DOMENICA DI SESSAGESIMA (2021)

DOMENICA DI SESSAGESIMA 2021

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Paolo fuori le mura.

Semidoppio Dom. privil. di I cl. – Paramenti violacei.

Come l’ultima Domenica, e come le Domeniche seguenti, fino a quella della Passione, la Chiesa « ci insegna a celebrare il mistero pasquale, a traverso le pagine dell’uno e dell’altro Testamento ». Durante tutta questa settimana, il Breviario parla di Noè. Vedendo Iddio che la malizia degli uomini sulla terra era grande, gli disse: « Sterminerò l’uomo che ho creato… Costruisciti un’arca di legno resinoso. Farò alleanza con te e tu entrerai nell’arca ». E le acque si scatenarono allora sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. L’arca galleggiava sulle onde che si elevarono sopra le montagne, coprendole. Tutti gli uomini furono trasportati come festuche nel turbine dell’acqua » (Grad.). Non rimase che Noè e quelli che erano con lui nell’arca. Dio si ricordò di Noè e la pioggia cessò. Dopo qualche tempo Noè apri la finestra dell’arca e ne fece uscire una colomba che ritornò con un ramoscello freschissimo di ulivo. Noè comprese che le acque non coprivano più la terra. Dio gli disse: « Esci dall’arca e moltiplicati sulla terra ». Noè innalzò un altare e offri un sacrificio. E l’odore di questo sacrificio fu grato a Dio (Com.). L’arcobaleno apparve come un segno di riconciliazione fra Dio e gli uomini. – Questo racconto si riferisce al mistero pasquale poiché la Chiesa ne fa la lettura il Sabato Santo. Ecco come Essa l’applica, nella liturgia, a nostro Signore e alla sua Chiesa. « La giusta collera del Creatore sommerse il mondo colpevole nelle acque vendicatrici del diluvio, Noè solo fu .salvo nell’arca; di poi l’ammirevole potenza dell’amore lavò l’universo nel sangue [Inno della festa del prezioso Sangue]. È il legno dell’arca che salvò il genere umano, e quello della croce, a sua volta, salvò il mondo. « Sola, dice la Chiesa, parlando della croce, sei stata trovata degna di essere l’arca che conduce al porto il mondo naufrago » [Inno della Passione]. La porta aperta nel fianco dell’arca, per la quale sarebbero entrati quelli che dovevano sfuggire al diluvio e che rappresentavano la Chiesa, è, come spiega la liturgia, una figura del mistero della redenzione, perché sulla croce Gesù ebbe il costato aperto e da questa porta di vita, uscirono i Sacramenti che donano la vera vita alle anime. Il sangue e l’acqua che ne uscirono sono i simboli dell’Eucaristia e del Battesimo » [7a lettura nella festa del prezioso Sangue].  « O Dio, che, lavando con le acque i delitti del mondo colpevole, facesti vedere nelle onde del diluvio una immagine della rigenerazione, affinché il mistero di un solo elemento fosse fine ai vizi e sorgente di virtù, volgi lo sguardo sulla tua Chiesa e moltiplica in essa i tuoi figli, aprendo su tutta la terra il fonte battesimale per rigenerarvi le nazioni » [Benedizione del fonte battesimale nel Sabato Santo]. Ai tempi di Noè dice S. Pietro, otto persone furono salvate dalle acque; a questa figura corrisponde il Battesimo che ci salva al presente » [Epistola del Venerdì di Pasqua]. — Quando il Vescovo benedice, nel Giovedì Santo, l’olio che si estrae dall’ulivo e che servirà per i Sacramenti, dice: « Allorché i delitti del mondo furono espiati mediante il diluvio, una colomba annunziò la pace alla terra per mezzo di un ramo di Ulivo che essa portava, simbolo dei favori che ci riservava l’avvenire. Questa figura si realizza oggi, quando, le acque del Battesimo avendo cancellati tutti i nostri peccati, l’unzione dell’olio dona alle nostre opere bellezza e serenità ». Il sangue di Gesù è « il sangue della nuova alleanza » che Dio concluse per mezzo del suo Figlio con gli uomini. «Tu hai voluto, dice la Chiesa, che una colomba annunziasse con un ramoscello di ulivo la pace alla terra ». Spesso nella Messa, che è il memoriale della Passione, si parla della pace: « Pax Domini sit semper vobiscum ». « Il sacramento pasquale, dirà l’orazione del Venerdì di Pasqua, suggella la riconciliazione degli uomini con Dio». Noè è in modo speciale il simbolo del Cristo a causa della missione affidatagli da Dio di essere « il padre di tutta la posterità » (Dom. di settuag., 6a lettura). Di fatti Noè fu il secondo padre del genere umano ed è il simbolo della vita rinascente. « I rami d’ulivo, dice la liturgia, figurano, per le loro fronde, la singolare fecondità da Dio accordata a Noè uscita dall’arca » (Benediz. Delle Palme). Per questo l’arca è stata chiamata da S. Ambrogio, nell’ufficio di questo giorno, « seminario » cioè il luogo che contiene il seme della vita che deve riempire il mondo. Ora, ancora più di Noè, Cristo fu il secondo Adamo che popolò il mondo di una generazione numerosa di anime credenti e fedeli a Dio. Ed è per questo che l’orazione dopo la 2a profezia, consacrata a Noè il Sabato Santo, domanda al Signore ch’Egli compia, nella pace, l’opera della salute dell’uomo decretata fin dall’eternità, in modo che il mondo intero esperimenti e veda rialzato tutto ciò che era stato abbattuto, rinnovato tutto ciò che era divenuto vecchio, e tutte le cose ristabilite nella loro primiera integrità per opera di colui dal quale prese principio ogni cosa, Gesù Cristo Signor nostro » Per i neofiti della Chiesa — dice la liturgia pasquale — (poiché è a Pasqua che si battezzava) la terra è rinnovellata e questa terra così rinnovellata germinat resurgentes, produce uomini risorti » (Lunedi di Pasqua. Mattutino monastico). In principio, è per mezzo del Verbo, cioè della sua parola, che Dio creò il mondo (ultimo Vangelo). Ed è con la predicazione del suo Vangelo che Gesù viene a rigenerare gli uomini. « Noi siamo stati rigenerati, dice S. Pietro, con un seme incorruttibile, con la parola di Dio che vive e rimane eternamente. E questa parola è quella per la quale ci è stata annunziata la buona novella (cioè il Vangelo) » (S. Pietro, I, 23). Questo ci spiega perché il Vangelo di questo giorno sia quello del Seminatore, ( « la semenza è la parola di Dio »). » Se ai tempi di Noè gli uomini perirono, ciò fu a causa della loro incredulità, dice S. Paolo, mentre mediante là sua fede Noè si fabbricò l’Arca, condannò il mondo e diventò erede della giustizia, che viene dalla fede» (Ebr. XI, 7). Così quelli che crederanno alla parola di Gesù saranno salvi. S. Paolo dimostra, nell’Epistola di questo giorno, tutto quello che ha fatto per predicare la fede alle nazioni. L’Apostolo delle genti è infatti il predicatore per eccellenza. Egli è il « ministro del Cristo » cioè colui che Dio scelse per annunziare a tutti i popoli la buona novella del Verbo Incarnato. « Chi mi concederà – dice S. Giovanni Crisostomo, – di andare presso la tomba di Paolo per baciare la polvere delle sue membra nelle quali l’Apostolo compì, con le sue sofferenze, la passione di Cristo, portò le stimmate del Salvatore, sparse dappertutto, come una semenza, la predicazione del Vangelo? » (Ottava dei SS. Apostoli Pietro e Paolo – 4 luglio). La Chiesa di Roma realizza questo desiderio per i suoi figli, celebrando, in questo giorno, la stazione nella Basilica di S. Paolo fuori le mura.

Incipit 

In nómine Patris,  et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XLIII: 23-26

Exsúrge, quare obdórmis, Dómine? exsúrge, et ne repéllas in finem: quare fáciem tuam avértis, oblivísceris tribulatiónem nostram? adhaesit in terra venter noster: exsúrge, Dómine, ádjuva nos, et líbera nos.

[Risvégliati, perché dormi, o Signore? Déstati, e non rigettarci per sempre. Perché nascondi il tuo volto dimentico della nostra tribolazione? Giace a terra il nostro corpo: sorgi in nostro aiuto, o Signore, e líberaci.]

