sofferenza è di disgustare il peccatore con le cose terrene; esse danno ai piaceri del mondo, l’amarezza del fiele. Ci staccano dalla terra”. Dio mise alla prova gli Israeliti in Egitto, affinché avessero un desiderio maggiore della Terra Promessa”. Allo stesso modo Dio ci visita con la sofferenza e la tribolazione, affinché possiamo da questa valle di lacrime per cercare con maggiore zelo la patria celeste. (Drexelius). Il peccatore sofferente si accorge anche della sua debolezza, del suo isolamento, e cerca aiuto nella preghiera. Il bisogno ci insegna a pregare. “Le

sofferenze che ci opprimono, ci costringono ad avvicinarci a Dio”. (S. Grég. M.). – I colpi che ci colpiscono dall’esterno ci costringono a rientrare in noi stessi e risvegliano in noi il rimorso (id.). La tribolazione è come l’inverno, dopo il quale gli alberi producono fiori e frutti (S. Bonav.). – La sofferenza, per quanto dolorosa, è quindi la via che conduce più sicuramente a Dio (S. Ter.). –

Dio mette alla prova i peccatori soprattutto attraverso il dolore corporeo, per guarire la loro anima (S. isid.).

Molti uomini hanno trovato la salute della loro anima nelle malattie del loro corpo: S. Francesco d’Assisi, Sant’Ignazio di Loyola. “Dio – dice San Gregorio Magno, – cura la malattia dell’anima con quella del corpo”. Una malattia grave rende l’anima saggia. (Ecclesiastico XXXI, 2).

Attraverso le malattie dolorose, Dio bussa alla porta del cuore per farsi aprire. (S. Grég. Msgno). La madre dà al figlio pozioni amare per curarlo, e Dio punisce il corpo del peccatore per salvare la sua anima. Purtroppo, gli uomini sono così sciocchi da considerare come effetti della sua collera ciò che è solo un effetto della sua misericordia. (Marie Lataste). “Mi rallegro sempre alla vista di un malato – diceva sant’Ignazio, “perché la malattia ci riporta a Dio”.

4. ATTRAVERSO LS SOFFERENZA DIO METTE ALLA PROVA I GIUSTI PER VEDERE SE AMINO LE CREATURE PIÙ DEL CREATORE.

Giobbe, che aveva sempre vissuto nel timore di Dio, perse tutte le sue ricchezze, i suoi figli e la sua salute, ed era ancora deriso dalla moglie e dagli amici. Tobia, che aveva corso grandi pericoli per seppellire i morti, e a forza di elemosine era diventato indigente, perse la vista e il suo sostentamento. Ecco come Dio mette alla prova i suoi! L’albero dimostra la sua solidità resistendo alla tempesta, e l’uomo retto, nella sofferenza, la misura della sua santità. – La sofferenza, come il vento, separa il grano dalla pula (S. Aug.); le erbe odorose, come la virtù, emanano il massimo della fragranza (S. Bonav.). – Dio molto spesso ci toglie ciò che ci è più caro. Abramo fu costretto a sacrificare il suo unico figlio Isacco e Giacobbe, Giuseppe, il suo figlio prediletto, gli è stato tolto; prende anche da noi ciò che è nocivo, così come un padre, nonostante le lacrime di un bambino, gli toglie il coltello che potrebbe ferirlo. (S. Aug.).

Allo stesso tempo, la sofferenza dà al giusto un grande vantaggio: lo aiutano ad espiare, già in questo mondo, le pene dovute per i peccati; lo purificano di molte imperfezioni, aumentano la sua virtù nel compimento delle opere buone, il suo amore per Dio, la sua diligenza nella preghiera, spesso la sua prosperità temporale e infine i suoi meriti per il cielo.

