ASCENSIONE

ASCENSIONE

Et cum hæc dixisset, videntibus illis, elevatus est: et nubes suscepit eum ab oculis eorum. Cumque intuerentur in cælum euntem illum, ecce duo viri astiterunt juxta illos in vestibus albis, Qui et dixerunt: Viri Galilæi, quid statis aspicientes in cælum? Hic Jesus, qui assumptus est a vobis in cælum, sic veniet quemadmodum vidistis eum euntem in cælum. [Act. I, 9-11.]

 “… Perciò i beatissimi Apostoli e tutti i discepoli, ch’erano sgomenti per la morte (di Gesù) sulla croce ed avevano esitato sulla fede nella sua risurrezione, furono talmente confermati dall’evidenza della verità, che, lungi dall’essere rattristati al vedere il Signore ascendere nelle altezze dei cieli, furono al contrario ripieni di grande gioia. E certo, c’era là una grande ed ineffabile causa di gioia, allorquando in presenza di questa santa moltitudine, una natura umana s’innalzava al di sopra della dignità di tutte le creature celesti, per sorpassare gli ordini Angelici, per essere elevata più alto degli Arcangeli, e non arrestarsi nelle sue elevazioni sublimi che allorquando, ricevuta nella dimora dell’eterno Padre, ella sarebbe associata al trono e alla gloria di colui alla natura del quale si trovava già unita nel Figlio.”

[S. Leone Papa, Sermon. 1 de Ascensione Domini]

[J.-J- Gaume: “Catechismo di perseveranza”, Torino, 1881 – vol. IV]

