MESSA DI NATALE (2019)
TERZA MESSA DURANTE IL GIORNO.
Staz. a S. Maria Maggiore.
(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)
« In principio era il Verbo, e il Verbo era con Dio. Tutte le cose sono state fatte da Lui » (Vang.). «Tu, o Signore, in principio hai creato la terra: i cieli sono opera delle tue mani » (Ep.). « Tuoi sono i cieli e la terra, sei tu che hai creato l’Universo e tutto ciò che contiene » (Off.). L’uomo, che è stato creato da Dio, da Lui sarà ristabilito nella primitiva dignità. Cosi « il Verbo si fece carne ed abitò in noi” (Vang.). «Iddio, in questi ultimi tempi (cioè nei giorni messianici) ci ha parlato nella persona del Figlio, che è lo splendore della sua gloria » (Ep.). Così la Chiesa canta oggi che una gran luce è discesa sulla terra (Allel.). Questa luce ha brillato nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta, perché il Verbo è venuto nel mondo, ma i suoi non l’hanno ricevuto. A quelli invece che l’hanno accolto ha dato il potere di divenire figli di Dio (Vang.). « È infatti per liberarci dalla schiavitù del peccato, per purificarci dalle nostre colpe (Secr.) e per farci nascere alla vita divina (Poste.) che l’Unigenito di Dio è nato secondo la carne » (Ep.). Più di settecento anni prima di questa nascita, Isaia esaltava già la potenza dell’Uomo-Dio. «Un bambino ci è nato, egli porterà i segni della sua regalità e i prodigi ch’Egli operò sono raffigurati in quelli che Dio fece quando liberò gli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto (Vers. Dell’Intr.). Cosi, oggi come allora, «tutti i confini della terra sono testimoni della salvezza che Dio operò per il suo popolo » (Grad. Comm.). – La salvezza che Cristo ha realizzato nel suo primo avvento, la compirà alla fine dei tempi. « Dopo che Gesù ebbe operato la purificazione dai peccati, spiega l’Apostolo Paolo, sali in Cielo, dove è assiso alla destra della Maestà divina » (Ep.). La sua umanità glorificata partecipa dunque del trono dell’Eterno: « Il tuo trono, o Dio, è nei secoli dei secoli: lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia » (Ep.). « La giustizia e l’equità sono le basi del tuo trono » (Offerì.). « E un giorno, dice S. Luca, il Figlio dell’Uomo verrà nella, sua gloria e in quella del Padre e degli Angeli suoi, per rendere a ciascuno secondo le proprie opere ». Quando Dio manderà di nuovo (cioè alla fine del mondo) il suo Primogenito sulla terra dirà: « tutti gli Angeli lo adorino » (Ep.). E ci sarà allora una trasformazione di tutte le creature, perché il Figlio di Dio, che non muta, rinnoverà le creature come si fa di un vestito vecchio (Ep.). E l’Apostolo in una settima citazione delle Sacre Scritture, che segue quelle che troviamo oggi nell’Epistola, aggiunge che « Iddio farà allora dei nemici di Cristo uno sgabello ai suoi piedi ». Sarà il trionfo finale del Verbo incarnato che punirà, nella sua seconda venuta, quelli che non l’avranno accolto nella prima; mentre farà partecipi della sua immortalità quelli che saranno nati da Dio, avendo questi accolto con fede e con amore il Verbo incarnato, come lo hanno accolto i Re Magi, venuti da lontano per adorarlo (Vangelo dell’Epifania, letto come ultimo Vang.). Ed essendo Gesù presente anche nell’Eucarestia, così come lo era a Betlemme, adoriamolo sull’Altare, vera mangiatoia, dove si trovò il Bambino Gesù, perché in questo tempo di Natale la liturgia grazie al Messale, ci rappresenta l’Ostia nel quadro di Betlemme. È nella gran Chiesa della Vergine, che a Roma rappresenta Betlemme, che si celebra la Messa del giorno di Natale, come vi si è celebrata quella di mezzanotte.
Incipit
In nómine Patris, ☩︎ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Isa IX: 6
Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus. [Ci è nato un Bambino e ci è stato dato un Figlio, il cui impero poggia sugli òmeri suoi: il suo nome sarà Àngelo del buon consiglio.]
Ps XCVII: 1
Cantáte Dómino cánticum novum, quia mirabília fecit. [Cantate al Signore un càntico nuovo: poiché ha fatto cose mirabili.]
Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus. [Ci è nato un Bambino e ci è stato dato un Figlio, il cui impero poggia sugli òmeri suoi: il suo nome sarà Angelo del buon consiglio.]
Oratio
Orémus.
Concéde, quǽsumus, omnípotens Deus: ut nos Unigéniti tui nova per carnem Natívitas líberet; quos sub peccáti jugo vetústa sérvitus tenet. [Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che la nuova nascita secondo la carne del tuo Unigenito, liberi noi, che l’antica schiavitù tiene sotto il gioco del peccato.]
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Hebraeos.
Hebr I: 1-12
Multifáriam, multísque modis olim Deus loquens pátribus in Prophétis: novíssime diébus istis locútus est nobis in Fílio, quem constítuit herédem universórum, per quem fecit et saecula: qui cum sit splendor glóriæ, et figúra substántia? ejus, portánsque ómnia verbo virtútis suæ, purgatiónem peccatórum fáciens, sedet ad déxteram majestátis in excélsis: tanto mélior Angelis efféctus, quanto differéntius præ illis nomen hereditávit. Cui enim dixit aliquándo Angelórum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te? Et rursum: Ego ero illi in patrem, et ipse erit mihi in fílium? Et cum íterum introdúcit Primogénitum in orbem terræ, dicit: Et adórent eum omnes Angeli Dei. Et ad Angelos quidem dicit: Qui facit Angelos suos spíritus, et minístros suos flammam ignis. Ad Fílium autem: Thronus tuus, Deus, in saeculum saeculi: virga æquitátis, virga regni tui. Dilexísti justítiam et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo exsultatiónis præ particípibus tuis. Et: Tu in princípio, Dómine, terram fundásti: et ópera mánuum tuárum sunt coeli. Ipsi períbunt, tu autem permanébis; et omnes ut vestiméntum veteráscent: et velut amíctum mutábis eos, et mutabúntur: tu autem idem ipse es, et anni tui non defícient.
OMELIA I
[A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli. Tip. Artigianelli, Pavia, 1929 – imprim.]
