DEVOZIONE AL CUORE SS. DI GESÙ

Divozione al Cuore SS. di Gesù.

[p. Secondo Franco: “il Mese di Giugno”, Tip. Orat. di s. Franc. Di Sales, 1872]

Qualunque persona che sia d’indole buona, di belle virtù e di eccellente santità, non può esser a meno che non abbia un bel cuore, e che non cerchi diffondere anche negli altri la sua bontà: Bonus homo de bono thesauro cordis sui proferì bonum (Luc. VI, 44). Ma quanto più l’Uomo-Dio, Gesù Signor nostro, il quale è la bontà e la santità medesima, quegli ch’ è venuto a bella posta nel mondo e che ha conversato con gli uomini per beneficarli! Che cosa dunque non devono sperare da Lui i devoti d’un Cuore sì buono e sì benefico? Il primo motivo di questa speranza è la natura stessa del Cuore amoroso di Gesù Cristo. Imperocché avete mai considerato, che cosa è il Cuore di Gesù? È il Cuore dell’Uomo-Dio, un Cuore ipostaticamente unito alla persona del Verbo e alla divinità. Dunque è un Cuore infiammato e compreso con tutta la pienezza e senza misura dagli influssi di quell’amore infinito, di cui il Verbo medesimo arde per noi sino dall’eternità; amore che lo ha condotto in terra a conversare coi figliuoli degli uomini e a farsi uno di loro. Egli è un Cuore che è stato ed è l’organo materiale e sensibile degli affetti più santi e più eccellenti dell’anima santissima di Gesù Cristo, e che ha corrisposto con i suoi naturali movimenti a quel perfetto amore, onde ella avvampa per noi. Dunque è un Cuore sensibile alle nostre afflizioni, alle nostre disgrazie e a tutti i nostri mali; è un Cuore compassionevole, un Cuore pieno di tenerezza per noi e sommamente desideroso del nostro bene. Il Cuore di Gesù Cristo è il Cuore del nostro Padre il più tenero, il più amoroso e il più sollecito; è il Cuore del fratello, e dell’amico, e dello Sposo il più fedele; è il Cuore del re il più magnifico, il più potente e più liberale che siavi stato e che possa esservi mai perché è il Cuore del re del cielo e della terra. Dunque è un Cuore più interessato al nostro bene, e più costante nel suo amore per noi del cuore di qualunque padre, amico e sposo di questa terra, che ami svisceratamente la sposa, l’amico, il figlio; è un Cuore che vuol farci ogni bene, e può farlo senza ostacolo e senza misura. Il Cuore di Gesù Cristo è un Cuore fabbricato e organizzato dallo Spirito Santo, il quale è l’amore del Padre e del Figliuolo, un Cuore conformato e preparato da Lui alle impressioni più sensibili e più efficaci dell’amore; un Cuore che non potendo più trattenere imprigionate le sue fiamme si è lasciato ferire ed aprire da una lancia, quasi per trovare uno sfogo a quel fuoco che lo consuma per diffondere le sue vampe in tutto il mondo, e per aprire un asilo di rifugio, un luogo di delizie, un porto di pace alle anime tentate, tribolate e penitenti: Ad hoc perforatum est Latus tuum, ut nobis patescat introitus. Ad hoc vulneratum est Cor tuum, ut in illo, et in te, ab exterioribus perturbationibus absoluti habitare possimus (Auctor. Serm. de Passione. Domini, cap. III). – Dunque che cosa non deve sperare un Cristiano dal Cuore d’un Dio, in cui concorrono tante cagioni e tante sorgenti d’incomprensibile, instancabile e potentissimo amore? Noi speriamo nei meriti di Gesù. Ma che meriti non ci ha acquistati Gesù con le sofferenze, con la pazienza, con la rassegnazione, con le umiliazioni e con la carità del suo Cuore? Noi speriamo nella Passione di Gesù. Ma che cosa non ha patito per noi specialmente quel Cuore divino? Tutti i tormenti da Gesù sofferti nel corpo si possono quasi chiamare una piccola cosa a confronto delle angustie e delle agonie da Lui sofferte nel Cuore. Noi speriamo nel Sangue di Gesù. Ma appunto il suo Cuore è la viva e perenne sorgente di quel sangue prezioso che si è diffuso nel corpo, che si spremé per tristezza a ruscelli dalle sue membra e si versò a torrenti dalle sue vene. – Noi speriamo nelle piaghe di Gesù. Ma qual piaga più salutare e più potente ad ottenerci dal suo divin Padre il perdono e la grazia, quanto la piaga del costato e del