UN’ENCICLICA AG GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: S. S. PIO XII “HAURIETIS AQUAS” (II)

Ecco la seconda parte di questo stupendo e straordinario documento del Magistero pontificio, in cui il Sommo Pontefice traccia la storia del culto del Sacro Cuore di Gesù, additandolo come rimedio spirituale dei mali del nostro tempo, ed associandolo al culto del Cuore Immacolato della Vergine Maria. Questo culto associato alla devozione ed alla pratica del Santo Rosario sono i rimedi che la Maestà divina ci ha donato e ci prescrive per i nostri tempi, ultimi anni degli ultimi tempi, quelli cioè racchiusi tra le due parusie del Cristo Gesù. Ascoltiamo il Santo Pontefice e pratichiamo quanto ci raccomanda a nostra eterna salvezza dell’anima.

HAURIETIS AQUAS

PIO XII

LETTERA ENCICLICA

SULLA DEVOZIONE AL SACRO CUORE DI GESÙ (II)

III

Ed ora, Venerabili Fratelli, al fine di cogliere più abbondanti frutti da queste nostre tanto consolanti riflessioni, indugiamo alquanto nella contemplazione dell’intima partecipazione avuta dal Cuore del Salvatore nostro Gesù Cristo alla sua vita affettiva umana e divina, durante il periodo della sua vita terrena, e della partecipazione che Esso ha al presente ed avrà per tutta l’eternità. È alle pagine del Vangelo che noi domanderemo principalmente la luce per inoltrarci nel santuario di questo Cuore divino, dove potremo ammirare con l’Apostolo delle genti: « immensa ricchezza della grazia [di Dio], nella benignità verso di noi in Cristo Gesù ». – Palpita d’amore il Cuore adorabile di Gesù Cristo, all’unisono con il suo amore umano e divino, allorché, come ci rivela l’Apostolo, non appena la Vergine Maria ha pronunziato il suo magnanimo « Fiat », il Verbo di Dio: « entrando nel mondo, dice: “Tu non hai voluto sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo: olocausto anche per il peccato tu non gradisti: allora dissi: — Ecco io vengo — (giacché di me si parla all’inizio del libro) — per compiere, o Dio, la tua volontà ”… E in questa volontà noi siamo santificati per l’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre ». – Palpitava altresì d’amore il Cuore del Salvatore, sempre in perfetta armonia con gli affetti della sua volontà umana e con il suo amore divino, quando Egli intesseva celestiali colloqui con la sua dolcissima Madre, nella casetta di Nazaret, e col suo padre putativo Giuseppe, cui obbediva prestandosi come fedele collaboratore nel faticoso mestiere del falegname. Parimente palpitava d’amore il Cuore di Cristo, ancora in pieno accordo col suo duplice amore spirituale, nelle continue sue peregrinazioni apostoliche; nel compiere gli innumerevoli prodigi d’onnipotenza, con i quali o risuscitava i morti, o ridonava la salute ad ogni sorta di infermi; nel sopportare fatiche, il sudore, la fame, la sete; nelle lunghe veglie notturne trascorse in preghiera al cospetto del celeste suo Padre; e, infine, nel pronunziare i discorsi, e nel proporre e spiegare le parabole, specialmente quelle che più ci parlano della sua misericordia, come la parabola della dramma perduta, della pecorella smarrita e del figliuol prodigo. E veramente, anche attraverso le parole di Dio, come osserva San Gregorio Magno, si è manifestato il Cuore di Dio: «Intuisci il Cuore di Dio nelle parole di Dio, affinché più ardentemente esperimenti l’attrattiva dei beni eterni ». – Palpitava ancor più d’amore il Cuore di Gesù Cristo, quando dalle di Lui labbra uscivano accenti ispirati ad ardentissimo amore. Così, ad esempio, quando dinanzi allo spettacolo di turbe stanche ed affamate, esclamava: « Ho compassione di questo popolo »; e, nel rimirare la prediletta città di Gerusalemme votata all’estrema rovina a causa della propria ostinazione, le rivolgeva questo accorato rimprovero: « Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte io pure volli adunare i tuoi figliuoli come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali, e tu non hai voluto! ». Palpitava ancora di amore e di santo sdegno il suo Cuore nel veder il sacrilego commercio che si faceva nel tempio, ond’è che rivolse ai profanatori queste severe parole: « Sta scritto: “ La mia casa sarà chiamata casa d’orazione ”, e voi l’avete ridotta una spelonca di ladri ». – Ma particolarmente di amore e di timore palpitò il Cuore di Gesù nella imminenza dell’ora della Passione, allorché, provando naturale ripugnanza dinanzi al dolore e alla morte ormai incombenti, esclamò: « Padre mio: se è possibile passi da me questo calice! »(63); palpitò poi di amore e di intensa afflizione quando, al bacio del traditore, Egli oppose quelle sublimi parole, che suonarono come un ultimo invito rivolto dal misericordiosissimo suo Cuore all’amico, che con animo empio, fedifrago e sommamente ostinato si accingeva a consegnarlo nelle mani dei carnefici: « Amico, a che sei venuto? Con un bacio tradisci il Figliuol dell’uomo? »; palpiti invece di tenero amore e di profonda commiserazione furono quelli che commossero il Cuore del Salvatore, allorché alle pie donne, che ne compiangevano l’immeritata condanna al tremendo supplizio della croce, diresse queste parole: « Figlie di Gerusalemme, non piangete su me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figliuoli… Perché, se si tratta così il legno verde, che ne sarà del secco? ». – Ma è soprattutto sulla croce che il Divin Redentore sente il suo Cuore, divenuto quasi torrente impetuoso, ridondare dei sentimenti più vari; cioè di amore ardentissimo, di angoscia, di compassione, di acceso desiderio, di quiete serena, come ci manifestano apertamente le seguenti sue memorande parole: « Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno »(66); « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? »; « Ti dico in verità: oggi sarai meco in paradiso »(68); « Ho sete »; « Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio ». – E chi potrebbe degnamente descrivere i palpiti del Cuore divino del Salvatore, indizi certi del suo infinito amore, nei momenti in cui Egli offriva all’umanità i suoi doni più preziosi: Se stesso nel Sacramento dell’Eucaristia, la sua Santissima Madre e il Sacerdozio? Ancor prima di mangiare l’Ultima Cena con i suoi discepoli, al solo pensiero dell’istituzione del Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, la cui effusione avrebbe sancito la Nuova Alleanza, il Cuore di Gesù aveva avuto fremiti di intensa commozione, da Lui rivelati agli Apostoli con queste parole: « Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima di patire »; ma la sua commozione dovette raggiungere il colmo, allorché « prese del pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Questo è il mio corpo, il quale è dato a voi; fate questo in memoria di me ». E così fece col calice, dopo aver cenato. dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel sangue mio, che sarà sparso per voi ». – Si può quindi a buon diritto affermare che la divina Eucaristia, sia come Sacramento che come Sacrificio, di cui Egli stesso è dispensatore e immolatore mediante i suoi Ministri « da dove sorge il sole fin dove tramonta », come pure il Sacerdozio, sono doni palesi del Cuore Sacratissimo di Gesù. – Ma anche Maria, l’alma Madre di Dio e Madre nostra amantissima, è un dono preziosissimo del Cuore Sacratissimo di Gesù. Era giusto, infatti, che Colei, che era stata la Genitrice del Redentore nostro secondo la carne, ed a Lui era stata associata nell’opera di rigenerazione dei figli di Eva alla vita della grazia, fosse da Gesù stesso proclamata Madre spirituale dell’intera umanità. Ben a ragione quindi, scrive di Lei Sant’Agostino: « Indubbiamente Ella è madre delle membra del Salvatore, che siamo noi, poiché con la sua carità ha cooperato affinché avessero la vita nella Chiesa i fedeli, che di quel Capo sono le membra ». – Non contento del dono incruento di sé, sotto le specie del pane e del vino, il Salvatore nostro Gesù Cristo vi volle aggiungere, come suprema testimonianza della sua profonda, infinita dilezione, il Sacrificio cruento della Croce. Così facendo, Egli dava l’esempio di quella sublime carità, che aveva indicato ai suoi discepoli come meta finale dell’amore con queste parole: « Nessuno ha un amore più grande di questo, di uno che dia la vita per i suoi amici »(75). Pertanto, l’amore di Gesù Cristo Figlio di Dio svela nel Sacrificio del Golgota, e nel modo più eloquente, l’amore stesso di Dio: « Da questo abbiamo conosciuto la carità di Dio, perché Egli ha dato la sua vita per noi, e così noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli »(76). E in realtà, il nostro divin Redentore è stato confitto al legno della Croce più dalla veemenza interiore del suo amore che dalla brutale violenza esterna dei suoi carnefici; e il suo volontario olocausto è il dono supremo che il suo Cuore ha fatto ad ogni singolo uomo, secondo la incisiva sentenza dell’Apostolo: « (Il) Figlio di Dio… mi ha amato e ha dato se stesso per me ». – Non vi può essere dunque alcun dubbio che il Cuore sacratissimo di Gesù, compartecipe così intimo della vita del Verbo Incarnato, e perciò assunto quasi a strumento congiunto della Divinità, non meno delle altre membra dell’umana natura nel compimento di tutte le sue opere di grazia e di onnipotenza, sia anche divenuto il simbolo legittimo di quella immensa carità, che spinse il Salvatore nostro a celebrare nel sangue il suo mistico matrimonio con la Chiesa: « Egli ha accettato la Passione, per l’ardente desiderio che aveva di unire a sé la Chiesa come sua Sposa ». La Chiesa, quindi, vera ministra del Sangue della Redenzione, è nata dal Cuore trafitto del Redentore; e dal medesimo è parimente sgorgata in sovrabbondante copia la grazia dei Sacramenti, che trasfonde nei figli della Chiesa la vita eterna, come ben ci ricorda la sacra Liturgia: « Dal Cuore trafitto nasce la Chiesa a Cristo congiunta… Tu, che dal Tuo Cuore fai sgorgare la grazia ». – Di questo simbolismo, non ignoto nemmeno agli antichi Padri e scrittori ecclesiastici, il Dottore Comune, facendosi loro fedele interprete, scrive: « Dal lato di Cristo sgorgano l’acqua, simbolo di spirituale abluzione, e il sangue, simbolo di redenzione. Perciò il sangue ben si addice al sacramento dell’Eucaristia; l’acqua, invece, al sacramento del Battesimo, che però mutua la sua virtù abluente dalla virtù del sangue di Cristo ». A questo simbolismo del lato di Cristo, trafitto ed aperto dalla lancia del soldato, non è certamente estraneo il suo Cuore stesso, che indubbiamente dovette essere raggiunto dal colpo violento, vibrato allo scopo di accertare la morte di Gesù Cristo crocifisso. Pertanto, la ferita del Cuore Sacratissimo di Gesù, ormai spirato, doveva rimanere nei secoli la vivida immagine di quella spontanea carità, che aveva indotto Dio stesso a dare il suo Unigenito per la redenzione degli uomini, e con la quale Cristo amò noi tutti con amore sì veemente, da offrirsi come vittima d’immolazione cruenta sul Calvario: « Cristo amò noi, e diede se stesso per noi, oblazione e sacrifizio a Dio, profumo di soave odore ». – Dopo che il Salvatore nostro ascese al cielo e si assise alla destra del Padre nello splendore della sua umanità glorificata, non ha cessato di amare la Chiesa, sua sposa, anche con quell’ardentissimo amore, che palpita nel suo Cuore. Egli, infatti, ascese al cielo recando nelle ferite delle mani, dei piedi e del costato i trofei luminosi della sua triplice vittoria: sul demonio, sul peccato e sulla morte; e recando altresì nel suo Cuore, come riposti in un preziosissimo scrigno, quegli immensi tesori di meriti, frutti del suo triplice trionfo, che adesso dispensa in larga copia al genere umano redento. È questa la verità consolante, di cui si fa