SANTA MARGHERITA M. ALACOQUE

Santa Margherita Maria Alacoque.

La discepola del Sacro Cuore.

Si manseritis in sermone… discipuli mei eritis.

(Giov., VIII, 31).

[G. Lardone: “Fra gli astri della Santità Cattolica“; S.E.I. ediz. Torino 1928]

Il Maestro Divino, volendo che la fiamma di carità si diffondesse per tutta la terra e ardesse fino alla fine dei secoli si elesse dei cooperatori che inviò all’evangelizzazione del mondo. Ecco dapprima gli Apostoli che chiamò dal campo e dal lago, che istruì con particolari attenzioni, ed ai quali conferì i poteri di battezzare, di insegnare, di perdonare. Ed ecco ancora i discepoli che raccolse da ogni condizione sociale, che volle uditori dei suoi discorsi e testimoni dei suoi miracoli ed inviò ad evangelizzare ed operare prodigi nelle contrade cui diveniva insufficiente il ministero apostolico. Dal numero dei discepoli fu assunto il successore di Giuda… furono eletti i primi diaconi… e fu precisamente un nucleo di discepoli che ad Antiochia diede origine al nome “cristiano” (Atti, X I , 26). Attendevano al discepolato non solo uomini e giovani, ma ancora quelle sante donne, reclutate per la maggior parte in Galilea, che accorsero a Gesù, lo servirono nelle sue peregrinazioni ed ebbero la forza di salire con Lui al Calvario. Mirabile stuolo questo, che emerge con un’aureola luminosa, tra le figure della Redenzione, e ci prova fino a qual punto nel cuore muliebre può grandeggiare la fiamma dell’amore: mirabile stuolo che per fortuna non è scomparso più mai dalla Chiesa di Dio! Quante discepole hanno coadiuvato gli Apostoli! A quante San Paolo faceva pervenire le sue lodi ed i suoi saluti! Quante hanno assistito i martiri, i pontefici, i confessori, i santi! Di quante il Cuore adorabile di Gesù si servì per le più alte missioni in mezzo alla cristianità! Noi celebriamo oggi appunto la solennità di una di queste discepole… di S. Margherita Maria Alacoque, l’umile visitandina di Paray le Monial, la quale, assunta all’onore del discepolato di Cristo, ebbe una sua specifica missione, quella di dare impulso decisivo alla devozione verso il S. Cuore di Gesù. Guardiamo a questa discepola dell’amore: troveremo nella di lei vita tre fasi ben distinte che potremo definire: 1° la vocazione all’amore, 2° le rivelazioni dell’amore, 3° lo zelo per la diffusione per l’amore. Se la discepola del S. Cuore doveva svolgere nella Chiesa una missione provvidenziale era conveniente che Gesù la preparasse al grande compito come un giorno aveva preparato i discepoli del Vangelo. E la preparazione si svolse dapprima nel tepido nido d’una famiglia cristiana della media borghesia del secolo XVII. Quinta tra i figli di Claudio Alacoque, giudice ordinario di Terran e Verosvres, e di Filiberta Lamin, nacque a Lautecour in Borgogna, il 22 luglio 1647. Essendo una preordinata dalla grazia non è a stupire che i favori celesti venissero ben presto ad adornarne l’anima eletta: tanto che ella poteva esclamare più tardi: « Oh mio unico amore, quanto vi devo essere grata d’avermi prevenuta fin dalla mia infanzia, rendendovi padrone e signore del mio cuore, sebbene sapeste quanta resistenza vi avrebbe fatto. Appena seppi conoscere me stessa Voi mostraste all’anima mia la bruttezza del peccato, il che mi impresse tanto orrore da rendermi tormento insopportabile ogni minima macchia » (Vita e opere, tom. II, p. 29). – Per quanto di carattere vivace reprimeva di botto