LA GRAZIA E LA GLORIA (39)

LA GRAZIA E LA GLORIA (39)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

II.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

LIBRO VIII

LA CRESCITA SPIRITUALE DEI FIGLI ADOTTIVI DI DIO. — I SACREMENTI, E SPECIALMENTE L’EUCARISTIA, SECONDO MEZZO DI CRESCITA.

CAPITOLO PRIMO

I sacramenti e l’Eucaristia. Cosa Essa  sia in se stessa.

1. . – Il secondo principio da cui procede l’aumento della grazia e la nostra crescita spirituale è nei Sacramenti, e tra i Sacramenti, nel più augusto e più santo di tutti, l’Eucaristia. Andremmo oltre i limiti del nostro piano se abbracciassimo la questione in tutta la sua portata. Inoltre, tutti i Sacramenti, come vedremo in seguito, non mirano direttamente all’aumento della grazia come fine proprio. La producono, come ho detto, da soli, in virtù dell’efficacia che deriva da Gesù Cristo, di cui sono strumenti, e come diciamo nella Scuola con il santo Concilio di Trento, “ex opere operato“. Indubbiamente, tutti possono anche aumentare la grazia e, di fatto, tutti la perfezionano, quando la trovano già viva in un’anima. Di conseguenza, da tutti loro abbiamo il diritto di aspettarci uno sviluppo dell’uomo interiore. Ma solo all’Eucaristia, in virtù della sua istituzione originaria, appartiene il procurare questo intimo progresso. È per questo, che essa ha la sua ragion d’essere, ed è per questo che, dicendo solo una parola sugli altri sacramenti, ci occupiamo di questo sacramento per eccellenza, la santa Eucaristia. – Ma, prima di spiegare il modo veramente divino in cui produce questo effetto meraviglioso, e di mostrare quale sia la causa del suo frutto essenzialmente proprio, è importante ammirare la Provvidenza molto saggia e misericordiosa di Dio, nostro Padre, nei confronti dei suoi figli adottivi. Un giorno, avendo raggiunto la misura dell’uomo perfetto, essi entreranno, o mio Dio, nello splendore eterno dei vostri tabernacoli e siederanno alla vostra mensa per mangiare con Voi il cibo ineffabile che è la beatitudine degli Angeli e della Trinità. Questa è la festa misteriosa di cui San Giovanni, nella sua Apocalisse, ci ha descritto le meraviglie, dove voi stessi sarete, senza intermediari e senza veli, il pane che li sazia, il vino che li inebria. Ma questo cibo non può essere quello dei bambini in formazione: è troppo forte e troppo sostanzioso per la loro debolezza. Eppure, è necessario che essi debbano mangiare e bere ed essere nutriti? Questa è la legge che regola lo sviluppo di ogni essere vivente e respirante. Dio, che fornisce così generosamente il cibo per i piccoli degli uccelli, non può lasciare le sue amate creature senza il cibo adatto alla loro condizione presente. Quale sarà questo cibo per i figli di Dio durante il periodo della loro crescita? Incorporati nella materia, e quindi incapaci di raggiungere immediatamente le cose immateriali, invisibili ed intangibili, chiedono un cibo che rientri nei loro sensi esterni, che possano vedere, odorare e toccare. Ma questi figli non sono che una cosa sola con Voi, mio Dio, membra di un solo e medesimo Corpo mistico, di cui vostro Figlio è il Capo. Pertanto, tutti hanno bisogno di una stessa tavola, di uno stesso cibo, a qualsiasi periodo appartengano, in qualsiasi punto del mondo abitino. Infine, non dimenticate, o Signore mio Dio, che i commensali non sono più schiavi o semplici servi: per la vostra grazia sono diventati vostri figli, che portano incisa sul volto della loro anima la vostra stessa immagine, di dei deificati. Pertanto, ciò che vi chiedono è un alimento divino. Qualsiasi altra cosa sarebbe al di sotto della loro dignità. Il banchetto che preparate per loro deve essere il banchetto degli dei, come quello del cielo. Chi potrà mai soddisfare queste richieste? La saggezza, l’amore, la potenza del nostro grande Dio.