“A più riprese e in molte maniere, parlò Dio un tempo ai padri per mezzo dei profeti: ultimamente, in questi giorni; ha parlato a noi per mezzo del suo Figliuolo, che egli ha costituito erede di tutte le cose, e per mezzo del quale ha anche creato il mondo. Questo Figlio che è lo splendore della gloria del Padre e la forma della sua sostanza, e che sostiene tutte le cose con la sua potente parola, compiuta che ebbe l’espiazione dei peccati; s’è posto a sedere alla destra della maestà nel più alto dei cieli, fatto di tanto superiore agli Angeli, di quanto più eccellente del loro è il nome da lui ereditato. Infatti, a quale degli Angeli disse mai: Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generata? E ancora: Io gli sarò Padre, ed Egli mi sarà Figlio? E quando introduce di nuovo il primogenito nel mondo dice: E l’adorino tutti gli Angeli di Dio. Agli Angeli, poi, dice: Colui che fa dei suoi Angeli i venti, e dei suoi ministri guizzi di fuoco. Al Figlio, invece dice: Il tuo trono, o Dio, sta in eterno: lo scettro del tuo regno è scettro di rettitudine. Hai amato la giustizia, e hai odiato l’iniquità; perciò, o Dio, il tuo Dio ti ha unto con olio di allegrezza a preferenza dei tuoi compagni. E tu in principio, o Signore, hai creato la terra, e i cieli sono opera delle tue mani. Essi passeranno, ma tu rimarrai, e tutti invecchieranno come un vestito, e tu li cambierai come un mantello, ed essi saranno cambiati. Ma tu sarai sempre quello, e i tuoi anni non finiranno mai.” (Ebr. 1, 1-12).
S. Paolo era venuto a conoscenza delle persecuzioni che subivano i Cristiani palestinesi, convertiti dal giudaismo, e non gli sfuggiva i l pericolo che correvano di abbandonare la Religione cristiana per far ritorno a quella ebraica. A confortarli nella loro tribolazione, e a confermarli nella religione abbracciata manda loro dall’Italia una lunga lettera. In essa è dimostrata la grande superiorità del Nuovo Testamento su l’antico, e se ne deducono pratiche esortazioni. Il principio di questa lettera forma l’Epistola di quest’oggi. — Premesso che Dio ci ha parlato, un tempo, per mezzo dei profeti, in molti e vari modi, e, ora, per mezzo del proprio Figlio, prova, con diversi argomenti che il Figlio di Dio è molto superiore agli Angeli. Guidati dagli insegnamenti dell’Apostolo, portiamoci davanti alla culla di Gesù a venerare Colui che è:
1. La luce fra le tenebre,
2. Il Salvatore del mondo,
3. Il dispensatore delle grazie.
1.
Quando nasce il figlio di un re si fa festa in tutto il regno. Il giorno della sua nascita è considerato un giorno di letizia. La nascita di Gesù Cristo si festeggia in tutto il mondo: il giorno di questa nascita è il giorno del gaudio universale. Tutti vi prendono parte: adulti e piccini, fortunati e infelici. E perché tanto gaudio, da 19secoli, si rinnova di anno in anno davanti alla culla di Gesù? Chi è quel bambino che vagisce nella mangiatoia, che non balbetta una parola? Egli è l’interprete della volontà di Dio, egli è colui che rivela pienamente le verità che riguardano l’Altissimo. Nell’Antico Testamento erano state fatte al popolo ebreo divine rivelazioni: e questo tesoro delle divine rivelazioni rendeva quel popolo grandemente superiore a tutti gli altri popoli. Con l a nascita di Gesù Cristo comincia una nuova rivelazione. Udiamo S. Paolo:
A più riprese e in molte maniere parlò Dio un tempo ai padri per mezzo dei profeti: ultimamente, in questi giorni, parlò a noi per mezzo del suo Figliuolo. Fin dal tempo dei primi patriarchi Dio manifesta i suoi oracoli a uomini, che si è scelti come strumenti per manifestare la sua volontà. Non tutto è rivelato ai profeti, né a tutti è rivelata la stessa cosa. Una cosa è rivelata ai nostri progenitori, altra a Noè, altra ad Abramo. A Isaia è rivelato il parto della Vergine e la passione di Cristo. A Daniele il tempo della nascita del Messia; a Michea il luogo. La rivelazione è fatta come a frammenti, a più riprese, in modo che s’accresce col succedersi dei tempi. – Orbene, il fanciullo che noi contempliamo nella culla di Betlemme, è strumento di rivelazione divina molto più completa di quella fatta per mezzo dei profeti, attraverso tanto volgere di secoli. Quel Bambino ci istruirà non solamente intorno a qualche verità, ma intorno a tutte le verità. Non ci istruirà in modo confuso, ma chiaro. Quel Bambino è il riflesso della gloria di Dio e l’impronta della sua sostanza; è il Verbo fatto carne. La dottrina che Egli insegna l’ha attinta nel seno del Padre. «Tutto quello che intesi dal Padre — dirà un giorno agli Apostoli — l’ho fatto sapere a voi» (Giov. XV, 15). E la sua rivelazione non è riservata ai soli Ebrei: è fatta per tutti i popoli della terra. Questo profeta di tutti i tempi e di tutte le verità è anche il profeta di tutte le genti». « È la luce che splende fra le tenebre» (Giov. I, 5) dovunque esse si stendano. La luce che questo Bambino è venuto a portare porterà un nuovo ordine, che andrà estendendosi a tutto il mondo.
2.
Il Fanciullo che contempliamo nella culla è colui che si porrà, compiuta l’espiazione dei peccati, a sedere alla destra della maestà nel più alto dei cieli.