nell’infanzia ogni scatto appena le si diceva che avrebbe offeso il Signore: e, quasi divinando la bellezza della castità si sentiva continuamente spinta a dire, pur senza comprenderle appieno, queste parole: « Oh mio Dio, vi consacro la mia purità, vi fo voto di perpetua castità » (ivi, p. 30). Altra caratteristica della sua infanzia fu l’amore al patimento ed alla solitudine. Naturalmente portata al piacere trovava la forza di vincersi con l’esercizio della mortificazione, per esempio, stando nel freddo e con le ginocchia nude sul pavimento per tutta la Messa. Amava ritirarsi in un boschetto di querce posto a duecento metri dalla casa d’onde poteva scorgere la piccola chiesa di Verosvres, e subiva, senz’avvedersene, il fascino di quella placida natura che ritrovava pure al castello di Corcheval, quando vi dimorava con la madrina, Signora di Fautrières. Il dolore, questa voce provvidenziale con cui l’amante Divino scende alle predilette, venne ben presto ad abbattersi sopra di lei. Non aveva che otto anni e mezzo quando una malattia di petto le rapì, in pochi giorni, il padre integro e probo, uno di quei cristiani antichi che aveva voluto segnare con la croce tutti i suoi atti di notaio: e non potendo la madre provvedere all’educazione di tutta la famigliola, Margherita fu posta nell’istituto delle religiose Urbaniste di Charolles dove imparò ben presto a leggere e a scrivere e venne ammessa alla prima Comunione. « Questa Comunione, scrisse poi, (ivi, pag. 30) cosparse di tanta amarezza per me i piaceri ed i divertimenti, che non potevo più gustarne nessuno ». – Era già posseduta dallo Spirito divino, il quale però doveva ancora farla passare per molti crogiuoli. Appena undicenne fu colpita da una malattia non ben determinata, reuma o paralisi, che la tenne per circa quattro anni stesa su un letto di dolori: non poteva camminare né muovere le membra, ed il suo corpicciuolo smagrito pareva un scheletro. Ci volle una promessa alla Vergine per guarire da quel male: poiché appena fatto il voto di consacrarsi a Maria, Margherita ricuperò la salute. Ai dolori fisici successe in lei, quattordicenne, una crisi morale che la portò ad amare soverchiamente la libertà e la dissipazione, al punto che in tempo di carnevale, insieme con altre ragazze, si mascherò per vana compiacenza (ivi, 38): ma ritenne di poi questo fatto come una gran colpa e la pianse per tutta la vita. Anche le persecuzioni non le dovevano mancare, e tanto più dolorose in quanto le provenivano dai parenti, i Delaroches i quali avevano preso a governare i poderi ed a comandare in casa della vedova Alacoque, e contro di cui non potevano reagire, né sua madre sovente inferma, né ella stessa così giovane e di carattere così timido, né i suoi due fratelli, i quali, vivendo fuori di famiglia, non erano al corrente delle persecuzioni domestiche. Quanto penava la santa fanciulla nel non poter sollevare la madre inferma per causa dell’indifferenza e dell’avarizia dei suoi interessati tutori! Ma il buon Dio la sosteneva dandole una conformità perfetta con i suoi supremi voleri. Così questa fanciulla tra i sedici e i diciassette anni si sentiva sempre più attratta verso il suo Gesù: amava l’orazione, e nella preghiera trovava luce e conforto: domandava con incantevole semplicità al Signore di istruirla nelle sue vie, e, nei momenti di maggior dolore si rifugiava presso al Tabernacolo d’onde Gesù spargeva nel suo cuore le gioie