LA SITUAZIONE (9):
DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI
OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO
Custos, quid nocte?
Sentinella: che è della notte?
ROMA tipografia Tiberina – 1861
Lettera Nona
Caro Amico.
I pericoli finora contrassegnati sono nella natura della contemporanea situazione; vale a dire nel trionfo ogni dì più completo della rivoluzione. A meno dì un miracolo, essi l’un giorno o l’altro diverranno terribili realità. Le quali realità saranno dappertutto, ove la rivoluzione regnerà, nella proporzione della potenza del suo regno. Ma la prospettiva dello scisma e della persecuzione mette in spavento soprattutto i Cattolici. Gli altri, che è il gran numero, ne sono a mala pena tocchi. Ma e’ non si rassicurino sì presto; poiché vi sono motivi di timore comuni a tutti. Parlo delle calamità pubbliche, conseguenze della situazione. Abbiate questo per certo, che la rivoluzione ha io odio tutto quello che essa non ha fatto; e tutto ciò che essa odia, lo distrugge. Conferitele oggi il potere assoluto; che ad onta delle sue protestazioni, essa sarà domani quel che fu ieri, quel che sarà sempre; cioè guerra a morte contro la religione, la società, la famiglia, la proprietà. Genio del male, non si muta, né può cangiare. Non si faccia a dire che noi la calunniamo; sono i suoi atti, che la tradiscono. Vi ricordate il 93, e ‘1 48: e ben vedete ciò che essa è in Italia nel 1860 (e nel 1861!). Con audacia nuova, essa si mette sotto ai piedi la doppia carta del mondo civile, la religione ed il diritto delle genti; e la lacera, portandone i brani insanguinati in punta delle sue baionette. Sulle bandiere scrive il diritto di rivolta contro ad ogni autorità, eccetto la sua; il diritto di opprimere, di bandire, di incarcerare chi le dispiaccia: e specialmente il diritto di spogliare tutti i sovrani, spogliando il Sovrano più legittimo di tutti: e questo dritto è sollecita di mettere senza meno in pratica. – Che cosa è questa, se non il comunismo in grande, preludio al piccolo? Se, contro ogni giustizia divina ed umana, è permesso ai Re di annettersi dei regni; perché mai si proibirebbe ai privati di annettersi il portafoglio, la casa, il campo dei loro vicino? Quello che più mette spavento si è 1’attitudine delle nazioni in veduta di siffatti attentati. L’Europa certo è minata di sotto, smantellata di sopra da un popolo di barbari! E fra i re, questi applaudiscono; gli altri si stanno con l’arma al braccio. Invano, l’oracolo infallibile della verità, il Pontefice Supremo, si affatica in gridare, « la rivoluzione prendere di mira tutti i troni; la società precipitarsi al comunismo, che vuol dire 1’ultimo confine del disordine e della sventura. » I sordi non sentono,. i ciechi non veggono: l’Europa officiale s’irrita, o sorride: le persone oneste van ripetendosi: il trionfo della rivoluzione è impossibile! – In tal modo hanno sempre ragionato i popoli colpevoli, e gli spiriti volgari alla vigilia delle grandi catastrofi: « Il mondo non è stato mai tanto illuminato, né la fortuna pubblica più prospera, né l’armata più valorosa, né il senato più fedele, né l’imperatore più potente che oggidì: » così ragionavano i Romani dell’alto e del basso Impero; i primi qualche anni prima dell’invasione dei Barbari, i secondi pure alla veduta delle flotte di Maometto II. In breve, così a punto ragionavano gli addormentatori al tempo dei nostri stati generali. Essi non vedevano, o non volevano vedere che il 93 si conteneva nell’89, come il pulcino nell’uovo, onde bastava un colpo di becco per dischiuderlo. – In quanto a me, caro amico, confesso che questa calma per nulla mi rassicura: né ha mai rassicurati gli spiriti più chiaroveggenti. Ma udito il S. Padre, ascoltate alcun altro osservatore. Lo spogliamento del dominio temporale è l’estremo colpo dato all’ultima radice, che mediante la proprietà attacca la Chiesa al suolo di Europa. « Ora, diceva il Signor De Bonald sono già trent’anni, in Europa la religione pubblica è finita, se non ha più alcuna proprietà; è finita l’Europa, se essa non ha più religione pubblica. ». (Theor. du pouvoir. tom. III. p. 106). – Nel 1849 Donoso Cortes mi scriveva: » Io vi devo mille e mille ringraziamenti per la benevolenza che avete avuta di spedirmi una copia