SALMI BIBLICI: “MEMENTO, DOMINE, DAVID, et” (CXXXI)

SALMO 131: “MEMENTO, DOMINE, DAVID”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 131

Canticum graduum.

[1] Memento, Domine, David,

et omnis mansuetudinis ejus;

[2] sicut juravit Domino, votum vovit Deo Jacob:

[3] Si introiero in tabernaculum domus meæ; si ascendero in lectum strati mei;

[4] si dedero somnum oculis meis, et palpebris meis dormitationem,

[5] et requiem temporibus meis, donec inveniam locum Domino, tabernaculum Deo Jacob.

[6] Ecce audivimus eam in Ephrata; invenimus eam in campis silvæ.

[7] Introibimus in tabernaculum ejus; adorabimus in loco ubi steterunt pedes ejus.

[8] Surge, Domine, in requiem tuam, tu et arca sanctificationis tuae.

[9] Sacerdotes tui induantur justitiam, et sancti tui exsultent.

[10] Propter David, servum tuum, non avertas faciem christi tui.

[11] Juravit Dominus David veritatem, et non frustrabitur eam: De fructu ventris tui ponam super sedem tuam.

[12] Si custodierint filii tui testamentum meum, et testimonia mea hæc quæ docebo eos, et filii eorum usque in sæculum sedebunt super sedem tuam.

[13] Quoniam elegit Dominus Sion, elegit eam in habitationem sibi.

[14] Haec requies mea in sæculum sæculi; hic habitabo, quoniam elegi eam.

[15] Viduam ejus benedicens benedicam; pauperes ejus saturabo panibus.

[16] Sacerdotes ejus induam salutari, et sancti ejus exsultatione exsultabunt.

[17] Illuc producam cornu David; paravi lucernam christo meo.

[18] Inimicos ejus induam confusione; super ipsum autem efflorebit sanctificatio mea.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

È Salmo che Salomone cantò nella dedicazione del Tempio (lib. 2, c. 6, Paralip.). Si rammenta il desiderio di Davide di edificare il tempio, e la petizione a Dio che il regno si stabilisca nei suoi posteri. Il Salmo è tra i graduali, perché da cantare dal popolo reduce dalla schiavitù, avendosi innanzi da imitare il desiderio di Davide per la casa di Dio, e la diligenza di Salomone in edificarla.

Cantico dei gradi.

1. Ricordati, o Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine; E del come ei giurò al Signore, e di come fe’ voto al Dio di Giacobbe:

3. (Dicendo) – Se io entrerò al coperto nella mia casa, se io salirò al mio letto per riposare,

4. Se darò sonno ai miei occhi e quiete alle mie pupille,

5. E requie alle mie tempia, (1) fino a tanto che io trovi un luogo al Signore, un tabernacolo al Dio di Giacobbe.

6. Ecco che noi udimmo come (sua sede) era in Ephrata; la trovammo nei campi selvosi.

7. Entreremo nel suo tabernacolo ; lo adoreremo nel luogo dove i suoi piedi si posarono.

8. Su via, o Signore, vieni nella tua requie, tu e l’arca di tua santità.

9. I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia, esultino i tuoi santi.

10. Per amor di David tuo servo non allontanare la presenza del tuo Cristo.

11. Il Signore ha fatto promessa giurata e verace a David, e non la renderà vana La tua prole porrò io sul tuo trono,

12. Se i tuoi figliuoli saran fedeli al mio  testamento e ai precetti che io ad essi insegnerò. I loro figliuoli ancora in perpetuo sederanno sopra il tuo trono. (2)

13. Perché il Signore si è eletta Sionne se la è eletta per sua abitazione (dicendo):

14. Questa è la mia requie pei secoli; qui io abiterò perché me la sono eletta.

15. La sua vedova benedirò largamente; satollerò di pane i suoi poveri.

16. I suoi sacerdoti rivestirò di santità, ed esulteranno grandemente i suoi santi.

17. Ivi farò che a David spunti regal possanza: Ho preparata al mio Cristo una lampana.

18. I nemici di lui coprirò di confusione; ma in lui fiorirà la mia santità.

(1) « Né il riposo alle mie tempia », questa addizione non si trova né nell’ebraico, né nel caldeo, né nel siriaco, né in san Girolamo. Si ritrova solo nell’arabo.

