MESSA DI CAPODANNO (2021)

MESSA DI CAPODANNO (2021)

CIRCONCISIONE DI N. SIGNORE E OTTAVA DELLA NATIVITÀ.

Stazione a S. Maria in Trastevere

Doppio di II classe. – Paramenti bianchi.

La liturgia celebra oggi tre feste: La prima è quella che gli antichi sacramentari chiamano « nell’Ottava del Signore ». Gesù è nato da otto giorni. Così la Messa ha numerosi riferimenti a quelle di Natale. La seconda festa ci ricorda che, dopo Dio, noi dobbiamo Gesù a Maria. Cosi un tempo si celebrava in questo giorno una seconda Messa in onore della Madre di Dio nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Ne è rimasta una traccia nella Orazione, nella Secreta e nel Postcommunio, che sono prese dalla Messa votiva della SS. Vergine, e nei Salmi dei Vespri, tolti dal suo Officio. – La terza festa, infine, è quella della Circoncisione, che si celebra dal VI secolo. Mosè imponeva questo rito purificatore a tutti i bambini Israeliti, l’ottavo giorno dalla loro nascita (Vang.). È una figura del Battesimo per il quale l’uomo è circonciso spiritualmente. « Tu vedi, dice S. Ambrogio, che tutta la legge antica è stata la figura di quello che doveva venire; infatti anche la circoncisione significa espiazione dei peccati. Colui che è spiritualmente circonciso con la correzione dei suoi vizi, è giudicato degno dello sguardo del Signore » (1° Notturno). Così, parlando del primo sangue divino che il Salvatore versò per lavare le nostre anime, la Chiesa insiste sul pensiero della correzione di quello che di cattivo è in noi. « Gesù Cristo ha dato se stesso per riscattarci da ogni iniquità e purificarci » (Ep.). « Degnati, Signore, con questi celesti misteri, di purificarci » (Secr.). «Fa, o Signore, che questa Comunione ci purifichi dei nostri peccati » (Postcom.).

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Isa. IX: 6
Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus.

[Ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio, il cui impero poggia sugli ómeri suoi: e il suo nome sarà: Angelo del buon consiglio.
Ps XCVII:1
Cantáte Dómino cánticum novum: quia mirabília fecit.

[Cantate al Signore un cantico nuovo: perché ha fatto cose mirabili.]


Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus.

[Ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio, il cui impero poggia sugli ómeri suoi: e il suo nome sarà: Angelo del buon consiglio.]

Oratio

Orémus.
Deus, qui salútis ætérnæ, beátæ Maríæ virginitáte fecúnda, humáno géneri praemia præstitísti: tríbue, quǽsumus; ut ipsam pro nobis intercédere sentiámus, per quam merúimus auctórem vitæ suscípere, Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: 

[O Dio, che mediante la feconda verginità della beata Maria, hai conferito al genere umano il beneficio dell’eterna salvezza: concédici, Te ne preghiamo: di sperimentare in nostro favore l’intercessione di Colei per mezzo della quale ci fu dato di ricevere l’autore della vita: il Signore nostro Gesù Cristo, tuo Figlio]

Lectio

Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum.
Tit II:11-15
Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc saeculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre: in Christo Jesu, Dómino nostro.

[“Carissimo: La grazia di Dio nostro Salvatore si è manifestata per tutti gli uomini, insegnandoci che, rinunciata l’empietà e i desideri mondani, viviamo con temperanza; con giustizia e con pietà in questo mondo, in attesa della beata speranza e della manifestazione gloriosa del grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per redimerci da ogni iniquità, e formarsi un popolo puro che gli fosse accetto, zelante delle buone opere. Così insegna ed esorta in Cristo Signor nostro” (Tit. II, 11-15). –]

OMELIA I

IL PROGRAMMA DELLA NOSTRA VITA

[A, Castellazzi: Alla Scuole degli Apostoli. Ed. Artigian. Pavia, 1929]

Quando S. Paolo si recò nell’isola di Creta col suo discepolo e collaboratore Tito, vi trovò parecchi gruppi di Cristiani, che non erano organizzati in una gerarchia regolare. Non potendo l’Apostolo trattenersi a lungo nell’isola, vi lasciò Tito a organizzare quella Chiesa. Più tardi gli scrive una lettera. In essa gli dà norme da seguire nell’adempimento del suo ufficio pastorale rispetto agli uffici ecclesiastici, ai doveri delle varie classi di persone e ai doveri generali dei Cristiani. Nel brano riportato, avendo prima stabiliti i doveri secondo i differenti stati, reca la ragione per la quale i Cristiani sono tenuti a questi doveri. Sono tenuti perché Dio, che nella sua bontà è sceso dal cielo per tutti, ha insegnato a tutti a rinunciare all’empietà e ai desideri del secolo per vivere nella moderazione, nella giustizia, nell’amor di Dio. Così vivendo saranno consolati dalla presenza della venuta del Redentore, il quale ha dato in sacrificio se stesso per riscattarci dal peccato, e così formare di noi un popolo veramente eletto, tutto dato alle buone opere. Sul cominciare dell’anno la Chiesa ripete a noi questo insegnamento, per esortarci a vivere secondo

1. Pietà,

2. Temperanza,

3. Giustizia.

1.

L’Incarnazione e la vita su questa terra del Figlio di Dio, sono una scuola efficacissima per tutti gli uomini. « Tutta la sua vita mortale — dice S. Agostino — fu una scuola di ben vivere per mezzo della natura umana che si è degnato di assumere» (De vera Relig. 16, 32). In primo luogo Gesù Cristo ci insegnò che per attendere la beata speranza dobbiamo aver rinunciata l’empietà e i desideri mondani. – Nella religione pagana, che i novelli Cristiani avevano abbandonata, il culto della verità non esisteva. Si aveva qualche conoscenza di Dio, ma non si adorava come Dio. Il culto che gli si prestava era superstizioso quando non era immorale. Dell’ultimo fine dell’uomo si aveva un’idea sbagliata. Non si cercava tanto di condurre una vita terrena, che fosse preparazione alla vita celeste, quanto di godere quaggiù più che fosse possibile, come se tutto dovesse finire in questa valle di lacrime. Non si alzava a Dio la mente, la quale non sapeva sollevarsi da quanto cadeva sotto gli occhi. Tra queste dense tenebre di errori e di corruzione apparve Gesù, sapienza increata, che insegnò la vera dottrina rispetto a Dio uno ed eterno: che ci manifestò le verità che riguardano la seconda vita; ne indirizzò le menti e i cuori a Dio, nostro principio e nostro fine. – I novelli convertiti avevano rinunciato alle dottrine empie del paganesimo, ma ciò non era tutto. L’edificio vecchio dell’empietà era stato demolito, e al suo posto bisognava innalzare l’edificio della pietà. Quanti esempi ci ha lasciato Gesù Cristo in proposito! A dodici anni sale al tempio con Maria e con Giuseppe per la solennità di Pasqua. Terminata la solennità, rimane in Gerusalemme. Quando, dopo tre giorni di ricerche, Maria e Giuseppe lo ritrovano, al lamento della Madre Gesù risponde: « Perché mi cercavate? Nulla sapevate che io devo attendere a ciò che riguarda il Padre mio? » (Luc. II, 49). E come attendeva Gesù in quei giorni alle cose del Padre suo? Stando nel tempio seduto in mezzo ai dottori in atto di ascoltarli e interrogarli. Grande scuola di pietà pei fanciulli, i quali dall’apprendimento delle cognizioni profane non devono disgiungere l’apprendimento delle cognizioni divine. Appena la loro mente si apre devono incominciare a interessarsi della loro sorte celeste, a conoscer Dio, a conoscere la sua volontà. Grande scuola anche per gli adulti. L’obbligo di interessarsi di Dio, del nostro ultimo fine incomincia alla soglia, della vita, e non cessa che alla nostra partenza da questo mondo. Se le verità che riguardano Dio le abbiam dimenticate, bisogna richiamarle alla mente con lo studio del Catechismo, con la frequenza alle prediche. – Interessarsi di Dio vuol dire procurare la sua gloria. Questa procurò sempre Gesù in tutta la sua vita. E la sera che precedette la sua passione poteva dire : «Padre, io ti ho glorificato sulla terra» (Giov. XVII, 4). Noi possiamo dar gloria a Dio mostrandoci Cristiani pubblicamente, edificando gli altri con la frequenza ai santi Sacramenti, con la pratica degli esercizi di pietà. Interessarsi di Dio vuol dire intrattenersi con Lui mediante la preghiera. Gesù Cristo, che ci ha insegnato ed esortato a pregare con la parola, ci ha anche grandemente confortato alla pratica della preghiera col suo esempio. Egli prega nel tempio e prega sul monte quando ha cessato di ammaestrare le turbe. Prega nel deserto e prega nella gloria della trasfigurazione; prega di giorno e prega di notte. Prega quando risuscita Lazzaro, quando istituisce l’Eucaristia. Con la preghiera incomincia e chiude la sua passione. In una parola, Egli ha praticamente dimostrato come «bisogna pregar sempre, senza stancarsi mai» (Luc. XVIII, 1).

2.

E’ naturale che nella religione pagana l’uomo non fosse portato alla rinuncia, al sacrificio. Il piacere, l’accontentamento delle passioni non vi trovavano ostacolo alcuno. Tutt’altro, invece, è nella Religione Cristiana. Gesù Cristo venne su questa terra a darci insegnamenti ed esempi affatto opposti agli insegnamenti e agli esempi pagani. Egli è venuto a insegnarci che rinunciati i desideri mondani viviamo con temperanza. Si tratta di una vera riforma della vita. Non solo bisogna voltare la schiena alle antiche abitudini: bisogna formarsi abitudini nuove. Uno può voltare la schiena alle antiche abitudini, senza allontanarsene troppo. Senza staccare da esse il cuore. È un addio forzato col desiderio, se non sempre con la speranza, dell’arrivederci. Non siamo noi che ci distacchiamo da ciò che domina in questo mondo: sono spesso le circostanze che cene staccano: sono questi beni apparenti che spesso ci abbandonano, lasciando noi nell’amarezza. Questa non è la sobrietà e la temperanza insegnataci da Gesù Cristo e dai suoi Apostoli. Gesù Cristo ci ha insegnato la rinuncia ai desideri sregolati dei beni di questo mondo. E rinuncia vuol dire staccarsene senza rimpianto, e senza desiderio di ritornarvi. Rinuncia vuol dire essere pronto a sostenere qualunque sforzo, a impegnarsi in un combattimento lungo e faticoso, a provare avversione per ciò che prima si amava, ad amare e praticare ciò che prima si odiava. « Gesù Cristo ci ha redenti, affinché, conducendo una vita illibata e ricca di buone opere possiamo divenire eredi del regno di Dio» (Ambrosiaster, in Ep. ad Tit.. cap. II, v. 11). Il Cristiano che vuol conseguire l’eredità del regno celeste, deve saper porre un freno alle proprie tendenze; altrimenti non riuscirà a condurre una vita illibata, ad arricchirsi di buone opere. Senza la temperanza saremo ben presto travolti dalle passioni. La malerba cresce presto: tagliata, ricompare ben tosto. Le passioni, anche rintuzzate, rialzano subito il capo. L’odio, la superbia, l’avarizia, la lussuria, la gola si fanno sentire a nostro dispetto. Che avverrà se, invece di combatterle con la mortificazione ne porgiamo loro alimento, con l’assecondarle? Presto ci prenderanno la mano e ci trasporteranno dove esse vogliono. Tanto, coloro che non sanno mai porre un limite alle loro brame non possederanno mai neppure su questa terra il godimento che vanno immaginandosi. Un viandante si propone di arrivare a quell’altura che si presenta al suo sguardo. Quando vi è giunto vede che, dopo uno spazio più o meno esteso di terreno piano, si trova un’altra altura. Non si dà pace finché non ha raggiunta anche quella. Arrivato vi vede ripetersi la scena di prima. Nuova altura, e dopo quella un’altra ancora, ed egli è inquieto perché non può raggiungerle tutte. Così, coloro che non sanno mai mettere un limite ai loro desideri, che non sanno imporsi delle privazioni saranno sempre malcontenti e irrequieti per le disillusioni che provano. I volti sereni, l’allegria schietta, che è il riflesso della pace dell’anima, si cercherebbero invano tra coloro che si fanno un idolo del ventre, degli onori, delle ricchezze, dei piaceri. Chi vuol trovarli li deve cercare tra coloro che sanno porsi un freno nell’uso dei beni di questa vita, e sanno moderare le loro voglie.

3.

Gesù Cristo ci ha anche insegnato a vivere con giustizia rispetto al prossimo. Questa giustizia richiede « che nessuno desideri ciò che è del prossimo » (S. Efrem). Molto più richiede che non si tolga ciò che è del prossimo. Richiede che non gli tolgano i beni materiali coi furti, con le appropriazione indebite, con le dannificazioni, con le frodi, con la sottrazione della paga dovuta, col non mettersi in grado di pagare i debiti ecc. Richiede che non gli si tolgano i beni morali con le calunnie, con le mormorazioni, con le critiche ingiuste, con le insinuazioni. Richiede che non gli si tolgano i beni spirituali con il cattivo esempio, con la propaganda dell’errore, con toglierlo alle pratiche di pietà, con avviarlo alle usanze mondane. – L’uomo è creato per vivere in società. La vita sociale ha molti privilegi; ma, si sa: ogni diritto ha il suo rovescio. La vita sociale porta con sé anche i suoi pesi. Caratteri perfettamente uguali non si trovano. Ogni creatura ha la sua natura. E questo basta perché possano sorgere dissensi, contrasti tra coloro che, o per un motivo o per un altro, si trovano a contatto. Lo spirito della giustizia vuole che in questi casi non si abbia a scendere a liti o a recriminazioni. « Gli uni portate i pesi degli altri, e così adempirete la legge di Cristo », ci dice l’Apostolo (Gal. VI, 2). Il quale ancor più chiaramente dice ai Corinti: « In tutti i modi è già un mancamento l’aver delle liti gli uni con gli altri. E perché piuttosto non sopportate qualche ingiustizia? Perché piuttosto non soffrite qualche danno? » (I Cor. VI, 7). Invero se domandiamo a Dio che sopporti noi, è troppo giusto che noi sopportiamo gli altri. Sentiamo l’Ecclesiastico: «Un uomo nutre lo sdegno contro un altr’uomo, e chiede che Dio lo guarisca? Egli non usa misericordia verso il suo simile, e chiede perdono de’ suoi peccati? Egli che è carne conserva rancore, e chiede che Dio gli sia propizio?» (Eccli XXVIII, 3-5). – È spirito di giustizia non restringere la mano quando si tratta di soccorrere i fratelli bisognosi. La solennità di quest’oggi c’insegna che Gesù Cristo ha dato per noi il suo sangue. E noi, seguaci di Gesù Cristo, non faremo cosa straordinaria se daremo al nostro prossimo un po’ di quei beni, che Dio ci ha largiti. Dovessimo dare al nostro prossimo tutto quanto possediamo non daremo mai quanto a noi ha dato Gesù Cristo, il quale ha dato se stesso per noi, per redimerci da ogni iniquità. Non lesiniamo nel dimostrare la nostra giustizia verso il prossimo, se vogliamo sperare l a manifestazione gloriosa del grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo.« Chiunque, pertanto, vuol pervenire al regno celeste, viva con temperanza verso se stesso, con giustizia verso il prossimo, con pietà perseverante verso Dio» (S. Fulgenzio, De remiss. Pacc. L. 1 c. 23). Cominciamo subito da quest’oggi a mettere in pratica questo programma affinché, se il Signore volesse chiamarci al rendiconto nel corso di quest’anno, in qualunque momento ci chiami abbia a trovarci pronti.Mons. Francesco Iannsens, Vescovo di Nuova Orleans, venerato dai suoi figli come un santo, viaggiando sopra un piroscafo alla volta d’Europa, è colpito improvvisamente dalla morte. Non gli rimane che il tempo di inginocchiarsi in cabina e dire: «Mio Dio, vi ringrazio che son pronto» (La Madre Francesca Zaverio Cabrini; Torino 1928, p. 144-45). Che d’ora innanzi la nostra vita sia tale, da poter anche noi dare questa risposta alla divina chiamata, in qualunque momento e in qualunque circostanza si faccia sentire!

