SALMI BIBLICI: “ECCE QUAM BONUM ET QUAM JUCUNDUM” (CXXXII)

SALMO 132: ECCE QUAM BONUM ET QUAM JUCUNDUM”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 132

Canticum graduum David.

[1] Ecce quam bonum et quam jucundum,

habitare fratres in unum!

[2] Sicut unguentum in capite, quod descendit in barbam, barbam Aaron, quod descendit in oram vestimenti ejus;

[3] sicut ros Hermon, qui descendit in montem Sion. Quoniam illic mandavit Dominus benedictionem, et vitam usque in sæculum.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXXXII.

Il Salmo conviene alle moltitudini, dove trovasi la concordia e la comunione; e principalmente a quelli che dal pellegrinaggio giungono in patria.

Cantico de’ gradi, di David.

1. Oh quanto buona e dolce cosa ch’è che i fratelli sieno insieme uniti.

2. Come quell’unguento sparso sulla testa, (1) il quale cola fin sulla barba, sulla barba di  Aronne, e cola fino all’estremità della sua veste;

3. come la rugiada dell’ Hermon, che cade sul monte di Sion. (2) Perché quivi il Signore ha data benedizione e vita fino in sempiterno.

(1) L’unzione della testa è, nei costumi orientali, l’indice della gioia. (JUDITH. X, 3 ; VI, 10; ESTHER. II, 12; MATTH. VI, 17; LUC. VII, 46).

(2) C’era, nella tribù di Issacar, una montagna, Hermon molto meno lontana da Gerusalemme, rispetto ad Hermon vicino al Libano; ma quando si suppone che l’Hermon vicino al Libano sia lontano più di 200 chilometri da Gerusalemme, il testo del profeta sarebbe ancora spiegabile se si considera che il suo oggetto principale è quello di mostrare la comunicazione dei beni e dei servizi che si fanno nella società fraterna. In Oriente, le rugiade sono molto abbondanti e suppliscono alle piogge che sono molto rare. Non farebbe quindi meraviglia che la rugiada si espanda per un’estensione di cinquanta leghe, dal Libano, fino a Gerusalemme, e siccome l’Hermon vicino al Libano sia più elevato del monte di Sion, il salmista ha potuto dire che la rugiada cadendo dapprima sull’Hermon, sarebbe poi discesa sulla montagna di Sion.

Sommario analitico

In questo salmo, composto per essere cantato dai Giudei quando, dopo il ritorno dalla cattività, essi si trovavano riuniti nella pace, non formando che un unico popolo; il Salmista celebra le dolcezze della concordia e dell’unione fraterna  (Questo salmo, a giudizio di Lowht, è un modello perfetto di una sorta di ode che ha la dolcezza come carattere distintivo. Esso offre, riassunto, tutte le delizie di cui questo genere di composizione è suscettibile, ed è, secondo questo sapiente dottore, una dolce effusione di una sacra sorgente ed una bellezza nel suo pieno fiorire.).

I. Il salmista proclama altamente che questa concordia, questa unione è utile, piacevole (1)

II. Egli uscire le dolcezze di questa unione fraterna attraverso due comparazioni: il profumo sacro che fu effuso sulla testa di Aronne; la rugiada di Hermon, che si spande sul monte Sion, benché molto lontano dalla montana dell’Hermon. (2).

III. – Egli rende ragione di questi preziosi benefici, Dio ha legato a questa unione la sua benedizione e la vita eterna (3).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1.

