COMMENTARIO ALL’APOCALISSE DI BEATO DI LIEBANA (13)

L’Arca di Noé

LIBRO SETTIMO

COMINCIA IL LIBRO SETTIMO E LA STORIA DELLO STESSO

(Ap. XIV, 6-13)

Et vidi alterum angelum volantem per medium cæli, habentem Evangelium aeternum, ut evangelizaret sedentibus super terram, et super omnem gentem, et tribum, et linguam, et populum: dicens magna voce: Timete Dominum, et date illi honorem, quia venit hora judicii ejus: et adorate eum, qui fecit cælum, et terram, mare, et fontes aquarum. Et alius angelus secutus est dicens: Cecidit, cecidit Babylon illa magna: quæ a vino iræ fornicationis suæ potavit omnes gentes. Et tertius angelus secutus est illos, dicens voce magna: Si quis adoraverit bestiam, et imaginem ejus, et acceperit caracterem in fronte sua, aut in manu sua: et hic bibet de vino iræ Dei, quod mistum est mero in calice iræ ipsius, et cruciabitur igne, et sulphure in conspectu angelorum sanctorum, et ante conspectum Agni: et fumus tormentorum eorum ascendet in sæcula sæculorum: nec habent requiem die ac nocte, qui adoraverunt bestiam, et imaginem ejus, et si quis acceperit caracterem nominis ejus. Hic patientia sanctorum est, qui custodiunt mandata Dei, et fidem Jesu. Et audivi vocem de caelo, dicentem mihi: Scribe: Beati mortui qui in Domino moriuntur. Amodo jam dicit Spiritus, ut requiescant a laboribus suis: opera enim illorum sequuntur illos.

(E vidi un altro Angelo, che volava per mezzo il cielo, e aveva il Vangelo eterno, affine di evangelizzare gli abitatori della terra, e ogni nazione, e tribù, e lingua, e popolo: e diceva ad alta voce: Temete Dio, e dategli onore, perché è giunto il tempo dèi suo giudizio: e adorate colui che fece il cielo, e la terra, il mare, e le fonti delle acque. E seguì un altro Angelo dicendo: È caduta, è caduta quella gran Babilonia, la quale ha abbeverato tutte le genti col vino dell’ira della sua fornicazione. E dopo quelli venne un terzo Angelo dicendo ad alta voce: Se alcuno adora la bestia e la sua immagine, e riceve il carattere sulla sua fronte, o sulla sua mano: anch’egli berrà del vino dell’ira di Dio, versato puro nel calice della sua ira, e sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi Angeli, e nel cospetto dell’Agnello: e il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli: e non hanno riposo né dì, né notte coloro che adorarono la bestia e la sua immagine, e chi avrà ricevuto il carattere del suo nome. Qui sta la pazienza dei santi, i quali osservano i precetti di Dio e la fede di Gesù. E udii una voce dal cielo che mi diceva: Scrivi: Beati i morti, che muoiono nel Signore. Già fin d’ora dice Io Spirito, che si riposino dalle loro fatiche: poiché vanno dietro ad essi le loro opere.).

SPIEGAZIONE DELLA STORIA DESCRITTA IN PRECEDENZA.