Cuore, il quale si può dire che parla, e prega, e geme continuamente per noi? Oh felice adunque chi ha ritrovato questo Cuore, e lo ama, e ne pratica fedelmente la devozione! Egli ha ritrovato il Cuore di un re il più magnifico e liberale che v’abbia e possa ritrovarsi sulla terra: ha ritrovato il Cuore di un fratello, d’un amico, e di uno sposo il più sviscerato, benefico e fedele. Quel Cuore è cuor nostro, perché è Cuor di Gesù Cristo capo di quella Chiesa, di cui ancora noi siamo le membra; e se il cuor nostro è troppo freddo nell’amare Iddio, abbiamo il Cuor di Gesù nostro ancor esso, con cui amarlo e pregarlo degnamente per essere esauditi: Inveni cor meum, ut orem Deum meum (II. Reg. VII, 27). Et ego inveni cor regis, fratris et amici benigni Jesu, Cor illius meum est, quia caput meum Christus est (Idem Auct. ibidem). Un secondo motivo di speranza ci deve portare la qualità stessa di questa devozione, la quale di sua natura è sommamente idonea ad impegnar Gesù Cristo a compartirci tutte le grazie. Imperocché qual è il fine di questa devozione? Primieramente di dare un attestato e contrassegno della nostra gratitudine al Cuor di Gesù per il beneficio incomparabile della istituzione del Sacramento dell’Eucaristia. Ora non vi è cosa che impegni tanto un amico a farci dei nuovi benefizi; quanto il mostrar gratitudine per quelli che si sono ricevuti. Questa gratitudine è la mercede che l’amico aspetta de’ suoi benefizi; è quella che gli fa conoscere che i suoi benefizi sono ricevuti ed accettati con piacere; è quella infine che gli fa scoprire le buone disposizioni e il buon cuore dell’amico, e in conseguenza ch’è degno e meritevole dei suoi favori. Ma questa verità quanto più risalta in faccia a Dio ed al sacro Cuor di Gesù il quale è stato il primo ad amarci, ci ha dato tutto il suo, ci ha donato per fin se stesso, e il quale non può aspettare altra mercede e ricompensa dalle sue creature che amore e gratitudine? Se dunque noi ci mostreremo grati al suo divin Cuore, Egli vedrà per prova che conosciamo e accettiamo di buon grado le sue grazie, che non sono in noi mal collocati i suoi benefizi, e che può sperare sempre maggior corrispondenza, se vorrà compartirne degli altri; ed in conseguenza cercherà di provocare con maggior calore il nostro amore e la nostra gratitudine per avere la soddisfazione d’esser da noi corrisposto. L’altro fine di questa divozione è il consolare il Cuor di Gesù nelle sue afflizioni e agonie. Ora riflettete che un padre addolorato e abbandonato da tutti ne’ suoi dolori, se vede un figlio amoroso che prende parte nelle sue pene, che gli tiene assidua compagnia nelle sue tristezze, che si ingegna di trovar motivi e parole per consolarlo, e studia tutti i modi per procurargli sussidio e conforto, egli allora diviene così sensibile a questa continua assistenza, si compiace a tal segno della sua compassione e amorevolezza, sì lo distingue a preferenza degli altri figliuoli nei beni dell’eredità, come questi si è distinto verso di lui nell’amore e nella gratitudine. Ah! che il Cuor di Gesù ferito, desolato, abbandonato in un mar di angosce e di pene dagl’ingrati suoi figliuoli, se ritrova qualcuno di loro che sappia trattenersi con lui, compatirlo e consolarlo, è impossibile che non gli faccia parte e non l’arricchisca a preferenza degli altri dei suoi inestimabili tesori e delle sue segrete delizie. – L’imitazione delle virtù sovrumane nel Cuor di Gesù Cristo è anch’ essa uno dei fini principali di questa divozione. Ma può forse Gesù Cristo non riguardare con particolar dilezione quelli che si studiano di ricopiare nel proprio cuore la mansuetudine, l’umiltà, la rassegnazione e l’amore di suo Cuor divino? Allora egli trova in quel Cuore un giardino dove deliziarsi per la fragranza dei fiori che vi nascono, ed egli stesso gli innaffia coll’acqua prodigiosa che usci dal suo costato, li fa crescere, li difende dagli insulti e li conserva sempre verdeggianti e odorosi. Finalmente il devoto del Cuore di Gesù è impegnato a risarcirlo dei torti e degli