NOVENA E OTTAVA PER I MORTI (INIZIO 24 Ottobre)

NOVENA E OTTAVA PEI MORTI.

(INIZIO 24 Ottobre)

(G. Riva: Manuale di Filotea; XXX Ediz. Milano 1888)

All’Eterno Padre.

1. Padre onnipotente ed eterno, innanzi al quale vivono i morti non meno che i vivi, io adoro la vostra infinita santità che niente ammette di immondo nel regno della gloria, e ammiro la vostra sapienza e ringrazio la vostra misericordia che colla creazione del Purgatorio ha preparato un mezzo sicuro per purificare d’ogni macchia e rendere degne del cielo tutte quelle anime che escono di questa vita prima di avere interamente scontati i debiti da loro contratti colla vostra giustizia. E giacché, come Padre amorosissimo ed amantissimo sposo di tutti i fedeli rinchiusi in quella gran fornace di fuoco, niente più vivamente desiderate che di vederli perfettamente riconciliati con Voi, onde ammetterli al possesso dell’eredità vostra nel Paradiso, accettate di grazia, in unione dei suffragi di tutta quanta la Chiesa, quelle miserabili preghiere che noi vi offriamo per quegli esuli infelicissimi. Fate che vedano ciò che credettero, che posseggano ciò che sperarono, e che si riempiano di ciò che amarono. Degnatevi ancora di perdonare a noi tutti quelle colpe colle quali abbiamo meritato, non solo il Purgatorio, ma ancora l’inferno, o di aiutarci a profittare in avvenire così bene di tutti i travagli della vita, o a menare costantemente una condotta santa da poter alla morte passare senza ritardo al gaudio degli eletti in cielo. Maria addolorata, offrite i vostri meriti, e avvalorate le nostre preghiere per liberare dalle loro pene le povere anime del Purgatorio. Pater, Ave, Gloria, Requiem.

A Gesù Cristo.

II. Amorosissimo Redentore, che per la salvezza delle anime sosteneste niente meno che la croce, e fino all’ultima goccia versaste il vostro sangue divino affinché tutti avessero in pronto una soddisfazione sempre maggiore dei propri debiti, degnatevi di riguardare con occhio di misericordia le povere anime del Purgatorio, affine di estinguere del tutto, o almeno, mitigare in gran parte, l’ardore di quel fuoco che le tormenta. Noi vorremo essere così fervorosi da meritare presso di Voi una grazia cosi distinta, e che Voi stesso desiderate che vi sia chiesta da noi, per così secondare i consigli della vostra misericordia senza nulla togliere ai diritti della vostra giustizia. Ma, dacché le nostre preghiere non sono degne d’esaudimento, ascoltate nelle nostre quelle delle vostre afflittissime spose che vi furono sempre fedeli fino all’ultimo respiro, ed ora sospirano incessantemente di volare fra le vostre braccia per non allontanarsene mai più. Come potete Voi non commuovervi ai loro gemiti, non esaudire i loro voti, se continuamente benedicono la vostra destra nell’atto che le respinge da Voi, e le tiene immerse in un baratro di inesprimibili pene? Ah! come nel giorno della vostra morte discendeste in tutti i luoghi inferiori non solo per trionfare dei vostri nemici, ma ancora per consolare i vostri credenti, scendete adesso nel carcere del Purgatorio, e annunciando la pace a quanti vi si trovano rinchiusi, traeteli tutti con Voi alla partecipazione del vostro regno. Maria addolorata, offrite i vostri meriti, e avvalorate le nostre preghiere per liberare dalle loro pene le povere anime del Purgatorio. Pater, Ave, Gloria, Requiem.

Allo Spirito Santo.