Ps XLIII: 2 – Deus, áuribus nostris audívimus: patres nostri annuntiavérunt nobis.

[O Dio, lo udimmo coi nostri orecchi: ce lo hanno raccontato i nostri padri.]

Oratio

Orémus.

Deus, qui cónspicis, quia ex nulla nostra actióne confídimus: concéde propítius; ut, contra advérsa ómnia, Doctóris géntium protectióne muniámur. – Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia sæcula sæculorum.

[O Dio, che vedi come noi non confidiamo in alcuna òpera nostra, concédici propizio d’esser difesi da ogni avversità, per intercessione del Dottore delle genti. – Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. R. – Amen.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios.

2 Cor XI: 19-33; XII: 1-9.

“Fratres: Libénter suffértis insipiéntens: cum sitis ipsi sapiéntes. Sustinétis enim, si quis vos in servitútem rédigit, si quis dévorat, si quis áccipit, si quis extóllitur, si quis in fáciem vos cædit. Secúndum ignobilitátem dico, quasi nos infírmi fuérimus in hac parte. In quo quis audet, – in insipiéntia dico – áudeo et ego: Hebraei sunt, et ego: Israelítæ sunt, et ego: Semen Abrahæ sunt, et ego: Minístri Christi sunt, – ut minus sápiens dico – plus ego: in labóribus plúrimis, in carcéribus abundántius, in plagis supra modum, in mórtibus frequénter. A Judaeis quínquies quadragénas, una minus, accépi. Ter virgis cæsus sum, semel lapidátus sum, ter naufrágium feci, nocte et die in profúndo maris fui: in itinéribus sæpe, perículis fluminum, perículis latrónum, perículis ex génere, perículis ex géntibus, perículis in civitáte, perículis in solitúdine, perículis in mari, perículis in falsis frátribus: in labóre et ærúmna, in vigíliis multis, in fame et siti, in jejúniis multis, in frigóre et nuditáte: præter illa, quæ extrínsecus sunt, instántia mea cotidiána, sollicitúdo ómnium Ecclesiárum. Quis infirmátur, et ego non infírmor? quis scandalizátur, et ego non uror? Si gloriári opórtet: quæ infirmitátis meæ sunt, gloriábor. Deus et Pater Dómini nostri Jesu Christi, qui est benedíctus in saecula, scit quod non méntior. Damásci præpósitus gentis Arétæ regis, custodiébat civitátem Damascenórum, ut me comprehénderet: et per fenéstram in sporta dimíssus sum per murum, et sic effúgi manus ejus. Si gloriári opórtet – non éxpedit quidem, – véniam autem ad visiónes et revelatiónes Dómini. Scio hóminem in Christo ante annos quatuórdecim, – sive in córpore néscio, sive extra corpus néscio, Deus scit – raptum hujúsmodi usque ad tértium coelum. Et scio hujúsmodi hóminem, – sive in córpore, sive extra corpus néscio, Deus scit:- quóniam raptus est in paradisum: et audivit arcána verba, quæ non licet homini loqui. Pro hujúsmodi gloriábor: pro me autem nihil gloriábor nisi in infirmitátibus meis. Nam, et si volúero gloriári, non ero insípiens: veritátem enim dicam: parco autem, ne quis me exístimet supra id, quod videt in me, aut áliquid audit ex me. Et ne magnitúdo revelatiónem extóllat me, datus est mihi stímulus carnis meæ ángelus sátanæ, qui me colaphízet. Propter quod ter Dóminum rogávi, ut discéderet a me: et dixit mihi: Súfficit tibi grátia mea: nam virtus in infirmitáte perfícitur. Libénter ígitur gloriábor in infirmitátibus meis, ut inhábitet in me virtus Christi.”

[“Fratelli: Saggi come siete, tollerate volentieri gli stolti. Sopportate, infatti, che vi si renda schiavi, che vi si spolpi, che vi si raggiri, che vi si tratti con arroganza, che vi si percuota in viso. Lo dico per mia vergogna: davvero che siamo stati deboli su questo punto. Eppure di qualunque cosa altri imbaldanzisce (parlo da stolto) posso imbaldanzire anch’io. Sono Ebrei? anch’io: sono Israeliti? anch’io; discendenti d’Abramo? anch’io. Sono ministri di Cristo? (parlo da stolto) ancor più io. Di più nelle fatiche; di più nelle prigionie: molto di più nelle battiture; spesso in pericoli di morte. Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno. Tre volte sono stato battuto con verghe, una volta lapidato. Tre volte ho fatto naufragio, ho passato un giorno e una notte nel profondo del mare. In viaggi continui tra pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli da parte dei mei connazionali, pericoli da parte dei gentili, pericoli nelle città, pericoli del deserto, pericoli sul mare, pericoli tra i falsi fratelli; nella fatica e nella pena; nelle veglie assidue; nella fame e nella sete; nei digiuni frequenta nel freddo e nella nudità. E oltre le sofferenze che vengono dal di fuori, la pressione che mi si fa ogni giorno, la sollecitudine di tutte le Chiese. Chi è debole, senza che io ancora non sia debole? Chi è scandalizzato, senza che io non arda? Se bisogna gloriarsi, mi glorierò della mia debolezza. E Dio e Padre del nostro Signor Gesù Cristo, che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. A Damasco il governatore del re Areta, faceva custodire la città dei Damascesi per impadronirsi di me. E da una finestra fui calato in una cesta lungo il muro, e così gli sfuggii di mano. Se bisogna gloriarsi (certo non è utile) verrò, dunque, alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo, il quale, or son quattordici anni, (se col corpo non so; se senza corpo non so; lo sa Dio) fu rapito in paradiso, e udì parole arcane, che a un uomo non è permesso di profferire. Rispetto a quest’uomo mi glorierò; quanto a me non mi glorierò che delle mie debolezze. Se volessi gloriarmi non sarei stolto, perché direi la verità; ma me ne astengo, affinché nessuno mi stimi più di quello che vede in me o che ode da me. E affinché l’eccellenza delle rivelazioni non mi facesse insuperbire, m’è stata messa una spina nella carne, un angelo di satana, che mi schiaffeggi. A questo proposito pregai tre volte il Signore che lo allontanasse da me. Ma egli mi disse: «Ti basta la mia grazia; poiché la mia potenza si dimostra intera nella debolezza». Mi glorierò, dunque, volentieri delle mie debolezze, affinché abiti in me la potenza di Cristo”]

P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

La lettura di questo lungo brano della seconda lettera di San Paolo ai Corinzi ci fa pensare alle orazioni più celebri del foro profano in difesa propria: Demostene, Cicerone. C’è tutto l’impeto di quei discorsi immortali. Nulla come un giusto amor di se stesso rende eloquente l’uomo. Ho detto giusto amor di sé, il che significa la fusione di due motivi della più singolare efficacia; l’egoismo, forza così pratica, e la giustizia, forza così ideale. Nella foga dell’autodifesa Paolo ricorda rapido, incisivo, travolgente i suoi martiri: « dall’abisso dei dolori di ogni genere che ho sofferto » si solleva ai doni celesti di che Dio lo ha letteralmente ricolmato. Quadro magnifico fatto di ombre e di luci ugualmente poderose. – Ma quando calmata la prima ammirazione che ci ha suggerito quel confronto con le pagine apologetiche anzi autoapologetiche più celebri della letteratura umana, ci si rifà a meditare il testo, si scopre una superiorità morale ineffabile dell’Apostolo sui profani oratori. Questi difendono, nelle loro arringhe fiammanti, ardenti i loro equi interessi. E l’equità toglie all’amor proprio ciò che da solo avrebbe di basso. Ma quando Paolo assume con un tono alto e sonoro, senza un’ombra di esitazione la sua difesa, egli difende una grande causa. Chiamato da Gesù Cristo a predicare il Vangelo nel mondo pagano, Paolo giudeo si gettò in questo apostolato a lui commesso con lo slancio della sua natura vulcanica, Paolo fu bersaglio immediato e poi via via crescente ai colpi di coloro che in quei giorni avrebbero voluto il Vangelo o tutto e solo o principalmente per i Giudei, e i Gentili o esclusi dal banchetto cristiano o ammessi ai secondi posti. Ire terribili come tutte le ire nazionali, che si scaldano per di più al fuoco delle religioni, roba incandescente. Per paralizzare un lavoro come quello di Paolo che essi credevano funesto, questi Cristiani rimasti più scribi e farisei che divenuti Cristiani veri, apponevano alla figura di Paolo, l’ultimo arrivato nel collegio apostolico, la figura veneranda dei veterani, dei compagni personali di Gesù Cristo, degli intemerati discepoli che non avevano come Paolo lordato mai di sangue le loro mani, sangue cristiano. Quelli erano apostoli, non costui; un aborto di apostolato. Colpivano l’uomo in apparenza; in realtà attentavano alla grande causa dell’apostolato cristiano, libero e universale. Un apostolato a scartamento ridotto essi volevano; un timido apostolato cristiano, schiavo del giudaismo, dal giudaismo tenuto alla catena. Non sentivano, né la vera grandezza della Sinagoga che era quella di mettersi tutta a servizio della Chiesa, né la vera grandezza della Chiesa ch’era quella di abbracciare il mondo. Tutto questo Paolo difende in realtà, difendendo, esaltando in apparenza se stesso. E perché tutto questo Egli difende, la sua apologia acquista un calore di eloquenza e una dignità di contenuto affatto nuovo. E perché d’orgoglio personale non rimanga neppure l’ombra, dopo che l’Apostolo ha parlato con un senso altissimo di dignità, rivendicando il suo giudaismo, dolori e glorie della sua attività apostolica, parla l’uomo. Un povero uomo egli è, e si sente, il grande Apostolo; pieno di miserie fisiche che si risolvono in umiliazioni morali. Quelle debolezze gli dicono ogni giorno ch’egli non è se non un debole strumento nelle mani del Forte, che lavora in lui per la santità interiore, per la sua apostolica propaganda, lavora la grazia di Gesù Cristo. Le sue maggiori glorie sono così le sue umiliazioni, documenti e prove del Cristo presente, « inhabitat in me virtus Christi».