affronti, ch’Egli soffre ogni giorno specialmente nel Sacramento dell’Altare. Ora questa premura d’un devoto quanto deve provocare quel Cuore divino a favore di Lui! Se noi abbiamo ricevuta una qualche ingiuria e un qualche discapito nelle sostanze o nella fama, e se troviamo un amico che prenda a suo carico di riparare tutti quei danni e compensarci di tutte le perdite, quello diventa il vero e solo nostro amico. Non possiamo stancarci di raccontare a tutti questo prodigio di vera amicizia, e se egli si troverà in simili circostanze, noi ci crederemo obbligati a rendergli il contraccambio col difendere ad ogni costo la sua fama, la sua roba, la sua persona. Se non ci adoprassimo in questa maniera il nostro cuore medesimo ci farebbe sentire gagliardi rimproveri di una sì nera ingratitudine, e se non altro per vergogna di esser tacciati come anime vili, faremmo ogni sforzo per corrispondergli in qualche maniera. Ah! sarà egli possibile che il Cuor di Gesù sia men grato del cuor d’un uomo, se con le visite frequenti, con le comunioni fervorose, con la quotidiana assistenza al divin Sacrificio, con procurare ancora il suo onore estrinseco nelle suppellettili delle di Lui chiese, e il suo maggior culto nel cuore de’ fedeli, noi studieremo di risarcirlo degli affronti che sol in tanti modi, e specialmente in questi tempi? Egli non vorrà certamente comparire meno liberale e generoso con noi, né ci lascerà in abbandono nelle nostre miserie e disgrazie senza compensarci almeno con le delizie del suo Cuore dolcissimo, le quali sorpassano tutti i beni caduchi e menzogneri di questa terra.

Fate dunque animo, abbracciate coraggiosamente la pratica di questa divozione, cominciate una volta a gustare quanto è dolce e amoroso quel Cuore, e sperate, sperate, che gli fareste un gran torto a mostrare la minima diffidenza delle sue promesse. Ed ecco l’ultimo motivo che vi propongo di santa fiducia di godere gli effetti di questa divozione. Gesù Cristo medesimo ha promesso ogni sorta e ogni abbondanza di grazie ai devoti del suo sacratissimo Cuore. E che volete dunque di più? Ma quali grazie ha promesso? Grazie di conversione ai peccatori, i quali ricorrono al fonte delle misericordie. Il mio Cuore, disse Gesù alla beata Margherita Alacoque, vuol manifestarsi agli uomini per arricchirli con quei preziosi tesori che racchiudono grazie santificanti valevoli a ritrarli dalla loro perdizione (Vita, 1, iv, §51). Grazie di celeste amore di salute e di santificazione. Così dichiarò lo stesso Gesù alla sua serva dicendo, che nel suo cuore apriva tutti i tesori d’amore, di grazie, di misericordia, di santificazione e di salvezza 1, VII, §39). Grazie di convertire e di santificare anche gli altri. Il mio divin Salvatore mi ha fatto intendere, dice la suddetta, che chi si affatica per la salvezza delle anime, avrà l’arte di muovere i cuori i più indurati, e faticherà con meraviglioso profitto, se nutrirà egli stesso una tenera divozione al suo Cuore (1, VI, §90). Grazie anche temporali. Per ciò che riguarda le persone secolari, troveranno con questo mezzo tutti i soccorsi necessari al loro stato, la pace nella famiglia, il sollievo nelle fatiche, e le benedizioni del Cielo nelle loro intraprese (Ivi). Grazie per tutto il tempo della vita, e specialmente in punto di morte. In quel Cuore adorabile troveranno un luogo di rifugio nel tempo della loro vita, e molto più nell’ora della loro morte. Ah che dolce morire dopo avere avuta una costante divozione al Sacrosanto Cuore di chi dovrà giudicarci!(Ivi). – Ma che dico grazie? Ogni grazia si trova in questa divozione, lo ti prometto, son voci di Gesù alla sua serva, Io ti prometto che à chiunque professerà divozione al mio santissimo Cuore, verserò in seno ogni grazia, ma soprattutto a quelli che procureranno l’avanzamento della divozione al divin Cuore.Accostiamoci dunque con fiducia aquel divin Cuore, e troveremo la pace,la consolazione, il gaudio, ricordandociche questo è un Cuore che ardentementedesidera ed efficacementeprocura la nostra santificazione e salute.