Sofonia aveva predetto:« In quel giorno si dirà in Gerusalemme: … Il Signore, il Dio tuo forte sta in mezzo a te » (Sof. III, 16-17). Quel giorno è venuto. Il Fanciullo che vagisce è il Dio forte venuto a salvarci, espiando per noi i peccati. Attorno a lui l’occhio umano non scorge nulla che indichi chi strapperà i popoli al potere dei nemici. Dalle pareti tra cui vagisce non pendono i ritratti di antenati guerrieri. Alla soglia non vegliano soldati armati. Le sue mani non stringono la spada. Egli è avvolto nelle fasce, debole come tutti i fanciulli appena nati. Crescerà non in una scuola di guerra, ma in una bottega di falegname. Un giorno si assocerà dei discepoli, che non avranno mai combinato piani di battaglia, ma unicamente tese le reti nel lago di Genesaret, E se un giorno, uno di loro, in un momento di zelo, sfodererà la spada per difendere il Maestro; questi lo richiamerà prontamente: «Rimetti la spada al posto, perché tutti coloro che si serviranno della spada, periranno di spada» (Matth. XXVI, 52). – Gesù, come predisse l’Angelo a S. Giuseppe, «salverà il popolo dai suoi peccati» (Matth. I, 21). ma non per mezzo di eserciti. Egli combatterà non sterminando i nemici col ferro e col fuoco, ma consegnando se stesso alla morte come mite agnello. «E l’Agnello li vincerà, perché Egli è il Signore dei Signori e il R e dei Re» (Apoc. XVII, 14). Questo Bambino nella natura umana che ha assunto ha deposto la maestà divina, ma non il potere» (S. Zenone, L. 2 Tract. 9, 1). – I tiranni sorgono e scompaiono. I regni da loro fondati si dilatano, poi vanno restringendosi, e poi non sono che ricordi. Ma il tiranno, contro cui prende a lottare Gesù Cristo, regna da secoli. Ha posto il suo giogo sul primo uomo, e continua a porlo sopra i suoi discendenti. Il suo regno, che è il regno del peccato, si estende a tutto il mondo. Non c’è nazione, non c’è individuo che se ne possa sottrarre. « In vero tutti hanno peccato, e sono privi della gloria di Dio » (Rom. III, 23). Gesù Cristo sarà il liberatore di tutti. Quel Bambino, è l’innocente, è il segregato dai peccatori. Egli è sfuggito al dominio di satana, e sulla croce lo infrangerà completamente. Da Adamo fino a Gesù Cristo ha dominato il peccato. Con la venuta di Gesù Cristo si inizia il dominio della grazia. L’impero di satana andrà perdendo terreno ogni giorno. I tempi dedicati agli idoli cadranno a mano a mano, e al loro posto sorgeranno chiese, in cui si innalzeranno preghiere al vero Dio, e a Lui si faranno sacrifici accetti, l’uomo è ora destinato alla morte eterna, e Gesù gli aprirà le porte della vita beata. Egli salirà al cielo a ricevere il premio della sua vittoria, e dietro di Lui saranno continuamente i suoi seguaci. Come aveva ragione l’Angelo di dire ai pastori: «Vi reco una buona novella di grande allegrezza per tutto il popolo. Oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore che è il Cristo Signore» (Luc. II, 10-11).
3.
In principio hai creato la terra e i cieli sono opera delle tue mani.
È la preghiera che il popolo d’Israele, schiavo in Babilonia, rivolge a Dio, perché lo liberi, e faccia risorgere Gerusalemme. Egli può farlo: è onnipotente (Salm. CI, 26). Lo stesso possiam dire Con S. Paolo del fanciullo di Betlemme. Egli è padrone del cielo e della terra: l’universo e quanto vi si contiene è suo. Egli può ricolmarci di tutti i beni. Non sconfortiamoci se non lo vediamo in una culla dorata, se non è difeso da cortine di seta, se il suolo della sua abitazione non è coperto di ricchi tappeti. « La povertà di Cristo è più ricca che tutta la roba, che tutti i tesori del mondo » (S. Bernardo. In Vig. Nat. Serm. 4, 6). Questo povero Fanciullo un giorno darà abbondanza di pane alle turbe affamate. Darà il camminare agli storpi, l’udito ai sordi, la vista ai ciechi, la loquela ai muti, la liberazione agli indemoniati. – Padrone della vita e della morte, ascolterà la preghiera delle sorelle di Lazzaro, e richiamerà dalla tomba, ove è già in preda alla corruzione, il loro fratello; scuoterà dal sonno della morte la figlia di Giairo, fermerà la bara che porta alla sepoltura il figlio unico della vedova di Naim; e, ridonata la vita al giovinetto, lo consegnerà alla madre. – Chi giace privo di tutto nella mangiatoia è il dispensatore dei regni. Un giorno dirà agli eletti : « Venite, o benedetti dal Padre mio; prendete il regno che vi è stato preparato dalla fondazione del mondo » (Matth. XXV, 34). Egli richiamerà i peccatori dalla morte alla vita spirituale. La peccatrice, il paralitico, ascolteranno dalla sua bocca la consolante parola: « Va, ti sono rimessi i tuoi peccati » (Luc. V, 20; VII, 48). S. Giovanni racchiude tutto in una frase: E della pienezza di Lui tutti abbiamo ricevuto, grazia su grazia » (Giov. I, 16). E intanto gli uomini cominciano a godere il dono della pace. Poco lontano dalla sua culla uno stuolo dell’esercito celeste canta: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà» (Luc. II, 14). La pace tra Dio e l’uomo è stata inaugurata con la nascita del Redentore. Il Bambino di Betlemme è la vittima destinata a placare la divina giustizia offesa. La culla in cui piange è come un altare su cui comincia per noi il sacrificio che deve riconciliarci al Padre. Su questo altare versa lagrime; sulla croce verserà sangue, e sarà compiuto l’ultimo atto del sacrificio. L’opera è cominciata con l’offerta di pace; non respingiamola. È un dono che non troveremo altrove, perché, nessuno può dare quel che non ha. Togliamo prontamente tutto ciò ch’è d’ostacolo a questa pace, e godremo pienamente di questo giorno. Oggi dev’essere giorno di letizia. « Non è lecito dar luogo alla tristezza quando è il giorno natalizio della vita» (S. Leone M. Serm. 21, 1). Non potremo sottrarci alla tristezza se avremo il peccato su l’anima: via, dunque, il peccato. E se vogliamo gustare appieno la letizia, procuriamo di stringere al nostro cuore, sotto le specie eucaristiche, quel Bambino che contempliamo nella culla di Betlemme. – È commovente la storia del piccolo Giorgio, nipote del celebre ebreo convertito, Ermanno Cohen. Per obbligarlo ad abiurare la religione cattolica, che il fanciullo aveva abbracciato con la madre, il padre, ebreo, lo separa da questa, e lo conduce in un paese protestante, lontano quattrocentocinquanta leghe da lei. Si era fatto Cristiano per poter ricevere Gesù nella S. Comunione, e ora ne è severamente impedito. Era questo il suo maggior tormento. All’avvicinarsi di Natale può far pervenire allo zio i suoi lamenti: « Siamo alla vigilia di Natale, ed all’approssimarsi di questa solennità la sorveglianza si raddoppia per impedirmi di ricevere il mio Dio. Ahimè! Dovrò dunque passare queste belle feste nel digiuno e privo del pane di vita? Prego il Santo Bambino Gesù che il mio digiuno presto finisca ». Il non rimaner digiuno del pane di vita sarà appunto il modo migliore di assaporare tutta intera la gioia che ci reca la nascita di Gesù.
Graduale
Ps XCVII:3; 2
Vidérunt omnes fines terræ salutare Dei nostri: jubiláte Deo, omnis terra. [Tutti i confini della terra vídero la salvezza del nostro Dio: tutta la terra acclàmi a Dio.]
V. Notum fecit Dominus salutare suum: ante conspéctum géntium revelávit justitiam suam. Allelúja, allelúja.
[Il Signore ci fece conoscere la sua salvezza: agli occhi delle genti rivelò la sua giustizia. Allelúia, allelúia.]