III. Divino Spirito, creatore e santificatore delle anime, la cui natura non è che bontà, e il cui maggior piacere è l’usare misericordia, riguardate con occhio di compassione le povere anime del Purgatorio che, se sono addoloratissime per le fiamme che nella maniera più atroce le tormentano continuamente, sono assai più afflitte per esser disgiunte da Voi che siete l’unico lor sommo bene, e tanto più si accorano in quanto che non possono non conoscere che stava in mano loro l’evitar tanti mali col fare, mentre erano in vita, una maggior penitenza dei loro peccati, e collo schivare con maggior sollecitudine ogni anche piccola trasgressione della vostra santissima legge. Deh!. Voi che siete il padre di ogni consolazione, mitigate le pene di quelle infelici: compite nelle nostre suppliche i loro voti. In vista della fedeltà con cui vi servirono sopra la terra, dimenticate quei falli che la fragilità della nostra natura ha fatto loro qualche volta commettere; fate che senza ritardo succeda la luce alle tenebre, il riposo al travaglio, il giubilo alla tristezza, accordando loro quell’eterna felicità che avete promessa ad Abramo e a tutta la sua discendenza. Degnatevi ancora di fare a noi tutti conoscere quanto grande sia il debito che si contrae colla vostra giustizia per ogni minima colpa, affinché viviamo per modo da soddisfare a tutti i debiti finora contratti, e da non farne mai più dei nuovi. – Maria addolorata, offrite i vostri meriti ed avvalorate le nostre preghiere per liberare dalle lor pene le povere anime del Purgatorio. Pater, Ave, Gloria, Requiem.

A Maria.

IV . Amorosissima Consolatrice di tutti quanti gli afflitti, Madre di tutti i fedeli così vivi come defunti, Maria SS., volgete i vostri occhi misericordiosi sulle povere anime del Purgatorio, che non sono così meritevoli della comune pietà, perché incapaci di ajutarsi da sé medesime. Interponete presso il trono della divina misericordia tutta la potenza della vostra mediazione; offrite a sconto dei loro debiti, la vita, la passione, la morte, il sangue preziosissimo e i meriti ineffabili del vostro divin Figliuolo, non che i meriti vostri e quelli di tutti i Santi del Cielo e di tutti i giusti della terra; finalmente, tutti i sacrificj, le comunioni, le penitenze, le orazioni, le limosine, e tutte quante le opere buone che si sono fatte finora, e si faranno in avvenire nella cattolica Chiesa, onde, soddisfacendo compitamente alla divina giustizia, siano al più presto sollevate dalle atrocissime pene che soffrono, non solo pel fuoco in cui sono immerse, e per la lontananza dell’unico loro Bene, ma anche per la dimenticanza in cui sono lasciate dalla maggior parte degli uomini. Tre Ave e tre Requiem.

A San Michele.

V. Glorioso Arcangelo S. Michele, che come principale protettore di tutto il popolo di Israele, per una via tutta seminata di vittorie e di prodigi lo traeste dall’Egitto ov’era schiavo, e lo rendeste possessore di quella felicissima terra che era da tanto tempo l’oggetto de’ suoi sospiri; e come specialissimo protettore del mistico gregge evangelico fate sempre vostra delizia il liberarlo da tutti i pericoli, il consolarlo in tutti gli affanni e il procurargli l’appagamento di tutti i santi suoi voti, degnatevi di ottenere alle povere anime del Purgatorio la mitigazione e l’abbreviamento delle tormentosissime pene in cui gemono, come già consolaste i tre fanciulli nella fornace, rendendo innocuo colla vostra presenza le fiamme da cui erano circondati. Colla vostra benigna presenza, voi le rendeste trionfatrici d’ogni assalto nemico, quando stavano per uscire da questo esilio, e perorando la loro causa presso il divin tribunale, otteneste lor la sentenza assicuratrice del Cielo. Compite adunque l’opera vostra coll’impetrar loro sollecita la liberazione da quel carcere in cui si trovano ancor rinchiuse. E, se è ufficio vostro l’introdurre le anime sante nel Regno della luce solennemente promesso ai veri figli di Abramo, non tardate a sollevare fra gli splendori della gloria chi ora geme fra le tenebre le più dense, e a far partecipe delle eterne delizie chi ora spasima fra ogni sorta di pene. Noi ve ne scongiuriamo colle suppliche le più fervorose; e sicuri della vostra annuenza ai nostri piissimi desiderj vi promettiamo fin d’ora perpetua la più viva riconoscenza alla divina misericordia, non meno che a voi che ne siete, dopo la Vergine Maria, il più munifico dispensatore e il più caritatevole ministro. Tre Angele Dei e tre Requiem.

A San Giuseppe.