Graduale

Ps LXXXII: 19; LXXXII: 14

Sciant gentes, quóniam nomen tibi Deus: tu solus Altíssimus super omnem terram.

[Riconòscano le genti, o Dio, che tu solo sei l’Altissimo, sovrano di tutta la terra.]

Deus meus, pone illos ut rotam, et sicut stípulam ante fáciem venti.

[V. Dio mio, ridúcili come grumolo rotante e paglia travolta dal vento.]

 Ps LIX: 4; LIX: 6

Commovísti, Dómine, terram, et conturbásti eam. Sana contritiónes ejus, quia mota est. Ut fúgiant a fácie arcus: ut liberéntur elécti tui.

[Hai scosso la terra, o Signore, l’hai sconquassata. Risana le sue ferite, perché minaccia rovina. Affinché sfuggano al tiro dell’arco e siano liberati i tuoi eletti.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Lucam

Luc VIII: 4-15

“In illo témpore: Cum turba plúrima convenírent, et de civitátibus properárent ad Jesum, dixit per similitúdinem: Exiit, qui séminat, semináre semen suum: et dum séminat, áliud cécidit secus viam, et conculcátum est, et vólucres coeli comedérunt illud. Et áliud cécidit supra petram: et natum áruit, quia non habébat humórem. Et áliud cécidit inter spinas, et simul exórtæ spinæ suffocavérunt illud. Et áliud cécidit in terram bonam: et ortum fecit fructum céntuplum. Hæc dicens, clamábat: Qui habet aures audiéndi, audiat. Interrogábant autem eum discípuli ejus, quæ esset hæc parábola. Quibus ipse dixit: Vobis datum est nosse mystérium regni Dei, céteris autem in parábolis: ut vidéntes non videant, et audientes non intéllegant. Est autem hæc parábola: Semen est verbum Dei. Qui autem secus viam, hi sunt qui áudiunt: déinde venit diábolus, et tollit verbum de corde eórum, ne credéntes salvi fiant. Nam qui supra petram: qui cum audierint, cum gáudio suscipiunt verbum: et hi radíces non habent: qui ad tempus credunt, et in témpore tentatiónis recédunt. Quod autem in spinas cécidit: hi sunt, qui audiérunt, et a sollicitudínibus et divítiis et voluptátibus vitæ eúntes, suffocántur, et non réferunt fructum. Quod autem in bonam terram: hi sunt, qui in corde bono et óptimo audiéntes verbum rétinent, et fructum áfferunt in patiéntia.”

[« In quel tempo radunandosi grandissima turba di popolo, e accorrendo a lui da questa e da quella città, disse questa parabola: Andò il seminatore a seminare la sua semenza: e nel seminarla, parte cadde lungo la strada, e fu calpestata, e gli uccelli dell’aria la divorarono. Parte cadde sopra le pietre; e nata che fu, seccò, perché non aveva umido. Parte cadde tra le spine; e le spine, che insieme nacquero, la soffocarono. Parte cadde in buona terra; e nacque, e fruttò cento per uno. Detto questo, esclamò: Chi ha orecchie da intendere, intenda. E i suoi discepoli gli domandavano, che parabola fosse questa. Ai quali egli disse: A voi è concesso d’intendere il mistero di Dio; ma a tutti gli altri (parlo) per via di parabole, perché vedendo non veggano, e udendo non intendano. La parabola adunque è questa. La semenza è la parola di Dio. Quelli che (sono) lungo la strada sono coloro che la ascoltano; e poi viene il diavolo, e porta via la parola dal loro cuore, perché non si salvino col credere. Quelli poi che la semenza han ricevuta sopra la pietra, (sono) coloro i quali, udita la parola, la accolgono con allegrezza; ma questi non hanno radice, i quali credono per un tempo, e al tempo della tentazione si tirano indietro. La semenza caduta tra le spine, denota coloro i quali hanno ascoltato; ma dalle sollecitudini, e dalle ricchezze, e dai piaceri della vita a lungo andare restano soffocati, e non conducono il frutto a maturità. Quella che (cade) in buona terra, denota coloro i quali in un cuore buono e perfetto ritengono la parola ascoltata, e portano frutto mediante la pazienza »]

OMELIA

[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]

La parola di Dio.

Beati qui audiunt verbum Dei, et custodiunt illud.

(Luc. XI, 28).

Noi leggiamo nel Vangelo che il Salvatore del mondo istruiva il popolo, diceva loro cose così meravigliose e così stupefacenti, che una donna dal mezzo della folla alzò la voce e gridò: “Beato è il seno che ti ha portato e il latte che ti ha nutrito. „ Ma Gesù Cristo tosto soggiunse: “Più avventurato è colui che ascolta la parola di Dio e che osserva quello che essa comanda. „ Ciò forse desta la vostra meraviglia, che Gesù Cristo ci dica che colui che ascolta la parola di Dio con un vero desiderio di approfittarne è più accettevole a Dio che colui che lo riceve nella santa comunione; sì, certo noi non abbiamo mai ben compreso quanto la parola di Dio sia un dono prezioso. Ah! se noi l’avessimo ben compreso con quale rispetto, con quale amore dovremmo ascoltarla! M. F., non inganniamoci: necessariamente la parola di Dio produrrà in noi frutti buoni o cattivi; saranno buoni, se vi recheremo delle buone disposizioni, con altre parole, un vero desiderio di approfittarne e di fare tutto quello che essa prescriverà; saranno cattivi, se noi la ascolteremo con indifferenza, con disgusto, forse con disprezzo; o questa parola santa ci illuminerà, ci farà conoscere i nostri doveri, o ci accecherà e produrrà il nostro induramento. Ma per meglio farvelo comprendere, volgo a dimostrarvi:

1° quanto sono grandi i vantaggi che ci provengono dalla parola di Dio;

2° in qual modo i Cristiani hanno l’abitudine di riceverla;

3° le disposizioni che dobbiamo recare per avere la ventura di approfittarne.

