UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI-APOSTATI DI TORNO: S. S. PIO XII – MEDIATOR DEI (1)

Se vi è un documento che sbugiarda completamente, infallibilmente e definitivamente, la falsa chiesa dell’uomo del “Novus ordo”, i suoi falsi pastori e gli illusi suoi fedeli, questo è la grandiosa Enciclica di S. S. Pio XII “Mediator Dei”: essa li dichiara eretici, millantatori, temerari riformatori della dottrina e della Liturgia, e li pone inesorabilmente fuori dalla comunione della Chiesa Cattolica, Una, Santa, Apostolica Romana, l’unica Chiesa con l’unico culto che assicura la salvezza eterna dell’anima. Agli increduli narcotizzati fedeli della “chiesa (-sinagoga) dell’uomo”, che di tutto si preoccupa tranne che della salvezza dell’anima, basta semplicemente mettere sotto i loro occhi questa enciclica, per renderli edotti della strada da loro seguita, condotti da satanici “fasulli” pastori per giungere, senza fermate o soste intermedie, all’inferno e alla dannazione eterna. Ascoltino dunque, finché sono in tempo, perché nel giorno del giudizio non si sentano ripetere dal Giudice eterno il medesimo rimprovero che S. Stefano faceva al popolo deicida: « Dura cervice, et incircumcisis cordibus, et auribus, vos semper Spiritui Sancto resistitis gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo! ». – Non ci sono da aggiungere altre parole a quelle eloquentissime, infallibili, inalterabili del Santo Padre Pio XII, che spiegano nel dettaglio e chiarissimamente la dottrina su cui si fonda la Liturgia Cattolica di sempre ed il Culto divino. Questo documento, da studiare con tutta calma ed attentamente, lo divideremo in varie sezioni, raccomandando di soffermarsi sulle INNOVAZIONI TEMERARIE, quelle che per intenderci sono state vergognosamente introdotte dal 1968 in poi dalla “ruspa” G. B. Montini, e dal “prestigiatore” massonico A. Bugnini, il famigerato BUAN 1365/75!

ENCICLICA

”MEDIATOR DEI”

DI S. S. PIO XII

“SULLA SACRA LITURGIA” (1)

AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE

PACE E COMUNIONE

PIO PP. XII SERVO DEI SERVI DI DIO

VENERABILI FRATELLI SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

Introduzione

«Il Mediatore tra Dio e gli uomini» (1 Tim. II, 5), il grande Pontefice che penetrò i cieli, Gesù Figlio di Dio (Heb. IV, 14), assumendosi l’opera di misericordia con la quale arricchì il genere umano di benefici soprannaturali, mirò senza dubbio a ristabilire tra gli uomini e il loro Creatore quell’ordine che il peccato aveva turbato ed a ricondurre al Padre Celeste, primo principio ed ultimo fine, la misera stirpe di Adamo infetta dal peccato d’origine. E perciò, durante la sua dimora terrena, non solo annunziò l’inizio della redenzione e dichiarò inaugurato il Regno di Dio, ma attese a procurare la salute delle anime con il continuo esercizio della preghiera e del sacrificio, finché, sulla Croce, si offrì vittima immacolata a Dio per mondare la nostra coscienza dalle opere morte onde servire al Dio vivo (Heb. IX, 14). Così tutti gli uomini, felicemente richiamati dalla via che li trascinava alla rovina e alla perdizione, furono ordinati di nuovo a Dio, affinché, con la personale collaborazione al conseguimento della propria santificazione, frutto del Sangue immacolato dell’Agnello, dessero a Dio la gloria che Gli è dovuta. Il Divino Redentore volle, poi, che la vita sacerdotale da Lui iniziata nel suo corpo mortale con le sue preghiere ed il suo Sacrificio, non cessasse nel corso dei secoli nel suo Corpo Mistico che è la Chiesa; e perciò istituì un Sacerdozio visibile per offrire dovunque la oblazione monda (Matth, 1, 11), affinché tutti gli uomini, dall’Oriente all’Occidente, liberati dal peccato, per dovere di coscienza servissero spontaneamente e volentieri a Dio. La Chiesa dunque, fedele al mandato ricevuto dal Suo Fondatore, continua l’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo soprattutto con la Sacra Liturgia. Ciò fa in primo luogo all’altare, dove il sacrificio della Croce è perpetuamente rappresentato (Conc. Trid., Sess. XXII, c. 1) e, con la sola differenza del modo di offrire, rinnovato (Conc. Trid., Sess. XXII, c. 2); poi con i Sacramenti, che sono particolari strumenti per mezzo dei quali gli uomini partecipano alla vita soprannaturale; in fine col quotidiano tributo di lodi offerto a Dio Ottimo Massimo. « Quale giocondo spettacolo – così il Nostro Predecessore di felice memoria Pio XI – offre al Cielo e alla terra la Chiesa che prega,quando, continuamente, durante tutti i giorni e tutte le notti, vengono in terra cantati i Salmi scritti per divina ispirazione: nessuna ora del giorno è priva della consacrazione di una propria liturgia; ogni età della vita ha il suo posto nel rendimento di grazie, nelle lodi, nelle preci, nelle aspirazioni di questa comune preghiera del mistico Corpo di Cristo, che è la Chiesa» (Enc. Caritate Christi, 3.V.1932). – Certamente vi è noto, Venerabili Fratelli, che, verso la fine del secolo scorso ed agli inizi del presente, si ebbe un singolare fervore di studi liturgici, sia per lodevole iniziativa di alcuni privati, sia soprattutto per la zelante ed assidua diligenza di vari monasteri dell’inclito Ordine Benedettino; cosicché non soltanto in molte regioni di Europa, ma anche nelle terre al di là dell’Oceano, si sviluppò a questo proposito una encomiabile ed utile gara, le cui benefiche conseguenze furono visibili sia nel campo delle sacre discipline, dove i riti liturgici della Chiesa Orientale ed Occidentale furono più ampiamente e profondamente studiati e conosciuti, sia nella vita spirituale e privata di molti Cristiani. Le auguste cerimonie del Sacrificio dell’altare furono meglio conosciute, comprese e stimate; la partecipazione ai Sacramenti più larga e frequente, le preghiere liturgiche più soavemente gustate, e il Culto eucaristico considerato come veramente è il centro e la fonte della vera pietà cristiana. Fu, inoltre, messo più