LA GRAZIA E LA GLORIA (31)

LA GRAZIA E LA GLORIA (31)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

I.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

TOMO PRIMO

LIBRO VI.

LA NOSTRA FILIAZIONE NEL SUO RAPPORTO CON LA TERZA PERSONA DELLA TRINITÀ

CAPITOLO V

Conseguenze delle proprietà personali. Lo Spirito Santo è il principio di tutti i doni creati nell’ordine soprannaturale. È quindi l’anima del Corpo mistico di Gesù Cristo.

1. È lo Spirito Santo che ci rende figli di adozione e che trasforma i cuori degli uomini in santuari dove il Padre e il Figlio suo, Gesù Cristo, Nostro Signore, vengono ad abitare con Lui e attraverso di Lui. Noi abbiamo meditato su queste verità, così consolanti per noi e così gloriose per questo Spirito divino, e sappiamo in che senso debbano essere intese. – In virtù degli stessi principi, è a Lui che dobbiamo necessariamente attribuire tutti i doni di grazia creati, tutto ciò che da vicino o da lontano conduce alla santificazione degli uomini, al nostro complemento spirituale; in una parola, tutto ciò che fa sì che Dio si avvicini a noi e noi a Dio. I titoli personali che abbiamo considerato in Lui lo richiedono, e la legge di appropriazione non avrebbe la sua naturale applicazione se non se ne traesse questa conseguenza. Apriamo le Sacre Scritture e i monumenti dogmatici della Chiesa e vedremo quanto sia ampia la prassi, se possiamo esprimerci in questo modo, corrispondente alla teoria. – Ma per procedere in maniera più ordinata, consideriamo in successione: Gesù Cristo nostro Capo, i fedeli che ne sono le membra e la Chiesa che è il suo Corpo. – È ammirevole vedere con quale cura meticolosa il Vangelo ci mostri l’influenza dello Spirito divino nella missione del Salvatore degli uomini. È Lui che lo ha formato nel grembo immacolato della Vergine; che lo annuncia come il Re, tanto atteso da Elisabetta, Anna e Simeone (Luca,  1, 35, 41, 67, 68; II, 25 e segg.); che, scendendo visibilmente nel battesimo, gli rende una testimonianza ufficiale davanti al Precursore e al popolo (Matteo, III, 16; Giovannino, I, 33); che lo conduce nel deserto per prepararsi alla grande opera del suo Apostolato, nella solitudine, nella preghiera e nella penitenza, e che lo riporta indietro (Luca, V1, ecc.); Colui nel quale Dio fatto l’uomo opera i suoi miracoli, cosicché chiudere ostinatamente le orecchie alla loro testimonianza è un peccato contro lo Spirito Santo (Matt., XII, 28; Luca, XI, 20); Colui che lo fa sussultare di gioia al pensiero delle luci riversate sulle anime semplici (Luca, X, 21). – Cosa dobbiamo dire di nuovo? Se Gesù Cristo si offre per noi come ostia sanguinante, è per opera dello Spirito Santo (Ebr., IX, 146); se continua la sua opera di redenzione nel mondo attraverso la testimonianza degli Apostoli, questa testimonianza è opera dello Spirito Santo (Joan., XV, 26.7); infine, se lascia una Chiesa che perpetuerà la sua missione fino alla fine dei secoli, è ancora per mezzo del suo Spirito che la fonda, la forma, la conserva e la rende perennemente feconda. Così, dall’inizio alla fine, lo Spirito Santo presiede in Gesù Cristo al compimento della sua opera di grazia, amore, restaurazione e salvezza.

