SALMI BIBLICI: “DE PROFUNDIS” (CXXIX)

SALMO 129: DE PROFUNDIS CLAMAVI ad te DOMINE”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 129

Canticum graduum.

[1]  De profundis clamavi ad te, Domine;

[2] Domine, exaudi vocem meam. Fiant aures tuae intendentes in vocem deprecationis meae.

[3] Si iniquitates observaveris, Domine, Domine, quis sustinebit?

[4] Quia apud te propitiatio est; et propter legem tuam sustinui te, Domine. Sustinuit anima mea in verbo ejus;

[5] speravit anima mea in Domino.

[6] A custodia matutina usque ad noctem, speret Israel in Domino;

[7] quia apud Dominum misericordia, et copiosa apud eum redemptio.

[8] Et ipse redimet Israel ex omnibus iniquitatibus ejus.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

 SALMO CXXIX.

Il breve Salmo contiene:

1.° Preghiera a Dio per le miserie dell’esiglio, e quindi è Salmo graduale.

2.° Esortazione a penitenza, e perciò è tra i penitenziali;

3.° Predizione della futura redenzione, e perciò si recita in persona delle anime purganti, che sospirano alla liberazione per Cristo.

Cantico dei gradi.

1. Dal profondo alzai le mie grida a te, o Signore; esaudisci, o Signore, la mia voce. (1)

2. Sieno intente le tue orecchie alla voce della mia preghiera.

3. Se tu baderai, o Signore, alle iniquità chi, o Signore, sostenersi potrà?

4. Ma in te è clemenza; ed a causa della tua legge io ho confidato in te, o Signore. (2)

5. L’anima mia si è affidata alla sua parola; l’anima mia ha sperato nel Signore.

6. Dalla vigilia del mattino fino alla notte, speri Israele nel Signore. (3)

7. Perché nel Signore è misericordia, e redenzione copiosa presso di lui.

8. Ed ei redimerà Israele da tutte le sue iniquità.

(1) Si può sottintendere: « Ma io so che in voi è il perdono. »

(2) Gli antichi dividevano la notte in quattro parti, di cui ognuna comprendeva tre ore, queste parti si chiamavano guardie o veglie, perché le guardie delle città e dei campi, dopo una veglia di tre ore, passavano ad altri guardiani la sorveglianza loro affidata. La veglia del mattino è dunque il tempo compreso tra la nona ora della note e il levare del sole.

(3) Questi due versetti sono forse la risposta di un coro al monologo che precede.

Sommario analitico

Nel salmo precedente, il salmista ha esposto i diversi attacchi ai quali il popolo di Dio era soggetto da parte dei suoi nemici, ed il loro castigo. In questo salmo, egli si rende l’interprete della preghiera di questo popolo e di ogni anima penitente che ripone la speranza della sua liberazione nella misericordia di Dio. Questo salmo potrebbe essere di Davide, come il salmo CXXX. La Chiesa lo ha consacrato come la preghiera dell’anima fedele sospirante, in Purgatorio, dopo il felice istante della sua liberazione

I. Il salmista chiede a Dio di ascoltarlo ed esaudire:

1° il grido che egli alza verso di Lui dalle profondità dell’abisso (1);

2 ° la supplica umile, fervente e perseverante che egli indirizza (2).

II. Egli ne dà a Dio come motivo:

1° tutti sarebbero condannati e perduti se Egli esaminasse rigorosamente i loro peccati (3);

2 ° la facilità con la quale Dio è disposto a perdonare al peccatore penitente (4);

3 ° la legge che si è imposta di perdonare ai cuori penitenti (5);

4 ° la promessa che ne ha fatto nella Scrittura e che è il fondamento della speranza dei peccatori (6)

III. Egli si eccita, e con lui tutti i fedeli, nel conservare costantemente la speranza in Dio (6):

1° A causa della misericordia che è propria di Dio (6);

2° A causa della redenzione che il Salvatore deve operare in maniera sovrabbondante, riscattando Israele e tutti i suoi peccati (7, 8).

