De Segur: BREVI E FAMILIARI RISPOSTE ALLE OBIEZIONI CONTRO LA RELIGIONE [risp. XLI-XLIV]

XLI.

NON BISOGNA ESSER BIGOTTO.

R. Eh! senza, dubbio, non bisogna esser bigotto! Chi vi parla di ciò? Il bigottismo non è la religione, esso ne è l’abuso. I difetti delle persone, che in tal modo abusano della religione, ordinariamente per ignoranza, non devonsi ad essa imputare. Si abusa di lei come si abusa di tutte le cose buone. Bisogna rigettare l’abuso, e conservare l’uso. Bisogna essere devoto: non bisogna esser bigotto. Dio ama l’uno, e non ama l’altro. Egli vuol vedere nel nostro cuore la devozione, cioè la prontezza al suo servizio, prontezza per i doveri che impone, e per l’amore alla sua legge; ma non vuol vedere il bigottismo,cioè queste smanie, queste abitudini meschine o superstiziose della Religione, che spesso sostituiscono al principale l’accessorio, e prendono i mezzi pel fine. Tuttavia, convien dirlo, che questi abusi della religione non sono né cosi grandi, né così odiosi come si vuol pretendere. – Ordinariamente non fan male a nessuno e non nuocono che a quelli che li commettono. Quei che vi cadono sono persone (donne per lo più; gli uomini sono meno portati a questi difetti) poco illuminate,che si stancano che s’impacciano in pratiche esteriori buone in sé ma troppo moltiplicate; che hanno modi singolari d’agire; che si angustiano la coscienza col timore di operar male: che s’accendono per un zelo mal inteso quando sarebbe meglio tacere ecc. Ecco che cosa è il bigottismo. È un difetto; ma piaccia a Dio che giammai vi sia altro abuso sulla terra! Quelli che declamano contro il bigottismo, quei che s’indignano per queste ridicolezze, mi rammemorano quel tale che condannato ai lavori forzati perpetui per un orribile assassinio, si sdegnava perché gli si era dato alla galera per compagno di catena… un Son ben più da condannarsi di quelli che essi riprendono. – Il loro libertinaggio, la loro condotta, la loro dimenticanza dei più sacri doveri, la loro ignoranza religiosa, ì loro discorsi impudichi, i loro esempi, ecc. ecc., tutte queste cose non sono esse abusi?E sovente non sono anche delitti? – La loro intera vita è un abuso; e l’abuso della devozione è il solo, io credo, di cui non sono colpevoli. Non sarebbe meglio, domando, che avessero questo solo e non gli altri? Non siate dunque bigotto, ma cristiano e buon cristiano. Amate Dio, serviteLo fedelmente, osservate tutti i suoi comandamenti, adempite per piacere a Dio tutti i vostri doveri, e siate docile agli insegnamenti dei ministri di Gesù Cristo.

XLIl.

LA VITA CRISTIANA È TROPPO FASTIDIOSA, È TROPPO TRISTE PRIVARSI DI TUTTO, AVER PAURA DI TUTTO: CHE VITA!

R. Eh! là là! piano piano, mio buon amico! non vi spaventale così presto! Non vi obbliga a temere tutto ed a privarvi di tutto. » Voi vi esagerate le cose; se la legge dell’evangelio è un giogo, nostro Signor Gesù Cristo che ce lo impose, ci dichiara Egli stesso a che questo giogo è dolce, che questo peso è leggero. » Conoscete senza dubbio dei buoni cristiani. Hanno essi forse l’aspetto sì triste, sì spiacevole, sì sgraziato? Tutti quelli che conosco, hanno al contrario un non so che dì piacevole, d’onesto, di gaio, sul volto; solo il vederli anima al bene. Io non nego che sia d’uopo per essere un vero cristiano, vegliare sopra se stesso ed evitare certi piaceri illeciti e dannosi. Io non nego che la lotta della volontà contro le passioni, non sia qualche volta difficilissima. Ma trovatemi uno stato di vita senza lotta e senza sacrifici! Per apprendere il vostro stato, per guadagnarvi la vita non è forse d’uopo che vi affatichiate e molto? Anche per divertirsi bisogna ordinariamente imporsi qualche sacrificio…. E si vorrebbe che la più grande, la più importante, la sola necessaria tra tutte le cose, che è l’opera della salute eterna, non costasse niente! Ciò è impossibile. Il mondo vede i Cristiani pregare, fare penitenza, imporsi dei sacrifici, dare ciò che hanno ai poveri, soffocare le loro passioni, privarsi dei piaceri del senso, e fare tali e tali altre cose che gli fanno parere questa vita sgradevole e rigorosa. – Ma ciò non n’è che la corteccia. Penetrate nell’interno, e vedrete il cuore giulivo e magnanimo che rende, facili anzi gradevoli questi sacrifici in apparenza sì penosi. – Un buon figlio che si priva di qualche cosa per sua madre, non è egli contento delle privazioni che si impone? La pietà cristiana cambia in dolce ciò che è amaro nella pratica del dovere, come le api che cambiano in miele il sugo amarissimo ch’esse raccolgono sul fiore del timo. Gustate e Bisogna provarle queste cose; le parole non le possono far comprendere a chi non ne ha l’esperienza. A tal fine forse voi non avete che a portare il pensiero ai giorni della vostra infanzia. Son pochi gli uomini, che non abbiano gustato questa pura contentezza dell’amore di Dio al grande e solenne momento della loro prima Comunione… Voi allora eravate felice!… Perché? Perché eravate puro, casto, dato al bene, in una parola perché eravate Cristiano. Ritornate a questo stato e ancora sarete felice. Il Dio della vostra infanzia non ha cambiato… come voi, eh! Egli vi ama sempre, ed aspetta il ritorno del suo figliuolo prodigo. Non abbiate paura di Lui; è desso l’amabile Salvatore, è il rifugio dei peccatori pentiti: Giammai, Ei disse, giammai Io rigetterò colui che viene a me! Addossatevi questo giogo dolce e leggero della vita cristiana, e troverete il riposo, la pace del cuore, la vera gioia in questo mondo, e dopo morte l’eterna felicità del cielo.

