DOMENICA DI PENTECOSTE (2019)

DOMENICA DI PENTECOSTE (2019)

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Sap I: 7. Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja. [Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Ps LXVII: 2 Exsúrgat Deus, et dissipéntur inimíci ejus: et fúgiant, qui odérunt eum, a fácie ejus. [Sorga il Signore, e siano dispersi i suoi nemici: e coloro che lo òdiano fuggano dal suo cospetto].

Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja [Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Oratio

Orémus.

Deus, qui hodiérna die corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de ejus semper consolatióne gaudére.[O Dio, che in questo giorno hai ammaestrato i tuoi fedeli con la luce dello Spirito Santo, concedici di sentire correttamente nello stesso Spirito, e di godere sempre della sua consolazione.]

Lectio

Léctio  Actuum Apostolórum. Act. II: 1-11

“Cum compleréntur dies Pentecóstes, erant omnes discípuli pariter in eódem loco: et factus est repéente de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis: et replévit totam domum, ubi erant sedentes. Et apparuérunt illis dispertítæ linguæ tamquam ignis, sedítque supra síngulos eórum: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, et coepérunt loqui váriis linguis, prout Spíritus Sanctus dabat éloqui illis. Erant autem in Jerúsalem habitántes Judaei, viri religiósi ex omni natióne, quæ sub coelo est. Facta autem hac voce, convénit multitúdo, et mente confúsa est, quóniam audiébat unusquísque lingua sua illos loquéntes. Stupébant autem omnes et mirabántur, dicéntes: Nonne ecce omnes isti, qui loquúntur, Galilæi sunt? Et quómodo nos audívimus unusquísque linguam nostram, in qua nati sumus? Parthi et Medi et Ælamítæ et qui hábitant Mesopotámiam, Judaeam et Cappadóciam, Pontum et Asiam, Phrýgiam et Pamphýliam, Ægýptum et partes Líbyæ, quæ est circa Cyrénen, et ádvenæ Románi, Judaei quoque et Prosélyti, Cretes et Arabes: audívimus eos loquéntes nostris linguis magnália Dei.” 

Omelia I

LA VENUTA DELLO SPIRITO SANTO

A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli – [Sc. Tip. Vescov. Artigianelli, Pavia, 1929]

“Giunto il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nel medesimo luogo. E all’improvviso venne dal cielo un rumore come di vento impetuoso, e riempì tutta la casa, dove quelli sedevano. E apparvero ad essi delle lingue come di fuoco, separate, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare varie lingue, secondo che lo Spirito Santo dava loro di esprimersi. Ora abitavano in Gerusalemme Giudei, uomini pii, venute da tutte le nazioni che sono sotto il cielo. Quando si udì il rumore la moltitudine si raccolse e rimase attonita perché ciascuno li udiva parlare nella sua propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, e dicevano: «Ecco, non son tutti Galilei, questi che parlano? E come mai, li abbiamo uditi, ciascuno di noi, parlare la nostra lingua nativa? Parti, Medi ed Elamiti, e abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappodocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle regioni della Libia in vicinanza di Cirene, e avventizi romani, Giudei e Proseliti, Cretesi e Arabi li abbiamo uditi parlare nelle nostre lingue delle grandezze di Dio”. (Atti II, 1-11).

Dopo l’Ascensione di Gesù Cristo al cielo, gli Apostoli con Maria madre di Gesù e con altre pie donne e discepoli, in tutto 120, si erano ritirati nel cenacolo. Vi perseveravano nella preghiera da dieci giorni, quando la mattina del di della Pentecoste, la solennità delle messi e della promulgazione della Legge che gli Ebrei celebravano cinquanta giorni dopo Pasqua, avvenne il fatto della discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli, come è narrato nel capo secondo degli «Atti degli Apostoli». La venuta dello Spirito Santo:

1. Illumina e infiamma gli Apostoli,

2. Che danno principio alla loro missione,

3. La quale produce effetti diversi.

1.

All’improvviso venne dal cielo un rumore come di vento impetuoso, e riempì tutta la casa, dove quelli sedevano. Era ancor mattina, e sugli Apostoli, che con Mariae i discepoli sono radunati nel cenacolo, scende lo SpiritoSanto promesso. Gesù Cristo aveva posto il fondamentodella Chiesa, aveva insegnato la dottrina che gli Apostoli avrebbero fatta conoscere; aveva loro data la missione determinata di portare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra; ma il sorgere della Chiesa fuori dalle fondamenta non si vedeva ancora. La mente degli Apostoli, che per tre anni sono stati alla scuola del Redentore, è ancora avvolta nelle nubi dell’oscurità e nella nebbia dei pregiudizi. La mattina stessa dell’Ascensione, mentre Gesù dà loro le ultime istruzioni, essi domandano:«Signore, in questo momento ricostruirai il regno d’Israele?» (Act. I, 6) interpretando materialmente le profezie sul regno di Gesù Cristo. Dovevano andare per tutto a predicare il Vangelo, ma intanto non osavano comparire per Gerusalemme. Perché si manifestasse la vita della Chiesa, era necessario il Battesimo dello Spirito Santo, promesso dal Fondatore. E lo Spirito Santo discende, manifestandosi all’improvviso con forte rumore di vento gagliardo. Al battesimo di Gesù lo Spirito Santo discende sotto forma di colomba, simbolo di innocenza, di semplicità, di riconciliazione. Adesso la sua discesa si manifesta con l’azione di un vento forte e sotto il simbolo del fuoco. Come un vento gagliardo, che tiri dai monti, dopo lunghe giornate di maltempo, spazza via le nubi e riconduce il sereno,e pare che abbia mutato la faccia del creato; parimenti la discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli, cambierà, a così dire, il loro aspetto; li trasformerà. La risurrezione di Cristo e la sua Ascensione non erano bastate a togliere dall’animo loro ogni tristezza. Ora, lo Spirito Santo spazza via dall’animo loro ogni nube di mestizia, e vi porta il sereno. Gesù Cristo aveva detto agli Apostoli: «Ho ancora molte cose da dirvi ma per ora sono sopra la vostra capacità. Quando verrà lo Spirito di verità, Egli vi insegnerà tutta la verità (Giov. XVI, 12-13). Lo Spirito Santo non avrebbe insegnato agli Apostoli altra verità che quella insegnata da Gesù Cristo; « ma era necessario che la loro capacità si accrescesse, e che fosse moltiplicata la costanza di quella carità che scaccia ogni timore, e non teme il furore dei persecutori » (S. Leone M. Serm. 76, 5). Lo Spirito Santo che scende sotto la forma di fuoco farà una cosa e l’altra. Quelli che prima non potevano intendere pienamente le verità più chiare, che Gesù Cristo loro insegnava, ora comprendono i misteri più profondi. Il loro interno è purificato: non più gelosia, non più ambizione. La loro volontà è infiammata: ora non sentono che un bisogno; quello di uscire in pubblico a confessare Gesù.