I. Ascensione. — Abbiamo veduto il Figlio di Dio sceso dal cielo nascere, vivere e morir per redimere e restaurare l’opera propria, danneggiata dal peccato originale. Erano quaranta giorni dacché il divino Riparatore aveva provato ai più increduli la propria risurrezione. Per riposarsi dai patimenti della sua umanità, egli avrebbe potuto rimanere minor tempo sopra la terra; ma il suo amore per noi lo tratteneva lontano dagli Angeli. Sarebbesi detto un reale proscritto, il cui bando era stato tolto, ma che non voleva tornare subito alla propria patria, perché durante il suo esilio Ei si era abituato ad amare gli uomini coi quali aveva sofferto. S’Ei si allontana in questo giorno è questo parimente un segno d’amore. Il nobile vincitore va a prender possesso del regno acquistato col proprio sangue e a collocare l’umanità sul trono della gloria immortale. Volete voi essere testimoni di questo mistero che corona l’opera della redenzione? Partiamo per Gerusalemme. Eccovi il Salvatore attorniato dai suoi discepoli; eccolo presso Betania, borgo da voi tutti ben conosciuto, fabbricato sul declive del monte Oliveto, a circa quindici stadii da Gerusalemme, da dove l’Uomo-Dio era partito per fare il suo ingresso trionfale nella città deicida. Con essi Egli salì quella montagna, poco fa testimone della sua agonia. Essa vi si presenta sulla via che va da Gerusalemme a Gerico, è la più elevata collina attorno alla città di David, i lati sono coperti di verdura, la cima è coronata di viti e di olivi. Giunti alla sommità il Figlio di Dio si ferma e dice ai suoi discepoli situati in cerchio attorno a Lui: « E stata a me conferita tutta la podestà in cielo ed in terra, istruite tutte le genti battezzandole nel nome del Padre del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnando loro di osservare tutto quello che Io vi ho comandato, ed ecco che Io sono con voi in ogni tempo fino alla consumazione dei secoli ». – Nel tempo stesso Egli aprì loro l’intelletto affinché comprendessero, affinché intendessero le Scritture e vedessero che tutto ciò ch’era stato annunziato dai profeti a proposito di Gesù Cristo si era adempiuto nella persona di Lui. « Testimoni voi di tutte queste cose, Ei soggiunge, non dovete obliarle. Io sto per mandare sopra di voi il dono del Padre mio che vi è stato promesso; ma fino a qual momento restate nella città finché non siate stati rivestiti della forza di lassù». – Per consolarli della sua partenza e per mostrar loro che tutti i suoi passi erano guidati dall’amore di loro: « È per voi vantaggioso, diss’Egli, ch’Io me ne vada; se Io non me ne vo, lo Spirito non verrà in voi ». E che, mio Salvatore? Dunque la vostra presenza sensibile è un ostacolo alle comunicazioni dello Spirito Santo? Ciò sembrano indicare le vostre parole: ora quale ne è il significato? – In principio fu necessario distaccare gli Apostoli dall’amore delle cose sensibili col mezzo dell’amore della presenza sensibile del Figlio di Dio nella nostra carne. Ma ilSalvatore non volle affezionarli per un certo tempo alla sua presenza visibile fuorché per abituarli insensibilmente all’amore della giustizia, della verità, della carità, dell’umiltà e di tutte le altre virtù di cui dava loro tanti mirabili precetti e tanti illustri esempi. L’amore di Gesù Cristo è utile ed anche necessario a coloro che incominciano, ma sarebbe finalmente nocivo a quelli che debbono transitare dall’infanzia spirituale ad una età e ad una condizione più perfetta, nelle quali essi debbono amare Gesù Cristo come Dio, come eterna verità, come incorruttibile giustizia e santità. Ecco perché fu necessario che Gesù Cristo salisse al cielo, senza di che gli Apostoli non avrebbero potuto amarlo di amore puramente spirituale, e non avrebbero per conseguenza potuto ricevere il suo Spirito Santo. Ma è giunto ormai il momento supremo; il precettore dell’uman genere sta per privare il mondo della sua presenza visibile; la bocca divina che ha istruito l’universo è per chiudersi. Era giorno di giovedì, verso il meriggio, il dì quarantesimo dopo la risurrezione, quando il Salvatore gettando per l’ultima volta i suoi sguardi su la sua santa Madre e sopra i discepoli, stese le mani, li benedisse e fu rapito di mezzo a loro. Come nella sua risurrezione egli era uscito dalla tomba per suo proprio potere, così si alzò del pari nella sua ascensione senza abbisognare, a guisa di Elia, di carro di fuoco, né di Angeli, né di alcuno estraneo soccorso. Una splendida nube, simbolo della sua gloria, lo avvolse, e questo nuovo carro trionfale lo tolse ben presto alla loro vista. – Mentre erano tutti intenti a considerarlo, due Angeli, simili a due bei giovani, apparvero loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state mirando verso il cielo? Quel Gesù, il quale tolto a voi è stato assunto in cielo, cosi verrà, come l’avete veduto andare in cielo». – Avendolo dunque i discepoli adorato, prostrandosi con la faccia per terra, e avendo baciato le orme dei suoi tornarono giubilanti a Gerusalemme rimasero aspettando l’adempimento della promessa che aveva fatta loro il Signore e rimpiegando il tempo dell’aspettativa a lodare Iddio, a prepararsi coll’orazione al grande avvenimento. – Ecco pertanto narrata in succinto la partenza del Cristo da questa terra, che la sua mano potente aveva creata nel dì che trasse le cose dal nulla, e che aveva in seguito bagnata del proprio sangue nel giorno della redenzione.