più dolci e l’incanto più soave. Tre grandi desideri le agitavano oramai l’anima ardente: il desiderio di unirsi sempre più a Dio con l’orazione, il desiderio di soffrire, ed il desiderio di comunicarsi. Era Gesù che li aveva deposti nel cuore di lei, mentre stava per trasportare la tenera sposa nei tabernacoli santi. – Maturava difatti la vocazione religiosa, ma sempre attraverso spine dolorosissime. Per sottrarsi alla servitù dei Delaroches, sua madre, dopo la morte del fratello Giovanni (1663) rapitole a soli 23 anni, proponeva a Margherita diversi ottimi partiti di matrimonio, e la scongiurava di accettare o l’uno o l’altro. Memore della promessa fatta alla Vergine, la giovane è incerta se ascoltare la madre o seguire le chiamate dello Sposo, finché la grazia divina operava in lei e le dava il coraggio di eleggere la vita religiosa. A nulla valsero le presentazioni di nuovi pretendenti, a nulla le nuove persecuzioni dei Delaroches, a nulla le opposizioni del fratello Cristoforo divenuto per il matrimonio capo della famiglia, a nulla le incomprensioni del padrino Antonio Alacoque, curato di Verosvres. Con le moltiplicate penitenze, con l’accettare dalle mani del Signore una nuova malattia, ricevendo con fervore la S. Cresima a ventidue anni, ella sapeva sostenere la fiera lotta per la vocazione contrastata. – Finalmente un’occasione propizia spuntò: un religioso Francescano fu a Verosvres a predicare il Giubileo concesso nel 1670 da Papa Clemente X. A Lui Margherita aprì il suo cuore ed il religioso si interpose presso il fratello e le ottenne il permesso di abbracciare la vita religiosa. Elesse la Visitazione e fra i monasteri quello di Paray-le-Monial nel quale fece ingresso il 20 giugno 1671. Fu allora che una letizia soprannaturale la inondò di tale e tanta felicità, che ella appena posto piede nel chiostro esclamò: « È qui che Dio mi vuole » (ivi, pag. 54). – Nel monastero si sentì subito perfettamente a suo agio: ansiosa di possedere il segreto della scienza divina, esperimentò ben presto che lo Sposo celeste voleva riprodurre in lei l’immagine della sua vita in terra. Pertanto la purificò da ogni macchia, da ogni inclinazione per le creature e le infuse tale fervore che formava l’ammirazione delle altre religiose. – Vestita il 25 agosto 1671, non fu ammessa a pronunciare i voti che il 6 novembre 1672. Ma fin dal noviziato frequenti erano le comunicazioni dirette con cui Gesù se le manifestava, per guidarla ne le più ardue vie della perfezione. Fu anzi Gesù che le disse allo spirare dell’anno di noviziato: « Di’ alla tua Superiora che non vi è nulla a temere nell’ammetterti: che rispondo Io per te, e se lei mi reputa solvibile Io mi rendo tua cauzione (ivi, pag. 60). – Alla sera della professione, rientrata nella sua celletta e riandando le gioie della giornata, rilesse ancora una volta il foglio su cui aveva scritto le sue risoluzioni, parte delle quali vennero vergate col sangue; e che terminavano: « Io sono sempre del mio Diletto, sua schiava, sua serva, e sua creatura, poiché Egli è tutto mio: e sono la sua indegna sposa, Suor Margherita Maria, morta al mondo. – Tutto di Dio e niente mio: tutto a Dio e niente a me: tutto per Dio e niente per me » (ivi, p. 188). Come rispondeva bene alla chiamata divina e come era progredita già alla scuola del Maestro che le parlava all’anima e la predisponeva alle sublimi rivelazioni dell’amore.

— LE RIVELAZIONI DELL’AMORE.

