DOMENICA SECONDA DI QUARESIMA(2021)

DOMENICA II DI QUARESIMA (2021)

Stazione a S. Maria in Domnica

Semidoppio. – Dom. privil. di I cl. – Paramenti violacei.

La Stazione a Roma si tiene nella chiesa di S. Maria in Domnica, chiamata così perché i Cristiani si riunivano, in altri tempi, la Domenica nella casa del Signore (Dominicum). Si dice che S. Lorenzo, distribuisse lì i beni della Chiesa ai poveri. Era una delle parrocchie romane del v secolo. Come nelle Domeniche di Settuagesima, di Sessagesima e di Quinquagesima, i testi dell’Ufficiatura divina formano la trama delle Messe della 2a, 3a, e 4a Domenica di Quaresima. – Il Breviario parla in questo giorno del patriarca Giacobbe che è un modello della più assoluta fiducia in Dio in mezzo a tutte le avversità. Assai spesso la Scrittura chiama il Signore, il Dio di Giacobbe o d’Israele per mostrarlo come protettore. « Dio d’Israele, dice l’Introito, liberaci da ogni male ». La Chiesa quest’oggi si indirizza al Dio di Giacobbe, cioè al Dio che protegge quelli che lo servono. Il versetto dell’Introito dice che « colui che confida in Dio non avrà mai a pentirsene ». L’Orazione ci fa domandare a Dio di guardarci interiormente ed esteriormente per essere preservati da ogni avversità ». Il Graduale e il Tratto supplicano il Signore di liberarci dalle nostre angosce e tribolazioni » e « che ci visiti per salvarci ». Non si potrebbe meglio riassumere la vita del patriarca Giacobbe che Dio aiutò sempre in mezzo alle sue angosce e nel quale, dice S. Ambrogio, « noi dobbiamo riconoscere un coraggio singolare e una grande pazienza nel lavoro e nelle difficoltà » (4° Lez. Della 3° Domenica di Quaresima).  – Giacobbe fu scelto da Dio per essere l’erede delle sue promesse, come prima aveva eletto Isacco, Abramo, Seth e Noè. Giacobbe significa infatti « soppiantatore »: egli dimostrò il significato di questo nome allorché prese da Esaù il diritto di primogenitura per un piatto di lenticchie e quando ottenne per sorpresa, la benedizione del figlio primogenito che il padre voleva dare a Esaù. Difatti Isacco benedì il figlio più giovane dopo aver palpato le mani che Rebecca aveva coperte di pelle di capretto e gli disse: « Le nazioni si prosternino dinanzi a te e tu sii il signore dei tuoi fratelli ». Allorquando Giacobbe dovette fuggire per evitare la vendetta di Esaù, egli vide in sogno una scala che si innalzava fino al cielo e per essa gli Angeli salivano e discendevano. Sulla sommità vi era l’Eterno che gli disse: « Tutte le nazioni saranno benedette in Colui che nascerà da te. Io sarò il tuo protettore ovunque tu andrai, non ti abbandonerò senza aver compiuto quanto ti ho detto. Dopo 20 anni, Giacobbe ritornò e un Angelo lottò per l’intera notte contro di lui senza riuscire a vincerlo. Al mattino l’Angelo gli disse: « Tu non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele (il che significa forte con Dio), perché Dio è con te e nessuno ti vincerà » (Il sacramentario Gallicano (Bobbio) chiama Giacobbe « Maestro di potenza suprema »).Giacobbe acquistò infatti la confidenza di suo fratello e si riconcilio’ con lui.Nella storia di questo Patriarca tutto è figura di Cristo e della Chiesa. – La benedizione, infatti, che Isacco impartì a suo figlio Giacobbe — scrive S. Agostino — ha un significato simbolico perché le pelli di capretto significano i peccati, e Giacobbe, rivestito di queste pelli, è l’immagine di Colui che, non avendo peccati, porta quelli degli altri » (Mattutino). Quando il Vescovo mette i guanti nella messa pontificale, dice infatti, che « Gesù si è offerto per noi nella somiglianza della carne del peccato ». « Ha umiliato fino allo stato di schiavo, spiega S. Leone, la sua immutabile divinità per redimere il genere umano e per questo il Salvatore aveva promesso in termini formali e precisi che alcuni dei suoi discepoli « non sarebbero giunti alla morte senza che avessero visto il Figlio dell’uomo venire nel suo regno » cioè nella gloria regale appartenente spiritualmente alla natura umana presa per opera del Verbo: gloria che il Signore volle rendere visibile ai suoi tre discepoli, perché sebbene riconoscessero in Lui la Maestà di Dio, essi ignoravano ancora quali prerogative avesse il corpo rivestito della divinità (3° Notturno).Sulla montagna santa, ove Gesù si trasfigurò, si fece sentire una voce che disse: « Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo ». Dio Padre benedì il suo Figlio rivestito della nostra carne di peccato, come Isacco aveva benedetto Giacobbe, rivestito delle pelli di capretto. E questa benedizione data a Gesù, è data anche ai Gentili a preferenza dei Giudei infedeli, come essa fu data a Giacobbe a preferenza del primogenito. Così il Vescovo mettendosi i guanti pontificali, indirizza a Dio questa preghiera « Circonda le mie mani, o Signore, della purità del nuovo uomo disceso dal cielo, affinché, come Giacobbe che s’era coperte le mani con le pelli di capretto ottenne la benedizione del padre suo, dopo avergli offerto dei cibi e una bevanda piacevolissima, cosi, anch’io, nell’offrirti con le mie mani la vittima della salute, ottenga la benedizione della tua grazia per nostro Signore ».Noi siamo benedetti dal Padre in Gesù Cristo; Egli è il nostro primogenito e il nostro capo; noi dobbiamo ascoltarlo perché ci ha scelti per essere il suo popolo. « Noi vi preghiamo nel Signore Gesù, dice S. Paolo, di camminare in maniera da progredire sempre più. Voi conoscete quali precetti io vi ho dati da parte del Signore Gesù Cristo, perché Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione in Gesù Cristo Signor nostro » (Epist.). — In S. Giovanni (I, 51) Gesù applica a se stesso l’apparizione della scala di Giacobbe per mostrare che in mezzo alle persecuzioni alle quali è fatto segno, Egli era continuamente sotto la protezione di Dio e degli Angeli suoi. « Come Esaù, dice S. Ippolito, medita la morte di suo fratello,il popolo giudeo congiura contro Gesù e contro la Chiesa. Giacobbe dovette fuggirsene lontano; lo stesso Cristo, respinto dall’incredulità dei suoi dovette partire per la Galilea dove la Chiesa, formata di Gentili, gli è data per sposa ». Alla fine dei tempi, questi due popoli si riconcilieranno come Esaù e Giacobbe.La Messa di questa Domenica ci fa comprendere il mistero pasquale che stiamo per celebrare. Giacobbe vide il Dio della gloria, gli Apostoli videro Gesù trasfigurato, presto la Chiesa mostrerà a noi il Salvatore risuscitato.

Incipit

In nómine Patris,  et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXIV:6; XXIV:3; XXIV:22

Reminíscere miseratiónum tuarum, Dómine, et misericórdiæ tuæ, quæ a sæculo sunt: ne umquam dominéntur nobis inimíci nostri: líbera nos, Deus Israël, ex ómnibus angústiis nostris.

[Ricòrdati, o Signore, della tua compassione e della tua misericordia, che è eterna: mai triònfino su di noi i nostri nemici: líberaci, o Dio di Israele, da tutte le nostre tribolazioni.]