2. – Andiamo all’Ultima Cena. Gesù Cristo, l’unico Figlio di Dio, « prende del pane, lo benedice, lo spezza e lo dà ai suoi discepoli: Prendete e mangiate, dice loro: Questo è il mio corpo. Poi prende il calice e lo dà loro, dicendo: Bevetene tutti. Questo è il mio sangue, il sangue della nuova alleanza. Fate questo in memoria di me » (Mt. XXVI, 26, 29; Lc. XXII, 19, 21; 1 Cor. XI, 24, ecc.). L’opera è completa; il banchetto è come lo desideravamo: tutte le condizioni, per quanto sembrassero impossibili, sono state soddisfatte. Questo è il cibo e la bevanda adatti ai figli di Dio negli anni della loro formazione: è un cibo sensibile, un cibo che è sempre e ovunque lo stesso per tutti, un cibo in cui Dio stesso, il Dio fatto uomo, è ciò che mangiamo e ciò che beviamo. – Per convincersene, basta meditare con devota attenzione il testo evangelico. Colui che è la Verità eterna non può mentire. Se, dunque, prende degli alimenti comuni e su di essi dice: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, e poi li presenta come il proprio corpo e il proprio sangue, le sue parole devono aver prodotto per una virtù onnipotente ciò che significano: il cambiamento totale dal pane al corpo, dal vino al sangue. Il cambiamento, dico: perché le parole di Gesù Cristo cesserebbero di essere vere, se le sostanze materiali del pane e del vino rimanessero nelle loro qualità sensibili. Il cambiamento totale: perché le parole di Gesù Cristo cesserebbero di essere vere, se le sostanze materiali del pane e del vino rimanessero nelle loro qualità sensibili con il corpo e il sangue del Signore. Il cambiamento totale: se non raggiungesse fino alle ultime parti della sostanza, qualcosa di basso e di vile si mescolerebbe a questo cibo celeste, e l’affermazione di Gesù sarebbe incompleta. Questo è ciò che la Santa Chiesa esprime felicemente con la parola di  parti. – Ma chi è colui che parla? Il Cristo vivente e Figlio del Dio vivente. Perciò, poiché in Lui né il corpo è separato dal sangue, né il sangue dal corpo; poiché il corpo e il sangue sono uniti all’anima nell’unità della natura, e questa stessa natura è unita alla divinità nell’unità della persona, Gesù Cristo è interamente sotto ciascuna delle parti e i Padri poterono dirgli in uno slancio di santa ammirazione: « Siete Voi, Signore, che mangiamo e che beviamo » (« Te Domine comedimus. Te bibimus non ut consumamus Te, sed ut per Te vivamus ». S. Efrem, Hymn. De fide, apud Assemani Biblioth. Orient. T. I, p. 101). – Mistero della fede « mysterum fidei » che ci offre altre meraviglie per credere. Ma nulla è impossibile per Dio, soprattutto quando è l’amore a guidare la sua mano. Gesù Cristo, integro sotto ciascuna delle specie, lo è anche sotto ciascuna delle loro parti: perché non è solo dell’insieme, ma di tutte le parti della sostanza manifestata dagli accidenti esterni, che Gesù ha detto: Questo è il mio corpo e questo è il mio sangue. Perciò, anche se ciascuno degli Apostoli prese solo un frammento del pane consacrato e bevve solo una parte del calice, tutti ricevettero ugualmente il loro Signore. E non crediate che, per non essere diviso da sé stesso, Egli si moltiplichi secondo il numero delle specie sacramentali o la moltitudine delle parti che le compongono. Cristo avrebbe dunque diversi corpi, o dobbiamo adorare diversi Cristi? Questo è il mio corpo – Egli dice – non i miei corpi. Aggiunge: « Fate questo in memoria di me »; e l’Apostolo delle genti, dopo aver riportato queste parole del Maestro, gliene mette in bocca altre: « Poiché ogni volta che mangerete di questo pane e berrete di questo calice, proclamerete la morte del Signore, finché Egli venga » (1 Cor. XI, 26). Noi, dunque, che non eravamo a quel primo banchetto dell’Eucaristia, lontani da esso nel tempo e nello spazio, possiamo parteciparvi come discepoli del Salvatore. Egli li ha consacrati Sacerdoti e, attraverso di loro, tutti i loro successori in questo ministero divino. « Finché non verrà », cioè fino alla fine dei giorni, ci saranno uomini che, rivestiti per così dire della sua Persona, prenderanno il pane e il vino e nella sua Persona pronunceranno la parola onnipotente: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. E nulla potrà impedire l’effetto di queste affermazioni ripetute in tutto il corso nei secoli; nulla, dico, se non la mancanza di consacrazione in colui che le pronuncia in suo nome; perché, se è veramente Sacerdote, è Gesù Cristo Sommo Sacerdote, Gesù Cristo nostro Pontefice, a pronunciarle attraverso di lui. – E siccome nessuna indegnità può togliere forza alle parole del ministro, perché egli è solo un ministro, così nessuna contaminazione, nessun accidente, può separare il corpo di Gesù Cristo dalle specie sacramentali, purché esse mantengano intatta la loro natura. Quando Nostro Signore ha detto: Questo è il mio corpo, è come se avesse detto più diffusamente: Quello che vedete e potete toccare sotto queste apparenze di pane, quello che vi rendono sensibile, è il mio corpo. Ora, questo non sarebbe più vero se, per un motivo o per l’altro, la carne del Salvatore cessasse di essere lì, mentre le specie sacramentali fossero ancora lì. Ma se queste stesse specie si corrompono a tal punto da non essere più quelle del pane, questo corpo sacro non le accompagna più: non è né su questo altare, né in questo tabernacolo, né in questo scrigno dove è avvenuta questa trasmutazione degli accidenti eucaristici. Non è che si ritragga da se stessa, né che subisca alcun cambiamento: l’unica causa è nel cambiamento della specie a cui la parola del Consacratore l’aveva unita.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.