Accedamus ergo ad te, et exultabimus, et lætabimur in te memores Cordis tui (Auct., de Passion. Domin., cap. III).

LO SCUDO DELLA FEDE (62)

LO SCUDO DELLA FEDE (62)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

CAPITOLO XIV.

IL FROTESTASTISMO È FALSO PERCHÉ NON HA SACRIFIZIO.

Coll’errore di che abbiamo discorso nel Capitolo precedente, congiungono i Protestanti un altro gravissimo errore, per cui si dimostra di nuovo che è falsa la loro credenza: ciò è  che essi non riconoscono, e rigettano il Santo Sacrifizio della Messa. Perché intendiate bene questo errore, dovete prima sapere, che il più gran dovere che gli uomini abbiano sulla terra verso Dio, è riconoscere la sua grandezza e la sua Maestà. Dio è nostro Creatore e noi siamo sua opera: Dio è nostro Padrone e noi siamo suoi servi: Dio è nostro Padre e noi siamo suoi figliuoli: epperciò come figliuoli, come servi, come creature, dobbiamo rendergli ossequio di adorazione, di servitù, di timore e d’amore. Questo è indubitabile, ma vi è ancora di più: perché l’uomo avendo peccato in Adamo, ed a quel primo peccato avendone poi noi aggiunti tanti altri, siamo debitori a Lui di una soddisfazione che mai non potremmo dargli, attesa la nostra meschinità. Come fare adunque a pagare a Dio questi gran debiti ? Con le preghiere, col chieder perdono, ma specialmente con le oblazioni e coi sacrifizi. Offrendogli le nostre cose benché meschine, noi veniamo come a riconoscere che Egli è il padrone di tutto: sacrificandogli qualche cosa, noi veniamo, come ad esprimere, che se potessimo gli sacrificheremmo la nostra stessa persona in segno di quella riverenza che gli dobbiamo, ed in isconto delle colpe che abbiamo commesse. Epperò è che fino dai primi tempi del mondo subito furono in uso le offerte ed i sacrifizii. Caino offriva i frutti delle sue campagne a Dio, Abele offriva gli agnelli e le pecore della sua greggia. Più tardi furono istituite da Dio stesso le offerte del pane e del vino e delle primizie delle campagne e dei bestiami, come ancora i sacrifizii nei quali s’immolavano agnelli e tori. Sebbene tutto ciò era troppo poco per la Maestà infinita del Signore. – Quando ecco che l’Unigenito Figliuolo di Dio, compatendo alla nostra piccolezza che non aveva offerte e sacrifizii degni di quell’infinita maestà, venne sulla terra, e preso un corpo come il nostro si offerse e si sacrificò sull’Altare della Croce per pagare tutti i nostri debiti e per onorare degnamente la Divinità. Con quell’offerta fu finalmente placato Iddio, e Dio ebbe un culto quale gli si conveniva di valore infinito. Che però? fatta già quella grande offerta, la S. Chiesa fondata da Gesù Cristo rimarrà poi priva di Sacrifizio? E noi che siamo i figliuoli di Dio nella legge dell’amore e della grazia, saremo privi di quello che non mancava neppure agli antichi Padri ed ai Giudei? No no: anche noi abbiamo il Sacrifizio, degno affatto della Maestà di Dio; noi offriamo sempre alla SS. Trinità quello stesso Gesù che si è immolato sopra la Croce, e rinnoviamo, sebbene senza spargimento di sangue, quel medesimo Sacrifizio che allora tu fatto; Sacrifizio ammirando, che come un incenso prezioso sale al Trono della Divinità; Sacrifizio che placa dolcemente il Signore, che mitiga la sua collera, che lo ringrazia debitamente di tutti i favori che ci ha fatti, che impetra una pioggia feconda di ogni bene sopra la terra, che soprattutto riconosce degnamente a nome di tutti gli uomini la suprema ed eccelsissima Divina Maestà. Oh che bei misteri sono questi! Oh che mirabile invenzione dell’amor Divino a nostro riguardo! Ma come sappiamo poi noi che Gesù abbia veramente istituito questo