2. – Questo è ciò che Egli ha fatto nel Capo; non farà altrimenti con le membra? La stessa voce e la stessa autorità ci vietano di pensarlo. Ancor prima che Dio abbia preso possesso di un’anima, spetta allo Spirito Santo prepararne l’ingresso: questo è lo scopo di quelle illuminazioni ed ispirazioni interiori con cui lo Spirito Santo tocca il cuore dell’uomo (Conc. Trid, sess. VI, c. 5.), e che si chiamano grazie prevenienti. La sua azione e i suoi benefici non finiscono qui. In questa infinita varietà di grazie che ci vengono elargite con tanta liberalità dalla bontà divina, non ce n’è nessuna che non provenga da Lui (I Cor. XII; Ebr., II, 4). Quando, diventati figli di Dio, siamo trasformati di illuminazione in illuminazione, è Lui che compie questa meraviglia (I Cor. III, 18).  I gemiti ineffabili con cui attiriamo la misericordia e tocchiamo il cuore di Dio (Rom., VIII, 26); tutti gli atti salutari che sono i nostri meriti (Rom., VIII, 14); la carità, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità; tutta la santità, la pietà, la mitezza (Gal. V, 22-23): tanti effetti e frutti della sua presenza nel profondo delle anime. Egli è lì a rinnovare la stessa novità (Tt. III, 5), ad attivare la nostra vita spirituale, a soccorrere le nostre infermità, a consolarci nelle nostre pene; rattristato, Egli stesso addolorato dalle nostre infedeltà; principio e pegno della nostra futura beatitudine (Rom. VIII, 14, 26; Atti IX, 31; Efes. IV, 30; II Cor. I, 22, ecc.). Bisogna pertanto sottolineare qui che i beni che ci vengono da Dio, non sono attribuiti allo stesso titolo a questo Spirito divino. Tutti, è vero, devono essere attribuiti a Lui senza eccezioni, se li consideriamo o come doni o come effetti che contribuiscono all’opera della nostra santificazione, anche se da altri punti di vista possano essere attribuiti o al Padre o al Figlio stesso. Ma ce ne sono alcuni che, per la loro natura intima, richiedono più necessariamente la loro appropriazione da parte dello Spirito Santo. Tale è la carità tra tutte, perché la carità, non solo considerata come grazia, ma ancora inquadrata come carità, si riferisce soprattutto allo Spirito Santo. Non è forse di per sé una partecipazione creata di ciò che costituisce il suo carattere proprio, cioè dell’Amore infinito? – San Tommaso, nella magistrale spiegazione che dà degli effetti della grazia, appropriati allo Spirito Santo dalla Scrittura, pone il principio che lo Spirito Santo, diffondendo la carità in noi, ci rende amici di Dio (S. Thom., Gent., L. IV, c. 21 e 22). Vediamo ora le conseguenze che egli trae da questa verità capitale. Dunque, è allo Spirito Santo che dobbiamo attribuire la rivelazione dei misteri divini, secondo le parole del grande Apostolo. « L’occhio non ha visto, né l’orecchio ha udito, né il cuore dell’uomo ha compreso ciò che Dio ha in serbo per coloro che lo amano. Ma per noi, Dio ce lo ha rivelato per mezzo del suo Spirito » (1 Cor., II. 9,10.). Perché? Perché è nella natura dell’amicizia riversare i propri segreti nel cuore di un amico. « Non vi chiamerò più servi, ma amici”, disse Nostro Signore ai suoi discepoli, “perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi » (Gv. XV, 5). L’amicizia fa di due cuori un cuore solo. Ecco perché, dice Bossuet, ciò che un amico rivela al suo amico non gli sembra che lo produca al di fuori del proprio cuore. E siccome