[1] E vidi, disse, un altro Angelo volare in mezzo al cielo. Angelo significa “messaggero, e il cielo è la Chiesa. Un angelo che vola in mezzo al cielo: è la predicazione della Chiesa che si sta diffondendo in tutto il mondo. E che aveva un Vangelo eterno per evangelizzare coloro che abitano sulla terra, ed ogni nazione, razza, lingua e popolo, dicendo: Temete il Signore. Non ha detto di avere il Vangelo e che predicava in ogni nazione, ma che si doveva evangelizzare (infatti si fece in una sola area, in Africa): affinché fosse noto cosa si dovesse fare in ogni nazione. La Chiesa, che predica così in un’area dell’Africa, deve predicare con quella stessa intensità in ogni nazione, quando uscirà dalla Babilonia di questo mondo. Predicava e diceva: Temete il Signore e rendetegli gloria, perché sta arrivando il giorno del suo giudizio, e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti d’acqua. E un secondo Angelo lo seguì dicendo: “Il secondo Angelo” è la predicazione del futuro quando, nella pace futura, la profezia aprirà la sua bocca onde predicare. È caduta, Babilonia la grande, è caduta. Babilonia si riferisce alla città del diavolo: la città del diavolo è il suo popolo, ed ogni corruzione ed opera malefica che esso impiega a perdizione propria e di quella del genere umano. Infatti, come la città di Dio è la Chiesa, così, di contro, la città del diavolo è quella Gerusalemme di cui abbiamo parlato sopra, e che è la Babilonia, perché in questo mondo rimane nella pace del disordine. Come dice il Signore: « In quel giorno io farò di Gerusalemme come una pietra da carico che tutti i popoli vorranno sollevare » (Zac. XII: 3). E quando parlò della rovina di Gerusalemme per mezzo di Isaia, disse: « Questa è la decisione presa per tutta la terra »  (Is. XIV, 26). E quando Zaccaria vide l’ingiustizia del mondo intero, gli fu detto che: « … tu che abiti ancora con la figlia di Babilonia! » (Zac. II, 7), cioè nel popolo del diavolo. Nel vedere che la sua distruzione stava già avvenendo, la nostra Chiesa esclama: è caduta, è caduta Babilonia la grande. E lo ripete due volte, perché cade due volte, quando si separa da Cristo e poi dalla Chiesa. Si dà per scontato ciò che accadrà comunque. Come è detto ancor prima di crocifiggere Cristo: « hanno diviso le mie vesti » (Psal. XXI, 19), anche qui si dice essere già accaduto ciò che ancora poi sarebbe accaduto in Cristo, e che ora vediamo realizzato. Quindi dobbiamo intendere adesso, come Babilonia, questo mondo: essa è già stata condannata agli occhi di Dio, e sarà poi condannata agli occhi di tutti in futuro. Ma nell’inizio della caduta di Babilonia, vediamo chiaramente la pace futura, una volta eliminato lo scisma ed operata questa scissione in tutto il mondo. Perché tutte le nazioni hanno bevuto dal vino della sua fornicazione. Con questa città abbattuta, che ha bevuto il vino della fornicazione di tutte le nazioni – infatti così fu fondata – sono incluse tutte le nazioni che già prima erano state corrotte dalla fornicazione e da ogni impurità, e pure molte genti che non sono sotto il diretto potere di quella Babilonia. Qui divide la stessa realtà in due, per renderla oscura. Quindi è chiaro che tutte le nazioni sono identificate in quella città che beve il vino della fornicazione, cioè di ogni opera impura ed iniqua. – Poi, un terzo angelo li seguì gridando a gran voce: Chiunque adora la bestia e il suo simulacro. Questo è l’annuncio dell’ultima persecuzione, cioè quella che avverrà ai tempi dell’Anticristo per un breve spazio di tempo. … Adora la bestia e la sua immagine: cioè il diavolo e il suo popolo, e la sua testa che sembra uccisa, cioè i sacerdoti che sotto il nome di Cristo servono il diavolo nella Chiesa. E chiunque riceve il marchio sulla fronte … anch’egli berrà il vino dell’ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira. Quando dice berrà anch’egli, indica che c’è un altro che ha bevuto; e siccome abbiamo detto che ci sono due popoli, uno dal diavolo che è fuori della Chiesa – che sono gli infedeli e i gentili – e l’altro che è dentro la Chiesa, che sono solo i Cristiani di nome, ma nella loro condotta non si distinguono dai pagani, ecco perché dice che berranno entrambi del vino dell’ira di Dio. Aveva detto che tutte le nazioni avevano bevuto del vino della fornicazione; e senza fare una distinzione con quelli che, pur non mescolandosi visibilmente con i pagani, adorano la stessa bestia sotto il nome di Cristo, dice: anche egli berrà dell’ira di Dio. E sarà tormentato con fuoco e zolfo alla presenza dei santi Angeli e alla presenza dell’Agnello, e il fumo del suo tormento salirà per i secoli dei secoli. E non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome Qui mostra  che si riferisce a tutti, sia vivi che morti. Perché quando dice: “Coloro che adorano la bestia saranno tormentati dal fuoco e dalla zolfo“, si riferisce ai vivi. Ma quando dice: “Il fumo che sale dal loro tormento, e non hanno riposo giorno e notte“, intende i morti. Qui appare la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù. Ha detto la “costanza” dei santi, cioè il non accettare il marchio dell’immagine della bestia, bensì il marchio dello stesso Agnello di verità; e di non adorarne l’immagine, ma il “vero” Cristo. Infatti allora ci sarà grande oppressione – ai tempi dell’Anticristo – come non c’era mai stata dall’inizio del mondo: ed in questa oppressione occorreranno fede e perseveranza nell’osservare i precetti di Dio e la fede di Cristo. E ho sentito una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che muoiono in Cristo. Qui si riferisce a tutti i santi, sia vivi che sepolti. Perché quando dice beati i morti, intende i sepolti; ma quando dice che “muoiono in Cristo”, intende i vivi, che camminano nella cenere e nel cilicio. Include tutto il tempo in Cristo, dicendo: coloro che sono morti e quelli che muoiono chiaramente in Cristo. – Sì, dice lo Spirito, riposino dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono: fin d’ora e fino a che saranno morti o risorti, perché si parla della fine della persecuzione dell’Anticristo. Qui finisce e ricapitola dal tempo della pace futura.