Ps XXIV:1-2

Ad te, Dómine, levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam.

[A te, o Signore, ho levato l’ànima mia, in Te confido, o mio Dio, ch’io non resti confuso.]

Reminíscere miseratiónum tuarum, Dómine, et misericórdiæ tuæ, quæ a sæculo sunt: ne umquam dominéntur nobis inimíci nostri: líbera nos, Deus Israël, ex ómnibus angústiis nostris.

[Ricòrdati, o Signore, della tua compassione e della tua misericordia, che è eterna: mai triònfino su di noi i nostri nemici: líberaci, o Dio di Israele, da tutte le nostre tribolazioni.]

Orémus.

Deus, qui cónspicis omni nos virtúte destítui: intérius exteriúsque custódi; ut ab ómnibus adversitátibus muniámur In córpore, et a pravis cogitatiónibus mundémur in mente.

[O Dio, che ci vedi privi di ogni forza, custodíscici all’interno e all’esterno, affinché siamo líberi da ogni avversità nel corpo e abbiamo mondata la mente da ogni cattivo pensiero.]

LECTIO

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Thessalonicénses.

1 Thess IV: 1-7.

“Fratres: Rogámus vos et obsecrámus in Dómino Jesu: ut, quemádmodum accepístis a nobis, quómodo opórteat vos ambuláre et placére Deo, sic et ambulétis, ut abundétis magis. Scitis enim, quæ præcépta déderim vobis Per Dominum Jesum. Hæc est enim volúntas Dei, sanctificátio vestra: ut abstineátis vos a fornicatióne, ut sciat unusquísque vestrum vas suum possidére in sanctificatióne et honóre; non in passióne desidérii, sicut et gentes, quæ ignórant Deum: et ne quis supergrediátur neque circumvéniat in negótio fratrem suum: quóniam vindex est Dóminus de his ómnibus, sicut prædíximus vobis et testificáti sumus. Non enim vocávit nos Deus in immundítiam, sed in sanctificatiónem: in Christo Jesu, Dómino nostro.”

[“Fratelli: Vi preghiamo e supplichiamo nel Signore, che, avendo da noi appreso la norma, secondo la quale dovete condurvi per piacere a Dio, continuiate a seguire questa norma, progredendo sempre più. Poiché la volontà di Dio è questa: la vostra santificazione: che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo nella santità e nell’onestà, e non seguendo l’impeto delle passioni, come fanno i pagani che non conoscono Dio; che nessuno su questo punto soverchi o raggiri il proprio fratello: che Dio fa vendetta di tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e dichiarato. Dio, infatti, non ci ha chiamati all’immondezza, ma alla santità: in Cristo Gesù Signor nostro”]

L’ONORE CRISTIANO.

C’è nell’epistola d’oggi una parola che colpisce: l’appello all’onore. Se ne fa tanto commercio, tanto uso ed abuso di questa parola nella letteratura e nella vita mondana. Il mondo considera un po’ l’onore come una sua scoperta, o, almeno, come un suo monopolio. L’onore è nel mondo, o si crede sia, il surrogato laico del dovere. Noi Cristiani, secondo questo modo assai diffuso di vedere, avremmo il dovere, la coscienza; il mondo avrebbe, lui, l’onore. Più trascendentale il primo, più concreto il secondo. E onore vuol dire un nobile senso della propria dignità, un cominciar noi ad avere per noi quel rispetto che pretendiamo dagli altri. – Ebbene San Paolo parla di onore come di un dovere ai primi Cristiani, ai Cristiani d’ogni generazione, come parla di santità. Dio ci vuol santi e noi dobbiamo diventarlo sempre di più come numero e come intensità. « Hæc et voluntas Dei sanctificatio vestra ». Di questa santità l’Apostolo specifica due elementi: purezza e carità, una carità assorbente e riassorbente in sé la giustizia. Purezza! e la purezza è il rispetto al proprio corpo, è la dignità della nostra condotta umana anche nel momento in apparenza più brutale della nostra vita. – C’è chi si lascia degradare nel suo corpo, dalle ignobili passioni, dai miseri istinti di esso; ma c’è chi solleva e nobilita tutto questo: c’è chi possiede e domina nobilmente l’« io » inferiore e animale: trascinarlo in alto, umanizzarlo, divinizzarlo anche. È  una novità. I pagani non le pensano neppure queste belle, grandi cose, tanto sono lontani dal farle. Hanno evertito Dio, poveri pagani! È stata la prima forma di avvilimento e il principio funesto di tutte le altre. Mancò il punto a cui rifarsi, quasi sospendersi, e si rotolò in basso. San Paolo esprime lo schifo, il ribrezzo dei costumi pagani, corrotti e crudeli. Sono le due forme di bestialità su cui egli insiste e dalle quali scongiura i Cristiani di guardarsi, suggerendo le formule dell’onore: custodire onorato anche il proprio organismo, custodendolo santo. « Mori potius quam fœdari: » morire prima di disonorarsi, la cavalleresca formula ci torna alla memoria come una formula di sapore e di origine cristiana. L’onore non è più una convenzione, un quid di cui sono in qualche modo arbitri gli altri e che contro gli altri dobbiamo eventualmente difendere, è invece un quid di cui siamo arbitri noi stessi e che dobbiamo difendere contro gli istinti vergognosi degeneranti: difenderlo in nome e per l’onore stesso di Dio. Il mondo non farà che riprendere questa idea dell’onore per falsificarla strappandola al suo ambiente sacro, laicizzandola. Noi siamo i custodi vigili. Sdegnosi, colle opere più che con le parole, proclamiamo il programma: « mori potius quam fœdari ». Non tutto è perduto, nulla è perduto quando è salvo l’onore.

 Graduale

Ps XXIV: 17-18

Tribulatiónes cordis mei dilatátæ sunt: de necessitátibus meis éripe me, Dómine.

[Le tribolazioni del mio cuore sono aumentate: líberami, o Signore, dalle mie angustie.]

Vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea.

[Guarda alla mia umiliazione e alla mia pena, e perdònami tutti i peccati.]

Tractus

Ps CV:1-4

Confitémini Dómino, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus.

[Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia.]

Quis loquétur poténtias Dómini: audítas fáciet omnes laudes ejus?

[Chi potrà narrare la potenza del Signore: o far sentire tutte le sue lodi?]

Beáti, qui custódiunt judícium et fáciunt justítiam in omni témpore.

[Beati quelli che ossérvano la rettitudine e práticano sempre la giustizia.]

Meménto nostri, Dómine, in beneplácito pópuli tui: vísita nos in salutári tuo.

[Ricórdati di noi, o Signore, nella tua benevolenza verso il tuo popolo, vieni a visitarci con la tua salvezza.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum S. Matthæum.

Matt XVII: 1-9

“In illo témpore: Assúmpsit Jesus Petrum, et Jacóbum, et Joánnem fratrem eius, et duxit illos in montem excélsum seórsum: et transfigurátus est ante eos. Et resplénduit fácies ejus sicut sol: vestiménta autem ejus facta sunt alba sicut nix. Et ecce, apparuérunt illis Móyses et Elías cum eo loquéntes. Respóndens autem Petrus, dixit ad Jesum: Dómine, bonum est nos hic esse: si vis, faciámus hic tria tabernácula, tibi unum, Móysi unum et Elíæ unum. Adhuc eo loquénte, ecce, nubes lúcida obumbrávit eos. Et ecce vox de nube, dicens: Hic est Fílius meus diléctus, in quo mihi bene complácui: ipsum audíte. Et audiéntes discípuli, cecidérunt in fáciem suam, et timuérunt valde. Et accéssit Jesus, et tétigit eos, dixítque eis: Súrgite, et nolíte timére. Levántes autem óculos suos, néminem vidérunt nisi solum Jesum. Et descendéntibus illis de monte, præcépit eis Jesus, dicens: Némini dixéritis visiónem, donec Fílius hóminis a mórtuis resúrgat.”