XLIII

BISOGNA LASCIAR PASSARE LA GIOVENTÙ

R. A far che? Sciocchezze? a ber vino? a perder l’anima, l’onore, la sanità, il denaro con libertini? a far ciò, che Dio proibisce di fare? Ecco al certo una ben strana morale! E non so da qual parte del vangelo, od anche dal buon senso sia stata dedotta! Si, bisogna lasciar passare la gioventù; ma è necessario che passi come tutta la vita nella pratica del bene, nella fuga del male, nell’adempimento del dovere. La sola differenza tra la gioventù e la vecchiezza consiste in ciò, che la gioventù ha più di vivacità e di forza, e che perciò deve fare il bene, con più zelo, più ardore, più prontezza. Sì, bisogna che la gioventù passi in guisa da essere onorevole avanti Dio e avanti gli uomini; per essere il preludio d una vecchiaia rispettabile e benedetta da Dio: per preparare di lontano in messe, che l’anima raccoglierà al giorno della sua partenza sulle soglie dell’eternità. Non vi ha nulla al mondo, che più rapisca, che una gioventù santa e pura. Non vi ha nulla di più bello, di più commovente, di più amabile d’un giovane casto, modesto, laborioso, fedele a’ suoi doveri! Oh! se la gioventù cristiana conoscesse ciò che essa è!… per nulla al mondo vorrebbe perdere la sua gloria! Perduta una volta non può più ritornare. Il pentimento ha le sue dolcezze, ma non è più l’innocenza! Oh se conoscesse la gioventù, se potesse la vecchiaia!

XLIV.

PIÙ TARDI PRATICHERÒ LA RELIGIONE, QUANDO NON AVRÒ PIÙ TANTI AFFARI. MI CONFESSERÒ PIÙ TARDI.  ALLA MORTE. CERTAMENTE NON MORRÒ SENZA SACRAMENTI.