Graduale

Ps XCVII:3; 2
Vidérunt omnes fines terræ salutare Dei nostri: jubiláte Deo, omnis terra.

 [Tutti i confini della terra videro la salvezza del nostro Dio: acclami a Dio tutta la terra.]

Allelúja.

V. Notum fecit Dominus salutare suum: ante conspéctum géntium revelávit justitiam suam. Allelúja, allelúja.

[Il Signore ci fece conoscere la sua salvezza: agli occhi delle genti rivelò la sua giustizi. Alleluia, alleluia].


Heb I:1-2
Multifárie olim Deus loquens pátribus in Prophétis, novíssime diébus istis locútus est nobis in Fílio. Allelúja.

[Un tempo Iddio parlò in molti modi ai nostri padri per mezzo dei profeti, ultimamente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Allelúia.]

Evangelium

Luc II: 21
In illo témpore: Postquam consummáti sunt dies octo, ut circumciderétur Puer: vocátum est nomen ejus Jesus, quod vocátum est ab Angelo, priúsquam in útero conciperétur.

[In quel tempo: Passati gli otto giorni, il bambino doveva essere circonciso, e gli fu posto il nome Gesú: come era stato indicato dall’Angelo prima di essere concepito.]

OMELIA II.

[Mons. G. Bonomelli: Misteri Cristiani, vol I, Ed. Queriniana, Brescia, 1897]

In questo solo e non lungo versetto si contiene la lezione evangelica, che or ora solennemente si cantava e che la Chiesa ci mette innanzi affinché la meditiamo: se brevissima è la lezione evangelica, alto e gravissimo ne è il significato. Arte mirabile e veramente divina sapienza è questa della Chiesa di tener sempre viva nella mente de’ suoi figliuoli la memoria dei misteri principali della fede; misteri che si incontrano tutti e insieme si svolgono nella adorabile persona di Gesù Cristo e a vari intervalli troviamo sparsi lungo la via dell’anno liturgico. Otto giorni or sono la Chiesa piena di gioia ci invitava a contemplare il divino Infante nella spelonca di Betlemme e a riconoscerlo ed adorarlo coi pastori; oggi ci chiama ancora a Betlemme, in quella stessa spelonca, giacche sembra che in questi otto giorni nessuno gli avesse offerto un asilo meno disagiato per assistere al doloroso rito della Circoncisione, alla quale gli piacque sottoporsi. Fra sei giorni lo rivedremo ancora in atto di ricevere gli omaggi dei primi credenti gentili, i Magi. Si direbbe che la Chiesa lungo il cammino, che i suoi figliuoli devono percorrere, qua e là innalza alcune colonne, sulle quali sta scritta una pagina della vita del suo sposo, il Salvatore del mondo. I popoli, ivi passando, si fermano alcun poco, levano gli occhi, leggono quella pagina, pensano al divino Maestro, ricordano la sua vita e i suoi esempi, e, ristorate le forze, più lieti ed animosi ripigliano la via, che dalla terra della schiavitù, l’Egitto, attraverso alle ardenti sabbie del deserto, conduce alla terra promessa, alla terra dove scorre latte e miele. Nel corso dell’anno ecclesiastico è questa la seconda colonna, che troviamo. Che cosa vi leggiamo noi, o carissimi? Due sole parole, ma feconde di preziosi insegnamenti: Circoncisione e il nome di Gesù. Arrestiamoci un poco ai piedi di questa colonna e meditiamole con religiosa attenzione. – « Come furono compiuti gli otto giorni per circoncidere il bambino, gli fu posto nome Gesù, com’era stato chiamato dall’Angelo prima d’essere concepito nel seno ». In questa sentenza evangelica, come dissi, due cose distinte sono accennate, la Circoncisione e il nome di Gesù, che il Bambino celeste ricevette nello stesso tempo; su queste due cose fermeremo le nostre considerazioni (In questo luogo S. Luca non dice veramente che Gesù ricevesse la Circoncisione, ma solo che erano compiuti gli otto giorni, nei quali doveva riceverlo; ma la maniera di scrivere dell’Evangelista congiunta alla tradizione costante, unanime ed universale e suggellata con la festa, che si celebra, ci dà la certezza assoluta che Gesù Cristo fu circonciso. – Il rito della Circoncisione si poteva compiere da chiunque, in qualunque luogo, e perciò possiamo credere che Gesù la ricevesse nel luogo stesso, dove nacque e da Giuseppe come pensano alcuni Padri). – Che cosa era la Circoncisione, che la legge mosaica imponeva soltanto ai bambini di sesso maschile? Era un taglio doloroso, che si faceva sul corpo del bambino, od anche dell’uomo adulto, allorché questo voleva essere ascritto tra i figli di Abramo e abbracciare la legge mosaica. Quando fu essa istituita? Allorché Iddio fece ad Abramo la solenne promessa, che in lui sarebbero benedette le genti tutte e che dalla sua progenie verrebbe il Salvatore del mondo. Più tardi poi Mosè determinò il tempo, cioè l’ottavo giorno dopo la natività, stabilì i particolari del rito e la pena terribile per chi non l’avesse compiuto. Il rito della Circoncisione fu in uso non solo presso i Giudei, ma presso altri popoli d’Oriente e in parecchi luoghi è osservata anche al giorno d’oggi, come assicurano di alcune tribù selvagge d’Africa viaggiatori degni di fede. Quale fu il fine di questo rito e quale il suo significato? Dio chiamò Abramo: gli fece magnifiche promesse, come apprendiamo dai Libri Santi, somma delle quali ch’egli sarebbe padre d’un gran popolo, dal quale sarebbe nato il Messia, l’Uomo – Dio, il riparatore del genere umano: Abramo rispose fedelmente alla chiamata e non venne mai meno nelle più dure prove: tra Dio ed Abramo avvenne come un Patto sacro e simbolo di questo Patto fu la Circoncisione, e ciò apparisce ripetutamente dalla dottrina dell’Apostolo. Oltre di che una società religiosa è simile ad un esercito, ad un corpo qualunque ordinato. – Trovate voi un corpo, una società, un esercito, un regno, un impero, una repubblica senza un segno qualunque, una bandiera, intorno alla quale i singoli membri si raccolgano e si rattestino? No, per fermo; similmente la Religione mosaica domandava un segno visibile, che la distinguesse dalle altre e sotto il quale, quasi vessillo, si stringesse. Questo segno fu dato da Dio, accolto prima da Abramo e sancito qual legge fondamentale da Mosè. Chi non era circonciso presso gli Ebrei era fuori della Sinagoga, era gentile, come presso di noi Cristiani chi non ha ricevuto il Battesimo è infedele. Il perché non deve recare meraviglia che i Padri, seguendo l’insegnamento di S. Paolo, abbiano considerata la Circoncisione come una figura ed un simbolo del Battesimo cristiano: e in vero non pochi, né oscuri sono i punti di somiglianza tra i due riti sacri. – La Circoncisione fu istituita da Dio, autore dell’Antico Patto, il Battesimo fu istituito dall’Uomo – Dio, Gesù Cristo, autore del Nuovo Patto; la Circoncisione imprimeva nel corpo un segno indelebile, il Battesimo lo imprime nell’anima: la Circoncisione si riceveva una sola volta e una sola volta si riceve il Battesimo: quella si poteva dare dal Sacerdote e dal laico e questo si può amministrare validamente da qualunque persona anche infedele. La Circoncisione non conferiva la grazia per virtù propria, ma era segno ed eccitamento della fede, che giustificava: il Battesimo è segno e insieme strumento, o mezzo infallibile della grazia: per la Circoncisione il bambino e l’adulto che la riceveva, diventava figlio di Abramo, membro della Sinagoga: pel Battesimo il bambino e l’adulto diventa membro della Chiesa e figlio adottivo di Dio. Ben a ragione dunque la Circoncisione giudaica fu sempre considerata come una figura del nostro Battesimo. – E perché dunque, mi domanderete voi, perché dunque Gesù Cristo volle sottoporsi alla Circoncisione, Egli che era la stessa santità e veniva per abolirla? Per quelle stesse ragioni per le quali osservò più tardi tutte le altre prescrizioni della legge mosaica e che sono con tanta accuratezza indicate dai Padri. Ricevendo la Circoncisione, Gesù Cristo riconobbe la sua origine divina e con essa tutta la economia mosaica: ci diede un esempio efficacissimo di ubbidienza alle leggi, anche quando impongono gravi sacrifici e tal era senza dubbio la Circoncisione; essa era una implicita confessione del peccato, a cui tutti i figli di Adamo erano e sono soggetti; e Gesù Cristo, che veniva per assumerne la pena ed espiarla in se stesso, che volle avere la somiglianza dei peccatori – In similitudinem carnis peccati– volle altresì la Circoncisione. V’ha di più; Gesù Cristo veniva per ammaestrare gli uomini e prima i fratelli suoi, secondo la carne, gli Ebrei, e più volte lo disse nel santo Vangelo: Era dunque necessario che rimuovesse da sé tutto ciò che in qualsiasi modo rendeva la sua parola meno accetta a gli Ebrei; ora s’Egli non fosse stato circonciso, naturalmente lo avrebbero respinto come un gentile e questo solo sarebbe bastato a far sì che turassero le orecchie alle sue parole e l’avessero in abbominazione. Altro motivo e nobilissimo Egli ebbe di volere per sé la Circoncisione del corpo quale figura della Circoncisione del cuore, che si può dire il fondo dell’insegnamento pratico del Vangelo; ma di questo argomento a maggior agio ragioneremo altrove. – Dissi che la Circoncisione mosaica, alla quale Gesù Cristo in questo giorno con esempio sublime di umiltà, di abnegazione e di amore al patire volontariamente si sottomise, è figura del nostro Battesimo e ne accennai le ragioni. Non vi paia dunque cosa strana, che qui tocchi alcune verità troppo necessarie intorno al Battesimo e vi metta in guardia contro certi abusi e pregiudizi, che sventuratamente si aprono la via nella nostra società cristiana. – Era legge inviolabile presso gli Ebrei che ogni bambino maschio ricevesse la Circoncisione ed era stato determinato il giorno ottavo dopo il nascimento. Non uno dei figli d’Israele violava la legge. Ora, non Mosè, ma Cristo, nella forma più solenne ha stabilito, che ogni uomo, senza distinzione di sesso, d’età o di condizione riceva il Battesimo: non Mosè, ma Cristo ha chiaramente stabilito, che chi non riceve il Battesimo, è fuori della sua Chiesa, è già giudicato e condannato! Udite « In verità, in verità ti dico, che se alcuno non è nato d’acqua e di spirito non può entrare nel Regno di Dio » (S. Giov. III, 5). E ancora « Chi avrà creduto e sarà stato battezzato, sarà salvo; ma chi non avrà creduto (e non sarà battezzato) sarà condannato » (San Marco, XVI, 16). A questa legge assoluta, sancita da Cristo stesso, nessuno può sottrarsi: non gli adulti, che la conoscono e la devono osservare: non i bambini, ai quali devono provvedere i loro genitori e che per essi devono rispondere dinanzi a Dio finché bambini non sono arbitri di sé medesimi.