Spiegazioni e considerazioni

I. — 1 – 2

ff. 1, 2. – Il paragone è con un uomo che giace in una valle profonda, o nel fondo di un abisso in cui è precipitato, ed i cui pianti non sarebbero intesi da coloro che abitano la sommità della montagna, se non gridasse a gran voce. – Il vero penitente deve gridare da due abissi: dall’abisso della sua miseria, come da una valle di lacrime, o, secondo il pensiero di un altro salmo, come dal mezzo di una buca fangosa e da un marasma profondo; dall’abisso della propria anima, cioè dalla considerazione e dalla conoscenza intima della propria miseria. (Bellarm.) – Questo abisso profondo è la nostra vita mortale. Chiunque vi si riconosca piombato, grida, geme, sospira, fino a che non ne sia tirato fuori e pervenga a Colui che siede al di sopra di tutti gli abissi, al di sopra dei Cherubini, al di sopra di tutte le sue creature, non soltanto corporali, ma anche spirituali; fino a che la sua anima giunga davanti a Dio; fino a che l’immagine di Dio, che è l’uomo, sia liberato da Dio stesso da questo abisso nel quale, sballottata dai flutti incessantemente agitati, essa è come deformata. E se Dio non rinnova e non fa rivivere questa immagine che Egli ha impresso nell’uomo formandola, essa sarà sempre nell’abisso; se dunque – sto per dirlo – Dio non lo libera, essa non cessa di essere nel fondo dell’abisso. Ma quando l’uomo grida nel fondo dell’abisso, egli si eleva in modo tale che le sue grida stesse impediscono che vi sia più profondamente spinto. In effetti, colà sono nel più profondo dell’abisso, e non gridano anche da questo luogo tenebroso. La Scrittura dice: « Quando il peccatore è caduto nel più profondo dell’iniquità, disprezza tutto. » (Prov. XVII, 3). Vedete quanto sia profondo l’abisso ove Dio è disprezzato … ma Nostro Signore Gesù-Cristo, che non ha disprezzato la profondità della nostra miseria, e si è degnato di discendere fino alla nostra vita, promettendoci la remissione di tutti i peccati, ha tirato fuori l’uomo dal suo intorpidimento del fondo dell’abisso, affinché, da li, gridasse sotto il peso dei suoi peccati, e la sua voce colpevole pervenisse fino a Dio. E da dove grida il peccatore, se non dall’abisso dei propri peccati? (S. Agost.) – Questo abisso può pure intendersi, ed è il senso che ne dà la Chiesa nella liturgia, come il soggiorno dell’espiazione, in cui le anime che non hanno ancora soddisfatto alla giustizia divina sono ritenute, fino alla loro entrata nei cieli. – Il profeta Abacuc aveva queste anime presenti quando le anime dei giusti attendevano la resurrezione del Salvatore, nel momento in cui diceva: « l’abisso ha spinto le sue grida ed ha alzato le sue mani. » (Habac. III, 10). Egli alza le sue mani verso il Dio che doveva aprire alle anime sante le porte del Paradiso. – Ma l’abisso dell’espiazione passeggera, quello in cui sono tenute le anime che non hanno pienamente soddisfatto alla giustizia divina, questo abisso, esso anche, tende le mani con fiducia verso il divino Liberatore; e queste anime infortunate, che ci hanno precedute nella morte, indirizzano incessantemente questa bella preghiera al Signore: « Dal fondo dell’abisso, io grido a Voi. » – E vedete come sia bene che da questo abisso esca la voce del peccatore: « Dal profondo dell’abisso, io grido a Voi, Signore, Signore, ascoltate la mia voce. Che le vostre orecchie siano attente alla mia voce supplicante. » Da dove partono queste grida? Dal fondo dell’abisso. Chi è dunque colui che grida? Il peccatore, e quale speranza lo eccita a gridare? La speranza data anche al peccatore ingoiato dalle profondità dell’abisso, da Colui che è venuto a rimettere i peccati. (S. Agost.).