VI. Gloriosissimo patriarca S. Giuseppe, alla vostra autorevole intercessione raccomando vivamente il riposo e la pace eterna di tutte le anime penanti nel Purgatorio. Voi non potete non aver tenerezza per loro, dacché sono figlie dilettissime di Maria vostra sposa, e spose amatissime di Gesù che a voi volle essere subordinato e riputato vostro figliuolo. Oltre di che, se voi siete cosi generoso nel sovvenire a chi languisce in questa valle di pianto, molto più lo sarete nel sovvenire a chi pena in quel torrente di fuoco. Vi supplico dunque, o grande amministratore delle grazie e de’ tesori di Dio, ad interporre frequentemente per quelle anime le vostre efficaci preghiere; tanto più che niente a voi nega su in cielo chi si compiacque di essere vostro suddito qui sulla terra. Tre Gloria e tre Requiem.

Alle Anime Purganti.

VII. Anime sante del Purgatorio, che in mezzo alle pene più atroci di quella orrenda fornace benedite di continuo quella spada che vi strazia, quella mano che vi flagella per farvi degne del Cielo, consolatevi, poiché se avete legate le mani e i piedi, onde non potete ajutarvi da voi stesse, vi è però in terra chi le ha tuttora libere e sciolte per levarle al Cielo in vostro favore e stenderle al vostro soccorso. Consolatevi, che se finora foste addolorate ed afflitte, non andrà molto che il Signore riconciliato con voi per mezzo dei nostri suffragi, rasciugherà di propria mano le vostre lagrime e allontanando da voi la spada che vi strazia per purificarvi, v’introdurrà nel regno della luce e della pace d’onde sono eternamente sbanditi l’affanno ed il dolore. Noi ci ricordiamo di voi per suffragarvi: voi ricordatevi di noi per ajutarci: perocchè, sebbene per voi nulla possiate, per altri potete assaissimo. Deh per pietà! appena sarete arrivate alla gloria a cui aspiraste con tanti gemiti, ricordatevi di chi soddisfacendo per voi, ve ne ha anticipato il possesso. E come siam tuttavia in un mare sempre burrascoso che ad ogni istante ne minaccia naufragio, fate colla vostra mediazione che evitiamo tutti gli scogli, superiamo tutte le tempeste onde camminando sicuri per la strada da voi già percorsa, giungiamo un giorno con voi al porto sospiratissimo della beatitudine sempiterna. Requiem.

LA GRAZIA E LA GLORIA (39)

LA GRAZIA E LA GLORIA (39)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

II.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

LIBRO VIII

LA CRESCITA SPIRITUALE DEI FIGLI ADOTTIVI DI DIO. — I SACREMENTI, E SPECIALMENTE L’EUCARISTIA, SECONDO MEZZO DI CRESCITA.

CAPITOLO PRIMO

I sacramenti e l’Eucaristia. Cosa Essa  sia in se stessa.

