LA GRAZIA E LA GLORIA (30)

LA GRAZIA E LA GLORIA (30)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

I.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

LIBRO VI

TOMOPRIMOLIBRO VI.

LA NOSTRA FILIAZIONE NEL SUO RAPPORTO CON LA TERZA PERSONA DELLA TRINITÀ

CAPITOLO IV

Conseguenze delle proprietà personali dello Spirito Santo. – Come in Lui e attraverso di Lui abbiamo la Grazia increata. La sua missione nelle anime.

Abbiamo parlato di due elementi costitutivi del nostro essere soprannaturale: la Grazia increata e la grazia creata; quest’ultima inerente all’anima e figurante ad immagine del Figlio unigenito; la prima dimora nell’anima attraverso la sua sostanza, per essere allo stesso tempo il principio ed il termine dei doni soprannaturali che la trasformano. Si tratta di studiare ciò che lo Spirito Santo sia in questa doppia grazia. Cominciamo con la Grazia increata.

1. – Quando le Scritture e la Tradizione ricordano la venuta della Trinità nei figli di adozione, non basta attribuire questa misteriosa dimora allo Spirito di Dio; esse ci insegnano anche che è attraverso lo Spirito Santo e nello Spirito Santo che il Padre e il Figlio si uniscono alle anime per farvi la loro dimora permanente. L’Oriente e l’Occidente hanno una sola voce per affermarlo. « Attraverso lo Spirito Santo tutta la Trinità abita in noi », scrive il grande Vescovo di Ippona (S. Augustus, de Trinit., L. XV, c. 18, n. 32). S. Basilio ripete con lui: « L’unione con Dio è fatta per mezzo dello Spirito: Dio infatti ha mandato lo Spirito del suo Figlio nei nostri cuori perché gridassimo: Abba, Padre » (San Basilio, de Spir. S., c. 19. P. Gr 6-2, p. 155). « È nello Spirito che la creatura diventa partecipe del Verbo, e tutti noi entriamo in comunione con Dio solo attraverso di Lui … Poiché, dunque, siamo partecipi di Cristo e di Dio (il Padre), è evidente che l’unzione ed il sigillo che è in noi non appartenga alla natura delle cose create, ma alla natura del Figlio, poiché Egli ci unisce al Padre per mezzo dello Spirito che è in Lui » (Sant’Athan, ep. ad Serap: 4, n. 23; 24, l. cit.). Così parla S. Atanasio; e tale è anche la dottrina che San Cirillo esprime quasi negli stessi termini e contro gli stessi avversari: « Come può lo Spirito essere una cosa creata, Egli mediante il Quale diventiamo partecipi del Padre e del Figlio? Sì, Dio è in noi attraverso lo Spirito Santo » (S. Cirillo. Alex, appendice al Dial, VII de Trinit, P. Gr, L. 75, p. 1124, etc.). Riascoltiamo S. Basilio: « Vedo Dio (il Padre) e lo Spirito abitare inseparabilmente insieme nelle creature. Quanto a te, Eunomio, poiché non puoi negare che nelle testimonianze che ci rivelano questa presenza si tratti dello Spirito increato, affermi che è Dio (il Padre) a portare il nome di Spirito. Ma non sai che Dio non abita da solo nella creatura e che a nessuno è permesso di ascoltare Dio (il Padre), se non dove si parla dello Spirito di Dio? L’Apostolo, appunto, distingue apertamente l’uno dall’altro quando scrive: Dio ce lo ha rivelato per mezzo del suo Spirito. Non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che è di Dio. » Sembra proprio che le due Persone stiano aspettando l’intervento della terza per scendere in noi, così che, volendo abitare in un cuore, la mandano davanti a loro per aprirne le porte e trasformarlo in un tempio degno della loro suprema maestà. Ora, non pensiamo che si tratti di espressioni arbitrarie, senza conseguenze e senza cause, uno di quei giochi di parole in cui si dilettano oratori e poeti. No: perché non si ripresenterebbero così frequentemente negli scritti i più dogmatici dei Padri; ancor meno li sosterrebbero con tanta insistenza sulla parola stessa dello Spirito Santo registrata nelle nostre Scritture. S. Cirillo di Alessandria commenta questo passo della I Lettera ai Corinzi: « Non sapete che le vostre membra sono il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio » (1 Cor., VI, 19: col. II Cor. VI, 16-17). Il santo Dottore esclama: « Perciò