II. — 3-5

ff. 3-5. – Mirabile retorica è questa ispirata dallo Spirito Santo: il Profeta espone la sua domanda: che Dio non lo giudichi nella sua giustizia, ma nella sua misericordia; ma questa preghiera non la rivolge apertamente, nel timore di apparire troppo temerario, bensì la avvolge in un ragionamento che deve portare Iddio ad accordargliela: « se considerate, Signore, le nostre iniquità, Signore, chi potrà sussistere davanti a Voi? » (Bellar.) – « Io so che è così, diceva Giobbe ai suoi amici. Chi tra i mortali, è giusto davanti a Dio? Se l’uomo volesse discutere con Lui, risponderebbe, tra mille accuse, ad una sola » (Giob. IX, 1) – Io tremo con tutte le mie membra, o Signore Gesù, considerando, per quanto ne sia capace la mia debole vista, la vostra santa Maestà, e soprattutto ricordandomi il disprezzo che vi ho testimoniato altre volte. Ma ecco! Al presente, pur sconvolto dall’aspetto della vostra grandezza, ed in cerca di un asilo ai piedi della vostra misericordia, la mia condotta è forse cambiata? Io temo più la vostra grandezza che ha visto in me un ribelle, che la vostra bontà che vede ora un ingrato. A cosa serve tenermi la mano, se non contento il mio cuore? Che importa che la mia lingua taccia, quando il mio cuore resta agitato dalla passione? Se ogni movimento della mia anima è un insulto per Voi, o mio Salvatore, se la sua collera oltraggia la vostra dolcezza, la sua gelosia la vostra carità, la sua intemperanza la vostra sobrietà, la sua voluttà la vostra innocenza; se, infine, mille simili indegnità, che esalano incessantemente dalla cloaca infetta della mia corruzione, vogliono sporcare, per così dire, lo splendore del vostro augusto volto, qual merito c’è nell’aver regolato l’esteriore e riformate le mie opere? O mio Dio, se tenete il conto esatto di tanta iniquità che io non cesso di commettere in me stesso, pur senza nulla mostrare all’esterno, chi potrà sostenere i vostri rigori? (S. Bern. De oev. Et mor. Ep. VI). –  Questa ripetizione: Signore, Signore, non è l’effetto del caso, ma è l’espressione di un’anima colpita di ammirazione e stupore davanti all’eccesso della misericordia di Dio, la distesa della sua grandezza, l’oceano senza limiti della sua bontà, « … chi potrà sussistere? » Egli non dice: Chi potrà sfuggire? Ma: « Chi potrà sussistere? » C’è da dire che non si potrà anche sostenere la presenza di Dio (S. Chrys.) – Il Profeta designa chiaramente da quale abisso il peccatore grida. In effetti, egli grida, sotto l’ammasso, i flutti delle sue iniquità. Egli si è guardato, ha guardato la sua vita da ogni parte, l’ha vista coperta di turpitudini e carica di crimini. Da qualunque parte getti i suoi sguardi, non ha trovato nulla in lui, niente si è a lui presentato nella serenità della giustizia; e vedendo attorno a sé tanti e sì gravi peccati, ed una tale moltitudine di crimini, tutto preso da spavento, esclama: Se Voi esaminate le iniquità, Signore, Signore, chi potrà sopportarle? Egli non ha detto: io non potrò sopportarle, ma « chi potrà sopportarle? » In effetti, egli ha visto che ogni vita era come circondata dai clamori dei suoi peccati; egli ha visto che tutte le coscienze erano accusate dai suoi pensieri, e che non si trovava un cuore che potesse aver fiducia nella sua giustizia.. Se dunque non si può trovare un cuore casto e puro che abbia il diritto di contare sulla sua giustizia, occorre che il cuore di ogni uomo metta la sua fiducia nella misericordia di Dio e dica: « se Voi esaminate le nostre iniquità, Signore » Signore, chi potrà sopportarlo? » (S. Agost.) … il Profeta considera pertanto, quanto siano numerosi i peccati lievi che un uomo commette ogni giorno, quanto numerosi se ne commettano in pensieri e parole; egli sottolinea, inoltre, che pur se sono leggeri, tuttavia questi piccoli peccati formano, con il loro numero, una grande massa; ed allora, dimenticando in qualche modo le sue antiche colpe per non pensare che alla fragilità umana, mentre già monta, si eleva, ed esclama: « Dal fondo degli abissi, io ho gridato a Voi … Se Voi esaminate le iniquità, Signore, Signore, chi potrà sopportarle? » io posso evitare gli omicidi, gli adulteri, le rapine, gli spergiuri, l’idolatria; ma posso evitare questi peccati del cuore? È scritto: « Il peccato è l’iniquità. » (1 Giov., III, 4). « Chi potrà sopportarlo, se esaminate le nostre iniquità? » Se voi volete agire a nostro riguardo