La sofferenza espia le pene del peccato; per questo Sant’Agostino esclamava: “Signore, brucia, cauterizza, pota quaggiù, ma risparmiami nell’eternità!”. Siate felici, diceva S. Francesco Saverio, di poter scambiare le terribili pene del purgatorio con quelle di questa vita. – La sofferenza ci purifica dalle imperfezioni. Il Padre celeste, il divino vignaiolo, pota tutti i tralci che portano frutto, perché portino ancora più frutto. (S. Giovanni XV, 2). “Dio fa passare i giusti attraverso il fuoco, li purifica come si purifica l’argento, li prova come si prova l’oro. (Zac. XIII, 9). Il giusto è purificato dai suoi peccati, come il grano vagliato; la sua anima, agitata dalle prove, respinge le impurità come il mare agitato dalla tempesta getta i depositi sulla riva. La sofferenza punge, ma lava come il sapone; morde come una lima, ma toglie la ruggine e dà lucentezza. È ruvida come una spazzola, ma pulisce (S. Fr. de S.l. – La sofferenza aumenta l’energia morale, come le tempeste rafforzano le radici dei giovani alberi. (S. G. Chr.) L’anima si rafforza nella prova, come il ferro sotto il martello, come i muscoli attraverso il lavoro. I vasi difettosi si rompono quando il vasaio li mette nel fuoco, ma quelli buoni si rafforzano: così la pietà dei buoni diventa più energica sotto il fuoco delle tribolazioni. (Louis de Gr.) “Quando sono debole, cioè quando soffro – diceva San Paolo -.è allora che sono forte. (II Cor. XII, 10). E la ragione di questo, secondo S. Bernardo, è che le soaffrenze indeboliscono il nostro nemico. – La sofferenza aumenta il nostro amore per Dio. Le acque del diluvio innalzarono l’arca al cielo; le acque della tribolazione non possono spegnere la carità, ma innalzano i nostri cuori più in alto. (S. Fr. de S.) Come la foglia d’oro si distende sotto il martello, così il canto e la santità dei buoni crescono sotto i colpi della sventura. Infatti, le prove ci allontanano dalle cose terrene e soffocano in noi l’amore per il mondo. Diceva S. Agostino: “Signore, ti prego, riempimi tutto di amarezza, perché io possa trovare la dolcezza solo in te”. Le prove aumentano così la nostra gratitudine a Dio, perché impariamo a conoscere bene i suoi doni, come la salute, solo perdendoli, ci rendono umili, perché è necessario che i malvagi facciano soffrire i buoni per preservarli dall’orgoglio (S. Isid.). – La sofferenza ci insegna a pregare, come vediamo con gli Apostoli nella barca durante la tempesta. Quando Davide era perseguitato, ha scritto i salmi più belli che fanno parte delle preghiere della Chiesa. La prosperità prolungata distrugge la vigilanza e l’energia. Le acque calme si corrompono e i pesci vi periscono. Un’anima senza tribolazioni diventa tiepida e perde gradualmente la sua virtù (S. Amb.), così come il pesce non salato si decompone, e un cavallo risparmiato dallo sprone rallenta la sua marcia. – La sofferenza a volte aumenta persino la prosperità temporale. Giuseppe non sarebbe mai stato il ministro del Faraone, se prima non fosse stato venduto e gettato in prigione. Giobbe fu restituito ai suoi beni grazie alla sua pazienza; Tobia recuperò la vista. Dio colpisce e guarisce immediatamente. (Tob. XII, 2). Dio cambia la sofferenza dei suoi amici in gioia (S. Giovanni XV, 20). – Le sofferenze aumentano la felicità eterna. Dio ha mandato al povero Lazzaro le sue miserie per poterlo glorificare dopo la sua morte. – Il momento, così breve e così leggero, delle afflizioni che soffriamo in questa vita, produce produce in noi il peso eterno di una gloria sovrana e incomparabile. L’anima, come le pietre preziose, si abbellisce con la lucidatura, e matura per la vita eterna, come la spiga di grano al calore del sole. Dio – dice S. Alfonso non ci manda le sofferenze per perderci, ma per santificarci ed elevarci ad un grado superiore di santità; le tribolazioni che ci invia, sono un segno dei grandi disegni che ha per noi e della sua chiamata alla santità. (S. Ign. L.) La nostra ricompensa in cielo sarà proporzionata alle nostre sofferenze quaggiù. Se siamo sfortunati, siamo anche scelti (S. Aug.). Tutto concorre al bene di chi ama Dio (Rm VIII, 28). Tutto ciò che dobbiamo fare è abbandonarci al bene di Dio, perché Egli non permetterà mai nulla che non ci sia utile, anche se non lo sappiamo. (S. Aug.)

5. LE SOFFERENZE, LUNGI DALL’ESSERE UN VERRO MALE, SOONOO IN REALTÀ BENEDIZIONI DI DIO, PERCHÉ CONTRIBUISCONO ALLA FELICITÀETERNA E TEMPORALE.

Un contadino non considererebbe una piaga una grandinata di diamanti che devasta i suoi raccolti! Anche noi dobbiamo convincerci che la sofferenza non ci causa alcuna perdita, ma ci assicura un guadagno. (Weninger). Ciò che noi consideriamo un male, è un rimedio. Dio, che ci ama infinitamente ha il sincero desideriodi renderci felici (S. F. Borg.). Non c’è altro male che il peccato. (San Gregorio Nazareno). La sofferenza è una sorta di sacramento, perché è il segno visibile della grazia invisibile (Santa Mechtilde). Questo è un caso di applicazione della massima: la salvezza è nella croce. – Le sofferenze, quindi, non possono renderci veramente infelici perché, nonostante esse, si può essere molto felici, come Giobbe e Tobia. S. Paolo, in mezzo alle sue tribolazioni, esclamava: “Sono pieno di gioia in tutte le mie sofferenze” (II Cor. VII 4).

6. DOBBIAMO QUINDI ESSERE PAZIENTI NELLA AFFLIZIONI E RASSWGNARCI ALLA VOLONTÀ DI DIO E PER QUESTO RRINGRAZIARLO.

Come Giobbe, dobbiamo dire: “Non è accaduto altro che ciò che è piaciuto al Signore. Il nome di Dio sia benedetto” (Giobbe I, 21), o come Cristo nell’Orto degli Ulivi:

“Sia fatta la tua volontà e non la mia”. (S. Luc. XXII, 42). Si deve essere come un paziente ragionevole che si sottopone di buon grado alle prescrizioni di un medico esperto o come un viaggiatore che segue con obbedienza la guida, nonostante le difficoltà della strada. “Dio, inoltre, ci ha alleggerito il peso della sofferenza, non solo con il suo esempio, ma anche con la promessa che ci ha fatto, della vita eterna” (Leone XIII). Dobbiamo fare di necessità virtù (S. Fil. Neri.) – Gli Apostoli si rallegrarono di essere stati flagellati (Atti V, 11); proprio come un artigiano è contento di avere molto lavoro (S. G. Chr.). L’aratore, durante le sue fatiche, si rallegra del futuro raccolto; il mercante sopporta la traversata per il guadagno che ne spera. Il cristiano deve rallegrarsi in mezzo alle sue tribolazioni in vista della futura ricompensa. (S. G. Chr.) Se un blocco di pietra avesse una ragione, gioirebbe di essere trasformato nella statua di un grande uomo. Noi dobbiamo gioire di essere nobilitati dalle disgrazie. (Corneille de la Pierre). Le disgrazie, dice S. Crisostomo, sono come una manciata di ortiche: più si esita ad afferrarle, più pungono: bisogna farlo con coraggio, ed esse non pungono. L’uomo, aggiunge, non deve essere come il vetro che si frantuma al minimo urto. In tutte le afflizioni recitiamo la preghiera: “Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo”. –