assertore l’Apostolo delle genti, quando scrive: « Ascendendo in alto portò via schiava la schiavitù, dette donativi agli uomini… Il discendente è lo stesso che l’ascendente sopra tutti i cieli, affinché riempisse tutte le cose ». – La donazione dello Spirito Santo, fatta ai discepoli, è il primo segno perspicuo della munifica carità del Salvatore dopo la sua trionfale ascensione sino alla destra del Padre. Infatti, dopo dieci giorni lo Spirito Paraclito dato dal Padre discende su gli apostoli radunati nel Cenacolo, secondo che Gesù aveva promesso nell’Ultima Cena: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga in eterno con voi »(84). Il quale Spirito Paraclito, essendo l’Amore mutuo, personale, col quale il Padre ama il Figlio e il Figlio il Padre, da ambedue è inviato, e sotto il simbolo di lingue di fuoco investe gli animi dei discepoli con l’abbondanza della divina carità e degli altri celesti carismi.  Ma questa infusione di superna carità emana altresì dal Cuore del Salvatore nostro, « in cui sono riposti tutti i tesori della sapienza e della scienza ». – La carità divina, pertanto, è dono ad un tempo del Cuore di Gesù e del suo Spirito. A questo comune Spirito del Padre e del Figlio si devono in primo luogo e l’origine della Chiesa e la sua mirabile propagazione in mezzo a tutte le genti pagane, prima dominate dall’idolatria, dall’odio fraterno, dalla corruzione dei costumi e dalla violenza. È la carità divina, dono preziosissimo del Cuore di Cristo e del suo Spirito, che ha ispirato agli Apostoli e ai Martiri la fortezza eroica nel predicare e testimoniare la verità del Vangelo sino all’effusione del sangue; ai Dottori della Chiesa lo zelo ardente per la chiarificazione e la difesa della fede cattolica; ai Confessori la pratica delle più elette virtù e il compimento delle imprese più utili e più ammirabili, proficue alla propria santificazione e alla salute spirituale e corporale del prossimo; alle Vergini, infine, la rinunzia pronta e gioconda a tutte le delizie dei sensi, allo scopo di consacrarsi unicamente all’amore del celeste Sposo. È a questa divina carità, che ridondando dal Cuore del Verbo Incarnato si riversa per opera dello Spirito Santo negli animi di tutti i credenti, che l’Apostolo delle genti scioglie quell’inno di vittoria, che celebra in pari tempo il trionfo di Gesù Cristo Capo e dei membri del suo Mistico Corpo su quanto ostacola l’instaurazione del Regno Divino dell’amore fra gli uomini: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? la tribolazione o l’angoscia o la fame o la nudità, o il pericolo, o la persecuzione, o la spada?… Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori per opera di Colui che Ci ha amato. Poiché io son persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né virtù, né cose attuali né future, né potestà, né altezza, né profondità, né alcun altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù Signor Nostro ». – Nulla dunque ci vieta di adorare il Cuore sacratissimo di Gesù, in quanto è compartecipe e il simbolo più espressivo di quella inesausta carità, che il Divin Redentore nutre tuttora per il genere umano. Esso, infatti, benché non sia più soggetto ai turbamenti della vita presente, è sempre vivo e palpitante, e in modo indissolubile è unito alla Persona del Verbo di Dio e, in essa e per essa, alla divina sua volontà. – Perciò, essendo il Cuore di Cristo ridondante di amore divino ed umano, e ricolmo dei tesori di tutte le grazie, conquistati dal Redentore nostro con i meriti della sua vita, delle sue sofferenze e della sua morte, è senza dubbio la sorgente di quella perenne carità, che il suo Spirito diffonde in tutte le membra del suo Corpo Mistico. – Nel Cuore pertanto del Salvatore nostro vediamo in qualche modo riflessa l’immagine della divina Persona del Verbo, come pure l’immagine della sua duplice natura, l’umana cioè e la divina; e vi possiamo ammirare non soltanto il simbolo ma anche, per così dire, la sintesi di tutto il mistero della nostra redenzione. Adorando il Cuore sacratissimo di Gesù in esso e per esso noi adoriamo sia l’amore increato del Verbo Divino, sia il suo amore umano con tutti gli altri suoi affetti e virtù, poiché e quello e questo spinsero il nostro Redentore ad immolarsi per noi e per tutta la Chiesa sua Sposa, conforme alla sentenza dell’Apostolo «Cristo amò la Chiesa e diede se stesso per lei al fine di santificarla, purificandola col lavacro dell’acqua mediante la parola di vita, per far comparire davanti a sé, gloriosa, la Chiesa, affinché sia senza macchia, senza ruga o altra cosa siffatta, ma anzi santa e immacolata ». – Come Cristo ha amato la Chiesa, così Egli l’ama tuttora intensamente con quel triplice amore, di cui abbiamo parlato; ed è appunto questo amore che lo stimola a farsi nostro avvocato, per conciliarci dal Padre grazia e misericordia, « essendo sempre vivo, sì da poter intercedere in nostro favore »(89). La preghiera che erompe dal suo inesauribile amore, diretta al Padre, non soffre alcuna interruzione. – Come « nei giorni della sua vita nella carne »(90), così ora ch’è trionfante nei Cieli, Egli supplica il Padre con non minore efficacia; ed a Colui, che « ha talmente amato il mondo da dare il suo Figliuolo unigenito, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna ». Egli mostra il suo Cuore vivo e ferito dall’amore, ben più profondamente che non lo sia stato, ormai esanime, dal colpo di lancia del soldato romano: « Per questo è stato trafitto [il tuo Cuore] affinché, attraverso la ferita visibile, vedessimo la ferita invisibile dell’amore ». – Non vi può essere dunque alcun dubbio che, supplicato da tanto Avvocato e con sì veemente amore, il Padre celeste, « che non risparmiò il proprio Figlio, ma per tutti noi lo diede »(93), profonderà incessantemente su tutti gli uomini le sue grazie divine.