(2) Tra le promesse che Dio fece a Davide, una è assoluta: « Io stabilirò sul tuo trono il figlio che nascerà da te; » l’altro è condizionale: « Se tuo figlio conserverà la alleanza con me, etc. »

Sommario analitico

In un primo senso, questo salmo è applicabile alla consacrazione ed alla dedicazione del primo tempio, ed è stato possibile essere ugualmente cantato dai Giudei al ritorno dalla schiavitù, durante la consacrazione del secondo. Esso è stato probabilmente composto da Salomone, se non da Davide stesso.

I. Il salmista ricorda a Dio:

1° la dolcezza di Davide in tutti i suoi rapporti con i vicini (1);

2° la sua pietà verso Dio che lo ha indotto a:

– a) fare a Dio il giuramento di costruirgli una dimora (2);

– b) a sacrificare al compimento dei suoi desideri;

– c) gli splendori della sua dimora (3);  

3° le dolcezze del sonno (4);

4° ogni specie di riposo (5)

II. Il popolo fa conoscere:

1° il suo ardore nel cercare l’arca;

2 ° la felicità nel trovarla (6);

3 ° il suo fervore nel rendergli il culto dovuto (7)

III.  – Il salmista prende occasione da questo voto e dal suo compimento per spingere Dio:

1° a prendere possesso del tempio che gli è stato destinato (8);

2°  a benedire ed a santificare i suoi sacerdoti ed i suoi fedeli adoratori (9);

3° a mantenere le promesse che Egli ha fatto a Davide (10) e che consistono:

.- a) mettere sul trono uno dei suoi figli (11);

– b) a perpetuare il trono nella sua famiglia, se i suoi figli gli restassero fedeli (12);

– c) a scegliere la montagna di Sion come il suo luogo di predilezione e di riposo (13, 14); 

d) a ricoprire della sua protezione le vedove ed i poveri (15);

e) a rivestire i sacerdoti di santità ed i fedeli di gioia (16);

f) ad accrescere la potenza di Davide ed a preparare una lampada al suo Cristo (17); g) a coprire di confusione i suoi nemici (18).

In un secondo senso letterale, o, se si vuole, in senso spirituale, queste diverse promesse convengono molto meglio a Gesù-Cristo, vero Figlio di Davide, ed alla Chiesa che Egli è venuto a fondare sulla terra.

I. – Il salmista espone a Dio:

1° La dolcezza e la pazienza di Cristo (1);

2° La sua risoluzione di non risalire al cielo, dopo la sua discesa nel sepolcro, prima del ristabilimento della Chiesa (2, 6);

3° gli oracoli dei Profeti sulla nascita del Cristo e la \testimonianza dei pastori sul luogo ove Egli è nato (6, 7);

4° la consolazione e la gioia degli Apostoli dopo l’Ascensione di Gesù-Cristo (8);

5° la promessa fatta a Gesù-Cristo ed il compimento della sua preghiera (10).

II. – Egli segnala le promesse che Dio ha fatto alla Chiesa.

1° la sua perpetuità in Gesù-Cristo, suo Capo, e nei suoi Vicari (11, 12);

2° la santificazione della Chiesa con la presenza di Dio stesso, sotto le specie eucaristiche (12, 13);

3° la virtù salutare del sacerdozio e del ministero ecclesiastico (16);

4° l’estensione del suo regno, la confusione dei suoi nemici e lo splendore di cui sarà circondata (17, 18).