Purtroppo, la maggior parte delle persone mormora e si spazientisce al minimo imprevisto. Quando restituiamo il denaro di un creditore, lo ringraziamo. Quando Dio esige da noi ciò che ci ha affidato, mormoriamo. (S. F. Borg.) Quanti Cristiani, ahimè, assomigliano a soldati che sono pronti a servire in tempo di pace, ma disertano quando arriva la guerra. Inoltre, la nostra impazienza non cambia i nostri mali. Al contrario, ci fa soffrire doppiamente e in più offende Dio. – L’impazienza è come un pesce che si dibatte sull’amo, e si fa più male da solo. Tuttavia, le lacrime e la tristezza non sono di per sé peccati. Cristo stesso pianse e fu triste nell’Orto degli Ulivi.

La pazienza nelle prove porta rapidamente all’alta perfezione e ci fa guadagnare grandi meriti.

Abbandonandoci nelle prove alla volontà di Dio, progrediamo nella perfezione con la stessa rapidità di una nave che ha il vento in poppa o che segue la corrente (Weninger); attraverso la rassegnazione andiamo davanti a Dio con passi alati. (Alvarez) “Beato – dice san Giacomo (I, 12) – chi sopporta la prova, riceverà la corona della vita.

L’amore per la sofferenza permette di concludere di un reale progresso dell’anima verso la perfezione.

L’incenso emette il suo profumo solo sui carboni ardenti, e la virtù solo nelle afflizioni.(S. Grég. M.). Il valore di un guerriero si rivela in guerra e non in pace. (S. G. Cry.) Il peccatore mormora nelle prove; il novizio cade, ma subito si pente della sua impazienza; colui che è avanzato è spaventato, ma l’uomo perfetto non solo attende la sofferenza, ma la anticipa.(S. F. di S.) Chi ha raggiunto la perfezione non chiede a Dio che gli siano risparmiate prove e tribolazioni, e le stimano come i mondani bramano le ricchezze, l’oro e i gioielli. (Santa Teresa). Per i giusti l’afflizione è una gioia e non una preoccupazione (Cardinale Hugo). Anche il motto di s. Teresa ed altri Santi era: “Signore, o soffrire o morire.”. – “Baciare la mano di Dio – diceva san Francesco di Sales – sia quando favorisce, sia quando castiga, significa aver raggiunto l’apice della perfezione cristiana e aver trovato la propria salvezza nel Signore.

8. GLI ANGELI.

1. GLI ANGELI SONO PURI SPIRITI CHE POSSONO ASSUMERE UNA FORMA VISIBILE.

Tutti gli Angeli sono spiriti (Eb. I, 14), cioè esseri incorporei (S. Greg. Naz.). Gli Angeli sono solo spirito, gli uomini sono un composto di spirito e corpo. (S. Greg. M.) – Ma gli Angeli possono prendere in prestito forme corporee (S. Greg. M.); Raffaele, ad esempio, guida del giovane Tobia, prese le sembianze di un ricco ebreo, Azarias. (Tob. V, 13). Gli Angeli apparvero come giovani uomini alla tomba di Cristo risorto (S. Marco XVI, 5): in forma di uomini all’Ascensione. (Atti 1, 10).

Gli angeli sono superiori agli uomini, perché hanno intelligenza superiore e poteri più grandi.

Gli Angeli sono superiori in perfezione a tutti gli esseri creati. (S. Aug.) Cristo ha detto che nemmeno gli angeli conoscono il giorno e l’ora del giudizio (S. Matth. XXIV, 36); quindi implica che gli Angeli sanno naturalmente più degli uomini. – L’angelo sterminatore uccise i primogeniti d’Egitto; un altro Angelo sterminò in una notte nel campo di Sennacherib 200.000 assiri, che avevano bestemmiato il vero Dio (Isaia XXXVII); fu anche un Angelo a proteggere i tre giovani nella fornace di Babilonia (Dan. III, 49): una prova del fatto che gli angeli possiedono una forza straordinaria. Per questo la Scrittura li chiama “Potenze e virtù” (1 S. Pietro III, 22).

Dio ha creato gli Angeli per la sua gloria e il suo servizio ed anche per la loro felicità.

Gli Angeli glorificano Dio; poiché tra tutte le creature sono quelli che più assomigliano a Dio, è in loro che le perfezioni divine risplendono maggiormente, come un bel quadro porta gloria all’artista. Inoltre, glorificano Dio in cielo con i loro incessanti canti di lode. – Anche gli Angeli sono stati creati per il servizio di Dio. “Gli Angeli sono spiriti che agiscono come servitori, inviati da Dio per servire gli uomini che devono essere eredi della salvezza (Eb. I, 14). Il loro stesso nome indica che sono i servitori di Dio, perché Angelo significa messaggero. Questo è indicato anche nella terza petizione del Padre nostro. – Gli stessi angeli del male servono a glorificare Dio, perché Dio trasforma i loro attacchi nella sua gloria e nella nostra salvezza. Goethe chiama giustamente satana “una forza che vuole sempre il male e fa sempre il bene”.