1) Non occorre il dirlo, la condanna eterna a chi non riceve il S. Battesimo è intimata soltanto a quelli che ne conoscono l’obbligo e la necessità, come è manifesto dalle parole di nostro Signore, che dice: « Predicate ad ogni creatura: chi avrà creduto e sarà battezzato ecc. ». Dunque si parla degli adulti, che prima devono essere istruiti, devono credere, e poi, come conseguenza del credere, ricevere il Battesimo. Ora che vediamo noi, o carissimi fratelli? Lo dico con profondo dolore: noi vediamo alcuni genitori (pochissimi è vero, ma l’esempio è contagioso), i quali rifiutano di presentare al sacro Fonte i loro figliuoli. Quale oltraggio alla fede, che professiamo, alla Chiesa, della quale siamo figli! Grande Iddio! Sarebbe mai, che in mezzo ad una società, che Cristo ha fatto tutta cristiana, vedessimo sorgere una società non cristiana, una società pagana? Sarebbero questi i segni paurosi di quella defezione o apostasia, di cui parla l’Apostolo? Che molti non si curino della Confessione, della S. Eucaristia, del Matrimonio cristiano, degli altri Sacramenti, istituiti da Voi, o divino Salvatore, è un male, una sventura, èuna colpa, che piangiamo a calde lagrime; ma che si rifiuti di ricevere il vostro Battesimo, che si respinga il carattere di vostro discepolo, che si chiuda la porta della vostra Chiesa, ah! questo è troppo. E tal delitto, che, in una società già tutta vostra, non ha nome; è la guerra fatta a Voi stesso, è il ripudio formale del vostro Vangelo, è un ricacciarci negli orrori del paganesimo, è un dirvi: – Non vi vogliamo più e aboliamo il vostro Nome per sempre -. E questi genitori non sono essi compresi di ribrezzo e di spavento, pensando che i loro figli non appartengono a Cristo, che non portano impresso nell’anima loro il carattere di Lui, che sono come stranieri in mezzo alla famiglia cristiana? A qual religione adunque appartengono essi? Qual Dio riconoscono essi se non vogliono saperne del Dio de’ Cristiani, se rigettano Gesù Cristo? Qual fede, quale speranza possono essi avere quaggiù? Mio Dio! Non avrei giammai creduto, che in mezzo a questa società, che piglia il suo nome e deve riconoscere le sue grandezze intellettuali, morali e materiali da Gesù Cristo, sorgessero uomini, che pubblicamente lo ripudiassero. Preghiamo per loro e che tanto scandalo ci ispiri orrore! Gesù Cristo stabilì e promulgò la legge del Battesimo sotto pena di eterna perdizione: la Chiesa, depositaria e interprete di questa legge sovrana, ne determina il tempo e quasi seguendo le traccio della mosaica, prescrive, che i bambini siano portati al sacro fonte entro l’ottavo giorno dal dì della nascita. Legge facile, tutta ispirata al bene spirituale dei bambini e in tutto conforme ai doveri, che ci stringono innanzi a Dio. E questa legge sì giusta, sì facile, tutta in tesa al bene delle anime di questi bambini, si osserva? Ah! figli e fratelli carissimi, lasciate che vi esprima tutta l’amarezza dell’anima mia. Nelle nostre città e anche in alcune delle nostre borgate più popolose, sventuratamente alcuni genitori, (e non son pochi), non rifiutano, ma differiscono il Battesimo dei loro figli un mese, parecchi mesi e perfino qualche anno. E come ciò, o carissimi? Voi non potete ignorare come il Battesimo sia necessario per modo, che senza di esso le porte de’ cieli son chiuse: voi non ignorate che una legge gravissima della Chiesa vi obbliga a procurar loro tanto bene entro l’ottavo giorno dopo il loro nascimento; perché dunque ritardare sì a lungo l’adempimento del vostro dovere? Perché calpestare una legge della Chiesa sì facile ad osservarsi è di tanta importanza? La vita di questi bambini è d’una estrema delicatezza; un lieve soffio la può estinguere; qual dolore per voi, o genitori, qual rimorso per tutta la vita, qual conto dovreste rendere a Dio, se per vostra trascuratezza il vostro bambino morisse senza Battesimo! Ne sareste in consolabili! Appena adunque vi è possibile, prima dell’ottavo giorno, portatelo al Tempio, affinché il vostro figlio diventi figlio di Dio e col Battesimo riceva il diritto alla vita eterna. Voi dite: – Si ritarda il Battesimo per giusti motivi; si aspetta che la madre possa prender parte alla festa di famiglia; si attende il padrino; spesso vi sono altre ragioni, che obbligano a differire il rito solenne -.Tutto ciò che volete, o carissimi; ma la legge esiste, la si deve osservare e se ragioni speciali ne rendono necessaria la dispensa, la si domandi a quella Autorità, che sola la può concedere, e che, benigna com’è, la concederà, né vi sia mai chi in cosa di sì grave momento si faccia giudice di se stesso. E perché in questi casi non si provvede tosto alla sicurezza del bambino, conferendogli privatamente il Battesimo, rimettendo a miglior agio la celebrazione del rito solenne, come desiderate? La legge civile prescrive il tempo, nel quale il neonato debb’essere inscritto nei pubblici registri e nessuno di voi, o genitori, vien meno alla sua osservanza e sta bene. Perché dunque non si mostra almeno eguale rispetto alla legge della Chiesa? Forseché le leggi di questa sono da meno delle leggi civili? Forseché gli interessi eterni dell’anima sottostanno agli interessi temporari del corpo? Voi stessi siatene giudici. E poiché qui viene a proposito, non vi spiaccia che tolga ad esaminare una difficoltà, che si oppone e che merita una risposta, tanto più che ha l’apparenza di verità. Si dice: – Sarebbe ragionevole differire il Battesimo a quel tempo, nel quale l’uomo conosce ciò che fa e ha coscienza dei doveri, che assume. E cosa che non è conforme alla ragione e al rispetto, che devesi alla libertà umana, ascrivere ad una religione chi non la conosce, imporgli doveri gravi, che al tutto ignora e che un giorno, conosciutili, potrebbe disconoscere e rigettare. – È ciò che voi fate allorché conferite il Battesimo ad un bambino. Aspettate che cresca, che conosca la Religione e i doveri, ch’essa impone e che liberamente l’abbracci, se così gli parrà. E ciò che si faceva in altri tempi nella Chiesa; è ciò che si fa cogli altri Sacramenti, che si ricevono dopo acquistato l’uso della ragione. Nessuno deve esser fatto Cristiano senza saperlo, per sorpresa, quasi per forza e tale è il bambino, che riceve il Battesimo -. Breve è la risposta, ma chiara e precisa. Padri, che mi ascoltate, ditemi: Trovereste voi ragionevole e giusto aspettare che i vostri figli tocchino i dieci, o i dodici anni prima di ricordar loro i doveri, che a voi li legano? Vi parrebbe ragionevole e giusto attendere il pieno sviluppo della loro intelligenza e il pieno esercizio della loro libertà per domandar loro se accettano di riconoscervi per padri, se acconsentono a divenire vostri figli ed adempirne gli obblighi? Che dico? Dov’è lo Stato, il quale aspetti che i bambini raggiungano l’uso della ragione e acquistino la piena balìa di se stessi, prima di dichiararli suoi sudditi e di esigere l’osservanza delle sue leggi? Basta che siano nati nel suo territorio perché egli li consideri e tratti come suoi sudditi, né crede necessario domandar loro se acconsentano di divenir tali e accettare le sue leggi. Forseché i vostri figli non sono stati in scritti tra i cittadini del paese, che gli è patria, pochi giorni dopo nati e prima che potessero conoscere quali doveri imponeva loro quell’atto? E vorreste, che Dio, Padre supremo di tutti, attendesse l’assenso dei vostri figli, prima di pigliar possesso di loro col Battesimo? E vorreste che la Chiesa aspettasse che questi figli, nati nel suo seno, un giorno venissero a dirle: – Noi siamo contenti di diventare col Battesimo vostri figli? – Il diritto di Dio sopra di voi, o genitori, e sopra dei vostri figli non è forse maggiore del vostro? Non esiste prima dei figli e di voi stessi? E chi può sottrarli al diritto ch’Egli ha sopra di loro, diritto imprescrittibile, diritto pieno e assoluto? Essi, questi bambini, non conoscono il dovere che hanno, né lo possono conoscere ed adempire; ma lo conoscete voi, o genitori; e poiché i vostri bambini formano una cosa sola con voi finché, con l’acquisto dell’uso della ragione, diventano arbitri di se stessi, il dovere cade sopra di voi e voi dovete procurar loro il Battesimo come lo dovreste ricevere voi stessi se ancora non l’aveste ricevuto. Voi dovete rispondere di loro fino a quel di, nel quale la responsabilità passando con l’uso della ragione in essi, cesserà la vostra. Ed è sì vero che voi formate con essi una sola cosa e che voi dovete rispondere di loro finché coll’uso della ragione saranno padroni di se stessi, che la Chiesa non permette di battezzare i vostri bambini senza il vostro assenso, come severamente vieta di battezzare chicchessia contro la sua volontà. E vero: i bambini ricevono il Battesimo senza conoscerlo; ma senza conoscerlo contraggono eziandio la colpa primitiva; e così se ricevono la ferita, ricevono anche la medicina, ignorando l’altra e l’altra. Sommo benefìcio è il Battesimo: qual beneficio maggiore che ricevere la grazia di Dio, l’essere fatti figliuoli suoi per adozione, eredi dell’eterna felicità! E si può ritardare tanto benefìcio ai propri figliuoli? E si deve aspettare ch’essi prestino il loro assenso? E aspettereste il loro assenso se si trattasse di accettare per essi una pingue eredità, un’alta onorificenza? Se i vostri bambini fossero infermi, aspettereste voi il loro assenso per chiamare il medico e porgere loro la medicina? Se la loro vita corresse pericolo, aspettereste voi il loro assenso per salvarli? Perché dunque non si tiene la stessa regola allorché si tratta della vita dell’anima? Dov’è l’uomo che rifiuti un grande favore? L’assenso è sempre e necessariamente supposto: la volontà dei vostri figli ancor bambini, o genitori, è la vostra e quali obblighi essa abbia in faccia a Dio, non lo potete ignorare. Lo sappiamo: nei tempi antichi, nei primi secoli il Battesimo si differiva in età più adulta; ma vi erano motivi e ben gravi: non si volevano esporre incautamente fanciulli al furore della persecuzione: si volevano preparare a quelle terribili prove. Cessati i pericoli delle persecuzioni, la Chiesa riprovò 1’abuso di differire il Battesimo ai figli di genitori cristiani: ed oggidì noi vorremmo rinnovare quell’abuso? Non sia dunque che nelle nostre città e borgate si veggano bambini di parecchi mesi e talvolta di qualche anno non ancora battezzati, per conseguenza privi della grazia di Dio, in balìa del peccato ed in pericolo di morire fuori della Chiesa. La digressione è stata alquanto lunga, ma non inutile: ritorniamo al nostro argomento. – Presso gli Ebrei, nell’atto in cui il bambino veniva circonciso riceveva altresì il nome: similmente presso di noi, nell’atto in cui è battezzato, gli viene anche imposto il nome ed a ragione. Per la Circoncisione il bambino diventava membro della società mosaica, e pel Battesimo diventa membro della società cristiana; è dunque giusto che in quell’atto, nel quale viene ascritto nella nuova società, riceva anche il nome, col quale possa essere riconosciuto e scritto nel numero de’ suoi membri. Al Figlio di Maria e di Dio, dice il Vangelo, fu posto nome Gesù – Et vocatum est nomen eius Jesus-. Gesù! nome adorabile e glorioso, che un giorno risuonerà su tutte le lingue, in tutti gli angoli più remoti della terra. Che cosa è il nome? E una parola, che in dica e designa una persona, che gli uomini s’accordano di darle e che tal volta è la espressione e lo specchio più o meno fedele delle sue doti fisiche e morali. Il nome d’una persona, perché sia veramente il suo nome, dovrebb’essere la cornice, che racchiude il quadro, la corolla che contiene il fiore; dovrebb’essere il compendio delle qualità, onde va adorno chi lo porta. Ciò raramente avviene tra noi, ma perfettamente avvenne nel Salvatore. Né poteva essere altri menti, perché quel nome non veniva dagli uomini, ma da Dio stesso ed esprimeva a meraviglia il carattere personale, la dignità e la missione di lui. Gesù, in nostra lingua, significa Salvatore: Salvatore senza restrizione di sorta, senza limite di tempo, di luoghi, di popoli: Salvatore universale, perenne. Vero è che prima di Lui questo nome augusto fu dato ad uomini; ma ad essi non conveniva (e non sempre) che in parte e sovente sembrava una ironia amara: erano uomini che lo imponevano! Qui il nome di Gesù o Salvatore, è dato da Dio ed esprime fedelmente ciò ch’esso suona: Salvatore degli uomini, di tutti gli uomini, quanto all’anima e quanto al corpo, solo, unico Salvatore, perché nella grand’opera che compie, non ha bisogno d’altri, e tutta sua ne è la gloria. Meritamente i Libri Santi dicono, che non v ‘è sotto del cielo altro nome, nel quale si possa avere salute e che al suono di questo nome santo si piega ogni ginocchio in cielo, in terra e giù nell’abisso. Parrebbe dunque impossibile che tanto nome possa essere profanato e bestemmiato da chi lo conosce, crede in Lui e ne ha ricevuto il beneficio della salvezza. E così, o carissimi? Rispondete Ohimè! Quante volte questo nome benedetto per le vie, per le piazze, per le case, in privato ed in pubblico è orribilmente insultato e bestemmiato! Insultare e bestemmiare il nome di Colui, che non solo non ci ha fatto, né può fargli la più lieve offesa, ma ci ha colmato di benefìci, che è il nostro Salvatore, l’unica nostra speranza! Non sia mai, o dilettissimi, che sulla vostra lingua risuoni la parola della bestemmia e nemmeno della irriverenza contro questo nome santissimo! A Lui sia sempre, in cielo, in terra, in ogni luogo, lode, onore e gloria! – Lo dissi sopra: come gli Ebrei nell’atto della Circoncisione, così noi Cristiani tutti nell’atto del Battesimo diamo il nome ai nostri bambini. E qui, o carissimi, non vi è osservazione utile a fare ? Sì, v’è e voi non muoverete lamento se la dirò con tutta franchezza. La Chiesa raccomanda e quasi prescrive che ai bambini nel Battesimo si impongano nomi sacri, i nomi di qualcuno degli innumerevoli eroi, onde Essa va meritamente altera. Quel nome del santo deve ricordare per tutta la vita il modello da imitare, l’avvocato e protettore, al quale ricorrere. Quel nome, che portano, è un richiamo continuo alla fede, è un eccitamento alla virtù, è una parola, che compendia in sé le gesta d’un Apostolo, d’un martire, d’un santo è uno sprone potente ad imitarne la vita, è un rimprovero efficace se colla loro condotta lo disonorano. – Il Cristianesimo ha trionfato del paganesimo e la grandezza e la gloria di quello sotto qualsivoglia rispetto trascendono al tutto la grandezza e la gloria di questo. Perché dunque disseppellire nomi prettamente pagani e talvolta nomi di famosi colpevoli, di grandi scellerati ed imporli a vostri figli? Non è questa brutta e inesplicabile contraddizione? Noi, Cristiani, mendicare i nomi dei nostri figli presso i gentili o presso i romanzieri, forse al disotto dei gentili! I nomi di Pietro, di Paolo, di Giovanni, di Tommaso, di Luigi, di Francesco, di Agnese, di Agata, di Cecilia, di Caterina e di cento e cento altri eroi ed eroine della Chiesa Cattolica che vi presentano ideali stupendi di fortezza, di virtù senza macchia, di scienza, di grandezza morale? Questa simpatia pei nomi pagani o quasi pagani o romantici, che largamente si manifesta in mezzo a noi, pur troppo è argomento di un’altra simpatia, la simpatia delle idee e delle opere pagane e romantiche, che fermentano in seno alla nostra società cristiana. Siamo Cristiani e i nomi dei nostri figli e nipoti siano pur essi una professione della nostra fede e un ricordo delle virtù, delle quali deve essere ricca e bella la nostra vita!