V. Dies sanctificátus illúxit nobis: veníte, gentes, et adoráte Dóminum: quia hódie descéndit lux magna super terram. Allelúja. [Un giorno sacro ci ha illuminati: venite, genti, e adorate il Signore: perché oggi discende gran luce sopra la terra. Allelúia.]
Evangelium
Joann 1: 1-14
In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Joánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quæ illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot autem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his, qui credunt in nómine ejus: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. Hic genuflectitur Et Verbum caro factum est, et habitávit in nobis: et vídimus glóriam ejus, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritátis.
[In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è fatto. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende tra le tenebre e le tenebre non l’hanno accolta. Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Questi venne come testimonio, per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma era per rendere testimonianza alla luce. Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, e il mondo non lo conobbe. Venne nella sua casa, e i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio: a loro che credono nel suo nome: i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati. (Genuflettiamo) E il Verbo si fece carne (Ci alziamo), e abitò tra noi: e noi abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigénito dal Padre, pieno di grazia e di verità.]
OMELIA II
S. Giovanni B. M. Vianney
SERMONE PER IL GIORNO DI NATALE
(Secondo Sermone)
Sul Mistero
“Evangelizo vobis gaudium magnum; natus est vobis hodie Salvator”.
Vengo a portarvi una lieta novella: oggi vi è nato un Salvatore (S. Luc. II, 11)
[I Sermoni del Curato d’Ars, vol. I, Torino Libreria del Sacro Cuore, 1908]
Far sapere ad un moribondo che un abile medico lo trarrà dalle porte della morte e gli restituirà una salute perfetta, quale felice notizia, fratelli miei! Ma infinitamente più felice è quella che l’Angelo porta a tutti gli uomini nella persona dei pastori. Il demone aveva ferito mortalmente la nostra anima attraverso il peccato. Vi aveva messo tre passioni fatali, da cui scaturiscono tutte le altre: vale a dire l’orgoglio, l’avarizia e la sensualità. Sì, fratelli miei, eravamo tutti sotto queste vergognose passioni, come dei malati senza speranza che aspettano solo la morte eterna, se Gesù Cristo non fosse venuto in nostro aiuto. Ma questo tenero Salvatore viene al mondo nell’umiliazione, nella povertà, nella sofferenza, per distruggere questo lavoro del diavolo e per applicare rimedi efficaci alle ferite crudeli che questo antico serpente ci aveva fatto. Sì, fratelli miei, è questo tenero Salvatore pieno di carità che viene a guarirci e a meritarci la grazia, con una vita umile, povera e mortificata; e per eccitarci in modo più efficace alla pratica di queste virtù, Egli stesso vuole darcene l’esempio. Questo è ciò che vediamo mirabilmente nella sua nascita. Egli ci prepara, con le sue umiliazioni e la sua obbedienza, un rimedio per il nostro orgoglio; con la sua estrema povertà, un rimedio al nostro amore per i beni di questo mondo; col suo stato di sofferenza e di mortificazione, un rimedio al nostro amore per i piaceri dei sensi, e quindi ci rende spirituali e ci apre la porta del cielo. Preziosa è questa grazia, fratelli miei, ma poco conosciuta dalla maggior parte dei Cristiani. Questo Messia, fratelli miei, questo tenero Salvatore, viene nel mondo per salvarlo. Tuttavia, il Vangelo ci dice che nessuno vuole riceverlo; ed Egli è obbligato a nascere in una stalla su di una manciata di paglia. No, fratelli miei, non possiamo fare a meno di incolpare la condotta degli Ebrei nei confronti di questo divino Gesù. Ma, ahimè, la condotta che abbiamo noi verso di Lui è ancora più crudele, poiché gli Ebrei non lo conoscevano come Messia, mentre noi lo conosciamo come nostro vero Dio. Pertanto, fratelli miei, vi mostrerò il grande bene che questa nascita ci offre e che è il nostro modello in tutto ciò che dobbiamo fare.
I. Per capire, fratelli miei, la grandezza dei beni che la nascita di Gesù Cristo ci ha procurato, è necessario essere in grado di comprendere lo stato infelice in cui il peccato di Adamo ci aveva fatto precipitare, cosa che non potremo mai compiutamente fare. Vi dico, quindi, che la prima ferita del nostro cuore è l’orgoglio. Questa passione, fratelli miei, così pericolosa, consiste in un fondo di amore proprio e di stima di noi stessi, per cui: 1 ° non ci piace dipendere da nessuno, 2 ° non temiamo nulla quanto essere umiliati agli occhi degli uomini e 3° cerchiamo tutto ciò che possa elevarci nelle loro menti. Ecco, fratelli miei, le fatali passioni che Gesù Cristo viene a combattere con la sua nascita nella più profonda umiltà. Non solo, Egli vuole dipendere da suo Padre e obbedirgli in tutto; vuole ancora obbedire agli uomini e dipendere in qualche modo dalla loro volontà. In effetti, l’imperatore Augusto, per vanità, interesse o capriccio, ordinò che tutti i suoi sudditi fossero censiti e che ogni famiglia in particolare dovesse essere registrata nel luogo da cui essa proveniva, donde era stata presa, e derivava la sua origine. Ma l’obbedienza di Gesù era così grande, che appena fu pubblicato l’editto, la Beata Vergine e San Giuseppe si misero in cammino. Quale lezione, fratelli miei, Dio obbedisce alle sue creature e vuole dipendere da esse! Ahimè! Quanto ne siamo lontani! Con quanti inutili pretesti non cerchiamo di dispensarci dall’obbedire ai Comandamenti di Dio o agli ordini di coloro che prendono il suo posto nei nostri confronti! Che vergogna per noi, o meglio, fratelli miei, qual orgoglio il non voler mai obbedire, ma ordinare sempre, credere che abbiamo sempre ragione e mai torto! – Ma andiamo oltre, fratelli miei, vedremo qualcosa di più. Dopo un viaggio di oltre quaranta leghe, Maria e Giuseppe arrivarono a Betlemme. Ditemi, quando questa città ha ricevuto il suo Dio, il suo Salvatore, avrebbe dovuto mettere limiti gli onori che gli si dovevano? Non dovremmo forse