II. Vestigie dei piedi di Nostro Signore. — Dal punto più elevato del monte degli Olivi il Salvatore sali al cielo, e quivi lasciò le vestigie de’ suoi piedi divini, impressi nel posto ove egli toccò la terra per l’ultima volta. Molti secoli le hanno vedute, le hanno baciate con rispetto e bagnate di lagrime di pentimento e d’amore. San Girolamo, san Sulpizio Severo, san Paolino di Nola, sant’Ottato, sono testimoni irrefragabili di questo fatto miracoloso; e alla loro autorità si aggiunge quella di sant’Agostino. « Si va in Giudea, dice l’illustre vescovo d’Ippona, per adorare le vestigia de’ piedi di Gesù Cristo che si vedono nel luogo dove Ei salì al cielo ». [“Ibi sunt vestigia cius, modo adorantar ubi novissime stetit, unde ascendit in coelum. S. Aug. XXXVII in Joan.]. – Nel tempo dell’assiedio di Gerusalemme fatto da Tito, l’esercito Romano stette molto tempo accampato sul monte degli Olivi, senza che né il movimento dei soldati, né lo scalpitare dei cavalli, né i lavori dell’accampamento, pei quali non si poteva a meno di rivoltare la terra, potessero scancellare quelle sacre vestigia. – Si scorgevano tanto bene al tempo dell’Imperatrice Elena, madre del gran Costantino, che quando quella pia principessa fece edificare la basilica dell’Ascensione, nel luogo stesso della montagna, da dove si sapeva che Gesù Cristo era salito al cielo, si volle lastricare e coprire di marmo l’orma dei piedi egualmente che il resto di quella magnifica chiesa, ma giammai si poté venirne a capo. Tutto quanto vi si poneva sopra era rigettato da una forza invisibile, e fu di mestieri lasciare il sito scoperto e nello stato in cui siera trovato. Fin da quel tempo divenne uno dei dei grandi oggetti di devozione per i cristiani che, pellegrinando da tutte le Provincie dell’impero e di tutte le nazioni straniere, si recavano a visitare i luoghi santi. – San Girolamo racconta a questo proposito un altro splendido miracolo: «Quando vollero, dice il gran dottore, finire il tetto della Basilica dell’Ascensione fu impossibile chiudere la volta che corrispondeva perpendicolarmente al posto delle vestigia del Signore. Furono costretti a lasciar libero e scoperto lo spazio dal quale Egli era innalzato da terra e veniva accolto dalle nubi; il che permetteva ai fedeli di contemplare il sentiero che Gesù Cristo aveva preso per salire al cielo ». – Le cose erano tuttavia in questo stato verso la fine del settimo secolo, quando un vescovo di Francia, chiamato Arnolfo, visitò i luoghi santi. Nel medio evo l’edificio fu distrutto dai Saraceni; finalmente un viaggiatore che giunse da poco tempo dalla Palestina, il reverendo padre de Geramb, parla in tal guisa: «Sulla sommità del monte degli Olivi si trova una moschea, sul ripiano della quale era anticamente una chiesa della più gran magnificenza, fabbricata da sant’Elena nel luogo dal quale Gesù Cristo salì al cielo dopo la risurrezione. Questa moschea che minaccia rovina è circondata da miserabili casupole abitate da Turchi. Nel centro, in una specie di cappella, si vede l’orma impressa nel masso dal piede sinistro di Nostro Signore nel momento di lasciare la terra per salire al cielo. Si assicura che i Turchi hanno sottratto l’impronta del piede diritto e l’hanno sotterrata per poi trasportarla nella moschea dal tempio. Quanto all’impronta del piede sinistro, ella esiste in modo da non lasciare alcun dubbio, quantunque sia ora alquanto consunta dagl’innumerabili baci che da più secoli i pellegrini non cessano d’imprimervi, e fors’anche da qualche devoto furto, che un’attenta vigilanza non ha potuto impedire ».

