SPIRITUALI E MISTICI DEI PRIMI TEMPI (2)

F. CAYRÉ:

SPIRITUALI E MISTICI DEI PRIMI TEMPI (2)

Trad. M. T. Garutti

Ed. Paoline – Catania

Nulla osta per la stampa – Catania, 7 Marzo 1957

P. Ambrogio Gullo O. P. Rev. Eccl.

Imprimatur

Catanæ die 11 Martii 1957 – Can. Nicolaus Ciancio Vic. Gen.

CAPITOLO II.

I PADRI UOMINI DI CHIESA PER ECCELLENZA

Significato della parola « Padri ».

Chiamiamo « Padri della Chiesa » tutti gli scrittori cattolici dei primi secoli, quelli la cui opera è rimasta, nel suo insieme, conforme all’ortodossia tradizionale. Il fatto di aver scritto non ha in sé valore particolare: le loro composizioni non sono assimilate ai Libri canonici del Vecchio e Nuovo Testamento ai quali è riconosciuta una ispirazione divina specialissima. Non è affatto sicuro né probabile che gli scritti dei Padri rappresentino la totalità della loro azione personale, né, a maggior ragione, la totalità dell’azione apostolica del loro tempo, tutt’altro. Nondimeno, proprio per questi scritti, essi hanno acquisito, per i secoli posteriori, una autorità eccezionale; essi sono per noi i testimoni diretti della vita cristiana durante tutto il periodo degli inizi. Senza dubbio, le comunità si sviluppavano per effetto di una spinta interna, di una linfa che sale e alimenta dal di dentro, segno evidente d’una autentica vitalità. Ma noi non conosceremmo che superficialmente questa vitalità senza gli scritti rimastici di quell’epoca. Da ciò l’interesse fondamentale di queste opere. – In realtà, bisogna aspettare il V secolo perché la parola « Padre » esprima pienamente quel valore dottrinale che gli si attribuisce oggi. San Basilio o San Gregorio Nazianzeno furono gli iniziatori di questa tendenza, che si impose al momento delle controversie cristologiche, in modo particolare nei Concili di Efeso e di Calcedonia (451). La fama dei Vescovi che avevano respinto vittoriosamente le grandi eresie trinitarie del IV secolo, nella loro azione conciliare o fuori dei concili, ma con un vero accordo di pensiero e di atteggiamento religioso, dette allora a quel nome di « Padri » un contenuto dottrinale che in seguito è andato sempre più estendendosi. Questa denominazione deve il suo prestigio non solamente ai grandi concili del IV secolo, i cui membri furono da allora chiamati «Padri », ma anche ai Vescovi anteriori e agli altri scrittori cristiani approvati dai Vescovi fin dai tempi apostolici. – San Vincenzo di Lérins, verso il 430, nel suo celebre « Commonitorium », fa appello all’autorità speciale di quelli che, essendo entrati m comunione con l’intera Chiesa, sono i soli « maestri da approvare » (magistri probabiles). Sono questi maestri i veri « Padri », ben diversi dai semplici scrittori ecclesiastici, la cui autorità non è così autenticamente garantita. Un documento importante della fine dello stesso secolo, opera parziale del Papa San Gelasio, al quale fu poi attribuito per intero (Decreto gelasiano), precisa ancora questi dati e li illustra con un elenco di nomi famosi. Ne manca uno, importantissimo, quello di Santo Ireneo, colui