[In quel tempo Gesù prese con sé Pietro, e Giacomo, e Giovanni, suo fratello, e li menò separatamente sopra un alto monte; e fu dinanzi ad essi trasfigurato. E il suo volto era luminoso come il sole, e le sue vesti bianche come la neve. E ad un tratto apparvero ad essi Mosè ed Elia, i quali discorrevano con lui. E Pietro prendendo la parola, disse a Gesù: Signore, buona cosa è per noi lo star qui: se a te piace, facciam qui tre padiglioni, uno per te, uno per Mosè, e uno per Elia. Prima che egli finisse di dire, ecco che una nuvola risplendente, li adombrò. Ed ecco dalla nuvola una voce che disse: Questi è il mio Figliuolo diletto, nel quale io mi sono compiaciuto: lui ascoltate. Udito ciò, i discepoli caddero bocconi per terra, ed ebbero gran timore. Ma Gesù si accostò ad essi, e toccolli, e disse loro: Alzatevi, e non temete. E alzando gli occhi, non videro nessuno, fuori del solo Gesù. E nel calare dal monte, Gesù ordinò loro, dicendo: Non dite a chicchessia quel che avete veduto, prima che il Figliuol dell’uomo sia risuscitato da morte.]

OMELIA

Sull’elemosina.

Date eleemosynam, et ecce omnia munda sunt vobis.

(Luc. XI, 41).

Possiamo immaginare, Fratelli miei, cosa più consolante per un Cristiano il quale ha avuto la sventura di peccare, che il trovare mezzo così facile di soddisfare la giustizia divina per le colpe commesse? Gesù Cristo, nostro divin Salvatore non brama che la nostra felicità e non ha trascurato alcun mezzo per mostrarcelo. Sì, M. F., con l’elemosina noi possiamo facilmente redimere i nostri peccati e attirare le più abbondanti benedizioni del cielo sui nostri beni e sulle nostre persone; o, per meglio dire, coll’elemosina possiamo evitare le pene eterne. Oh! M. F., quanto è buono Iddio, che si contenta di così poca cosa. – M. F., se Dio lo avesse voluto, saremmo stati tutti eguali. Invece no: egli prevedeva che, essendo noi tanto orgogliosi, non ci saremmo sottomessi gli uni agli altri. E appunto per questo che egli ha messo nel mondo i ricchi e i poveri, perché potessimo, cioè, aiutarci scambievolmente a salvarci. I poveri salveranno sopportando con rassegnazione la loro miseria, e domandando con pazienza soccorso ai ricchi. I ricchi troveranno dal loro mezzo di redimere i loro peccati dimostrando compassione pei poveri, e soccorrendoli quanto potranno. Voi vedete, o F. M., a questo modo tutti possiamo salvarci. – Se è pel povero dovere indispensabile soffrire la povertà con rassegnazione e chiedere con umiltà soccorso ai ricchi; è altresì dovere indispensabile dei ricchi fare l’elemosina ai poveri, che sono loro fratelli; poiché da ciò dipende la loro salvezza. Disgraziatissimo è agli occhi di Dio chi vede soffrire il proprio fratello e, potendolo, non lo soccorre. – Per stimolarvi a fare l’elemosina, per quanto vi sarà possibile, e con retta intenzione piacere a Dio, vi mostrerò:

1° Che l’elemosina è efficace presso Dio per ottenerci tutto ciò che desideriamo;

2° Che l’elemosina libera chi la fa dal timore del giudizio universale;

3° Che siamo ingrati quando trattiamo con durezza i poveri, perché, sprezzandoli, disprezziamo Gesù Cristo medesimo.