III. Ingresso trionfale nei cieli di nostro Signore Gesù Cristo. — Il Figlio di Dio che aveva lasciata sul masso l’impronta dei suoi piedi, come un monumento eterno del suo passaggio sopra questa terra, che Egli aveva santificata col proprio sangue, si avanzava rapidamente verso la Gerusalemme celeste. Ma quale armata invisibile, quali carri di fuoco plaudono al suo trionfo? Ecco Egli è accompagnato dagli antichi patriarchi, dai profeti e da tutti gli uomini virtuosi, ai quali il cielo era stato fino allora chiuso, e che Egli innalzava allora seco Lui, menando schiava la stessa schiavitù. Tutti quegli schiavi, ora liberati, seguivano il loro Redentore nel suo trionfo, cantando la vittoria dì Gesù che dopo averli sottratti alla podestà del demonio, gli traeva seco al cielo come trofei della propria vittoria, come ricche spoglie tolte al nemico, come prezzo del suo sangue adorabile, come l’ornamento e la gloria del suo trionfo. « Qual grande qual brillante processione, esclama san Bernardo, alla quale gli apostoli non erano ancora degni d’assistere! » [Serm. II in Ascens., n. 8].Ad un tratto si schiudono le porte eterne. Chi potrà narrare lo stupore degli angeli al vedere la natura umana di Gesù Cristo innalzata al di sopra di loro e collocata a destra di Dio medesimo? Al vedere Gesù Cristo che come uomo era stato ignominiosamente condannato e messo a morte sulla terra ora riconosciuto come il Signore di tutto il creato e come il supremo Giudice degli uomini?E in questo giorno la Chiesa della terra unendosi alla Chiesa del Cielo palesa il proprio entusiasmo per celebrare il trionfo del suo Sposo e del suo capo; l’uffizio dell’Ascensione spira la più viva gioia ed è accompagnato da una processione particolare. Essa è stata instituita col disegno di figurare la gita degli Apostoli da Gerusalemme a Betania, e di là al monte degli Olivi per vedervi nostro Signore salire al cielo, e il loro ritorno a Gerusalemme, per ivi prepararsi nella solitudine a ricevere lo Spirito Santo, ecco il perché essa non deve farsi che dopo terza, cioè dopo le ore nove. In fatti in quel momento il Salvatore, accompagnato dai suoi discepoli, salì la santa montagna. Deh! nel giorno dell’Ascensione richiami alla mente ciascuno di noi le circostanze di questo viaggio: pensiamo tutti che siamo noi medesimi che accompagniamo il Salvatore; abbandoniamo il cuor nostro ai sentimenti della fede; sopra tutto non dimentichiamo che diciotto secoli ci precedono nella celebrazione di questa festa gli esempi, la divozione, le lagrime pie, i santi desideri dei padri nostri ci tornino al pensiero, e allora credetemi, questa festa, questa processione non ci saranno più indifferenti.

IV. Mezzi di celebrare degnamente la festa dell’Ascensione. — Frattanto questo mistero, sì idoneo a svegliare l’allegrezza degli spiriti beati, non deve essere un soggetto di duolo per noi che rimaniamo orfani sulla terra? « Qual parte ho io a queste solennità? dice san Bernardo? » [Serm. III in Ascen. Dom.]. – E che? Obliate voi, o gran santo che tutti i passi di nostro Signore sono inspirati dall’amor suo? Ecco i motivi del vostro giubilo. – 1° Gesù Cristo sale al cielo a prender possesso della sua gloria, e godere dei frutti delle sue umiliazioni e dei suoi patimenti. Per un figlio pietoso si potrebbe mai aver soggetto più grande di gioia, che il vedere suo padre trionfante e ricco delle spoglie dei nemici suoi, entrare al possesso di quel riposo e di quella gloria guadagnatosi con lunghe fatiche e molte battaglie, e vederselo onorato, esaltato, benedetto da tutto l’universo? – 2° Gesù Cristo sale al cielo per inviarci lo Spirito consolatore, quello Spirito che doveva rigenerare il mondo intero a quel modo che fecondò il caos nel giorno della creazione. “Se io non me ne vo, dice Gesù Cristo, non verrà a voi il paraclito”. Se il Padre nostro ci priva della sua presenza sensibile, ciò non fa per lasciarci orfani, ma per riempire i nostri cuori dei doni preziosi dello Spirito Santo. Preghiamo dunque e sospiriamo, affinché il divino Consolatore ci trovi degni delle sue i nfrazioni; preghiamo che rischiari il nostro intelletto e che purifichi il nostro cuore. Il serpente di Mosè divorò tutti i serpenti dei maghi; lo spirito deve egualmente consumare tutte le nostre propensioni e tutti i nostri appetiti sensuali. In questo gran giorno diciamo al Salvatore per noi e per il mondo intiero: Inviate il vostro spirito, e tutto sarà creato, e voi rinnoverete la faccia della terra; ella ne ha gran bisogno!!! – 3° Gesù Cristo sale al cielo per aprircene le porte e prepararvi il nostro luogo. La vittoria di Gesù Cristo è completa. Nuovo Adamo Egli apre al genere umano il cielo chiuso dai peccati del primo Adamo. Qual nobile orgoglio deve far palpitare il mio cuore! Io ho un seggio nel cielo: si, io povera e meschina creatura, io sebbene coperto di cenci, io mendicante, io umile pastore, io oscuro agricoltore, io debole fanciullo, io sconosciuto, forse disprezzato da tutti, io ho un seggio nel cielo! Demonio invidioso della felicita dei nostri primi padri, oh! tu sei vinto! Osserva, la nostra natura era maledetta e condannata all’obbrobrio, e ad un tratto ella è esaltata, e il cielo le è aperto; noi eravamo indegni della vita e siamo chiamati all’immortalità; in Gesù Cristo, questa umana natura, che tu avevi contaminata, occupa il primo posto in cielo; e ciò che fu l’oggetto dei tuoi sarcasmi sacrileghi è adorato dagli Angeli; osserva bene, questa stessa umana natura perseguitata dal tuo furore, di cui tu credevi aver cagionata la perdita, è adesso coronata in cielo, essa occupa il tuo posto e quello dei tuoi angeli maledetti; essa è nel cielo e tu sei nell’inferno, dopo ciò ti rallegra, se puoi, della tua invidia e delle tue menzogne. – Così in Gesù Cristo nostro capo noi siamo oggi in possesso del cielo; egli vi è salito in qualità di foriero; il foriero suppone qualcuno che viene dietro a lui; e questo qualcuno sei tu, sono io, è tutto il genere umano, perché Gesù Cristo è morto per lutti gli uomini.