I . — Per farvi comprendere quanto è grande il prezzo della parola di Dio, io vi dirò che tutto lo stabilimento e i progressi della Religione cattolica sono l’opera della parola di Dio associata alla grazia che sempre l’accompagna. Sì, M. F., noi possiamo ancora dire che dopo la morte di Gesù Cristo sul Calvario, e il santo Battesimo, non occorre grazia che noi riceviamo nella nostra santa Religione che le stia alla pari; ciò che è facile a comprendere. Quante persone che sono state assunte in cielo senza aver ricevuto il sacramento della Penitenza! Quante altre senza aver ricevuto quello del Corpo adorabile e del Sangue prezioso di Gesù Cristo! E quante altre che sono in cielo, che non hanno ricevuto quello della Confermazione né quello dell’Estrema Unzione! Ma per l’istruzione che è la parola di Dio, dal momento che abbiamo l’età capace di farci istruire è tanto difficile andare in cielo senza essere istruiti, come senza essere battezzati. – Ah! M. F., noi vedremo sventuratamente al giorno del giudizio che il più gran numero dei Cristiani dannati, lo saranno perché non hanno conosciuto la loro religione. Andate, interrogate tutti i Cristiani riprovati, e domandate loro perché sono nell’inferno. Tutti vi risponderanno che la loro sventura proviene perché non hanno voluto ascoltare la parola di Dio o perché l’hanno disprezzata. — Ma, forse mi direte voi, che cosa opera in noi questa santa parola? — Ecco: essa è somiglievole a quella colonna di fuoco la quale conduceva i Giudei quando erano al deserto, che additava loro la via che dovevano battere, che si fermava quando il popolo doveva fermarsi e proseguiva il suo viaggio, quando si doveva andare innanzi; di guisa che questo popolo non aveva che a restar fedele nel seguirla ed era sicuro di non smarrire la via. (Exod. XIII, 21, 22; XL, 84, 35). Sì, M. F., essa opera la stessa cosa a nostro riguardo: essa è una face che brilla dinanzi a noi, che ci conduce in tutti i nostri pensieri, nei nostri disegni, nelle azioni nostre (lucerna pedibus meis verbum tuum. Ps. CXVIII, 105); è lei che accende la nostra fede, che fortifica la nostra speranza, che fa divampare l’amor nostro per Dio e per il prossimo; è lei che ci fa comprendere la grandezza di Dio, il fine beato per il quale siamo creati, la bontà di Dio, l’amor suo per noi, il prezzo dell’anima nostra, la grandezza e la ricompensa che ci è promessa; sì, è lei che ci dipinge la gravezza del peccato, gli oltraggi che reca a Dio, i mali che ci prepara per l’altra vita; è lei che ci incute spavento alla vista del giudizio che è riservato ai peccatori, colla dipintura spaventevole che ella ce ne fa; sì, M. F., è questa parola che ci muove a credere senza nulla esaminare tutte le verità della nostra santa Religione nella quale tutto è mistero, e ciò risvegliando la nostra fede. Ditemi, non è dopo una istruzione che si sente il cuore commosso e pieno di buone risoluzioni? Ah! colui che disprezza la parola di Dio è ben da compiangere, poiché rigetta e disprezza tutti i mezzi di salute che il buon Dio ci presenta per salvarci. Ditemi, di che cosa si sono serviti i patriarchi e i profeti. Gesù Cristo medesimo e tutti gli Apostoli, come tutti coloro che li hanno secondati, per stabilire ed aumentare la nostra santa Religione, non è della parola di Dio? Vedete Giona, quando il Signore lo mandò a Ninive; che fece egli? Null’altro che annunciarle la parola di Dio, dicendole che fra 40 giorni tutti i suoi abitanti perirebbero. Non è questa parola santa che cangiò i cuori degli uomini di quella grande città, che, di grandi peccatori ne fece grandi penitenti (Gion. III, 4)? Che fece S. Gio. Battista per cominciare a far conoscere il Messia, il Salvatore del mondo? Non lo fece annunciando loro la parola di Dio? Che fece Gesù Cristo medesimo percorrendo le città e le campagne, continuamente circondato dalle turbe di popolo che lo seguivano fino nel deserto? Di qual mezzo si serviva per insegnare la religione che voleva stabilire, se non di questa santa parola? Ditemi, M. F., chi ha mosso tutti quei grandi del mondo ad abbandonare i loro beni, i loro parenti e tutti i loro agi? Non è ascoltando la parola di Dio che hanno aperto gli occhi dell’anima e compreso la poca durata e la caducità delle cose create, che si sono volti a cercare i beni eterni? Un S. Antonio, un S. Francesco, un S. Ignazio… Ditemi chi può muovere i figli ad avere un grande rispetto verso il loro padre e la loro madre, facendoli loro considerare come quelli che occupano il posto di Dio medesimo? Non sono le istruzioni che hanno ricevuto nei catechismi, tenuti dal loro pastore, facendo loro vedere la grandezza della ricompensa che è annessa ad un figlio savio e obbediente? E quali sono i figli che disprezzano i loro genitori? Ah! quanti poveri figli ignoranti, e che dall’ignoranza sono condotti nell’impurità e nel libertinaggio, e che spesse volte finiscono col far morire i loro poveri genitori o di crepacuore o in qualche altro modo più miserando! Chi può muovere un vicino ad avere una grande carità verso il suo vicino, se non una istruzione che avrà ascoltata, nella quale gli sarà stato addimostrato quanto la carità è un’opera aggradevole a Dio? Chi ha mossi tanti peccatori ad uscire dal peccato? Non fu qualche istruzione che hanno udita, nella quale si è loro dipinto lo stato infelice di un peccatore il quale cade nelle mani d’un Dio vendicatore? Se voi ne bramate la prova, ascoltate un istante e ne sarete convinti. È raccontato nella storia che un vecchio ufficiale di cavalleria passava, in uno dei suoi viaggi, per un luogo dove il padre Bridaine dava una missione. Curioso di udire un uomo d’una grande riputazione e che egli non conosceva, egli entra in una chiesa dove il padre Bridaine faceva la descrizione spaventosa dello stato infelice di un’anima nel peccato, l’accecamento nel quale era il peccatore di perseverarvi, il mezzo facile che il peccatore aveva di uscirne con una buona confessione generale. Il militare ne fu siffattamente commosso, i suoi rimorsi di coscienza furono cosi forti, o piuttosto gli diventarono sì insopportabili, che nell’istante medesimo formò il proposito di confessarsi e di fare una confessione di tutta la sua vita. Egli aspetta il missionario al piede della cattedra pregandolo per grazia di fargli fare una confessione di tutta la sua vita. Il padre Bridaine lo ricevette con una grande carità: “Mio Padre, gli disse il militare, io resterò finché voi vorrete; io ho concepito un gran desiderio di salvare l’anima mia. „ Egli fece la sua confessione con tutti i sentimenti di pietà e di dolore che si poteva aspettare da un peccatore che si converte; egli medesimo diceva che ogni volta che accusava un peccato, gli pareva di togliersi un peso enorme dalla propria coscienza. Quando ebbe finito la sua confessione, egli si ritirò dietro il Padre Bridaine, piangendo a calde lagrime. La gente meravigliata di vedere questo militare piangere dirottamente, gli domandavano qual era la causa del suo rammarico e delle sue lagrime: “Ah! amici miei, quanto è dolce il versare lagrime d’amore e di riconoscenza, io, che sono vissuto per sì lungo lasso di tempo nell’odio del mio Dio! „ Ah! quanto l’uomo è cieco di non amare il buon Dio e di vivere da suo nemico, mentre che è cosa così dolce l’amarlo! Questo militare si reca a trovare il Padre Bridaine che era nella sagrestia, e qui, alla presenza di tutti gli altri missionari, volle metterli a parte dei suoi sentimenti: “Signori, disse loro, ascoltatemi, e voi, Padre Bridaine, richiamatevelo alla memoria; io non credo in tutta la mia vita di aver gustato un piacere così puro e così dolce, come quello che io gusto dacché ho la sorte di essere in istato di grazia; no, io non credo che Luigi XV che ho servito per 36 anni, possa essere così felice come io lo sono; no, io non credo che, nonostante tutti i piaceri che lo attorniano e tutto lo splendore che lo circonda egli sia contento come io lo sono in questo momento. Dopoché io ho deposto l’orribile peso dei miei peccati, nel mio dolore e nel disegno di fare penitenza, io non cangerei ora la mia sorte per tutti i piaceri e per tutte le ricchezze del mondo. „ A queste parole egli si getta ai piedi del Padre Bridaine, gli stringe la mano: ” Ah! mio Padre, quali azioni di grazie potrò io rendere al buon Dio per tutta la mia vita, di avermi condotto come per mano in questo paese! Ah! mio Padre, io non pensava di fare quello che voi avete avuto la carità di farmi fare. No, mio Padre, mai potrò dimenticarvi; di grazia, io vi prego di domandare al buon Dio per me che tutta la mia vita non sia più che una vita di lagrime e di penitenza.