chiaramente in evidenza il fatto che tutti i fedeli costituiscono un solo, compattissimo Corpo, di cui Cristo è il capo, dal che ne viene il dovere per il popolo cristiano di partecipare secondo la propria condizione ai riti liturgici. – Voi, senza dubbio, sapete benissimo che questa Sede Apostolica ha sempre avuto premura che il popolo ad essa affidato fosse educato ad un vero ed operoso senso liturgico, e che, con non minore zelo, si è preoccupata che i Sacri Riti splendessero anche all’esterno di una confacente dignità. Nello stesso ordine di idee, Noi, parlando, secondo la consuetudine, ai predicatori quaresimali di questa nostra alma Città, li abbiamo calorosamente esortati ad ammonire i loro ascoltatori perché partecipassero con sempre maggiore impegno al Sacrificio Eucaristico; e recentemente abbiamo fatto tradurre di nuovo in latino dal testo originale il libro dei Salmi perché le preghiere liturgiche, di cui esso è così grande parte nella Chiesa Cattolica, fossero più esattamente intese e la loro verità e soavità più agevolmente percepite (Motu proprio In cotidianis precibus, 24. III. 1945). Tuttavia, mentre, per i salutari frutti che ne derivano, l’apostolato liturgico Ci è di non poco conforto, il Nostro dovere Ci impone di seguire con attenzione questo «rinnovamento», nella maniera nella quale è da alcuni concepito, e di curare diligentemente che le iniziative non diventino né eccessive né difettose. Ora, se da una parte constatiamo con dolore che in alcune regioni il senso, la conoscenza, e lo studio della Liturgia sono talvolta scarsi o quasi nulli, dall’alto notiamo con molta apprensione che alcuni sono troppo avidi di novità e si allontanano dalla via della sana dottrina e della prudenza. Giacché all’intenzione e al desiderio di un rinnovamento liturgico, essi frappongono spesso princîpi che, o in teoria o in pratica, compromettono questa santissima causa, e spesso anche la contaminano di errori che toccano la Fede Cattolica e la dottrina ascetica. La purezza della fede e della morale deve essere la norma caratteristica di questa sacra disciplina, che deve assolutamente conformarsi al sapientissimo insegnamento della Chiesa e dunque Nostro dovere lodare e approvare tutto ciò che è ben fatto, contenere o riprovare tutto ciò che devia dal vero e giusto cammino. Non credano, però, gl’inerti e i tiepidi di avere il Nostro consenso perché riprendiamo gli erranti e poniamo freno agli audaci; né gli imprudenti si ritengano lodati quando correggiamo i negligenti ed i pigri. Quantunque in questa Nostra Lettera Enciclica trattiamo soprattutto della Liturgia latina, ciò non è dovuto a minore stima delle venerande Liturgie della Chiesa Orientale, i cui riti, trasmessi da nobili e antichi documenti, Ci sono egualmente carissimi; ma dipende piuttosto dalle condizioni particolari della Chiesa Occidentale, che sono tali da richiedere l’intervento della Nostra autorità. Ascoltino, perciò, tutti i Cristiani, con docilità, la voce del Padre comune, il quale desidera ardentemente che tutti a Lui intimamente uniti, si accostino all’altare di Dio, professando la stessa Fede, obbedendo alla stessa legge, partecipando allo stesso sacrificio con un solo intendimento e una sola volontà. Lo richiede l’onore a Dio dovuto; lo esigono i bisogni dei tempi presenti. Infatti, dopo che una lunga e crudele guerra ha diviso i popoli con le rivalità e le stragi, gli uomini di buona volontà si sforzano nel miglior modo possibile di ricondurre tutti alla concordia. Crediamo tuttavia che nessun disegno e nessuna iniziativa sia, in questo caso, più efficace di un fervido spirito e zelo religioso, da cui è necessario siano animati e guidati i Cristiani, in modo che, accettando con animo schietto le stesse verità e obbedendo docilmente ai legittimi Pastori, nell’esercizio del culto a Dio dovuto, costituiscano una fraterna comunità: « benché molti, siamo un sol corpo, partecipando tutti di quell’unico pane » (1 Cor. 10, 17).