I. — Sì, M. F., sotto qualunque aspetto osserviamo l’elemosina, il pregio di essa è sì grande che riesce impossibile di spiegarvene tutto il merito. Solamente il giorno del giudizio ne comprenderemo tutto il valore. E se me ne domandate la ragione, eccovela: possiamo dire che l’elemosina supera tutte le altre buone azioni, perché una persona caritatevole possiede ordinariamente tutte le altre virtù. Leggiamo nella sacra Scrittura che il Signore disse al profeta Isaia: “Va ad annunciare al mio popolo, che i suoi delitti mi hanno talmente irritato, che io non posso più tollerarlo; lo castigherò sterminandolo per sempre. „ Il profeta si presenta in mezzo al popolo adunato, dicendo: “Ascolta, popolo ingrato e ribelle, ecco ciò che dice il Signore Dio tuo: I vostri delitti mi hanno acceso tal furore contro di voi, che le mie mani sono armate di fulmini per abbattervi e disperdervi per sempre. ,, — “Eccovi dunque, dice loro Isaia, senza scampo, voi potrete ben pregare il Signore, Egli chiuderà le orecchie per non intendervi; e se anche piangerete, digiunerete, vi coprirete di cenere, Egli non volgerà i suoi occhi verso di voi; se vi riguarderà, sarà per distruggervi. Tuttavia, in mezzo a tanti mali, ho un consiglio da offrirvi: esso è efficacissimo per commuovere il cuor del Signore, e voi potrete, in qualche modo, forzarlo ad usarvi misericordia. – “Ecco ciò che dovete fare : date una parte dei vostri beni ai vostri fratelli poveri, pane a chi ha fame, abiti a chi è ignudo, e vedrete subito cambiata la vostra sentenza. ,, Infatti appena ebbero cominciato a fare ciò che il profeta aveva suggerito, il Signore chiamò Isaia e gli disse: “Profeta, riferisci al mio popolo che mi ha vinto, che la carità esercitata verso i fratelli fu più della mia collera. Va a dire ad essi che Io perdono loro e prometto la mia amicizia. – O bella virtù della carità, quanto sei potente per placare la collera divina! Ma, quanto sei poco conosciuta dalla maggior parte dei Cristiani dei nostri giorni. Perché questo, o M. F.? Perché noi siamo troppo attaccati alla terra; non pensiamo che alla terra; pare che viviamo solo per la terra; abbiamo perduto di vista i beni del cielo e non ne abbiamo più stima. Noi vediamo altresì che i Santi hanno amato talmente questa virtù, che credevano impossibile salvarsi, senza averla praticata. Poi vi dirò anzitutto che Gesù Cristo, il quale ha voluto esserci di modello in ogni cosa, ha portato questa virtù all’ultimo grado di perfezione. Se ha lasciato il seno del Padre per venire sulla terra; se è nato povero; se è vissuto nei patimenti ed è morto nel dolore, è la sua carità che l’ha ispirato a questo. Vedendoci tutti perduti, la carità lo ha mosso a fare tutto quello che ha fatto per salvarci da quell’abisso di mali eterni in cui il peccato ci aveva precipitati. Quando viveva quaggiù il suo cuore era così ripieno di carità, che non poteva vedere né malati, né morti, né sofferenti senza dar loro sollievo, risuscitarli e consolarli; per amor loro ha operato miracoli. Un giorno vedendo che quelli che lo seguivano nelle sue predicazioni erano senza nutrimento, con cinque pani e alcuni pesci saziò quattromila uomini, senza contare le donne e i fanciulli; un’altra volta ne saziò cinquemila. Per mostrare loro come sentisse vivamente le loro miserie, si rivolse agli Apostoli e disse con accento di tenerezza: “Ho compassione di questo popolo che mi dà tanti segni di affetto; non so più resistere, farò un miracolo per sostentarlo. Temo che se lo rimando, senza dar ad esso da mangiare, molti sveniranno lungo la via. Fateli sedere, distribuite loro questa piccola provvista di cibo: la mia potenza supplirà alla sua insufficienza „(Matt., XV, 32-38). E provò nel sollevarli gioia sì grande, che non pensò a se stesso. O virtù della carità, quanto sei bella, quanto sono abbondanti e preziose le grazie che ti sono congiunte! Perciò vediamo che i Santi dell’Antico Testamento sembravano presentire quanto sarebbe stata cara al Figliuolo di Dio questa virtù; parecchi posero in essa ogni loro felicità e passarono la vita praticando questa virtù bella e amabile. – Leggiamo nella sacra Scrittura che Tobia, condotto schiavo nell’Assiria, godeva esercitare questa virtù verso gli infelici. Sera e mattina distribuiva quanto aveva ai poveri, senza senza riserbare nulla per sé. Ora lo si vedeva accanto agli infermi, esortandoli perché offrissero i loro dolori con rassegnazione alla volontà di Dio, e facendo loro conoscere quale grande ricompensa avrebbero nell’eternità; ora lo si vedeva spogliarsi dei suoi abiti per darli ai poveri. Un giorno gli fu detto, che era morto un povero e che nessuno pensava a dargli sepoltura. Era a tavola, ma tosto si leva, va a prenderlo sulle sue spalle e lo porta al luogo dove doveva essere seppellito. Credendosi vicino a morire, chiamò presso il suo figliuolo, e gli disse: “Figlio credo che il Signore presto mi toglierà da questo mondo. Ho una cosa importante da raccomandarti, prima di morire. Promettimi di osservarla. Fa elemosina in tutti in tutti i giorni di tua vita, e non divergere mai il tuo sguardo dal povero. Fa elemosina come potrai. Se hai molto, dà molto; se poco, dà poco, ma dà con buon cuore e con ilarità. Così accumulerai grandi tesori pel giorno del Signore. Non perdere mai di vista che l’elemosina cancella i nostri peccati e ci preserva dal ricadervi. Il Signore ha promesso che un’anima caritatevole non cadrà nelle tenebre dell’inferno, dove non vi è più misericordia. Figlio mio, non disprezzare mai il povero e non frequentare la compagnia di coloro che lo avviliscono; perché il Signore ti manderebbe in perdizione. – La casa di colui che fa elemosina ha fondamento sulla pietra e non crollerà. Mentre la abitazione di chi negherà l’elemosina rovinerà dalle fondamenta; „ volendo con ciò farci intendere, o F. M., che una famiglia caritatevole non diverrà mai povera; e quelli che sono senza carità pei poveri periranno coi loro beni. Il profeta Daniele ci dice: “Se vogliamo indurre il Signore a dimenticare i nostri peccati, facciamo elemosina, e subito il Signore li cancellerà dalla sua memoria. „ Il re Nabucodònosor avendo avuto durante la notte un sogno che l’aveva tutto spaventato, fece venire il profeta Daniele pregandolo di volergliene spiegare il significato. Il profeta gli disse: “Re, tu sarai cacciato dalla compagnia degli uomini; ti nutrirai d’erba come le bestie; la pioggia del cielo bagnerà il tuo corpo; e resterai sette anni in questo stato, perché tu riconosca che tutti i regni appartengono a Dio, che li dà a chi gli piace e li toglie quando gli piace. Re, disse il profeta, ecco il consiglio che ti do: Riscatta i tuoi peccati coll’elemosina e le tue iniquità con le buone opere a vantaggio degli infelici.,, Il Signore infatti si lasciò commuovere dalle elemosine e dalle buone opere che il re fece a prò dei poveri; gli restituì il regno, e perdonò le sue colpe. (Dan. IV). – Vediamo altresì che al tempo dei primitivi Cristiani, i fedeli sembravano essere contenti di avere dei beni, soltanto per gustar la gioia di offrirli a Gesù Cristo nella persona dei poveri. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che la loro carità era sì grande che non volevano possedere nulla di proprio. Molti vendevano i loro beni per darne il prezzo ai poveri. (Act. II, 44, 45). S. Agostino scrive: “Quando non avevamo la fortuna di conoscere Gesù Cristo, avevamo sempre paura che ci mancasse il pane; dacché abbiamo la ventura di conoscerlo, non amiamo più le ricchezze. Ne conserviamo qualche poco, solo per farne parte ai poveri e viviamo assai più contenti ora che serviamo soltanto Iddio. ,, – Udite Gesù Cristo medesimo che ci dice nell’Evangelo: “Se fate elemosina, io benedirò in modo particolare i vostri beni. Date, Egli ci ripete, e vi sarà dato; se darete abbondantemente sarà dato anche a voi con abbondanza. „ Lo Spirito Santo poi ci dice per bocca del Savio: “Volete diventar ricchi? Fate elemosina, perché il seno dell’indigente è un campo fertilissimo che rende il cento per uno.„ (Prov. XXIX, 13). – S. Giovanni, detto l’elemosiniere per la sua carità verso i poveri, ci dice che più dava e più riceveva. “Un giorno, egli racconta, io trovai un povero ignudo, e gli diedi gli abiti che avevo indosso. Poco dopo una persona mi offrì denaro bastante per comperarne parecchi. „ Lo Spirito Santo ci dice che chi disprezzerà il povero sarà infelice in tutti i giorni di sua vita.,, (Prov. XVII, 5). E il santo re Davide ci dice: “Figliuol mio, non permettere che il tuo fratello muoia di miseria, se hai qualche cosa da dargli; perché il Signore promette una benedizione copiosa a chi soccorre il povero; egli veglierà alla di lui conservazione. „ (Psal. XL, 1) E aggiunge che coloro i quali saranno misericordiosi verso i poveri, il Signore li preserverà da una morte cattiva. Ne abbiamo un bell’esempio nella vedova di Sarepta. Il Signore mandò il profeta Elia a soccorrerla nella sua povertà, lasciò che tutte le vedove d’Israele soffrissero la fame. Se volete saperne la ragione, eccovela: “Perché, disse il Signore al profeta, ella è stata caritatevole durante tutta la sua vita. „ Il profeta le disse: “La tua carità ti ha meritato una protezione particolare dal Signore: i ricchi col loro denaro periranno di fame, ma tu, caritatevole verso i poveri, sarai soccorsa, perché le tue provviste non verranno meno sino alla fine della fame. ,,(III Reg. XVII).