con giudizio severo, e non come padre misericordioso, chi sussisterà davanti ai vostri occhi? » (S. Agost.). –  Ma perché spera? « Perché presso di Voi è la clemenza. » E qual è questa clemenza, se non il Sacrificio propiziatorio? E qual è questo Sacrificio se non quello che è stato offerto per noi? Il sangue innocente sparso per noi ha cancellato tutti i peccati dei colpevoli; il prezzo inestimabile che è stato pagato, ha riscattato tutti i prigionieri che la mano del nemico teneva schiavi. La clemenza è dunque in Voi; » perché se la clemenza non fosse in Voi, se Voi vorreste essere solo il giudice e non fare misericordia, esaminereste tutte le nostre iniquità e le ricerchereste … ma allora, chi potrebbe sopportarle? Chi potrebbe presentarsi davanti a Voi e dire: Io sono innocente? Chi resterebbe in piedi davanti al vostro tribunale? Noi non abbiamo dunque che una sola speranza, « che la clemenza sia in voi. A causa della vostra legge, io vi ho atteso, Signore. » Quale legge? C’è una legge che viene dalla misericordia di Dio; c’è una legge di clemenza che viene da Dio. C’è innanzitutto una legge di timore; questa è una legge di amore. La legge d’amore accorda il perdono dei peccati; essa li cancella nel passato, ci avverte di evitarli per l’avvenire; essa non abbandona lungo il cammino l’uomo che accompagna, ma si fa compagna di colui che conduce lungo il cammino. « Io vi ho dunque atteso, Signore, a causa della vostra legge. » Voi vi siete degnato di dare agli uomini una legge di misericordia, rimettere tutti i miei peccati, datemi inoltre avvisi per evitare che io non vi offenda più; e per i casi in cui trasgredirò malgrado i vostri avvertimenti, Voi mi avete dato, come rimedio, di pregarvi dicendo: « Rimettici i nostri peccati, come noi rimetteremo ai nostri debitori ciò che essi ci devono. (Matth. VI, 12). » Voi mi avete dunque dato questa legge, che mi sarà rimesso secondo quanto io stesso rimetterò agli altri: è a motivo di questa legge che io vi ho atteso, Signore. »  Io attendo il tempo in cui verrete e mi libererete da ogni necessità, perché anche in mezzo alle necessità, non avete abbandonato la vostra legge di misericordia. (S. Agost.). – « Se succede che qualcuno pecchi, noi abbiamo per avvocato, presso il Padre, Gesù-Cristo, il giusto; e Lui stesso è la vittima di propiziazione per i nostri peccati, e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutti. » (I Giov., II; Eph. 2) – « Dio ha inviato suo Figlio come vittima di clemenza per i nostri peccati. (I Giov. IV, 10). Egli l’ha prestabilito “propiziazione” per la fede nel suo sangue, per manifestare la sua giustizia per la remissione dei peccati precedenti. » (Rom. III, 25). « La mia anima ha atteso, si è mantenuta fidente nella sua parola. » Nessuno attende, se non colui che non ha ricevuto ciò che gli sia stato promesso; i nostri peccati sono stati cancellati, ma la ricompensa deve ancora venire; noi abbiamo ricevuto il perdono, ma non siamo ancora in possesso della vita eterna; se questa promessa venisse da noi, noi dovremmo temere; ma siccome essa viene da Dio non ci può ingannare. (S. Agost.). – Attendere il Signore, è sentirsi sempre pronto a riceverlo; è non perdere mai la speranza di rientrare in grazia con Lui; è vegliare su tutto; è acconsentire a tutti i disegni che la sua Provvidenza ha su di noi; è abbracciare tutti i mezzi di salvezza che ci presenta; è vivere in un attaccamento continuo ed assoluto di tutto ciò che non tenda che a Lui solo; è vegliare su tutti i movimenti del nostro cuore, affinché non si insinui in esso alcuna affezione, alcun desiderio che possa dispiacergli; è soprattutto ridursi a questa preziosa unità che fa che tutto si rapporti a Dio. Vediamo come i cortigiani rispettano i loro i padroni, con quale costanza essi divorano difficoltà, attese, le lunghezze nella realizzazione dei desideri che esaudiscono nelle loro corti; essi non hanno sovente alcuna ragione di credere si essere graditi; più spesso ancora non hanno nulla da ottenere che meriti tanta assiduità; essi persistono nondimeno nell’abitudine che hanno preso di sacrificare il loro tempo e le loro inclinazioni ad usi stabiliti per le ambizioni e sostenuti dall’esempio dei loro pari. O uomini di poca fede! Noi abbiamo la parola e le promesse di Dio; noi sappiamo che Egli ci offre ciò che vuole darci, e non facciamo alcun passo per ottenerlo. (Berthier).