dire in questo momento, come nella sua entrata a Gerusalemme: « Beato colui che viene nel nome del Signore, Gloria gli sia resa nel più alto dei cieli? Ma no, questo tenero Salvatore viene solo per soffrire! E vuole iniziare fin dalla nascita. Tutti lo respingono; nessuno vuole ospitarli. Ecco a cosa è ridotto il padrone dell’universo, il Re del cielo e della terra, disprezzato e respinto dagli uomini, costretto a prendere in prestito dagli animali una dimora. Mio Dio! Che umiliazione! Che annientamento! No, fratelli miei, niente ci è così penoso, come gli insulti, il disprezzo e i rifiuti! Ma se noi consideriamo quelli che il Salvatore ha ricevuto alla nascita, avremo il coraggio di lamentarci, vedendo il Figlio di Dio ridotto a tale umiliazione? Impariamo, fratelli miei, a soffrire tutto ciò che può accaderci, con pazienza e con spirito di penitenza. Quale felicità per un Cristiano poter imitare in qualcosa il suo Dio e il suo Salvatore! – Andiamo oltre e vedremo che Gesù Cristo, ben lungi dal voler cercare ciò che potesse rivelarlo agli occhi degli uomini, vuole al contrario nascere nell’oscurità, nell’oblio; vuole che solo i poveri pastori siano informati della sua nascita da un Angelo che viene ad annunciare questa lieta notizia. Ditemi, fratelli miei, dopo un simile esempio, chi di noi potrebbe ancora conservare un cuore gonfio, animoso pieno di vanità e desideri stima, lode e considerazione del mondo? Vedete, fratelli miei, e contemplate questo tenero Bimbo; vedetelo già versare lacrime d’amore, che piange i nostri peccati, per i nostri mali. Ah! fratelli miei, che esempio di povertà, di umiltà, di distacco dai beni della vita! Lavoriamo, fratelli miei, onde diventare umili e spregevoli ai nostri occhi – dice Sant’Agostino -, se un Dio ha così disprezzato tutte le cose create, come potremmo noi amarle? Se fosse stato permesso di amarle, Colui che divenne uomo per noi ce lo avrebbe certo comandato. Questo, fratelli miei, è il rimedio che il divino Salvatore applica alla nostra prima piaga, che è l’orgoglio. – Ma ne abbiamo una seconda che non è meno pericolosa, e questa seconda ferita che il peccato ha fatto nel cuore dell’uomo, è l’avarizia; intendo parlare dell’amore disordinato delle ricchezze e dei beni di questa vita. Ahimè! questa passione sta causando il caos nel mondo! San Paolo, che la conosceva ancor meglio di noi, afferma che essa è la fonte di tutti i tipi di vizi. Non è forse a causa di questo maledetto interesse che avvengono le ingiustizie, i desideri, gli odi, i pregiudizi, le cause legali, i litigi, le animosità e la durezza verso i poveri? Da questo, fratelli miei, possiamo forse stupirci che Gesù Cristo, che è venuto sulla terra per guarire le passioni degli uomini, sia nato nella più grande povertà, nelle privazioni di tutte le comodità che sembrano così necessarie all’uomo? Innanzitutto vediamo che Egli sceglie una povera madre. Vuole essere il figlio di un povero artigiano. Dato che i profeti avevano annunciato che Egli sarebbe nato dalla famiglia reale di David, al fine di conciliare questa nobile origine con il suo amore per la povertà, ha permesso che al momento della sua nascita, questa illustre famiglia, cadesse in povertà. Ma non si ferma qui: Maria e Giuseppe, sebbene molto poveri, avevano una misera casa a Nazareth; ma anche questa è troppo per Lui, perché non vuole nascere in un posto che apparteneva a loro; per questo costringe la sua santa Madre a recarsi a Betlemme nel momento in cui deve metterlo al mondo. Tuttavia, a Betlemme, che era la patria di suo padre David, forse avrebbe potuto trovare delle risorse, specialmente tra i suoi parenti. Ma no, nessuno vuole riconoscerlo, nessuno vuole offrirgli un alloggio. Per Lui non c’è niente. Ditemi dove andrà questo divino Salvatore per proteggersi dalle intemperie del tempo, dal momento che tutti i posti sono già occupati? Giuseppe e Maria si presentano in diverse locande; ma no! sono poveri e per loro non c’è posto! Oh, amabile Salvatore, in quale stato di disprezzo e di abbandono vi vedo ridotto? – Giuseppe e Maria sono ansiosi di cercare da ogni parte. Alla fine vedono un fienile dove gli animali si ritirano in caso di maltempo; si era in inverno, si era all’aperto, quasi quanto in mezzo alle strade. – E cosa mai? Fratelli miei! una stalla esser l’abitazione di un Dio!? Sì, fratelli miei, sì, è lì che Dio vuole nascere. Non toccava che a Lui nascere nei più magnifici palazzi; ma no! Il suo amore per la povertà non sarebbe stato soddisfatto … una stalla sarà il suo palazzo, una greppia la sua culla, un po’ di paglia comporrà tutto il suo letto, delle miserabili fasce saranno tutti i suoi ornamenti e dei poveri pastori formeranno la sua corte. Ditemi, fratelli miei, poteva Egli darci una lezione migliore sul disprezzo che dobbiamo noi avere dei beni e delle ricchezze di questo mondo? Poteva farci comprendere meglio l’amore che dobbiamo avere per la povertà e per il disprezzo? Venite, fratelli miei, voi che siete così attaccati alle cose della terra, ascoltate la lezione che vi dà questo divino Salvatore, e se non lo sentite ancora parlare – dice San Bernardo – ascoltate questa stalla, ascoltate la sua culla e le bende che lo fasciano! Cosa ci dice tutto questo? Ciò che Gesù Cristo stesso ci dirà un giorno: « Guai a voi, ricchi del secolo. » Ah, quanto è difficile a coloro che attaccano i loro cuori ai beni di questo mondo, il salvarsi. Ma, mi direte, perché è così difficile per quelli che sono ricchi di cuore salvarsi? È perché, fratelli miei, i ricchi, se non hanno un cuore distaccato dai loro beni, sono pur pieni di orgoglio, disprezzano i poveri, si aggrappano alla vita presente, sono privi dell’amore di Dio: diciamo meglio, le ricchezze sono lo strumento di tutte le passioni. Ah! guai ai ricchi perché è così difficile per loro salvarsi! Preghiamo dunque, fratelli miei, questo bimbo sdraiato su una manciata di paglia, privo di tutto ciò che è necessario alla vita dell’uomo. Guardiamoci bene, fratelli miei, dal non attaccare i nostri cuori a cose così vili e spregevoli, poiché se avremo la sfortuna di non saperli usare bene, produrranno