noi siamo i templi del Dio vivente. E come mai? Perché Cristo abita in noi per mezzo dello Spirito Santo, e ha nella sua stessa natura colui dal quale sostanzialmente emana, Dio suo Padre » (S. Cirillo. Alex. in h. 1. P. Gr., t 74, p. 371). Ma in nessun luogo essi insistono maggiormente su questa idea che nell’interpretazione di questo bellissimo testo di San Giovanni: « Ciò che ci fa conoscere che noi rimaniamo in Dio e che Dio rimane in noi, è che Egli ci ha resi partecipi del suo Spirito » (I Joan., IV, 13). « Pertanto – conclude S. Atanasio – in virtù della grazia dello Spirito Santo che ci è stata data, noi siamo in Dio e Lui in noi. Di conseguenza, poiché Esso è lo Spirito di Dio, quando è in noi, noi che possediamo questo Spirito siamo veramente in Dio, e Dio per lo stesso motivo abita in noi » (S. Atanasio Or. 3, c. Ariano, n. 23; P. Gr. 26, p. 373). – E S. Agostino: « In questo sappiamo che noi rimaniamo in Dio e Dio in noi, perché Egli ci ha dato il suo Spirito. Molto bene; sia benedetto Dio! Noi sappiamo che Dio abita in noi. Ma chi ce lo ha fatto sapere? Perché Egli ci ha donato il suo Spirito? E come si fa a sapere che ci ha dato il suo Spirito? Chiedete al vostro cuore: se è pieno d’amore, avete lo Spirito di Dio in voi. Ma chi ci insegna questo necessario legame tra la dimora dello Spirito Santo e la carità? È Paolo quando dice: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » (S. Aug. in ep. Joan ad Parth. tr. VIII, n. 12). Continuiamo ad ascoltare lo stesso Agostino. Egli cerca se vi sia un testo nelle Scritture in cui lo Spirito Santo sia esplicitamente menzionato con il termine di carità. Questo testo, egli ritiene, forse a torto, di averlo trovato in queste parole di San Giovanni: Dio è carità (I Joan. IV, 8). Non esaminerò tutte le prove che egli adduce, anche se contengono insegnamenti utili. Ci accontentiamo di notare la seconda parte della sua argomentazione. « Noi troviamo – egli dice, – che la Scrittura chiama chiaramente l’Unico, la sapienza di Dio (1 Cor. I, 24). Troviamo anche che lo Spirito Santo porti da qualche parte il nome di carità? Sì, se meditiamo diligentemente le parole dell’Evangelista. Miei cari – egli dice – amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio. E aggiunge: Chi ama è nato da Dio; e chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è carità (I Joan, IV, 7-8). La carità è Dio, la carità è da Dio. Quindi la carità è Dio da Dio. Ma se lo Spirito Santo è Dio da Dio, perché procede da Dio Padre e da Dio Figlio, il Figlio stesso è nato da Dio Padre e, di conseguenza, è anch’egli Dio da Dio. Quale dei due sarà la carità? Mettiamo da parte il Padre, perché non è da Dio. È il Figlio, è lo Spirito Santo? Quello che segue ci illuminerà… « In questo – dice l’Evangelista (Id., Ibid. 13), sappiamo che noi dimoriamo in Lui (Dio) e Lui in noi, perché Egli ci ha donato il suo Spirito. Perciò è lo Spirito che Egli ci ha dato che ci fa dimorare in Dio e Lui in noi. Ora, questa mutua immanenza è opera della carità, lo Spirito Santo è quindi il Dio carità… ed è di Lui che parla singolarmente la Scrittura, quando essa dice: Dio è carità. Perciò lo Spirito Santo, Dio che procede da Dio, accende nell’anima a cui è stato dato la carità per Dio e per il prossimo, ed è Lui stesso Carità, perché è solo da Dio che viene nel suo cuore dell’uomo, l’amore che egli ha per Dio…. Perciò la Carità che è da Dio e che è Dio, è propriamente lo Spirito Santo che riversa nei nostri cuori la carità, cioè quell’amore di Dio per il quale tutta la Trinità abita in noi. Dilectio igitur quæ ex Deo est et Deus est, proprio Spiritus sanctus est, per quem diffunditur in cordibus nostris Dei charitas, per quam nos tota inhabitat Trinitas. Per questo lo Spirito Santo, pur essendo Dio, è giustamente chiamato Dono di Dio – Atti VIII, 20 – Questo dono divino va inteso come carità, quella carità che conduce a Dio e senza la quale nessun altro dono può condurci a Dio » (S. Aug., de Trin. XV, c. 17e18; n.31 e 32).