TERMINA

INIZIA LA STORIA DELLA NUBE BIANCA E

DEL FIGLIO DELL’UOMO NEL LIBRO VII

(Ap. XIV, 14-20)

Et vidi: et ecce nubem candidam, et super nubem sedentem similem Filio hominis, habentem in capite suo coronam auream, et in manu sua falcem acutam. Et alius angelus exivit de templo, clamans voce magna ad sedentem super nubem: Mitte falcem tuam, et mete, quia venit hora ut metatur, quoniam aruit messis terræ. Et misit qui sedebat super nubem, falcem suam in terram, et demessa est terra. Et alius angelus exivit de templo, quod est in cælo, habens et ipse falcem acutam. Et alius angelus exivit de altari, qui habebat potestatem supra ignem: et clamavit voce magna ad eum qui habebat falcem acutam, dicens: Mitte falcem tuam acutam, et vindemia botros vineæ terræ: quoniam maturæ sunt uvæ ejus. Et misit angelus falcem suam acutam in terram, et vindemiavit vineam terræ, et misit in lacum iræ Dei magnum: et calcatus est lacus extra civitatem, et exivit sanguis de lacu usque ad frenos equorum per stadia mille sexcenta.

(E vidi: ed ecco una candida nuvola, e sopra la nuvola uno che sedeva simile al Figliuolo dell’uomo, il quale aveva sulla sua testa una corona d’oro, e nella sua mano una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dal tempio gridando ad alta voce a colui che sedeva sopra la nuvola: Gira la tua falce, e mieti, perché è giunta l’ora di mietere, mentre la messe della terra è secca. E colui che sedeva sulla nuvola, menò in giro la sua falce sulla terra, e fu mietuta la terra. E un altro Angelo uscì dal tempio, che è nel cielo, avendo anch’egli una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dall’altare, il quale aveva potere sopra il fuoco: e gridò ad alta voce a quello che aveva la falce tagliente, dicendo: Mena la tua falce tagliente, e vendemmia i grappoli della vigna della terra: poiché le sue uve sono mature. E l’Angelo menò la sua falce tagliente sopra la terra, e vendemmiò la vigna della terra, e gettò (la vendemmia) nel grande lago dell’ira di Dio: e il lago fu pigiato fuori della città, e dal lago uscì sangue fino ai freni dei cavalli per mille seicento stadi.)