„ Il Padre Bridaine e tutti gli altri missionari che erano testimoni di questa avventura, proruppero in lagrime, dicendo: “Oh! che il buon Dio ha delle grazie per coloro che hanno un cuore docile alla sua voce! Oh! quante anime si dannano e che, se avessero avuto la sorte di essere istruite, sarebbero salve! „ Il che faceva che il Padre Bridaine domandava al buon Dio, prima dei suoi discorsi, che accendesse siffattamente il suo cuore che le sue parole fossero simili al fuoco divoratore che fa divampare d’amore i cuori dei peccatori più indurati e più ribelli alla grazia. Or qual fu la causa della conversione di questo soldato? Null’altro che la parola di Dio che ascoltò e che trovò il suo cuore docile alla voce della grazia. Ah! quanti Cristiani si convertirebbero se avessero la sorte di recare delle buone disposizioni ad ascoltare la parola di Dio! Quanti buoni pensieri e buoni desideri ella farebbe nascere nel loro cuore, quante buone opere farebbe loro compiere per il cielo! – Prima di procedere innanzi, è necessario che io vi rechi un fatto accaduto al medesimo Padre Bridaine, mentre faceva una missione ad Aix in Provenza; fatto che ha qualche cosa di singolare. Il missionario si metteva a sedere a mensa con un confratello, quando un ufficiale batté fortemente alla porta dove si trovavano i missionari: tutto ansante, domanda con un viso alterato il capo della compagnia. Il Padre Bridaine essendosi accostato: “Padre Bridaine, „ gli dice all’orecchio l’ufficiale con una certa emozione e con un tono severo che dimostrava come la sua anima fosse agitata. Il missionario essendo entrato con lui, l’ufficiale chiude la porta, si leva gli stivali, getta lontano il cappello, e sfodera la sua spada. “Io vi confesso, diceva poscia il Padre Bridaine ai suoi compagni, ciò mi incusse spavento: il suo silenzio, il suo occhio truce, la sua stretta di mano, la sua precipitazione e il suo turbamento, mi fecero giudicare che fosse un uomo al quale avessi strappato l’oggetto della sua passione, e che per vendicarsene venisse sicuramente per togliermi la vita; ma fui ben presto tolto d’inganno vedendo questo militare gettarsi ai miei ginocchi colla faccia rivolta a terra, pronunciando con sicurezza queste parole: “Non è questione di lasciarmi, mio Padre, né di differire più oltre, voi vedete ai vostri piedi il più grande peccatore che la terra abbia potuto portare dal principio del mondo; io sono un mostro. Io vengo di lontano per confessarmi a voi e adesso; senza di che io non so più che cosa divento.„ Il Padre Bridaine gli disse con bontà: “Amico mio, un istante, io tosto ritorno. „ — “Mio Padre, gli risponde il soldato piangendo a calde lagrime, rispondete voi dell’anima mia durante questo indugio? Sappiate, Padre mio, che ho percorso in posta 27 leghe; volge molto tempo che io non vivo e che il cuore mi scoppia; io non posso più resistere; la mia vita e l’inferno sembrano non essere che una medesima cosa; il mio tormento dura da quando vi ho udito predicare in un tal luogo, dove avete così egregiamente dipinto lo stato dell’anima mia, che mi è stato impossibile di non credere che il buon Dio non vi abbia fatto tenere quella istruzione che per me solo; tuttavolta quando entrai in questa chiesa nella quale voi predicavate, non era per curiosità, fu appunto qui che il buon Dio mi aspettava. Quanto sono felice, Padre mio, di potermi liberare da questi rimorsi di coscienza che mi straziano! Prendete il tempo che sarà necessario per ascoltare la mia confessione, io resterò qui quanto bramate; ma è necessario che voi mi solleviate all’istante, perché la mia coscienza è un carnefice che non mi lascia alcun riposo né il giorno né la notte; in una parola, Padre mio, io voglio veramente convertirmi; lo comprendete, Padre mio? Voi non uscirete di qui che non abbiate sollevato il mio cuore. Se voi volete negarmi ciò, io credo che morrò ai vostri piedi di crepacuore. „ – “Ma egli disse ciò, soggiunge il Padre Bridaine, versando copiose lagrime. Io fui così tocco da una scena tanto commovente, che lo abbraccio, lo benedico, mescolo le mie lagrime alle sue; non pensai più di recarmi a mangiare; lo incoraggiai, per quanto mi fu possibile, di tutto sperare nella grazia del buon Dio il quale si era già dimostrato verso di lui in un modo affatto particolare; io restai quattro ore di seguito per ascoltare la sua confessione; sembrava bagnarmi delle sue lagrime, ciò che mi moveva a contenere le mie; io non lo lasciai che per recarmi ad annunciare la parola di Dio. „ – Questo generoso militare rimase alcun tempo presso il Padre Bridaine, per ricevere gli avvisi che gli erano necessari per avere la sorte di perseverare. Prima di congedarsi dal Padre Bridaine, lo pregò di perdonargli lo sgomento che gli aveva cagionato: ” Tuttavolta, mio Padre, gli disse il militare, il vostro era nulla in confronto del mio. Io tremava tutti i giorni che la morte mi togliesse nello stato nel quale mi trovava, parevami che la terra stesse per aprirsi sotto i miei piedi per inghiottirmi vivo nell’inferno. Pensate, Padre mio, che quando si hanno nemici tali che vi assediano e che vi si riflette seriamente, non si può restar tranquillo, quand’anche si avesse un cuore di bronzo. Ora, Padre mio, io vorrei morire, tanta è la gioia che provo d’essere in pace col buon Dio. „ Egli non poteva più lasciare il Padre Bridaine, gli baciò le mani, l’abbracciò. Il Padre Bridaine vedendo un tal miracolo della grazia, non poté dalla sua parte trattenere le sue lagrime: gli ultimi addii facevano versar lagrime a tutti coloro che ne furono testimoni. “Addio, mio Padre, disse il militare al Padre Bridaine, dopo il buon Dio, a voi io sono tenuto del cielo. „ Ritornato nel suo paese non poteva contenersi di parlare quanto il buon Dio fosse stato buono verso di lui; chiuse la sua vita nelle lagrime e nella penitenza e morì da santo sei mesi dopo la sua conversione. – Ora, qual fu la causa della conversione dì questo soldato? Ah! ciò che voi udite tutte le domeniche nelle istruzioni, è ciò che udì quegli dalla bocca del Padre Bridaine, dove certamente presentava lo stato deplorevole d’un peccatore che compare davanti al tribunale di Gesù Cristo colla coscienza carica di peccati. Ah! mio Dio, quante volte il vostro pastore non vi ha fatto questo ritratto desolante? Chi ne è stato più commosso di voi medesimi? E perché dunque ciò non vi ha scossi e convertiti? Forse che la parola di Dio non ha più lo stesso potere? No, M. F., questa non è la vera causa per cui siete restati nel peccato. Forse, perché questa santa parola vi è annunciata da un peccatore, che non vi ha commossi? No, no, non è questa ancora la vera ragione; ma eccola: gli è perché i vostri cuori sono indurati, e volge lungo tempo che voi abusate delle grazie che il buon Dio vi concede colla sua santa parola; è perché il peccato vi ha strappato gli occhi della povera vostra anima, ed ha finito di farvi perdere di vista i beni ed i mali dell’altra vita. O mio Dio! quale sventura per un Cristiano d’essere cacciato dal cielo per tutta l’eternità ed essere insensibile a questa perdita! O mio Dio! Quale frenesia d’essere precipitati nelle fiamme dell’inferno e restare tranquilli in uno stato che fa fremere gli angeli e i santi! O mio Dio! a qual grado di sciagura è condotto colui al quale la parola di Dio … ! Avvegnaché la parola di Dio più non commuove, tutto è perduto, non occorre più alcun altro spediente se non in un grande miracolo, ciò che accade ben rare volte. O mio Dio! essere insensibili a tante sventure, chi potrà mai comprenderlo? Tuttavolta, senza essere più prolissi, ecco lo stato di quasi tutti coloro che mi ascoltano. Voi sapete che il peccato regna nei vostri cuori; voi sapete che fino a che il peccato vi regna, voi non avete nessun’altra cosa da aspettarvi se non tutte queste sventure. O mio Dio! questo solo pensiero non dovrebbe farci morire di spavento? Ah! il buon Dio vedeva anticipatamente quanto sarebbero pochi coloro che approfitterebbero di questa parola di vita, quando ci propone nel Vangelo questa parabola: “Un seminatore esce di gran mattino per seminare il suo grano, e quando lo seminava, una parte cadde sulla via e fu calpestata dai viandanti e mangiata dagli uccelli del cielo; una parte cadde sulle pietre e tosto disseccò; un’altra cadde fra le spine, che la soffocarono; e finalmente un’altra cadde nel buon terreno, e rese il centuplo di frutto. „ Voi vedete che Gesù Cristo dimostra che, di tutte le persone che ascoltano la parola di Dio, solo un quarto ne trae profitto; ancora troppo avventurati se di tutte quattro le persone ne occorresse una che ne approfittasse. Quanto il numero dei buoni Cristiani sarebbe più grande che non è! Gli apostoli, meravigliati di questa parabola, gli dissero: “Spiegateci quello che significa.„ Gesù disse loro colla sua ordinaria bontà: – Il cuore dell’uomo è somiglievole ad una terra che recherà frutto secondo che sarà bene o mal coltivata; questa semente, disse loro Gesù Cristo, è la parola di Dio: quella che cade lungo la via, sono coloro che ascoltano la parola di Dio, ma che non vogliono cangiar vita, né imporsi i sacrifici che Dio vuole da essi per renderli buoni e aggradevoli a lui. Gli uni sono coloro che non vogliono abbandonare le cattive compagnie o i luoghi nei quali hanno tante volte offeso il buon Dio; sono ancora coloro che sono trattenuti da un falso rispetto umano, il quale li fa abbandonare tutte le buone risoluzioni che avevano formate ascoltando la parola di Dio. Quella che cade nelle spine, sono coloro che ascoltano la parola di Dio con gioia; ma non fa loro praticare alcuna buona opera: essi amano di ascoltarla, ma non di fare quello che comanda. Per quella che cade sulla pietra, sono coloro che hanno un cuore indurato ed ostinato, coloro che la ascoltano per disprezzarla o per abusarne. Finalmente quella che cade nella terra buona, sono coloro che desiderano di ascoltarla, che abbracciano tutti i mezzi che il buon Dio loro inspira per bene approfittarne, ed è in questi cuori che reca copiosi frutti, e questi frutti sono l’allontanamento da una vita mondana e le virtù che un Cristiano deve praticare per piacere a Dio e salvare la propria anima. „ Voi vedete, M. F., giusta la parola di Gesù Cristo, come sia esiguo il numero di coloro che approfittano della parola di Dio, perché di quattro occorre un solo che rende questa semente atta a recar frutto, ciò che è molto facile a dimostrarvi, come vedremo più innanzi. Ma se ora mi domandate quello che vuol dire Gesù Cristo per questo seminatore il quale esce di gran mattino per gettare la sua semente nel suo campo, il seminatore è il buon Dio medesimo, che ha cominciato a procurare il nostro salvamento dal principio del mondo, per questo mandando i profeti suoi prima della venuta del Messia per insegnarci quello che era necessario di fare per essere salvi; non si è accontentato di mandare i suoi servi, è venuto Egli medesimo, ci ha tracciata la via che dobbiamo battere, Egli è venuto ad annunziarci la santa parola.