2.

E tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare varie lingue, secondo che lo Spirito Santo dava loro di esprimersi. Gesù Cristo aveva predetto: «Coloro che avran creduto… parleranno lingue nuove» (Marc. XVI, 17). Il miracolo comincia precisamente nel giorno natalizio della Chiesa, e comincia sulle labbra degli Apostoli nel momento che sono ripieni di Spirito Santo. Non avevano mai studiato l’arte del dire, e si dimostrano eloquentissimi. Non avevano mai imparato alcuna lingua, e ora se ne fanno intendere in parecchie con la più grande sicurezza. La cosa è così portentosa che riempie di meraviglia gente di varia condizione e di ogni regione, convenuta a Gerusalemme per la festa di Pentecoste. Sebbene costoro non parlino tutti la stessa lingua, tutti intendono il linguaggio degli Apostoli. Quante sono le lingue parlate da quella moltitudine, tante sono le lingue in cui gli Apostoli si fanno intendere. E questi forestieri si fanno la domanda: «Non son tutti Galilei questi che parlano? E come mai li abbiamo uditi, ciascuno di noi, parlare la nostra lingua nativa? Avrebbero potuto anche aggiungere: Non sono questi dei poveri pescatori? E come mai si dimostrano così eloquenti? Non sono quegli stessi che dal loro Maestro ebbero il rimprovero: «Non conoscetee non intendete ancora? Avete il cuore accecato? Avendo occhi non vedete, e avendo orecchi non udite?» (Marc. VIII, 17-18). E come mai adesso parlano con tanta sicurezza delle grandezze di Dio? Non sono costoro i medesimi che nella notte della passione fuggirono abbandonando Gesù, che più tardi si rinchiusero nel cenacolo per paura degli Ebrei? E come mai adesso rivolgono la parola agli Ebrei con tanta intrepidezza? La spiegazione è molto facile. Adesso sono ripieni di Spirito Santo. La Chiesa doveva estendersi a tutto il mondo; ma questo non doveva avvenire d’un tratto. Il suo Fondatore l’aveva paragonata a un albero che cresce, mano a mano, e si sviluppa fino al punto da raccogliere sotto i suoi rami le nazioni di tutta la terra. Se nel giorno della Pentecoste la Chiesa, nel suo nascere, non raccoglie sotto i suoi rami le nazioni di tutta la terra, manifesta, però, subito il suo carattere universale col fatto delle lingue parlate dagli Apostoli. Non è più, come per il passato, la sola lingua ebraica l’interprete della grandezza e della volontà di Dio. Sulla bocca degli Apostoli sono consacrate tutte le lingue parlate dall’umanità. Oggi gli Apostoli parlano le lingue delle varie nazioni che sono rappresentate a Gerusalemme: i loro successori parleranno altre lingue ancora, via via che gli scopritori di nuove terre additeranno altri popoli allo zelo dei missionari. E verrà il giorno, (il giorno in cui ci sarà un solo ovile e un solo pastore), che tutti i popoli della terra magnificheranno le grandezze di Dio, come nel giorno di Pentecoste le magnificarono gli Apostoli.« La Chiesa oggi incomincia da Gerusalemme e si dilata fra tutte le nazioni… Dovunque risuonano le voci degli Apostoli, che rendono testimonianza della nostra speranza nell’unità del corpo di Cristo» (S. Agost. En. in Ps. CXLVII, 20). E le voci degli Apostoli con la loro testimonianza, continueranno a risuonare senza affievolirsi. La forza che le vivifica non verrà mai meno. La loro forza vivificatrice non viene dagli uomini; viene dall’alto, dallo Spirito Santo.

3.