2. – Questo testo del grande Vescovo è prezioso. Infatti, dopo averci insegnato che lo Spirito Santo è personalmente Amore; e che attraverso questo Amore tutta la Trinità abiti in noi, ci spiega ancora, almeno in parte, il vero significato del ruolo attribuito in modo così costante allo Spirito Santo.  Lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Figlio, dono comune del loro amore per gli uomini, attira Dio verso di noi ed attira noi stessi a Dio: questa è la sua funzione. Come si spiega questo? Questa spiegazione può essere data in diverse forme, tutte riconducibili alle caratteristiche ipostatiche dello Spirito Santo, come conseguenze del loro principio. Cominciamo con quella che ci offre l’Angelo della Scuola. È fondamentalmente la stessa che il grande Agostino ci ha appena suggerito. Il Dottore Angelico suppone due principi che abbiamo ampiamente dimostrato: il primo è che Dio non può essere separato né dai suoi effetti né dai suoi doni; il secondo è che le opere d’amore e soprattutto la carità, devono essere l’attributo dell’Amore personale, cioè dello Spirito Santo. Posto questo, ecco come egli ragiona: È necessario che dove c’è l’effetto di Dio, si trovi anche Dio, la causa efficiente. Pertanto, poiché la carità che ci fa amare Dio è in noi attraverso lo Spirito Santo, lo stesso Spirito Santo deve rimanere in noi finché manteniamo in noi la carità. Per questo l’Apostolo ha detto: Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito Santo abita in voi? (1 Cor. III. 16) Egli è in noi, io dico, per fare di noi, mediante la carità, gli amici (gli amanti, amatores) di Dio. Pertanto, poiché è legge dell’amore che l’oggetto amato sia in colui che lo ama, in quanto lo ama, è necessario che attraverso lo Spirito Santo abitino in noi sia il Figlio che il Padre. Per questo il Signore ha detto nel suo Vangelo: Noi verremo a lui, cioè a colui che ama Dio, e prenderemo dimora in lui (Gv. XIV, 23)… « Inoltre, è evidente che Dio ha un amore speciale per coloro che ha reso suoi amici per mezzo del suo Spirito, perché è solo amando che ha donato loro un bene così prezioso. Così leggiamo di Dio che ha detto: Io amo coloro che mi amano (Prov., VII, 8). Infatti, non siamo stati noi ad amare Dio per primi, ma è Lui che ci ha prevenuto con il suo amore (Gv. IV, 10). Ora, come abbiamo detto, ogni oggetto amato è in colui che lo ama. È quindi necessario che attraverso lo Spirito Santo non solo Dio sia in noi, ma che noi stessi siamo in Dio. Per questo è detto in S. Giovanni (I Giovanni IV, 13 e 16): « Colui che rimane nella carità, dimora in Dio e Dio in lui. » E ancora: « Questo è ciò che ci fa conoscere che noi rimaniamo in Lui e che Lui rimane in noi, è che Egli ci ha dato il suo Spirito » (San Thom., c. Gent., c. 21). Come abbiamo visto, tra tutti gli effetti della generosità divina, San Tommaso ha scelto in modo particolare la carità per farne il fondamento della sua interpretazione. Ma tutte le altre operazioni di Dio che si riferiscono all’ordine della grazia possono servire come punto di partenza per la spiegazione che è lo scopo delle nostre ricerche. È che tutti questi effetti, di qualunque natura e in qualunque forma, sono doni di Dio, che emanano dal suo amore, che tendono a perfezionare l’opera della nostra santificazione, che hanno come fine più o meno prossimo quello di unirci a Dio, che contribuiscono alla perfezione soprannaturale della natura intelligente e, di conseguenza, che sono di quelli che la legge di appropriazione ci obbliga a riferire allo Spirito Santo, poiché è l’Amore personale, la Virtù santificante, il Dono di Dio Altissimo, il Complemento della Trinità, l’unione eterna tra il