Seguiamo la discepola nell’arca santa. Vi prova subito le pure gioie che le provengono dal contatto con lo Sposo: ma esse passano rapide per cedere anche qui il posto a dolori cocenti. Il Maestro prende possesso di tutto il suo essere, ma non lo fa che per distenderla sulla croce. Eccola deputata all’infermeria: ma posta a lato dell’infermiera ufficiale, Suor Caterina Agostina Marest, carattere impetuoso e faccendiero, Dio solo sa quanto Suor Margherita dovette soffrire. Eppure ella amò quelle sofferenze: specialmente quando Gesù sua guida perenne, le domandò se fosse contenta di soffrire tutte le pene meritate per i peccati suoi e per le consorelle. Gesù l’assicura che è ben padrone di darle i suoi doni in abbondanza ma, siccome le Superiore e le consorelle se ne allarmano, le impone di non far nulla di quanto le comanda senza il voluto consenso. Per unirsi sempre più a Lui, ella ha gran desiderio della comunione tanto che scrive: « Se pure dovessi camminare sopra il fuoco a piedi nudi, mi sembra che questa pena non mi costerebbe niente in confronto della privazione di questo bene (ivi, p. 149 e 134). – È così che va bene innanzi in quelle che i mistici chiamano “grazie di unione”. La vigilia di un giorno di comunione ella domandò a Nostro Signore di unire il proprio cuore al suo Cuore divino, senza però comprendere appieno in qual maniera quell’unione si potesse effettuare e come il niente potesse unirsi all’Essere. Allora « nella parte più sottile ed alta dell’intelletto » ella vide il Cuore di Dio fatto uomo più risplendente del sole e d’una grandezza infinita. Un piccolissimo punto nero pareva fare ogni sforzo per avvicinarsi a quella luce affascinante ed entrarvi, ma senza potervi giungere. Allora il Cuore divino lo attirava Egli stesso a sé, e, mentre quell’atomo oscuro tutto s’illuminava al contatto radioso, la Santa udiva queste parole: « Inabissati nella mia grandezza e bada a non uscirne mai, perché se ne uscirai non ne entrerai più » (ivi, pag. 129). Se questi ed altri favori, rinnovandosi ogni giorno, mettevano in apprensione le Superiore, specialmente la madre di Saumaise, disponevano la discepola del Sacro Cuore a rendersi sempre più idonea a ricevere le grandi rivelazioni che oramai stavano per incominciare. Esse non dovevano manifestarsi che a poco a poco. – Negli anni 1672 e 1673 si svolge per la santa un’alba lenta e calma: dapprima è un accenno ripetuto alla piaga del costato: « Ecco la piaga del mio costato, per farvi tua dimora attuale e perpetua » (Vita ed opere, tom. I, p. 70): poi sono alcune rappresentazioni allegoriche del Sacro Cuore di cui si accenna agli abissi, che è paragonato al libro della vita, che è detto ferito dai peccati degli uomini. – Nel 1674 e 1675 invece è il gran giorno, in cui Gesù rivela alla diletta l’amore del suo Cuore per gli uomini in generale e per lei in particolare, e gli atti determinati che richiede in riconoscenza di tanto amore. Fu nel coro delle religiose, in ginocchio dietro la grata, d’innanzi al SS. Sacramento esposto che Suor Margherita Maria vide per la prima volta (27 dicembre 1672 ovv. 1673?) N . Signore scoprire le meraviglie del suo Cuore adorabile. Lo racconta la nostra in una mirabile pagina autobiografica… « Essendo io d’innanzi al SS. Sacramento, perché avevo trovato un po’ di tempo libero… mi trovai tutta investita da quella divina presenza, ma tanto fortemente che dimenticai me stessa e il luogo ove stavo e mi abbandonai a quello spirito divino, lasciando il mio cuore in balìa alla forza del suo amore. Egli mi fece riposare a lungo sul suo petto ove mi svelò le meraviglie dell’amore e i segreti inesplicabili del cuore che mi aveva tenuti occulti fino a quel momento, in cui lo scoprii per la prima volta. Ma fu in modo così reale e sensibile da non lasciarvi luogo ad alcun dubbio per gli effetti che questa grazia produsse in me che pure temo sempre di ingannarmi circa le cose che dico avvenire in me. Ed ecco come mi sembra sia andata la cosa. Egli mi disse: Il mio cuore è così appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare che non potendo