I forestieri convenuti a Gerusalemme, e che assistono al grande miracolo che si compie sulle labbra degli Apostoli, dichiarano candidamente: li abbiamo uditi parlare nelle nostre lingue le grandezze di Dio. «E tutti si stupivano ed erano pieni di meraviglia, dicendo l’uno all’altro: «Che vuol esser questo?». Ma altri schernendo dicevano: «Sono pieni di vino» (Att. II, 12-13). – Uomini retti, dalla mente non offuscata dalle passioni, non possono spiegare il grande avvenimento, ma ne ammettono l’importanza. «Che vuol essere questo?» Alla vista delle meraviglie che si compiono riflettono, e si prestano docili all’azione della grazia. E quando San Pietro avrà parlato di Gesù Cristo crocefisso e risorto, entreranno numerosi nella Chiesa. Di fianco a questi, però, ci sono i beffardi, che trattano gli Apostoli da ubriachi. Ciò che non si comprende, si mette in ridicolo. Qui, poi, lo scherno passa ogni misura. « Quanta audacia, quanta empietà, quanta sfacciataggine attribuire all’ubriachezza il dono stupendo delle lingue! » (S. Giov. Crs. In Act. Ap. Hom. 4, 3)). Questo modo di trattare il Cristianesimo al suo apparire non è stato più abbandonato. I beffardi dei nostri giorni non fanno che ripeterlo. Si chiamano spiriti illusi, menti deboli, fanatici, coloro che professano coraggiosamente la Religione Cattolica e si mostrano figli devoti della Chiesa. La prova di queste affermazioni? Non è più forte di quella degli Ebrei, quando chiamavano ubriachi, alle nove del mattino, gli Apostoli, proprio nel momento che operavano cose meravigliose. Questo differente contegno di fronte alle cose meravigliose operate dagli Apostoli, ripieni dello Spirito Santo, sarà ancor più spiccato quando San Pietro, in compagnia di Giovanni, guarirà uno storpio. Quei del popolo, « tutti glorificavano Dio per quello che era avvenuto » (Act. IV, 21); e molti di loro, dopo un secondo discorso di San Pietro, abbracciano la fede cristiana. Quei del Sinedrio sono pure testimoni del miracolo, che non possono mettere in dubbio. « E’ noto a tutti — dicono — che un miracolo evidente è avvenuto per opera loro, e non possiamo negarlo » (Act,. IV, 16); ma l’odio acceca. Quando Pietro dichiara che il miracolo è stato compito nel nome di Gesù Cristo, invece di credere in Lui, intimano a Pietro e a Giovanni di non parlare o insegnare in alcun modo nel nome di Gesù; e alla intimazione aggiungono le minacce. Ma gli Apostoli non hanno nulla da temere, poiché è con loro lo Spirito Santo. Tornati dal Sinedrio assieme con gli altri Apostoli e discepoli domandano a Dio: «E ora guarda alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunciare con tutta libertà la tua parola». E terminata la preghiera « tutti quanti furono ripieni di Spirito Santo e annunziavano con franchezza la parola di Dio » (Act. IV, 29-31). – Lo Spirito Santo non abbandonerà mai la Chiesa. Uno dopo l’altro scenderanno nella tomba i banditori del regno di Gesù Cristo, ma questo, assistito dallo Spirito Santo, continuerà ad estendersi. Il Beato Cottolengo si trovava un giorno in udienza dal Re Carlo Alberto. Questi si mostrava trepidante per la sorte della Piccola Casa il giorno che il Fondatore fosse passato all’altra vita. Stando i due personaggi vicino a una finestra del Palazzo Reale, si poteva vedere benissimo il cambio della guardia che avveniva precisamente allora. Il Beato fa un cenno al Re e gli dice: «Maestà, vede là sulla piazza che si cambia la sentinella al portone del palazzo? Un soldato bisbiglia all’orecchio del compagno una parola, questo si ferma coll’archibugio sulla spalla, quell’altro se ne va e, senza che a palazzo nessuno se ne sia accorto, la guardia continua come prima. Così, sarà per la Piccola Casa. Io sono un nulla; quando la Divina Provvidenza lo voglia, dirà una parola ad un altro che verrà a prendere il mio posto e farà la guardia. E la Piccola Casa continuerà la sua strada meglio di prima (M. C. Luigi Anglesio, primo successore del b. G. B. Cottolengo, Torino, 1921, p. 28-29). Fino alla fine del mondo la Chiesa avrà sempre nemici implacabili che al suo espandersi opporranno ostacoli d’ogni genere. Di fronte a costoro lo Spirito Santo susciterà sempre nuovi campioni che prendono il posto di quelli che vanno a ricevere la corona. Noi seguiamo costoro. Anzi, preghiamo lo Spirito Santo che tocchi l’animo nostro, come il giorno della Pentecoste toccò l’animo degli Apostoli e dei primi fedeli. «Il solo suo toccare è insegnare. Poiché egli muta l’animo umano appena lo illumina: d’un tratto lo trasforma da quello che era, e subito lo fa diventare quello che non era» (S. Greg. M. Hom. 20, 8).

Allelúja, allelúja

Ps CIII: 30 Emítte Spíritum tuum, et creabúntur, et renovábis fáciem terræ. Allelúja. Hic genuflectitur:

Veni, Sancte Spíritus, reple tuórum corda fidélium: et tui amóris in eis ignem accénde.

Sequentia

Veni, Sancte Spíritus, et emítte cælitus lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum; veni, dator múnerum; veni, lumen córdium.

 Consolátor óptime, dulcis hospes ánimæ, dulce refrigérium.

 In labóre réquies, in æstu tempéries, in fletu solácium.

O lux beatíssima, reple cordis íntima tuórum fidélium.

Sine tuo númine nihil est in hómine, nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum, riga quod est áridum, sana quod est sáucium.

 Flecte quod est rígidum, fove quod est frígidum, rege quod est dévium.

 Da tuis fidélibus, in te confidéntibus, sacrum septenárium.

Da virtútis méritum, da salútis éxitum, da perénne gáudium. Amen. Allelúja.

Evangelium

 Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joannes XIV: 23-31

“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis díligit me, sermónem meum servábit, et Pater meus díliget eum, et ad eum veniémus et mansiónem apud eum faciémus: qui non díligit me, sermónes meos non servat. Et sermónem quem audístis, non est meus: sed ejus, qui misit me, Patris. Hæc locútus sum vobis, apud vos manens. Paráclitus autem Spíritus Sanctus, quem mittet Pater in nómine meo, ille vos docébit ómnia et súggeret vobis ómnia, quæcúmque díxero vobis. Pacem relínquo vobis, pacem meam do vobis: non quómodo mundus dat, ego do vobis. Non turbátur cor vestrum neque formídet. Audístis, quia ego dixi vobis: Vado et vénio ad vos. Si diligere tis me, gaudere tis utique, quia vado ad Patrem: quia Pater major me est. Et nunc dixi vobis, priúsquam fiat: ut, cum factum fúerit, credátis. Jam non multa loquar vobíscum. Venit enim princeps mundi hujus, et in me non habet quidquam. Sed ut cognóscat mundus, quia díligo Patrem, et sicut mandátum dedit mihi Pater, sic fácio.”

