LA GRAZIA E LA GLORIA (20)

LA GRAZIA E LA GLORIA (20)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

I.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

TOMO PRIMO

LIBRO IV.

L’ABITAZIONE SINGOLARE DI DIO NELL’ANIMA DEI SUOI FIGLI ADOTTIVI. IL FATTO E LA NATURA DI QUESTA ABITAZIONE.

CAPITOLO IV.

Del modo in cui Dio con la sua grazia abiti nelle anime e sia ad esse unito. Come sia in esse principio efficiente e causa esemplare di tutto il loro divino. Contrasto tra l’unione divina e la possessione diabolica.

1. – Le spiegazioni date dai maestri della scienza sacra sono unanimi nell’affermare il fatto, ma sembrano divergenti in alcuni aspetti. Daremo prima le spiegazioni incontestabili; per le altre, sulle quali c’è qualche disaccordo, indagheremo in seguito, alla luce dei principii, di cosa dobbiamo pensare di esse. Inoltre, non c’è una grande ragione per essere sorpresi che manchino parzialmente le prove e la certezza assoluta. Dio, dandosi a noi come un padre ai suoi figli prediletti, ci ha rivelato sotto le ombre della fede i misteri della sua natura e dei suoi benefici; ma per quanto riguarda la piena comprensione che non è necessaria per illuminare il nostro progresso quaggiù, Egli ha voluto riservarla per la beatitudine finale, quando, sollevando tutti i veli, si degnerà di mostrare il suo volto paterno ai figli della sua adozione. Inoltre, non crediamo che dando una spiegazione si escludano allo stesso tempo tutte le altre; ce ne sono alcune che si suppongono, si collegano e si completano, come mostreremo in seguito. Un autore di grande autorità tra i mistici le riduce a due capi: « Dio – egli dice – è unito a noi in questo modo molto speciale, sia come principio che come termine; come principio che produce in noi la grazia, una partecipazione della sua propria natura e vita; come termine, raggiunto dall’anima per mezzo di questa partecipazione » (Philip. de SS. Trinit. Summa Theol. Mysticæ. P. III, D. 1. t. 1). È Dio che, con la sua operazione, si fa strada nelle più intime profondità dell’anima; ed è l’anima, a sua volta, che, con le operazioni che le derivano dalla grazia, entra in possesso di Dio. Due idee che faranno l’oggetto delle nostre meditazioni e ci spiegheranno come sia veramente la grazia, sotto ogni aspetto, il legame tra l’anima del figlio adottivo e Dio suo Padre. – San Giovanni Damasceno, il grande teologo e filosofo dell’Oriente, ha scritto nella sua magnifica opera sulla fede ortodossa (S. Joan. Dam, de F. Orth, L. I, c. 13, P. Gr. 94, p. 852. – Nemesius insegna a sua volta che nessun essere spirituale può essere direttamente presente in un luogo se non attraverso la sua operazione. De natura hom. c. 3 – “Etsi vero Deus universorum sit locus, non tamen corporaliter – [σωματικῶς = somatikos]- sed effective  – [δημιουργικῶς = demiourghikos]- :…. patet (eum) immensitatem esse i. e. virtutem quæ nullum finem habeat“, S. Maxim. Nel c. 1 de Nomin, div, P. Gr., t. 4, p. 189 in ſine.) un capitolo speciale al quale diede il titolo: « Del luogo di Dio, e come Dio solo è immenso ». Dopo aver ricordato la definizione aristotelica di luogo, il Santo chiede se esista un luogo spirituale, e in che senso potrebbe essere attribuito a Dio. « Sì – egli dice – c’è un luogo spirituale, ed è quello in cui c’è una natura incorporea dove questa natura è presente con la sua azione… Dio, sovranamente libero da ogni materia, Dio senza limiti, non può essere circoscritto da nessun luogo. Egli è il suo proprio luogo, riempie tutte le cose, è elevato su tutte le cose… Eppure, si dice che si trovi in questo o in quel luogo; e quello che si chiama il suo legame, è colà in cui si manifesta la sua potenza e la sua operazione… Ne consegue