più contenere in sé le fiamme della sua ardente carità, è mestieri che le espanda per mezzo tuo, e si manifesti loro, per arricchirli dei preziosi tesori che Io ti scopro e che contengono le grazie santificanti e salutari necessarie per ritrarli dall’abisso di perdizione: e ti scelgo come un abisso di indegnità e di ignoranza per il compimento di così grande disegno, affinché tutto sia fatto da me ». Poi, dopo averle richiesto il cuore per deporlo nel suo Cuore adorabile, conchiuse: « E per prova che la grazia a te fatta or ora non è una immaginazione ed è fondamento di quelle che ancora devo farti, sebbene ti abbia rimarginata la piaga del costato, il dolore vi ti resterà per sempre; e, se finora tu hai preso soltanto il nome di mia schiava, ti dò ora quello di discepola diretta del mio Cuore » (ivi, tom. II, pag. 70). – Il Maestro dava in tal modo una prova autentica del proprio intervento e le forniva il mezzo per provarlo alle Superiore ed a coloro che in seguito avrebbero dovuto dare il loro giudizio autorevole. Ma non si fermò qui. – Ogni primo venerdì del mese le si mostrava a guisa di un sole splendente i cui raggi cadevano sul di lei cuore e tutto l’essere sembrava ridursele in cenere. Di due di quelle manifestazioni ella serbò particolare ricordo. « Un giorno, racconta, questo divin Cuore mi fu rappresentato in un trono di fiamme più raggiante di un sole e trasparente come il cristallo, con quella sua piaga adorabile, cinto di una corona di spine che significavan le punture fattegli dai nostri peccati; e al di sopra una croce che significava il dolore e il disprezzo che ebbe a sostenere in tutto il corso della vita e della sua santa passione. (Lett. al P. Croiset – Vita ed op., tom. II, pag. 587). – Altra volta: « Essendo esposto il SS. Sacramento dopo essermi sentita tutta concentrata nel mio interno mediante un raccoglimento straordinario dei miei sensi e delle mie potenze, Gesù Cristo, mio dolce Maestro, si presentò a me tutto folgorante di gloria, con le cinque piaghe splendenti come cinque soli, e dalla sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma sopratutto dal suo petto adorabile che pareva una fornace: e questo essendosi aperto, mi scoprì il suo tutto amante ed adorabile Cuore che era la sorgente viva di quelle fiamme (Vita ed opere, tom. II, pag. 71). La più celebre rivelazione si fissa ordinariamente al 21 giugno 1675 ( HAMON, Vita). Così la racconta la Santa nella lettera scritta per ordine del P. De la Colombière. « Trovandomi d’innanzi al SS. Sacramento in uno dei giorni dell’ottava di sua festa, ricevetti dal mio Dio straordinarie prove dell’amor suo e provai desiderio di corrispondergli in qualche modo e di rendergli amore per amore. Ed Egli mi disse: Tu non mi puoi rendere maggiore contraccambio che con fare ciò che tante volte ti ho chiesto. Poi, scoprendosi il divin Cuore: Ecco, proseguì, quel Cuore che ha amato tanto gli uomini e che nulla ha risparmiato (per convincerli del suo amore) fino a struggersi e consumarsi per loro amore: ma per ricompensa non riceve dalla maggior parte (degli uomini) che ingratitudini per le loro irriverenze e i loro sacrilegi e per le freddezze e i disprezzi che essi hanno per me in questo Sacramento d’amore. E ciò che mi è ancor più sensibile, si è che sono gli stessi cuori a me consacrati che così mi trattano… Perciò Io ti domando che il primo venerdì dopo l’ottava del SS. Sacramento sia dedicato ad una festa particolare ad onore del mio Cuore, facendo in quel giorno la Comunione ed offrendogli una riparazione d’onore con un’ammenda onorevole per riparare gli oltraggi ricevuti mentre è esposto sugli altari ». Ecco la luce piena: alla manifestazione diretta del suo Cuore carneo e al lamento delle sconoscenze degli uomini, Gesù unisce il mandato di diffondere la devozione al suo Cuore e di riparare con una festa liturgica apposita da istituirsi tra l’ottava del Corpus Domini. La discepola è perfettamente illustrata nello spirito ed ardente nel cuore per attendere alla nobile missione di far conoscere e far amare l’amore.

— ZELO PER LA DIFFUSIONE DELL’AMORE.