III OMELIA

(Discorsi di G. B. M. VIANNEY VOL. I, IV ed. Ed. Marietti – 1933)

PRIMA DOMENICA DELL’ANNO

Domine, dimitte illam et hoc anno.

[Signore, lasciatela ancora un anno sulla terra.]

(S. Luca, XIII, 8)

Un uomo, ci dice il Salvatore del mondo, aveva un fico piantato nella sua vigna, e venendo a cercarvi i frutti, non ne trovò alcuno. Allora si rivolse al vignaiolo e gli dice: ecco, son già tre anni che vengo a raccogliere frutto da questo fico, senza trovarne; taglialo dunque, perché occupare ancor la terra? Il vignaiolo gli risponde. Signore, lasciamolo ancora quest’anno, lo lavorerò intorno, vi metterò del concime, forse porterà frutto, altrimenti lo taglierete e lo getterete al fuoco. No, fratelli miei, questa parabola non ha bisogno do spiegazione alcuna, siamo proprio noi, questo fico che il Signore ha piantato nel seno della Chiesa e dal quale aveva diritto di di aspettarsi buoni frutti, ma finora abbiamo deluso le sue speranze. Indignato per la nostra condotta Egli voleva toglierci da questo mondo e punirci; ma Gesù-Cristo, che è il nostro vero vignaiolo, che coltiva le nostre anime con tanta cura e che è già il nostro Mediatore, ha chiesto, di grazia, a suo Padre di lasciarci ancora questo anno sulla terra, promettendo a suo Padre che Egli avrebbe raddoppiato le sue cure ed avrebbe fatto tutto quel che poteva per convertirci. Padre mio, gli dice questo tenero Salvatore, ancora questo anno, non lo punite così presto; io lo perseguirò continuamente, sia con i rimorsi della coscienza che lo divorano, sia con i buoni esempi, sia con buone ispirazioni. Io incaricherò questi ministri di annunciar loro che sono sempre pronto a riceverlo; che la mia misericordia è infinita. Ma, se malgrado tutto questo, essi non vogliono amarvi, ben lungi dal difenderli contro la vostra giustizia, Io stesso mi volgerò contro di loro pregandovi di toglierli da questo mondo e di punirli. Preveniamo, fratelli miei, una sì grande sventura e profittiamo di questa misericordia che è infinita! Fratelli miei, passiamo santamente l’anno che stiamo per iniziare: e per questo, evitiamo questi disordini che hanno reso i nostri anni passati così peccaminosi agli occhi di Dio. È quel che io voglio dimostrarvi in maniera semplice e familiare affinché, comprendendolo bene, possiate profittarne.

I. Perché, fratelli miei, la nostra vita è piena di tanta sofferenza? Se consideriamo bene la vita dell’uomo, non è altro che una catena di mali: malattie, dolori, persecuzioni o infine le perdite di proprietà si succedono incessantemente su di noi; così che da qualunque parte l’uomo terreno si giri o si consideri, trova solo croci e afflizioni. Andate,  domandate dal più piccolo al più grande, tutti ti avranno lo stesso linguaggio. Infine, fratelli miei, l’uomo sulla terra, se non si rivolge a Dio, non può che essere infelice. Lo sapete perché, fratelli miei? No, mi direte voi. Ebbene! Amico mio, eccone il vero motivo. È che Dio, non ci messo in questo mondo solo come in un luogo di esilio e di reclusione, Egli vuole forzarci con così tanti mali a non attaccare ad esso il nostro cuore e a sospirare beni ben più grandi, più puri e più durevoli di quelli che si possono trovare in questa vita. Per farci sentire il bisogno di portare la nostra visuale verso i beni eterni, Dio ha dato ai nostri cuori desideri così vasti ed estesi, che nulla di creato è in grado di soddisfarli: ma a questo punto egli spera di trovare qualche piacere, attaccandosi a degli oggetti creati; appena possedeva ciò che desiderava con così tanto ardore, non appena assaggiato, egli si volge da un’altra parte, sperando di trovare qualcosa di meglio. È quindi costretto e forzato a confessare, per esperienza personale, che è inutile voler riporre qui la propria felicità in cose deperibili. Se spera di avere qualche consolazione in questo mondo non sarà se non disprezzando le cose che sono passeggere e di così poca durate, e tendendo al fine nobile e felice per il quale Dio lo ha creato. Volete essere felice amico mio? Guardate il cielo: là è dove il vostro cuore troverà qualcosa di cui saziarsi pienamente. Per provarlo, fratelli miei, dovrei solo interrogare un bambino e chiedergli per qual ragione Dio l’ha creato e messo al mondo; egli mi risponderebbe: per conoscerlo, amarlo, servirlo e quindi guadagnare la vita eterna. Ma di questi beni, di questi piaceri, di questi onori che cosa devi farne? Mi direbbe di nuovo: tutto ciò esiste solo per essere disprezzato, ed ogni Cristiano fedele agli impegni presi con Dio sul sacro fonte del Battesimo, le disprezza e le calpesta con i piedi. Ma mi direte ancora, cosa dobbiamo fare allora? Come dovremmo comportarci per giungere al fine beato per il quale siamo stati creati, in mezzo a così tante miserie? Eh! Amici miei, niente di più facile, tutti i mali che voi sperimentate sono i veri mezzi per condurvici: cerco di dimostrarvelo in modo chiaro come di giorno a mezzogiorno. Innanzitutto io vi dirò che Gesù Cristo con le sue sofferenze e la sua morte ha reso tutti i nostri atti meritori, per cui per un buon Cristiano, non c’è un movimento del nostro cuore e del nostro corpo che non sia ricompensato se lo facciamo per Lui. Forse voi pensate che questo non sia ancora abbastanza chiaro. Ebbene, se ciò non è sufficiente abbastanza, riesaminiamo la questione. Seguitemi per un momento e saprete come fare per rendere tutte le vostre azioni meritorie per la vita eterna, senza nulla cambiare nel vostro modo di agire. Bisogna soltanto tutto fare per piacere a Dio, e aggiungerò pure che invece di rendere le vostre azioni più penose facendole per Dio, al contrario, esse saranno solo più dolci e più leggere. Al mattino, quando vi svegliate, pensate immediatamente a Dio, e fatevi subito il segno della croce in Lui dicendo: Mio Dio, io vi dono il mio cuore, e poiché Voi siete così buono da darmi un altro giorno, fatemi la grazia che tutto ciò che io farò, non sia che per la vostra gloria e la salvezza della mia anima. Ahimè! dobbiamo poi dire in noi stessi: quanti ieri sono caduti nell’inferno, che forse erano meno colpevoli di me: devo dunque fare meglio di quanto non abbia fatto finora. Da questo momento, dovete offrire a Dio tutte le vostre azioni della giornata dicendogli: Ricevete, o mio Dio, tutti i pensieri, tutte le azioni che io farò in unione con ciò che avete sopportato durante la vostra vita mortale per mio amore. Questo è quello che non dovete mai dimenticare; perché, affinché le nostre azioni siano meritorie per il cielo, dobbiamo averle offerte al buon Dio, altrimenti esse saranno senza ricompensa. Quando è giunto il momento di svegliarvi, alzatevi prontamente: fare attenzione a non ascoltare il demone che ti tenterà di rimanere un po’ di più a letto, per farti mancare la vostra preghiera, o per farvela fare distrattamente, al pensiero di ciò che vi attende, o dell’opera che vi pressa. Quando vi vestite, fatelo modestamente, pensando che Dio ha gli occhi su di voi e che il vostro buon Angelo custode vi sia vicino, cosa di cui non potete dubitare. Mettetevi poi in ginocchio, non ascoltate ancora il demone che vi dice di rimandare la vostra preghiera ad un altro momento, per farvi offendere Dio fin dal mattino; al contrario, fate la vostra preghiera con tal rispetto e modestia per quanto ne sarete in grado. Dopo la vostra preghiera, prevedete le occasioni che potreste avere di offendere Dio durante la giornata, per poterle evitare. Quindi prendete una qualche risoluzione che vi sforzerete di eseguire dal primo momento: come, ad esempio, fare il vostro lavoro nello spirito di penitenza, evitare l’impazienza, le mormorazioni, i giuramenti, frenare la vostra lingua. La sera esaminerete poi se siete stati fedeli ad essa; se avete mancato, imponetevi qualche penitenza per punirvi delle vostre infedeltà, e siatene certi, se userete questa pratica, sarete presto in grado di correggervi da tutti i vostri difetti. – Quando andate a lavorare, invece di occuparvi della condotta dell’uno o dell’altro, occupatevi di alcuni buoni pensieri, come della morte: pensate che presto sarete tratti fuori da questo mondo; voi esaminerete quanto bene abbiate fatto da quando ci siete; vi dorrete soprattutto per i giorni persi per il cielo, cosa che vi porterà a raddoppiare le vostre buone opere, oppure del giudizio che forse, prima che la giornata finisca, dovrete rendere conto di tutta la vita e che quel momento deciderà il vostro destino, o eternamente infelice, o eternamente beato; o nel fuoco dell’inferno, dentro il quale bruciano quelli che hanno vissuto nel peccato, o nella felicità del paradiso, che è la ricompensa per coloro che sono stati fedeli nel servire Dio; o, se volete, trattenetevi sulla bruttura del peccato che ci separa da Dio, che ci rende schiavi del demonio gettandoci in un abisso di mali eterni. – Ma, voi mi direte, non possiamo fare tutte queste meditazioni. Ebbene! vedete la bontà di Dio, non sapete come meditare su queste grandi verità? Ebbene! fate delle preghiere, dite il vostro Rosario. Se siete un padre o una madre, ditelo per i vostri figli, affinché il buon Dio possa dare loro la grazia di essere dei buoni Cristiani che faranno la vostra consolazione in questo mondo e la vostra gloria nell’altro! E i figli devono dirlo per i loro padri e madri, affinché Dio li preservi e siano ben allevati cristianamente. Oppure pregate per la conversione dei peccatori, affinché possano avere la felicità di tornare a Dio. E con questo,  voi eviterete un numero infinito di parole inutili, o forse anche dei commenti che spesso non sono dei più innocente. Dovete, fratelli miei, abituarvi quanto più possibile, ad usare santamente il tempo. Ricordatevi che non possiamo salvarci senza pensarvi e che, se c’è un affare che meriti che noi ci pensiamo, è certamente l’affare della nostra salvezza, perché non ci ha messo sulla terra se non per salvarci. – Bisogna, fratelli miei, che prima di cominciare il vostro lavoro, non manchiate mai di fare il segno della croce, e non imitate quelle persone senza religione che non osano farlo perché sono in compagnia. Offrite con tutta semplicità le vostre pene al buon Dio, e rinnovate di tanto in tanto questa offerta con la quale avrete la felicità di attirare la benedizione del cielo su di voi e su tutto ciò che farete. Vedete, fratelli miei, quanti atti di virtù potete praticare comportandovi in questa maniera senza cambiare nulla in ciò che fate.  Se lavorate per piacere a Dio, obbedite ai suoi comandamenti che vi ordinano di guadagnare il vostro pane col sudore della vostra fronte: ecco un atto di obbedienza. Se questo vale per espiare i vostri peccati, fate un atto di penitenza. Se ha il fine di ottenere qualche grazia per voi o qualcun altro: ecco un atto di fiducia e di carità. O quanto, fratelli miei, possiamo meritare ogni giorno il cielo facendo quel che dobbiamo fare; ma facendolo per Dio e la salvezza della nostra anima! Chi vi impedisce, quando sentite battere le ore, di pensare alla brevità del tempo e dire in voi stessi: le ore passano e la morte avanza, io corro verso l’eternità. Sono pronto a comparire davanti al tribunale di Dio? Sono nello stato di peccato? E, fratelli miei, se avete questa disgrazia, fate presto un atto di contrizione per timore che Dio vi rigetti, e prendete poi la risoluzione di andarvi a confessare per due ragioni. La prima è che, se morite in questo stato, sarete certamente dannato, e tutte le buone opere che avete fatto saranno perdute per il cielo. Ed allora. Fratelli miei, avrete il coraggio di restare in uno stato che vi rende nemico del vostro DIO che vi ama tanto? Quando vi riposate dalle vostre fatiche, alzate gli occhi verso questo bel cielo che vi è stato preparato e, se avrete la felicità di servire DIO come dovete, dicendo a voi stesso: O bel cielo, quando avrò la felicità di possedervi! Tuttavia, fratelli miei, è vero il dire che il demonio non trascura di fare tutto quel che può per portarci al peccato, poiché San Pietro ci dice: « che egli ruggisce senza lena intorno a noi come un leone per divorarci. » Occorre dunque comprendere, fratelli miei, che finché sarete sulla terra, avrete tentazioni. Ma cosa dovete fare quando sentite il demonio che vorrebbe portarvi al male? Eccolo! Fate subito ricorso a DIO, dicendogli: « Mio DIO, venite in mio aiuto! Vergine Santa aiutatemi, per favore » oppure: « Mio santo Angelo custode, combattete il nemico della mia salvezza! » Fate subito queste riflessioni: nell’ora della mia morte, vorrò io aver fatto questo? No, senza dubbio. Ebbene! Bisogna dunque resistere a questa tentazione. Io potrò ora nascondermi agli occhi del mondo; ma DIO mi vede. Quando mi giudicherà, cosa gli risponderò se avrò la sventura di commettere questo peccato? Si tratta qui di Paradiso o di inferno, quale dei due vorrò scegliere? Credetemi, fratelli miei, fate queste piccole riflessioni tutte le volte che sarete tentati, e vedrete che la tentazione diminuirà man mano che le resistete, e ne uscirete vittoriosi. Di seguito, voi proverete da voi stessi che se vi costa il resistere, in seguito si è compensati dalla gioia e dalla consolazione che si prova dopo aver cacciato il demonio. Io sono sicuro che molti tra voi diranno tra loro che questo è proprio vero. I padri e le madri, dovranno abituare i loro figli a resistere subito alla tentazione, perché si può dire a tanti padri e madri che ci sono bambini che a quindici o sedici anni non sanno più cosa significhi resistere ad una tentazione, che li lasciamo prendere nelle trappole del demonio come uccelli nelle reti! Da dove deriva questo, se non dall’ignoranza o dalla negligenza dei genitori? Ma forse, mi direte, come volete che insegniamo ai nostri figli quando noi neppure lo sappiamo? Ma se non siete tanto istruiti, perché dunque siete entrati nello stato matrimoniale, nel quale sapete, o almeno dovreste sapere, che se il buon DIO vi dà dei figli, voi siete obbligati, sotto pena di dannazione, ad istruirli nel modo in cui devono comportarsi per andare in cielo. Amico mio, non è forse abbastanza che la vostra ignoranza vi perda senza perdere altri con voi? Se almeno, essendo perfettamente convinti che non abbiate molti lumi, perché non vi fate istruire nei vostri doveri da coloro che ne sono incaricati? Ma, voi mi direte, come osar dire ad un pastore che io sono poco ostruito? Egli si burlerebbe di me! Si burlerebbe di me!?, fratelli miei, voi vi ingannate, anzi egli avrà piacere ad insegnarvi ciò che voi dovete sapere, e di conseguenza i vostri figli. Dovete inoltre insegnar loro a santificare il loro lavoro, cioè a farlo non per diventare ricchi né per essere stimati dal mondo, ma per piacere a DIO che ce lo comanda per espiare i nostri peccati; con questo voi avrete la consolazione di vederli diventare figli saggi ed obbedienti, che faranno la vostra consolazione in questo mondo e la vostra gloria nell’altro. Voi avrete la felicità di vederli temere DIO e padroneggiare le loro passioni. No, fratelli miei, il mio intento non è oggi quello di mostrare ai padri ed alle madri la grandezza dei loro obblighi: essi sono così grandi e terribili che meritano una intera istruzione. Io dirò solo di passaggio, che essi devono fare ogni sforzo per ispirar loro il timore e l’amore di DIO; che le loro anime sono il deposito che DIO ha loro affidato, di cui un giorno bisognerà rendere un conto molto rigoroso. Infine si deve terminare la giornata con la preghiera della sera che si deve fare in comune per quanto possibile: perché, fratelli miei nulla è più vantaggioso di questa pratica di pietà, perché Gesù-Cristo ci ha detto Egli stesso che « se due o tre persone si uniranno insieme per pregare nel mio nome, Io sarò in mezzo a loro ». D’altro canto, cosa c’è di più consolante per un padre di famiglia di vedere ogni giorno tutta la sua casa prosternata ai piedi di DIO per adorarlo e ringraziarlo dei benefici ricevuti durante la giornata, e nello stesso tempo, gemere sui suoi passati peccati? Non c’è da sperare che tutti così trascorreranno santamente la notte? Colui che fa la preghiera non deve andare troppo svelto, affinché gli altri possano seguirlo, né troppo lentamente, cosa che causerebbe distrazioni agli altri, ma tenere un giusto mezzo. A questa preghiera della sera si deve aggiungere un esame in comune. Cioè, fermarsi un istante per rimettere i propri peccati davanti agli occhi. Ecco il vantaggio di questo esame: esso ci porta al dolore dei nostri peccati, ci ispira la risoluzione di non più ricadervi e quando andremo a confessarci, avremo più facilità a ricordarcene. Infine, se la morte ci coglie, noi compariremo con più fiducia davanti al tribunale di DIO; poiché San Paolo ci dice che se noi giudicheremo noi stessi, DIO ci risparmierà nei suoi giudizi. Sarebbe ancor da sperare, che prima di andare a dormire, facciate una piccola lettura di pietà, almeno durante l’inverno. Questa vi darà qualche buon pensiero che vi occuperà nel dormire e nello svegliarvi e con ciò fisserete più perfettamente le verità della vostra salvezza nel cuore. Nelle case ove non si sa leggere, ebbene, si può recitare il Rosario, cosa che attirerebbe la protezione della Vergine Santa. Si, fratelli miei, quando si trascorre così la giornata si può prendere il riposo in pace e dormire nel Signore. Se durante la notte ci si sveglia, si profitta di questo momento per lodare e adorare DIO. Ecco, fratelli miei, il piano di vita che dovete seguire, ed il buon ordine che dovete stabilire nelle vostre famiglie.