che aveva posto la regola capitale in questo campo: la necessaria conformità con una Sede capace di garantire da sola il legame diretto con gli Apostoli, la sede di Roma. – La santità di vita richiesta per l’attribuzione del nome di Padri, non è così rigorosa come la canonizzazione in vista del culto liturgico; esige una autentica vita cristiana ma senza quel grado eroico di cui a poco a poco la Chiesa ha fatto una condizione essenziale per l’onore degli Altari. Nel titolo di Padre, è l’ortodossia dottrinale che ha la prevalenza. – L’antichità che s’impone egualmente in questo campo, risale dal punto di vista delle fonti fino agli Apostoli esclusi: questi, infatti, continuano in qualche modo la Rivelazione propriamente detta, di cui furono i testimoni diretti ed immediati nella persona del Cristo. Questo contatto con gli Apostoli dà ai primi Padri, anche se non sono vescovi, e ai primi scritti, anche se sono anonimi, una autorità tutta particolare che non bisogna né esagerare né diminuire. Il punto di partenza della Patristica è dunque molto netto: la fine del I secolo, benché le opere cristiane vi siano rare: ce n’è almeno una e di grande portata, l’epistola di San Clemente di Roma, e forse anche la Didachè il cui autore è ignoto. All’altra estremità, l’epoca detta dei Padri è stata naturalmente più fluttuante. Ha superato da molto tempo il V secolo; fin dal medioevo, si dava particolare importanza a San Gregorio Magno (+ 604) in Occidente, e in Oriente a San Giovanni Damasceno, semplice monaco e grande difensore del culto delle immagini (+ 749). Generalmente si sta a queste due date; non crediamo però che le ragioni invocate per restare fissi ad esse siano decisive. Si lasciano così fuori della Patristica alcuni santi che hanno manifesti contatti con l’antichità cristiana e che è ingiusto porre in qualche modo fuori della serie, poiché i loro scritti non risentono affatto dell’ispirazione medievale. Pensiamo, per l’Oriente, a San Teodoro Studita, che incarna la lotta contro l’iconoclastia, agli inizi del sec. IX. Prima di lui in Occidente troviamo San Beda il Venerabile, posteriore di più di un secolo a Gregorio Magno, e forse bisognerebbe aggiungervi anche i grandi monaci anglo-sassoni degli inizi del sec. IX, che furono più dei testimoni del passato che dei veri iniziatori. La data dell’842, che segna la fine della lotta iconoclasta, con l’ascesa al potere dell’imperatrice Teodora, vedova dell’imperatore Teofilo e reggente in nome del figlio Michele, ancora minorenne, è una data capitale, sul piano religioso come su quello politico, data sottolineata ancora dalla festa dell’Ortodossia istituita fin dall’843 e tuttora in onore nella Chiesa bizantina. L’iconoclastia non era stata battuta se non grazie all’appoggio dell’Occidente, dei Papi in particolare, e la nuova solennità avrebbe potuto chiamarsi festa dell’Ortodossia cattolica: ragione di più per ricollegarvi l’antichità cristiana. Con la fine del IX sec. un nuovo periodo storico si apre in Oriente come in Occidente. L’epoca patristica è definitivamente chiusa.