l’insieme delle rivelazioni divine è, fin dai primi giorni del mondo, o la manifestazione di segreti nascosti nelle profondità di Dio, o la loro promulgazione attraverso i secoli, da ciò deriva che lo Spirito Santo, in quanto autore di questa amicizia divina, è l’ispiratore dei Profeti, e che ha la missione di completare l’insegnamento di Gesù Cristo e di insegnarci ogni verità. (I Cor., XIV, 2; II Pt. I, 21; Joan. XIV, 5-18; XVI, 13). – Un amico non si accontenta di rivelare i suoi pensieri più intimi; ha bisogno di comunicare i suoi beni a colui che l’amore gli fa considerare come un altro sé. (I Joan. III, 17). Se questo si vede tra gli uomini, poveri e miserabili come sono, quanto più liberale deve essere Dio, Lui che è la stessa abbondanza e bontà? Ecco perché, secondo le Sacre Scritture, tutti i doni di Dio ci giungono attraverso lo Spirito Santo (II Cor. XII, 8). Spetta a Lui anche perdonare i peccati, secondo le parole del Signore: « Ricevete lo Spirito Santo; a coloro ai quali avrete rimesso i peccati, saranno perdonati i peccati » (Gv. XX, 22); poiché accettare qualcuno come amico, significa dimenticare la sua offesa. Nel libro dei Proverbi leggiamo anche che la carità copre molti peccati (Prov. X, 12). – Ancora, è lo Spirito Santo che, rendendoci amici di Dio, ci conduce a Dio attraverso la contemplazione e la libera osservanza dei suoi precetti divini. Per la contemplazione, perché l’amicizia, di cui Egli è fonte e modello, induce per sua natura a conversare familiarmente con Dio. Pertanto, spetta allo Spirito divino mettere nei nostri cuori affetti santi, farci contemplare la gloria del Signore ad occhi aperti e trasformarci a sua somiglianza. (II Cor, III,18). Con l’osservanza dei comandamenti divini, perché l’amicizia è l’unione delle volontà tra coloro che si amano. Ora, poiché la volontà di Dio ci viene manifestata dai suoi precetti, quanto più profondamente questo amore si radica in noi, tanto meglio conformeremo i nostri atti e tutta la nostra vita alla volontà divina; ed è questo che intende l’Apostolo quando scrive ai Romani: « Questi sono guidati e mossi dallo Spirito di Dio, coloro che sono figli di Dio. » – Ma dove lo Spirito Santo conduce con amore, non c’è più servitù: né la servitù delle passioni e del peccato, poiché la volontà tende con tutto il suo peso al vero bene; né la schiavitù della paura, poiché la carità la esclude dai cuori; né la schiavitù della legge, ché si osserva non con spirito da schiavo, ma da amico. Per questo lo stesso Apostolo ha potuto dire: Dove c’è lo Spirito del Signore, là c’è libertà (II Cor. III, 17); e ancora: Se siete guidati dallo Spirito, non siete più sotto la sua legge (Gal. V, 18). – Infine, la consolazione di cui abbiamo bisogno nei nostri dolori e nelle nostre prove viene dallo Spirito Santo (Salmo L. 18), da quello Spirito che porta il nome di Consolatore, perché fa abitare in noi Dio, l’Amico per eccellenza. Chi non sa che la più grande consolazione nel dolore è la presenza di un amico che lo attenua e spesso, se è tanto potente quanto buono, lo fa addirittura sparire? Ecco, almeno in sintesi, come il Dottore Angelico, partendo dall’idea che lo Spirito Santo sia l’Amore infinito di cui la carità, riversata nelle anime, è una partecipazione beata, dà conto delle funzioni speciali che gli sono attribuite dalle Scritture (S. Thom., c. Gent., L. IV, c.21, 22).