4° Gesù Cristo sale al cielo per conservarci i nostri posti. Non contento di averci sgombrata la via della Gerusalemme celeste, di averne schiuse le porte, di averci preparato dei posti, Gesù Cristo vuole assicurarcene il possesso. Che fa Egli nel cielo? Come avvocato Ei patrocina incessantemente la nostra causa. Miei figli, diceva il discepolo prediletto, io vi scrivo queste cose, affinché voi non pecchiate: ma se qualcuno ha peccato non si disanimi; noi abbiamo un avvocato presso il Padre ed è Gesù Cristo il giusto, Egli che ha sparso il proprio sangue non solamente per i nostri peccati ma anche per quelli del mondo intero. Pontefice eterno, Ei ci riconcilia col Padre suo, presentandogli le stimmate delle proprie piaghe rimaste nelle sue mani e nei suoi piedi adorabili; poi, continuando sopra la terra il Sacrificio del proprio corpo e del proprio sangue, Ei l’oppone costantemente come un infallibile parafulmine alle folgori della divina vendetta. Primogenito dei suoi fratelli (e i suoi fratelli siamo noi) Ei fa valere a nostro favore i suoi titoli sacri al paterno retaggio. Come Dio, Ei vi ha diritto per natura: come uomo Ei vi ha diritto pel suo sangue; il cielo è sua conquista, ed Ei lo ha conquistato per noi.