II. — Ho detto, in secondo luogo, che coloro i quali avranno fatto elemosina non paventeranno il giorno del giudizio universale. È cosa certa che quel momento sarà terribile: il profeta Gioele lo chiama il giorno delle vendette del Signore, giorno senza misericordia, giorno di spavento e di disperazione pel peccatore… Ma, ci dice questo profeta, volete che questo giorno sia per voi non un giorno di disperazione, ma di consolazione? Fate elemosina, e sarete contenti .,, (Gioel. II, 2). Un santo aggiunge: “Se non volete il giudizio, fate elemosina, e sarete ben accolto dal vostro giudice. „ Se la cosa è così, non dovrebbesi dire, o M. F., che dall’elemosina dipende la nostra salvezza? Infatti, Gesù Cristo quando ci parla del giudizio che dovremo subire, ci parla esclusivamente dell’elemosina, dicendo ai buoni: “Ebbi fame e mi avete dato da mangiare; ebbi sete e mi avete dato da bere; ero ignudo e mi avete rivestito; ero prigioniero e siete venuti a visitarmi. Venite, o benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno che vi è stato preparato fin dal principio del mondo. „ All’incontro Egli dirà ai peccatori: “Allontanatevi da me, o maledetti; ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi avete dato da bere; ero ignudo e non mi avete rivestito; ero infermo e prigioniero e non siete venuti a visitarmi. „ — “Quando mai, gli diranno i peccatori, vi abbiamo trattato a questo modo? „ — ” Ogni volta che avete trascurato di far questo a vantaggio dei miei più piccoli, che sono i poveri. ,, (Matth. V, 7).   Vedete dunque, F. M., che il giudizio sarà fatto esclusivamente sull’elemosina. Forse questo vi reca meraviglia? Eppure, M. F.. non è cosa difficile a comprendersi. Colui il quale possiede una verace carità, cerca solamente Iddio, e vuole piacere soltanto a Lui: possiede tutte le altre virtù, e in alto grado di perfezione, come vedremo fra breve. – La morte, è vero, spaventa i peccatori, ed anche i più giusti, per il terribile conto che si dovrà rendere a Dio, il quale sarà allora senza misericordia. Questo pensiero faceva tremare S. Ilarione che da 70 anni piangeva i suoi peccati; e S. Arsenio, che aveva lasciato la corte dell’imperatore per andar a passare la vita nel cavo di una roccia e piangervi per tutto il resto de’ suoi giorni. Quando pensava al giudizio faceva tremare il suo povero giaciglio. Il santo re Davide pensando ai suoi peccati esclamava: “Ah! Signore, date più le mie colpe. „ Ma egli diceva altresì: “Fate elemosina e non temerete quel giorno sì spaventevole pei peccatori. ,, Sentite Gesù Cristo in persona che ci dice “Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. ,, (Matt. VII, 7). E altra volta soggiunge: “Come avrete trattato i vostri fratelli, così sarete trattati anche voi; „ (Id. VII, 2), che è quanto dire: Se avrete avuto pietà del vostro fratello, Dio avrà pietà di voi. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che era morta in Joppe una buona vedova. I poveri andarono incontro a S. Pietro pregandolo di risuscitarla; e chi gli mostrava gli abiti che la buona vedova gli aveva fatto, chi altre cose. S. Pietro lasciò che piangessero, poi “Il Signore – disse loro – è tanto buono, e vi concederà quello che gli chiedete. „ S’avvicinò alla morta e le disse: “Levati, le tue elemosine ti meritano una seconda volta la vita. „ (Il Venerabile sembra dire che s. Pietro si trovava già in Joppe. Secondo gli Atti (cap. IX), S. Pietro era in una città vicina a Joppe, a Lidda, in cui due uomini, mandati dai fedeli di Joppe, vennero a pregarlo di recarsi in quest’ultima città e risuscitare la santa vedova chiamata Tabita. S. Pietro effettivamente li seguì, e fu allora che gli mostrarono gli abiti fatti da Tabita e che egli richiamò alla vita questa benefattrice dei poveri.). – Ella si alzò e S. Pietro la riconsegnò a’ suoi poveri. Non saranno solamente i poveri, o F. M., che pregheranno per voi; ma le vostre stesse elemosine saranno dinanzi a Dio come altrettanti protettori, che imploreranno grazia per voi. Leggiamo nel Vangelo che il regno de’ cieli è simile ad un re, che da’ suoi servitori si fece rendere conto di quanto gli dovevano. Gli si presentò uno che era debitore di 10,000 talenti. Non avendo costui con che pagare, il re comandò subito che fosse messo in prigione con tutta la sua famiglia, e che vi rimanesse finché avesse scontato tutto quello che gli doveva. Ma il servitore si gettò ai suoi piedi e gli chiese la grazia di aspettare qualche tempo ancora, che lo avrebbe pagato appena potesse. Il padrone, mosso a pietà gli condonò tutta la somma che gli doveva. Il servo, lasciato il padrone, incontrò un suo compagno che gli doveva cento denari, e tosto l’afferrò per la gola, esclamando: “Rendimi quanto mi devi. „ L’altro lo supplicò di attendere qualche po’ di tempo, che lo avrebbe pagato. Ma egli non s’arrese e lo fece mettere in carcere a scontarvi il debito. Il padrone lo seppe, e irritato per questa condotta, gli disse: “Servo iniquo, non dovevi tu pure aver compassione del tuo fratello, come io l’ebbi di te? „ (Matth. XVIII). Ecco, F. M., in qual maniera Gesù tratterà nel giorno del giudizio coloro che saranno stati buoni e misericordiosi verso i fratelli poveri raffigurati nella persona del debitore che ottiene misericordia. Ma a quelli che saranno stati duri e crudeli coi poveri, accadrà ciò che accadde a quel servo senza cuore; il padrone, ordinò che, legato mani e piedi, fosse gettato nelle tenebre esteriori dov’è pianto e stridore di denti. Vedete dunque, o miei cari, che è impossibile che una persona caritatevole vada dannata.