Padre e il Verbo, il suo unico Figlio. Ora, ancora una volta, Dio non può essere separato né dai doni, né dai suoi effetti. Se, dunque, le operazioni che appartengono all’ordine della grazia sono l’attributo speciale dello Spirito Santo, è Lui che deve apparirci per primo in questa venuta di Dio che si conclude con l’inabitazione permanente. Un Padre del IV secolo, Didimo di Alessandria, che forse è meno conosciuto di quanto meriti, ha messo in grande luce questa verità. Anche lui, come tutti i Padri greci del tempo, si batte per la divinità dello Spirito Santo. « Non è – egli dice – una delle sostanze corporee, questo Spirito che abita nelle anime e nei corpi, l’Autore della sapienza e della conoscenza. Non lo classificheremo nemmeno tra le creature invisibili. Tutti questi esseri sono in grado di ricevere la saggezza, le virtù e la santità; ma Egli ne è la causa efficiente e produttiva. Sì, lo Spirito Santo è il santificatore immutabile: è Lui che dà la scienza divina ed ogni bene; diciamo meglio: Egli sussiste nei doni che la munificenza del nostro Dio ci concede. Perché là dove S. Luca e S. Matteo riferiscono lo stesso fatto evangelico, l’uno scrive: Quanto più il Padre celeste farà del bene a coloro che lo pregano (Mt. VII, 11), mentre l’altro dice: Quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che lo implorano (Lc. XI, 13): da questo è evidente che lo Spirito Santo è la pienezza dei doni di Dio: tanto che i doni non esistono senza di Lui, in quanto tutti i vantaggi che i doni liberalmente elargiti da Dio ci procurano, derivano da questa fonte. È evidente, dunque, che lo Spirito Santo sia distinto dalle creature corporee e anche da quelle spirituali, poiché le altre sostanze lo ricevono come una sostanza che le santifica; mentre Egli non riceve alcuna santità dall’esterno, essendo il dispensatore ed il Creatore di ogni santità » (Didyim., de Spirit. S., n. 4, P. Gr., t. 39, p. 1136). Così lo Spirito Santo è nelle grazie di santificazione e, attraverso di esse, nelle anime in cui Dio le riversa, perché ne è il primo Autore. Ma, poiché l’operazione di santificazione è comune alle tre Persone, così comune deve essere anche la presenza nelle anime santificate, benché l’una e l’altra siano particolarmente appropriate allo Spirito Santo. Comprendiamo ora come il Padre e il Figlio siano in noi per mezzo del loro Spirito divino. È la grazia che le fa ivi dimorare; è per mezzo delle operazioni santificanti che Essi vi giungono. (Suppl. L. III, c. 3 e 4). Ma poiché la grazia e tutto l’ordine di effetti ad essa collegati sono per appropriazione dello Spirito Santo, è anche necessario che affermiamo dallo stesso Spirito ciò che è inseparabilmente collegato a questa grazia. Così le altre due Persone sono in noi attraverso lo Spirito Santo, e questo Spirito divino, comunicandosi a noi, ci fa entrare nella partecipazione del Figlio e del Padre (Ci si può chiedere cosa dobbiamo concepire prima, se lo Spirito Santo presente nell’anima o il dono di grazia che Egli comunica. Ecco la soluzione data da San Tommaso: « L’ordine della natura tra diverse cose può essere considerato da diversi punti di vista. In primo luogo, dal punto di vista della materia o del soggetto che riceve; da questo punto di vista la disposizione precede ciò che si prepara a ricevere e, di conseguenza, noi riceviamo i doni dello Spirito Santo prima dello Spirito Santo stesso, poiché è attraverso la ricezione dei doni che noi gli siamo assimilati (e che Lui si unisce a noi). In secondo luogo, dal lato dell’agente e del fine: sotto questo aspetto la priorità appartiene allo Spirito Santo, perché il Figlio ci ha dato gli altri doni attraverso