Di quali mezzi ella potrà disporre? È ancora il Cuore divino che li fornisce, prendendoli sempre dalla sua croce. Le rivelazioni dell’amore sono contrariate per ben quindici anni nel monastero di Paray-le-Monial, e per più di un secolo nella Chiesa di Dio: eppure Margherita Maria, può, prima di morire, avere il conforto di vedere la devozione al S. Cuore stabilita nella Visitazione e di saperla ben avviata nella cattolicità. Ma dovette passare di crogiuolo in crogiuolo. Il 16 giugno 1676 nel cuore ebbe uno schianto acerbo per la morte di sua madre che nei giorni solenni era accorsa alla Visitazione a vedervi la diletta e sempre rimpianta figliuola. Due mesi dopo il P. De la Colombière, che aveva compreso le relazioni soprannaturali tra la Visitandina e il S. Cuore, veniva inviato a Londra. Nella notte poi del 21 novembre 1677 Gesù doveva provarla col più grave sacrifìcio: ella doveva offrirsi vittima per le sue sorelle onde stornare i colpi della divina giustizia: non osa rispondere di no allo sposo, perché ben si ricorda di aver tutto accettato: indietreggia però e si trincera dietro il voto di ubbidienza… Venne la notte segnata dal 20 al 21 novembre: il domani, festa della Presentazione le monache dovevano rinnovare i voti: ma alla sera della vigilia Gesù le si manifestò con aspetto così terribile che ella ne rimase atterrita. Udì allora il divin Maestro dirle: Ti è duro ricalcitrare ai dardi della mia giustizia, ma dacché mi hai fatto tanta resistenza per evitare le umiliazioni che ti converrà sostenere per compiere quel sacrificio te le raddoppierò: prima non ti chiedevo che un sacrificio segreto, ora lo voglio pubblico e in un modo e tempo fuori d’ogni ragione umana: accompagnato da circostanze così umilianti che ti procurerà confusione per tutto il rimanente di tua vita, sia in te stessa sia d’innanzi alle creature, per farti comprendere che cosa sia resistere a Dio. (Vita, tom. II, pag. 84). – Frammischiata alle altre monache nella ricreazione della sera Margherita poté padroneggiare la sua emozione… Ma le parole udite risonavano tuttavia al suo orecchio in tutta la loro tremenda concisione: sentiva che doveva parlare proprio allora in presenza della comunità: solo la Superiora la poteva autorizzare: dunque bisognava chieder licenza: però la Madre era in camera ammalata: bisognava quindi uscir dalla sala e Suor Margherita, quasi costretta da forza superiore lasciò il luogo dell’adunanza… appena nel corridoio si fermò di botto come fuor di sé … conturbata nello spirito scoppiò in pianto… una consorella la dovette accompagnare dalla Superiora… e, finalmente, ottenuto il permesso, eccola di ritorno. Appena l’assistente chiese alle monache schierate lungo le pareti se avessero qualche osservazione da fare, Suor Margherita Maria, ancora tutta sconvolta e con gli occhi rossi di pianto, andò a inginocchiarsi in mezzo alla sala e vi compì il sacrificio lacerante. In quel silenzio solenne, terribile, ella lasciò uscire dalle sue labbra tremanti le divine minacce, soggiungendo che Dio onnipotente aveva scelto lei quale ostia pura ad espiare i falli commessi. Quale effetto produssero quelle parole? A molte suore apparirono almeno temerarie: altre le ricevettero come loro inviate dal buon Dio: ma quale dolore non causarono alla zelante Visitandina! « Non avevo mai tanto sofferto in vita mia ». D’allora fu in uno stato di annichilimento continuo: disprezzi ed umiliazioni le piovvero da ogni parte: anche la madre di Saumaise ella dovette perdere perché trasferita a Digione. La nuova superiora, madre Greyfìé udita la Santa determinò di prestare pochissima attenzione alle visioni e di non parlarne a chicchessia né in comunità né fuori: le proibì anzi l’ora di adorazione nella notte dal giovedì al