I caratteri della Liturgia

Il dovere fondamentale dell’uomo è certamente quello di orientare verso Dio se stesso e la propria vita. «A Lui, difatti, dobbiamo principalmente unirci, e indefettibile principio, al quale deve anche costantemente rivolgersi la nostra scelta come ad ultimo fine, che perdiamo peccando anche per negligenza e che dobbiamo riconquistare per la fede credendo in Lui» (San Tommaso, Summa Theol., 2.a 2.æ, q. 81, a. 1). Ora, l’uomo si volge ordinatamente a Dio quando ne riconosce la suprema maestà e il supremo magistero, quando accetta con sottomissione le verità divinamente rivelate, quando ne osserva religiosamente le leggi, quando fa convergere verso di Lui tutta la sua attività, quando per dirla in breve presta, mediante le virtù della religione, il debito culto all’unico e vero Dio. Questo è un dovere che obbliga prima di tutto gli uomini singolarmente, ma è anche un dovere collettivo di tutta la comunità umana ordinata con reciproci vincoli sociali, perché anch’essa dipende dalla somma Autorità di Dio. Si noti, poi, che questo è un particolare dovere degli uomini, in quanto Dio li ha elevati all’ordine soprannaturale. Così se consideriamo Dio come autore dell’antica Legge, lo vediamo proclamare anche precetti rituali e determinare accuratamente le norme che il popolo deve osservare nel rendergli il legittimo culto. Stabilì, quindi, vari sacrifici e designò varie cerimonie con le quali dovevano compiersi; e determinò chiaramente ciò che si riferiva all’Arca dell’Alleanza, al Tempio ed ai giorni festivi; designò la tribù sacerdotale e il sommo sacerdote, indicò e descrisse le vesti da usarsi dai sacri ministri e quanto altro mai aveva relazione col culto divino (cfr. Levitico). – Questo culto, del resto, non era altro che l’ombra (Heb. X, 1) di quello che il Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento avrebbe reso al Padre Celeste. Difatti, appena « il Verbo si è fatto carne » (Joh. I, 14), si manifesta al mondo nel suo ufficio sacerdotale facendo all’Eterno Padre un atto di sottomissione che durerà per tutto il tempo della sua vita: «entrando nel mondo dice: … Ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà . . .» (Heb. X, 5-7), un atto che sarà portato a compimento in modo mirabile nel sacrificio cruento della Croce: «In virtù di questa volontà noi siamo stati santificati per mezzo dell’oblazione del Corpo di Gesù Cristo fatta una volta sola per sempre» (Heb. X, 10). Tutta la sua attività tra gli uomini non ha altro scopo. Fanciullo, è presentato nel Tempio al Signore; adolescente vi ritorna ancora; in seguito vi si reca spesso per istruire il popolo e per pregare. Prima d’iniziare il ministero pubblico digiuna durante quaranta giorni, e con il suo consiglio ed il suo esempio esorta tutti a pregare sia di giorno che di notte. Come maestro di verità, «illumina ogni uomo» (Joh. I, 9) perché i mortali riconoscano convenientemente il Dio immortale, e non «si sottraggano per perdersi, ma siano fedeli per la salvezza dell’anima» (Heb. X, 39). Come Pastore, poi, Egli governa il suo gregge, lo conduce ai pascoli di vita, e dà una legge da osservare perché nessuno si discosti da Lui e dalla retta via che Egli ha tracciata, ma tutti vivano santamente sotto il suo influsso e la sua azione. Nell’ultima Cena, con rito e apparato solenne, celebra la nuova Pasqua e provvede alla continuazione di essa mediante l’istituzione divina dell’Eucaristia; l’indomani, sollevato tra cielo e terra, offre il salutare Sacrificio della sua vita, e dal suo petto squarciato fa in certo modo sgorgare i Sacramenti che impartiscono alle anime i tesori della Redenzione. Facendo questo, Egli ha per unico scopo la gloria del Padre e la sempre maggiore santificazione dell’uomo. Entrando, poi, nella sede della beatitudine celeste, vuole che il culto da Lui istituito e prestato durante la sua vita terrena continui ininterrottamente. Giacché Egli non lasciò orfano il genere umano, ma come lo assiste sempre col suo continuo e valido patrocinio facendosi nostro avvocato in cielo presso il Padre (1 Joh. II, 1), così l’aiuta mediante la sua Chiesa, nella quale è indefettibilmente presente nel corso dei secoli. Chiesa che Egli ha costituito colonna di verità (1 Tim. III, 15) e dispensatrice di grazia, e che col sacrificio della Croce fondò, consacrò e confermò, in eterno. – La Chiesa, dunque, ha in comune col Verbo incarnato lo scopo, l’impegno e la funzione d’insegnare a tutti la Verità, reggere e governare gli uomini, offrire a Dio il Sacrificio accettabile e grato, e così ristabilire tra il Creatore e le creature quell’unione ed armonia che l’Apostolo delle genti chiaramente indica con queste parole: « Voi non siete più stranieri e ospiti, ma siete concittadini dei Santi e della famiglia di Dio, sovraedificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, con lo stesso Gesù Cristo come pietra angolare, su cui tutto l’edificio insieme connesso s’innalza in tempio santo nel Signore, e sopra di Lui anche voi siete insieme edificati in dimora di Dio nello Spirito » (Eph. II, 19-22) Perciò la società fondata dal Divino Redentore non ha altro fine, sia con la sua dottrina e il suo governo, sia col Sacrificio ed i Sacramenti da Lui istituiti, sia infine col ministero da Lui affidatole, con le sue preghiere e il suo sangue, che crescere e dilatarsi sempre più: il che avviene quando Cristo è edificato e dilatato nelle anime dei mortali, e quando, vicendevolmente, le anime dei mortali sono edificate e dilatate a Cristo; di maniera che in questo esilio terreno prosperi il tempio nel quale la Divina Maestà riceve il culto grato e legittimo. In ogni azione liturgica, quindi, insieme con la Chiesa è presente il suo Divino Fondatore: Cristo è presente nell’augusto Sacrificio dell’altare sia nella persona del suo ministro, sia, massimamente, sotto le Specie Eucaristiche; è presente nei Sacramenti con la virtù che in essi trasfonde perché siano strumenti efficaci di santità; è presente infine nelle lodi e nelle suppliche a Dio rivolte, come sta scritto: « Dove sono due o tre adunati in nome mio, ivi io sono in mezzo ad essi » (Matth. XVIII, 20).

[-1 Continua …]