III. — In terzo luogo, F. M., ciò che deve stimolarci a fare con gioia e di buon cuore l’elemosina, è il sapere che la facciamo a Gesù Cristo medesimo. Nella vita di S. Caterina da Siena si legge che una volta, incontrato un povero, gli diede una croce; un’altra volta diede la sua veste ad una povera donna. Qualche giorno dopo le apparve Gesù Cristo e le disse che aveva ricevuto quella croce e quella veste messa da lei tra le mani dei poveri, e che gli erano state così gradite che Egli aspettava il giorno del giudizio per mostrarle a tutto l’universo. S. Giovanni Crisostomo dice: “Figliuol mio, dà al tuo fratello povero un tozzo di pane e riceverai il paradiso; dà qualche poco e riceverai molto; dà i beni perituri e riceverai i beni eterni. Pei doni che fai a Gesù Cristo nella persona dei poveri, avrai una ricompensa eterna. „ S. Ambrogio ci dice che l’elemosina è quasi un secondo battesimo e un sacrificio di propiziazione che placa la collera divina e ci fa trovar grazia dinanzi al Signore. Sì, M. F., questo è verissimo perché, quando diamo, diamo a Dio medesimo. Leggiamo nella vita di S. Giovanni di Dio che avendo un giorno trovato un povero tutto coperto di piaghe, lo prese e lo portò all’ospedale, che aveva fondato pei poveri. Quando vi fu giunto e gli ebbe lavati i piedi, per metterlo a letto, s’avvide che i piedi erano traforati. Tutto meravigliato, alzando gli occhi, riconobbe Gesù Cristo in persona che s’era nascosto sotto le sembianze di quel povero per eccitare la sua compassione. Gesù gli disse: “Giovanni, io sono contento di vedere come ti prendi cura de’ miei poveri.„ Un’altra volta trovò un fanciullo miserabilissimo, se lo caricò sulle spalle; passando accanto a una fontana, sentendosi stanco e volendo bere, pregò il fanciullo di discendere. Era anche questa volta Gesù Cristo in persona che gli disse: “Giovanni, ciò che fai ai poveri, è come se lo facessi a me. „ I servizi prestati ai poveri e agli infermi, sono così graditi, che molte volte furono visti gli Angeli discendere dal cielo per aiutare con le loro mani S. Giovanni di Dio a servire gli ammalati; dopo di che scomparivano. – Leggiamo nella vita di S. Francesco Saverio che, andando egli a predicare nei paesi infedeli, incontrò sul suo cammino un povero tutto coperto di lebbra, e gli fece l’elemosina. Dopo fatti alcuni passi si pentì di non averlo abbracciato per mostrargli quanta parte egli prendeva alle sue sofferenze. Ma ritornando sui suoi passi per rivederlo, non scorse più alcuno; quel povero era un Angelo apparsogli sotto la sembianza di un lebbroso. Ah!  qual rammarico soffriranno nel giorno del giudizio coloro che avranno disprezzato e schernito i poveri, quando Gesù Cristo farà loro toccare con mano che è a lui in persona che essi hanno fatto ingiuria. Ma quale gioia altresì, o M. F., godranno coloro i quali riconosceranno che tutto il bene fatto ai poveri lo hanno fatto a Gesù Cristo in persona. “Sì, dirà loro Gesù Cristo; sono io che avete visitato nella persona di quel povero; a me avete reso servigio; a me avete fatto elemosina alla vostra porta. „ – Ciò è tanto vero, F. M., che si narra nella storia di un gran Papa, S. Gregorio Magno, che egli teneva ogni giorno alla sua tavola dodici poveri in onore dei dodici Apostoli. Un giorno, contatine tredici, chiese a chi ne aveva l’incarico, perché fossero tredici e non dodici, come egli aveva ordinato. “Santo Padre, gli disse l’economo, io ne veggo soltanto dodici. „ Ed egli invece ne vedeva tredici. Chiese a coloro che gli stavano vicini se ne vedevano tredici, o no: risposero che ne vedevano dodici soltanto. Dopo che ebbero mangiato, prese per mano il tredicesimo, che egli aveva distinto perché lo osservava cambiare di tanto in tanto colore; lo condusse nella sua stanza e gli domandò chi fosse. Quegli gli rispose che era un Angelo, nascostosi sotto l’apparenza di un povero; che aveva ricevuto un’elemosina da lui quand’era ancor religioso, e che Dio, a motivo della sua carità, gli aveva dato incarico di custodirlo per tutta la sua vita, e fargli conoscere ciò che gli conveniva fare per ben regolarsi in tutto ciò che avrebbe compiuto pel bene della sua anima e per la salute del prossimo. Ecco, o M. F., come Dio lo ricompensò della sua carità. Non diremo, dunque che la nostra salvezza pare che dipenda dall’elemosina? Sentite ora ciò che accadde a S. Martino mentre passava per una via. Incontrò un povero, estremamente bisognoso, e’ ne fu profondamente commosso che, non avendo nulla con cui soccorrerlo, tagliò metà del suo manto e glielo diede. La notte seguente Gesù Cristo gli apparve ricoperto di metà della veste, e circondato da una schiera di Angeli, ai quali diceva: “Martino, ancora catecumeno mi ha dato questa metà della sua veste; „ sebbene S. Martino l’avesse data ad un viandante. No, M. F., non vi sono azioni per le quale Dio faccia tanti miracoli, come per le elemosine. Si narra nella storia di un signore agiato che, incontrato un povero, e, osservandone la miseria, ne fu commosso fino alle lacrime. Non stette a pensarvi su tanto, si levò il soprabito e glielo diede. Pochi giorni dopo seppe che quel povero l’aveva venduto e ne provò vivo rincrescimento. Nelle sue orazioni diceva a Gesù Cristo: “Mio Dio, vedo bene che io non meritavo che quel povero portasse il mio soprabito. „ Nostro Signore gli apparve tenendo quella veste tra le mani e gli disse: “Riconosci quest’abito? „ ed egli esclamò “Ah! mio Dio, è quello che io ho dato al povero. „ — “Vedi dunque che non è perduto, e che mi hai fatto piacere dandolo a me nella persona del povero. „ – S. Ambrogio ci dice che mentre egli distribuiva l’elemosina a parecchi poveri, si ritrovò in mezzo ad essi anche un Angelo: ricevette l’elemosina sorridendo e disparve. – Noi possiamo dire di una persona caritatevole, anche se colpevole, che ella ha grande speranza di salvezza. Leggiamo negli Atti degli Apostoli, che Gesù Cristo apparve a S. Pietro e gli disse: ” Va a trovare il centurione Cornelio, perché le sue elemosine sono salite fino a me e gli hanno meritato la salute. „ S. Pietro andò a visitare Cornelio, lo trovò occupato a pregare, e gli disse: “Le tue elemosine Dio le ha così gradite, che Egli mi manda ad annunziarti il regno de’ cieli ed a battezzarti (Act. X). „ Per tal guisa, o F. M., le elemosine di Cornelio furono cagione che egli e tutta la sua famiglia fossero battezzati. Ma ecco un esempio che vi mostrerà quanto potere ha l’elemosina di arrestare il braccio della giustizia divina. Si racconta nella storia della Chiesa che l’imperatore Zenone aveva caro di fare il bene ai poveri; ma era assai sensuale e voluttuoso; tanto che aveva rapito la figlia d’una dama onorata e virtuosa, e ne abusava con grande scandalo di tutti. Quella povera madre, desolata fino alla disperazione andava spesso alla chiesa della Vergine per lamentarsi con Lei dell’oltraggio che si faceva alla sua figliuola. “Vergine Santa, diceva, non siete Voi il rifugio degli infelici, degli afflitti e la protettrice dei deboli? Come, dunque, permettete questa oppressione ingiusta, questo disonore che si fa alla mia famiglia?„ La Ss. Vergine le apparve disse: “Sappi, figlia mia, che da gran tempo il mio Figliuolo avrebbe vendicato l’ingiuria che ti vien fatta. Ma questo imperatore ha una mano che lega quella del mio Figliuolo e arresta il corso della sua giustizia. Le elemosine che egli fa in abbondanza impediscono che sia punito. „ – Vedete, F. M., quanto può l’elemosina impedire a Dio di punirci, dopo che noi abbiamo meritato tante volte. S. Giovanni Elemosiniere, patriarca di Alessandria, ci racconta un fatto notevolissimo, avvenuto a lui stesso. Racconta di aver visto un giorno d’inverno, parecchi poveri che stavano riscaldandosi al sole, e contavano fra loro case dove si distribuiva l’elemosina ai poveri e quelle ove la si dava con mal garbo, o non si dava nulla. Fra le altre in discorso vennero a parlare della casa d’un ricco cattivo, che non dava quasi mai l’elemosina, e di lui dissero assai male. Quando uno di essi propose ai compagni che, se volevano scommettere con lui, egli andrebbe a chiedere l’elemosina, certo che otterrebbe qualche cosa. Gli altri risposero che erano disposti a scommettere, ma che egli poteva tenersi sicuro di essere respinto e di tornare a mani vuote; quel ricco, che non aveva mai dato nulla, non avrebbe certamente cominciato a dare ora. Messisi d’accordo fra loro, l’autore della proposta va al palazzo di quel ricco e con grande umiltà gli domanda di dargli qualche cosa nel nome di Gesù Cristo. Quel ricco si adirò talmente, che non avendo a sua portata una pietra da lanciargli contro il capo, visto il domestico che tornava dalla bottega del fornaio col cesto ricolmo di pane, accecato dal furore, ne prese uno e glielo lanciò in faccia. Il povero, per guadagnar la scommessa fatta coi compagni, andò in fretta a raccoglierlo e lo portò ad essi per far vedere che quel ricco gli aveva dato una buona elemosina. Due giorni dopo quel ricco ammalò, ed essendo vicino a morire, gli parve in sogno di venir condotto al tribunale di Dio per esservi giudicato. Gli parve di vedere qualcuno che portasse innanzi una bilancia su cui pesare il bene e il male. Vide da una parte Iddio, dall’altra il demonio che presentava i peccati da lui commessi durante tutta la sua vita; peccati che erano numerosissimi. Il suo Angelo custode non aveva per conto suo nulla da mettere, nessuna opera virtuosa che controbilanciasse il male. Iddio gli chiese che cosa egli presentasse da mettere per conto suo. E l’Angelo, addolorato di non aver nulla, rispose: “Signore, non ho niente. „ Ma Gesù soggiunse: “E il pane che ha gettato in faccia a quel povero? Mettilo sulla bilancia e vincerà il peso de’ suoi peccati. „ Infatti, avendolo l’Angelo messo sulla bilancia, esso la fece piegare dalla parte buona. Allora l’Angelo fissandolo in volto: “Sciagurato, gli disse, senza questo pane, tu saresti piombato nell’inferno; va a far penitenza; dà ai poveri quanto potrai, diversamente sarai dannato. „ Quel ricco, svegliatosi, andò a trovare S. Giovanni l’Elemosiniere, gli raccontò la visione avuta e la storia della sua vita piangendo amaramente la sua ingratitudine verso Dio, al quale era debitore di tutto ciò che aveva, e la sua durezza verso i poveri, e ripetendo: “Ah! Padre mio, se un pane solo dato con mal garbo ad un povero, mi strappa dalle unghie del demonio, quanto posso rendermi propizio il Signore dando a Lui tutti i miei beni nella persona dei poveri!