II. Vediamo ora i disordini più comuni e più pericolosi che bisogna evitare, ed in seguito le obbligazioni di ogni stato in particolare. Io dico innanzitutto che i peccati, i disordini più comuni sono le veglie, i giuramenti, le parole e le canzoni disoneste. Dico innanzitutto le veglie, sì, fratelli miei, sì, queste assemblee notturne che sono ordinariamente la scuola in cui i giovani perdono tutte le virtù della loro età, ed apprendono ogni tipo di vizio. In effetti, fratelli miei, quali sono le virtù della giovinezza? Non è forse l’amore per la preghiera, la frequentazione dei Sacramenti, la sottomissione ai loro genitori, l’assiduità al loro lavoro, una mirabile purezza di coscienza, un vivo orrore del peccato impuro? Tali sono, fratelli miei, le virtù che i giovani devono sforzarsi di acquisire. Ebbene! Fratelli miei, io vi dirò che benché raffermo sia un giovane o una giovane in queste virtù, se essi hanno la sventura di frequentare certe veglie, o certe compagnie, essi le avranno tutte ben presto perdute. Ditemi, fratelli miei, voi che ne siete testimoni, cosa vi si intendono se non le parole più sudicie e più vergognose? Cosa vi si vede se non familiarità tra i giovani che fanno arrossire il pudore, ed oso dire che se questi fossero degli infedeli, non ne farebbero di più. Ed i padri e le madri ne sono testimoni, e non dicono nulla, e padroni e padrone, conservano il silenzio! Un falso rispetto umano chiude la loro bocca! E voi sareste Cristiani! Avreste una Religione e sperate pure di andare un giorno in cielo! O DIO mio quale accecamento! Si può mai concepire? Sì, poveri ciechi, voi andrete, ma questo sarà nell’inferno: ecco dove sarete gettati. Come, voi vi lamentate che le vostre bestie muoiono? Voi avete senza dubbio dimenticato tutti questi crimini che si sono commessi durante i cinque o sei mesi d’inverno nelle vostre stalle? Voi avete dimenticato ciò che dice lo Spirito Santo: « Ovunque si commetterà il peccato, cadrà la maledizione del Signore. » Ahimè! quanti giovani avrebbero ancora la loro innocenza se non avessero partecipato a certe veglie e che forse non ritorneranno mai a DIO. Non è forse ancora, all’uscir di là che i giovani formeranno dei legami che, il più sovente, finiscono con lo scandalo e la perdita della reputazione di una fanciulla? Non è là che certi giovani libertini, dopo aver venduto la propria anima al demonio, vanno a perdere quelle delle altre? Sì, fratelli miei, i mali che ne risultano sono incalcolabili. Se siete dei Cristiani e desiderate salvare le vostre anime e quelle dei vostri figli e dei vostri domestici, non dovete mai organizzare veglie notturne a casa vostra, a meno che non ci siate voi, uno dei capi della casa, per impedire che DIO ne sia offeso. Quando sono entrati tutti, dovete chiudere la porta e non lasciarvi entrare nessuno. Iniziate la vostra veglia recitando una o due decine del vostro Rosario per attirare la protezione della Santa Vergine, cosa che potete fare lavorando. Poi bandite tutte le canzoni lascive o cattive: esse profanano il vostro cuore e la vostra bocca che sono i templi dello Spirito Santo; così che tutti questi racconti che non sono che menzogne, e che, più ordinariamente, sono contro persone consacrate a DIO, cosa che le rende ancor più criminali. E non dovete mai lasciare andare i vostri figli nelle altre veglie. Perché vi sfuggono, se non per essere più liberi? Se sarete fedeli nell’adempiere ai vostri doveri, DIO sarà meno offeso e voi, meno colpevoli. C’è ancora un disordine più deplorevole e più comune, che sono le parole libere. No, fratelli miei, nulla di più abominevole, di più detestabile di queste parole. In effetti, fratelli miei, cosa è più contrario alla santità della nostra Religione di queste parole impure? Esse oltraggiano Dio, scandalizzano il prossimo: ma per parlare più chiaramente, esse perdono tutto. Non basta spesso che una parola disonesta per occasionare mille cattivi pensieri, mille desideri vergognosi, forse anche per far cadere in un numero infinito di altre infamie, e per insegnare alle anime innocenti il male che essi hanno la fortuna di ignorare. E che! Fratelli miei, un Cristiano può lasciare occupare il suo spirito da tali orrori, un Cristiano che è il tempio dello Spirito Santo; un Cristiano che è stato santificato dal contatto del corpo adorabile di Gesù-Cristo! o DIO mio quanto poco conosciamo ciò che facciamo peccando! Se il nostro Signore vi dice che si può conoscere un albero dai suoi frutti, giudicate secondo il linguaggio di certe persone quale debba essere la corruzione del loro cuore, e tuttavia, nulla di più comune. Qual è la conversazione dei giovani? Non è questo maledetto peccato! Hanno altro in bocca? Entrate, oserei dire con S. Giovanni Crisostomo, entrate in queste bettole, cioè in questi ripari di impurità; su cosa volge la conversazione anche tra persone di una certa età? Non si giungono fino a gloriare colui che ne dirà di più! La loro bocca non è simile ad un tubo di cui l’inferno si serve per vomitare tutto le porcherie e le sue impurità sulla terra, ed attrarre le anime ad esso? Che fanno questi cattivi Cristiani, o piuttosto questi inviati degli abissi? Sono nella gioia? In luogo di cantare le lodi di DIO, sono le canzoni più vergognose che dovrebbero far morire un Cristiano di orrore.  Ah! gran DIO! Chi non fremerebbe pensando al giudizio che DIO ne farà. Sì, come Gesù-Cristo ci assicura Egli stesso, una sola parola inutile non resterà senza punizione. Ahimè! Qual sarà dunque la punizione di questi discorsi licenziosi, di questi spropositi indecenti, di questi orrori infami che fanno rizzare i capelli? Volete concepire l’accecamento di questi poveri sventurati, ascoltate queste parole: « Io non ho cattive intenzioni, vi dicono ancora; è solo per ridere, non sono che inezie e  barzellette che non fanno niente. » E che! Fratelli miei, un peccato così odioso agli occhi di DIO, un peccato, dico io, che solo il sacrilegio può oltrepassare, è una bagattella per voi! Oh! quanto il vostro cuore è rovinato e corrotto da questo vizio odioso. Oh no! No, non si può ridere e scherzare di ciò di cui dovremmo fuggire con più orrore che da un mostro che ci insegue per divorarci. Qual crimine, fratelli miei, amare ciò che DIO vuole che noi detestiamo sovranamente! Voi mi dite che non avete cattive intenzioni; ma ditemi anche, povero e miserabile vittima degli abissi, coloro che vi ascoltano ne avranno meno di cattivi pensieri e desideri criminali? La vostra intenzione arresterà forse la loro immaginazione ed il loro cuore? Parlate più chiaramente dicendo che voi siete la causa della loro perdita e della loro dannazione eterna. Oh! Questo peccato getta le anime all’inferno! Lo Spirito Santo ci dice che questo maledetto peccato di impurità ha coperto la superficie della terra. No, fratelli miei, no, non vado più oltre in questa materia; vi tornerò in una istruzione in cui tenterò di dipingervelo con ancora più orrore. Io dico dunque che i padri e le madri devono essere molto vigilanti nei confronti dei propri figli o domestici, non fare né dire un qualcosa che possa esser di danno a questa bella virtù di purezza. Quanti fanciulli o domestici che non si son dati a questo vizio se non dopo che i loro padri e madri ne hanno dato l’esempio! Quanti fanciulli e domestici persi per i cattivi esempi dei loro padri e madri o dei loro padroni o padrone! Sarebbe stato meglio per loro che si fosse piantati loro un pugnale nel seno! … almeno avrebbero avuto la felicità di essere nello stato di grazia, e sarebbero andati al cielo invece che essere gettati nell’inferno. I padroni devono essere molto vigilanti verso i loro domestici. Se ce ne sono alcuni che siano libertini nel linguaggio, la carità deve indurre a riprenderli due o tre volte con bontà; ma se continuano, dovete allontanarli da voi, altrimenti i vostri figli non tarderanno a somigliare loro. Diciamo anche, un domestico di questa specie è capace di attirare ogni tipo di maledizione sopra una casa. Un altro disordine che regna nelle famiglie e tra gli operai, sono le impazienze, i mormorii, i giuramenti. Ebbene! Fratelli miei, cosa guadagnate con le vostre impazienze ed i vostri mormorii? Forse vanno meglio i vostri affari? Ne soffrirete di meno? Non è tutto il contrario? Voi ne soffrite di più, e cosa più disastrosa è che voi perdete tutto il merito per il cielo. Ma, voi mi direte forse, che questo va bene per coloro che non hanno nulla da sopportare; se voi foste al posto mio, fareste forse ancor peggio. Io comprenderei tutto questo e ne converrei, fratelli miei, se non fossimo Cristiani, se non avessimo altra speranza che i beni ed i piaceri che possiamo gustare in questo mondo. Se, io dico, fossimo i primi a soffrirne; ma dopo Adamo ed Eva fino al presente, tutti i Santi hanno avuto qualcosa da soffrire, e per la maggior parte, molto più di noi; ma essi hanno sofferto con pazienza, sempre sottomessi alla volontà di DIO, e al presente, le loro pene sono finite, la loro felicità che è cominciata, non finirà mai. Ah! fratelli miei, guardiamo questo bel cielo, pensiamo alla felicità che DIO vi ci prepara, e sopporteremo tutti i mali della vita, in spirito di penitenza, con la speranza di una eterna ricompensa. Possiate voi avere la felicità, di sera, di poter dire che la vostra giornata è tutta per il buon DIO! Io dico che i lavoratori, se vogliono guadagnare il cielo. Devono soffrire con pazienza il rigore delle stagioni, i cattivi umori di coloro che li fanno lavorare; evitare i mormorii ed i giuramenti così comuni tra essi e compiere fedelmente il loro dovere. Gli sposi e le spose devono vivere in pace nella loro unione, edificarsi reciprocamente, pregare l’un per l’altro, sopportare i loro difetti con pazienza, incoraggiare alla virtù con i loro buoni esempi e seguire le regole sante e sacre del loro stato, pensando di essere figli dei santi, e che di conseguenza, non devono comportarsi come i pagani che non hanno la fortuna di conoscere il vero DIO. I padroni devono prendere le stesse cure dei loro domestici e dei loro figli ricordando ciò che dice San Paolo: che se non hanno cura dei loro domestici, sono peggiori dei pagani, e saranno puniti più severamente nel giorno del giudizio. I domestici agiscono per servirvi ed esservi fedeli, e voi dovete trattarli non come degli schiavi, ma come i vostri figli ed i vostri fratelli. Le domestiche devono considerare le loro padrone come se tenessero il posto di Gesù-Cristo sulla terra. Il loro dovere è quello di servirli con gioia, di obbedir loro con buona grazia, senza mormorii, e curare i loro beni come propri. I domestici devono evitare tra loro quegli atti estremamente familiari che sono sì pericolosi e sì funesti per l’innocenza. Se avete la ventura di trovarvi in una di queste occasioni, dovete lasciarla, a qualunque costo: è proprio là che dobbiamo seguire il consiglio che Gesù-Cristo vi dà, dicendovi che se il vostro occhio destro, o la vostra mano destra sono occasioni di peccato, strappateli e gettateli via da voi, perché è meglio andare in cielo con un solo occhio o una mano in meno, che esser precipitato nell’inferno con tutto il vostro corpo; vale a dire che, per quanto vantaggiosa possa essere la condizione in cui vi troviate, bisogna lasciarla senza indugio, altrimenti mai vi salverete. Preferite, ci dice Gesù-Cristo, la vostra salvezza, perché è la sola cosa che dovete avere a cuore. Ahimè! fratelli miei, quanto sono rari questi Cristiani che sono disposti a soffrire tutto piuttosto che rischiare la salvezza della propria anima. Sì, fratelli miei, avete udito riassunto tutto ciò che dovete fare per santificarvi nel vostro stato; ahimè! quanti peccati abbiamo da rimproverarci fino al presente. Giudichiamoci, fratelli miei, secondo queste regole, cerchiamo di conformarvi oramai la nostra condotta. E perché, fratelli miei, non faremmo tutto ciò che potremo per piacere al nostro DIO che ci ama tanto? Ah! se ci prendessimo la pena di gettare i nostri sguardi sulla bontà di DIO verso noi! In effetti, fratelli miei, tutti i sentimenti di DIO verso il peccatore non sono che sentimenti di bontà e di misericordia. Benché peccatore Egli lo ama ancora. Egli odia il peccato, è vero, ma ama il peccatore che, benché peccatore, non cessa di essere sua opera creata a sua immagine ed essere l’oggetto dei suoi più teneri sospiri da tutta l’eternità. È per lui che ha creato il cielo e la terra;  è per lui che ha lasciato gli Angeli ed i Santi; è per lui che sulla terra ha sofferto tanto per trentatré anni; è per lui che ha stabilito questa bella Religione sì degna di un DIO, sì capace di rendere felice colui che ha la fortuna di seguirla! Volete voi, fratelli miei, che vi mostri quanto DIO ci ami, benché peccatori, ascoltate lo Spirito Santo che ci dice che DIO si comporta verso di noi come Davide si comportò verso il figlio suo Assalonne, che formò un’armata di scellerati per detronizzare e togliere la vita ad un padre così buono, per poter regnare a suo posto. David è costretto a fuggire e lasciare il suo palazzo per mettere in sicurezza la sua vita, essendo perseguitato dal suo figlio degenere. E malgrado questo crimine dovette essere stato molto odioso a David, tuttavia lo Spirito-Santo ci dice che il suo amore per questo figlio ingrato era senza limiti, e sembrava quasi che a misura che questo figlio malvagio armasse il suo furore, questo buon padre sentisse nuovo amore per lui. Vedendosi costretto a marciare alla testa di un’armata per arrestare questo figlio sventurato, la sua prima cura prima di ingaggiare battaglia, fu quella di raccomandare ai suoi ufficiali ed ai suoi soldati, di salvare suo figlio. Questo figlio criminale e barbaro, vuole togliergli la vita, ed è per lui che questo padre prega. Egli perì per un visibile permesso dell’Alto, e Davide, lungi dal gioire della defezione di questo ribelle, e vedersi in sicurezza, al contrario, quando ne apprende la morte, sembra dimenticare la sua vita ed il suo regno, per non pensare che a piangere la morte di colui che non cercava che di sopprimerlo. Il suo dolore fu così grande e le sue lacrime abbondanti, che si coprì il viso per non vedere più il giorno; egli si ritirò nell’oscurità del suo palazzo e si lasciò andare a tutta l’amarezza del suo cuore. Le sue grida erano così laceranti e le sue lacrime sì amare ed abbondanti che gettò la costernazione fin nel mezzo delle sue truppe, rimproverando a se stesso di non avere avuto la fortuna di morire per salvare la vita di suoi figlio. Ad ogni istante lo si sentiva gridare: « Ah! figlio mio caro, Assalonne, ah! chi mi toglierà la vita per renderla a te. – Ah! fosse piaciuto a DIO che fossi morto al posto tuo! Non voleva ricevere più consolazioni; il suo dolore e le sue lacrime. lo accompagnarono fino alla tomba. Ditemi, fratelli miei, avreste mai pensato che la vostra perdita potesse causare tante lacrime e dolori al vostro divin Salvatore? Ah! chi non ne sarebbe colpito? Un DIO che piange la perdita di un’anima con tante lacrime, che non smette di gridare: amico, mio, amico mio, dove vai? A perdere la tua anima ed il tuo DIO? Fermati, fermati! Ah! guarda le mie lacrime, il mio sangue che ancora scorre: occorre che io muoia una seconda volta per salvarti? Eccomi. Oh! Angeli del cielo, scendete sulla terra, venite a piangere con me la perdita di quest’anima! Oh! sventurato è il Cristiano che persevera ancora a correre verso gli abissi, malgrado la voce che il suo DIO gli fa ascoltare continuamente! Ma, mi direte, nessuno ci parla in questo modo. Oh! amico mio, se non tappereste le vostre orecchie, ascoltereste incessantemente la voce del vostro DIO che vi insegue. Ditemi, amico mio, cosa sono questi rimorsi di coscienza quando siete caduto in peccato? Perché dunque questi turbamenti, che queste tempeste che vi agitano? Perché dunque questa paura e questo terrore in cui siete, o vi sembra di essere sempre pronti ad essere schiantato dai fulmini del cielo? Quante volte non avete sentito, anche peccando, una mano invisibile che sembrava vi respingesse dicendo: disgraziato, cosa fai? Sventurato, dove vai? Ah! figlio mio, perché vuoi dannarti? Non converrete con me che un Cristiano che disprezza tante grazie, meriti di essere abbandonato e riprovato, perché non ha ascoltato la voce di DIO, né approfittato delle sue grazie? Ma no, fratelli miei, è DIO solo che quest’anima ingrata disprezza e sembra voler togliere la vita e tutte le creature chiedono vendetta, ed è precisamente DIO solo che vuol salvarla, e si oppone a tutto ciò che potrebbe nuocergli, vegliando sulla sua conservazione come se fosse sola al mondo, e che la sua felicità dipendesse dalla sua mentre il peccatore gli pianta il pugnale in seno, DIO gli tende una mano per dirgli che vuole perdonarlo. I tuoni ed i fulmini del cielo sembrano gettarsi ai piedi del trono di DIO per pregarlo di grazia di permettere loro di schiantarlo. Ah! no, dice loro il divin Salvatore, quest’anima mi è troppo cara, io l’amo ancora, benché peccatrice. Ma Signore, riprendono queste folgori, ma essa non vive se non per oltraggiarvi? Non importa, io voglio conservarla, perché so che un giorno mi amerà; è per questo che io voglio vegliare alla sua conservazione. Ah! fratelli miei, sareste così duri da non essere colpiti da tanta bontà da parte del nostro DIO? Ebbene! Fratelli miei, andiamo oltre. Voi vedrete un altro spettacolo dell’amore di DIO per le sue creature e soprattutto per un peccatore convertito. Il Signore ci parla per bocca del profeta Osea. Egli giunge anche fino a voler nascondere i nostri peccati, dicendoci che DIO tratta il peccatore che lo oltraggia come una madre tratta un figlio sprovvisto di ragione. Voi vedete, ci dice, questo figlio privo di ragione, a volte è di cattivo umore, a volte è impaziente, grida, si irrita, giunge perfino a battere con le sue piccole mani il seno della madre che lo porta; si sforza si soddisfare la sua debole collera. Ebbene! Ci dice, qual vendetta credete che questa madre trarrà dalla temerità di questo figlio? Eccola: lo stringerà e lo presserà più teneramente al suo cuore: raddoppia le sue carezze; ella lo carezza, gli presenta la sua mammella ed il suo latte, per cercare di calmare il suo piccolo umore: ecco tutta la sua vendetta. Ebbene! Vi dice il profeta, se questo figlio avesse la conoscenza di ciò che fa, cosa dovrebbe pensare vedendo tanta dolcezza da parte di questa madre! Diamogli per un momento il linguaggio della ragione che la natura gli ha rifiutato; che penserà e che giudicherà di tutto questo quando sarà rinvenuto della sua collera? È vero che sarà stupefatto dalla temerità che ha avuto nell’irritarsi contro colei che lo teneva tra le sue braccia, che non aveva che da aprire la mano per lasciarlo cadere a terra e schiacciarlo. Ma nello stesso tempo temerà che questa buona madre rifiuti di perdonare questi piccoli furori? Non vedrà che al contrario essi sono già perdonati, perché lo carezza più teneramente mentre potrebbe vendicarsi? Sì, ci dice questo profeta, il Signore vi ama tanto, benché peccatori, da portarvi tra le sue mani fino alla vostra vecchiaia. No, no, egli dice, quand’anche una madre avesse il coraggio di abbandonare un figlio, Io non avrei il coraggio di abbandonare una delle creature. Ahimè! Fratelli miei, niente di più facile da concepire. DIO non sembra chiudere gli occhi sui nostri peccati? Non vediamo, ogni giorno, peccatori che non sembrano vivere che per oltraggiarlo, e che fanno tutti i loro sforzi per perdere gli altri, sia con i loro cattivi esempi, sia con i loro insulti, sia con parole disoneste. Non sembrerebbe che l’inferno li abbia inviati per carpire queste anime dalle mani di DIO per gettarle nell’inferno. Ebbene! DIO non ha cura di questi sventurati che non vivono se non per farlo soffrire e rapirgli delle anime? Non fa per essi tutto ciò che fa per il più giusto? Non comanda al sole di illuminarli, alla terra di nutrirli? Gli uni, agli animali di nutrirli, gli altri di vestirli, o di aiutarli nei loro lavori? Non comanda a tutti gli uomini di amarli come se stessi? Sì, fratelli miei, sembra che DIO, dal canto suo, si impegni a farci del bene per conquistare il nostro amore, e dall’altro lato sembra che il peccatore impieghi tutto ciò che è in lui per fargli la guerra e disprezzarlo … mio DIO! Quanto cieco è l’uomo! Quanto poco conosce quel che fa peccando, rivoltandosi contro un padre sì buono, un amico così caritatevole! Deplorando il nostro accecamento, cosa dobbiamo concludere da tutto questo, Cristiani? Questo: se DIO è tanto buono da darci la speranza di un nuovo anno, noi dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per trascorrerlo santamente e che, durante questo anno, noi possiamo ancora guadagnare l’amicizia del nostro DIO, riparare al male che abbiamo fatto non solo durante quest’anno che è passato, ma durante tutta la nostra vita, ed assicurarci una eternità di beatitudine, di gioia e di gloria. Oh! se l’anno prossimo avremmo la felicità di poter dire che questo anno è stato tutto per il buon DIO; qual tesoro avremmo accumulato! È ciò che vi auguro …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps LXXXVIII:12; 15
Tui sunt cæli et tua est terra: orbem terrárum et plenitúdinem ejus tu fundásti: justítia et judícium præparátio sedis tuæ.