il suo amore (il primo dono). » – S. Thon, D. 14, q. 2, a ad ult. quæsit). – Un’ultima interpretazione, meno completa delle precedenti e tuttavia sufficiente a spiegare più di un testo dei Padri, emerge dall’ordine delle processioni divine. È noto che diversi Dottori d’Oriente, nella loro contemplazione di questo movimento immobile di vita divina da cui deriva la santa e indivisibile Trinità, amano considerare il Padre come una fonte infinitamente piena, che si riversa interamente nel Figlio, senza impoverirsi, e attraverso il Figlio nello Spirito Santo. Lì termina il flusso divino. Ma se la legge delle processioni richiede che la divinità non venga comunicata nella sua identità sostanziale ad altre persone, in modo da appartenere a loro a pieno titolo; perché ella è amore e bontà, l’amore infinito, la bontà sovrana, conserva per così dire un’inclinazione pressante a riversarsi ancora, non più in Dio, ma al fuori da Dio. Cosa farà il flusso divino per soddisfare questo bisogno di espansione? Si frammenterà, come un fiume la cui massa è fermata dalle dighe, almeno per gettare qualche getto delle sue acque schiumose. Dio non voglia che abbiamo questo pensiero della semplicissima e unica Essenza divina. Ma nella sua beata impotenza a diventare la natura di qualcuno che non sia né il Padre, né il Figlio, né lo Spirito Santo, può comunicare alle creature privilegiate una partecipazione di sé stessa; ed è quel che Essa fa quando ci dona la sua grazia e si unisce accidentalmente a noi con questa stessa grazia. Ora, poiché questa comunicazione divina proviene dall’amore e dalla bontà; essendo ancora una naturale ma libera continuazione del movimento eterno che porta l’Oceano della divinità dal Padre al Figlio e dal Figlio allo Spirito Santo, è giusto appropriarne la gloria a questo Spirito, l’Amore personale e l’ultimo termine delle processioni nel seno di Dio. Ho detto: appropriarne; perché, ancora una volta, si tratta di una comunicazione necessariamente comune a tutta la Trinità. – Parliamo delle cose divine in base alle nostre deboli concezioni e secondo il nostro linguaggio ancora più imperfetto. Al punto di partenza, vedo la prima fonte che riversa la sua pienezza in una seconda Persona, e il Padre solo produce il suo Verbo: e il Verbo è nel Padre e il Padre è nel suo Verbo. Nuovo movimento e nuova comunicazione; la pienezza, essendo passata in qualche modo dal Padre al Figlio senza lasciare il Padre, appartiene ora a due Persone divine. Di conseguenza, lo Spirito Santo, la terza Persona, procede allo stesso tempo dal Padre e dal Figlio come da un unico e medesimo principio; e il Padre e il Figlio sono nello Spirito Santo e lo Spirito è in loro, come essi sono in Lui. Poiché l’inclinazione della bontà sovrana la spinge a diffondersi di nuovo, ma al di fuori di Dio, sulla creatura ragionevole, per divinizzarla, non è forse vero che, poiché la pienezza appartiene per la legge stessa della vita divina alle tre Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, sono ora le tre Persone che, con un cuore comune e con un beneficio comune, fanno partecipare questa creatura alla loro pienezza e a se stesse? Tuttavia, la Persona dello Spirito Santo, essendo non solo per sua natura, ma in virtù della sua stessa proprietà, la bontà amorosa che si riversa sulla creatura divinizzata, è Lui che ci tocca per primo in queste comunicazioni ineffabili: è Lui in cui le altre due Persone sono unite e si donano a noi. « Il Padre è la fonte, il Figlio è il fiume e lo Spirito è ciò che noi beviamo. Ma bevendo lo Spirito beviamo Cristo e, attraverso Cristo, suo Padre » (S. Atanasio, ep. ad Serap. 1, n. 19, P. Gr. 26, p. 573).