II. — Ma esaminiamo piuttosto, M. F., quali sono coloro che recano delle buone disposizioni per ascoltare questa parola di vita. Ah! voi avete udito dalle parole stesse di Gesù Cristo che pochissimi recano le disposizioni necessarie per trarne vantaggio. Sapete voi che sia una persona la quale non è nutrita di questa santa parola o che ne abusa? essa è somiglievole ad un ammalato senza medico, ad un viaggiatore smarrito e senza guida, ad un povero senza alcun mezzo di sussistenza; diciamo meglio, che è affatto impossibile di amar Dio e di piacere a lui senza essere nutriti di questa parola divina. Che cos’è che può muoverci ad affezionarci a Lui, se non perché lo conosciamo? E chi può farcelo conoscere con tutte le perfezioni sue, la sua bellezza e il suo amore verso di noi, se non la parola di Dio, che ci insegna tutto quello che ha fatto per noi, e i beni che ci prepara per l’altra vita, se noi non cerchiamo che di piacere a Lui? Chi può muoverci ad abbandonare e piangere i nostri peccati se non la descrizione spaventosa che lo Spirito Santo ci fa nella santa Scrittura? Chi può muoverci a sacrificare tutto quello che abbiamo di più caro al mondo, per avere la sorte di conservare i beni del cielo, se non i quadri stessi che ci mettono sott’occhio i predicatori? Se voi ne dubitate, domandate a S. Agostino ciò che ha cominciato a farlo arrossire fra le sue infamie: non è il quadro spaventoso che fece S. Ambrogio in un sermone nel quale dimostrò tutto l’orrore del vizio d’impurità, come degradava l’uomo, e come l’oltraggio che recava a Dio era orribile? (Conf. lib. VI, cap. III e IV) – Che cos’è che mosse S. Pelagia, questa famosa cortigiana, la quale colla sua bellezza e maggiormente coi disordini della propria vita, aveva perduto tante anime, che cos’è che la mosse ad abbracciare la più dura penitenza per tutto il resto della sua vita?… Un giorno che era seguita da una schiera di giovani premurosi di farle la corte, essendosi magnificamente abbigliata, ma di un’aria che non respirava che la mollezza e la voluttà, in questa ostentazione di mondanità, le avvenne di passare dinanzi alla porta di una chiesa, nella quale si trovavano parecchi Vescovi che si intrattenevano degli affari della Chiesa. I santi prelati, mossi a sdegno alla vista di questo spettacolo, volsero altrove lo sguardo; tuttavolta uno di essi, chiamato Nono, guardò fissamente questa commediante e disse gemendo: “Ah! che questa donna che mette tanto studio per piacere agli uomini sarà la nostra condanna, contro di noi che prendiamo sì poca sollecitudine per piacere al buon Dio! „ Il santo prelato avendo preso per mano il suo diacono, lo condusse nella sua cella; quando vi furono arrivati, egli si gettò col volto a terra e disse battendosi il petto e piangendo amaramente: “O Gesù Cristo, mio maestro, abbiate pietà di me; è d’uopo che nel corso della mia vita io non abbia messo tanto studio ad adornare la mia anima che è tanto preziosa, che tanto vi è costata, quanto questa cortigiana ne ha posto per adornare il suo corpo e per piacere al mondo! „ Il domani, il santo Vescovo essendo salito in pulpito, dipinse in modo così spaventevole i mali che recava questa cortigiana, il numero delle anime che la sua vita perversa trascinava nell’inferno… il suo discorso fu recitato con copiose lagrime. Pelagia era appunto nella chiesa, che ascoltava il sermone che teneva il santo Vescovo; ella ne fu siffattamente commossa, o piuttosto spaventata, che risolse tosto di convertirsi. Ella si reca a trovare il santo prelato senza porre indugio, ella si getta ai piedi del santo Vescovo alla presenza di tutta l’assemblea, gli domanda con grandi istanze e piangendo il Battesimo, che il Vescovo, vedendola così pentita, le amministrò non solo il Battesimo, ma anche la Confermazione e la Comunione. Dopo ciò, Pelagia distribuì i suoi beni ai poveri, concesse la libertà a tutti i suoi schiavi, si coprì d’un cilicio, abbandonò segretamente la città di Antiochia e andò a chiudersi in una grotta sulla montagna degli Ulivi, vicino a Gerusalemme. Il diacono del santo Vescovo desiderava di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme; il suo Vescovo gli disse, prima della sua partenza, di chiedere se là trovavasi una giovane nascosta in una grotta da quattro anni. Infatti, il diacono arrivato a Gerusalemme, domandò se sapevasi di una giovane chiusa da quattro anni in una grotta nei dintorni della città. Il diacono la trovò sopra la montagna in una cella che non aveva altra apertura che una piccola finestra quasi sempre chiusa. La penitenza spaventevole che faceva Pelagia, l’aveva siffattamente cangiata, che il diacono non poté riconoscerla; le disse che veniva a renderle visita dalla parte del Vescovo Nono; ella rispose semplicemente versando lagrime, che il Vescovo Nono era un santo e che ella si raccomandava alle sue preghiere; e tosto chiuse la finestra come fosse indegna di vedere il giorno dopo di aver tanto offeso il buon Dio e perduto tante anime. I solitari gli dissero tutti che ella esercitava sopra il suo corpo tormenti tali che facevano fremere i solitari più austeri. Il diacono, prima di partire, volle ancora avere una volta la sorte di vederla, ma la trovò morta (Vita dei Padri del deserto, vol. VI, cap. XVIII). Ora, M. F., chi trasse questa infelice dalle sue infamie per farne una così grande penitente? Una sola istruzione operò in essa quel cangiamento. Ma, di nuovo, donde procede ciò? Perché la parola di Dio trovò il suo cuore ben disposto a ricevere questa semente, perché questa parola cadde in buon terreno. Sapete chi siamo noi? Noi siamo quei grandi del mondo, i quali, nell’abbondanza di tutto ciò che il cuore può desiderare, esauriscono la loro conoscenza nel produrre nuove invenzioni per trovare nuovi gusti nelle vivande che loro si ammanniscono, e nonostante ciò nulla trovano che sia buono. Se una persona che soffre la fame fosse testimonio di ciò, non direbbe piangendo: “Ah! se io avessi quello che essi disprezzano tanto, quanto sarei felice!„ Ah! noi possiamo ripetere la stessa cosa: se dei poveri idolatri e dei pagani avessero la metà o il quarto di questa parola che si distribuisce a noi sì di spesso e che teniamo in così poco conto o disprezziamo, che noi ascoltiamo con noia e con disgusto, ah! quante lagrime spargerebbero, quante penitenze, quante buone opere e quante virtù avrebbero la sorte di praticare! Sì, questa parola santa è perduta per questi peccatori che sono abbandonati in balia della dissipazione, che non hanno alcuna regola di vita, il cui spirito e il cui cuore sono somiglievoli ad una grande strada da tutti battuta, che non sanno neppure che cosa significhi rigettare un cattivo pensiero. Un momento, è un buon pensiero o un buon desiderio che li occupa; un altro momento, è un cattivo pensiero e un cattivo desiderio; ora voi li udite cantare le lodi di Dio nella Chiesa; in un altro momento, voi li udite cantare le canzoni più infami nelle bettole; qui voi li vedete dir bene dei loro vicini, e là li vedete con coloro che straziano la loro riputazione; un giorno essi daranno dei buoni consigli, domani spingeranno altri a vendicarsi. Posto ciò, se essi ascoltano la parola di Dio, è