[Tuoi sono i cieli e tua è la terra: Tu hai fondato il mondo e quanto vi si contiene: la giustizia e l’equità sono le basi del tuo trono].

Secreta

Munéribus nostris, quǽsumus, Dómine, precibúsque suscéptis: et coeléstibus nos munda mystériis, et cleménter exáudi.

[Ti preghiamo, o Signore, affinché gradite queste nostre offerte e preghiere, Ti degni di mondarci con questi celesti misteri e pietosamente di esaudirci.]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps XCVII:3

Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri.
[Tutti i confini della terra videro la salvezza del nostro Dio.]

Postcommunio

Orémus.
Hæc nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáta Vírgine Dei Genetríce María, cæléstis remédii fáciat esse consórtes.

[Questa comunione, o Signore, ci purífichi dal peccato e, per intercessione della beata Vergine Maria Madre di Dio, ci faccia partecipi del celeste rimedio.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: GENNAIO 2021

CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA:

GENNAIO 2021

PRIMO GIORNO DELL’ANNO.

La divozione al Papa

È terminato l’anno 2020. E noi siamo qui appunto radunati con questo intento di rendere al Signore con un solenne Te Deum le più vive azioni di grazie per i singolari benefizi, che si è degnato di farci nell’anno reste decorso. Ma siamo pure entrati nell’anno 2121, e nel recarci oggi al tempio abbiamo pure per questo riguardo avuto lo scopo di rinnovare dinanzi al Sacramentato Gesù quei santi voti, coi quali un giorno al fonte battesimale per bocca dei nostri padrini abbiamo giurato di voler essere fedeli seguaci del nostro Divin Redentore e maestro, credendo tutto ciò che Egli ci ha insegnato a credere e praticando tutto quello che egli ci ha comandato di praticare. Ma oltre a queste due grandi azioni è della massima importanza che in questa occasione noi ne facciamo un’altra ancora. Come uomini, e uomini di una particolare condizione, applicati a qualche particolare ufficio, con qualche particolare impegno, arrivati al termine di un anno ed al principio di un altro, noi siamo soliti di prendere qualche speciale proposito da adempiere particolarmente nel nuovo anno, in cui si è entrati, onde migliorare la condizione nostra, accrescere il nostro bene fisico e morale, farne avvantaggiare la nostra possibile felicità. Or quello che noi facciamo come uomini, è quello che dobbiamo fare anche più come Cristiani. Ogni nuovo anno che il Signore ci apre innanzi, ancorché non ci concedesse che di passarne qualche mese, qualche settimana, qualche giorno, è sempre un nuovo tratto di tempo che Egli ci concede per fruire della sua misericordia e per accrescere i nostri meriti per l’altra vita; epperò noi siamo in dovere incominciando un nuovo anno di prendere tutti e ciascuno qualche speciale proposito in relazione al grande benefizio che il Signore ci fa. Ed io son certo che voi tutti compirete questo dovere secondo lo stato, i bisogni egli obblighi particolari vostri. Ma trattandosi di proporne uno che sia a tutti conveniente e giovevole, sapete voi quale a me pare più d’ogni altro in questa circostanza importante? Quello della devozione al Papa. In quest’anno 2021 (*) ricorre il trentennale pontificale del Sommo Pontefice gloriosamente regnante Gregorio XVIII. E questo fausto avvenimento non può e non deve trascorrere inosservato, senza anzi la convenevole commemorazione per parte di alcun vero cristiano cattolico. E ciò tanto più da veri Cristiani cattolici dobbiamo fare, in quanto che si tratta altresì di riparare il Papa di quelle gravi offese e consolarlo di quelle forti afflizioni che di questi ultimi tempi gli furono recate. Nessuno di voi ignora come i suoi nemici dichiarati, gli aggregati cioè al Massonismo ed al Socialismo (che insieme alla bestia, e ai falsi profeti del Novus Ordo modernista, compongono il corpo mistico di satana – ndr.), oggidì più che mai si siano scatenati furibondi contro il Papa per distruggere se fosse possibile la sua esistenza, e per coprirlo ad ogni modo delle più basse e vituperevoli ingiurie. E nessuno di voi ignora come a questi nemici dichiarati altri se ne siano aggiunti più subdoli, epperò anche più maligni, i seguaci cioè del Modernismo, che pur professandosi ipocritamente suoi figli rispettosi, mirano più che altri mai a scalzare la sua sovrana autorità di Vicario di Gesù Cristo. Io credo adunque che non potrei in quest’oggi darvi miglior suggerimento di questo: la devozione al Papa. E perché lo abbiate ad accogliere e praticare più volonterosamente io vi parlerò oggi del Papa, e vi mostrerò come per lui si adattino perfettamente le parole da Gesù Cristo indirizzate al primo Papa: Tu es Petrxis, et super hanc petram ædificabo ecclesiam meam: et portæ inferi non prævalebunt adversus eam: Tu sei Pietro, e sopra di questa pietra fabbricherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa giammai (Matt. XVI, 18). …

(*) La date sono naturalmente aggiornate, come il nome del Sommo Pontefice regnante – ndr.