che quanto più una creatura partecipa alla sua operazione e alla sua grazia, tanto più stretto sia il legame con Dio. Ecco perché il cielo è la sua dimora, perché lì ci sono gli Angeli che fanno la sua volontà. – Così parla questo illustre Padre, che fu, come è noto, l’eco fedele dei più rinomati dottori dell’Oriente, come San Gregorio di Nazianzo, San Basilio, San Cirillo di Alessandria, San Gregorio di Nissa, dai quali prende in prestito in ogni momento la dottrina e persino le parole. Chi non riconoscerebbe nel suo linguaggio ciò che Alberto Magno, l’Angelo della Scuola e altri dopo di loro avrebbero sancito più tardi (Sup. T. III, c. 1, p. 213 e seguenti)? Perché è nello stesso modo, e quasi negli stessi termini, che essi spiegano la presenza degli spiriti in generale e soprattutto l’inabitazione di Dio nei giusti, suoi figli.  Egli è in essi come principio efficiente ed esemplare del loro soprannaturale; vi dimora perché il suo effetto è permanente, perché si compiace in essi, e perché, trattandosi degli effetti di Dio, l’operazione divina è tanto necessaria per conservare il loro essere quanto per darglielo (S. Thom, c. Gent, L IV, c. 21). – Io prevedo che questa spiegazione solleverà più di una difficoltà nella mente di molti lettori. Mi si dirà forse che non è la stessa cosa operare su un essere ed essere presente in esso. Ho già, se non mi sbaglio, risolto questa obiezione. Senza dubbio, ci sono cause che agiscono a distanza e lo possiamo vedere con i nostri occhi. È vero che il sole, fonte di calore e di luce, non è in contatto con tutti i corpi che illumina e riscalda con i suoi raggi. Ma se il sole estende la sua attività benefica alle regioni più remote della sua stessa sostanza, è perché non è la causa immediata e prossima degli effetti che vi produce. Se rimuovete questa materia impalpabile, le cui ondulazioni porteranno la sua influenza fino ai limiti estremi del suo impero, allora non c’è nessuna azione, nessun effetto. – L’operazione divina è molto diversa nell’ordine della natura, e molto di più in quello della grazia. Qui non c’è nessun intermediario. Se Dio non arriva direttamente all’anima, è il nulla della grazia e il nulla dell’esistenza stessa. Dio mi appare presente e vivo nei doni che mi porta. La grazia è un raggio in cui il focolaio che lo emette passerebbe tutto intero; essa è anche un’acqua zampillante che, venendo a bagnare l’anima, le porta la fonte stessa da cui proviene. Mi si perdoni se ritorno su nozioni che avevo già toccato; perché parte dell’oscurità di cui ci lamentiamo in questa materia deriva dal poco uso che facciamo di questi principi e dalla dimenticanza in cui sono tenuti. Dio è presente in sostanza nelle anime dei giusti come principio efficiente del loro essere soprannaturale e anche come causa esemplare. Se Egli è in loro in modo speciale, è per incidere la Sua immagine su di loro e renderli a sua somiglianza divina. Un timbro sempre applicato su una cera morbida, un pittore che si riproduce incessantemente sulla tela, tali erano, se ben ricordiamo, gli emblemi sotto i quali i Padri greci descrivevano spesso l’azione santificatrice nel profondo delle anime. Ed è questo che rende la dimora di Dio, che è la loro, ancora più intima. « È per somiglianza che ci si avvicina a Dio, e per dissomiglianza ci si allontana da Lui », diceva Sant’Agostino (“Non enim 1ocorum intervallis sed similitudine acceditur ad Deum, et dissimilitudine receditur ab eo“. S. Agostino, De Trinit., L. VII, c. 6, n. 12). « Sono lontani da Lui coloro che, con i peccati, si sono spogliati della sua immagine; gli si avvicinano quelli che con una vita pia ne sono rivestiti » (“Hique ab eo longe esse dicentur qui peccando dissimillimi