la perdita della nostra povera anima. Possano i nostri cuori essere poveri in modo da poter partecipare alla nascita di questo Salvatore. Voi vedete bene che Egli non chiama che i poveri, mentre i ricchi non arrivano che molto tempo dopo, per insegnarci che la ricchezza ci porta via da Dio, quasi senza che ce ne accorgiamo. – Possiamo concordare sul fatto che questo stato del Salvatore debba essere molto confortante per i poveri, poiché hanno un Dio come loro padre, loro modello e loro amico. Ma i poveri devono, se vogliono ricevere la ricompensa promessa ai poveri – che è il regno dei cieli – imitare il loro Salvatore, sopportare, sopportare la loro povertà nello spirito di penitenza, senza mormorare, senza invidiare i ricchi, ma, al contrario, compatirli perché sono molto in pericolo per quanto riguarda la loro salvezza; non devono lanciar maledizioni contro di loro, ma seguire l’esempio di Gesù Cristo, che si è ridotto all’estrema miseria, sebbene volontariamente. Egli non si lamenta, ma al contrario, versa lacrime sulle disgrazie dei ricchi; con questo, fratelli miei, ha guarito entrambe le ferite che il peccato ci ha fatto. Ma ancora va oltre, gli resta da guarire la terza ferita che il peccato ci ha fatto, che è la sensualità. Ma la sensualità consiste nell’amore disordinato dei piaceri che gustiamo con i sensi. È da questa fatale passione che nasce l’ècesso nel bere e nel mangiare, l’amore per il proprio benessere, le comodità della vita dolce e l’impurità; in una parola, tutto ciò che la legge di Dio ci ha proibito. Cosa fa il nostro Salvatore per guarirci da questa pericolosa malattia e da questo vizio? Egli è nato, fratelli miei, nella sofferenza, nelle lacrime e nelle mortificazioni: nasce durante la notte, nella stagione più rigorosa dell’anno. Appena nato, giace su un pugno di paglia e in una povera stalla completamente aperta. Ah! uomo sensuale, avido, impudico, entra in questo abisso di miseria e vedrai cosa fa un Dio per guarirti. Credetemi, fratelli miei, è là il vostro Dio, il vostro Salvatore, il vostro tenero Redentore? Sì, direte. Ma, se lo credete, dovete pure imitarlo. Ahimè! Quanto la nostra vita è lontana dalla sua! Ahimè! Vedete, fratelli miei, Egli soffre e voi non volete soffrire nulla! Egli si sacrifica per la vostra salvezza e voi non volete fare nulla per guadagnarla. Ahimè! Come vi comportate nel suo servizio (religioso)? Tutto vi scoraggia, tutto vi dà fastidio; appena si vedono fare le vostre Pasque; le vostre preghiere sono o manchevoli, o mal fatte; appena vi si vede assistere ai santi Uffici, ancora, fratelli miei, come vi comportate? Ah! le lacrime, le sofferenze di questo divin Bambinello, sono per voi terribili minacce. Guai a voi! Ah! Guai a voi che ora ridete, perché verrà un giorno in cui verserete lacrime; e queste lacrime saranno tanto più intense in quanto non si prosciugheranno mai. Il regno dei cieli – ci dice – subisce violenza; esso non è che per coloro che la fanno continuamente a se stessi. Felici – dice questo tenero Salvatore – felici quelli che piangono in questo mondo, perché un giorno saranno consolati. Chiunque prende Gesù Cristo come modello, dalla sua culla alla croce, è beato! Infatti ha di che incoraggiarsi! Ha qualcosa da imitare! Che armi potenti per respingere il demonio! Diciamo meglio: la vita dell’imitazione di Gesù Cristo è una vita da santo. – La storia ce ne fornisce un buon esempio; qui vediamo che una vedova che possedeva pochi beni, ma virtù e zelo per la salvezza dei suoi figli, aveva una figlia di dieci anni di nome Dorothea. Questa bambina era vivace, e incline alla dissipazione; la madre temeva che questa bambina potesse perdersi con i suoi piccoli compagni; la mise in una pensione con una maestra virtuosa per addestrarla alla virtù. Ella fece mirabili progressi nella sua pietà e tenne nel cuore tutti i buoni consigli che le aveva dato la sua maestra; ma soprattutto si proponeva Gesù Cristo come modello in tutte le sue perfezioni. Quando è stata restituita a sua madre, ella è stata l’esempio e la consolazione di tutta la sua famiglia. Non si lamentava mai di nulla, era paziente, gentile, ubbidiente, sempre serena, con uguale umore nel suo lavoro e nelle croci che le venivano incontro, casta, ostile ad ogni vanità, rispettosa di tutti, ben disposta verso tutti, sia nel linguaggio che nell’amor di servizio, sempre unita a Dio. Tale condotta la rese presto oggetto di stima per l’intera parrocchia; ma, come al solito, i falsi saggi che sono ciechi e orgogliosi, ne erano arrabbiati perché, senza saperlo, essi non sono virtuosi e saggi se non perché tutti li stimano tali; essi non possono soffrirne degli altri, per timore che non si faccia più attenzione a loro e che tutta la stima gli sia tolta. Questo è quello che è successo a questa ragazza. Alcuni compagni invidiosi si studiarono di offuscare la sua reputazione, chiamandola ipocrita e falsa devota. Ma Dorothea accettò tutto questo senza lamentarsi; lo subì per amore di Gesù Cristo e non mancò mai di amare coloro che la calunniarono. Ma la sua innocenza era nota e tutti ne avevano ancora più stima. Il curato della parrocchia, ammirando in lei i felici effetti della grazia ed il frutto che questa ragazza portava tra coloro che la frequentavano, le disse un giorno: « Dorothea, ti prego di dirmi in confidenza, come vivi, come ti comporti con i tuoi compagni? » – « Signore – rispose lei – mi sembra che io non faccia che molto poco rispetto a quello che dovrei fare. Mi sono sempre ricordata di un avviso che la mia maestra mi ha dato quando avevo solo dodici anni. Mi ha ripetuto molte volte di propormi Gesù Cristo come modello in tutte le mie azioni e in tutte le mie traversie. Questo è quello che ho cercato di fare. Ecco come lo faccio: quando mi sveglio e mi alzo, rappresento il Bambino Gesù che, al risveglio, si è offerto a Dio suo Padre in Sacrificio; per imitarlo, mi offro in sacrificio a Dio, dedicando la mia giornata a Lui, con tutte le mie fatiche e tutti i miei pensieri. Quando prego, immagino che Gesù preghi suo Padre nel giardino degli Ulivi a faccia in giù, e nel mio cuore, mi unisco a questa