OMELIA II

PER LA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE.

SPIEGAZIONE XXVIII

[A. Carmignola, Spiegazione dei Vangeli domenicali, S. E. I. Ed. Torino,  1921]

“In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: Chiunque mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e verve ni da lui, e verremo da lui, e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole. E la parola, che udiste, non è mia: ma del Padre, che mi ha mandato; queste cose ho detto a voi, conversando tra voi. Il Paracleto poi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, Egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi. La pace lascio a voi; la paco mia do a voi; ve la do Io non in quel modo, che la dà il mondo. Non si turbi il cuor vostro, né s’impaurisca. Avete udito, come io vi ho detto: Vo, e vengo a voi. Se mi amaste, vi rallegrereste certamente perché ho detto, vo al Padre: conciossiaché il Padre è maggiore di me. Ve l’ho detto adesso prima che succeda: affinché quando sia avvenuto crediate. Non parlerò ancor molto con voi: imperciocché viene il principe di questo mondo, e non ha da far nulla con me. Ma affinché il mondo conosca, che Io amo il Patire, e come il Padre prescrissemi, così fo” (Jo. XIV, 23- 31) .

La grande solennità, che celebriamo oggi, era pure festeggiata dal popolo ebreo. Presso di quel popolo nell’antica legge la solennità di Pentecoste era destinata a ricordare con gran giubilo il cinquantesimo giorno (poiché questo appunto significa la parola Pentecoste), dacché mercé i prodigi del Signore avevano potuto uscire dalla terra di Egitto, fare il passaggio del mar Rosso a piedi asciutti, e per mezzo di Mosè ricevere da Dio la sua legge, scritta col suo stesso dito su due tavole di pietra. Per noi Cristiani questa festa è ancor più solenne, perché ci ricorda dei fatti anche più grandi. In quest’oggi, trascorsi cinquanta giorni dacché Gesù Cristo risorse glorioso e trionfante, e dieci dacché ascese al cielo, adempì la promessa, che ripetutamente aveva fatto agli Apostoli, mandando sopra di essi lo Spirito Santo, che scolpì nei loro cuori la legge della nuova alleanza, la legge della bontà e dell’amore. Ecco il grande avvenimento compiutosi questo giorno; ecco la grand’opera, che lo Spirito Santo discese dal Cielo a compiere. Il quale avvenimento e la qual opera fu pure indicata dallo stesso Redentore in queste parole del santo Vangelo di questa solennità: Il Paracleto noi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, Egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello, che ho detto a voi. E noi, per nostro ammaestramento e per nostra consolazione, richiamiamo alla nostra memoria quest’avvenimento così grande e quest’opera così meravigliosa un po’ più ne’ suoi particolari.

I. Ci raccontano gli Atti degli Apostoli, come stando per finire il dì cinquantesimo della Risurrezione di Cristo, essi erano ancora tutti insieme raccolti nello stesso luogo, pregando. Quando circa le nove del mattino si udì ad un tratto un rumore come di un vento impetuoso, che riempì tutta la casa, dove abitavano. Nel tempo stesso apparvero alcune fiammelle a guisa di lingue di fuoco, le quali visibilmente andarono a posarsi sopra il capo di ciascuno di coloro, che si trovavano in quel santo luogo. Così pertanto discese meravigliosamente sopra di essi lo Spirito del Signore, e così rimasero pieni de’ suoi doni, per tal modo che cominciarono a parlare molti linguaggi prima loro sconosciuti, e di cui tosto si valsero a pubblicare le grandi cose, che si erano in essi operate, e a far conoscere il Vangelo. Difatti gli Apostoli cangiati in tutt’altri uomini da quei di prima, non più vili e paurosi come al tempo della Passione di Gesù Cristo, ma forti e coraggiosi, non potendo più rimanere nel Cenacolo, n’escono fuori e si spargono per Gerusalemme. La città è piena di stranieri venuti per la grande festa della Pentecoste. Oh quanta varietà di vestii E quanti diversi linguaggi, parlati da uomini che appartengono a tante differenti nazioni! Ecco dei Parti, dei Medi, degli Elamiti, degli uomini delia Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Panfilia, della Frigia e dell’Egitto; ecco dei Romani, dei Cretesi e degli Arabi. Tutti questi forestieri erano stati attirati in numero così straordinario dalla divina Provvidenza, la quale in quel giorno per mezzo degli Apostoli e sopra tutto per mezzo di S. Pietro, capo dei medesimi, doveva convertirne una gran parte alla fede di Gesù Cristo. Ed in vero tutta quella moltitudine s’incontra negli Apostoliche predicano la Religione di Gesù Crocefisso; e ciascuno li intende ripetere le meraviglie del Signore nel linguaggio del suo paese. Dovunque lo stupore, dovunque l’ammirazione, dovunque questo grido di sorpresa: Che significa ciò che vediamo, ciò che udiamo? Alcuni dicevano in tono di sarcasmo: Costoro sono ubriachi. Ma si fece innanzi Pietro alla testa dei suoi compagni, ed ascoltate il santo ardimento della sua risposta a coloro, che calunniano lui e i generosi suoi compagni: « Uomini della Giudea, e voi tutti che abitate Gerusalemme, apprendete questo, e porgete orecchio alle mie parole, perciocché questi uomini non sono ubriachi come voi pensate, giacché non è ancor la terza ora del giorno Uomini d’Israele, udite queste parole: Gesù di Nazaret, uomo di Dio, famoso per le meraviglie, pei prodigi e pei miracoli, che Dio ha fatti per Lui in mezzo di voi, come sapete, è stato per consiglio e prescienza di Dio dato in vostra balia, ed immolandolo per man dei malvagi, voi l’avete messo a morte. Ma Dio lo ha resuscitato, liberandolo dall’orror del sepolcro, siccome era impossibile che vi fosse rattenuto… Davide ha palato di questa risurrezione del Cristo, ed ha detto che la sua anima non sarebbe stata nella tomba, né la sua carne avrebbe vista la corruzione. Ora Iddio ha resuscitato Gesù, e noi ne siamo tutti testimoni. Dopo adunque ch’Egli è stato innalzato per mano di Dio, ed ha ricevuto dal Padre suo la promessa dello Spirito Santo, Egli ha diffuso questo Spirito, che adesso vedete ed udite… » Ecco alcune delle parole che S. Pietro fe’ coraggiosamente risuonare al cospetto di Gerusalemme. Ed a quelle parole, accompagnate dalla grazia del Signore, si convertirono a Gesù Cristo ben tre mila persone. Ma ciò non è tutto. Sul far della sera S. Pietro recavasi con S. Giovanni a far orazione al tempio. Giunto alla porta incontrava un povero zoppo dalla nascita, il quale non potendo valersi delle proprie gambe, facevasi ogni giorno portare colà per chiedere la elemosina a quelli, che entravano. S. Pietro, mosso a compassione per lui, e rimiratolo gli disse: Io non ho né oro, né  argento, ma ti do quel che ho. Nel nome di Gesù levati e cammina. E lo zoppo si alzò. Sentì le sue gambe guarite, e pieno di gioia si mise a camminare. In breve si divulgava il miracolo e un gran numero di gente si raccoglieva nei pressi del tempio per vedere quell’uomo guarito. Allora S. Pietro, valendosi dell’opportunità, faceva la seconda predica e con tanta efficacia, che credettero in Gesù altre cinque mila persone, senza contare le donne ed i fanciulli. E così la Chiesa di di Gesù Cristo nel giorno stesso della Pentecoste contava già nel suo seno oltre ad ottomila fedeli. Ed ecco ciò che in quel gran giorno avvenne esteriormente nel cenacolo ed in Gerusalemme. Tutto ciò è senza dubbio assai meraviglioso, ma più meravigliosi ancora sono gli effetti, che lo Spirito Santo produsse dentro il cuore degli Apostoli.