SPIEGAZIONE DELLA STORIA DESCRITTA IN PRECEDENZA

[2] Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d’uomo. La nuvola bianca si riferisce alla Chiesa che brilla nel chiarore della sua pazienza. Il figlio dell’uomo si riferisce a Cristo, che è il padrone della sua Chiesa. Questa nuvola bianca risplenderà ora nella Passione, ma soprattutto sarà bianca per le fiamme delle persecuzioni nella Resurrezione, quando sarà stata ricongiunta con la sua testa: portava una corona d’oro sulla testa. Sono questi i ventiquattro anziani, con le loro corone d’oro. E in mano aveva una falce affilata, cioè nel suo agire aveva il potere di maledire. Questa è la falce di cui l’Angelo disse a Zaccaria: « Questa è la maledizione che viene sulla faccia di tutta la terra; perché ogni ladro, da questo momento fino alla morte, pagherà  le sue colpe; e ogni uomo spergiuro, da questo punto in poi fino alla morte, pagherà per la propria colpa » (Zac. V., 3). Ma né il ladro né lo spergiuro peccano più gravemente di tutti gli altri, anche se si dice che solo loro siano condannati; questo perché il ladro e lo spergiuro sono gli ipocriti, cioè quei sacerdoti di cui abbiamo detto quando si è parlato della bestia che aveva il capo come ucciso, … come dice il Signore: Chi non entra dalla porta – che è Cristo – ma vi entra da un’altra parte, è un ladro ed un brigante (Gv X, 1). E anche: … che dicono di essere Giudei e non lo sono (Ap II, 9), ma mentono. E dei Santi è stato detto in questo libro: entreranno alla presenza del Dio vivo e vero (Ap XXII,14). Ogni ladro, dice, e ogni spergiuro, per insegnarci che non esiste un solo tipo di ladro e di spergiuro. E un altro Angelo uscì dal santuario, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nuvola: « Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature », e cioè i peccati sono compiuti. L’Angelo che esce dal tempio gridando ad uno come un figlio dell’uomo, è ora nella Chiesa e dà il comando del Signore. L’Angelo è il messaggero della predicazione; il tempio è la Chiesa; il figlio dell’uomo è Cristo. Il quale non grida con voce chiara, ma suggerisce attraverso lo Spirito Santo che agisce nel suo corpo, cioè nella Chiesa, dicendo: è tempo di anatemizzare i malvagi, cioè di fare la separazione e, tollerata la persecuzioni dei nemici, di eliminarli completamente; cioè la Chiesa desidera che venga il giorno del giudizio e che sia separata da tutti i malvagi. E colui che stava seduto sulla nuvola gettò la falce nella terra, e la terra fu mietuta: questo è certamente inteso nel senso spirituale, perché quando la Chiesa è stata perseguitata dai malvagi e ne ha patito pazientemente gli insulti, è allora che essi sono vinti, e per questo si dice anche che opprime i suoi nemici. Perché è quando la Chiesa viene data ai suoi nemici per fare ammenda, che i nemici stessi vengono puniti. E un altro Angelo è uscito dal santuario del cielo. Come abbiamo già detto, l’Angelo è il messaggero, e il cielo è il santuario: la Chiesa, l’altro Angelo, che dice venir fuori dal tempio è la seconda predicazione della Chiesa. Il primo è quello della fuga e dell’inizio della persecuzione; ma il secondo è per i persecutori. Aveva anche una falce affilata, cioè lo stesso potere. Questi due Angeli sono un solo ed unico potere. Ed un altro Angelo salì dall’altare. È lo stesso comando del Signore dalla Chiesa, che aveva potere sul fuoco; Egli annuncia questo fuoco in vari modi. Medesimo è il fuoco suddetto che è uscito dalla bocca dei testimoni, cioè la parola della predicazione; e lo stesso è la falce, lo stesso è la spada; lo stesso è la parola che esce dalla bocca della Chiesa. E gridò ad alta voce a colui che aveva la falce affilata, dicendo: « Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vite della terra, perché le sue uve sono mature ». L’Angelo gettò la falce nella terra e vendemmiò i grappoli della vigna della terra. Abbiamo detto più volte che l’Angelo è il messaggero, cioè la predicazione della Chiesa, alla quale Cristo ha dato il potere di disporre e provvedere del presente e del futuro. Nella mietitura e nel raccolto, ci si riferisce al popolo che non è tormentato ora dalla penitenza: ma lo sarà certamente all’inferno. Chi ha la falce per tagliare la messe, è lo stesso che la tiene per mietere; e chi dice al mietitore di gettare la falce, è lo stesso che dice al vendemmiatore di vendemmiare: perché è la stessa e medesima cosa che si fa nel contempo, cioè al tempo dell’Anticristo, quando giungerà la grande angoscia, e l’angoscia cominciata non sarà alleviata finché non finirà con la morte. Nella vendemmia e nel raccolto, si segnala l’inizio e la fine della stessa angoscia. Ma dobbiamo considerare però che nella nuvola bianca, in modo chiaro e personale, è contemplato Cristo, come detto sopra, che è il mietitore, e dopo di lui, … chi è il vendemmiatore? Non è altri che Cristo stesso! Ma non di persona, ma nel suo Corpo, che è la Chiesa, a cui ha dato questo potere di legare e di sciogliere, perché facesse per Cristo ciò che Egli vuole.  