disposizione divina. Quando lavoro, penso che Gesù Cristo, così stanco, lavora per la mia salvezza e, lungi dal lamentarmi, unisco con amore e rassegnazione le mie opere alle sue. Quando mi viene comandato qualcosa, mi immagino Gesù Cristo sottomesso, obbediente alla Beata Vergine e a San Giuseppe, e in quel momento unisco la mia obbedienza alla sua. Se mi viene ordinato qualcosa di duro e doloroso, penso immediatamente che Gesù Cristo si sottomise alla morte della croce per salvarci; quindi accetto con tutto il cuore tutto ciò che mi viene comandato, per quanto difficile possa essere. Se uno parla di me, se mi dice durezze e insulti, non rispondo a nulla, soffro pazientemente, ricordando che Gesù Cristo ha sofferto in silenzio e senza lamentarsi delle umiliazioni, delle calunnie, i tormenti e gli obbrobri più crudeli; io penso allora che Gesù fosse innocente e non meritasse ciò che gli si faceva soffrire al posto mio, che sono una peccatrice, e merito più di quanto possa io mai soffrire. Quando prendo i miei pasti, immagino Gesù che prende i suoi con modestia e frugalità per lavorare alla gloria di suo Padre; se mangio qualcosa di disgustoso, penso immediatamente al fiele che Gesù Cristo ha assaggiato sulla croce, e gli faccio il sacrificio della mia sensualità. Quando ho fame o non ho abbastanza da mangiare, non smetto di essere felice, ricordando che Gesù Cristo ha trascorso quaranta giorni e quaranta notti, ed ha sofferto una fame crudele per amore mio e per espiare le intemperanze degli uomini. Quando prendo qualche momento di svago, quando parlo con qualcuno, immagino quanto fosse dolce e gentile Gesù Cristo con tutti. Se ascolto cattivi discorsi o vedo commettere qualche peccato, chiedo immediatamente a Dio perdono, rappresentandomi quanto Gesù Cristo avesse il cuore trafitto dal dolore nel vedere suo Padre offeso. Quando penso agli innumerevoli peccati commessi nel mondo, quanto Dio sia oltraggiato sulla terra, gemo, sospirando; io mi unisco alle disposizioni di Gesù Cristo, che diceva a suo Padre, parlando dell’uomo: « Ah! Padre, il mondo non ti conosce. » Quando vado a confessarmi, immagino che Gesù pianga i miei peccati nel Giardino degli Ulivi e sulla croce. Se frequento la Santa Messa, unisco immediatamente la mia mente e il mio cuore alle sante intenzioni di Gesù, che si sacrifica sull’altare per la gloria di suo Padre, per l’espiazione dei peccati degli uomini e per la salvezza di tutti. Quando sento cantare qualche cantico o ascolto le lodi di Dio, mi rallegro in Dio, mi rappresento questo glorioso cantico e la felice serata che Gesù Cristo trascorse con i suoi Apostoli dopo l’istituzione dell’adorabile Sacramento. Quando vado a riposarmi, immagino Gesù Cristo che vada a riposarsi unicamente per prendere nuova forza per la gloria di suo Padre, o immagino pure che il mio letto sia molto diverso dalla croce sulla quale Gesù Cristo si coricò come un agnello, offrendo a Dio il suo spirito e la sua vita; poi mi addormento dicendo queste parole di Gesù Cristo sulla croce: « Padre, metto il mio spirito nelle vostre mani. » Il curato, non potendo trattenersi dall’ammirare tanta luce in una giovane ragazza del villaggio, le disse: « Oh, Dorothea, quanto siete beata, e quante consolazioni avete nel vostro stato! » – « È vero che ho delle consolazioni al servizio di Dio; ma devo confessare che ho molte battaglie da sostenere: devo fare grandi violenze, sopportare le beffe di coloro che mi deridono e superare le mie passioni, che sono molto vivaci. Se il buon Dio mi fa delle grazie, permette anche che abbia molte tentazioni. A volte sono nel dolore; a volte, il disgusto per la preghiera mi travolge. « Che cosa fai – le dice il curato – per superare la tua ripugnanza e le tue tentazioni? « Quando sono – gli dice ella – nelle torture dello spirito, mi rappresento il Salvatore nel Giardino degli Ulivi, abbattuto, torturato e afflitto fino alla morte; oppure me lo rappresento abbandonato e senza consolazione sulla croce, e, unendomi a Lui, dico subito queste parole che Egli stesso pronunciò nel giardino degli ulivi: « Mio Dio, sia fatta la vostra volontà ». Per quanto riguarda le mie tentazioni, quando provo una certa attrazione per entrare in certe compagnie, nelle veglie, nelle danze e nei divertimenti pericolosi, o quando ho delle tentazioni violente per acconsentire a qualche peccato, immagino a me stesso Gesù-Cristo che mi dice queste parole: Eh! come, figlia mia, mi vuoi lasciare, per darti al mondo e ai suoi piaceri? Vuoi riprendere il tuo cuore per donarlo alla vanità e al diavolo? Non ci sono già abbastanza persone che mi offendono? Vuoi metterti dalla loro parte e abbandonare il mio servizio? Immediatamente, gli rispondo dal profondo del mio cuore: « No, mio Dio, non ti abbandonerò mai, ti sarò fedele fino alla morte! Dove andrò, Signore lasciandoti? Tu solo hai parole di vita eterna! » Queste parole mi riempiono sul momento di forza e di coraggio. « Nelle conversazioni che hai con i tuoi compagni – le dice il curato – di cosa parlate? » – « Io parlo loro delle stesse cose di cui mi sono presa la libertà di parlarvi, dico loro di proporre Gesù Cristo come modello di tutte le loro azioni, da ricordare nelle loro preghiere, nei loro pasti, nel loro lavoro, nelle conversazioni, nei dolori della vita, di agire nel modo in cui Gesù Cristo si sarebbe comportato in queste occasioni, e sempre unendosi alle sue intenzioni divine; dico loro che sto usando questa santa pratica e che la trovo buona, che non c’è niente di più grande e nobile del voler seguire e imitare Gesù Cristo, e che non c’è niente di più grande e di più nobile che servire un Maestro così buono. » – Oh! beata l’anima, fratelli miei, che ha preso Gesù Cristo come sua guida, suo modello prediletto. Quante grazie, quante consolazioni che non si provano mai a servizio del mondo! Ecco, fratelli miei, le consolazioni che avreste se voleste darvi la pena di educare bene i vostri figli ed ispirar loro, non la vanità e l’amore dei piaceri del mondo, ma di prendere Gesù Cristo come modello in tutto ciò che fanno. Oh! che lumi felici! Oh! I genitori amati da Dio!