gran Sacrifizio? Miei cari, lo sappiamo dallo stesso Gesù, il quale nell’ultima cena, prima offerse Egli questo gran Sacrifizio, poi ordinò agli Apostoli ed ai loro successori che facessero altrettanto. Come questo gran Sacrifizio è riposto nella Consacrazione che rappresenta la separazione del Corpo dal Sangue di Gesù e per conseguente la sua morte: così Gesù consacrando separatamente prima il pane, poi il calice, venne a consumare Egli stesso questo gran Sacrifizio e comandando poi agli Apostoli che facessero lo stesso, venne ad istituirlo per tutta la Chiesa. Così si verifica quello che disse David di Gesù Cristo, che sarebbe stato sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek (Ps. CIX, 4), il quale sacrificò nel pane e nel vino. Così si verifica un’altra bella Profezia di Malachia, che rigettati i sacrifizi antichi, si sarebbe dall’ Oriente all’ Occideute in mezzo anche ai popoli una volta gentili offerta un’oblazione monda e fatto un Sacrifizio puro (Malach. I, 11).Così si verifica quello di S. Paolo che noi abbiamo un Altare di cui non possono partecipare i Giudei (Hebr. XIII, 10). Fondati sopra l’esempio di Gesù Cristo e sulla S. Scrittura, cominciarono subito i Santi Apostoli a celebrare questo gran Sacrifizio in tutta la terra. L’Apostolo S. Andrea, come si ha dagli Atti del suo martirio, « io sacrifico – diceva – ogni giorno non le carni dei tori, ma l’Agnello immacolato sopra l’Altare, le cui carni dopo che tutto il popolo dei credenti ha mangiato, ed il cui sangue dopo che ha bevuto, l’agnello sacrificato resta vivo ed intatto. Gli altri Apostoli stabilirono pur essi in tutte le Chiese che fondarono, questo gran Sacrifizio, e noi ne abbiamo la prova nelle Liturgie, cioè nell’ordine della Messa, che vanno sotto il nome di S. Pietro, di S. Giovanni, di S. Matteo, di S. Marco. Gli stessi antichissimi Eretici, che tanto inimicarono la S. Chiesa e che da Essa si separarono, pure portarono con sé e sempre mantennero la celebrazione della S. Messa: gli antichissimi Padri, come S. Clemente discepolo di S. Pietro, S. Giustino Martire, S. Ignazio, S. Cipriano, S. Giovanni Grisostomo e S. Agostino non solo lodavano grandemente la S. Messa, ma la celebravano con gran riverenza e divozione: i Santi più dotti e più illuminati fino ai dì nostri formarono sempre la loro delizia di questo grande Mistero. S. Tommaso si struggeva tutto di amore nel celebrare, S. Filippo Neri e S. Ignazio non si sapevano distaccare dall’Altare, poiché provavano delizie di Paradiso nel celebrare, e servivano anche alla S. Messa con fervore, stimandolo, com’è veramente, un uffizio angelico. Ma dopo tanti secoli che questa verità è così bene stabilita, così autentica, ecco che vengono i Protestanti a negare tutto ciò, a distruggere tutto e ad insegnare dalla loro Cattedra di pestilenza che non vi è la Messa, che non è necessario un tal Sacrifizio e giungono alcuni fino a chiamarla una idolatria. Ah perfidi nemici di Gesù Cristo, e perturbatori del popolo Cristiano! Diteci dunque almeno perché non è necessaria la Messa? Ecco il perché: perché Gesù Cristo, dicono, ha già compita la Redenzione, e celebrare altri Sacrifizi è fargli un torto, quasi il suo non bastasse. Ma in questa ragione quanta ignoranza si contiene e quanta malizia! E che? Forse i Cattolici vogliono fare altri Sacrifizi, perché non sia bastante la Redenzione? No, offrono il Sacrifizio della S. Messa, per impetrare l’applicazione ed i frutti del S. Sacrifizio della Croce.Avete da sapere adunque in proposito che Gesù Cristo con la sua Passione e Morte ha bensì meritato a tutti gli uomini il perdono dei peccati, la riconciliazione con Dio, gli aiuti