ff. 1. – La melodia di queste parole è sì dolce che anche coloro che non conoscono i salmi, amano cantare questo versetto. Essa è così dolce come dolce è la carità che fa che dei fratelli abitino in comune. (S. Agost.). – E ci sono delle cose che sono belle,  anche senza essere piacevoli; altre sono piacevoli, ma prive di una vera bellezza, e queste due qualità si trovano difficilmente riunite. Qui al contrario, la piacevolezza e la bellezza morale si incontrano nello stesso oggetto. In effetti uno dei principali caratteri della carità, è che feconda in frutti preziosi, la pratica ne è ancora dolce e facile. (S. Cris., S. Girol.). – Ma è di tutti i Cristiani che è detto: « Ecco che è buono e dolce che fratelli abitino in comune, » ci sono uomini più perfetti che abitano così in comune che questa benedizione non si applichi a tutti, ma solo a qualcuno, dai quali tuttavia essa si effonde sugli altri. (S. Agost.). – Questo salmo conviene particolarmente ai Cristiani uniti da una fraternità spirituale fondata sulla professione di una vita santa, che abitano insieme nella stessa casa e seguono gli stessi esercizi di pietà; perché, benché si possa applicare alle Chiese in cui si riuniscono i Cristiani, c’è troppa differenza tra la maniera di vivere perché possa regnare tra essi una grande concordia. Qual è in effetti, questa fraternità dei Cristiani tra di loro? L’uno desidera tornare a casa sua, l’altro corre al circo, un altro, fin nella chiesa pensa ai suoi profitti da usuraio. Nelle comunità, al contrario, anche se non c’è un solo genere di vita, c’è un solo spirito.  « Come è buono e dolce che i fratelli abitino in comune. » Sì, è una cosa veramente buona e dolce. Per un fratello che abbiamo lasciato nel mondo, quanti altri ne abbiamo trovati? Il fratello che ci è unito dai legami di sangue, mi ama molto meno di quanto non ami il mio bene. Quanto a coloro che sono uniti dai legami di una fraternità tutta spirituale, se essi dimenticano i propri interessi, non è per cercare ciò che appartiene agli altri (S. Girol.). – Dunque, è da queste parole del salmo che i monaci ed i religiosi hanno ricevuto la loro vocazione, essi che vivono in comune, in modo da non costituire che un solo uomo, e realizzare questa espressione della Scrittura: « una sola anima ed un solo cuore, » (Act. IV, 32); diversi corpi, ma non diverse anime; più corpi ma non più cuori (S. Agost.). – Amate ciascuno con un grande amore caritatevole, ma non abbiate amicizia se non con coloro che possono comunicare con voi di cose virtuose, e più le virtù che mette nel vostro commercio saranno squisite, più la vostra amicizia sarà perfetta. Oh! Che si ami bene in terra come si ama in cielo, e si impari ad amarsi reciprocamente in questo mondo, come faremo eternamente nell’altro! … A buon diritto queste anime beate possono cantare: « Oh come è bello e giocondo che i fratelli abitino insieme! » Sì, perché il balsamo delizioso della devozione distilla da un cuore all’altro con una continua partecipazione, sebbene si possa dire che Dio abbia effuso su questa amicizia la sua benedizione, e la vita nei secoli dei secoli (S. Franc. de Sales.).