II. – Sì, fratelli miei, non è solo per riscattarci che Gesù Cristo è venuto, ma anche per servirci da esempio, ci dice: « Sono venuto per cercare e salvare ciò che era perduto; » E in un altro posto dice: « Io vi ho dato l’esempio, in modo che facciate quello che vedete che Io faccio. » Quando San Giovanni battezzò Gesù Cristo nel Giordano, sentì l’eterno Padre dire: « Ecco, questi è il Figlio mio diletto, ascoltatelo. » Egli vuole che ascoltiamo le sue parole e che imitiamo le sue virtù. Egli non le ha praticati se non per mostrarci cosa dovessimo fare noi. Poiché i Cristiani sono figli di Dio, devono seguire le orme del loro Maestro, che è Gesù Cristo stesso. Sant’Agostino ci dice che un Cristiano che non vuole imitare Gesù Cristo non merita di essere chiamato Cristiano. Ci dice in un altro luogo: « … l’uomo è creato per imitare Gesù Cristo, che si è fatto uomo per rendersi visibile e perché potessimo imitarlo. Nel giorno del Giudizio, noi saremo esaminati nel vedere se la nostra vita sia stata conforme a quella di Gesù Cristo dalla nascita alla morte. Tutti i Santi che entrarono in Paradiso vi entrarono solo perché hanno imitato Gesù Cristo. Un buon Cristiano deve imitare la sua carità, che è una virtù che ci porta ad amare Dio con tutto il nostro cuore ed il prossimo come noi stessi. Gesù Cristo amò suo Padre dal momento del concepimento fino alla morte, dicendo: Io faccio sempre ciò che piace al Padre mio. Egli non si è accontentato di dirlo, ma ha dato la propria vita per riparare gli oltraggi che il peccato gli aveva fatto. Ama il suo prossimo, non solo come se stesso, ma più di se stesso, poiché ha dato il suo sangue e la sua vita per trarci fuori dall’inferno. Dobbiamo, come Gesù Cristo, amare il buon Dio con tutto il nostro cuore; preferirlo a tutto, non amare nulla se non in relazione a Lui. Dobbiamo amare il nostro prossimo come noi stessi, vale a dire, con il fargli tutto ciò che noi vorremmo fosse fatto a noi stessi, facendo tutto ciò che dipende da noi per aiutarlo a salvare la sua povera anima. – In secondo luogo, dobbiamo imitare la sua povertà e il suo distacco dalle cose della vita. Vedete, fratelli miei, come Egli è nato povero, ha vissuto povero ed è morto povero, poiché prima di morire ha permesso che gli fossero strappare tutti i suoi vestiti. Durante la sua vita non ha mai avuto nulla di suo in particolare. Ah! un bell’esempio di disprezzo per le cose della terra! – In terzo luogo, noi dobbiamo imitare la sua dolcezza. Egli ci dice: « Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore. San Bernardo ci dice che Egli possiede la dolcezza nel suo nome che è quello di Gesù. Quando gli Apostoli volevano mandare il fuoco dal cielo in una città della Samaria, che non aveva voluto ricevere il Salvatore: « volete – gli dissero i suoi discepoli – che diciamo al fuoco del cielo di scendere su questa città? » Nostro Signore rispose loro: « Voi non sapete cosa state chiedendo; il Figlio dell’uomo non è venuto sulla terra per perdere anime, ma per salvarle. » Imitiamo la sua dolcezza verso Dio, ricevendo dolcemente tutto ciò che viene da Lui, i pene, dolori ed altri mali. Cerchiamo di essere buoni verso il nostro prossimo, non lasciamoci andare alla collera contro di lui; ma trattiamolo con gentilezza, con carità. Cerchiamo di essere così gentili anche con noi stessi; non agiamo mai per capriccio o per rabbia; se cadiamo in qualche errore, non dobbiamo prendercela con noi stessi; ma umiliarci profondamente davanti a Dio e, senza molto tormentarci, continuare le nostre pratiche religiose. Beati – dice Gesù Cristo – sono coloro che hanno un cuore dolce perché possederanno la terra, cioè il cuore degli uomini. – In quarto luogo, dobbiamo imitare la sua umiltà. Egli ci dice: « Imparate da me che sono umile di cuore. » La sua umiltà è stata così grande che, sebbene fosse il Re di tutti, volle essere l’ultimo di tutti gli uomini! Guardate quanto pratichi l’umiltà, nascendo in una stalla, abbandonato da tutti. Egli ha voluto essere circonciso, cioè, farsi considerare un peccatore, Lui che era la santità stessa, incapace di giammai peccare; Egli ha sofferto quando lo si chiamava stregone, indemoniato, seduttore; ha sempre nascosto ciò che poteva farlo stimare agli occhi degli uomini. Ha voluto lavare i piedi ai suoi Apostoli e persino al traditore Giuda, sebbene sapesse bene che doveva tradirlo; infine, Egli ha voluto essere venduto come un vile schiavo, trascinato con la corda al collo per le strade di Gerusalemme, come se fosse stato il più criminale del mondo. Cercate, fratelli miei, di imitare la sua grande umiltà nascondendo il bene che fate, soffrendo pazientemente gli insulti, il disprezzo e tutte le persecuzioni che possono essere portate contro di voi, sull’esempio di Gesù Cristo. – Noi dobbiamo ancora imitare la sua pazienza. Egli è stato paziente rimanendo rinchiuso nove mesi nel seno di sua madre, Egli che il cielo e la terra non possono contenere. Qual pazienza nel conversare con gli uomini, molti dei quali erano induriti e carichi di crimini. Quale pazienza durante tutta la sua passione! Lo si prende, lo si lega, lo ricoprono di piaghe, lo flagellano, lo attaccano alla croce, lo si fa morire, senza che abbia detto una sola parola per lamentarsi. Imitiamo, fratelli miei, questa pazienza quando siamo disprezzati e perseguitati ingiustamente. Imitiamo ancora la sua preghiera. Egli ha pregato versando lacrime di sangue. Ah! Fratelli miei, che felicità per noi la nascita di questo divin Salvatore! Noi dobbiamo solo seguire le sue orme; dobbiamo solo fare quello che ha fatto Egli stesso. Che gloria per dei Cristiani avere in Gesù Cristo un modello di tutte le virtù che dobbiamo praticare, per compiacerlo e salvare le nostre anime! Padri e madri addestrate i vostri figli su questo bellissimo modello, proponete loro spesso le virtù di Gesù Cristo come esempio. Felice notizia, che dal cielo ci porta l’Angelo nella persona dei pastori, poiché con essa abbiamo tutto: il cielo, la salvezza della nostra anima e il nostro Dio. È ciò che io vi auguro …
Credo
https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo
Offertorium
Orémus
Ps LXXXVIII: 12; 15
Tui sunt cœli et tua est terra: orbem terrárum et plenitúdinem ejus tu fundásti: justítia et judícium præparátio sedis tuæ. [Tuoi sono i cieli, e tua è la terra: tu hai fondato il mondo e quanto vi si contiene: giustizia ed equità sono le basi del tuo trono.]
Secreta
Obláta, Dómine, múnera, nova Unigéniti tui Nativitáte sanctífica: nosque a peccatórum nostrórum máculis emúnda. [Santifica, o Signore, con la nuova nascita del tuo Unigénito, i doni offerti, e puríficaci dalle macchie dei nostri peccati]
Comunione spirituale https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/
Communio
Ps XCVII:3
Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri. [Tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio.]
Postcommunio
Orémus.
Præsta, quǽsumus, omnípotens Deus: ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínæ nobis generatiónis est auctor; ita et immortalitátis sit ipse largítor: [Fa, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che il Salvatore del mondo, oggi nato, come è l’autore della nostra divina rigenerazione, così ci sia anche datore dell’immortalità.]
Preghiere leonine https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/
Ordinario della Messa https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/