IV

Abbiamo voluto, Venerabili Fratelli, proporre alla considerazione vostra e del popolo cristiano, nelle sue linee generali, l’intima natura e le perenni ricchezze del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, richiamandoci alla dottrina della divina rivelazione, come alla sua primaria sorgente. Siamo pertanto convinti che queste Nostre riflessioni, dettateci dall’insegnamento stesso del Vangelo, abbiano chiaramente mostrato come questo culto s’identifichi, in sostanza, col culto all’amore divino e umano del Verbo Incarnato e, anche, col culto all’amore stesso che anche il Padre e lo Spirito Santo nutrono verso gli uomini peccatori. Poiché,  come osserva l’Angelico Dottore, la carità delle Tre Divine Persone sta al principio e alle origini del mistero dell’umana Redenzione, in quanto, influendo essa potentemente sulla volontà umana di Gesù Cristo, e ridondando quindi nel suo Cuore adorabile, gli ispirò un identico amore, che l’indusse a dare generosamente il suo Sangue, affinché ci riscattasse dalla servitù del peccato(94): « Io devo ancora essere battezzato con un battesimo, e come sono angustiato finché esso non si compia! ». – È per altro Nostra persuasione che il culto tributato all’amore di Dio e di Gesù Cristo verso il genere umano attraverso il simbolo augusto del Cuore trafitto del Redentore, non sia mai stato completamente assente dalla pietà dei fedeli, benché abbia avuto la sua chiara manifestazione e la sua mirabile propagazione nella Chiesa in tempi da noi non molto remoti, soprattutto dopo che il Signore stesso si degnò di scegliere alcune anime predilette, cui svelò i segreti divini di questo culto e che Egli elesse a messaggere del medesimo, dopo averle ricolmate in gran copia di grazie speciali. Sempre, infatti, vi sono state anime sommamente a Dio devote, le quali, ispirandosi agli esempi dell’eccelsa Madre di Dio, degli Apostoli e di illustri Padri della Chiesa, hanno tributato all’Umanità santissima di Cristo, e in modo speciale alle Ferite, aperte nel suo corpo dai tormenti della salutifera Passione, il culto di adorazione, di riconoscenza e di amore. – Del resto, come non riconoscere nelle parole stesse: « Signore mio e Dio mio! » pronunziate dall’Apostolo Tommaso e rivelatrici della sua improvvisa trasformazione da incredulo in fedele, un’aperta professione di fede, di adorazione e di amore, che dall’umanità piagata del Salvatore si elevava sino alla maestà della Divina Persona? – Se però il Cuore trafitto del Redentore dovette sempre esercitare un potente stimolo al culto verso il suo amore infinito per il genere umano, poiché per i cristiani di tutti i tempi hanno valore le parole del profeta Zaccaria, riferite al Crocifisso dall’evangelista San Giovanni: «Vedranno Chi hanno trafitto »(97), è doveroso tuttavia riconoscere che soltanto gradualmente esso venne fatto oggetto di un culto speciale, come immagine dell’amore umano e divino del Verbo Incarnato. Volendo ora soltanto accennare alle tappe gloriose percorse da questo culto nella storia della pietà cristiana, occorre anzitutto ricordare i nomi di alcuni di coloro, che ben si possono considerare come gli antesignani di questa devozione; la quale in forma privata, ma in modo graduale sempre più vasto, andò diffondendosi in seno agli istituti religiosi. Così, ad esempio, sono benemeriti del sorgere e dell’espandersi del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù: San Bonaventura, Sant’Alberto Magno, Santa Geltrude, Santa Caterina da Siena, il Beato Enrico Susone, San Pietro Canisio, San Francesco di Sales. A San Giovanni Eudes si deve la composizione del primo ufficio liturgico in onore del Cuore Sacratissimo di Gesù, la cui festa solenne fu per la prima volta celebrata, col beneplacito di molti Vescovi della Francia, il 20 ottobre 1672. – Ma fra tutti i promotori di questa nobilissima devozione merita di essere posta in speciale rilievo Santa Margherita Maria Alacoque, poiché al suo zelo, illuminato e coadiuvato da quello del suo direttore spirituale, il Beato Claudio de la Colombière, si deve indubbiamente se questo culto, già così diffuso, ha raggiunto lo sviluppo che desta oggi l’ammirazione dei fedeli cristiani, e ha rivestito le caratteristiche di omaggio di amore e di riparazione, che lo distinguono da tutte le altre forme della pietà cristiana. – Basta questo rapido sguardo ai primordi e al graduale sviluppo del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, per renderci pienamente convinti che il suo mirabile progresso è dovuto anzitutto al fatto che esso fu trovato in tutto conforme all’indole della Religione cristiana, che è la Religione dell’amore. Tale culto, quindi, non può dirsi originato da rivelazioni private, né si deve pensare che esso sia apparso quasi all’improvviso nella vita della Chiesa; ma esso è scaturito spontaneamente dalla viva fede e dalla fervida pietà, che anime elette nutrivano verso la persona del Redentore e verso quelle sue gloriose ferite, che ne testimoniano nel modo più eloquente l’amore immenso dinanzi allo spirito contemplativo dei fedeli. – Pertanto, le rivelazioni, di cui fu favorita Santa Margherita Maria, non aggiunsero alcuna nuova verità alla dottrina cattolica. Ma la loro importanza consiste in ciò che il Signore — mostrando il suo Cuore Sacratissimo — in modo straordinario e singolare si degnò di attrarre le menti degli uomini alla contemplazione e alla venerazione dell’amore misericordiosissimo di Dio per il genere umano. Infatti, mediante una così eccezionale manifestazione Gesù Cristo espressamente e ripetutamente indicò il suo Cuore come un simbolo quanto mai atto a stimolare gli uomini alla conoscenza e alla stima del suo amore; ed insieme lo costituì quasi segno ed arra di misericordia e di grazia per i bisogni spirituali della Chiesa nei tempi moderni. – Del resto, una prova evidente che questo culto trae la sua linfa vitale dalle radici stesse del dogma cattolico è resa dal fatto che l’approvazione della festa liturgica da parte della Sede Apostolica ha preceduto quella degli scritti di Santa Margherita Maria; in realtà, indipendentemente da ogni rivelazione privata, ma soltanto assecondando i voti dei fedeli, la Sacra Congregazione dei Riti, con decreto emanato il 25 gennaio dell’anno 1765 e approvato dal Nostro Predecessore Clemente XIII il 6 febbraio dello stesso anno, concedeva all’Episcopato della Polonia e all’Arciconfraternita Romana del Sacro Cuore la facoltà di celebrare la festa liturgica; col quale atto la Santa Sede volle che prendesse nuovo incremento un culto già