Il numero degli Angeli è immenso.

Un milione di Angeli”, dice Daniele nella sua descrizione del trono di Dio, “lo servivano, e mille milioni stavano davanti a Lui (VII, 10). Spesso si parla di eserciti celesti (S. Luca II, 13; III Re XXII, 19; II Par. XVIII, 18). Cristo nell’Orto degli Ulivi disse che suo Padre poteva mandare in suo aiuto 12 legioni di Angeli. (Il numero degli Angeli supera il numero di tutti gli esseri corporei – S. Thom. Aq), quindi anche il numero di tutti gli uomini passati e futuri. Gli Angeli, dice San Dionigi l’Areopagita, sono più numerosi delle stelle del firmamento, dei granelli di sabbia dell’oceano, delle foglie degli alberi.

Gli Angeli non sono tutti uguali: sono divisi in 9 cori o ordini.

Nemmeno le stelle sono tutte uguali. C’è anche una gerarchia tra i ministri della Chiesa ove esiste una gerarchia, che corrisponde alla diversità dei loro poteri. Il Papa o capo della Chiesa, è assistito da 70 Cardinali, i Vescovi da lui inviati governano le diocesi e i loro collaboratori, i Sacerdoti che amministrano le parrocchie. – La suddivisione degli Angeli è basata sulla varietà dei doni e delle funzioni conferiti da Dio; alcuni sono destinati principalmente a lodarlo, altri a servirlo (Dan. VII, 10). I più vicini al trono di Dio sono i Serafini, cioè gli ardenti, perché, sono tutti infuocati dall’amore divino; dopo di loro vengono i Cherubini che si distinguono per la grande conoscenza di Dio. La Scrittura ci parla anche di Arcangeli, in particolare Michele, l’avversario degli angeli decaduti, Gabriele, il messaggero della nascita di S. Giovanni Battista e di Cristo, e di Raffaele, la guida, di Tobia. – Va da sé che la stessa gerarchia sussiste tra gli angeli reprobi. (Efes. VI, 12).

2. TUTTI GLI ANGELI ERANO GRADITI A DIO AL MOMENTO DELLA LORO CREAZIONE, MA MOLTI DI LORO PECCARONO PER ORGOGLIO E PER QUESTO FURONO GETTATI NELL’INFERNO ETERNO. (II S. Pietro II, 4).

Tutti gli Angeli avevano originariamente lo Spirito Santo dentro di loro. Creando la loro natura, Dio aveva aggiunto la grazia. Si potrebbe dire di loro come dell’uomo: “La carità è stata riversata in loro dallo Spirito Santo che è stato loro dato. (S. Aug.). Ma Dio incorona solo coloro che hanno combattuto (11 Tim. II, 5). Egli fece per gli Angeli quello che ha fatto in seguito per gli uomini e li ha sottoposti ad una prova, affinché potessero avere il il paradiso come ricompensa. Molti angeli soccombettero e persero, insieme alla grazia santificante lo Spirito Santo; non rimasero, dice Gesù, nella verità. (S. Giovanni VII, 44). Volevano essere uguali a Dio, secondo l’allusione al loro crimine fatta dal profeta Isaia: “Come sei caduto dal cielo, Lucifero? Hai detto in cuor tuo: salirò fino ai cieli e innalzerò il mio trono sopra le stelle di Dio… Voglio essere uguale all’Altissimo, e tu sei caduto nell’abisso”. (Is. XIV, 12). Una grande battaglia fu combattuta in cielo tra Michele e i suoi Angeli e Lucifero e i suoi angeli; e il diavolo fu gettato giù dal cielo con i suoi angeli, ed essi non apparvero più in cielo. (Apoc. XII, 8). Combattendo contro gli angeli cattivi, i buoni gridarono: “Chi è come Dio?” Tuttavia non tutti i demoni sono continuamente nell’inferno: molti sono temporaneamente nell’aria (Ef. II, 2), dove tuttavia soffrono le pene dell’inferno. – Il demone”, dice S. Asterio, “è stato punito come il cane che lascia andare la preda per le ombre. Gli angeli caduti sono chiamati diavoli o spiriti maligni e il loro capo: satana o lucifero, cioè portatore di luce, perché era senza dubbio uno degli angeli più perfetti. Che i demoni abbiano un capo è chiaro dalle parole di Cristo, che, al Giudizio Universale, dirà ai reprobi: “Andate. . al fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli” (S. Matth. XXV, 11). Il numero degli angeli caduti è inferiore a quello dei fedeli (S. Thom, Aq.); la loro caduta è stata così disastrosa, perché erano molto in alto nella luce, come la gravità della caduta di un uomo è proporzionale all’altezza del piano da cui cade. Nell’ultimo giorno gli angeli malvagi saranno giudicati, e la loro malizia e la loro punizione saranno rivelate a tutto l’universo (S. Giuda Vl; II S. Pietro II, 4). Contestare l’esistenza degli spiriti maligni è attaccare la fede cristiana e rifiutare di credere alle parole esplicite di Cristo.