facti sunt; et hi ei propinquare qui ejus similitudinem pie vivendo recipiunt“. Id, ep. 187 ad Dardan, n. 17). – Sembrerebbe potersi obiettare con più ragione che questo modo di presenza sia quello che si applica ad ogni creatura, e, di conseguenza, che non sia la singolarità dell’evento di cui dobbiamo dare conto. Sì, senza dubbio, c’è un’analogia tra questi due modi di presenza, poiché entrambi hanno come base l’influenza immediata di Dio sulla creatura. Ma, a parte questa somiglianza generale, quale sorprendente diversità si rivela, quando non ci si accontenti di guardare che in superficie. Ricordiamo il grande e luminoso principio enunciato prima da San Giovanni Damasceno, e concludiamo che dove ci sono più mirabili effetti della munificenza divina, lì Dio sarà più presente. E se questi effetti, come quelli della grazia e della gloria, sono di un ordine eccellentemente superiore, e superano infinitamente le altre opere della mano divina, Dio sarà nella creatura che li riceve, in modo infinitamente più intimo e più elevato che nel resto della creazione. Sarà in modo tale che possiamo veramente dire che Egli viene quando produce questi effetti; che rimane, finché li conserva; che se ne va, quando i nostri peccati distruggono l’opera della sua grazia in noi; (È una questione tra i teologi se si debba dire che c’è una missione invisibile dello Spirito Santo, in altre parole, se le Persone divine entrano nell’anima, ogni volta che c’è un aumento della grazia santificante, La controversia è più sulle parole che sulle cose stesse. Si può ammettere, senza timore di sbagliare, che ad ogni produzione di grazia sia legata una nuova entrata di Dio. Queste espressioni, tuttavia, non si conciliano bene con un semplice aumento della grazia, quanto con un nuovo stato, un grado non solo distinto, ma diverso nell’ordine della grazia. San Tommaso, il cui pensiero espongo qui, cita come esempio la professione religiosa. Potremmo aggiungere la ricezione dei Sacramenti, che consacrano l’uomo a Cristo come una delle sue membra, dei suoi soldati e suoi ministri, e così imprimono un carattere indelebile. Perché Dio entra nell’anima solo a condizione che si renda presente in modo nuovo.  Ma questo non accade quando c’è solo un aumento della grazia. Quello che si può dire è che allora si unisce più fortemente all’anima, che la penetra più intimamente. Supponiamo, al contrario, il secondo caso: c’è un effetto del tutto diverso, e di conseguenza Dio, che è presente nei suoi effetti di grazia, comincia realmente ad essere nell’anima in altri modi; non si limita, quindi, ad entrare più profondamente in essa; vi entra di nuovo. Cfr. S. Tom., 1 p., q. a. 6, ad 2). – Dunque, la grazia prodotta, la grazia conservata, la grazia aumentata dall’operazione divina, sono tutti mezzi con cui Dio lega e stringe l’unione permanente che si degna di avere con il giusto. Se togliamo questa grazia o, ciò che equivale alla stessa cosa, se togliamo l’azione stessa presente che ce la dà, non c’è più unione in questo ordine superiore e divino. È vero che Dio passerà di tanto in tanto molto vicino all’anima, e non la priverà delle sue operazioni soprannaturali; ma saranno visite transitorie, tocchi di un istante, lampi fugaci. Egli non dimorerà in quell’anima; che devo dire, non vi entrerà nemmeno. Perché no? Perché l’unica grazia santificante è nella sostanza dell’anima. Ogni altra grazia, luce, eccitazione, movimento soprannaturale, è rivolta direttamente alle sole potenze. Nel produrla, Dio rimane, per così dire, alle porte dell’anima; si avvicina, bussa, invita, chiama; ma è la grazia santificante che, facendo dell’anima un santuario, introduce l’Ospite divino e lo fissa a dimora.