(da A. Carmagnola: Avvento e feste del Natale. S. E. I. Torino, IV ed. 1947) .

Queste sono le feste della CHIESA Cattolica del mese di Gennaio 2021

1 Gennaio In Circumcisione Domini   Duplex II. classis *L1*

                 I venerdì del mese

2 Gennaio

I Sabato del mese

3 Gennaio  SS. NOME DI Gesù

6 Gennaio In Epiphania Domini    Duplex I. classis *L1*

10 Gennaio Sanctæ Familiæ Jesu Mariæ

13 Gennaio Commemoratio Baptismatis Domini Nostri Jesu Christi    Duplex II. classis

14 Gennaio S. Hilarii Episcopi Confessoris Ecclesiæ Doctoris    Duplex

15 Gennaio S. Pauli Primi Eremitæ et Confessoris    Duplex

16 Gennaio S. Marcelli Papæ et Martyris    Semiduplex

17 Gennaio Dominica II post Epiphaniam    Semiduplex Dominica minor *I*

                  S. Antonii Abbatis    Duplex

18 Gennaio Cathedræ S. Petri    Duplex majus *L1*

19 Gennaio Ss. Marii, Marthæ, Audifacis, et Abachum Martyrum    Simplex

20 Gennaio Ss. Fabiani et Sebastiani Martyrum    Duplex

21 Gennaio S. Agnetis Virginis et Martyris    Duplex *L1*

22 Gennaio Ss. Vincentii et Anastasii Martyrum    Semiduplex

23 Gennaio S. Raymundi de Peñafort Confessoris    Semiduplex m.t.v.

24 Gennaio Dominica III Post Epiphaniam    Semiduplex Dominica minor *I*

                 S. Timothei Episcopi et Martyris    Duplex

25 Gennaio

In Conversione S. Pauli Apostoli    Duplex majus *L1*

26 Gennaio S. Polycarpi Episcopi et Martyris    Duplex

27 Gennaio S. Joannis Chrysostomi Episcopi Confessoris et Eccl. Doctoris –  Duplex

28 Gennaio S. Petri Nolasci Confessoris    Duplex

29 Gennaio S. Francisci Salesii Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

30 Gennaio S. Martinæ Virginis et Martyris    Semiduplex

31 Gennaio Dominica III Post Epiphaniam    Semiduplex Dominica minor *I*

    S. Joannis Bosco Confessoris    Duplex

TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

ULTIMO GIORNO DELL’ANNO.

IL TE – DEUM di ringraziamento.

(A. Carmagnola: AVVENTO, Novena e Festa del S. Natale: S. E. I. Torino, 1947)

Eccoci arrivati ormai al termine dell’anno, durante il quale abbiamo fatto un nuovo cammino verso la nostra eternità. Ora chiunque di noi si volga indietro a misurare col pensiero la via trascorsa, da quanti pericoli deve confessare di esser stato salvato, di quanti_beni deve riconoscere di essere stato favorito, di quante grazie deve dirsi ricolmo! E qual è stata mai quella mano benedetta, che durante questo passato anno ci ha difesi, ci ha beneficati, ci ha fatto copia de’ suoi tesori? Dobbiamo noi cercare sulla terra ovvero in cielo il nostro benefattore?… Allorquando il giovane Tobia, reduce dal suo viaggio nella Media, scampato da tanti rischi, lieto di nozze avventurate e di abbondanti sostanze insieme col padre suo convenne di ricambiare i benefizi del suo compagno di viaggio, questi svelatosi per l’arcangelo Raffaele: Benedite, disse, benedite Iddio, Signore del cielo e della terra, perché è Egli che ha usata con voi la sua misericordia. Or ecco quello, che io devo dire ora a me stesso e a voi: Rendiamo a Dio le debite lodi; a Dio innalziamo i nostri umili ringrazi amenti; a lui mandiamo ogni sorta di benedizioni; perciocché il benefattore nostro è Egli; è Egli che ci ha liberati da tanti mali; è egli che ci ha compartiti tanti beni. Mentre in quest’anno la morte ha troncato tante vite, che erano ben anche più preziose delle nostre, Dio ci ha risparmiati; Dio ci ha sostenuti, Dio ci ha dato ogni giorno il pane necessario per la vita, ci ha liberati da tante infermità, ci ha favoriti tanti bei giorni lieti e sereni? – Ma più ancora che nelle cose materiali, Dio ci ha beneficati nell’ordine spirituale. O anime giuste, chi è che vi ha preservate dal precipitare nelle più gravi enormità? Non è la mano di Dio? Anime penitenti, chi è che ha vibrato un colpo nel vostro cuore per ispezzarlo e cavarne il pianto della Contrizione? Non è la mano di Dio? Anime peccatrici non è passato giorno di quest’anno, in cui tutte le creature non abbiano alzato un grido contro di voi, e non abbiano chiesto licenza a Dio di vendicare in voi le offese fatte continuamente a sua divina Maestà. Chi ad esse ha impedito di compiere la vostra rovina? Chi vi ha dato ancora spazio di penitenza? Sempre la mano di Dio. Tutti adunque, che ci troviamo qui ancora in questo momento, abbiamo nel corso di questo anno ricevuti benefizi immensi dal Signore. Ma quale corrispondenza abbiamo noi usata a tanti benefizi? Abbiamo noi raggiunto il fine per cui ci furono fatti? Ci siamo resi più virtuosi? Abbiamo vinto i nostri difetti più comuni? Siamo noi divenuti più ferventi nell’amor di Dio e del prossimo? In una parola ci siamo dati ad una vita più santa? Forse è accaduto tutto il contrario, ed anziché farci migliori abbiamo peggiorato assai. Se così fosse sgraziatamente, nel riconoscere la bontà di Dio a nostro riguardo, domandiamogli anzitutto sinceramente perdono della nostra poca corrispondenza, e fors’anche della nostra ingratitudine. Poscia ringraziandolo con tutto il cuore di tanta bontà, promettiamogli sinceramente di voler d’ora innanzi, nella vita che ancora si degnerà di concederei, corrispondere ai benefizi suoi, coll’attendere seriamente alla fuga del peccato, alla pratica della virtù, all’opera della nostra santificazione.

Te Deum

Te Deum laudámus:

* te Dóminum confitémur.

Te ætérnum Patrem

* omnis terra venerátur.

Tibi omnes Ángeli,

* tibi Cæli, et univérsæ Potestátes:

Tibi Chérubim et Séraphim

* incessábili voce proclámant:

(Fit reverentia)

Sanctus, Sanctus, Sanctus

* Dóminus Deus Sábaoth.

Pleni sunt cæli et terra

* majestátis glóriæ tuæ.

Te gloriósus

* Apostolórum chorus,

Te Prophetárum

* laudábilis númerus,

Te Mártyrum candidátus

* laudat exércitus.

Te per orbem terrárum

* sancta confitétur Ecclésia,

Patrem

* imménsæ majestátis;

Venerándum tuum verum

* et únicum Fílium;

Sanctum quoque

* Paráclitum Spíritum.

Tu Rex glóriæ,

* Christe.

Tu Patris

* sempitérnus es Fílius.

(Fit reverentia)

Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem:

* non horruísti Vírginis úterum.

Tu, devícto mortis acúleo,

* aperuísti credéntibus regna cælórum.

Tu ad déxteram Dei sedes,

* in glória Patris.

Judex créderis

* esse ventúrus.

(Sequens versus dicitur flexis genibus)

Te ergo quǽsumus, tuis fámulis súbveni,

* quos pretióso sánguine redemísti.

Ætérna fac cum Sanctis tuis

* in glória numerári.

Salvum fac pópulum tuum, Dómine,

* et bénedic hereditáti tuæ.

Et rege eos,

* et extólle illos usque in ætérnum.

Per síngulos dies

* benedícimus te.

(Fit reverentia, secundum consuetudinem)

Et laudámus nomen tuum in sǽculum,

* et in sǽculum sǽculi.

Dignáre, Dómine, die isto

* sine peccáto nos custodíre.

Miserére nostri, Dómine,

* miserére nostri.

Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos,

* quemádmodum sperávimus in te.

In te, Dómine, sperávi:

* non confúndar in ætérnum.

SPIRITUALI E MISTICI DEI PRIMI TEMPI (2)

F. CAYRÉ:

SPIRITUALI E MISTICI DEI PRIMI TEMPI (2)

Trad. M. T. Garutti

Ed. Paoline – Catania

Nulla osta per la stampa – Catania, 7 Marzo 1957

P. Ambrogio Gullo O. P. Rev. Eccl.

Imprimatur

Catanæ die 11 Martii 1957 – Can. Nicolaus Ciancio Vic. Gen.

CAPITOLO II.

I PADRI UOMINI DI CHIESA PER ECCELLENZA

Significato della parola « Padri ».

Chiamiamo « Padri della Chiesa » tutti gli scrittori cattolici dei primi secoli, quelli la cui opera è rimasta, nel suo insieme, conforme all’ortodossia tradizionale. Il fatto di aver scritto non ha in sé valore particolare: le loro composizioni non sono assimilate ai Libri canonici del Vecchio e Nuovo Testamento ai quali è riconosciuta una ispirazione divina specialissima. Non è affatto sicuro né probabile che gli scritti dei Padri rappresentino la totalità della loro azione personale, né, a maggior ragione, la totalità dell’azione apostolica del loro tempo, tutt’altro. Nondimeno, proprio per questi scritti, essi hanno acquisito, per i secoli posteriori, una autorità eccezionale; essi sono per noi i testimoni diretti della vita cristiana durante tutto il periodo degli inizi. Senza dubbio, le comunità si sviluppavano per effetto di una spinta interna, di una linfa che sale e alimenta dal di dentro, segno evidente d’una autentica vitalità. Ma noi non conosceremmo che superficialmente questa vitalità senza gli scritti rimastici di quell’epoca. Da ciò l’interesse fondamentale di queste opere. – In realtà, bisogna aspettare il V secolo perché la parola « Padre » esprima pienamente quel valore dottrinale che gli si attribuisce oggi. San Basilio o San Gregorio Nazianzeno furono gli iniziatori di questa tendenza, che si impose al momento delle controversie cristologiche, in modo particolare nei Concili di Efeso e di Calcedonia (451). La fama dei Vescovi che avevano respinto vittoriosamente le grandi eresie trinitarie del IV secolo, nella loro azione conciliare o fuori dei concili, ma con un vero accordo di pensiero e di atteggiamento religioso, dette allora a quel nome di « Padri » un contenuto dottrinale che in seguito è andato sempre più estendendosi. Questa denominazione deve il suo prestigio non solamente ai grandi concili del IV secolo, i cui membri furono da allora chiamati «Padri », ma anche ai Vescovi anteriori e agli altri scrittori cristiani approvati dai Vescovi fin dai tempi apostolici. – San Vincenzo di Lérins, verso il 430, nel suo celebre « Commonitorium », fa appello all’autorità speciale di quelli che, essendo entrati m comunione con l’intera Chiesa, sono i soli « maestri da approvare » (magistri probabiles). Sono questi maestri i veri « Padri », ben diversi dai semplici scrittori ecclesiastici, la cui autorità non è così autenticamente garantita. Un documento importante della fine dello stesso secolo, opera parziale del Papa San Gelasio, al quale fu poi attribuito per intero (Decreto gelasiano), precisa ancora questi dati e li illustra con un elenco di nomi famosi. Ne manca uno, importantissimo, quello di Santo Ireneo, colui che aveva posto la regola capitale in questo campo: la necessaria conformità con una Sede capace di garantire da sola il legame diretto con gli Apostoli, la sede di Roma. – La santità di vita richiesta per l’attribuzione del nome di Padri, non è così rigorosa come la canonizzazione in vista del culto liturgico; esige una autentica vita cristiana ma senza quel grado eroico di cui a poco a poco la Chiesa ha fatto una condizione essenziale per l’onore degli Altari. Nel titolo di Padre, è l’ortodossia dottrinale che ha la prevalenza. – L’antichità che s’impone egualmente in questo campo, risale dal punto di vista delle fonti fino agli Apostoli esclusi: questi, infatti, continuano in qualche modo la Rivelazione propriamente detta, di cui furono i testimoni diretti ed immediati nella persona del Cristo. Questo contatto con gli Apostoli dà ai primi Padri, anche se non sono vescovi, e ai primi scritti, anche se sono anonimi, una autorità tutta particolare che non bisogna né esagerare né diminuire. Il punto di partenza della Patristica è dunque molto netto: la fine del I secolo, benché le opere cristiane vi siano rare: ce n’è almeno una e di grande portata, l’epistola di San Clemente di Roma, e forse anche la Didachè il cui autore è ignoto. All’altra estremità, l’epoca detta dei Padri è stata naturalmente più fluttuante. Ha superato da molto tempo il V secolo; fin dal medioevo, si dava particolare importanza a San Gregorio Magno (+ 604) in Occidente, e in Oriente a San Giovanni Damasceno, semplice monaco e grande difensore del culto delle immagini (+ 749). Generalmente si sta a queste due date; non crediamo però che le ragioni invocate per restare fissi ad esse siano decisive. Si lasciano così fuori della Patristica alcuni santi che hanno manifesti contatti con l’antichità cristiana e che è ingiusto porre in qualche modo fuori della serie, poiché i loro scritti non risentono affatto dell’ispirazione medievale. Pensiamo, per l’Oriente, a San Teodoro Studita, che incarna la lotta contro l’iconoclastia, agli inizi del sec. IX. Prima di lui in Occidente troviamo San Beda il Venerabile, posteriore di più di un secolo a Gregorio Magno, e forse bisognerebbe aggiungervi anche i grandi monaci anglo-sassoni degli inizi del sec. IX, che furono più dei testimoni del passato che dei veri iniziatori. La data dell’842, che segna la fine della lotta iconoclasta, con l’ascesa al potere dell’imperatrice Teodora, vedova dell’imperatore Teofilo e reggente in nome del figlio Michele, ancora minorenne, è una data capitale, sul piano religioso come su quello politico, data sottolineata ancora dalla festa dell’Ortodossia istituita fin dall’843 e tuttora in onore nella Chiesa bizantina. L’iconoclastia non era stata battuta se non grazie all’appoggio dell’Occidente, dei Papi in particolare, e la nuova solennità avrebbe potuto chiamarsi festa dell’Ortodossia cattolica: ragione di più per ricollegarvi l’antichità cristiana. Con la fine del IX sec. un nuovo periodo storico si apre in Oriente come in Occidente. L’epoca patristica è definitivamente chiusa.