Spirituali e mistici, più che speculativi.

Il lettore moderno affronta, generalmente i Padri con preoccupazioni che sono spesso molto lontane dalle loro e gli impediscono di capirli esattamente, a dispetto di una cultura letteraria e storica assai profonda. Egli chiede loro lumi su punti che essi hanno affrontato solo incidentalmente, trattando di questioni ben più importanti per essi di quelle che appassionano i moderni. Esiste un vero « campo » patristico, che occorre conoscere, almeno nelle sue grandi linee, prima di abbordare i Padri, se si vuol fare uno studio serio ed obiettivo. I teologi stessi si sbagliano spesso in proposito. A maggior ragione i laici rischiano di restare fuori da questo campo così particolare, se non si sono informati con cura sull’argomento. Il titolo stesso di questo libro — « spirituali e mistici » — non basta a orientare il lettore; queste due parole, per quanto giuste e utili siano, hanno preso ai giorni nostri dei significati ben determinati che non rispondono, se non lontanamente, alla realtà antica. Esse scartano già molte concezioni false ed hanno quindi un valore almeno indicativo. Bisogna tuttavia precisarle ancora, senza però rinchiuderci in quadri troppo angusti, che impediscano di andare al nocciolo delle opere. I Padri hanno meno la preoccupazione della scienza che della realtà vivente conosciuta per mezzo della fede. Ora questa solo nutre l’anima del Cristiano quando è illuminata dallo Spinto, e lo scopo che noi perseguiamo in questo lavoro fondamentale è mostrarne la funzione vitale. Nell’analisi di tale realtà vivente, abbiamo immediatamente posto in risalto un elemento essenziale, determinato da Cristo stesso, la Chiesa, di cui i primi documenti cristiani ci fanno toccare e afferrare l’azione diretta, prolungata attraverso i secoli. Certo vi è una bella distanza da un San Clemente di Roma e un Sant’Ignazio di Antiochia a un Sant’Agostino e a un San Gregorio Magno, ma un legame potente li unisce: il Coipo Mistico. – Questo Corpo, la Chiesa, è prima di tutto, nel mondo, una incarnazione continua del soprannaturale propriamente detto: è una vita divina nel senso letterale della parola. La lotta delle due città, di cui Sant’Agostino detterà le leggi nel V secolo, è già impegnata sin dai primi tempi, e gli apologisti, alla fine del secondo, ne mettono in luce la posta, o, se non altro, ne intravedono la grandezza e il mistero. Essi non sono tanto polemisti quanto apostoli a modo loro. Questa caratteristica è ancor più marcata nei Dottori propriamente detti, quelli che ebbero il dono di penetrare nel cuore dei misteri, non certo per comprenderli a fondo, ma per attingervi le luci provvidenzialmente necessarie contro le grandi eresie. Essi furono eminentemente dei contemplatori di questi misteri, nel senso profondo della parola, e vi trovarono luce e forza per realizzare l’alta missione dottrinale che la Provvidenza divina aveva loro affidato. – I « Dottori » ebbero sempre cura, nella Chiesa, di unire alla più rigorosa ortodossia la più intensa vita cristiana, ed i più illustri fra di essi furono anche i più ardenti promotori della fede «viva». Su questo punto c’è una comunanza di vedute, una unanimità di vita e di pensiero evidenti: essi furono « buoni pastori » nel senso evangelico della