3. GLI ANGELI DEL MALE SONO NOSTRI NEMICI. ESSI CI INVIDIANO, CERCANO DI INDURCI AL MALE E POSSONO, CON IL PERMESSO DI DIO, DANNEGGIARCI NRL NOSTRO CORPO O NEI NOSTRI BENI.

Gli spiriti maligni sono nostri nemici. Molti Santi sostengono che gli uomini prenderanno il posto in cielo perso dagli angeli; “Da qui la loro invidia”. – L’invidia di vedere una creatura fatta di limo prendere il suo posto, fa soffrire il diavolo più delle fiamme dell’inferno. (S. Thom. Aq.) Impotente contro Dio, egli rivolge tutta la sua rabbia contro gli uomini creati ad immagine di Dio (S. Bas.). Un solo sguardo sulla storia dei popoli mostra che il diavolo vuole spogliare gli uomini di tutto: dalla vera religione, dalla libertà, dalla civiltà, dalla loro prosperità, dalla pace, in una parola, di tutte le cose buone. – Il diavolo ha sedotto i nostri primi genitori e i Giuda; egli ha persino cercato di far cadere Cristo nel peccato; ha danneggiato Giobbe nei suoi possedimenti e a quelli posseduti dal Vangelo nei loro corpi. Le parole di Gesù Cristo (S. Matth. XVI, 18) mostrano che gli sforzi di satana sono diretti soprattutto contro la Chiesa, contro il suo capo” contro i suoi ministri; così il Salvatore dice ai suoi Apostoli: “Satana ha chiesto di passarvi al vaglio come il grano (S. Luc XXII, 31). Satana sapendo che i Sacerdoti stanno distruggendo il suo regno e che un giorno saranno associati agli Angeli per giudicarlo (I Cor. VI, 3), li perseguita per rovinarli (Tert.). Il diavolo è come un leone ruggente che gira intorno agli uomini per divorarli. (I S. Pietro V, 8). Dio dà a ogni uomo, alla nascita, un Angelo custode, e lucifero, giustamente chiamato “scimmia di Dio”, invia ad ogni uomo uno dei suoi angeli per caricarlo di tentazioni durante la sua vita. (Pietro Lombardo). Dobbiamo come gli Ebrei che lavoravano per ricostruire le mura di Gerusalemme, tenere la cazzuola in una mano per lavorare e con l’altra la spada per combattere i nostri nemici. (II Esdra IV, 17).

Il diavolo tuttavia, non è in grado di fare veramente del male a chi osserva i Comandamenti e si rifiuta di peccare.

Un cane alla catena può abbaiare a tutti i passanti, ma può mordere solo chi si avvicina (S. Aug.); il diavolo è questo cane, perché Dio lo ha incatenato. (S. Giuda VI). Egli può influenzare la nostra memoria, la nostra immaginazione, ma non ha potere diretto sulla nostra ragione e sulla nostra volontà. “Il diavolo – dice S. Agostino – può fare del male con la persuasione, ma non con la violenza. Si devono quindi respingere immediatamente e con energia i pensieri malvagi”. “Resisti a satana – dice San Giacomo – ed egli fuggirà” (IV).; inoltre, sappiamo come Gesù Cristo scacciasse il diavolo con le parole: “Ritirati satana” (S. Matth. IV, 10). Spesso è bene scacciare queste ispirazioni malvagie semplicemente con il disprezzo; (S. Fr. di S.) questo disprezzo per le tentazioni e per il tentatore consiste nel rivolgere la mente ad altri pensieri, senza affanni o tristezze. (S. G.. Cris.). – Chi si sofferma su pensieri malvagi si avvicina al cane incatenato e ne riceve i morsi. “Solo il peccato dà al diavolo il potere sull’uomo.” (id.) Nessun uomo si salverebbe, dunque, se ottenesse pieno potere sull’uomo (S. Lor. Giust.), perché ha perso la sua beatitudine, ma non la superiorità della sua natura. (S. Greg. M.).

Dio permette a satana di esercitare un potere speciale su alcuni uomini.

i. Dio infatti ha spesso tollerato che per anni i demoni tormentino straordinariamente le anime che tendono alla perfezione e le anime particolarmente favorite, al fine di umiliarle profondamente e purificarle completamente dalle loro imperfezioni.