dell’Opera, nella quale così franco, e profondamente avete scandagliato la piaga di questa Società moribonda. (Ou allons-nous? Coup d’oeil sur les tendances de l’epoque actuelle). E la lettura di essa mi tornò oltremodo trista, ma ad un tempo deliziosa: trista, per la rivelazione delle grandi e formidabili catastrofi; deliziosa, per la manifestazione sincera della verità. Le mie idee e le vostre sono presso a poco le stesse in tutti i punti. Dio ha fatto la carne per la putredine, ed il coltello per la carne imputridita. Noi siamo da presso alla più grande delle catastrofi, che ricordi la storia. Di presente quello che io veggo di più chiaro si è la barbarie dell’Europa, e dinnanzi alla barbarie il disertamento. La terra per dove sarà passata la civilizzazione filosofica, sarà maledetta;sarà la terra della corruzione e del sangue: Dipoi …verrà quello che ha da venire. » – Da altro punto di veduta, speculando l’imperatore Napoleone I arrivava alla medesima conclusione. Egli diceva ha già quarant’anni: « Fra cinquant’anni l’Europa sarà o repubblicana, o cosacca » Egli certo avrebbe detto socialista, se l’espressione allora fosse esistita.Così, invasione di barbari di dentro, o invasione di barbari di fuori, e forse l’una e l’altra; le cavallette all’Egitto; le orde semi-nude a’ Romani; la debolezza per umiliare la forza; la barbarie selvaggia per castigare la barbarie sapiente: equazione provvidenziale tra il delitto ed il castigo. Chi al vedere quel che accade, potrà dire che le induzioni della logica,le analogie della Storia, ed i presentimenti del genio non sieno altro che sogni?Pur agli occhi del più volgare buon senso è cosa certa, che il trono di S. Pietro, cioè la piena indipendenza materiale del Papa, è la sola diga che resta all’Europa contro il dispotismo e la barbarie. Crollato questo trono, ogni maggiore sciagura è a temere; poiché tutto diviene possibile. – Aggiungete, mio caro amico, che agli occhi del vero Cattolico la rivoluzione non è al certo un fatto, come tutti gli altri fatti che. avvengono nel mondo, ma un. castigo. Le ragioni poi del nostro timore non sono tanto in quel che vediamo, quanto in ciò che crediamo. – Come la calamita attrae il ferro, così il delitto attira a sé il castigo; perciocché fra il delitto ed il castigo s’interpone quella medesima proporzione che è tra causa ed effetto: talché solo il pentimento può salvare il colpevole. Tali assiomi del mondo morale sono per noi più certi che quelli di geometria. Gettate intanto i vostri sguardi sopra una carta dell’Europa. Fate di vedere, se troverete una nazione battezzata, la quale da quattro secoli in qua non sia colpevole di scisma, di eresia, di spogliamento, di persecuzioni atroci, di indifferenza e di bestemmie senza pari e senza nome nella Storia delle età anteriori. Spogliare la Chiesa, incatenare la Chiesa, schiaffeggiare la Chiesa: queste tre espressioni non compendiano forse nelle sue relazioni generali, la vita di queste figlie ben nate a riguardo della loro madre? In teoria o in fatti, tutte sono colpevoli d’insurrezione permanente contro il Cristianesimo. Or sono esse in via di pentimento? Interrogate i loro atti; ascoltate ciò che si dice; vedete ciò che succede. In faccia alla suprema umiliazione che al dì d’oggi si dà al Sommo Pontefice, qual è il loro contegno, e il linguaggio? questo si accorda con quello, poiché tutti dicono sicuramente: « Che gli affari del Papa si accomodino, o no, monta ben poco. La è questione puramente temporale, non avente alcuna connessione coll’ordine religioso, e meno ancora coll’ordine sociale. E veramente che gli oltramontani (N. B. In Francia si chiamano oltramontani coloro che pensano come si pensa a Roma) cerchino di darle codeste proporzioni e carattere che non ha, niuno ne farà le meraviglie: chele fondamenta della società moderna e della prosperità pubblica poggiate sugl’immortali principii dell’89, sono tanto solide, da non aversi nulla a temere da questa pugna ormai antiquata tra il temporale e lo spirituale ». – Dipoi, gittando sopra il passato un superbo disdegno, ed al cielo intimando insolente sfida, esse aggiungono: « Si dava credere al medio evo che il Papa doveva esser Re; che i popoli avevano bisogno del Cristianesimo e della Chiesa; che più le società erano