 Spiegazioni e considerazioni

I. — 1-5.

ff. 1-5. – Salomone non fa qui menzione della dolcezza di Davide, ad esclusione di tutte le sue altre virtù, sia perché la dolcezza era la virtù eminente del Re-Profeta, sia ancora perché la dolcezza piace soprattutto agli occhi del Signore, come compagna inseparabile dell’umiltà e della carità: « La preghiera di coloro che sono umili e dolci vi è stata sempre gradita; » (Giudit. IX, 18); ed essa rende l’uomo simile a Dio, che è pieno di dolcezza e di soavità e di una immensa misericordia per tutti quello che lo invocano (Ps. LXXXV). – Davide è figura di Gesù-Cristo, che ha dominato tutto con la dolcezza della sua parola e della sua grazia. Mai i fedeli che sono il Corpo mistico del divin Salvatore, trionfano altrimenti dei nemici della salvezza. È la dolcezza dei loro costumi, la modestia dei loro discorsi, l’umiltà dei loro sentimenti, la loro pazienza nelle avversità che li renderanno invincibili. « Imparate da me, dice loro il Salvatore, che sono dolce ed umile di cuore. » (Berthier). – Ecco gli effetti della dolcezza e dell’umiltà di Davide, dolce ed umile di cuore, che credeva indegno di lui avere una dimora da abitare ed un letto per riposare, mentre che l’Arca di Dio non aveva una dimora permanente, cioè un tempio in cui fosse onorato in maniera stabile, occorrendo trasferirla continuamente da un luogo all’altro (II. Re, VII; I Paralip. XXII e XXVIII, 11; c. III) – Che sia Salomone o Davide a parlare in questo salmo, ne consegue sempre che l’uno e l’altro fossero persuasi del bisogno del soccorso di Dio per compiere le promesse fatte. Questa espressione: « Ricordatevi, Signore, del giuramento e del voto di Davide, » ne è la prova. Si è dunque temerari quando si fanno a Dio dei voti senza implorare la sua grazia, e non lo è di meno quando ci si illude di essere fedele senza la sua protezione (Berthier). – Quale santa attività! Il salmista non solo non entrerà nella sua casa, non salirà sul suo letto di riposo, ma non vuole neanche gioire liberamente del riposo che la natura ci rende necessario, fino a che abbia trovato un luogo ed un tabernacolo al Dio di Giacobbe. Non è il contrasto che Dio rimproverava ai Giudei, quando diceva loro: « è tempo per voi di abitare case ornate di legno, mentre il mio tempio è deserto? » (Agge., I, 4). – « … Prima di aver trovato un luogo al Signore. » Ammirate di nuovo lo zelo e la sollecitudine estrema di Davide; egli non aveva solo l’intenzione di costruire un tempio, ma voleva farlo nel luogo migliore e più conveniente alla sua santità (S. Chrys.) – Dove il Re-Profeta cercava un’abitazione per il Signore? Se era pieno di mansuetudine, egli la cercava in se stesso. Come poteva essere l’abitazione del Signore? Ascoltate il Profeta: « Su chi riposerà il mio spirito? Sull’uomo umile e dolce, che trema alla mia voce. » (Isai. LXVI, 2). Volete essere l’abitazione del Signore? Siate umile e dolce, ascoltate tremando le parole di Dio, e diventerete voi stessi ciò che cercate … « Io non salirò sul letto preparato per dormire. » Ogni proprietà privata della quale l’uomo si compiace, rende orgogliosi; ecco perché il Profeta ha detto: « io non salirò. » Ogni uomo è inevitabilmente orgoglioso di ciò che possiede di proprio … « Io non concederò sonno ai miei occhi. » Molti, perché dormono, non preparano l’abitazione per il Signore. L’Apostolo li sveglia dicendo: « Alzatevi, voi che dormite, e resuscitate dai morti, ed il Cristo vi illuminerà. » (Ephes. V, 14). Egli dice ancora: « ma noi che apparteniamo al giorno, vegliamo e restiamo sobri; perché coloro che dormono, dormono di notte, e coloro che si inebriano, si inebriano di notte. » (I Tess. V, 7-8). Per notte, egli designa l’iniquità, nella quale dormono coloro che desiderano i beni della terra; e tutte queste apparenti felicità del mondo sono sogni di uomini addormentati .,.. ma ci sono di alcuni che, senza dormire, si assopiscono un po’; essi si ritirano un poco dall’amore dei beni temporali, e vi si lasciano introdurre di nuovo, e come uomini che dormono, si lasciano nuovamente cadere la testa. Svegliatevi, scuotetevi dal sonno; sonnecchiando, voi cadrete: il salmista non vuole che colui che cerca un’abitazione per il Signore, permetta né il sonno ai suoi occhi, né l’assopimento alle sue palpebre (S. Agost.) – « Fino a che io non abbia trovato una casa per il Signore, una tenda per il Dio di Giacobbe. » Benché si chiami spesso tenda di Dio la casa di Dio, e casa di Dio la tenda di Dio, tuttavia, questo nome di “tenda” si applica particolarmente alla Chiesa del tempo presente, ed il nome di casa alla Chiesa della Gerusalemme celeste, ove andremo. In effetti la tenda appartiene specialmente ai soldati ed ai combattenti; la tenda è l’abitazione del soldato in campagna, che si trova in una spedizione. Dopo tanto tempo che abbiamo combattuto un nemico da abbattere, noi issiamo una tenda per Dio; ma quando il tempo del combattimento sarà passato, allora gioiremo di questa pace che sorpassa ogni intelligenza, secondo queste parole dell’Apostolo: « E la pace del Cristo, che sorpassa ogni intelligenza, » (Filip. IV, 7) perché, qualunque cosa noi possiamo immaginare su questa pace, il nostro spirito, appesantito dal corpo, non può arrivare alla realtà; quando giungeremo nella nostra patria, allora l’abitazione di Dio sarà una casa; liberi come saremo da ogni nemico, non arriveremo più a darle il nome di tenda. Noi non usciremo più a combattere il nemico, ma vi resteremo per lodare Dio. In effetti cosa è detto di questa casa? « Felici coloro che abitano nella vostra casa; essi vi loderanno nei secoli dei secoli. » (Ps. LXXXIII, 5) noi gemiamo ancora sotto la tenda; noi loderemo Dio nella sua casa. Perché? Perché i gemiti sono per gli esuli, e la felicità di lodare Dio per coloro che abitano nella patria. Quaggiù, cominciamo con una tenda per il Dio di Giacobbe (S. Agost.) – Volete essere l’abitazione del Signore? Siate umili e dolci, ascoltate tremando le parole di Dio, e diventerete voi stessi ciò che cercate. Se in effetti ciò che cercate non si realizza in voi, a cosa vi servirà che si realizzi in un altro? È vero che talvolta, per mezzo di un predicatore del Vangelo, Dio procura la salvezza altrui, se questo predicatore dice e non fa, ed i suoi discorsi preparano in un altro una abitazione al Signore senza che sia egli stesso questa abitazione; ma colui che fa bene ciò che egli insegna e che insegna da sé, diviene, così come coloro a cui insegnano, l’abitazione del Signore, finché tutti coloro che credono,  non facciano per il Signore che una sola dimora (S. Agost.).