vigente e florido, il cui scopo era quello di « ravvivare simbolicamente il ricordo dell’amore divino », che aveva indotto il Salvatore a farsi vittima di espiazione per i peccati degli uomini. – A questo primo riconoscimento ufficiale, dato sotto forma di privilegio e in misura limitata, un altro ne seguì a distanza quasi di un secolo, di importanza molto maggiore. Intendiamo parlare del decreto, già sopra menzionato, emanato dalla Sacra Congregazione dei Riti il 23 agosto dell’anno 1856, con il quale il Nostro Predecessore Pio IX, di imm. mem., accogliendo i voti dei Vescovi della Francia e di quasi tutto il mondo cattolico, estendeva alla Chiesa intera la festa del Cuore Sacratissimo di Gesù, e  ne prescriveva la degna celebrazione liturgica. – Data questa veramente meritevole di essere raccomandata al perenne ricordo dei fedeli, poiché, come ben si fa rilevare nella liturgia stessa di tale festività: « Da quel giorno il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, simile a un fiume ridondante, superati tutti gli ostacoli, si sparse per tutto il mondo cattolico ». Da quanto siamo venuti esponendo appare evidente, Venerabili Fratelli, che è nei testi della Sacra Scrittura, della Tradizione e della Sacra Liturgia, che i fedeli devono studiarsi principalmente di scoprire le sorgenti limpide e profonde del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, se desiderano penetrarne l’intima natura e trarre dalla pia meditazione intorno ad essa alimento ed incremento del loro religioso fervore. Grazie a questa assidua e altamente luminosa meditazione l’anima fedele non potrà non giungere a quella soave conoscenza della carità di Cristo, nella quale è riposta la pienezza della vita cristiana, come, edotto dalla propria esperienza, insegna l’Apostolo quando scrive: « In vista di ciò io piego le ginocchia davanti al Padre del Signor nostro Gesù Cristo… affinché dia a voi, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere per mezzo dello Spirito di lui fortemente corroborati nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo dimori nei vostri cuori per mezzo della fede, e voi radicati e fortificati in amore siate resi capaci… di intendere anche quest’amore di Cristo che sorpassa ogni scienza, affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio ». Di questa universale pienezza di Dio è appunto immagine splendidissima il Cuore stesso di Gesù Cristo: pienezza, cioè, di misericordia, propria della Nuova Alleanza, nella quale « apparvero la benignità e la filantropia del Salvatore nostro Dio »(102), poiché: « Dio non ha mandato il Figliuol suo nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui ». Fu dunque costante persuasione della Chiesa, maestra agli uomini di verità, fin da quando emanò i suoi primi atti ufficiali ricordanti il culto del Cuore Sacratissimo di Gesù, che gli elementi essenziali di esso, cioè gli atti di amore e di riparazione tributati all’amore infinito di Dio verso gli uomini, lungi dall’essere inquinati di materialismo e di superstizione, costituiscono una forma di pietà, in cui si attua perfettamente il culto quanto mai spirituale e veritiero, preannunziato dal Salvatore stesso nel suo colloquio con la donna samaritana: «Viene l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità, ché tali sono appunto gli adoratori che il Padre domanda. Iddio è spirito, e quelli che lo adorano lo devono adorare in ispirito e verità ». – Non è pertanto giusto dire che la contemplazione del cuore fisico di Gesù impedisce il contatto più intimo con l’amore di Dio e che essa ritarda il progresso dell’anima sulla via che conduce al possesso delle più eccelse virtù. La Chiesa respinge senz’altro questo falso misticismo, come, per bocca del Nostro Predecessore Innocenzo XI di fel. mem., ha condannato la dottrina di coloro che asserivano: « Non devono (le anime di questa via interna) compiere atti di amore verso la beata Vergine, i Santi o l’umanità di Cristo; poiché, essendo tali oggetti sensibili, anche l’amore che ad essi si porta è sensibile. Nessuna creatura, e nemmeno la beata Vergine e i Santi, devono albergare nel nostro cuore: perché solo Dio lo vuole occupare e possedere ». – Coloro che così pensano, sono naturalmente del parere che il simbolismo del Cuore di Cristo non si estenda oltre la significazione del suo amore sensibile e che quindi non possa costituire un nuovo fondamento del culto di latria, ch’è riservato soltanto a ciò che è essenzialmente divino. Ora, una simile concezione del valore simbolico delle sacre immagini deve apparire ad ognuno del tutto falsa, perché essa ne coarta a torto il trascendente significato. Diversamente da costoro, giudicano e insegnano i teologi cattolici di cui esprime la comune sentenza San Tommaso quando scrive: « Alle immagini vien tributato il culto religioso, non secondo la considerazione loro assoluta, in quanto cioè sono delle realtà a sé: ma in quanto sono immagini che ci conducono fino a Dio incarnato. Ora il movimento dell’animo che ha per oggetto l’immagine, in quanto è immagine, non si arresta ad essa, ma tende fino all’oggetto da essa rappresentato. Perciò, per il fatto che alle immagini di Cristo è tributato il culto religioso, non risulta un culto di latria essenzialmente diverso, né una distinta virtù di religione ». È dunque alla Persona stessa del Verbo Incarnato che termina il culto relativo tributato alle sue immagini, siano queste le reliquie della Passione, o il simulacro che tutte le vince per valore espressivo, cioè il Cuore trafitto di Cristo crocifisso. – Dall’elemento quindi corporeo, che è il Cuore di Gesù Cristo, e dal suo naturale simbolismo è per noi legittimo e doveroso ascendere, sorretti dalle ali della fede, non soltanto alla contemplazione del suo amore sensibile, ma ancora più in alto, fino alla considerazione e all’adorazione del suo eccellentissimo amore infuso; finalmente, con un’ultima dolce e più sublime ascesa, elevarci sino alla meditazione e all’adorazione dell’Amore divino del Verbo Incarnato. Alla luce, infatti, della fede, per la quale crediamo che nella Persona di Cristo esiste il connubio tra la natura umana e la divina, la nostra mente è resa idonea a concepire gli strettissimi vincoli che esistono tra l’amore sensibile del cuore fisico di Gesù e il suo duplice amore spirituale, l’umano e il divino. In realtà, questi amori non devono semplicemente considerarsi come coesistenti nell’adorabile Persona del Divin Redentore, ma anche come tra loro congiunti con vincolo naturale, in quanto all’amore divino sono subordinati l’umano