2. Gesù Cristo l’aveva detto: Lo Spirito Santo venendo a voi vi insegnerà ogni cosa cosa. E così fu perl’appunto. Gli Apostoli erano uomini del popolo,poveri pescatori, che il Salvatore aveva raccoltisulle sponde di un lago, epperò profondamenteignoranti. Dirigere la loro barca e gettar le lororeti ecco tutta la loro scienza. È bensì vero che il Salvatore ha cercato di formarli per tre annialla divina sua scuola; è vero che hanno udito i mirabili suoi insegnamenti, la sua sublime morale, le sue commoventi parabole; è vero che disse loro: « Molti re e molti profeti hanno bramato di vedere quello che voi vedete, e di udire quello, che voi udite, e non l’hanno potuto ». È vero tutto questo, ma è vero altresì che se essi udirono tante cose dal divin Maestro, non ne intesero che pochissimo. Gesù aveva pur loro annunziata la sua Passione ed essi la ritenevano uno scandalo. Gesù aveva loro predetta la Risurrezione,ed essi, anche allora che era avvenuta, non la volevano credere, sicché ritenendo deluse ed annientate le loro speranze erano ritornati al loro mestiere del pescare. Ecco chi erano gli uomini, che Gesù Cristo aveva scelti per illuminare il mondo, e predicare alle genti la sua sublime dottrina: poveri pescatori immersi nella più profonda ignoranza! Cioè tali essi furono prima della venuta dello Spirito Santo. Ma dopo quella venuta, oh meraviglia! Lo Spirito di verità ha loro insegnato ogni cosa. Adesso comprendono tutto, adesso niente sfugge alla loro intelligenza; conoscono ogni verità, capiscono tutto ciò che il loro divin Maestro ha cercato d’insegnar loro, e sentono il bisogno di diffondere tale verità, e di farla spiccare al di fuori, di comunicarla ad altre intelligenze, di farla conoscere fino all’estremità dell’universo, veramente come quando il sole di primavera spande sulla terra il dolce calore de’ suoi raggi e il succo non può restare nascosto nelle radici e nel tronco dell’albero ed ha bisogno di salire, di uscire, di spargersi, di cangiarsi in verdeggianti foglie, in fiori profumati, in frutti saporosi. Ma per comunicare siffatta fede ai vari popoli dell’universo, per diffondere la luce del Vangelo in seno alle nazioni idolatre, era d’uopo intendere il linguaggio di quelle nazioni e di quei popoli; era mestieri parlarlo eglino stessi per esser compresi, e gli Apostoli sanno appena parlare la lingua del loro paese natio. È vero, ma sopra di essi è venuto lo Spirito Santo, ed a Lui, che è Dio, niente è impossibile. Quando gli uomini, abbandonandosi ad un pensiero di superbia, eressero la Torre di Babele. Iddio di repente confuse il loro linguaggio, e divenne inevitabile la dispersione di quei poveri orgogliosi. Oggi Iddio vuol riunire tutti quei popoli, formarne una sola e grande famiglia, di cui si riserba essere il Padre,

e per quest’opera Egli ha scelto dodici uomini rozzi e senza titoli. Ebbene, se li trasforma nella loro intelligenza, non solo fornisce loro il lume per conoscere la verità, ma dà ad essi altresì tutto quanto è lor necessario per predicarla e per diffonderla. Quelle lingue di fuoco che si mostrarono visibili nel Cenacolo, non erano che un emblema ed un simbolo del dono delle lingue, che gli Apostoli avrebbero ricevuto. E da quel momento potevano esser intesi da tutti i popoli del mondo, ed intenderli essi stessi. Ciò è quanto avviene il dì della Pentecoste, ed è ciò che fa stupire, che rapisce tutti quegli stranieri venuti a Gerusalemme. « Non sono forse, dicevano, tutti Galilei, costoro che parlano? Come dunque li udiamo noi parlare ciascuno nella lingua del loro paese! »