3. – Dopo aver parlato del Capo e delle membra, è giunto il momento di esaminare il ruolo dello Spirito Santo nel Corpo di Cristo che è la Chiesa di Dio. La santa Chiesa ha come missione la santificazione degli uomini e tutto in essa è legato alla perfezione soprannaturale dei figli di Dio. Essa è il dono del suo amore e il suo scopo è quello di ricondurci all’Amore eterno. È quindi evidente, secondo la legge dell’appropriazione, che è allo Spirito Santo che dobbiamo attribuire le sue istituzioni, i suoi ministeri, le sue ricchezze spirituali e i suoi mezzi di santificazione; Egli è, in una parola, l’Autore di tutto ciò che Essa è, di tutto ciò che ha, di tutto ciò che fa nell’ordine della salvezza. E poiché lo Spirito Santo è nei suoi doni, nulla è più vero delle parole di Sant’Ireneo: « Dove c’è la Chiesa, c’è anche lo Spirito di Dio; e dove c’è lo Spirito di Dio, c’è anche la Chiesa ed ogni grazia » (Sant’Ireneo, c. Hæres, L. III, c. 24, n. 1: P. Gr. t. 7, p. 966). – Scorrete i libri del Nuovo Testamento e vi stupirete nel vedere a quanti titoli e in quanti modi la Chiesa dipenda da questo Spirito divino. Se i quattro Vangeli sono la storia del Salvatore, potremmo dire degli Atti degli Apostoli che sono il Vangelo dello Spirito, tanto spesso vi si trovano il suo Nome, la sua presenza e le sue operazioni. E come per aggiungere una conferma dottrinale a ciò che ci appare dai fatti nella Chiesa nascente, gli Apostoli, e specialmente S. Paolo, nelle sue epistole, ci parla in ogni pagina di questo Spirito divino. È da Lui che proviene la gerarchia della Chiesa con il suo Magistero e la sua Autorità pastorale, il Sacerdozio con tutte le sue funzioni. I Pastori che governano la Chiesa sono stabiliti dallo Spirito Santo, consacrati, formati e diretti da Lui (S. Joan. XX, 21, ecc.). Essi insegnano come suoi organi; è Lui che, parlando per bocca loro (Atti, XX: 22, 28; VIII, 2.), rende infallibile la loro testimonianza (Atti, XV. 28; Joan., XV, 26); e l’arma con cui colpiscono l’errore è la spada dello Spirito (Efes., VI, 17). Che cos’è infine il Sacerdozio? Un ministero dello Spirito (II Cor., III, 8), ministratio Spiritus. Come abbiamo visto, è nello Spirito che il Fratello sovrano, Gesù Cristo Nostro Signore, ha offerto se stesso come vittima sull’altare della croce. Non era forse necessario che i Suoi rappresentanti, coloro che Egli ha nominato depositari del suo Sacerdozio, agissero con il medesimo Spirito quando celebrano i misteri divini in suo Nome? È per questo che la Chiesa, nel consacrarli, invoca su di loro la pienezza dello Spirito: è anche per questo che trovo questo stesso Spirito in tutti i Sacramenti della nuova alleanza: nel Battesimo, per fecondare le acque; nella Cresima, per essere l’unzione del Cristiano; nell’Eucaristia, per effettuare il misterioso cambiamento che fa del pane, il Corpo del Signore (Da qui le magnifiche invocazioni dello Spirito Santo sull’Offerta che si leggono nelle liturgie orientali); nella Penitenza, per rimettere i peccati (Joan, XX, 22, 23); nei Sacramenti dei fedeli morenti, affinché « la sua grazia guarisca i malati dai loro languori e dalle loro colpe »; negli Ordini, per far scendere sui ministri del santuario la pienezza dei suoi doni; nel Matrimonio, per formare l’unione degli sposi cristiani ad immagine di quella che Egli ha stabilito tra Cristo e la sua Chiesa; in tutti infine, per santificare coloro che li ricevono. Vedete l’infinita varietà di grazie con cui Gesù Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse adornata, affinché fosse chiaramente riconosciuta come sua: la grazia dei miracoli, il dono della profezia, il dono delle lingue ed altri ancora. Quale ne è la fonte? È lo Spirito Santo che li distribuisce, come vuole, a beneficio della Chiesa e dei suoi membri (1 Cor. XI tot.). Rom, XII 6, sq. Si vedano queste idee sviluppate a lungo e con grande maestria in R.P. Meschler S. J. “Le don de la Pentecôte“, c. 13-23. Parigi, P. Lethielleux, editore). – Queste poche indicazioni sono sufficienti per capire con quale verità si possa dire che lo Spirito Santo sia l’anima della Chiesa. « Lo Spirito Santo è per il Corpo di Gesù Cristo, cioè per la Chiesa, ciò che l’anima è per il corpo dell’uomo: ciò che quest’ultima fa in tutte le membra dello stesso corpo, Egli lo fa in tutta la Chiesa » (« Quod est anima sorpori hominis, hoc est Spiritus sanctus corpori Christi quod est Ecclesia; hoc agit Spiritus sanctus in tota Ecclesia quod agit anima in omnibus membris unius corporis ». S., Agost., serm. 967 in Pent, c. 4). Qual è il primo principio di unità, di vita e salute del corpo umano? L’anima, si potrebbe rispondere. Ma chi dà al Corpo mistico di Cristo la sua unità, la sua vita soprannaturale, la salute perfetta che è la santità, se non lo Spirito Santo? « Un solo corpo, un solo Spirito », ci grida S. Paolo. (Efesini, IV, 4); e come possiamo stupircene? Questo Spirito divino non è forse il legame del Padre e del Figlio, il loro bacio comune, la fonte da cui scaturisce la carità divina e unificante? – La storia della creazione ci mostra che Dio prende nelle sue mani l’argilla della terra e plasma amorevolmente per l’uomo un corpo che corrisponde alla sua dignità; ma perché questo corpo viva e abbia un’anima, ha bisogno del soffio della bocca divina. Così, tutto sommato, Gesù Cristo Nostro Signore formò faticosamente il Corpo mistico che doveva essere la sua Chiesa. Ma questo corpo, per essere vivo, agire e parlare, doveva ricevere da Cristo un doppio soffio: quello che trasse dal suo costato prima di lasciare la terra e l’altro, più potente, che inviò dal cielo nel giorno della Pentecoste. Questo è il principio immutabile della sua vita. Ho detto: il principio immutabile di questa unione dello Spirito Santo con la Chiesa non dipende dalla volontà degli uomini, come l’unione che Egli contrae con ciascuno dei membri in particolare. Lo Spirito di Dio può ritirarsi dall’anima più santa, non perché la abbandona Egli per primo, ma perché essa lo abbandona; così Egli non si ritirerà mai dalla Chiesa. Il soffio di Gesù Cristo gli ha consentito di abitare in Essa per sempre, ut maneat in æternum.