spirituale e il sensibile, e questi due ultimi riflettono in se medesimi la somiglianza analogica del primo. Non si pretende perciò di vedere e di adorare nel Cuore di Gesù l’immagine così detta formale, cioè il segno proprio e perfetto del suo amore divino, non essendo possibile che l’intima essenza di questo sia adeguatamente rappresentata da qualsiasi immagine creata; ma il fedele, venerando il Cuore di Gesù, adora insieme con la Chiesa il simbolo e quasi il vestigio della Carità divina, la quale si è spinta fino ad amare anche col cuore del Verbo Incarnato il genere umano, contaminato da tante colpe. – È necessario quindi tener sempre presente in questo così importante ma altrettanto delicato argomento, che la verità del simbolismo naturale, in virtù della quale il Cuore fisico di Gesù entra in un nuovo rapporto con la Persona del Verbo, riposa tutta sulla verità primaria dell’unione ipostatica; intorno a cui non si può nutrire alcun dubbio, se non si vogliono rinnovare gli errori, più volte dalla Chiesa condannati, perché contrari all’unità di Persona in Cristo, nella distinzione e integrità delle due nature. – Tale fondamentale verità ci fa comprendere come il Cuore di Cristo sia il cuore di una persona divina, cioè del Verbo Incarnato, e che pertanto rappresenta tutto l’amore che Egli ha avuto ed ha ancora per noi. È proprio per questa ragione che il culto da tributarsi al Cuore Sacratissimo di Gesù è degno di essere stimato come la professione pratica di tutto il Cristianesimo. La religione cristiana, infatti, essendo la religione di Gesù, è tutta imperniata su l’Uomo-Dio Mediatore, così che non si può giungere al Cuore di Dio se non passando per il Cuore di Cristo, conforme a quanto Egli ha affermato: « Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me ». – Ciò presupposto, è facile concludere che il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù non è in sostanza che il culto dell’amore che Dio ha per noi in Gesù, ed è insieme la pratica del nostro amore verso Dio e verso gli altri uomini. In altre parole, tale culto si propone l’amore di Dio come oggetto di adorazione, di azione di grazie e di imitazione; ed inoltre considera la perfezione del nostro amore per Iddio e per il prossimo come la meta da raggiungere mediante la pratica sempre più generosa del comandamento nuovo, lasciato dal Divino Maestro agli Apostoli quasi in sacra eredità, allorché disse loro: « Io vi dò il comandamento nuovo: Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi… Ecco il mio comandamento: Amatevi scambievolmente, come io ho amato voi ». Comandamento veramente nuovo e proprio di Cristo, poiché, come osserva l’Aquinate: « La differenza tra il Nuovo e il Vecchio Testamento e tutta sommata in una breve parola; come infatti è detto in Geremia: “ Io stringerò con la casa di Israele una nuova alleanza ”. Che poi anche nell’Antico Testamento si praticasse tale comandamento sotto l’impulso di un timore e di un amore santo, è da attribuirsi all’influsso del Nuovo Testamento: perciò è vero che questo comandamento esisteva nell’antica legge, non però come sua prerogativa, ma piuttosto come preludio e preparazione della nuova »-

V

Prima di por fine a così belle e consolanti riflessioni sull’autentica natura e singolare eccellenza del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, Noi, pienamente consapevoli dell’ufficio Apostolico affidato per la prima volta al Beato Pietro, dopo che questi ebbe reso al Salvatore divino una triplice professione di amore, crediamo opportuno rivolgere a voi nuovamente, Venerabili Fratelli, e per mezzo vostro a quanti stimiamo Nostri dilettissimi figli in Cristo, una parola di esortazione, affinché vi studiate di promuovere questa eccellentissima devozione, dalla quale attendiamo copiosissimi frutti spirituali anche per i nostri tempi. – In realtà, se gli argomenti, sui quali si fonda il culto tributato al Cuore trafitto di Gesù, saranno debitamente ponderati, dovrà ad ognuno apparir manifesto che non si tratta di una qualsiasi pratica di pietà, che sia lecito posporre ad altre o tenere in minor conto, ma di una forma di culto sommamente idoneo al raggiungimento della perfezione cristiana. Poiché, se « la devozione — secondo il suo concetto teologico tradizionale, espresso dall’Angelico Dottore — non sembra essere altro che la pronta volontà di dedicarsi a quanto riguarda il servizio di Dio », quale servizio di Dio più obbligatorio e più necessario si può immaginare ed in pari tempo più nobile, e dolce, del servizio reso al suo amore? E quale servizio si può inoltre pensare più gradito ed accetto a Dio di quello che consiste nell’omaggio alla carità divina, e che vien reso per amore, dal momento che ogni servizio reso liberamente è, in un certo senso, un dono, e « l’amore costituisce il primo dono, fonte di ogni donazione gratuita »? – È degna dunque di essere tenuta in grande onore quella forma di culto, grazie alla quale l’uomo è in grado di onorare ed amare maggiormente Dio e di consacrarsi più facilmente e prontamente al servizio della divina carità; tanto più, poi, se si tiene presente che il Redentore stesso si è degnato di proporla e di raccomandarla al popolo cristiano, e i Sommi Pontefici con atti memorandi l’hanno ricolmata di grandi lodi. Farebbe pertanto cosa temeraria e perniciosa, nonché offensiva per Iddio, chiunque nutrisse minore stima per un così insigne beneficio elargito da Gesù Cristo alla sua Chiesa. – Stando così le cose, non vi può essere alcun dubbio per i fedeli, che, tributando il loro ossequio al Cuore Sacratissimo del Redentore, essi soddisfano in pari tempo al dovere gravissimo che hanno di servire Dio e di consacrare al loro Creatore e Redentore se stessi e tutta la propria attività, sia interna che esterna, e in tal modo mettono in pratica il precetto divino: « Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza »(113). Così facendo, i fedeli sono altresì sicuri di non avere come principale motivo della loro consacrazione al servizio divino alcun vantaggio personale corporale o spirituale, temporale o eterno, ma la bontà stessa di Dio, cui procurano di rendere ossequio con atti di amore, di adorazione e di debite azioni di grazie. Se così non fosse, il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù non risponderebbe più all’indole genuina della religione cristiana, poiché allora l’uomo non avrebbe in tale culto soprattutto di mira l’ossequio da rendere all’amore di Dio; e pertanto dovrebbero essere ritenute come giuste le accuse di eccessivo amore e di troppa sollecitudine