1. . – Il secondo principio da cui procede l’aumento della grazia e la nostra crescita spirituale è nei Sacramenti, e tra i Sacramenti, nel più augusto e più santo di tutti, l’Eucaristia. Andremmo oltre i limiti del nostro piano se abbracciassimo la questione in tutta la sua portata. Inoltre, tutti i Sacramenti, come vedremo in seguito, non mirano direttamente all’aumento della grazia come fine proprio. La producono, come ho detto, da soli, in virtù dell’efficacia che deriva da Gesù Cristo, di cui sono strumenti, e come diciamo nella Scuola con il santo Concilio di Trento, “ex opere operato“. Indubbiamente, tutti possono anche aumentare la grazia e, di fatto, tutti la perfezionano, quando la trovano già viva in un’anima. Di conseguenza, da tutti loro abbiamo il diritto di aspettarci uno sviluppo dell’uomo interiore. Ma solo all’Eucaristia, in virtù della sua istituzione originaria, appartiene il procurare questo intimo progresso. È per questo, che essa ha la sua ragion d’essere, ed è per questo che, dicendo solo una parola sugli altri sacramenti, ci occupiamo di questo sacramento per eccellenza, la santa Eucaristia. – Ma, prima di spiegare il modo veramente divino in cui produce questo effetto meraviglioso, e di mostrare quale sia la causa del suo frutto essenzialmente proprio, è importante ammirare la Provvidenza molto saggia e misericordiosa di Dio, nostro Padre, nei confronti dei suoi figli adottivi. Un giorno, avendo raggiunto la misura dell’uomo perfetto, essi entreranno, o mio Dio, nello splendore eterno dei vostri tabernacoli e siederanno alla vostra mensa per mangiare con Voi il cibo ineffabile che è la beatitudine degli Angeli e della Trinità. Questa è la festa misteriosa di cui San Giovanni, nella sua Apocalisse, ci ha descritto le meraviglie, dove voi stessi sarete, senza intermediari e senza veli, il pane che li sazia, il vino che li inebria. Ma questo cibo non può essere quello dei bambini in formazione: è troppo forte e troppo sostanzioso per la loro debolezza. Eppure, è necessario che essi debbano mangiare e bere ed essere nutriti? Questa è la legge che regola lo sviluppo di ogni essere vivente e respirante. Dio, che fornisce così generosamente il cibo per i piccoli degli uccelli, non può lasciare le sue amate creature senza il cibo adatto alla loro condizione presente. Quale sarà questo cibo per i figli di Dio durante il periodo della loro crescita? Incorporati nella materia, e quindi incapaci di raggiungere immediatamente le cose immateriali, invisibili ed intangibili, chiedono un cibo che rientri nei loro sensi esterni, che possano vedere, odorare e toccare. Ma questi figli non sono che una cosa sola con Voi, mio Dio, membra di un solo e medesimo Corpo mistico, di cui vostro Figlio è il Capo. Pertanto, tutti hanno bisogno di una stessa tavola, di uno stesso cibo, a qualsiasi periodo appartengano, in qualsiasi punto del mondo abitino. Infine, non dimenticate, o Signore mio Dio, che i commensali non sono più schiavi o semplici servi: per la vostra grazia sono diventati vostri figli, che portano incisa sul volto della loro anima la vostra stessa immagine, di dei deificati. Pertanto, ciò che vi chiedono è un alimento divino. Qualsiasi altra cosa sarebbe al di sotto della loro dignità. Il banchetto che preparate per loro deve essere il banchetto degli dei, come quello del cielo. Chi potrà mai soddisfare queste richieste? La saggezza, l’amore, la potenza del nostro grande Dio.