II. – 6, 7.

ff. 6, 7. –  « Noi abbiamo udito che essa era in Ephrata.» Ephrata designa lo stesso che Bethléem, ove il Signore è nato dalla Vergine Maria, una testimonianza stessa del Profeta: « E tu Bethleem, non sei la più piccola tra le città di Giuda, perché da te uscirà colui che dominerà su Israele. » (Mich. V, 11; Matth. II, 6). È là, abbiamo saputo, che Dio si è dapprima riposato, là dove il Figlio unico di Dio si è degnato di abitare in una carne umana, e che ci si diceva essere in Ephrata, noi lo abbiamo trovato nei campi della foresta. È dunque in Bethleem che noi vediamo l’inizio della Chiesa; essa è cominciata con Gesù-Cristo, ma noi la troviamo in mezzo alle nazioni che sono i campi delle foreste; orribili come erano, esse sono diventate splendenti; da sterili, feconde; da alberi destinati al fuoco, la regione che produce il pane di vita; da riparo delle bestie selvagge, luogo del riposo, la casa, il tempio, il possesso di Dio (S. Ilar,). – Davide cercava un luogo per costruirvi la casa di Dio: noi abbiamo trovato nella Persona di Gesù-Cristo, non soltanto il tempio di Dio, ma Dio stesso, abitante tra gli uomini. Ora, per gioire pianamente della sua presenza, è nella solitudine che dobbiamo ritirarci. Noi lo troveremo, come si esprime il Profeta: « Nelle campagne della foresta; » non che sia necessario abbandonare le città, e nasconderci, come i solitari, nelle ombre ridotte degli alberi: il nostro Dio deve essere nel nostro cuore, ed il cuore totalmente separato dal mondo diventerà il tempio di Dio. – Tre cose sono da notare in questo versetto: Silo, Bethleem, il deserto; vale a dire, Gesù-Cristo, la sua greppia, e la solitudine del cuore, tre oggetti che dovrebbe occuparci incessantemente. Noi possiamo dire come il Profeta, che abbiamo inteso parlare di tre cose, possiamo dire di averlo trovato? (Berthier). – « Noi entreremo nel suo tabernacolo. » Noi entriamo nelle nostre case per abitarvi, e non entriamo nella casa di Dio perché Egli abiti in noi; perché Dio è ben al di sopra di noi; quando dunque Egli verrà ad abitare in voi, vi porterà la beatitudine … entrate dunque nella casa di Dio, per essere abitati da Dio; entrate, non per appartenervi, ma per appartenere a Dio (S. Agost.) – Profondo è il rispetto con il quale noi dobbiamo entrare nei nostri templi, che sono il tabernacolo della casa di Dio, ed offrire gli omaggi della nostra adorazione all’Eucarestia, della quale l’Arca era figura ed in cui Gesù-Cristo è veramente presente, non solamente come Dio, ma come uomo.