3. Ma la intelligenza di tutta la dottrina di Gesù Cristo e il dono delle lingue non sarebbe bastato agli Apostoli, se lo Spirito Santo non avesse comunicato loro eziandio il coraggio di una franca predicazione anche in vista delle più atroci persecuzioni. E lo Spirito Santo recò loro dall’alto anche questo dono della fortezza. Dapprima allora che cresceva l’audacia dei nemici del Salvatore, cresceva la paura nell’animo degli Apostoli. Tutti lo abbandonarono nell’ora della sua Passione, e S. Pietro lo rinnegò vilmente tre volte davanti ad una misera fantesca. Ma ora invece? ripieni di Spirito Santo escono coraggiosamente dal Cenacolo e senza timore alcuno si accingono alla loro grande missione, rimproverando persino con una santa audacia agli abitanti di Gerusalemme il gran delitto da essi compiuto nella morte di Gesù Cristo. E questo grande coraggio degli Apostoli non verrà più meno giammai. Stanno essi per separarsi fra breve, sono per dividersi l’universo conosciuto ed andarsene alla conquista del mondo. Che vanno ad incontrare? Ostacoli incredibili. Vi è il paganesimo sopra fondamenti che sembrano incrollabili; esso domina da quaranta secoli, e regna da vincitore. Un popolo solo ha potuto sfuggirgli, ed anco per intervalli cotesto paganesimo ha potuto alzare infami altari a lato agli altari del Dio vivente. Si presentano dodici uomini per rovesciare il colosso. Per armi non hanno che una croce di legno, un Vangelo che predica rinunzia, mortificazione, virtù eroiche… Ed il paganesimo ha contro di essi delle armate di carnefici, delle legioni di persecutori. O Apostoli di Gesù Cristo, che andate a fare di fronte a così spaventevole avversario? Voi certamente darete addietro nel compito che vi è imposto! No, o miei cari, essi non daranno addietro. Lo Spirito Santo li ha trasformati, e più non temono le prove più crudeli; vengono tratti in prigione, ed essi convertono i loro carcerieri; sono battuti con verghe, e sono pieni di gioia d’essere stati trovati degni di subire quegli oltraggi pel nome di Gesù. Vengono caricati di catene, ed essi le baciano con amore; sono per essi più soavi che le ghirlande di rose, più preziose che le perle brillanti sul diadema dei re. Si vuol loro imporre silenzio, ma essi rispondono: No, non possiamo tacere, perché il nostro Maestro ci ha detto di predicare la verità persino sui tetti. — Ma noi vi tormenteremo, vi faremo morire fra orribili tormenti. — Sia pure, e l’anima nostra volerà libera dagli inciampi verso il cielo. — E persistendo nella loro fede e nella loro missione finiscono tutti per dar la loro vita per Gesù Cristo. Ecco, o miei cari, la grand’opera compiuta dallo Spirito Santo nel cuor degli Apostoli in questo dì solenne della Pentecoste. Or bene, o carissimi, mentre pieni di meraviglia andiamo considerando un’opera così prodigiosa, preghiamo pure lo Spirito Santo che si degni di compierla in noi. Anche noi, come un giorno gli Apostoli, siamo ora tanto ignoranti e tanto deboli, così poco conosciamo i nostri doveri cristiani e così poca forza ci sentiamo di praticarli. O sì! Che lo Spirito Santo illumini le nostre menti: O lux beatissima, reple cordis intima tuorum fidelium; che lo Spirito Santo ci fortifichi contro le tentazioni di satana, contro le lusinghe del mondo, contro le nostre malvagie passioni, sicché possiamo acquistare il merito della virtù, l’esito dell’eterna salute ed il gaudio perenne del cielo: Da virtutis meritum, da salutis exitum, da perenne gaudium. Amen.  

Credo

Offertorium

Orémus – Ps LXVII: 29-30

Confírma hoc, Deus, quod operátus es in nobis: a templo tuo, quod est in Jerúsalem, tibi ófferent reges múnera, allelúja. [Conferma, o Dio, quanto hai operato in noi: i re Ti offriranno doni per il tuo tempio che è in Gerusalemme, allelúia].

Secreta

Múnera, quæsumus, Dómine, obláta sanctífica: et corda nostra Sancti Spíritus illustratióne emúnda. [Santifica, Te ne preghiamo, o Signore, i doni che Ti vengono offerti, e monda i nostri cuori con la luce dello Spirito Santo].

Communio

Acts II: 2; 4

Factus est repénte de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis, ubi erant sedéntes, allelúja: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, loquéntes magnália Dei, allelúja, allelúja. [Improvvisamente, nel luogo ove si trovavano, venne dal cielo un suono come di un vento impetuoso, allelúia: e furono ripieni di Spirito Santo, e decantavano le meraviglie del Signore, alleluja, alleluja.]

Postcommunio

Orémus.

Sancti Spíritus, Dómine, corda nostra mundet infúsio: et sui roris íntima aspersióne fecúndet. [Fa, o Signore, che l’infusione dello Spirito Santo purifichi i nostri cuori, e li fecondi con l’intima aspersione della sua grazia] .

LO SCUDO DELLA FEDE (63)

LO SCUDO DELLA FEDE (63)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]S

CAPITOLO XV.