R. Più tardi? — Certamente?

Sì, se v’ha un più tardi per voi, e se voi n’avete i mezzi al punto della morte, ciò che certamente è in dubbio. Quanti han detto come voi: « Domani, più tardi » per cui non vi ebbe più, che il giudizio e l’eternità!… Quanti han trascurato di confessarsi, quando facilmente il potevano, e non lo poterono fare quando l’avrebbero desiderato! Voi vi confesserete alla morte? Ma se Dio mette la morte avanti la confessione? « Oh! rispondete voi, .egli è misericordioso. » — Sì: e perciò Egli oggi vi offre un perdono, che non meritate. Ma Colui che ha promesso il perdono al peccatore penitente non gli ha promesso il domani. Ben all’opposto lo ha avvertito di tenersi sempre sulla vedetta perché la morte sarà mandata all’improvviso… Ascoltate il maestro ed il giudice: « A tutti il dico, vegliate! — State preparati, perché il Figliuol dell’uomo verrà in quell’ora che non pensate… Sì, il Signore verrà in un giorno, in cui non l’aspetterete, e nel momento, che ignorate; e rigetterà il servo infedele… Si è allora che vi sarà pianto e stridor di denti… » (s. Matt. c. XXIV). Qual follia metter a rischio l’eternità con un forse! Un giovane aveva abbandonato per trascuranza i suoi doveri religiosi. Tuttavia conservava la fede, e ragionava come voi: io mi confesserò più tardi; ad ogni costo non vorrò morire senza sacramenti. Egli cade gravemente ammalato. Sua madre gli parla dell’anima sua, di un prete, di confessione… Esita, e differisce. Il male peggiora. Finalmente si decide. Si corre a cercare il prete; era di notte. Era stato chiamato presso un altro malato… si passa qualche tempo nel cercarlo; finalmente si trova. Accorre in tutta fretta… Era troppo tardi!… Una crisi aveva tolto di vita l’infelice; moriva in un’orribile disperazione! Gli esempi di morti improvvise totalmente Impreviste, sono quotidiani. Egli è poco tempo (1849) un operaio padre di famiglia, e membro della società di mutua assistenza di s. Francesco Saverio, cadde dall’altezza di alcuni piedi sopra il lastrico della via de Vaugirard, a Parisi. Restò sul colpo. Non poté neanche mandare un grido!— Egli aveva capito l’avvertimento del Vangelo…si confessava e si comunicava ogni otto giorni. Se vi accadesse lo stesso in questo giorno, sareste voi pronto, come egli, ad entrare nella vostra eternità? Più recentemente ancora un uomo passava nella via di… vacilla e cade. Vien tosto circondato e portato in una vicina bottega. Si chiama un medico; egli esamina e dichiara che la morte era stata istantanea, anche avanti che l’infelice fosse interamente caduto a terra. Costui non era punto apparecchiato!… Dopo ciò, contate sul domani per salvarvi! Dopo ciò, parlatemi di più tardi! dopo ciò dormite tranquillo con questo pensiero: Io mi confesserò certamente alla morte! – Un fattorino aveva fatto da qualche mese la sua prima Comunione. Aveva preso una sola risoluzione, ma l’aveva presa seriamente: « Se vengo a cadere in un peccato mortale, andrò a confessarmi, avanti dì coricarmi, lo stesso giorno. » Questa disgrazia gli accadde. Era un sabbato; faceva tempo cattivo. Il prete stava lungi. Dice tosto fra sé: « Andrò a confessarmi fra alcuni giorni, ma la sua promessa gli passava per la memoria ed un non so che gli diceva: Fa ciò che hai pròmesso: vatti a confessare. Egli esitava. In questo combattimento interiore si mette a ginocchi, e dice un’Ave Maria per ottenere la grazia di conoscere la volontà di Dio…. La preghiera è la salute dell’anima… Si alza, e si mette in cammino. Al suo ritorno, incontra una signora, che gli domanda d’onde viene; colla gioia sul viso glielo racconta e le dice, che va a dormir in pace avendo ricuperata l’amicizia di Dio. Sua madre aveva l’usanza di lasciarlo in letto un poco più di tempo alla domenica che agli altri giorni. Secondo la sua usanza dunque essa non lo sveglia che a sette ore, picchiando alla porta della sua cameretta, e chiamandolo. Un quarto d’ora dopo Paolo dormiva ancora. La madre lo chiama di nuovo, e resa impaziente per non aver risposta, entra nella camera: «Su, pigro! sono ornai le sette e mezzo, non hai tu vergogna!… » Si avvicina al suo ragazzo, che non si moveva… gli prende la mano, la trova agghiacciata… Spaventata sta attonita . . . e mandando un grido spaventevole, cade a terra svenuta… Il fanciullo era morto, ed i1 suo cadavere già freddo!! Felice di non essersi rimesso al più tardi! di non essersi rimesso solo al dimani!! Voi che leggete questo libro, possiate essere altrettanto savio e fare lo stesso.

CONCLUSIONE

Mio caro lettore, forse voi udirete nel mondo, nelle officine, nei giornali sollevare altre difficoltà contro la religione. Noi qui non abbiamo notato che le più popolari. Quali esse siano, io vi do parola, che non sono che sofismi, cioè ragionamenti che hanno l’apparenza del vero, ma che peccano per qualche punto.— Contro la verità non si può aver ragione. – Se alcuna di queste obbiezioni vi colpisce, credetemi, andate a trovar qualche buon prete (grazie a Dio, fra noi non ne mancano); e state certo anzi tutto, che benevolmente vi accoglierà. Esponetegli francamente la vostra difficoltà; egli ve ne farà conoscere la soluzione. – Cercate d’istruirvi nella religione: più si conosce, più si ama, e più si ama, più si pratica. Molti l’attaccano, perché non la conoscono. Essi se la figurano lutt’altro da quello che è, ed hanno da ciò bel giuoco per burlarsene. Io auguro, che i miei discorsi con voi siano utili alla vostr’anima. —Rileggete, e meditate i punti, che vi fanno ancora difficoltà. Se gli argomenti che vi do, vi sembrano insufficienti, siate ben persuaso, che la colpa è solamente mia, non già della santa causa della verità, che ho voluto difendere. La necessità d’esser brevissimo nelle mie risposte e il povero mio ingegno, sono le sole cause della debolezza della difesa. Potessi io tuttavia esservi riuscito! Potessi aver aumentato nel vostro cuore il rispetto per la fede, l’amore per la virtù, lo zelo per la vostra salute; questa è tutta la mia pretensione in questa operetta! . . . Avrei faticato per la vostra felicità ed il mio libro sarebbe una buona azione. Prego Iddio di benedirlo, di benedir voi e di benedir me stesso. E con ciò vi lascio, mio caro lettore: a rivederci, come spero, in paradiso! G. S.