III. — 8-18.

f. 8-10. –  « Levatevi, Signore, per entrare nel vostro riposo. » Salomone, sul punto di introdurre l’arca nel tempio costruito con la più grande magnificenza, invitava così il Signore, in uno stile poetico, a lasciare la soglia del tempio e a prenderne possesso con l’arca della sua santità. – Nessuna preghiera è più conveniente per il momento in cui i fedeli partecipano al corpo di Gesù-Cristo: questo divino Salvatore, posto alla destra del Padre, si alza in qualche modo dal suo trono per venire ad abitare in noi; Egli considera il nostro cuore come il luogo del suo riposo, ma « … quale è questa casa che voi mi preparate? » dice per bocca del suo Profeta, (Isai. LXVI, 1, 2), e qual è il luogo del mio riposo? Tutto ciò che esiste, l’ha fatto la mia mano, e tutto è stato fatto da me – dice il Signore – ed ascolterò i sospiri del cuore lacerato e pentito che obbedisce alle mie parole (Berthier). –  « Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola, ed il Padre mio l’amerà e verremo a lui, e faremo in lui la nostra dimora. » (Giov. XIV, 23) – Introdotta l’Arca nel tempio, Salomone prega prima per i sacerdoti, poi per il re, perché su queste teste auguste riposa la salvezza di ogni nazione: I sacerdoti governano il popolo nelle cose spirituali, i re negli interessi temporali. Salomone chiede due cose per i sacerdoti: la giustizia e la santità, due virtù nelle quali essi non saprebbero avvicinarsi alle loro funzioni e lodare Dio con ardore. « Che i sacerdoti siano rivestiti di giustizia, » cioè di tutte le virtù, perché la parola di giustizia le comprende tutte; e non siano solamente giusti nel fondo del loro cuore, ma pure esteriormente; la loro intera vita, le loro parole e gli atti respirino la giustizia più perfetta. (Bellarm.) – « Non allontanate la faccia dal Vostro Cristo. » Ogni nostro bene consiste in un doppio sguardo, nello sguardo di Dio verso noi e nel nostro verso Dio, di tal modo che ci guardi con la bontà affettuosa di un padre, e che noi lo riguardiamo con la pietà filiale di figli sottomessi. Questo mutuo scambio di sguardi è la fonte e l’origine di tutti i beni (Bellarm.).