per abitudine e forse con cattivo intendimento, per criticare colui che è tanto caritatevole di annunciarla. Ma essi l’ascoltano come si ascolta una favola o una cosa affatto indifferente. Ah! qual frutto può produrre la parola di Dio in cuori così mal disposti, se non indurarli sempre più? Mio Dio, come la vostra santa parola, la quale non ci è data che per aiutarci a salvarci, precipita delle anime nell’inferno! Io vi ho detto, da principio, che la parola di Dio reca sempre frutto buono o cattivo, secondo le disposizioni nostre. Ecco lo stato di una persona la quale non combatte le sue inclinazioni, la quale non cerca di premunirsi contro le sue passioni che la padroneggiano; a grado che la parola di Dio cade, passa l’orgoglio, la mette sotto dei piedi; passa il desiderio di vendetta, la soffoca; sopravvengono i vani pensieri e i cattivi desideri a gettarla nel fango; dopo di che, il demonio che regna in questo povero cuore, alla prima occasione, cancella il resto dell’impressione che ha potuto produrre in noi la parola di Dio. Ecco, M. F., quello che dice primieramente il Vangelo: io non so se voi l’avete ben compreso, ma per me io tremo quando sento S. Agostino dirci che noi siamo tanto colpevoli di udire la parola di Dio, senza un vero desiderio di approfittarne, come i Giudei quando flagellavano Gesù Cristo. Ah! M. F., noi non abbiamo mai pensato che commettiamo una specie di sacrilegio quando non vogliamo approfittare di questa santa parola. Tuttavia, non sono positivamente le vostre disposizioni, almeno per un gran numero: noi prendiamo ancora delle belle risoluzioni di cambiar vita; quando noi udiamo predicare, noi diciamo in noi medesimi: è necessario assolutamente operare bene. Ecco una buona risoluzione; ma dal momento che il buon Dio ci sottopone a qualche prova, noi dimentichiamo le nostre risoluzioni e continuiamo il nostro sistema di vita. Noi abbiamo risoluto di essere meno attaccati ai beni di questo mondo; ma il più piccolo torto che ci si rechi, noi cerchiamo di vendicarci; noi parliamo male delle persone che ci hanno recato qualche ingiuria e conserviamo l’odio; noi soffriamo di mal animo di vedere queste persone, non vogliamo più render loro servizio. Noi pensiamo che ora vogliamo praticare l’umiltà, perché abbiamo udito in una istruzione quanto l’umiltà sia una bella virtù, come ci rende aggradevoli a Dio; ma alla prima occasione che si presenta, che noi siamo disprezzati, noi ci muoviamo a sdegno, parliamo male dei nostri contradditori, e se qualche volta abbiamo loro procurato alcun bene glielo rinfacciamo. Ecco, M. F., quello che noi facciamo. Molte volte noi abbiamo risoluto di operar bene, ma tosto che l’occasione si presenta, non ci poniamo più mente e continuiamo la nostra vita ordinaria. – In tal modo trascorre tutta la nostra povera vita, nelle risoluzioni e nelle cadute continue, di guisa che noi ci ritroviamo sempre gli stessi. Ah! questa semente è dunque perduta per il gran numero dei Cristiani e non può contribuire che alla loro condanna! — Ma forse mi direte voi, che altra volta la parola di Dio era più potente, o coloro che l’annunciavano erano più eloquenti. — No, la parola del buon Dio ha tanto potere ora quanto negli altri tempi, e coloro che la annunciavano erano semplici come ai giorni nostri. Ascoltate S. Pietro nelle sue predicazioni: “Ascoltatemi, loro dice questo santo Apostolo, il Messia che voi avete fatto soffrire, che avete mandato alla morte, è risuscitato per la felicità di tutti coloro che credono che il salvamento procede da lui.„ Appena ebbe detto ciò, che tutti coloro che erano presenti ruppero in pianto, e mandarono alte grida, dicendo: “Ah! grande Apostolo, che faremo noi per ottenere il nostro perdono?„ — “Miei figli, dice loro S. Pietro, se voi bramate che i vostri peccati vi siano perdonati, fate penitenza, confessate i vostri peccati, più non peccate, e il medesimo Gesù Cristo che voi avete appeso alla croce, che è risuscitato, vi perdonerà (Act. III, 19). „ In un solo discorso, tre mila si diedero a Dio e abbandonarono il loro peccato per sempre (ibid. II, 41). In un altro, cinquemila rinunciarono alla loro idolatria per abbracciare una religione la quale non domanda che sacrifici continui (ibid. IV, 4); essi batterono coraggiosamente la via che Gesù Cristo aveva loro tracciata. Di qual segreto si sono valsi gli Apostoli per cangiare la faccia del mondo? — Ecco: “Volete voi, dissero gli Apostoli, piacere a Dio e salvare l’anima vostra, che colui che si abbandona al vizio dell’impurità vi rinunci e conduca una vita pura e aggradevole a Dio; che colui che ha il bene del suo prossimo lo restituisca; che colui che odia il suo prossimo si riconcili con lui.„ Ascoltate S. Tommaso: “Io vi avverto dalla parte di Gesù Cristo medesimo che gli uomini subiranno un giudizio dopo la loro morte, intorno il bene ed il male che avranno fatto, i peccatori passeranno la loro eternità nel fuoco dell’inferno, per patirvi per sempre; ma colui che sarà stato fedele ad osservare la legge del Signore, la sua sorte sarà affatto diversa; all’uscire da questa vita, entrerà in cielo per godervi ogni sorta di delizie e di felicità. „ Ascoltate san Giovanni, il discepolo prediletto: “Miei figli, amatevi tutti come Gesù Cristo vi ha amati, siate caritatevoli gli uni verso gli altri, come Gesù Cristo lo è stato per noi, Lui che ha sofferto e che è morto per la nostra felicità; sopportatevi gli uni cogli altri, perdonatevi le vostre debolezze come Egli perdona a tutti (I Joan. II-IV).„ Ditemi, possiamo trovare qualche cosa che sia più semplice ? Ora, non vi si dicono le medesime verità? Non vi si dice, come S. Pietro, che Gesù Cristo è morto per voi, che è ancora pronto a perdonarvi se volete pentirvi ed abbandonare il peccato? Tuttavolta furono queste parole che fecero versare tante lagrime e convertirono tanti pagani e tanti peccatori! Non vi si dice, come S. Giovanni Battista, che se voi avete il bene del prossimo, è necessario restituirlo (Luc. III, 11-14), senza di che mai entrerete in cielo? Non vi si dice che se vi abbandonate in preda al vizio dell’impurità, è necessario lasciarlo e condurre una vita tutta pura? Non vi si dice che, se voi vivete e restate nel peccato, voi cadrete nell’inferno? E perché dunque queste parole non producono più i medesimi effetti, vo’ dire che questa parola santa non ci converte? Ah! diciamolo gemendo: non è perché abbia minor potere che altra volta, ma perché questa divina semente cade in cuori indurati e impenitenti, e appena vi è caduta il demonio la soffoca. Come questa divina parola non parla che di sacrifici, di mortificazioni, di distacco dal mondo e da se medesimo, e d’altra parte non si vuol fare tutto ciò, si rimane nel peccato, vi si persevera, vi si muore. – Convenite con me quanto sia necessario essere indurato per restare nel peccato, sapendo benissimo che, se dovessimo morire in questo stato, non abbiamo che l’inferno per retaggio! Ci è ripetuto continuamente, e nonostante ciò, noi restiamo peccatori come lo siamo, benché siamo certissimi che la nostra sorte non può essere che quella d’un riprovato. O mio Dio! quale stato infelice è quello di un peccatore che non ha più la fede!