Il cane incatenato può fare del male quando il suo padrone allunga la catena. (Scaramelli. Gesuita italiano, autore di diverse opere ascetiche molto apprezzate; 1687-1752.) Questo è ciò che Dio fa per il diavolo quando vuole purificare i suoi eletti; Dio vuole che la sua potenza risplenda maggiormente nella debolezza (II Cor. XII, 9). Molti Santi sono stati così, per lunghi anni, continuamente ossessionati da legioni di demoni e tormentati da tentazioni straordinarie, come una città assediata dal nemico. Il più delle volte i demoni apparivano loro in forme spaventose e di notte come bestie selvagge; torturavano il loro udito con ruggiti o parole oscene, soprattutto durante la preghiera, per distrarli o allontanarli; li picchiavano o li gettavano a terra; (Dio, tuttavia, ha sempre protetto le loro vite ed ha risparmiato loro anche le ferite, senza risparmiare loro la sofferenza); impedivano loro di mangiare, persino di fare la comunione, serrando loro le mascelle; li hanno sommersi di malattie, di oppressione al petto, di spossatezza, etc., curabili non tanto con rimedi medici quanto con le benedizioni della Chiesa. Ma ciò che era più terribile erano gli assalti alle virtù teologiche e morali. Le negazioni non avevano potere diretto sulle facoltà dell’anima, ma potevano disturbarle con l’immaginazione, così che queste persone erano private della loro libertà e talvolta commettevano gli atti più folli. Quando rinvenivano, non si accorgevano di nulla, ma erano molto umiliati dall’opinione dei loro vicini. È chiaro, tuttavia, che questi atti non erano colpevoli. Questi attacchi demoniaci si chiamano ossessioni; Giobbe ne soffrì a lungo, così come Nostro Signore nel deserto (S. Matth. IV) e durante la sua passione, dove fu consegnato alle potenze delle tenebre (S. Luca XXII, 53), poi S. Antonio l’Eremita, S. Teresa, S. Maddalena di Pazzi, il santo Curato d’Ars (+1859). Queste anime pie sapevano che Dio non permette che l’uomo venga tentato al di là delle sue forze (I Cor. X, 13), e permette al diavolo di fare solo ciò che può servire alle anime (S. Aug). ; essi si rassegnarono alla volontà di Dio e scacciarono satana con il loro coraggio per un periodo abbastanza lungo. – Ai demoni che minacciavano la sua vita, Santa Caterina da Siena rispondeva: “Fate quello che volete; quello che Dio vuole, io lo trovo buono”. “Non vedete – diceva Santa Maddalena dei Pazzi – che mi state dando uno splendido trionfo?” “Siete dei vigliacchi – gridò sant’Antonio – a venire così numerosi”. “Opponetevi al diavolo con il coraggio di un leone e lui sarà una timida lepre; siate una timida lepre ed il demonio diventerà un leone” (Scaramelli). I demoni vengono messi in fuga anche invocando i nomi di Gesù e di Maria, il segno della croce, l’acqua santa, le reliquie, la preghiera, la partecipazione ai Sacramenti e gli esorcismi. Più grandi sono i tormenti delle anime pie, più straordinario è l’aiuto divino: in queste prove hanno rivelazioni, apparizioni di Angeli e Santi, ecc. In questi casi, che spesso hanno dato luogo a imposture, la Chiesa procede con grande prudenza, si potrebbe dire con diffidenza. Tuttavia, considerare come impossibili e deridere tutti gli eventi che ci vengono raccontati nelle vite dei Santi, nelle lezioni del breviario, è mostrare una grande sconsideratezza. I mondani, ahimè! non hanno motivo di temere questi assalti; il diavolo li disprezza, sicuro di averli prima o poi in suo potere.: è ghiotto solo di anime sante (Ab I,16) e tormenta coloro che vivono secondo lo spirito, non coloro che vivono secondo la carne. (S. Bern.).

2. Dio permette anche spesso al diavolo di punire ed ingannare gli uomini viziosi o increduli.

I corpi di uomini che, a causa dei loro vizi, avevano consegnato interamente la loro anima a satana, sono stati spesso occupati dai diavoli, come una città presa dal nemico. Questo stato è chiamato possessione. Al tempo di Nostro Signore c’erano molti posseduti; come risultato della loro possessione essi erano muti (S. Matth., IX, ’62), o ciechi (ibid. XII, 22), pazzi furiosi (ibid. VIII 28), ecc. Il Figlio di Dio aveva uno scopo speciale nel permettere a satana di dare prova del suo potere al momento della sua Incarnazione: l’esistenza del mondo degli spiriti e dimostrare la sua missione divina attraverso l’obbedienza mostratagli dagli spiriti malvagi. – Tra le persone ossessionate e possedute che devono subire il demonio contro la loro volontà, dobbiamo distinguere coloro che continuamente hanno il diavolo in loro, perché hanno fatto un patto con lui (Act. XVI, 16; I Re XXVIII); questo è un caso che non si verifica quasi più se non tra i pagani. – Dio permette a satana di ingannare i seguaci dello spiritismo, una pratica che consiste nell’evocare gli spiriti per apprendere dei segreti. Spesso le sedute spiritiche non sono altro che imposture e portano all’immoralità. “Dio, per un giusto ritorno della sua giustizia permette in queste circostanze cose così straordinarie, che la curiosità è ulteriormente stuzzicata e noi siamo più strettamente irretiti nelle trappole del diavolo” (S. Aug.). (Questi prodigi sono opera di spiriti maligni, non di Angeli buoni, che non si prestano mai alla rivelazione di segreti solo per soddisfare la curiosità degli uomini o il loro amor proprio (Bona). Molto spesso questi cosiddetti segreti rivelati sono falsi, perché il diavolo è il padre della menzogna (S. Giovanni XI, 44). Gli spiritisti rischiano di perdere la salute e la tranquillità; molti di loro hanno pagato con la vita questa passione malvagia, o sono stati portati nella loro illusione a compiere i più grandi crimini e alle più grandi follie.