Questo vide anche Daniele (Dan. VII, 13), che in questa vita cioè la nube ci viene per la fede di Cristo che riceve il potere regale e tutto il popolo della terra da ogni nazione. E gettò nel tino dell’ira di Dio ciò che è grande. A cosa si riferisce ciò che è grande, se non a ciò che è superbo? Perché non c’è peccato più grande della superbia. Non dice al grande torchio, ma versa nel torchio ciò che è grande, cioè ognuno dei superbi. Questo si esprime chiaramente nella lingua greca, dove il torchio è di genere femminile, e grande è espresso in maschile. Questo torchio è la punizione per il peccato che ognuno ha realizzato nel proprio corpo. E il torchio fu pigiato fuori città. Questa città è la Chiesa. Quando si opera la separazione tra i buoni ed i malvagi e Cristo ricompensa ciascuno secondo le sue opere, allora il torchio viene pigiato fuori dalla città, cioè fuori dalla Chiesa. Una volta effettuata la separazione, ogni uomo peccatore sarà fuori. E la pigiatura del torchio del vino è il castigo dei peccatori; come dice Geremia, una volta distrutta Gerusalemme: « il Signore ha pigiato come uva nel tino la vergine figlia di Giuda. » (Lam. 1,15). E, per mezzo di Gioele, Dio esorta i suoi guerrieri a compiere quest’ultima messe, a pigiare il torchio, pieno di peccatori, dicendo: « Proclamate questo fra le genti: chiamate alla guerra santa, incitate i prodi, vengano, salgano tutti i guerrieri. Con le vostre zappe fatevi spade e lance con le vostre falci; anche il più debole dica: io sono un guerriero! Svelte, venite, o genti tutte, dai dintorni e radunatevi là! Signore, fa’ scendere i tuoi prodi! Si affrettino e salgano le genti alla valle di Giòsafat – cioè la Chiesa – poiché lì siederò per giudicare tutte le genti all’intorno. Date mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché il torchio è pieno e i tini traboccano… tanto grande è la loro malizia! Folle e folle nella Valle della decisione, poiché il giorno del Signore è vicino nella Valle della decisione. Il sole e la luna si oscurano e le stelle perdono lo splendore. Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa sentire la sua voce; tremano i cieli e la terra. Ma il Signore è un rifugio al suo popolo, una fortezza per i figli di Israele: Voi saprete che io sono il Signore vostro Dio che abito in Sion, mio monte santo ». (Gioel. IV, 9-17). Tutto questo sta accadendo spiritualmente nella Chiesa di oggi, e crediamo che accadrà in modo manifesto nel giorno del giudizio. E tutti coloro che noi crediamo saranno gettati nel torchio dell’ira del Signore, si preparino già fin d’ora con le loro opere; tutti coloro che desiderano servire il mondo, e si dilettano nel prendersi cura del proprio corpo, prendono moglie e desiderano prenderne ancora altre, non amano Dio che dovrebbero amare, ma si preoccupano dei beni terreni: che altro fanno se non incoraggiare i guerrieri e i combattenti? Coloro che fan questo, fondono gli aratri per farne falci e spade per la guerra. E coloro che accumulano beni in questo mondo, cosa fanno se non dichiarare guerra e incoraggiare Cristo e la Chiesa a combattere contro di loro? Ma i Santi, prevedendo questo, predicano – per gli incontinenti – il matrimonio benedetto, esortano le vedove ed i continenti alla purezza della castità, e consigliano loro di avanzare verso una maggiore perfezione; si sforzano, persuadendo le vergini, perché non contraggano matrimonio. Che cosa proclamano questi se non la pace fondendo le spade e facendone aratri e falci? Quando rompono la spada per farne un aratro ed una falce, è perché constatano che non c’è la guerra, ma la pace. E quando si rompono l’aratro e la falce per farne spada, ci si aspetta che non ci sarà la pace, bensì la guerra; e non affronterà chi sta per venire con venti mila soldati, colui che sa di essergli inferiore con diecimila (Lc. XIV, 31); e non dubiterà di essere doppiamente calpestato in futuro dai Santi nel torchio della loro ira. Come è scritto di questi attraverso Babilonia in questo stesso libro: « retribuitele il doppio dei suoi misfatti. Versatele doppia misura nella coppa con cui mesceva. » (Ap. XVIII, 6). Riceveranno il doppio da noi in futuro, quando decidono di ucciderci qui con la morte unica; verranno calpestati da noi, quando ci calpestano ora. Quando versano il nostro sangue, sono essi a morire. Perché così sta scritto: che colui che fa quel che fa, poi egli lo soffre: « In quel giorno – dice –  io farò di Gerusalemme come una pietra da carico per tutti i popoli: quanti vorranno sollevarla ne resteranno lacerati » (Zac XII, 3). – E il sangue sgorgava dal torchio del vino all’altezza delle briglie dei cavalli. E cosa sono qui i cavalli se non i principi ed i governanti del mondo – sui quali cavalca il diavolo – per cui compiono le loro opere nefande con maggiore velocità? Si dice giustamente che scaturì sangue dal torchio del vino fino all’altezza delle briglie dei cavalli; cioè la vendetta della condanna giungerà fino ai capi dei popoli, fino al diavolo ed ai suoi angeli, fino agli uomini malvagi. Nell’ultima battaglia, nel giorno del giudizio, la vendetta sgorgherà dal sangue versato come era stato profetizzato da tempo: tu hai commesso un peccato di sangue, e il sangue ti persegue (Ez. XXXV, 6). Per una distanza di milleseicento stadi, cioè nelle quattro parti del mondo: infatti la quarta parte sta con la quaternità, come nelle quattro facce e nelle ruote quadriformi (Ez. I). Infatti quattro volte quattrocento sommano milleseicento.