III. — 6-8

ff. 6-8. – Che vuol dire qui il Profeta? Non ha sperato che un solo giorno nel Signore, e che tutta la sua speranza si realizzasse al sopraggiungere del giorno? Questa veglia del mattino è la fine della notte; ecco perché il Profeta dice: « Fin dalla notte, la mia anima ha sperato nel Signore. » Non bisogna dunque comprendere queste parole nel senso che noi dobbiamo sperare in Dio un giorno soltanto, « … dalla veglia del mattino fino alla notte. »  Qual pensate dunque che sia il senso di queste parole? E fino a quando la nostra anima spera? « Fino alla notte! » … fino alla morte. In effetti, la morte della nostra carne è del tutto simile ad un sonno. Voi avete cominciato a sperare dopo che il Signore sia resuscitato; non cessate mai di sperare fino alla uscita dalla vostra vita, perché se non sperate fino alla notte, tutto il frutto della vostra speranza passata sarà persa. Ci sono uomini che sperano da principio, ma non perseverano fino alla notte. Essi cominciano a soffrire alcune tribolazioni, cominciano a patire tentazioni, vedono uomini malvagi ed ingiusti gioire delle prosperità di questa vita, e siccome essi sperano che Dio dia loro quaggiù una simile felicità, sono colpiti dal vedere dei criminali possedere ciò che essi desiderano; allora i loro piedi vacillano e cessano di sperare. Perché? Perché hanno sperato dalla veglia del maligno. Cosa significa questo? Che essi non hanno sperato fin dall’inizio da parte del Signore, ciò che si è compiuto, come primizia, nel Signore, a questa prima veglia del mattino; ma essi speravano che il Signore, se fossero stati Cristiani, desse loro una casa piena di frumento, di vino, di olio, di argento e di oro; … che nessuno di loro morisse prematuramente; che nessuno che non avesse figli, ne avesse; che coloro che non erano maritati si maritassero; che non ci sarebbe mai stata sterilità, non soltanto per le donne della loro casa, ma anche per le loro greggi; che il loro vino non divenisse aceto, che mai la loro vigna si seccasse. Colui che spera della sorte nel Signore ha notato che coloro che non adorano il Signore, hanno questi beni in abbondanza, ed i suoi piedi hanno vacillato (Ps. LXXII, 2), e la sua speranza non è durata che una notte, perché non aveva cominciato a sperare dalla prima veglia del mattino (S. Agost.). –  « Dalla veglia del mattino fino alla notte » il Profeta non cessa di sperare, e non lascia passare alcun momento della vita senza sperare, è un lavoratore infaticabile di tutta la giornata. Ma quale sarà il frutto di questa speranza? Non tutti consacrano così tutti i giorni alla speranza. Vi sono operai della terza ora, della sesta, della nona, dell’undicesima, ed il Profeta, che ha sperato dalla veglia del mattino fino alla notte, sembra sottratto di una parte della ricompensa promessa dal Vangelo. Non è così: egli dice: « che Israele speri nel Signore; » la sua esortazione