3. Gli angeli che sono rimasti fedeli a Dio vedono Dio faccia a faccia e lo lodano per tutta l’eternità.

Gesù, parlando degli Angeli custodi dei bambini, ha detto: “I loro Angeli nel cielo guardano sempre il volto del Padre mio che è nei cieli” (S. Matth. XVIII, 19). I Serafini cantano di Dio tre volte santo (Is.-VI 3) e gli Angeli benedicono Dio nella campagna di Betlemme. “I gradi della loro conoscenza e del loro amore per Dio diversificano anche il loro modo di lodare Dio. (S.-Tom. Aq.) Gli Angeli buoni sono rappresentati in forma di bambini, perché sono immortali, quindi di eterna giovinezza, con le ali, perché nel servizio di Dio sono rapidi come il pensiero, con dei visi doppi per la loro profonda conoscenza; con arpe, perché lodano Dio; con i gigli per la loro innocenza; con la testa senza tronco perché sono spiriti; vicino agli altari, perché assistono invisibilmente il santo Sacrificio. – Gli Angeli santi sono di una bellezza abbagliante. La vista di un Angelo in tutta la sua bellezza, accecherebbe per il suo splendore (S. Brig.). Un Angelo che apparisse nel firmamento in mezzo a tanti soli quante sono le stelle, li farebbe sparire come scompaiono le stelle davanti al sole (S. Ans.). Anche gli Angeli buoni, nelle loro apparizioni agli uomini, non si sono mai mostrati in tutto il loro splendore. – Gli Angeli santi saranno i nostri compagni in cielo. Essi gioiscono del nostro arrivo. “Il banchetto di nozze è preparato, ma la casa non è ancora piena; si attendono nuovi ospiti”(S. Bern.) Ecco perché gli Angeli si interessano tanto alla nostra vita spirituale; il Salvatore ci dice che si rallegrano per la conversione dei peccatori. (S. Luca XV, 10). Essi intervengono anche nella nostra vita spirituale e corporale, se non li preveniamo con i nostri peccati.

4. Ci sono Angeli buoni che sono chiamati Angeli custodi perché ci proteggono (Eb. i. u).

La scala di Giacobbe era un simbolo dei servizi resi a noi dagli Angeli buoni. Questa scala, sopra la quale Dio era intronizzato, arrivava dal cielo alla terra, e gli Angeli la salivano e la scendevano: essi scendevano per proteggere l’umanità e risalivano per glorificare Dio (Genesi XXVIII, 12). Gli Angeli buoni sono compagni che il Padre celeste ci ha dato per guidarci nel nostro pericoloso pellegrinaggio terreno, (Segneri); essi ci custodiscono con la fedeltà di un pastore verso verso il suo gregge (S. Bas.); considerano il loro più nobile dovere aiutarci a raggiungere la nostra salvezza. (S. Dion. Areop.) Non sembrerà strano che gli Angeli siano al nostro servizio, se consideriamo che il loro re sia venuto in questo mondo non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per molti. (S. Bern.) I servizi che ci rendono, lungi dall’essere causa di fatica e preoccupazione, danno loro gioia e fanno parte della loro felicità, perché, amando Dio al di sopra di ogni cosa, non conoscono niente di più piacevole che lavorare per la salvezza delle anime e quindi per la gloria di Dio. – Questa è l’opinione dei Dottori della Chiesa, che ogni uomo ha il suo Angelo custode. “0 eminente dignità dell’anima umana che fin dalla nascita è custodita da un Angelo! (S. Ger.) “La dignità di un Angelo dipende dalla dignità della persona affidata alle sue cure. I semplici fedeli hanno un Angelo custode di grado inferiore, i Sacerdoti, i Vescovi ne hanno uno di grado superiore e il Papa, uno degli spiriti più potenti della corte celeste. Lo stesso vale per i re, principi e altre autorità della gerarchia civile. (Mar. Lat.) Inoltre, non è solo ogni individuo ad avere il suo Angelo custode; le città, le nazioni, le famiglie, le parrocchie, le comunità hanno ciascuno il proprio (ibid.).

GLI ANGELI CUSTODI CI AIUTANO NEI MODI SEGUENTI:

1. Ci ispirano pensieri buoni e stimolano la nostra volontà al bene.

Nella campagna di Betlemme, presso il sepolcro di Cristo, dopo la sua Ascensione, gli Angeli parlavano agli uomini, ma di norma agivano su di loro in modo invisibile, senza parlare loro in modo sensibile. Qualche anno fa (marzo 1890) alcuni scolari di Reichenberg, nella Boemia settentrionale, fecero un’escursione nella foresta, furono sorpresi da un violento temporale e si rifugiarono sotto un albero. All’improvviso uno di loro corse sotto un altro albero. Gli altri lo seguirono e subito un fulmine colpì il primo albero e lo fece a pezzi. Convinti che l’Angelo custode avesse ispirato questo movimento, i genitori eressero una croce in suo onore. – I pensieri che ci turbano e ci preoccupano non vengono da Dio, né quindi dai santi Angeli. Dio infatti, è un Dio di pace (S. Ter.).

2. Gli Angeli offrono a Dio le nostre preghiere e le nostre buone opere.

Lo stesso Raffaele ha dichiarato di aver presentato a Dio le preghiere di Tobia. (Tob. XII, 12). Nel canone della Messa (3a orazione dopo l’Elevazione), il Sacerdote prega ogni giorno Dio di far portare la vittima santa dal suo Angelo davanti al suo trono. Gli Angeli non presentano le nostre preghiere a Dio, perché Dio non le conoscerebbe altrimenti – Egli che conosce tutte le cose prima che siano – ma per rendere le nostre preghiere pi efficaci le nostre preghiere, uniscono le loro ad esse. (S. Bonav.) L’Angelo custode partecipa a tutti i benefici che riceviamo da Dio, perché è lui che ci ha aiutato a chiederli. (S. Thom. Aq.).