COMINCIA LA STORIA DEI SETTE ANGELI

Ricapitola per descrivere la persecuzione, dicendo:

(Apoc. XV, 1-4)

Et vidi aliud signum in cælo magnum et mirabile, angelos septem, habentes plagas septem novissimas: quoniam in illis consummata est ira Dei. Et vidi tamquam mare vitreum mistum igne, et eos, qui vicerunt bestiam, et imaginem ejus, et numerum nominis ejus, stantes super mare vitreum, habentes citharas Dei: et cantantes canticum Moysi servi Dei, et canticum Agni, dicentes: Magna et mirabilia sunt opera tua, Domine Deus omnipotens: justæ et veræ sunt viæ tuæ, Rex sæculorum.  Quis non timebit te, Domine, et magnificabit nomen tuum? quia solus pius es: quoniam omnes gentes venient, et adorabunt in conspectu tuo, quoniam judicia tua manifesta sunt.

(E vidi nel cielo un altro segno grande e mirabile: sette Angeli che portavano le sette ultime piaghe: perché con queste si sazia l’ira di Dio. E vidi come un mare di vetro misto di fuoco, e quelli che avevano vinto la bestia, e la sua immagine, e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di vetro, tenendo cetre divine, e cantavano il canto di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello, dicendo: Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente: giuste e vere sono le tue vie, o Re dei secoli. Chi non ti temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei pio: onde tutte le nazioni verranno, e si incurveranno davanti a te, perché i tuoi giudizi sono stati manifestati.).