sottomesse, e più sarebbero fiorenti. Onde si vedevano i i nostri buoni avi, tremanti alla voce dei preti, non osare di esser liberi senza loro permesso; o se vi osavano, dannati a pubbliche espiazioni. Ora questi tempi d’ignoranza non sono più. « Per quanto è dipenduto da noi, noi ci siamo emancipati dalla tutela del Cristianesimo; costituitici fuori delle sue leggi, anzi in opposizione colla Chiesa; e siamo ben lontani dal pentircene. Qual male quindi ce ne è venuto? Bandito che abbiamo dai nostri consigli Colui che si appella il Re dei Re, e ridendoci della Chiesa e dei suoi fulmini, noi procediamo di progresso in progresso. E per verità non siamo mai state né più illuminate, né più libere, né più ricche, né più forti, né più prosperevoli. A che serve il Papa? A che serve la Chiesa? A che il Cristianesimo? La nostra civilizzazione, la più brillante che fu mai al mondo, è solenne disdetta agl’insegnamenti del passato ». – È questo per avventura discorso di un penitente? Tuttavolta l’iniquità non può sfuggire alla giustizia suprema. Quantunque Iddio, paziente perché eterno, può aspettare gl’individui sino alla soglia della eternità: non vi è però eternità per le nazioni. Ricompense, o punizioni, elle hanno lor mercede su questa terra, il trionfò sociale dell’orgoglio e del sensualismo, festino di Baldassarre, non saprebbe durar sempre. E se avvenisse altrimenti, l’uomo sarebbe più forte di Dio: Il male avrebbe vinto; tal che giammai satana avrebbe operato prestigio somigliante capace di sedurre anche gli eletti. – Egli è dunque vero; che enorme ammasso di debiti contratti con la giustizia divina minaccia l’Europa di terribile scadimento. Il solo mezzo di campare dalla catastrofe, sarebbe d’intendersi col creditore, domandando umilmente dilazione e perdono. Ma secondo ogni probabilità, questo non si farà. Anzi possiamo dire che ben lontana dal rientrare in se stessa, la parte anticattolica, la più numerosa e la più influente nella società, si continuerà nella sua sterile agitazione, decorata del nome di politica e di polemica. Come già per l’addietro, si gitterà in balia alle sue speculazioni, ai suoi piaceri, alla sua vita di movimento e di rumore: sicché inebriata del presente, e non curantesi dell’avvenire, discenderà nella voragine al frastuono dei violoni. – Almeno la parte della società, che insieme colla fede, conserva l’intelligenza del male e del rimedio, alzerà le mani al cielo, sollecitando, mediante la doppia voce della preghiera e della limosina, la misericordia e la saggezza dell’Altissimo. Ma salverà essa l’Europa? Ha mille e seicento anni che i primi Cristiani si trovavano al cospetto di un mondo che non era ancora cristiano; tale non voleva divenire; anzi ne impediva gli altri, e che è più, perseguitava con ingiurie e con tutta la sua collera coloro che già professavano il Cristianesimo. E i padri nostri sparsi per tutto l’impero, pregavano dì e notte per la conversione di questo mondo ostinato e persecutore, « Noi invochiamo, dicevano essi, per la salute degl’imperatori, il Dio eterno, vivo, e vero. Noi domandiamo per loro vita lunga, regno tranquillo, pace continua, senato fedele. Noi ritardiamo con tutta la possa dei nostri voti la caduta dell’impero ». (Tertull. Apolog. c. XXX. ctc.) E invero non mai furono fatte preghiere più ferventi e più generose: ma quale ne fu il risultato? La società romana si ostinò nella sua via di odio e di disprezzo: onde non ebbe più né regno tranquillo, né pace continua, né senato fedele. Sicché travolgendosi di rivoluzione in rivoluzione, l’impero a poco a poco interamente disparve combattuto e disfatto dai barbari. Al secolo decimonono, noi (i figli dei martiri) siamo a petto a un mondo che vien cessando di essere cristiano; e non vuole più questo nome; non vuole che altri se ne fregi, sino a perseguitare con sarcasmi e con odio coloro che si protestano tali, compresovi il Papa medesimo. Or saremo noi più felici dei nostri antenati? Siamo noi forse più fervorosi? Se la grandezza dell’iniquità si stima al prezzo delle grazie ricevute, come la gravità della caduta si misura dall’altezza d’onde si cade; il mondo, che abusò il sangue del Calvario, diciotto secoli di benefizii, si reputerà egli men colpevole di quello che ne venne privato?
Tutto vostro etc.