venerdì. Vennero inoltre le tentazioni di spirito dolorose sopra tutte le altre; si aggiunsero quelle meno nobili ma pure angustianti di una fame e sete straordinarie. Fu allora (verso il termine del 1679) che prese la risoluzione, oltre che di attendere a grandi mortificazioni, di incidersi di nuovo sul cuore il nome di Gesù già da lei scritto un giorno a caratteri di sangue. – Quasi a compensarla di tante sofferenze, Gesù le volle offrire una prima occasione di diffondere il culto al Sacro Cuore. La madre di Saumaise era stata eletta Superiora delle Visitandine di Moulins ed appena giunta alla nuova sede, pensò di mettere alcuna delle sue figlie in relazione con Suor Margherita Maria. La Superiora antecedente, Luisa Enrichetta di Soudeilles, allora direttrice del noviziato, le scrisse poco tempo dopo: la nostra Santa rispose e la lettera fu senza dubbio il primo grido apostolico sfuggito dal suo cuore e dalla sua penna a favore della devozione al S. Cuore di Gesù. – Altre contrarietà dovevano sopraggiungere a provare ancora la grazia che era in lei: la morte del P . De la Colombière doveva nuovamente farle sanguinare il cuore: ma lo zelo attivo della discepola dell’amore non doveva più arrestarsi. Eletta nel 1684 dapprima assistente della nuova Superiora Maria Cristina Melin, e più tardi Maestra delle novizie, poté parlare liberamente al nuovo gregge della devozione al Cuore adorabile dello Sposo divino, e lo poté fare senza taccia di innovazioni, perché già gli scritti del Padre S. Francesco di Sales celebravano soavemente e magnificamente la misericordia e la tenerezza del Cuore Sacratissimo. La devozione attecchì tosto fra le novizie: per l’attitudine ostile delle anziane la Superiora proibì la Comunione del primo Venerdì: ma erano le ultime resistenze, poiché il 21 giugno 1685 poté segnare il primo trionfo del Sacro Cuore. Un altarino era eretto nel coro, proprio nel sito dove Suor Margherita Maria aveva avuto le grandi estasi del 1673 e 1674; e, circondata dai più bei fiori del giardino, una miniatura mandata da madre Greyfìé mostrava a tutti l’immagine del Cuore di Gesù chiusa in una piccola cornice dorata. Sull’altarino stesso un biglietto della Suora des Escures invitava tutte « le Spose del Signore a venire a rendere omaggio al Cuore adorabile ». Era la intronizzazione ufficiale del Cuore divino là dove Egli aveva amato svelarsi e dove tuttavia la discepola eletta aveva incontrato tante difficoltà nello svolgere la sua missione. Quale felicità per Suor Margherita Maria! Nella profonda gioia e nella sentita gratitudine pensò fosse giunto il momento di offrire allo Sposo un sacrificio che da tempo contava di fare: venne così il voto del 31 ottobre 1686 con cui si consacrò più strettamente e definitivamente al Cuore di N. S. Gesù Cristo. Tuttavia il convento di Paray era un campo troppo ristretto per lo zelo della visitandina eletta; doveva diventare il centro d’irradiazione dal quale, per le lettere della Santa la divozione doveva impiantarsi ben presto a Moulins, a Digione, a Semur, a Lione, a Parigi … Dal 1688-89 poi ella comprese appieno il mandato speciale affidato alla Visitazione per impiantare il culto del Sacro Cuore in tutta la Chiesa. È vero che una prima petizione fatta a Roma non ottenne l’esito desiderato: ma la devozione era in marcia. Il Vicario generale di Lione approva l’ufficio e la messa del S. Cuore: la discepola ha il coraggio di rivolgersi allo stesso re di Francia, il potente Luigi XIV, perché consacri al S. Cuore il suo popolo: la regina d’Inghilterra è da tempo guadagnata alla nuova devozione: e Suor Margherita Maria gioisce ad ogni passo che da il culto che le è caro e rende pubbliche le promesse che le vengono dal S. Cuore, celebre fra tutte quella che fu definita