COMINCIA LA SPIEGAZIONE DELLA STORIA DESCRITTA IN PRECEDENZA

[3] Poi ho visto nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette Angeli. I sette Angeli sono le sette chiese, che sono un’unica chiesa. La Chiesa è sempre in penitenza, e non cessa di predicare le piaghe al popolo indocile. Aventi le sette piaghe, le ultime, perché con esse si consuma l’ira del Signore. Le sette piaghe suddette, indicano un numero perfetto. Infatti la Sacra Scrittura spesse volte indica il sette come un numero perfetto. Dio stesso lo ripete nel Levitico, dicendo: Vi colpirò con sette piaghe (Lv. XXVI, 28), cioè le ultime che giungeranno, quando la Chiesa uscirà da mezzo ad esso. Ne ha annunciato sette nel modo spirituale, in relazione ai sette Angeli. E siccome abbiamo detto che i sette Angeli sono le sette chiese, che noi crediamo essere una sola, sappiamo così che queste sette piaghe sono spirituali: per mezzo delle quali, non ne dubitiamo, si rimprovera il genere umano per i sette vizi. E come spesso fa, aggiunge qualcos’altro, e fa riferimento alle piaghe annunciate. E descrivendo nel dettaglio tutte le piaghe, torna al suo proposito. E vidi anche come un mare di cristallo, cioè la fonte trasparente del Battesimo. Mescolato con il fuoco, cioè con lo spirito o la prova: perché il fuoco a volte rappresenta lo Spirito Santo, a volte la prova della tribolazione. Si intende come Spirito Santo quando dice: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc. XII, 9). Si intende come fuoco della prova quando l’Apostolo dice: « La fornace prova gli oggetti del vasaio, la prova dell’uomo si ha nella sua tribolazione. » (Eccli. XXVII 5). E il salmista dice: « … come fuoco che divampa tra le spine » (Psal. CXVII, 12). Perché con le fiamme dei detrattori non si bruciano le vite dei giusti, ma vengono bruciati quei rovi di peccati che sono in essi, qualora ce ne siano. – Si dice quindi giustamente: un mare di cristallo mescolato al fuoco, cioè il Battesimo mescolato alla passione di Cristo. Perché ci è stato comandato di essere battezzati non solo con l’acqua, ma anche nella sua morte, cosicché con la morte ed il sangue possiamo vincere il diavolo. Così dice, a proposito di questo fuoco mescolato: E quelli che avevano trionfato della bestia, e della sua immagine, e del numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Dice e ripete “mare di cristallo”: il cristallo è trasparente, ma si rompe con facilità; infatti l’uomo, quando è battezzato in Cristo e lavato da ogni macchia di peccato, è come il cristallo trasparente, e così è visto dai santi Angeli; ma quando la vita procede nel tempo, è sempre macchiata da opere, parole o pensieri; e allora appare essere non un membro di Cristo, di cui ha ricevuto il Battesimo, ma della bestia, e non si dubita che porti il marchio del suo nome. Ma quando per libera misericordia ha ricevuto l’ispirazione della Grazia dello Spirito Santo, e si è convertito alla penitenza, comincia a piangere per i suoi peccati passati: allora, sfuggito dalla bestia si unisce alle membra del corpo di Cristo, ritornando così finalmente al primitivo Battesimo di santità che aveva perduto; e non si dice più che giace nel peccato, bensì che sta in piedi sul mare di cristallo, per cui dice: accompagnando il canto con le arpe divine. Nell’arpa la corda viene stirata e tesa sul legno. Sul legno che è la croce, ecco la corda, cioè la carne tormentata dalla penitenza: questa corda produce un dolce suono, e tesa sull’albero della croce unisce tutti nella carità. E cantano il cantico di Mosè, servo di Dio, ed il canto dell’Agnello. Dopo il passaggio del Mar Rosso, il popolo canta un cantico a Dio, una volta annegati gli egiziani ed il faraone. Allo stesso modo, dopo il Battesimo, eliminati i peccati, i fedeli erompono in azioni di grazie con inni dicendo: Cantiamo al Signore, perché Egli si è coperto di gloria, gettando in mare cavalli e cavalieri (Es. XV, 1). Lo dicono in modo migliore e più dignitoso coloro che tengono tra le mani un timpano, come Maria, cioè coloro « che hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri » (Gal. V, 24) e hanno mortificato le proprie membra coloro che sono sulla terra. Poi si dice che appena oltrepassato il mare, il popolo cammina nel deserto, e cioè tutti i battezzati del mondo intero, non godendo ancora della terra promessa, se non sperando ciò che non vedono, ed aspettando pazientemente, come nel deserto, sono là in tentazioni faticose e pericolose, affinché non tornino con il loro cuore in Egitto; ma nemmeno là il Cristo li abbandona, perché quella colonna non si ritira: perciò, senza interruzione, cantano dicendo: Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle nazioni! Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo Nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati. Queste sono le cose che i suddetti cantano in entrambi i Testamenti, quelli cioè che stanno ritti sul mare di cristallo e sono mescolati al fuoco. Ripete ciò che aveva proposto, dicendo …

TERMINA

COMINCIA LA STORIA DEL TEMPIO APERTO E DELLE COPPE DEGLI ANGELI

(Ap. XV, 5-8)

Et post hæc vidi: et ecce apertum est templum tabernaculi testimonii in cœlo, et exierunt septem angeli habentes septem plagas de templo, vestiti lino mundo et candido, et prœcincti circa pectora zonis aureis. Et unum de quatuor animalibus dedit septem angelis septem phialas aureas, plenas iracundiæ Dei viventis in sæcula sæculorum. Et impletum est templum fumo a majestate Dei, et de virtute ejus: et nemo poterat introire in templum, donec consummarentur septem plagæ septem angelorum.

(Dopo di ciò mirai, ed ecco si apri il tempio del tabernacolo del testimonio nel cielo: e i sette Angeli che portavano le sette piaghe, uscirono dal tempio, vestiti di lino puro e candido, e cinti intorno al petto con fasce d’oro. E uno dei quattro animali diede ai sette Angeli sette coppe d’oro, piene dell’ira di Dio vivente nei secoli dei secoli. E il tempio si empì di fumo per la maestà di Dio e per la sua virtù: e nessuno poteva entrare nel tempio, finché non fossero compiute le sette piaghe dei sette Angeli.)