2. – Questi argomenti appariranno ancora più solidi se meditiamo su come Dio, presente nell’anima come Autore, conservatore e supremo esemplare della grazia, non si attenga a questo effetto principale. L’anima ragionevole è sostanzialmente presente in tutto il corpo che anima; ma, sebbene sia presente in tutte le membra e in tutti gli organi, ce ne sono alcuni ai quali è più intimamente unita, perché la sua attività vi è più ampiamente sentita. Questa è una verità così palpabile che i filosofi hanno ritenuto necessario limitare la sede immediata dell’anima a certe parti maestre, il cuore o il cervello per esempio, ad esclusione delle altre. Certo, queste sono deviazioni dottrinali, ma ci aiutano a capire meglio la verità sull’unione soprannaturale tra l’anima del giusto e la Trinità divina. – È così che Dio, entrando con la grazia nelle profondità dei cuori, non si ferma nella sua marcia verso l’unione. Dal centro dell’anima dove ha fissato la sua dimora, si muove, per così dire, verso tutte le potenze dell’anima per avvolgerle nel suo abbraccio e per penetrare in esse e nelle loro operazioni con la sua vita divina. È, dicono i Padri, l’artista sublime che si nasconde in uno strumento diventato suo, e da cui trae un’armonia divina; è il motore principale che dall’interno ci spinge verso le cose celesti, che ci fa amare, pregare, agire da figli di Dio; è un sole interiore che ci inonda della sua luce e del suo fuoco; è un re sul suo trono « con il corteggio  delle virtù per esercito », secondo la bella espressione di Sant’Agostino; l’anima della nostra anima e la vita della nostra vita. – Così, quando diciamo che Dio abiti nelle anime come nel suo tempio, non immaginiamo una presenza oziosa, quella di un re seduto tranquillamente nel suo palazzo. No, non è questo che intendono la Sacra Scrittura e i Padri quando usano questa immagine. Il tempio in cui Dio abita è un santuario vivente, e ogni parte di esso, dalle fondamenta più basse a quelle più alte, è pieno della sostanza e dell’azione del Dio che lo abita.