4. – Facciamo un’ulteriore duplice osservazione. La prima è che tutte queste considerazioni sulla dimora dello Spirito Santo in Gesù Cristo e nella Chiesa non ci hanno allontanato dal nostro tema principale. Infatti, come figli di Dio, noi siamo ad immagine di Gesù Cristo e figli della santa Chiesa. Quindi, mostrare la presenza e le operazioni dello Spirito Santo nell’uno e nell’altra, è dire cosa debba essere lo Spirito Santo e cosa sia realmente per noi. Saremmo una copia di Dio fatto uomo, se lo Spirito che ha penetrato tutta la sua vita diventasse estraneo alla nostra? E la Chiesa potrebbe riconoscere come figli degli uomini che non abbiano il suo Spirito come principio, motore ed ospite? – Una seconda osservazione è che ora possiamo sapere quale significato preciso dare a questa formula « appartenente all’anima della Chiesa ». Poiché lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa, appartenere alla sua anima significa avere lo Spirito Santo in sé attraverso la grazia e la carità. Ne consegue che i peccatori, anche se sono esteriormente membri della Chiesa, non sono uniti ad Essa nell’anima; o se lo sono, lo sono solo in modo molto incompleto, in quanto partecipano ancora alla sua influenza attraverso la fede, la speranza e gli altri atti in cui si rivela un residuo di vita soprannaturale. Ce ne sono degli altri, invece, che, senza essere mai stati uniti da alcun vincolo visibile alla Chiesa di Dio, sono tuttavia vivificati dalla sua anima, e per questa stessa anima appartengono all’unità invisibile del Corpo mistico di Cristo. Intendo dire quelle anime rette che nell’eresia, nello scisma o infedeltà, rispondendo fedelmente alla grazia, giungono alla giustificazione al di fuori delle vie ordinarie e senza l’aiuto dei mezzi esterni che sono stati predisposti per noi nella Chiesa che esse (incolpevolmente) ignorano. Questa è l’aggiunta alla dottrina che ho promesso quando ho parlato di Gesù Cristo, il nostro Capo (L. V, c. 4); ed è anche ciò che ci mostra la perfetta analogia tra il corpo naturale e il Corpo mistico di Gesù Cristo. – Come nel corpo naturale l’influenza del capo sulle membra non esclude l’influenza superiore da cui dipende la vita di tutto l’organismo, così in questo Corpo più spirituale e più divino l’azione vivificante del Dio fatto uomo, lungi dal rendere inutile l’assistenza dello Spirito Santo, la presuppone e lo richiede. Lo presuppone: se Gesù Cristo possiede questo triplice primato che lo rende Capo dell’umanità rigenerata, è perché è l’Unto dello Spirito Santo. Lo richiede: se lo stesso Gesù Cristo ci infonde, come Dio, questa stessa vita di grazia, è attraverso lo Spirito Santo, questo dono sostanziale del Padre e del Figlio, che lo riversa nelle anime donandocelo Lui stesso. È questo che ci fa capire la famosa formula con cui diversi Dottori antichi, e in particolare sant’Ireneo, riassumevano tutti gli elementi che costituiscono il Cristiano, figlio adottivo di Dio: un corpo, un’anima e lo Spirito (Lc 1,4), (L’uomo spirituale, l’uomo perfetto, l’uomo che porta nella fede non solo l’immagine, ma la somiglianza di Dio, racchiude lo Spirito Santo. « La carne, di per sé, non è l’uomo perfetto, ma il corpo dell’uomo, una parte dell’uomo. L’anima non è nemmeno l’uomo, ma è la sua anima, una parte dell’uomo. Lo Spirito non è l’uomo: non si chiama uomo, ma Spirito. La mescolanza e l’unione di questi tre principi è ciò che costituisce l’uomo spirituale e perfetto: commixtio autem et unitio horam omnium perfectum hominem efficit. – S. Iren. c. Hæres, L. V. c. 6, n.1; col. c. 9, n.1: P. Gr., t. 7, p. 1138 e 1144): i primi due uniti insieme nell’unità di una stessa natura; e questa natura anche realmente unita, ma accidentalmente, allo Spirito Santo. Poiché questo Spirito divino è tutto per noi, la nostra unità, la nostra vita, il principio da cui scaturiscono tutte le grazie che sono la nostra gloria e la nostra forza; …  Cristiani, non spegniamo lo Spirito Santo nelle nostre anime (I. Tess., V, 15). Lo spegne chiunque si sottragga alla sua dolce e benefica luce, chiunque lo costringa con gravi offese a ritirarsi da un cuore infedele. Non estinguiamolo, ma non irritiamolo nemmeno (Efes. IV, 30). Lo si contrista quando, per colpe pur solo relativamente lievi, stendiamo sulla superficie dell’anima una nube che la sottrae, almeno in parte, all’influenza salutare dei suoi raggi. Lo si contrista ancora anche quando, senza opporre resistenza alla sua volontà divina, non ci abbandoniamo così completamente all’impulso dello Spirito che può fare in noi e di noi ciò che vuole per la sua gloria e la nostra santificazione. E poiché ogni grazia viene da Lui, si degni di aggiungere a tante altre la grazia che ci impedirà di spegnerlo e contristarlo, Lui, sole e consolatore delle anime.

LA GRAZIA E LA GLORIA (32)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.