TERMINA LA STORIA

INIZIA LA SPIEGAZIONE DELLA STORIA SOPRA DESCRITTA

[4] Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della testimonianza aperta in cielo. È già stato detto sopra cosa sia il Tempio della Testimonianza nel cielo. E i sette Angeli uscirono dal tempio, avendo le sette coppe. Quelli di cui si dice che stanno per uscire, non si separano. Descrive infatti e chiarisce qual sia il Tempio in cielo. Questa uscita è il comando e la predicazione del Vangelo, e la dichiarazione, all’interno della Chiesa, di chi è buono e di chi è cattivo. Il Tempio fu aperto, e da esso uscirono gli Angeli che portavano le piaghe. Il Tempio che si è aperto e la tenda e il cielo, tutto questo è l’unica Chiesa, con il medesimo mandato. E i sette Angeli sono lo stesso che il Tempio. Il tempio esce dal tempio, perché si manifesti come sia il vero tempio. Questa uscita dei sette Angeli non è da intendersi in senso proprio, ma solo come una espressione. Cerchiamo quindi di  intendere cosa sia “l’uscita” secondo i testi. Abbiamo detto sopra che l’Angelo uscì dal Tempio e gridò a colui che era seduto sulla nuvola: Getta la falce e vendemmia (Ap. XIV, 18). Qui dice: i sette Angeli sono usciti dal Tempio; tutto questo è un’unica cosa: la predicazione della Chiesa ed il comando del Signore, il suo ordine; questo è da intendersi qui come uscita. Come dice l’evangelista: uscì un editto di Cesare Augusto (Lc. II, 1) per fare il censimento di tutta la Giudea. A volte l’uscita è la nascita, come è scritto: « Un germoglio uscirà dalla radice di Jesse » (Is. XI, 1). E anche: « da te uscirà il capo che governerà il mio popolo Israele » (Mic. V, 2). E altre volte l’uscita è in senso proprio, come in: « Lot uscì da Sodoma » (Gen. XIX, 1). Adesso in senso figurato è espressa l’uscita degli Angeli. Vestiti di puro lino risplendente e con cinture dorate sul petto. Mostra nel modo più chiaro che nei sette Angeli ci siano le sette chiese. Infatti così è descritto il Cristo all’inizio di questo libro, “… che aveva una cintura d’oro sul petto” (Ap. I, 13) perché si creda che sia la stessa cosa. La cintura d’oro è il coro dei Santi, provati dal fuoco come l’oro, in cui è rappresentata la coscienza purificata e la pura conoscenza spirituale. Questa cintura è stata data alle Chiese, perché d’ora in poi si cingano con i due Testamenti. E uno dei quattro animali diede ai sette Angeli sette coppe d’oro piene del furore di Dio che vive per i secoli dei secoli. Queste sono le coppe che, come sopra abbiam detto, i seniori portavano piene dei profumi. Le sette coppe e i sette Angeli e le sette trombe e i quattro animali sono una cosa sola, vale a dire l’unica Chiesa. E la parola della predicazione, e l’ira di Dio, e il fuoco che procede dalla bocca dei testimoni, sono ugualmente la stessa cosa, cioè lo stesso comandamento, la stessa predicazione. E ciò che sono i profumi, questo è l’ira di Dio. Infatti le preghiere dei Santi, che sono il fuoco che esce dalla bocca dei testimoni, sono per il mondo l’ira, proclamata dalla Legge e dal Vangelo. – Uno degli animali ha dato alla Chiesa le coppe, cioè il Vangelo. Benché siano quattro gli animali, essi ne fanno uno; e quel che è l’uno, sono pure  i quattro. Il Vangelo è la volontà di Dio, e quando questa volontà viene compiuta, dà alla Chiesa questo potere. E il tempio di Dio si è riempito del fumo della sua gloria e della sua potenza. È quel Tempio che abbiamo detto sopra che è uscito dal Tempio. Il fumo della gloria di Dio è il fumo delle preghiere dei Santi, da cui sorge il dolce profumo di Dio e risplendono le opere delle virtù nella Chiesa. E nessuno può entrare nel Tempio fino alla fine delle sette piaghe dei sette angeli. “Nessuno”, chi altro sono se non gli ipocriti, gli eretici ed i preti falsi e scismatici? Nessuno di loro potrà entrare nel Tempio, cioè nella Chiesa del Signore, perché ci sarà una grande angoscia ai tempi dell’Anticristo, come non ce n’è stata da quando il mondo è mondo. E che nessuno sarebbe risparmiato se Dio non abbreviasse questi giorni per il bene dei suoi eletti. – Qui finisce e ricapitola per raccontare più ampiamente le stesse piaghe.

TERMINA IL LIBRO SETTIMO

COMMENTARIO ALL’APOCALISSE DI BEATO DI LIEBANA (14)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.