3. – I mistici, per far risaltare l’intimità di questa unione, l’hanno talvolta contrapposta alla possessione diabolica. Il Vangelo, la storia della Chiesa e le vite dei Santi ci mostrano con quale potenza lo spirito maligno, quando piace a Dio lasciarlo libero, si impossessa delle sue vittime. Sembra come se fosse incarnato in loro, tanto li domina, li tiranneggia, e fa di tutti i loro atti esterni le proprie operazioni. Dio non voglia che il Signore e Padre tratti i suoi figli con tanta irriverenza (Sap. XII, 18), che li strappi dalle mani del loro consiglio e li spinga a movimenti così disordinati. Ma ciò che è importante sottolineare qui è la differenza tra l’occupazione dell’uomo da parte dello spirito del male, e la presa di possesso delle anime da parte dello Spirito di Dio. Il nemico colpisce direttamente solo gli organi, o, come diciamo noi, l’uomo esterno: è lì che è intronizzato, è lì che opera e risiede con la sua operazione. Se disturba la ragione, se ostacola il suo libero esercizio, è come da lontano, per gli ostacoli che porta al gioco regolare delle facoltà sensibili. L’intelletto e la volontà cadono sotto la sua influenza solo come conseguenza del suo attacco. – Ben diverso è il possesso divino che si fa per mezzo della grazia e nella grazia. Dio entra di diritto nel dominio più interno e segreto dell’anima, poiché è lì che la rinnova e la trasforma a sua immagine con un’operazione che è allo stesso tempo la sua potenza e la sua essenza. Da questo santuario, che è impenetrabile per chiunque tranne che per Lui, Egli passa, per così dire, alle facoltà spirituali, e si stabilisce in tutto il corpo, in modo da rendere tutto l’uomo come un unico e medesimo tempio, un tempio le cui parti sono tanto più sante in quanto sono più pienamente l’inabitazione di Dio. « Non sapete che le vostre membra sono il tempio dello Spirito Santo? » (1 Cor. VI, 19). La bestia, voglio dire il diavolo, può farsi adorare in questo tempio di Dio, tanto è grande la cecità degli uomini e la loro perversità deplorevole; ma penetrare nel Santuario, e sedersi lì per gustare i tributi sacrileghi cui aspira, è ciò che non è mai né sarà mai in suo potere. Volente o nolente, deve rimanere nelle parti esterne del tempio. E da ciò deriva questa meraviglia più volte osservata nella storia: un corpo di uomo energumeno con l’anima di un santo; Dio contemplato, adorato, amato nell’intimo Santuario, e il circostante occupato e regolato da satana (Vedi in particolare la vita di P. Surin). – Ascoltiamo di nuovo i seri pensieri del Dottore Angelico su questo argomento: « Poiché lo Spirito Santo non è una creatura ma il vero Dio, non possiamo dire che Egli riempie le anime dei Santi e le abita, nel modo in cui talvolta si dice che esse siano abitate e riempite dal diavolo. Leggiamo, è vero, di Giuda che, dopo il boccone di pane inzuppato che Gesù gli diede, satana entrò in lui (Joan, XIII, 27); o leggiamo, secondo una lezione del libro degli Atti, che Pietro disse ad Anania: Perché satana ha riempito il tuo cuore … (Act. V, 3). Il diavolo è una pura creatura; quindi, non può riempire le anime con la partecipazione della sua natura e abitare in esse con la sua sostanza. Se le riempie, è per effetto della sua malizia, secondo le parole dell’apostolo S. Paolo a Elymas: o uomo pieno di astuzia e furberia, figlio del diavolo (Act. XIII, 10)! Ma lo Spirito Santo, poiché è Dio, abita nelle anime con la sua sostanza, e le rende buone rendendole partecipi di se stesso; poiché Egli è la sua stessa bontà, in quanto è Dio. Inoltre, donandosi alle anime, le riempie anche degli effetti della sua virtù onnipotente. (S. Thom., c. Gent., L. IV, c. 18). – Un autore antico, Didimo Alessandrino, questo cieco meravigliosamente versato nella conoscenza delle Sacre Lettere, aveva espresso gli stessi pensieri nel suo commento al testo degli Atti: « Perché satana ha riempito il tuo cuore? », « satana – egli dice – è entrato, non secondo la sua sostanza, ma secondo la sua operazione; perché entrare in qualcuno appartiene solo alla Natura increata, a quella Natura che sola può comunicarsi, perché è il Creatore » (Didimo. Al, de Spirit. S., n. 64, P. Gr. t. 39, p. 1083; col. de Trinit, L I, t. cit. p. 369, sqq. – In un’altra opera, San Tommaso riproduce la stessa dottrina: « Quando si dice che il diavolo abiti nell’uomo, ciò può significare sia una dimora di cui l’anima sarebbe la sede, sia una dimora che si fermerebbe al corpo. Per quanto riguarda l’anima, il diavolo non può dimorare sostanzialmente in essa, perché è privilegio esclusivo di Dio penetrare uno spirito (solus Deus illabitur menti). Infatti, il diavolo non produce il peccato in noi, come lo Spirito Santo produce la grazia. Lo Spirito di Dio lavora dentro: il diavolo agisce con suggestioni esterne o sui sensi o sull’immaginazione… Si dice, tuttavia, che abiti nella facoltà affettiva dell’uomo: ma questo è per gli effetti della sua malizia, e non per se stesso… Per quanto riguarda il corpo, può abitarlo sostanzialmente, come vediamo negli energumeni. » Quodl. III, at. 8, Cf, S. Bern. Serm. 5 in Cant, n. 8; de Consider, L 5, n. 12). – È così che la sostanza di Dio si unisce alla nostra sostanza per mezzo della sua operazione, cioè come principio del nostro essere e attività soprannaturale. Non avevamo forse ragione di dire che la grazia è il legame tra Lui e i suoi figli adottivi, poiché è producendola in loro che Egli entra così profondamente e rimane così costantemente nei loro cuori?

LA GRAZIE E LA GLORIA (21)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.