Spirituali e mistici, più che speculativi.

Il lettore moderno affronta, generalmente i Padri con preoccupazioni che sono spesso molto lontane dalle loro e gli impediscono di capirli esattamente, a dispetto di una cultura letteraria e storica assai profonda. Egli chiede loro lumi su punti che essi hanno affrontato solo incidentalmente, trattando di questioni ben più importanti per essi di quelle che appassionano i moderni. Esiste un vero « campo » patristico, che occorre conoscere, almeno nelle sue grandi linee, prima di abbordare i Padri, se si vuol fare uno studio serio ed obiettivo. I teologi stessi si sbagliano spesso in proposito. A maggior ragione i laici rischiano di restare fuori da questo campo così particolare, se non si sono informati con cura sull’argomento. Il titolo stesso di questo libro — « spirituali e mistici » — non basta a orientare il lettore; queste due parole, per quanto giuste e utili siano, hanno preso ai giorni nostri dei significati ben determinati che non rispondono, se non lontanamente, alla realtà antica. Esse scartano già molte concezioni false ed hanno quindi un valore almeno indicativo. Bisogna tuttavia precisarle ancora, senza però rinchiuderci in quadri troppo angusti, che impediscano di andare al nocciolo delle opere. I Padri hanno meno la preoccupazione della scienza che della realtà vivente conosciuta per mezzo della fede. Ora questa solo nutre l’anima del Cristiano quando è illuminata dallo Spinto, e lo scopo che noi perseguiamo in questo lavoro fondamentale è mostrarne la funzione vitale. Nell’analisi di tale realtà vivente, abbiamo immediatamente posto in risalto un elemento essenziale, determinato da Cristo stesso, la Chiesa, di cui i primi documenti cristiani ci fanno toccare e afferrare l’azione diretta, prolungata attraverso i secoli. Certo vi è una bella distanza da un San Clemente di Roma e un Sant’Ignazio di Antiochia a un Sant’Agostino e a un San Gregorio Magno, ma un legame potente li unisce: il Coipo Mistico. – Questo Corpo, la Chiesa, è prima di tutto, nel mondo, una incarnazione continua del soprannaturale propriamente detto: è una vita divina nel senso letterale della parola. La lotta delle due città, di cui Sant’Agostino detterà le leggi nel V secolo, è già impegnata sin dai primi tempi, e gli apologisti, alla fine del secondo, ne mettono in luce la posta, o, se non altro, ne intravedono la grandezza e il mistero. Essi non sono tanto polemisti quanto apostoli a modo loro. Questa caratteristica è ancor più marcata nei Dottori propriamente detti, quelli che ebbero il dono di penetrare nel cuore dei misteri, non certo per comprenderli a fondo, ma per attingervi le luci provvidenzialmente necessarie contro le grandi eresie. Essi furono eminentemente dei contemplatori di questi misteri, nel senso profondo della parola, e vi trovarono luce e forza per realizzare l’alta missione dottrinale che la Provvidenza divina aveva loro affidato. – I « Dottori » ebbero sempre cura, nella Chiesa, di unire alla più rigorosa ortodossia la più intensa vita cristiana, ed i più illustri fra di essi furono anche i più ardenti promotori della fede «viva». Su questo punto c’è una comunanza di vedute, una unanimità di vita e di pensiero evidenti: essi furono « buoni pastori » nel senso evangelico della parola. Tutti, salvo rare eccezioni, si dedicarono alla preghiera con un fervore esemplare, e molti raggiunsero le vette della più pura contemplazione. La loro mistica è generalmente dottrinale nella sua base, ma la loro fede era così strettamente associata alla carità che oggigiorno si è creduto talvolta di potere e dover ritenere solo questo aspetto del Cristianesimo; ciò che porta ad una grave deformazione. Non è esclusa l’esperienza religiosa, ma essa trova il suo apogeo in una pura contemplazione del vero Dio, e persino della Trinità. Le Tre Persone, senza uscire dalla loro trascendenza, si comunicano in modo reale alle anime di preghiera e i Dottori antichi sembrano averne spesso beneficiato, talmente le loro opere testimoniano una certa intimità con esse. Questo misticismo è inseparabile da una vera ascesi che serve loro di base e che non si potrebbe dimenticare qui, anche se i principi dottrinali di una via ascetica completa, se non autonoma, non siano stati formulati e sistematizzati che più tardi. Sintesi del genere non sono spesso possibili che dopo lunghe esperienze, e talvolta in reazione contro gli abusi, così come, sul piano dottrinale, le definizioni dogmatiche e le costruzioni di sistemi non hanno potuto essere realizzati che in risposta a degli errori. Alcuni tentativi di sistematizzazione teologica si sono verificati al tempo dei Padri: ma essi sono eccezionali. Gli antichi non si preoccupavano tanto della scienza e delle sue esigenze rigorose, per ciò che riguarda il metodo, quanto della vita sotto le varie forme che sono state ora evocate. Vi fu qualche tentativo, in Oriente, prima di Sant’Agostino, il quale, verso il V secolo o al principio di questo, tentò parecchi abbozzi, d’altronde magistrali; e, quattro secoli più tardi, la Patristica si onora della piccola sintesi dottrinale di San Giovanni Damasceno. Tutto ciò annuncia da lontano un vasto campo da esplorare. Sarà l’impegno del Medioevo che affronterà i temi con un metodo, che non sarà più quello dei Padri, ma che non deve far dimenticare il loro. – Nelle opere dei Padri viene spesso trascurata la filosofia; ed è una lacuna, almeno per quanto riguarda i più grandi. Anche per quest’ultimi, e soprattutto in Oriente, la filosofia ha un ruolo secondario. Tuttavia non è inutile accennarvi, non fosse altro che per ricordare quella funzione ausiliaria che si ha spesso tendenza ad esagerare. Anche per Sant’Agostino, particolarmente subito dopo la sua conversione, la filosofia non sarà mai la preoccupazione predominante; tuttavia il suo apporto in questo campo non può essere trascurato senza recare un grave pregiudizio alla sua memoria, e a tutta la storia del pensiero Occidentale e cristiano. Sant’Agostino fu un pensatore nel senso letterale della parola, ma un pensatore religioso, un santo che si diede interamente, anima e corpo, alla grazia, dopo la sua conversione, e che, da secoli, rimane la guida spirituale più autorevole dell’Occidente. – Questa analisi metodica, di cui i capitoli seguenti saranno la giustificazione dettagliata, conferma la nozione di « Padri », data all’inizio di questo lavoro: organi qualificati dello Spirito Santo in quell’epoca privilegiata che è l’antichità cristiana, età che Cristo colmò dei suoi doni per farne guida per eccellenza dei tempi nuovi.

La nota dominante della Patristica: sapienza cristiana.

Il quadro che precede rischia, nella sua sommaria formulazione, di inaridire la storia di una dottrina che fu soprattutto una vita cristiana, eminente nelle istituzioni come nelle persone. Se la si vuole caratterizzare con una sola parola, forse bisognerebbe ricondurre tutto alla sapienza cristiana, considerando questa stessa come una realizzazione interiore della fede viva che agisce per la carità, secondo la parola di San Paolo (Gal. V, 6). Si tratta qui veramente di una realizzazione perfetta nell’insieme; la Chiesa aveva il dovere di giungere a questa pienezza di vita per imporsi, come ha fatto, in quei primi secoli cristiani: poiché tutto era da creare allora, sul piano spirituale, in un mondo materializzato dal paganesimo, o da una amministrazione potente ma implacabile. Bisognava, al di là del corpo, far vivere lo spirito volgendolo verso un Dio puro spirito, assolutamente trascendente e tuttavia capace di realizzare una vita superiore nell’uomo; anzitutto nella sua anima e poi, come per ridondanza, in quella degli altri. Tale è la grande legge evangelica. Cristo ha colmato gli Apostoli del suo Spirito al fine di intraprendere la conquista del mondo. Egli aveva agito e predicato davanti a loro per degli anni; era riapparso loro risuscitato ed essi ancora titubavano, come stupefatti, quasi schiacciati sotto il peso di un compito sovrumano. Lo Spirito Santo, nella Pentecoste, li trasformò interiormente, ne fece degli altri uomini; e sarà in forza di questo rinnovamento interiore che agirà in seguito sull’umanità, come il lievito nella pasta, secondo la formula stessa del Salvatore. Questa azione dello Spirito di Dio sull’uomo si presenta sotto molte forme. Tutte però hanno come risultato una sapienza universale, che è come la sintesi delle virtù teologali e dei doni superiori dello Spirito Santo. Ecco l’essenza dello spirito evangelico che animava i Padri e che doveva essere il vero sostegno della loro azione. Stiamo attenti a non vedere in essi soprattutto e soltanto dei filosofi; vi fu, in alcuni di essi, un vero sforzo razionale, ma fu accessorio, non essenziale, come certuni vorrebbero farci credere al giorno d’oggi. La ragione non ha che una funzione ausiliaria nella loro teologia. Questa stessa è per loro meno una scienza, nel senso tecnico della parola, che una vita di fede cosciente e organizzata per l’utilità personale e per quella del prossimo; i Padri, che ebbero generalmente l’alta responsabilità di anime affidate alla loro vigilanza, sentirono vivamente il dovere di istruirle e formarle. Essi posero in tal modo le basi di una vera teologia cristiana. Nondimeno, non è questa l’essenza dell’anima patristica. – I Padri sono innanzi tutto i testimoni di un Dio trascendente, ma che ama le creature al punto di abitare nell’umanità e persino in ogni uomo per mezzo di Cristo e del Suo Spirito. Per poter dire tutto in una parola, Dio si degna, per amore verso di noi, di vivere nella Chiesa, questa parte dell’umanità che Cristo ha raggruppato nella persona degli Apostoli e che Egli anima col suo Spirito. Ecco l’ambiente spirituale autentico dei Padri, la nota fondamentale della loro dottrina e della loro azione. I Padri sono gli uomini dello Spirito ed i testimoni della sua presenza attiva nel seno dell’umanità. Essi non sono degli allucinati, giocattoli fragili della loro immaginazione o dei loro sensi smarriti. Essi sono uomini sani di spirito, come testimonia la continuità, la potenza e la fecondità della loro azione: in realtà, essi hanno lanciato ai quattro angoli della terra, senza alcun mezzo umano, questa forza incomparabile che è il Cristianesimo stesso. Esso ha trasformato spiritualmente l’umanità: è la sola forza che conta ancor oggi di fronte al materialismo organizzato per lo sfruttamento del mondo nella negazione delle vere attività dell’uomo. Lo Spirito, nel senso letterale della parola, ci pone di primo acchito su un piano superiore, ed integra perfettamente vari aspetti di una attività umana assai intensa nell’ordine cristiano. – Bisogna tuttavia prevenire qui pericolosi equivoci, fissando a larghi tratti i valori diversi che si nascondono nella parola Spirito. Correntemente, essa indica l’anima umana, considerata nella sua attività soprasensibile: alte visioni intuitive e vita razionale. Si può, senza compromettere l’unità sostanziale dell’uomo, corpo ed anima ad un tempo, insistere nella necessaria sottomissione del corpo all’anima. Le attività sensibili son ben differenti dalle operazioni superiori, dette spirituali, senza che vi sia dualità. Alcuni Padri le hanno talvolta troppo distinte; ma altri, come Sant’Agostino, salvaguardano bene l’unità dell’anima, sia pure ordinando le sue operazioni interiori verso un Essere spirituale eminente che è Dio, e che d’altronde rimane nella sua alta trascendenza. Dio è, in pienezza, Spirito, puro Spirito, benché Egli sia dovunque e in ogni essere, con la sua essenza e con la sua azione. È lo Spirito Santo che è il principio dell’attività divina sull’anima. Tale azione si esercita specialmente nell’ordine soprannaturale. La formula spirito cristiano indica, in modo felice, una vera collaborazione spirituale dell’uomo con Dio, secondo i principi posti da Cristo e realizzati con l’aiuto dello Spirito Santo. Limitiamoci a questi significati fondamentali. – Nell’ordine dell’azione, forse si potrebbe riportare tutto alla sapienza, presa in un senso pieno che ci ponga di colpo su di un piano in cui si raggiungono precisamente il divino e l’umano, nel campo del pensiero come in quello dell’apostolato. Si tratta di una sapienza viva, sapienza teologale, vera sintesi delle tre grandi virtù che sono l’essenza del cristianesimo, secondo San Paolo (I Cor., XIII, 1-13). La sapienza scientifica dei teologi venuti dopo, metterà ancor più accento sui principi speculativi, i quali, del resto, si impongono ai ricercatori, anche nel campo del rivelato, con gli adattamenti indispensabili allo studio del soprannaturale. Essa non esclude nulla dei dati posti dai Padri sopra un altro piano: l’esercizio vivo della fede, della speranza e della carità sotto l’azione dello Spirito Santo.