3. Ci proteggono in caso di pericolo.

Egli ha ordinato ai suoi Angeli di custodirci in tutte le tue vie. (Sal. XC, 11). Esempi di protezione indicati dagli Angeli sono: i tre giovani nella fornace (Dan. III), Daniele nella fossa dei leoni (ibid. XIV).1 – L’angelo custode ha soprattutto il potere di tenerci lontani dalle insidie del diavolo perché gli spiriti maligni sono sotto il dominio degli Angeli buoni, come ha dimostrato Raffaele nella storia di Tobia (Cap. VIII). L’apparizione dell’Angelo buono è sufficiente per mettere il demonio in fuga. (S. Francesca Rom.) Ciò deriva dalla partecipazione al governo del mondo che Dio concede alle sue creature secondo il grado di unione con Lui. Le creature perfette hanno un’influenza sugli esseri inferiori; essendo la massima perfezione la visione di Dio, ne consegue che un Angelo di ordine superiore ha sotto il suo dominio uno spirito malvagio di ordine inferiore. ^ Tuttavia, gli Angeli buoni non ci tengono lontani dalle insidie del diavolo, che devono servire alla nostra salvezza. (S. Thom. Aq.) – Un buon Cristiano invocherà quindi il suo Angelo custode prima di un viaggio. Tobia augurava questo aiuto a suo figlio, al momento della sua partenza: “che l’Angelo di Dio ti accompagni” (Tob. V, 21).

4. Spesso rivelano agli uomini la volontà di Dio.

Un Angelo intervenne al sacrificio di Abramo; Gabriele fu il messaggero di Dio per Zaccaria e la Vergine Maria di Nazareth. – Tutte le rivelazioni e le apparizioni all’inizio disturbano e spaventano, solo in seguito riempiono l’anima di gioia e consolazione. Quando gli Angeli sono apparsi, quanto si sono spaventati Tobia, Zaccaria, Maria e i pastori! Gli Angeli stessi furono costretti a rassicurarli. Il diavolo agisce in modo diverso: prima li tranquillizza, poi subentra la confusione e il terrore. – Gli Angeli buoni appaiono sempre in forma umana; il diavolo, in varie sembianze, in particolare sotto forma di bestie (tranne l’agnello e la colomba); assumono persino l’aspetto degli Angeli della luce, della Beata Vergine e di Cristo. (Benedetto XIV). Come regola generale, appaiono per sedurre coloro che, per orgoglio o curiosità, cercano cose straordinarie, ad esempio agli spiritisti.

Per ottenere la protezione degli Angeli buoni, dobbiamo cercare di di assomigliare a loro, vivendo una vita santa, onorandoli ed implorando molto spesso il loro aiuto.

L’esperienza dimostra che i bambini piccoli sono oggetto di una protezione speciale. È quindi l’innocenza a renderci loro amici. “L’amore di Dio ci rende graditi agli Angeli” (Mart. Lat.) e il peccato li allontana come il fumo le api (S. Bas.). L’Angelo custode quindi non proteggerà i bambini che si arrampicano sugli alberi per rubare gli uccelli, né gli operai che profanano la domenica; al contrario, queste colpe sono spesso accompagnate da gravi incidenti. – Naturalmente, gli Angeli buoni ci proteggeranno ancora di più se li importuniamo con le nostre preghiere. Dio stesso concede le sue grazie solo quando le chiediamo, ed anche gli Angeli osservano questo ordine della Provvidenza. Dobbiamo quindi invocare il nostro Angelo custode salutandolo quando entriamo in casa, congratulandoci per la sua fedeltà nei nostri confronti, ringraziandolo per i suoi benefici. Dobbiamo al nostro Angelo custode più gratitudine che alla madre; quest’ultima ci protegge solo durante l’infanzia, mentre egli ci protrgge per tutta la vita, non solo contro i pericoli del corpo, ma anche contro quelli dell’anima. (Hunolt). – (La leggenda narra che l’imperatore Massimiliano ottenne una protezione speciale sulla roccia di San Martino. (1496). – Si dice anche che i bambini cadano da grandi altezze senza farsi alcun male. I giornali riportano ad esempio (3 maggio 1898) che al n. 47 di rue de Clignancourt a Parigi, la piccola Henriette Ferry, di 3 anni, è caduta dal 5°piano sul marciapiede e si è rialzata sana e salva. – Il 9 luglio 1895, il figlio del principe Alexandre de Salm, un bambino di 8 anni, cadde vicino a Vienna da un coupé ferroviario scoperchiato da un uragano. Il treno passò sopra di lui ad alta velocità, e quando fu lanciato il segnale d’allarme, fu trovato, tra lo stupore di tutti, che correva dietro al treno.). La nostra gratitudine deve essere quella di Tobia, il quale disse: “Padre mio, quale salario gli daremo, o come potremo ricompensare degnamente le sue buone azioni?” (Tob. XII, 2). La Chiesa ha fissato la festa degli Angeli Custodi la prima domenica di settembre o il 2 ottobre. Il lunedì è dedicato al loro culto. Anche l’immagine dell’Angelo custode deve essere onorata. Egli è: 1° in preghiera accanto a un bambino cullato (protezione della vita); 2° conduce per mano un bambino che attraversa un ponte molto stretto (guida verso il cielo); 3° allontanando un serpente pronto a mordere un bambino che cammina in campagna (aiuto nella tentazione); 4°volare verso il cielo portando un bambino in braccio (assistenza sul letto di morte). – Il catechista reciterà la preghiera all’Angelo custode.

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (IX)