la Grande Promessa. – « È un giorno di venerdì: nella S. Comunione furono dette queste parole alla sua indegna schiava se essa non si inganna: Io ti prometto nella eccessiva misericordia del mio cuore, che il mio amore onnipotente accorderà a tutti quelli che si comunicheranno per nove primi venerdì del mese consecutivi la grazia della penitenza finale, non morendo essi in sua disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti e rendendosi Egli sicuro asilo in quell’estremo momento (Vita ed opere, tom. II, pag. 397 e seg.). Quale consolante notizia per i devoti del S. Cuore! Ma nello stesso tempo quale gloria per la santa discepola! Decorata di tanti preziosi favori spirituali ella poteva bene al 17 ottobre 1690 chiudere la sua piena giornata. Preordinata dall’amore, guidata dall’amore, in perenne contatto con l’amore del Cuore misericordioso di Gesù, ella era divenuta il principale strumento delle divine misericordie presso la povera umanità. La massima e più dolce devozione dei tempi nostri che per oltre mille anni era stata ignota agli uomini, che dal secolo XI al secolo XVII non era stata sentita che da poche anime privilegiate, dopo le apparizioni alla discepola di Paray si è diffusa a grado a grado finché l’11 giugno 1899, allorché Leone XIII gli consacrava il genere umano, il Cuore Sacratissimo prese a regnare su tutto il mondo moderno. Gloria e adorazione a Lui nei secoli dei secoli: ma ancora venerazione all’umile Santa Visitandina che ne è stata la discepola zelante.

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Perché non sappiamo anche noi entrare nell’orbita del discepolato del S. Cuore? È vero: la vita della figlia del notaio di Lautecour, della Visitandina di Paray non ha battuto un ritmo ordinario. La Santa dell’amore ha camminato nella zona delle eccezionali elevazioni della grazia ed ha rivelato ancora una volta che: Spiritus ubi vult, spirat. Ma come ha corrisposto ella alla grazia! Come ha abbracciato la sua croce e come è passata per amor dell’Amore di calvario in calvario! Se lo Sposo tanto le ha dato, ella nulla ha negato a Lui di sacrificio, di umiliazione, di rinunzia: e lo Sposo l’ha glorificata rendendola strumento idoneo per lo stabilimento della devozione del suo Cuore adorabile e cingendole la fronte dell’aureola della santità cristiana. Guardiamo dunque a lei, ricordando che se non tutti abbiamo nella Chiesa delle missioni ufficiali da compiere, tutti siamo chiamati nel numero dei discepoli dell’Amore, tutti possiamo partecipare alle rivelazioni dell’Amore, tutti dobbiamo zelare la devozione all’Amore. Varie, infinite, misteriose possono essere le vie per le quali la voce dell’alto si fa sentire al nostro cuore: innumerevoli ed insospettabili le rivelazioni che l’Amore ci riserva: ma se l’anima sarà pura, il cuore mondo, la volontà sottomessa alla volontà dello Sposo, anche noi o attraverso ad una fiorita di rose o attraverso ad una selva di spine potremo divenire, non solo candidati alla santità, ma ancora strumento delle divine misericordie e rivelatori della infinita bontà agli uomini. – Aspiriamo dunque all’onore del discepolato di Gesù. Ogni anno, il 17 ottobre, circa le ore venti, l’ora della morte della Santa, le monache del convento di Paray vanno processionalmente alla camera, ora convertita in cappella, ove Margherita Maria morì, e, dopo aver pregato, cantano una devota canzoncina che rievoca quella morte e la rende quasi attuale. Essa termina: Ah! in tal beato ostello Vanne pur, del Sacro Cuore Confidente, alma fedel! – Ogni anno, come le consorelle buone, anche noi veniamo ai piedi della discepola dell’Amore. Oh! Possiamo come lei entrare, quali colombe dal desio chiamate, nella piaga del Cuore Sacratissimo per non uscirne mai più.