ff. 11, 12. – « Il Signore ha fatto a Davide un giuramento, etc. » Salomone ricorda qui le promesse che Dio aveva fatto a suo padre, al fine di ottenere più facilmente ciò che domanda. Queste promesse sono espresse nel capitolo VIII del secondo Libro dei Re, indicate nel salmo CXXXVIII, e ricordate nel secondo capitolo degli Atti degli Apostoli. – Qui il giuramento interviene per dare al segno ed alla promessa un sovrappiù di potenza, e Dio, per il quale giura ogni spirito quando vuole attirare credito alla sua parola, discende con questa risorsa davanti alla sua creatura e prende Egli stesso testimonianza della sua sincerità, sotto una forma tanto più augusta, quanto più sembra indegna di Lui. Così, duemila anni dopo, San Paolo, tutto emozionato da questo giuramento fatto ai suoi padri, diceva alla loro posterità (Ebr., VI, 16-17): « Gli uomini giurano per uno più grande di loro, ed il giuramento richiamato a conferma dei loro diritti, mette fine ad ogni loro controversia. Ecco perché Dio, volendo mostrare agli eredi dell’Alleanza l’inviolabilità del suo consiglio, interpose tra sé e loro un giuramento, affinché, con due cose immobili che non permettono a Dio di mentire, noi avessimo nella sua parola una indistruttibile consolazione. »  (Lacord,. LXVIII conf.) – Egli sembra dire: Davide ha giurato al Signore di elevargli una dimora, ed il Signore a sua volta ha giurato a Davide di stabilire un Regno eterno nella sua casa. Dio, in effetti, non può lasciarsi vincere in generosità, e ricompensa centuplicato, non solo le azioni, ma pure la volontà ed i desideri. – Il giuramento e la promessa senza ripensamento non si applicano che al Figlio unico di Dio, Gesù-Cristo, il cui regno non avrà fine. Allo sguardo di tutti gli altri, la promessa è condizionata. I discendenti di Davide non hanno ottenuto l’effetto di queste promesse perché non sono rimasti fermi nella fedeltà che dovevano a Dio. – Queste promesse si compiono nella Chiesa, ove coloro che perseverano fino alla morte nell’osservanza della legge di Dio e della sua alleanza santa, regnano eternamente con Gesù-Cristo (Bellarm., Duguet).

ff. 13, 14. – La Chiesa di Gesù-Cristo è la Sion spirituale che il Signore ha scelto come sua dimora; Egli vuole dimorare pertanto almeno in questa dimora speciale e tutta d’amore (Dug.) – Dio ci ama a questo punto che là dove noi riposiamo, dice di riposare Egli stesso. In effetti, Egli non è mai turbato e non ha bisogno di riposarsi; ma dice di riposarsi là dove noi gioiremo del riposo (S. Agost.).