di se medesimi, mosse a coloro che mal comprendono o meno rettamente praticano una forma di devozione di per sé nobilissima. – Si deve ritenere da tutti fermamente che il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù non consiste principalmente in devote pratiche esteriori, né esso deve essere ispirato anzitutto dalla speranza di propri vantaggi, poiché anche questi benefici il Salvatore divino li ha assicurati  mediante private promesse, affinché gli uomini fossero spinti a compiere con maggior fervore i principali doveri della Religione Cattolica e per ciò stesso provvedessero nel modo migliore al proprio spirituale vantaggio. – Sproniamo dunque tutti i Nostri dilettissimi figli in Cristo a praticare con fervore questa devozione, sia coloro che già sono assuefatti ad attingere le acque salutari che sgorgano dal Cuore del Redentore, sia specialmente coloro che, a guisa di spettatori, stanno tuttora osservando con animo curioso ed esitante questo consolante spettacolo. Riflettano essi attentamente — che si tratta di un culto, come abbiamo sopra fatto osservare, che già da molto tempo si è diffuso nella Chiesa e che affonda profondamente le sue radici nelle pagine stesse del Vangelo; di un culto, che ben si accorda con l’insegnamento della Tradizione e della sacra Liturgia e che gli stessi Romani Pontefici hanno esaltato con molteplici ed altissime lodi. Né si contentarono essi di istituire la festa in onore del Cuore augustissimo del Redentore e di estenderla alla Chiesa universale, ma si fecero inoltre gli autori della solenne consacrazione di tutto il genere umano al Sacratissimo Cuore. Infine, giova riflettere che questo culto ha in suo favore una messe di copiosissimi e allietanti frutti spirituali che ne sono derivati alla Chiesa, cioè: innumerevoli ritorni di anime alla pratica della religione cristiana, rinvigorimento della fede in molti spiriti, più intima unione dei fedeli col nostro amabilissimo Redentore; tutti questi frutti, soprattutto in questi ultimi decenni, sono apparsi in una forma esuberante e commovente. – Nel contemplare un sì meraviglioso spettacolo costituito dalla pietà sempre più estesa e fervorosa di ogni ceto dei fedeli cristiani verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, l’animo Nostro si sente indubbiamente ricolmo di ineffabile conforto; e, dopo aver reso le dovute grazie al Redentore nostro per i tesori infiniti della sua bontà, non possiamo tralasciare di esprimere la Nostra paterna compiacenza a tutti coloro, sia del clero che del laicato, che hanno cooperato efficacemente all’incremento di questo culto. – Ma, Venerabili Fratelli, nonostante che la devozione verso il Cuore Sacratissimo di Gesù abbia prodotto copiosi frutti di spirituale rinnovamento nella vita cristiana, a nessuno può sfuggire che la Chiesa militante in questo mondo, e soprattutto l’umano consorzio, non ha raggiunto quella perfezione morale, che risponda ai voti e ai desideri manifestati da Gesù Cristo, Mistico Sposo della Chiesa e Redentore del genere umano. Non pochi, infatti, sono i figli della Chiesa che ne deturpano con numerose macchie e rughe quel volto, che in se medesimi riflettono; non tutti i fedeli cristiani risplendono per santità di costumi, cui tuttavia sono divinamente chiamati; non tutti i peccatori sono ritornati alla casa paterna, per ivi rivestire la veste più bella e ricevere l’anello, simbolo della propria fedeltà allo sposo dell’anima loro; non tutti gli infedeli sono stati inseriti come membra nel Corpo Mistico di Cristo. Né ciò basta. Poiché, se da un lato il Nostro animo è vivamente addolorato dallo spettacolo della tiepidezza dei buoni, sedotti dai falsi amori del secolo che raffreddano e finalmente estinguono la fiamma della divina carità nei loro cuori, dall’altro è ancor più rattristato nel rimirare le macchinazioni degli uomini empi, i quali, più che per il passato, sembrano eccitati dal nemico stesso infernale nel loro implacabile ed aperto odio contro Dio, contro la Chiesa, e specialmente contro Colui, che del Divin Redentore è sulla terra il legittimo Vicario e il rappresentante della sua carità presso gli uomini,  secondo la ben nota sentenza del Vescovo e Dottore della Chiesa di Milano: «(Pietro) è infatti interrogato su ciò di cui gli altri potevano dubitare, ma il Signore non dubita; il quale interroga non per imparare, ma per insegnare a colui che, devono Egli salire al Cielo, lasciava a noi come vicario del suo amore ». – In verità, l’odio contro Dio e contro i suoi legittimi rappresentanti è il delitto più nefando di cui si possa macchiare l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio e destinato al godimento della sua perfetta e perenne amicizia in cielo; è, infatti, nell’odio contro Dio che si ha la massima avversione dell’uomo dal Sommo Bene; egli viene spinto ad allontanare da sé e dai suoi simili tutto ciò che viene da Dio, con Dio unisce, e al godimento di Dio conduce: la verità, la virtù, la pace, la giustizia. – Orbene, nel vedere che, purtroppo, il numero di coloro che si professano nemici di Dio va oggi crescendo, e che i princìpi del materialismo teorico e pratico si vanno spargendo sempre di più; dinanzi allo spettacolo dell’esaltazione delle cupidigie più sfrenate, come meravigliarsi che si vada raffreddando nell’animo di molti la carità, la quale ben sappiamo essere la legge suprema della Religione Cristiana, il fondamento solidissimo della vera e perfetta giustizia, la sorgente sovrana della pace e delle caste delizie? Del resto, il Salvatore stesso ha ammonito: «Per il moltiplicarsi delle iniquità si raffredderà la carità di molti ». Dinanzi allo spettacolo di tanti mali, che oggi, più che nel passato, travagliano individui, famiglie, nazioni e il mondo intero, dove mai Venerabili Fratelli, cercheremo il rimedio? Si potrà forse trovare una devozione più eccellente del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, più conforme all’indole propria della Religione Cattolica, più idonea a soddisfare le odierne necessità spirituali della Chiesa e del genere umano? Ma, quale atto di omaggio religioso più nobile, più dolce, più salutare del culto sullodato, dal momento che esso è tutto rivolto alla stessa carità di Dio? Infine, quale stimolo più potente della carità di Cristo — che la pietà verso il Cuore Sacratissimo di Gesù fomenta ed accresce — per spingere i fedeli alla perfetta osservanza della legge evangelica, senza la quale, come ammoniscono saggiamente le parole dello Spirito Santo: «Opera della giustizia sarà la pace », non è possibile