III. — Ma, mi direte voi, che cosa dunque bisogna fare per approfittare della parola di Dio, affinché ci aiuti a convertirci? — Ecco: Voi non avete che da esaminare la condotta di quel popolo che accorreva ad ascoltare Gesù Cristo; egli vi accorreva da lontano, con un vero desiderio di praticare tutto quello che Gesù Cristo loro avrebbe comandato; essi abbandonavano tutte le cose temporali, non pensavano neppure ai bisogni del corpo, ben persuasi che colui che nutriva la loro anima, nutrirebbe il loro corpo; essi erano mille volte più solleciti di cercare i beni del cielo che quelli della terra; essi tutto dimenticavano per non pensare che a praticare quello che loro diceva nostro Signore (Luc. IX, 12). Vedeteli in atto di ascoltare Gesù Cristo o gli Apostoli: i loro occhi e i loro cuori sono tutti rivolti a questo oggetto; le donne non pensano alla loro famiglia; il mercante perde di vista il suo commercio; l’agricoltore dimentica i suoi campi; i giovani mettono sotto dei piedi i loro abbigliamenti; essi ascoltano con avidità le sue parole, e fanno quanto possono per imprimerle profondamente nel loro cuore. Gli uomini più sensuali abborrono i loro piaceri sensuali per non più pensare che a far soffrire il loro corpo, la santa parola di Dio forma tutta la loro occupazione; vi fermano il pensiero, la meditano, amano di parlarne e di udirne parlare. Ora, M. F., vedete se tutte le volte che ascoltate la parola di Dio, voi vi recate le medesime disposizioni. M. F., siete venuti ad ascoltare questa santa parola con sollecitudine, con gioia, con un vero desiderio di approfittarne? Così essendo, avete dimenticato tutti i vostri affari temporali, per non pensare che ai bisogni della vostra anima? Prima di ascoltare questa santa parola, avete domandato al buon Dio, di imprimerla profondamente nei vostri cuori? Avete considerato questo momento come il più avventurato della vostra vita, poiché Gesù Cristo medesimo ci dice che la sua santa parola è preferibile alla santa comunione? Siete stati pronti a praticare quanto ella vi comanda? L’avete ascoltata con attenzione, con rispetto, non come la parola di un uomo, ma come la parola di Dio medesimo? Dopo l’istruzione avete ringraziato il buon Dio della grazia che vi ha concesso di istruirvi Egli medesimo per la bocca dei suoi ministri? Ah! mio Dio, se son pochi quelli che recano queste disposizioni, non saremo meravigliati che questa santa parola produca sì poco frutto. Ah! quanti che sono qui con pena, con noia! che dormono, che sbadigliano! quanti che sfoglieranno un libro, e ciarleranno! E non si veggono altri che spingono più innanzi la loro empietà, i quali, con una specie di disprezzo, escono di chiesa tenendo in nessun conto la santa parola e colui che la annuncia? Quanti altri i quali, anche essendo fuori, dicono che il tempo loro pesa e che più non ritorneranno! E finalmente altri i quali, ritornando alle loro case, invece di occuparsi di ciò che hanno udito e di meditarlo, lo dimenticano affatto e non vi tornano sopra col pensiero che per dire che non è mai finito, o per criticare colui che ha avuto la carità di annunciarla! Chi sono coloro i quali, essendo tornati in famiglia, facciano parte a coloro che non hanno potuto intervenire di ciò che hanno udito? Quali sono i padri e le madri che domandino ai loro figli quello che hanno ritenuto della parola santa che hanno udita, e che spieghino loro quello che non hanno compreso? Ma, ah! si tiene la parola di Dio in sì poco conto, che quasi non si accusano di non averla ascoltata con attenzione. Ah! quanti peccati dei quali la maggior parte dei Cristiani non si accusano mai! Mio Dio! quanti Cristiani dannati! Chi sono coloro che abbiano detto a se medesimi: Quanto questa parola è bella! quanto è vera! ecco tanti anni che io l’ascolto e che mi fa vedere lo stato della mia anima, e, come toccare con mano che, se la morte mi colpisse, io sarei perduto! Tuttavolta io resto sempre nel peccato. O mio Dio, quante grazie disprezzate, quanti mezzi di salvamento dei quali ho abusato sino a quest’ora! ma è cosa decisa, io voglio sinceramente cangiar vita, io voglio domandare al buon Dio la grazia di non mai ascoltare questa santa parola senza esservi ben preparato. No, io non voglio più dire in me medesimo, come ho fatto fino a quest’ora, che ciò è per il tale o per la tale, ma dirò che è per me che la si annuncia; io voglio porre ogni studio per approfittarne per quanto lo potrò. Che conchiudere da tutto ciò? Che la parola divina è uno dei più grandi doni che il buon Dio possa concederci, perché senza l’istruzione, è impossibile di salvarci. Che se noi vediamo tanti empi in questi tristi giorni nei quali viviamo, non è che perché non conoscono la loro Religione, perché ad una persona che la conosca, le è impossibile di non amarla e di non praticare quello che essa prescrive. Quando voi vedete qualche empio che disprezza la Religione, voi potete dire: “Ecco un ignorante che disprezza quello che non conosce, „ perché questa parola divina ha convertito tanti peccatori. – Studiamoci di ascoltare sempre con un piacere tanto più grande in quanto vi è annesso il salvamento dell’anima nostra e che per essa noi scopriremo quanto il nostro destino è felice, quanto la ricompensa che ci promette è grande, perché dura tutta l’eternità. È la felicità che io vi ….

Credo

IL CREDO

Offertorium

Orémus Ps XVI: 5; XVI:6-7

Pérfice gressus meos in sémitis tuis, ut non moveántur vestígia mea: inclína aurem tuam, et exáudi verba mea: mirífica misericórdias tuas, qui salvos facis sperántes in te, Dómine.

[Rendi fermi i miei passi nei tuoi sentieri, affinché i miei piedi non vacillino. Inclina l’orecchio verso di me, e ascolta le mie parole. Fa risplendere la tua misericordia, tu che salvi chi spera in Te, o Signore.]

Secreta

Oblátum tibi, Dómine, sacrifícium, vivíficet nos semper et múniat.

[Il sacrificio a Te offerto, o Signore, sempre ci vivifichi e custodisca.]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps XLII:4

Introíbo ad altáre Dei, ad Deum, qui lætíficat juventútem meam.

Mi accosterò all’altare di Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza.]

Postcommunio

Orémus.

Súpplices te rogámus, omnípotens Deus: ut, quos tuis réficis sacraméntis, tibi étiam plácitis móribus dignánter deservíre concédas.

[Ti supplichiamo, o Dio onnipotente, affinché quelli che nutri coi tuoi sacramenti, Ti servano degnamente con una condotta a Te gradita.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.