parola. Tutti, salvo rare eccezioni, si dedicarono alla preghiera con un fervore esemplare, e molti raggiunsero le vette della più pura contemplazione. La loro mistica è generalmente dottrinale nella sua base, ma la loro fede era così strettamente associata alla carità che oggigiorno si è creduto talvolta di potere e dover ritenere solo questo aspetto del Cristianesimo; ciò che porta ad una grave deformazione. Non è esclusa l’esperienza religiosa, ma essa trova il suo apogeo in una pura contemplazione del vero Dio, e persino della Trinità. Le Tre Persone, senza uscire dalla loro trascendenza, si comunicano in modo reale alle anime di preghiera e i Dottori antichi sembrano averne spesso beneficiato, talmente le loro opere testimoniano una certa intimità con esse. Questo misticismo è inseparabile da una vera ascesi che serve loro di base e che non si potrebbe dimenticare qui, anche se i principi dottrinali di una via ascetica completa, se non autonoma, non siano stati formulati e sistematizzati che più tardi. Sintesi del genere non sono spesso possibili che dopo lunghe esperienze, e talvolta in reazione contro gli abusi, così come, sul piano dottrinale, le definizioni dogmatiche e le costruzioni di sistemi non hanno potuto essere realizzati che in risposta a degli errori. Alcuni tentativi di sistematizzazione teologica si sono verificati al tempo dei Padri: ma essi sono eccezionali. Gli antichi non si preoccupavano tanto della scienza e delle sue esigenze rigorose, per ciò che riguarda il metodo, quanto della vita sotto le varie forme che sono state ora evocate. Vi fu qualche tentativo, in Oriente, prima di Sant’Agostino, il quale, verso il V secolo o al principio di questo, tentò parecchi abbozzi, d’altronde magistrali; e, quattro secoli più tardi, la Patristica si onora della piccola sintesi dottrinale di San Giovanni Damasceno. Tutto ciò annuncia da lontano un vasto campo da esplorare. Sarà l’impegno del Medioevo che affronterà i temi con un metodo, che non sarà più quello dei Padri, ma che non deve far dimenticare il loro. – Nelle opere dei Padri viene spesso trascurata la filosofia; ed è una lacuna, almeno per quanto riguarda i più grandi. Anche per quest’ultimi, e soprattutto in Oriente, la filosofia ha un ruolo secondario. Tuttavia non è inutile accennarvi, non fosse altro che per ricordare quella funzione ausiliaria che si ha spesso tendenza ad esagerare. Anche per Sant’Agostino, particolarmente subito dopo la sua conversione, la filosofia non sarà mai la preoccupazione predominante; tuttavia il suo apporto in questo campo non può essere trascurato senza recare un grave pregiudizio alla sua memoria, e a tutta la storia del pensiero Occidentale e cristiano. Sant’Agostino fu un pensatore nel senso letterale della parola, ma un pensatore religioso, un santo che si diede interamente, anima e corpo, alla grazia, dopo la sua conversione, e che, da secoli, rimane la guida spirituale più autorevole dell’Occidente. – Questa analisi metodica, di cui i capitoli seguenti saranno la giustificazione dettagliata, conferma la nozione di « Padri », data all’inizio di questo lavoro: organi qualificati dello Spirito Santo in quell’epoca privilegiata che è l’antichità cristiana, età che Cristo colmò dei suoi doni per farne guida per eccellenza dei tempi nuovi.