instaurare la vera pace tra gli uomini? Pertanto, seguendo l’esempio del Nostro immediato Predecessore, piace anche a noi di rivolgere a tutti i Nostri dilettissimi figli in Cristo le parole ammonitrici, con le quali Leone XIII, di imm. mem., al tramonto del secolo scorso, esortava tutti i fedeli cristiani e quanti sono sinceramente solleciti della propria salvezza e di quella della civile società: « Ecco che oggi si offre agli sguardi un altro consolantissimo e divinissimo segno, vale a dire: il Cuore sacratissimo di Gesù… rilucente di splendissimo candore in mezzo alle fiamme. In esso sono da collocarsi tutte le speranze: da esso è da implorare ed attendere la salvezza dell’umanità ». – È altresì vivissimo Nostro desiderio che quanti si gloriano del nome di Cristiani e intrepidamente combattono per stabilire il Regno di Cristo nel mondo, stimino l’omaggio di devozione al Cuore di Gesù come vessillo di unità, di salvezza e di pace. E, però, nessuno pensi che con tale ossequio venga arrecato alcun pregiudizio alle altre forme di pietà, con le quali il popolo cristiano, sotto l’alta direzione della Chiesa, onora il Redentore divino. Al contrario, una fervida devozione verso il Cuore di Gesù alimenterà e promuoverà specialmente il culto alla sacratissima Croce, come pure l’amore verso l’augustissimo Sacramento dell’altare. E in verità possiamo asserire — ciò che del resto è anche mirabilmente illustrato dalle rivelazioni, di cui Gesù Cristo volle favorire Santa Geltrude e Santa Margherita Maria — che nessuno capirà davvero il Crocifisso, se non penetra nel suo Cuore. Né si potrà facilmente comprendere l’amore che ha spinto il Salvatore a farsi nostro spirituale alimento, se non coltivando una speciale devozione verso il Cuore Eucaristico di Gesù, il quale ci ricorda appunto, come ben si esprimeva il Nostro Predecessore di fel. mem. Leone XIII, « l’atto di suprema dilezione col quale il Nostro Redentore, profondendo tutte le ricchezze del suo Cuore allo scopo di stabilire tra noi la sua dimora sino alla fine dei secoli istituì l’adorabile Sacramento dell’Eucaristia ». E, infatti, « l’Eucaristia non è da stimarsi una particella minima del suo Cuore, tanto grande essendo stato l’amore del suo Cuore, col quale ce l’ha donata ». – Finalmente, mossi dal veemente desiderio di opporre validi presidii contro le empie macchinazioni dei nemici di Dio e della Chiesa, come pure di ricondurre sul sentiero dell’amore di Dio e del prossimo famiglie e nazioni, non esitiamo a proporre la devozione al Cuore Sacratissimo di Gesù come la scuola più efficace della divina carità. Su questa carità divina deve poggiare, come su solido fondamento, quel Regno di Dio che occorre stabilire nelle coscienze dei singoli uomini, nella società domestica e nelle nazioni, secondo il sapientissimo ammonimento del sullodato Nostro Predecessore di pia mem.: « Il regno di Gesù Cristo trae forza e bellezza dalla carità divina: amare santamente e ordinatamente è il suo fondamento e il suo fastigio. Da ciò derivano necessariamente le seguenti norme: adempiere inviolabilmente i propri doveri; non far ingiustizia ad alcuno; stimare i beni umani come inferiori ai divini; anteporre l’amor di Dio a tutte le cose ».

Affinché poi il culto verso il Cuore augustissimo di Gesù porti più copiosi frutti di bene nella famiglia cristiana e in tutta l’umana società, si facciano un dovere i fedeli di associarvi intimamente la devozione al Cuore Immacolato della Genitrice di Dio. È infatti sommamente conveniente che, come Dio ha voluto associare indissolubilmente la Beatissima Vergine Maria a Cristo nel compimento dell’opera dell’umana Redenzione, in guisa che la nostra salvezza può ben dirsi frutto della carità e delle sofferenze di Gesù Cristo, cui erano strettamente congiunti l’amore e i dolori della Madre sua; così il popolo cristiano, che da Cristo e da Maria ha ricevuto la vita divina, dopo aver tributato i dovuti omaggi al Cuore Sacratissimo di Gesù, presti anche al Cuore amantissimo della celeste Madre consimili ossequi di pietà, di amore, di gratitudine e di riparazione. È in armonia con questo sapientissimo e soavissimo disegno della Provvidenza divina che Noi stessi volemmo solennemente dedicare e consacrare la santa Chiesa ed il mondo intero al Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria. – E poiché nel corso di quest’anno, come abbiamo più sopra accennato, si compie felicemente un secolo da quando, per disposizione del Nostro Predecessore di fel. mem. Pio IX, la Festa del Cuore Sacratissimo di Gesù si celebra in tutta la Chiesa, è desiderio Nostro vivissimo, Venerabili Fratelli, che questa centenaria ricorrenza sia ricordata dal popolo cristiano, dovunque e solennemente con pubblici omaggi di adorazione, di ringraziamento e di riparazione da offrirsi al Cuore divino di Gesù. Queste manifestazioni poi di cristiano giubilo e di cristiana pietà dovranno indubbiamente essere celebrate con specialissimo fervore — in comunione, tuttavia, di carità e di preghiera con i fedeli della Chiesa universale — in quella Nazione, nella quale, non senza un arcano disegno di Dio, ebbe i natali la santa Vergine che fu promotrice e aralda infaticabile di questa devozione. Frattanto, confortati da soavissima speranza e già pregustando con l’animo quei frutti spirituali che, come confidiamo, deriveranno copiosi alla Chiesa dal culto al Cuore Sacratissimo di Gesù — purché sia rettamente compreso e fervidamente praticato, conformemente a quanto abbiamo esposto, — innalziamo supplichevoli preci a Dio, affinché si degni di assecondare questi ardentissimi Nostri voti col valido sostegno delle sue grazie; ed esprimiamo altresì il voto che, col favore dell’Altissimo, la pietà dei fedeli verso il Cuore Sacratissimo di Gesù ritragga dalle celebrazioni di quest’anno un sempre maggiore incremento e più ampiamente si espanda su tutti nel mondo intero il soavissimo suo impero e regno: « regno di verità e di vita; regno di santità e di grazia; regno di giustizia, di amore e di pace ». – Quale auspicio poi di questi doni celesti, sia a voi personalmente, Venerabili Fratelli, sia al clero e a tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali, e particolarmente a coloro che si studiano con ogni mezzo di promuovere ed accrescere il culto verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, impartiamo con tutta l’effusione dell’animo l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 15 del mese di maggio 1956, nel diciottesimo anno del Nostro Pontificato.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.