non precisa alcun tempo determinato. Come un operaio perfetto, egli ha sperato nel Signore dalla veglia del mattino fino alla notte; ma per la speranza, tutti i tempi sono liberi, e gli operai della undicesima ora riceveranno la ricompensa non del lavoro che avranno compiuti, ma della misericordia nella quale essi hanno sperato. (S. Ilar.). –  Che significano queste parole: « Nel Signore è la misericordia? » cioè in Dio c’è un tesoro, una sorgente di misericordia che non cessa di zampillare sugli uomini. Ora, la misericordia si trova congiunta con la redenzione, e non una redenzione ordinaria, ma una redenzione abbondante ed un oceano immenso d’amore. (S. Chrys.). – « Nel suo Figlio diletto Gesù-Cristo, noi troviamo la redenzione con il suo sangue e la remissione dei nostri peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che ha diffuso su di noi con abbondanza. » (Ephes. I, 7, 8). – « In Lui c’è una redenzione abbondante. » parola magnifica! Era impossibile dire meglio dopo ciò che precedeva: « che dopo la veglia del mattino, Israele spera nel Signore. » – « Riscatterà Egli stesso Israele da tutte le sue iniquità. » Israele ha potuto da solo vendersi e divenire schiavo del peccato, ma non può riscattarsi da solo dalle sue iniquità. Ha potuto riscattare solo chi non ha potuto vendersi; Colui che non ha commesso peccato vi riscatta dal peccato. « Egli stesso riscatterà Israele. » Da cosa lo riscatterà? Da questa o quella iniquità? « … Da tutte le sue iniquità. » L’uomo desideroso di avvicinarsi a Dio non tema dunque alcuna sua iniquità: soltanto si avvicini a Lui con tutto il cuore, e smetta di fare ciò che faceva in precedenza e non dica: Questa iniquità non mi sarà rimessa. Se, in effetti, egli lo dicesse, non si convertirebbe, in ragione anche dell’iniquità di cui crederebbe di non poter ottenere perdono, e continuando a commettere altri peccati, non otterrebbe la remissione delle iniquità per le quali non temesse. Avendo commesso, dice l’empio, un gran crimine che Dio non può rimettermi, oramai commetterò tutti gli altri crimini, perché perderò tutto ciò che non farò. Non temete, voi siete nel fondo dell’abisso, non disdegnate di gridare verso il Signore dal fondo dell’anima e dire: « Se esaminate le nostre iniquità, Signore, Signore, chi potrà sopportarle? » Abbiate gli occhi fissi su di Lui, aspettatelo ed aspettate a causa della fede. Quale legge vi ha dato? « Rimettete i nostri debiti come noi rimettiamo ai nostri debitori ciò che essi ci devono. (Matth. VI, 47). Sperate di resuscitare e così sarete puri dai ogni  peccato, perché Colui che è resuscitato per primo, è stato senza peccato. Sperate nella prima veglia del mattino; non dite: io non sono degno di resuscitare a causa dei miei peccati. Voi non ne siete degno, ma « … nel Signore c’è una redenzione abbondante, ed Egli stesso riscatterà Israele da tutte le sue iniquità. » (S. Agost.).