„ E arrivò a tal punto quando per via incontrava un povero, se aveva nulla da dargli, si spogliava dell’abito e lo permutava con quello del povero; scorrendo tutto il resto di sua vita nel piangere i propri peccati e dare ai poveri quanto possedeva. Che ne pensate ora, M. F.? Non è forse vero che voi non vi siete mai fatto un giusto concetto della grandezza dell’elemosina? – Ma quell’uomo si spinse anche più oltre. Sentite: Un giorno incontrò per via un domestico che era stato un tempo al suo servizio, e senza rispetto umano o altro riguardo: “Amico, gli disse, forse non ti ho ricompensato abbastanza delle tue fatiche: fammi un favore, conducimi in città, là mi venderai, per compensarti dell’ingiustizia che posso averti arrecato non pagandoti abbastanza. „ Il domestico lo vendette per trenta denari. Pieno di gioia di vedersi all’ultimo grado di povertà, serviva il suo padrone con incredibile gioia, ciò che fece nascere negli altri servi tale invidia, che lo disprezzavano e spesso lo battevano. Mai egli aprì bocca per lamentarsi. Il padrone accortosi del trattamento che veniva usato allo schiavo che egli amava, li rimproverò fortemente perché osavano trattarlo a quel modo. Poi chiamò a sé il ricco convertito, del quale non conosceva neppure il nome, e gli chiese chi fosse e quale la sua condizione. Il ricco gli narrò quanto gli era accaduto, e il padrone, che era l’imperatore, ne rimase commosso. Fu sì grande la sua meraviglia e la sua commozione, che si diede a piangere dirottamente; si convertì subito e passò il resto di sua vita facendo quante più elemosine poteva. – Ditemi, avete voi compreso bene il pregio dell’elemosina e quanto è meritoria per chi la fa? F. M., dell’elemosina vi ripeterò quello che si dice della divozione alla Ss. Vergine, chi la pratica con animo buono non può andare perduto. Non ci meravigliamo dunque, F. M., se questa virtù è stata comune a tutti i santi dell’Antico e del Nuovo Testamento. So bene, o F. M., che chi ha il cuor duro, è avaro e insensibile alle miserie del suo prossimo, e troverà mille scuse per non fare elemosina. Mi direte: “Vi sono poveri buoni, e ve ne sono molti altri che non meritano si faccia loro elemosina; gli uni consumano all’osteria ciò che loro si dà, altri al giuoco o in golosità. „ — È verissimo, vi sono ben pochi poveri che facciano buon uso di ciò che ricevono dalla mano dei ricchi, questo dimostra che sono pochi i poveri buoni. Alcuni mormorano nella loro povertà, se non si dà loro tutto quello che vogliono; altri portano invidia ai ricchi, li maledicono augurando che Dio tolga ad essi tutti i loro beni, affinché imparino che cos’è povertà. Convengo anch’io che questo è male: e sono appunto costoro che meritano il nome di poveri cattivi. Ma in proposito ho una parola da dirvi. Questi poveri che voi biasimate dicendo che sono famosi mangiatori, che non hanno misura, e che, se sono tali, non è forse senza loro colpa, questi poveri, ripeto, vi domandano l’elemosina non a nome proprio, ma in nome di Gesù Cristo. Sieno buoni o cattivi, importa poco, poiché voi date a Gesù Cristo medesimo, come vi ho ripetuto fin qui. È Gesù Cristo che vi ricompenserà. Ma, mi soggiungerete voi: “È una cattiva lingua, un vendicativo, un ingrato. „ — Tutto questo non vi riguarda affatto; avete modo di fare elemosina in nome di Gesù Cristo, col pensiero di piacere a lui, di redimere i vostri peccati: lasciato da parte tutto il resto, voi avete a che fare con Dio; state tranquillo: le vostre elemosine non saranno senza frutto, anche se affidate alle mani di poveri cattivi che voi disprezzate. D’altra parte, quel povero che vi ha offerto motivo di scandalo, otto giorni fa, e che avete visto ubbriaco o dato allo stravizio, chi vi assicura che oggi non sia convertito e carissimo a Dio? – Volete sapere, perché andate in cerca di pretesti, per esimervi dal fare elemosina? Sentite una parolina, che riconoscerete vera, se non adesso, almeno all’ora di morte: l’avarizia ha messo radice nel vostro cuore, togliete quella pianta maledetta e non vi rincrescerà più di far elemosina, sarete contento anzi, di farla, e diventerà la vostra gioia. — “Ah! dite voi, ma se io non ho niente, nessuno mi dà nulla. „ — Nessuno vi dà nulla? Ma, e da chi viene tutto quello che possedete? Non viene dalla mano di Dio che ve lo ha dato, a preferenza di tanti altri che sono poveri e molto meno peccatori di voi? Pensate dunque a Dio …. Volete dare qualche cosa di più, date: avrete in tal guisa la bella sorte di redimere i vostri peccati facendo al tempo stesso del bene al vostro prossimo. Sapete, M. F., perché non abbiamo nulla da dare ai poveri, e perché non siamo mai contenti di quello che possediamo? Non avete di che fare elemosina, ma avete pur modo di comprar terreni. Avete sempre paura che vi manchi la terra sotto i piedi; ma aspettate di aver qualche metro di terra sul capo e sarete soddisfatto. – Non è vero, o padre di famiglia, che avete nulla da dare in elemosina; ma avete denaro per comprar terreni? Dite piuttosto che, l’andar salvi ovvero dannati non vi importa gran che; vi basta che la vostra cupidigia sia soddisfatta. Amate d’ingrandirvi, perché i ricchi sono onorati e rispettati, mentre i poveri sono disprezzati. Non è vero, o madre, che non avete nulla da dare ai poveri, ma bisogna poi provvedere ornamenti di vanità alle vostre figliuole, comprare fazzoletti di pizzo, fare portare ad esse collane a quattro file, orecchini, catenelle, vezzi? — “Ah! mi direte voi, se le lascio portare questi ornamenti non domando niente a nessuno; sono cose necessarie; non inquietatevi per questo.,, — Buona mamma, ve lo dico solo di passaggio, perché nel giorno del giudizio vi rammentiate che ve l’ho detto: non domandate nulla a nessuno, è vero; ma vi dirò che per questo non siete meno colpevole, anzi siete ugualmente colpevole che se trovaste un povero per via e gli toglieste il poco denaro che ha. — ” Ah! Mi direte voi, se spendo quel denaro pei miei figli, so io quanto mi costa. „ — Ed io vi dirò ancora, sebbene non vogliate riconoscerlo: voi siete colpevole agli occhi di Dio, e questo basta per dannarvi. E se mi domandate perché, vi rispondo così: perché i vostri beni non sono che un deposito affidato da Dio alle vostre mani; tolto ciò che è necessario a voi e alla vostra famiglia, il resto è dovuto ai poveri. Quanti hanno denaro e lo tengono chiuso, mentre tanti poveri muoiono di fame! Quanti altri hanno grande abbondanza di abiti, mentre tanti sventurati soffrono il freddo! Ma, forse voi siete a servizio e non avete nulla da dare in elemosina; non possedete che il vostro stipendio? Ah! se lo voleste, potreste anche voi aver mezzo di far elemosina: lo trovate pure il denaro per trarre le fanciulle al mal fare, per andare all’osteria o al ballo. — Ma direte voi, noi siamo poveri, abbiamo appena di che vivere.„ — Ma, cari miei, se il giorno della sagra faceste meno spese, avreste qualche cosa da dare ai poveri. Quante volte siete andati a Villefranche per puro divertimento senza aver nulla da fare; o a Montmerle, o altrove. Fermiamoci qui, la verità è troppo chiara e scottante e l’andare più oltre potrebbe irritarvi. –  Ah! F. M., se i santi avessero fatto come noi non avrebbero avuto di che fare elemosina; ma perché  sapevano quanto bisogno avevano di farla, risparmiavano quanto potevano a questo scopo e avevano sempre qualche cosa in serbo. – E poi, o F . M., non ogni carità si fa con il denaro. Potete andare a visitare un infermo, a tenergli per qualche ora compagnia, fargli qualche servizio, rifare il suo letto o apparecchiargli i rimedi, consolarlo nelle sue sofferenze, fargli una devota lettura. Tuttavia, debbo rendervi questa giusta testimonianza che, generalmente, voi amate di far elemosina ai poveri e li compatite. Ma ciò che mi tocca di osservare si è che pochissimi la fanno in maniera da meritarne la ricompensa; ed eccone il perché: gli uni fanno l’elemosina ai poveri per essere stimati persone dabbene; gli altri per compassione e perché sono mossi dall’altrui miseria; altri poi perché li amano, perché son buoni, perché applaudono alla lor maniera di vivere; altri forse perché ne ricevono o almeno ne sperano qualche servizio. Ebbene, F. M., tutti coloro che nel fare elemosina non hanno che queste mire, non possiedono le condizioni richieste perché l’elemosina sia meritoria. Ve ne sono di quelli che a certi poveri, pei quali nutrono una certa genialità, darebbero quanto posseggono, mentre per gli altri hanno un cuore crudele. – Comportarsi a questo modo, o M. F., è fare quello che fanno i pagani, i quali, malgrado le loro opere buone, non andranno salvi. Ma, penserete tra voi, come deve dunque farsi l’elemosina perché sia meritoria? M. F., eccovelo in due parole; ascoltatemi attentamente: dobbiamo avere in mira in tutto ciò che facciamo di bene a vantaggio del nostro prossimo, di piacere a Dio che ce lo comanda, e di salvare le nostre anime. Ogni volta che la vostra elemosina non è accompagnata da queste pie intenzioni, l’opera buona che fate è perduta pel cielo. Questa è la ragione che ci spiega perché pochissime opere buone ci accompagneranno dinanzi al tribunale di Dio; perché, cioè, le facciamo con spirito puramente umano. Amiamo di essere ringraziati e che si parli di quel che abbiam fatto, che ci si ricambi con qualche servizio, e ne parliamo volentieri anche noi per far vedere che siamo persone caritatevoli. Poi abbiamo delle preferenze; ad alcuni diamo senza misura, ad altri invece non vogliamo dar nulla; anzi li disprezziamo. – Badiamo bene, o M. F., quando non vogliamo o non possiamo soccorrere i poveri, badiamo bene di non disprezzarli, perché sprezzeremmo Gesù Cristo medesimo. Quel poco che diamo, diamolo con buon cuore, colla intenzione di piacere a Dio e di redimere i nostri peccati. Chi possiede schietta carità non ha preferenze; dà ai nemici come agli amici, a tutti egualmente, colla stessa ilarità e con la stessa sollecitudine. Se fosse il caso di fare qualche preferenza, si dovrebbe piuttosto fare elemosina a quelli che ci hanno fatto più dispiacere. Così faceva S. Francesco di Sales. – Vi sono alcuni che se hanno fatto del a una persona e poi questa ha recato loro malcontento, le rinfacciano subito i servigi che le hanno reso. Sbagliate facendo così e perdete tutto il merito della vostra opera buona. Ma, e non ricordate che quella persona vi aveva chiesto aiuto in nome di Gesù Cristo e che voi glielo avete dato per piacere a Dio e redimere i vostri peccati? Il povero è strumento, di cui Dio si serve per farvi quel bene, e null’altro. Anche questa è insidia che il demonio vi tende, e tende a un gran numero d’anime: farci tornare alla mente le nostre opere buone per farci compiacere vanamente in esse, e perdere così tutto il merito. Quando il demonio ce le mette dinanzi alla memoria, bisogna rigettarne subito il ricordo come un cattivo pensiero. Che cosa dobbiamo concludere da tutto questo, o F. M.? Ecco: che l’elemosina ha sì gran pregio agli occhi di Dio ed è così efficace per attirare le misericordie divine, da sembrare quasi che ci dia sicurezza di salute. Bisogna fare elemosina, quanto possiamo, finché viviamo su questa terra; saremo sempre abbastanza ricchi se riusciremo a piacere a Dio e a salvare la nostra anima. Ma bisogna farla con intenzioni interamente pure; cioè tutto per Iddio e niente pel mondo. Saremo pur fortunati se avremo la buona sorte, che, tutte le elemosine da noi fatte quaggiù, ci accompagnino dinanzi al tribunale di Gesù Cristo per aiutarci a guadagnare il paradiso. Questa felicità io vi desidero.