IL PROTESTASTlSMO È FALSO PERCHÉ NON HA TRADIZIONE

Il Protestantismo è una religione falsa perché ha disconosciute e rigettate molte delle istituzioni che Gesù Cristo stabilì e volle che si conservassero poi sempre nella Chiesa. Tuttavia per darsi un po’ di colore e per ingannare più sicuramente, i Protestanti fingono di avere un gran rispetto alla parola di Dio, la lodano, l’esaltano, la magnificano, gridano sempre: parola di Dio, parola di Dio! Volesse il cielo che lo dicessero con sincerità, perché sarebbe almeno un poco di bene in mezzo al tanto lor male! Il vero è però che quel rispetto non è altro che apparente, poiché della parola di Dio ne hanno fatto e ne fanno con le loro interpretazioni un tale strazio che mette orrore. Alla parola di Dio fanno esprimere le più assurde contradizioni, le più empie bestemmie; la parola di Dio mutilata nella Bibbia la gettano a tutti i popoli anche selvaggi, anche gentili, sul pretesto di far conoscere la verità; e quelli ne adoprano poi le carte che la contengono a tutti gli usi anche più schifosi. Questo è quello che hanno ottenuto più frequentemente con le loro bibliche società. Ma il torto più grande che fanno alla parola di Dio, è con l’asconderne una gran parte ai fedeli. Come! 1 Protestanti ascondono la parola di Dio? Ci avevano detto tutto il contrario, che erano i Cattolici che la nascondevano, e adesso voi ci dite che sono invece i Protestanti? Eppure è proprio così. I Protestanti fanno come certi debitori falliti, che si fingono creditori, per non essere obbligati a pagare quello che debbono. Eccovi il come. Avete da sapere che la parola di Dio noi l’abbiamo per bocca dei Santi Apostoli e degli Evangelisti, i quali ce l’hanno tramandata, avendola essi avuta dalla bocca stessa di Gesù, od avendola ricevuta da quelli che avevano udito Lui; e siccome tanto gli Apostoli che gli Evangelisti erano assistiti specialmente dallo Spirito Santo per non errare, conforme alla promessa fatta loro da Gesù, così ebbero grazia di trasmetterla pura ed intatta senza mescolanza di errore. In due maniere però ce la tramandarono. Una col mettere per iscritto una parte delle cose intese da Gesù, e così è che noi abbiamo i Libri del nuovo Testamento, e perciò giustamente diciamo che quei libri contengono la Divina parola e noi portiamo ad essi una infinita riverenza. L’altra maniera con cui ci tramandarono questa divina parola, si è la predicazione che essi fecero di viva voce. Imperocché, com’erano assistiti dallo Spirito Santo quando scrivevano, così erano assistiti dal medesimo Spirito quando predicavano la S. Fede e fondavano le Chiese. Ed in questo secondo modo principalmente ci fecero conoscere la parola di Gesù, perché questo è stato il modo primamente inteso e voluto da Gesù, il quale mandò suoi Apostoli ad insegnare di viva voce la sua Fede e piantarla, prima che nei libri, nei cuori degli uomini. La parola di Dio insegnata così di viva voce fu accolta dai popoli, dai sacri pastori che gli Apostoli preponevano alle Chiese da loro fondate, e custodita con ogni diligenza nelle abitudini della S. Chiesa, negli scritti dei Padri, nei decreti dei Concili, nelle orazioni pubbliche, e fu tramandata infino a noi, ed è quella parola di Dio che noi chiamiamo tradizione, perché ci fu tradita ossia consegnata dai nostri maggiori nella Fede. Che però questa tradizione sia necessaria alla S. Chiesa Cattolica è a\ indubitabile, per l’autorità della stessa S. Scrittura. Non è la S. Scrittura che ne dice con S. Paolo: Pertanto, o fratelli, guardate le tradizioni che avete ricevute sia per discorso, sia per lettera? (2 Tess. II, 144) Sulle quali parole scrive S. Girolamo che dunque è manifesto che gli Apostoli non insegnarono ogni cosa per iscritto, ma molte ancora senza scritto. Non è S. Giovanni che afferma che: Avendo molte cose da scrivervi, noi volli fare per carta ed inchiostro (2 Joan.III, 12), sebbene di viva voce e così lasciarne la tradizione? Non è S. Paolo che dice al suo Timoteo: Tu hai la forma delle parole sane che hai udite da me, conservane il deposito buono? (1 Tim. I, 14) e più sotto: Le cose che hai udite da me, per molti testimoni, raccomandale ad uomini fedeli che saranno idonei ad ammaestrarne anche gli altri (ibid.) ? Puossi dir nulla di più chiaro per autenticar le tradizioni? Eccone tutto il processo. L’Apostolo parla, i testimoni ne autenticano le parole, S. Timoteo le commette ad altri e questi ad altri via via con una specie di fidecommesso sacrosanto e così la Tradizione si mantiene in tutta la Chiesa. Non è tutto ciò semplice e chiaro? Inoltre se nella tradizione non si contenesse la vera parola di Dio, bisognerebbe condannare come senza fede quasi tutte le Chiese più antiche, anche quelle fondate dai Santi Apostoli; imperocché tutte furono edificate dalla parola annunziata di viva voce e non iscritta, mentre certe parti del nuovo Testamento non furono scritte che sessanta anni dopo la morte di Gesù, e tutte non furono raccolte insieme e fatte comuni alla Chiesa se non dopo oltre quattrocento anni. Se dunque non vogliamo dire che molte Chiese piene di fervore, le quali avevano già trasmesse al cielo delle belle legioni di Martiri, non avessero avuto la Fede, perché non avevano la parola scritta, ma solo quella che si contiene nella tradizione; bisogna dire che anche questa sia viva e vera parola di Dio. – Finalmente volete più? Che la tradizione contenga la vera parola di Dio, noi l’abbiamo per testimonianza degli stessi Protestanti, i quali contradicendo a sé medesimi, come è proprio di tutti gli eretici, mentre si ostinano da una parte a negarla, dall’altra la ricevono. Essi mettono tutto il fondamento della loro fede nelle