La nota dominante della Patristica: sapienza cristiana.

Il quadro che precede rischia, nella sua sommaria formulazione, di inaridire la storia di una dottrina che fu soprattutto una vita cristiana, eminente nelle istituzioni come nelle persone. Se la si vuole caratterizzare con una sola parola, forse bisognerebbe ricondurre tutto alla sapienza cristiana, considerando questa stessa come una realizzazione interiore della fede viva che agisce per la carità, secondo la parola di San Paolo (Gal. V, 6). Si tratta qui veramente di una realizzazione perfetta nell’insieme; la Chiesa aveva il dovere di giungere a questa pienezza di vita per imporsi, come ha fatto, in quei primi secoli cristiani: poiché tutto era da creare allora, sul piano spirituale, in un mondo materializzato dal paganesimo, o da una amministrazione potente ma implacabile. Bisognava, al di là del corpo, far vivere lo spirito volgendolo verso un Dio puro spirito, assolutamente trascendente e tuttavia capace di realizzare una vita superiore nell’uomo; anzitutto nella sua anima e poi, come per ridondanza, in quella degli altri. Tale è la grande legge evangelica. Cristo ha colmato gli Apostoli del suo Spirito al fine di intraprendere la conquista del mondo. Egli aveva agito e predicato davanti a loro per degli anni; era riapparso loro risuscitato ed essi ancora titubavano, come stupefatti, quasi schiacciati sotto il peso di un compito sovrumano. Lo Spirito Santo, nella Pentecoste, li trasformò interiormente, ne fece degli altri uomini; e sarà in forza di questo rinnovamento interiore che agirà in seguito sull’umanità, come il lievito nella pasta, secondo la formula stessa del Salvatore. Questa azione dello Spirito di Dio sull’uomo si presenta sotto molte forme. Tutte però hanno come risultato una sapienza universale, che è come la sintesi delle virtù teologali e dei doni superiori dello Spirito Santo. Ecco l’essenza dello spirito evangelico che animava i Padri e che doveva essere il vero sostegno della loro azione. Stiamo attenti a non vedere in essi soprattutto e soltanto dei filosofi; vi fu, in alcuni di essi, un vero sforzo razionale, ma fu accessorio, non essenziale, come certuni vorrebbero farci credere al giorno d’oggi. La ragione non ha che una funzione ausiliaria nella loro teologia. Questa stessa è per loro meno una scienza, nel senso tecnico della parola, che una vita di fede cosciente e organizzata per l’utilità personale e per quella del prossimo; i Padri, che ebbero generalmente l’alta responsabilità di anime affidate alla loro vigilanza, sentirono vivamente il dovere di istruirle e formarle. Essi posero in tal modo le basi di una vera teologia cristiana. Nondimeno, non è questa l’essenza dell’anima patristica. – I Padri sono innanzi tutto i testimoni di un Dio trascendente, ma che ama le creature al punto di abitare nell’umanità e persino in ogni uomo per mezzo di Cristo e del Suo Spirito. Per poter dire tutto in una parola, Dio si degna, per amore verso di noi, di vivere nella Chiesa, questa parte dell’umanità che Cristo ha raggruppato nella persona degli Apostoli e che Egli anima col suo Spirito. Ecco l’ambiente spirituale autentico dei Padri, la nota fondamentale della loro dottrina e della loro azione. I Padri sono gli uomini dello Spirito ed i testimoni della sua presenza attiva nel seno dell’umanità. Essi non sono degli allucinati, giocattoli fragili della loro immaginazione o dei loro sensi smarriti. Essi sono uomini sani di spirito, come testimonia la continuità, la potenza e la fecondità della loro azione: in realtà, essi hanno lanciato ai quattro angoli della terra, senza alcun mezzo umano, questa forza incomparabile che è il Cristianesimo stesso. Esso ha trasformato spiritualmente l’umanità: è la sola forza che conta ancor oggi di fronte al materialismo organizzato per lo sfruttamento del mondo nella negazione delle vere attività dell’uomo. Lo Spirito, nel senso letterale della parola, ci pone di primo acchito su un piano superiore, ed integra perfettamente vari aspetti di una attività umana assai intensa nell’ordine cristiano. – Bisogna tuttavia prevenire qui pericolosi equivoci, fissando a larghi tratti i valori diversi che si nascondono nella parola Spirito. Correntemente, essa indica l’anima umana, considerata nella sua attività soprasensibile: alte visioni intuitive e vita razionale. Si può, senza compromettere l’unità sostanziale dell’uomo, corpo ed anima ad un tempo, insistere nella necessaria sottomissione del corpo all’anima. Le attività sensibili son ben differenti dalle operazioni superiori, dette spirituali, senza che vi sia dualità. Alcuni Padri le hanno talvolta troppo distinte; ma altri, come Sant’Agostino, salvaguardano bene l’unità dell’anima, sia pure ordinando le sue operazioni interiori verso un Essere spirituale eminente che è Dio, e che d’altronde rimane nella sua alta trascendenza. Dio è, in pienezza, Spirito, puro Spirito, benché Egli sia dovunque e in ogni essere, con la sua essenza e con la sua azione. È lo Spirito Santo che è il principio dell’attività divina sull’anima. Tale azione si esercita specialmente nell’ordine soprannaturale. La formula spirito cristiano indica, in modo felice, una vera collaborazione spirituale dell’uomo con Dio, secondo i principi posti da Cristo e realizzati con l’aiuto dello Spirito Santo. Limitiamoci a questi significati fondamentali. – Nell’ordine dell’azione, forse si potrebbe riportare tutto alla sapienza, presa in un senso pieno che ci ponga di colpo su di un piano in cui si raggiungono precisamente il divino e l’umano, nel campo del pensiero come in quello dell’apostolato. Si tratta di una sapienza viva, sapienza teologale, vera sintesi delle tre grandi virtù che sono l’essenza del cristianesimo, secondo San Paolo (I Cor., XIII, 1-13). La sapienza scientifica dei teologi venuti dopo, metterà ancor più accento sui principi speculativi, i quali, del resto, si impongono ai ricercatori, anche nel campo del rivelato, con gli adattamenti indispensabili allo studio del soprannaturale. Essa non esclude nulla dei dati posti dai Padri sopra un altro piano: l’esercizio vivo della fede, della speranza e della carità sotto l’azione dello Spirito Santo.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.