Credo …

IL CREDO

Offertorium

Orémus Ps CXVIII: 47; CXVIII: 48

Meditábor in mandátis tuis, quæ diléxi valde: et levábo manus meas ad mandáta tua, quæ diléxi. [Mediterò i tuoi precetti che ho amato tanto: e metterò mano ai tuoi comandamenti, che ho amato.]

Secreta

Sacrifíciis præséntibus, Dómine, quæsumus, inténde placátus: ut et devotióni nostræ profíciant et salúti.

[Guarda, o Signore, con occhio placato, al presente sacrificio, affinché giovi alla nostra devozione e salute.]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps V: 2-4 – Intéllege clamórem meum: inténde voci oratiónis meæ, Rex meus et Deus meus: quóniam ad te orábo, Dómine.

[Ascolta il mio grido: porgi l’orecchio alla voce della mia orazione, o mio Re e mio Dio: poiché a Te rivolgo la mia preghiera, o Signore.]

Postcommunio

Orémus.

Súpplices te rogámus, omnípotens Deus: ut quos tuis réficis sacraméntis, tibi etiam plácitis móribus dignánter deservíre concédas.

[Súpplici Ti preghiamo, o Dio onnipotente: affinché, a quelli che Tu ristori coi tuoi sacramenti, conceda anche di servirti con una condotta a Te gradita.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.