3. – Ma se il Padre e il Figlio sono in noi attraverso lo Spirito Santo, Egli stesso viene a noi, perché è mandato da loro. … il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre mio manderà nel mio Nome, vi insegnerà ogni cosa, disse di Lui Nostro Signore ai suoi Apostoli (Joan, XIV, 26). E ancora: « Quando verrà il Paraclito (cioè il Consolatore), lo Spirito di verità che procede dal Padre e che io vi manderò dal Padre mio, testimonierà di me » (Gv. XV, 26). E più avanti ancora: « Ora vado da Colui che mi ha mandato. Ed è bene per voi che io me ne vada; perché se non me ne vado, il Consolatore non verrà a voi; ma se me ne vado, ve lo manderò… e quando lo Spirito di verità sarà venuto, vi insegnerà tutta la verità… » (Joan. XVI, 7, 13). Lo Spirito Santo viene in noi; è mandato dal Padre nel Nome del Figlio, e dal Figlio e dal Padre. Cosa significano queste espressioni e qual è la missione dello Spirito Santo? – La missione dello Spirito Santo è l’eterna processione di questo stesso Spirito che si manifesta con un effetto o un’operazione, in virtù del quale è presente in modo nuovo nella sua creatura ed inabita in essa. Noi sappiamo già perché lo Spirito Santo venga in noi e come vi dimori. Ma questa venuta dello Spirito è una missione: perché nel venire procede, esce, per così dire, dal Padre e dal Figlio, e per questo Essi lo mandano, quando viene. Come si può notare, due cose contribuiscono essenzialmente alla missione propriamente detta: la Persona inviata deve venire ad abitare in modo nuovo nella creatura ragionevole ed inoltre, deve trarre la sua origine da un’altra Persona. Pertanto, poiché il Figlio e lo Spirito Santo abitano in noi per grazia e procedono l’uno dal Padre, l’altro dal Padre e dal Figlio, entrambi hanno la loro missione invisibile. D’altra parte, il Padre, che non procede da nessuno, non può essere inviato, anche se viene con il Figlio e lo Spirito Santo a prendere dimora in noi, come nel suo tempio. – Ora, sebbene queste due missioni santificanti, la missione del Figlio e quella dello Spirito Santo, siano inseparabili, sono tuttavia distinte l’una dall’altra, « non nella radice della grazia, ma negli effetti della grazia », secondo l’osservazione del Dottore Angelico (S. Thom, I p., q. 43, a. 5, præsert., ad 3 e 2). Succede che gli effetti non manifestano allo stesso modo le proprietà ipostatiche dell’una e dell’altra Persona. L’effetto è un fuoco che si accende nel cuore e lo incendia con la carità divina? È lo Spirito Santo che si rivela come presente e come inviato. È uno di quei pensieri che vi coinvolgono, vi elevano, il seme e il principio del santo amore? Riconoscere la venuta del Verbo e la sua missione dal Padre: perché dal Verbo di Dio procede l’Amore eterno. Sebbene lo Spirito Santo non entri mai nelle anime senza che il Figlio vi sia stato inviato così come tale, la natura dell’appropriazione ci impone di vedere, nella produzione della grazia e negli incrementi che essa prende nel profondo dei cuori, una missione dello Spirito Santo, piuttosto che la discesa e l’invio del Figlio di Dio. Questo perché tali effetti, come abbiamo dimostrato attraverso la Sacra Scrittura ed i Padri, sono di attribuzione speciale dello Spirito divino; anche perché la nostra vita di grazia è rivelata incomparabilmente più dalla carità che dalla conoscenza, nella volontà più che nella ragione. È per questo che quando, nei primi tempi della Chiesa, a Dio piaceva mostrare visibilmente ciò che faceva invisibilmente nelle anime, i simboli esterni, strumenti di questa manifestazione che, pur essendo opera di tutta la Trinità, significavano direttamente solo la missione del suo Spirito divino (Atti II, VIII, X, ecc.).

LA GRAZIA E LA GLORIA (31)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.