S. Scritture, ed affermano che quella sola è la parola vera di Dio. Ebbene, bisognerà adunque che sappiano con gran sicurezza quali siano i libri che compongono la vera Santa Scrittura, che siano certi che non sono stati guastati, poiché essendo stati composti in tempi tanto lontani da noi e confusi in mezzo a tanti altri libri, che pure si spacciano per S. Scrittura, se non si accerti quali siano i veritieri, i Protestanti mancheranno di quelle Scritture sopra cui si fondano interamente. Ora come si assicurano essi di tutto ciò? Unicamente col ricorrere alla tradizione che si conserva nella Chiesa Cattolica. Epperò se vogliono avere il tesoro delle Scritture debbono anche ammettere là verità della Tradizione. Qui dunque dove fa loro comodo l’ammettono, e poi perché ammettendola universalmente si troverebbero confusi e convinti di errore in tante loro pretensioni, allora la rigettano. Operano cioè del tutto a capriccio, mentre non si regolano con la norma della verità, ma con quello che torna meglio ai loro preconcetti disegni. –  Intanto però rinunziando come fanno a tante belle tradizioni che ci rivelano la verità anzi non rinunziandovi solo, ma condannandole, ci vengono a togliere gran parte della divina parola. Tutto quello cioè che non fu scritto nei Vangeli, ma che pure gli Apostoli tramandarono come udito di viva voce da Gesù Cristo: tutto quello che Dio inspirò a loro che c’insegnassero, e che essi misero subito in atto nel fondare la Chiesa, e nell’ammaestrare i Vescovi ed i Sacerdoti che costituivano dappertutto a reggere la greggia dei semplici fedeli, tutto ciò ce lo rapiscono, e così privano il popolo Cristiano di molte verità sublimi, di molte pratiche necessarie; in una parola ci tolgono gran parte della divina parola, mentre sempre gridano parola di Dio, parola di Dio. Non sono dunque essi che hanno tutta la parola di Dio, perché ne trascurano sì gran parte, e però non sono essi che costituiscono la vera Chiesa di Gesù Cristo, la quale se ha un rispetto infinito per quella parte della divina parola che si contiene nei libri Santi, non ha minor riverenza per quella che confidata di viva voce dai Santi Apostoli alle Chiese da loro fondate, vien custodita nel vivo insegnamento dei Sacri Pastori, cui Dio ha posti a reggere la sua Chiesa. Di qua avete da trarre un’altra conseguenza molto importante, ed è la risposta che dovete dare a certi maestri d’iniquità, quando vi fanno delle domande insidiose intorno ad alcuni punti della dottrina cattolica. Dove sta scritto, vi chiedono, nel S. Vangelo che si debba per esempio digiunare? dove sta scritto che dobbiamo sentire la S. Messa? dove sta scritto che andiamo in Chiesa, che riceviamo i Sacramenti, che ci esercitiamo in tante opere di pietà? E voi dovete rispondere: che tutto ciò sta scritto abbastanza chiaro nel nuovo Testamento per chi ha occhi da leggerlo; ma dove anche non fosse scritto non importerebbe nulla, perché è parola di Dio consegnata dai SS. Apostoli alla Chiesa, e dalla Chiesa insegnata a noi. E la parola di Dio che ci viene per questa via è tanto infallibile quanto è infallibile quella che è registrata nel nuovo Testamento. Epperò se è sacrilego chi rifiuta o disprezza le S. Scritture, è parimente sacrilego chi rifiuta o disprezza la Tradizione. Ma dicono i Protestanti che la S. Scrittura condanna le Tradizioni. E voi rispondete loro che mentono per la gola. Tutto all’opposto le S. Scritture le raccomandano e le inculcano grandemente. S. Paolo vuole che si custodiscano diligentemente le tradizioni e che niuno ammetta altra dottrina fuori di quella che egli ha insegnato di viva voce, e che certi insegnamenti non li vuol dare per iscritto, ma solo con la parola viva. Che se una volta Gesù Cristo riprese i Farisei, perché trasgredivano la legge per osservare le loro tradizioni (Matt. XV, 3 e segg.): Gesù non parlava né punto né poco delle tradizioni Apostoliche, di cui stiamo ora trattando; parlava di certe consuetudini introdotte dal popolo superstiziosamente, contro l’autorità divina. Oh bella perché si riprende un abuso introdotto dal popolo, si dovranno abolire tutte le leggi che sono state fatte pel popolo? Gesù Cristo vieta certe usanze dei Giudei, per osservare le quali essi violavano la legge divina: dunque conchiudono i dottori Protestanti, dunque non si hanno più ad accettare gl’insegnamenti santissimi degli Apostoli che sono adatto conformi ai precetti divini? Ma non è questo un discorso da pazzi? Eppure è così. Noi non riconosciamo per tradizione Apostolica, se non quelle tradizioni che sono provate tali con tutto rigore dai Padri, dai Dottori e dai monumenti di S. Chiesa. Noi non le accettiamo dal popolo ma bensì dai sacri Pastori. Noi non le accettiamo dove esse siano in opposizione alla parola divina che sta registrata nelle Sante Scritture, perché la parola divina non può esser contraria alla divina parola. Noi finalmente, non le ammettiamo se non sull’autorità della S. Chiesa che non può fallire intorno al deposito della verità che ha ricevuto da Gesù Cristo. E perciò riescono autenticate anche dalla divina Scrittura che ci obbliga a sottoporci alla Chiesa in tutte le nostre dubbietà. Lo schermirsi adunque dal ricevere la tradizione divina sul pretesto che Gesù Cristo ha vietato certe costumanze ed usi del popolo Giudaico male introdotti e peggio mantenuti, è un ignorare quel che sia la Tradizione, è un fraintendere quel che ha detto Gesù, è un cercar pretesti per ricoprire la propria disobbedienza e ribellione. Resti dunque, che i Protestanti non avendo la Tradizione, non hanno tutta la parola divina, e non avendo tutta la parola divina né sono, né possono essere la vera Chiesa di Gesù Cristo.