II. — 2, 3.

ff. 2, 3. – Il profumo versato sulla testa è disceso sulla barba. Dal Verbo divino, è venuto fino all’uomo, al quale il Verbo si è degnato unirsi. E qual frutto per noi di questa barba impregnata di profumi, e di quest’Uomo perfetto? Vediamo i vantaggi che ce ne derivano: « … Che scende fino all’orlo del suo vestito. » Se noi siamo il vestito di Cristo, noi rivestiamo la sua nudità con la nostra fede. Egli è inchiodato sulla croce, privato dei suoi vestiti, oggetto di scandalo per i Giudei e follia per i Gentili, e tuttavia è come rivestito dalla nostra fede, dai nostri discorsi, dalla nostra confessione. Sì, noi siamo il vestito di Cristo, e quando noi lo rivestiamo con la nostra confessione di fede, noi rivestiamo Gesù-Cristo stesso (S. Girol.). – Due comparazioni sono impiegate dal Salmista per esaltare il buon odore, l’abbondanza e la fecondità dell’unione fraterna, vale a dire la giocondità e l’utilità che traggono coloro che vivono in comune uniti come in un solo uomo. – Quest’olio versato sulla testa del Sovrano Pontefice, e che era dei più soavi, colava sulla sua barba e dalla barba all’orlo del vestito, cioè su questa parte che circonda il collo e che tocca immediatamente la barba. – Chi era Aronne? Il Sacerdote. Chi è sacerdote se non questo solo sacerdote che è entrato nel Santo dei santi? Qual è questo sacerdote se non è Colui che è stato contemporaneamente vittima e sacerdote? Se non Colui che non avendo trovato nulla da offrire nel mondo, si è offerto da Se stesso? Il profumo è sulla sua testa, perché il Cristo è intero con la Chiesa, ma questo profumo cola dalla testa. Il Cristo è la nostra testa; Egli è stato crocifisso e seppellito, è resuscitato, è salito in cielo e lo Spirito Santo è disceso dalla nostra testa. Dove è disceso? Sulla barba? La barba designa i forti; la barba è la figura dei giovani intrepidi, coraggiosi, pronti all’azione. Il profumo è dunque disceso dapprima sugli Apostoli, è disceso su coloro che hanno sostenuto il primo conflitto del secolo, … e dalla barba questo profumo è disceso sul bordo del vestito, vale a dire, sulla Chiesa, perché il vestito del sacerdote è simbolo della Chiesa. Essa è lo stesso vestito di cui l’Apostolo ha detto: « Il Cristo ha amato la Chiesa e si è immolato per essa alfine di farla apparire davanti a Lui una Chiesa gloriosa, senza macchia e senza rughe … » (Ephes. V, 27). Ma questo profumo non ha potuto che scendere dalla barba sul bordo che lambisce la testa, all’apertura in alto della tunica. – Tali sono coloro che abitano in comune; perché, così come la testa dell’uomo oltrepassa questo bordo del vestito, così il Cristo, nostra testa, entra, con la concordia fraterna, nel vestito che deve restare unito, e che è la Chiesa. (S. Agost.). – « Come la rugiada d’Hermon, etc. » Il Profeta vuol dire che è la grazia di Dio che fa abitare i fratelli in comune; che essi non lo devono né alle loro forze, né ai loro meriti, ma a un dono di sua parte, alla sua grazia, come la rugiada che cade dal cielo … Perché come la rugiada d’Hermon, montagna tanto lontana da Gerusalemme, essendo posta al di là del Giordano? Cercheremo una spiegazione nel senso stesso di questo nome: Hermon è un nome ebraico, che vuol dire « luce elevata. ». In effetti, la rugiada viene da Cristo, è di là che viene la rugiada dell’Hermon. Voi tutti dunque, che aspirate a vivere in comune, desiderate di ricevere questa rugiada, e di esserne irrorati insieme; altrimenti non potrete restare fedeli. Nella vostra professione, non potete osare neanche far professione di questa santa vita, se il Cristo non formi Egli stesso il temporale che darà questa pioggia, e voi non potrete persistere, se l’alimento che vi dà viene a mancarvi, perché questo alimento discende sulle montagne di Sion, vale a dire su coloro che sono grandi in Sion (S. Agost.). – Quando il profumo si versa sulla testa, che è Gesù-Cristo, sulla barba di Aronne, cioè dei suoi Pontefici, è per spandersi e colare su tutta la frangia dei vestiti; quando la rugiada dell’Hermon cade sulla montagna di Sion, è per discendere fino alla valle, perché il Signore ha posto là in alto una riserva di benedizione ed una fonte di vita fino alla fine dei secoli. – Quando la rugiada ha umettato le piante, esse dimenticano gli ardori del giorno che le aveva rinsecchite, e rialzano la testa, e si direbbe che si sentono felici della frescura che il cielo invia loro. – Non c’è un dolore, una disgrazia né una sofferenza che non siano alleviati dalla carità fraterna. Essa si intende su tutte le miserie, come la rugiada su tutto un campo: non c’è erba che la rugiada non faccia gioire, non c’è anima che la carità non consoli. (Mgr DE LA BOUILLERIE, Symb. p. 94). – Che significa questa espressione: « è là che Dio ha posto la sua benedizione? » In questa casa, in questa unione, in questa comunità di dimora e di sentimenti: è là veramente che sta la benedizione, come la maledizione si trova legata alla disposizioni contrarie (S. Crys.). – Dove Dio ha prescritto di porre la sua benedizione? Tra i fratelli che abitano in comune! Là Dio ha prescritto la benedizione; là coloro che abitano in comune benedicono il Signore, perché, nella discordia, non si benedice il Signore. Invano voi pretendete che la vostra lingua faccia risuonare le benedizioni del Signore, se non risuonano nel vostro cuore. Voi lo benedite con le labbra, ma lo maledite con il cuore: « Essi mi benedicono con le labbra e mi maledicono con il cuore. » (Ps. LXI, 5). Queste parole sono le nostre? Esse indicano certi uomini. Voi benedite Dio quando pregate, e continuando la vostra preghiera, maledite il vostro nemico. È là che comprendete le parole del Signore: « Amate i vostri nemici? » Che se al contrario, voi obbedite a Dio, se amate il vostro nemico, se pregate per lui, così come Dio « ha prescritto la benedizione, » così vi darà pure « la vita nei secoli. » (S. Agost.) – « E la vita per sempre. » Come i conflitti e le guerre sono un principio di morte, la chiarezza, l’unione dei cuori, sono una fonte di pace e di concordia, e la concordia e la pace sono sempre accompagnate da una vita al riparo da ogni danno, piena di fiducia e di sicurezza. E che bisogno c’è di parlare dei beni della vita presente? La carità ci mette in possesso del cielo e dei beni ineffabili ed eterni (S. Crys.).