2. – Andiamo all’Ultima Cena. Gesù Cristo, l’unico Figlio di Dio, « prende del pane, lo benedice, lo spezza e lo dà ai suoi discepoli: Prendete e mangiate, dice loro: Questo è il mio corpo. Poi prende il calice e lo dà loro, dicendo: Bevetene tutti. Questo è il mio sangue, il sangue della nuova alleanza. Fate questo in memoria di me » (Mt. XXVI, 26, 29; Lc. XXII, 19, 21; 1 Cor. XI, 24, ecc.). L’opera è completa; il banchetto è come lo desideravamo: tutte le condizioni, per quanto sembrassero impossibili, sono state soddisfatte. Questo è il cibo e la bevanda adatti ai figli di Dio negli anni della loro formazione: è un cibo sensibile, un cibo che è sempre e ovunque lo stesso per tutti, un cibo in cui Dio stesso, il Dio fatto uomo, è ciò che mangiamo e ciò che beviamo. – Per convincersene, basta meditare con devota attenzione il testo evangelico. Colui che è la Verità eterna non può mentire. Se, dunque, prende degli alimenti comuni e su di essi dice: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, e poi li presenta come il proprio corpo e il proprio sangue, le sue parole devono aver prodotto per una virtù onnipotente ciò che significano: il cambiamento totale dal pane al corpo, dal vino al sangue. Il cambiamento, dico: perché le parole di Gesù Cristo cesserebbero di essere vere, se le sostanze materiali del pane e del vino rimanessero nelle loro qualità sensibili. Il cambiamento totale: perché le parole di Gesù Cristo cesserebbero di essere vere, se le sostanze materiali del pane e del vino rimanessero nelle loro qualità sensibili con il corpo e il sangue del Signore. Il cambiamento totale: se non raggiungesse fino alle ultime parti della sostanza, qualcosa di basso e di vile si mescolerebbe a questo cibo celeste, e l’affermazione di Gesù sarebbe incompleta. Questo è ciò che la Santa Chiesa esprime felicemente con la parola di  parti. – Ma chi è colui che parla? Il Cristo vivente e Figlio del Dio vivente. Perciò, poiché in Lui né il corpo è separato dal sangue, né il sangue dal corpo; poiché il corpo e il sangue sono uniti all’anima nell’unità della natura, e questa stessa natura è unita alla divinità nell’unità della persona, Gesù Cristo è interamente sotto ciascuna delle parti e i Padri poterono dirgli in uno slancio di santa ammirazione: « Siete Voi, Signore, che mangiamo e che beviamo » (« Te Domine comedimus. Te bibimus non ut consumamus Te, sed ut per Te vivamus ». S. Efrem, Hymn. De fide, apud Assemani Biblioth. Orient. T. I, p. 101). – Mistero della fede « mysterum fidei » che ci offre altre meraviglie per credere. Ma nulla è impossibile per Dio, soprattutto quando è l’amore a guidare la sua mano. Gesù Cristo, integro sotto ciascuna delle specie, lo è anche sotto ciascuna delle loro parti: perché non è solo dell’insieme, ma di tutte le parti della sostanza manifestata dagli accidenti esterni, che Gesù ha detto: Questo è il mio corpo e questo è il mio sangue. Perciò, anche se ciascuno degli Apostoli prese solo un frammento del pane consacrato e bevve solo una parte del calice, tutti ricevettero ugualmente il loro Signore. E non crediate che, per non essere diviso da sé stesso, Egli si moltiplichi secondo il numero delle specie sacramentali o la moltitudine delle parti che le compongono. Cristo avrebbe dunque diversi corpi, o dobbiamo adorare diversi Cristi? Questo è il mio corpo – Egli dice – non i miei corpi. Aggiunge: « Fate questo in memoria di me »; e l’Apostolo delle genti, dopo aver riportato queste parole del Maestro, gliene mette in bocca altre: « Poiché ogni volta che mangerete di questo pane e berrete di questo calice, proclamerete la morte del Signore, finché Egli venga » (1 Cor. XI, 26). Noi, dunque, che non eravamo a quel primo banchetto dell’Eucaristia, lontani da esso nel tempo e nello spazio, possiamo parteciparvi come discepoli del Salvatore. Egli li ha consacrati Sacerdoti e, attraverso di loro, tutti i loro successori in questo ministero divino. « Finché non verrà », cioè fino alla fine dei giorni, ci saranno uomini che, rivestiti per così dire della sua Persona, prenderanno il pane e il vino e nella sua Persona pronunceranno la parola onnipotente: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. E nulla potrà impedire l’effetto di queste affermazioni ripetute in tutto il corso nei secoli; nulla, dico, se non la mancanza di consacrazione in colui che le pronuncia in suo nome; perché, se è veramente Sacerdote, è Gesù Cristo Sommo Sacerdote, Gesù Cristo nostro Pontefice, a pronunciarle attraverso di lui. – E siccome nessuna indegnità può togliere forza alle parole del ministro, perché egli è solo un ministro, così nessuna contaminazione, nessun accidente, può separare il corpo di Gesù Cristo dalle specie sacramentali, purché esse mantengano intatta la loro natura. Quando Nostro Signore ha detto: Questo è il mio corpo, è come se avesse detto più diffusamente: Quello che vedete e potete toccare sotto queste apparenze di pane, quello che vi rendono sensibile, è il mio corpo. Ora, questo non sarebbe più vero se, per un motivo o per l’altro, la carne del Salvatore cessasse di essere lì, mentre le specie sacramentali fossero ancora lì. Ma se queste stesse specie si corrompono a tal punto da non essere più quelle del pane, questo corpo sacro non le accompagna più: non è né su questo altare, né in questo tabernacolo, né in questo scrigno dove è avvenuta questa trasmutazione degli accidenti eucaristici. Non è che si ritragga da se stessa, né che subisca alcun cambiamento: l’unica causa è nel cambiamento della specie a cui la parola del Consacratore l’aveva unita.