necessari per la salvezza, ma tutte queste grazie non ci giovano se non ci sono applicate. Egli ha accumulato, dirò così, un gran tesoro, ma questo tesoro, che Gesù potrebbe dispensare senza che noi ci dessimo nessuna briga, non vuol dispensarlo se anche noi non ci mettiamo l’opera nostra. Vuole rigenerarci ad una nuova vita quando veniamo al mondo, ma vuole che v’impieghiamo il Battesimo; vuol perdonarci le nostre colpe, ma vuole che noi ci sforziamo col suo santo aiuto a detestarle con tutto il cuore; vuole unirci a sé e stringerci di santo amore, ma vuole che ancor noi facciamo i nostri sforzi per arrivarvi, sia con atti di carità, sia con la S. Comunione; ci vuol dare il Paradiso che Egli ci ha meritato, ma vuole che anche noi con le nostre buone opere ci studiamo di conseguirlo: e così nel caso nostro se vuole farci partecipi di tutti i frutti del S. Sacrifizio della Croce, vuole che noi rinnovando quel gran Sacrifizio all’Altare, facciamo commemorazione con affetto, con riverenza, con fede, con amore, di tutto quello che Egli fece patendo e morendo per noi. E così s’intende quel che diceva S. Paolo « di adempire nel suo corpo quello che manca alla Passione di Cristo per la sua Chiesa (Col. I, 24). Che è quanto dire, che sebbene Gesù Cristo abbia soddisfatto per tutti con prezzo sovrabbondante, nullameno vuole che ognuno con orazioni, con patimenti, con sacrifizi sel faccia proprio, applicando tal prezzo a sé medesimo: e così le nostre opere non sono prezzo, ma sono condizione e mezzo per applicare la Redenzione a noi stessi. E questa dottrina invece di far torto a Gesù, come sognano i Protestanti, gli rende il massimo onore; prima perché noi riconosciamo che senza Gesù mai non avremmo avuto quel tesoro di meriti e di grazie che sono necessarie alla nostra salute: poi perché riconosciamo che senza Gesù non ci sarebbe conferita questa grazia, né questi meriti applicati. In secondo luogo confonde la malizia dei Protestanti, i quali sul pretesto che i nostri sforzi, le nostre buone opere, il Sacrifizio dei nostri Altari facciano torto al Sacrifizio della Croce, si danno a credere di non avere più obbligo di far nulla e se ne vivono spensierati di loro salute, con una confidenza presuntuosa nei meriti di Gesù. Il che quanto sia alieno dallo Spirito Cristiano, lo può intendere chiunque non abbia perduto il senso comune, e che abbia inteso un poco il Santo Vangelo il quale inculca in ogni pagina all’uomo di astenersi, combattendo contro di sé, da ogni male, e di praticare, costi che vuol costare, ogni sorta di opere buone e di virtù. Il perché quando vi dicono che il S. Sacrifizio della Messa fa torto a Gesù, dite loro, che quello che fa torto a Gesù è la loro perfidia nel disconoscerlo, è la loro malizia nel disseminare sì grandi errori, ed il ridurre i Cristiani, come essi vorrebbero, ad essere senza Sacrifizio, come i selvaggi dei paesi più barbari e come le bestie. – Non vi contentate poi neppure di avere in altissimo orrore quelli che discreditano sì gran Sacrifizio, ma procacciate di essere di quelli che immensamente lo pregiano, poiché di tutte le preghiere che voi potete fare, niuna è comparabile a quella della S. Messa. Allora è Gesù che viene sull’Altare, Egli che si sacrifica, Egli che si offre al Padre celeste, Egli che con la sua divina mediazione impetra per noi: epperò allora le grazie piovono sulla terra in gran copia, e niente ci si nega di quello che è necessario alla nostra salute. Guai alla terra se non vi fosse sì gran Sacrifizio! Cheforse Iddio l’avrebbe mille volte distrutta come fece ai tempi del diluvio! Ma guai a noi se cessasse sì gran Sacrifizio nel nostro paese!