V. Armonia di questa festa con la stagione in cui ricorre. — Seguiamo dunque l’aquila generosa che si lancia oggi verso il cielo: noi siamo i suoi aquilotti; Egli stende le proprie ali, e ci invita a posarci su di esse per seco trasportarci. « Ma rammentiamoci, dice sant’Agostino, che l’orgoglio non sale al cielo insieme col Dio dell’umiltà, né l’avarizia col Dio povero, né la mollezza col Dio dei dolori, né l’impurità col figlio della Vergine, né i vizi col padre delle virtù ». Solleviamo i cuori; solleviamoci; strappiamoci alle affezioni che ci degradano; si salga; si salga sempre; tutta la natura c’invita; sembra che ella pure voglia salire al cielo. Osservate in qual modo, al tempo dell’Ascensione, tutte quelle miriadi di giovani augelletti che escono dai loro nidi provano il primo loro volo verso il cielo! Osservate le piante che spingono i loro deboli germogli verso il cielo; osservate gli alberi che slanciano i loro nascenti rami verso il cielo. In alto, in alto i cuori! egli è questo l’invito dell’intera natura. – Sant’Agostino scorge di più un’altra armonia tra la festa di questo giorno e la stagione in cui ella viene celebrata. « Autore della natura e della grazia, Dio ha voluto, dice questo gran dottore, mettere qualche analogia tra i misteri del Figlio suo e le stagioni dell’anno. Il Redentore viene al mondo quando i giorni sono più brevi e incominciano a crescere, per significare che Ei trova il mondo nelle tenebre e che Ei vi reca la luce; e muore e risuscita nel plenilunio del primo mese. Allora quell’astro, che per le sue variabilità è l’emblema delle cose caduche, è totalmente oscurato nella sua parte che guarda il cielo, e non ha luce e bellezza che nella parte che guarda la terra; però Ei comincia a rivoltarsi dalla terra e a ravvicinarsi al sole per non ricever luce e chiarezza che dalla parte del cielo. « Questo spettacolo è in perfetta armonia con la morte e con la risurrezione del Salvatore; per mezzo delle quali noi volgiamo verso il sole di giustizia tutta la propensione che avevamo verso la terra. Il Figlio di Dio è salito al cielo ed ha inviato il fuoco del suo santo spirito verso il tempo in cui il sole è nel suo apogeo, cioè nella sua più grande elevazione, nella sua maggiore distanza della terra; nuova armonia che ci rammenta che dopo essersi sollevato dalla terra, Gesù Cristo ha sparso nel mondo le più vive fiamme della sua carità » – Questi mirabili rapporti, di cui la mente abituata a riflettere conosce tutta la realtà, si provano assai bene per l’analogia delle leggi divine. Infatti poiché l’autore della grazia è anche il Creatore della natura, non era forse conveniente che Ei ponesse armonia tra queste due grandi opere, affinché i cambiamenti che accadono nella natura, egualmente che lo spettacolo dell’universo, anziché distrarci richiamassero il nostro spirito ai pensieri della religione? Se si aggiunga a questa osservazione quello che abbiamo detto circa la storia del genere umano nella quale Iddio ha anche voluto scrivere a grandi caratteri la verità della Religione cristiana, noi dovremo concludere che la natura, la storia universale del genere umano e l’economia della Chiesa sono tre libri meravigliosi, tra i quali regna una straordinaria armonia: libri ad un tempo semplici e sublimi, che si rendono testimonianza l’uno altro ed ove Dio ha scolpito a caratteri di fuoco tutto ciò che è necessario per distaccare da questo mondo i nostri pensieri e le nostre affezioni e per innalzarle al cielo insieme con Gesù Cristo

VI. Origine di questa festa. — La festa dell’Ascensione risale ai tempi apostolici, e le prime età della Chiesa videro istituirsi la processione che oggi pure si compie in memoria del viaggio di nostro Signore e degli apostoli sul monte de. Olivi, dove il divino Maestro benedisse i discepoli e in loro presenza abbandonò la terra! Questa festa è il complemento di tutte le solennità di nostro Signore e il felice termine del suo viaggio sopra la terra. Laonde così pure deve avvenire di noi tutti; noi siamo figli di Dio, e dobbiamo ritornare a Lui; egli è questo il fine ultimo della vita.

Preghiera.

O mio Dio, che siete tutto amore, io vi ringrazio che siate salito al cielo per aprirmene la porta e prepararmi un posto; fatemi grazia ch’io quivi mi riunisca a voi. – Mi propongo d’amar Dio sopra tutte le cose e il prossimo come me stesso, per amor di Dio, e in prova di questo amore, io guarderò spesso il cielo, dicendo: colà vi ha un posto che mi attende.

 

 

 

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.