ff. 15-18. – Questo ed i seguenti versetti promettono alla città di Davide – che è Sion – un gran numero di beni che possono senza dubbio applicarsi alla città terrestre che era figura della Chiesa; ma che si applicano in modo ancor più perfetto alla Chiesa stessa. – « … Io ricolmerò la sua vedova di benedizioni e riempirò di pane i suoi poveri. » Ogni anima che si sente priva di ogni soccorso, se non è quello di Dio, è una vedova. In effetti come  ha descritto la vedova l’Apostolo? « Colei che è veramente vedova e desolata, ha sperato nel Signore » (I Tim. V, 5), egli parlava di queste vedove che tutti noi chiamiamo nella Chiesa con questo nome. Egli aveva detto: « colei che è nelle delizie, è morta ancor vivente, » e non la annoverava tra le vedove. E cosa ha detto nel descrivere le sante vedove? « Colei che è veramente vedova e desolata ha sperato nel Signore ed ha perseverato giorno e notte nelle preghiere e nelle suppliche. » Qui egli aggiunge: « Ma colei che vive nelle delizie è morta ancora vincente. » Come dunque ella è vedova? Perché non ha soccorso se non da Dio. Le donne che hanno marito si inorgogliscono quasi del soccorso che trovano in essi; le vedove sembrano abbandonate, ma esse hanno un soccorso più potente di quello delle alter donne. Tutta la Chiesa è dunque una vedova unica, sia negli uomini, sia nelle donne, sia negli sposi, sia nelle donne maritate, sia nei giovani che nei vecchi, sia nelle vergini che la compongono. Tutta la Chiesa non è che una vedova unica, abbandonata in questo mondo, se comprende: se essa comprende, conosce la sua vedovanza, perché allora è a sua disposizione il soccorso di cui ha bisogno. Che significano ancora queste parole: « … io sazierò di pane i suoi poveri? » Siamo poveri, e saremo saziati. Molto Cristiani presumono del mondo e si danno all’orgoglio; essi adorano il Cristo, ma non sono saziati; perché se sono saziati questo è l’abbondanza del loro orgoglio. Di essi è detto: la nostra anima è un « soggetto di obbrobrio per i ricchi e di disprezzo per gli orgogliosi. » Essi sono ricchi, ecco perché mangiano; ma essi non sono sazi. A loro soggetto è detto in altro salmo: « Tutti i ricchi della terra hanno mangiato ed hanno adorato » (Ps, XXI, 30), essi adorano il Cristo, venerano il Cristo, indirizzano al Cristo delle suppliche; ma non sono saziati dalla saggezza a dalla giustizia del Cristo. Perché? Perché non sono poveri. Ora, i poveri, cioè gli umili di cuore, mangiano ancor più, quanto più grande è la loro fame; e la loro fame è tanto più grande, quando sono vuoti dei beni di questo mondo. (S. Agost.) – I Sacerdoti della nuova legge, devono essere rivestiti della santità per se stessi e dal potere di operare la salvezza nei riguardi degli altri. Questa seconda qualità manca loro meno della prima, perché la Chiesa può ben consacrarli a suo servizio, ma non renderli santi; è a Gesù-Cristo solo che appartiene l’operare queste meraviglie, ed è ciò che la Chiesa non cessa di chiedergli (Berthier). – « Io rivestirò i suoi sacerdoti di Colui che ci dà salvezza. » Cosa significano queste parole? Ascoltate San Paolo: « Voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, siete rivestiti di Cristo. » (Galat. III, 27) « E i suoi santi si daranno ai trasporti di gioia. » Perché? La loro gioia non viene da loro, ma viene dal fatto che essi sono rivestiti di Colui che dà la salvezza. Essi sono, in effetti, divenuti luce ma nel Signore, perché prima erano nelle tenebre (Ephes., V, 3). Ecco perché il Profeta aggiunge: « Là alzerò il corno di Davide (Ps. CXXXI, 17), affinché si ponga fiducia nel Cristo, » perché il corno figura l’elevazione, ed una elevazione spirituale. E qual è la vera elevazione spirituale, se non quella che consiste nel mettere la propria fiducia nel Cristo, e a non dire: sono io che agisco, sono io che battezzo; ma: « … è Lui che battezza? » (Giov. I, 33). Là dove è il corno di Davide, notate ciò che segue: « Io ho preparato una lampada per il mio Cristo. » (Ps. CXXX, 1) qual è questa lampada? Voi conoscete che il Signore ha detto di Giovanni: « Egli era una lampada ardente e lucente. » (Joan. V, 35). E Giovanni che dice? « È Lui che battezza. » È dunque là ciò che trasporta di gioia i Santi, è là ciò che trasporta di gioia i Sacerdoti, e tutto ciò che di buono vi è in essi, non viene da loro, bensì da Colui che ha il potere di battezzare (S. Agost.). – Nulla di più naturale è che applicare questa profezia al santo precursore del Messia, poiché egli fu, secondo la parola stessa del Messia, « una lampada ardente e brillante, » a preparare le vie del Messia, che era il vero Cristo di Dio. (S. Girol.). – Questo Re non era un re sconosciuto e nascosto: è Lui che ha annunziato la legge, Lui che i profeti hanno predetto, Lui che Giovanni – il predicatore della penitenza – ha mostrato ogni profezia che ha il Cristo per oggetto, è una lampada che fa brillare la carità della scienza nel mezzo della notte della nostra ignoranza, che confonde gli increduli e gli empi con la luce della scienza, ed insegna nel Figlio unico la Gloria e la maestà paterna. Questa lampada è pronta affinché la notte dell’ignoranza non impedisca di conoscerla. I suoi nemici saranno coperti dalla confusione, perché essi vedranno il Figlio dell’uomo nella maestà del Padre, e saranno rivestiti, non della salvezza, ma dalla confusione, resuscitando in un corpo terreno e ignominioso (S. Hilar.). – In tutti i secoli, i nemici di Gesù-Cristo, in mezzo anche ai trionfi apparenti contro di Lui, sono stati coperti di confusione; coloro che resistono lo saranno infallibilmente nel tempo. – La santificazione di Dio fiorisce nel Cristo. Nessun uomo la reclami per sé, perché è il Cristo che santifica; la Potenza di santificazione di Dio è in Lui solo (S. Agost.). Nessuno deve pretendere di entrare senza di Lui nelle vie della santità, e nessuno deve disperare di giungere alla santità, se mette la sua fiducia in Gesù-Cristo.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.