DOTTRINA SPIRITUALE TRINITARIA (7)

M. M. PHILIPPON

LA DOTTRINA SPIRITUALE DI SUOR ELISABETTA DELLA TRINITÀ (7)

Prefazione del P. Garrigou-Lagrange

SESTA RISTAMPA

Morcelliana ed.Brescia, 1957.

CAPITOLO TERZO

L’INABITAZIONE DELLA TRINITÀ

(I)

« La mia occupazione continua è rientrare “nell’intimo”e perdermi in Coloro che sono qui ».

1) La santa della divina inabitazione — 2 La sua dottrina dell’inabitazione divina — 3) Il luogo di questa presenza: il centro più profondo dell’anima — 4) Suoi atti essenziali: l’attività della fede; l’esercizio dell’amore. – 5) Nella fede pura — 6) Primato dell’amore. — 7) La Pratica: fare atti di raccoglimento – 8) Piccolo catechismo della Presenza di Dio — 9) Progresso nella presenza di Dio —10) I due principali effetti di questa presenza: l’oblìo di sé e l’unione trasformante — 11) Ah! se potessi dire a tutte le anime!

Il silenzio non è che una condizione della vita vera. Col mistero del l’inabitazione della Trinità, ci troviamo al punto centrico della dottrina e della vita di suor Elisabetta, che è veramente la santa dell’inabitazione divina. Ed anche in questo, ella fu carmelitana. Se c’è una Verità cara alla dottrina mistica del Carmelo, è proprio questo mistero e questa certezza; che Dio è presente in noi e che, per trovarlo, bisogna rientrare « nell’intimo », in questo nostro regno interiore, Tutta la vita spirituale sì riassume qui. – Nel suo « Cammino di perfezione », commentando il Pater, santa Teresa nota, con profonda osservazione, che Dio non è soltanto in cielo, « ma nell’intimo dell’anima nostra» e lì bisogna sapersi raccogliere per cercarlo e scoprirvelo. Nel « Castello interiore », questa presenza della Trinità santa segna il punto culminante della sua mistica; le anime giunte all’unione trasformante vivono abitualmente in unione alle Persone divine, e trovano, in questa « Società Trinitaria », le gioie più beatificanti della terra. Anche san Giovanni della Croce ne fa il punto di convergenza di tutta la sua teologia mistica, specialmente degli stati spirituali più elevati. Egli diceva spesso per devozione la Messa votiva della santissima Trinità; e, durante la celebrazione del santo Sacrificio, l’anima sua, irresistibilmente rapita da questo mistero, con difficoltà si sottraeva all’estasi. La tradizione del Carmelo è rimasta fedele all’insegnamento di questi due grandi Maestri spirituali; e non è raro incontrare nei chiostri teresiani delle anime la cui vita di silenzio è tutta orientata verso il mistero trinitario. La stessa santa Teresa di Gesù Bambino non si offrì vittima all’Amore proprio il giorno della festa della Trinità? E la sua offerta all’Amore misericordioso fa parte di una preghiera essenzialmente trinitaria: « O mio Dio, Trinità beata, al fine di vivere in un atto di amore perfetto, mi offro al tuo Amore misericordioso come vittima di olocausto » (Storia di un’anima.). – Bisogna però riconoscere che suor Elisabetta della Trinità ricevette una grazia tutta speciale per vivere di questo mistero. Dio, che la predestinava alla missione di ricondurre le anime nel profondo di se stesse per prendervi coscienza delle divine ricchezze del loro Battesimo, fece di lei, veramente, la santa dell’inabitazione della Trinità.

1) Nella prima pagina del suo taccuino di fanciulla, aveva trascritto in carattere diverso questo pensiero di santa Teresa: « Bisogna che tu mi cerchi in te » (Santa Teresa a Monsignor Alvaro di Mendoz). Verso l’età di 19 anni, ella si sentiva « inabitata ». E spesso ripeteva ad un’amica: « Mi sembra che Egli sia qui », e faceva il gesto di stringerlo fra le braccia, di premerlo sul suo cuore. « Quando vedrò il mio Confessore domanderò che cos’è mai quello che accade in me ». Da allora, rassicurata sulla verità di questo mistero di fede, si seppellì senza timore nelle profondità di se stessa, per cercarvi i suoi « Tre ». – Le testimonianze di questo periodo non ci lasciano alcun dubbio che Elisabetta, prima ancora della sua entrata in chiostro, non fosse già « presa » dal mistero della divina inabitazione, e in un grado non comune. Era il tema delle sue confidenze intime: «La Trinità era il suo Tutto » (Testimonianza di un’amica). All’inizio di questa rivelazione subitanea che illuminò tutta la sua vita, ella non poteva tacerne. Qualche mese più tardi, non ne parlava quasi più; ma piuttosto si sentiva che era « presa » dalla Trinità. Questa espressione di un testimonio dice molto bene la passività dell’anima sua sotto l’azione dello Spirito Santo, dopo le prime grazie mistiche del ritiro del 1899. « Perdiamoci in questa Trinità santa, in questo Dio tutto amore. Lasciamoci trasportare in quelle regioni superne in cui non c’è più che Lui, Lui solo! » (Lettera a M. G… . 1901). « Dio in me, io in Lui, sia il nostro motto. Come è bella questa presenza di Dio in noi, nell’intimo santuario delle anime nostre! Qui noi Lo troviamo sempre, anche quando il sentimento non avverte più la sua presenza. Ma Egli è qui lo stesso; è qui, mi piace tanto cercarlo. Oh, non lasciamolo mai solo! Sia, la nostra vita un’orazione continua. Chi mai potrebbe rapircelo? Chi potrebbe anche solo distrarci da Colui che ci ha prese interamente, che ci fa tutte sue? » (Lettera a M. G. 1901). – Suor Elisabetta, dunque, ha già trovato la formula della sua vita; e otto giorni dopo la sua entrata in Convento, non farà che trascriverla, nel formulario che le si chiederà di riempire. — Qual è il vostro motto? — Dio in me; io in Lui. Al Carmelo, questa vita alla presenza di Dio è considerata come un’eredità sacra che si fa risalire al Patriarca Elia: « Io sto sempre alla presenza di Jahveh, il Dio vivo » (III Re, XVII, 1). È l’essenza stessa del Carmelo. Tutti gli spogliamenti, tutti i silenzi, tutte le purificazioni non hanno che uno scopo: serbare l’anima libera di applicare tutte le sue potenze a questa continua presenza di Dio. Suor Elisabetta, dunque, trovò su questo punto tutta una dottrina spirituale divenuta familiarissima nell’ambiente in cui doveva vivere. E fu, per la sua vita interiore, l’inizio di una fioritura stupenda. Fin allora, Elisabetta era stata una fanciulla tutta pura, molto pia, alla quale il Signore, in premio della sua fedeltà eroica, aveva elargito qualche tocco mistico; ma le mancava ancora una dottrina ed una formazione spirituale. L’incontro col Padre Vallée aveva stabilito con tutta certezza l’anima sua nella luce intravista; la lettura assidua di san Giovanni della Croce le dette una dottrina; l’ambiente religioso fece il resto. – Ella stessa, studiando il suo nuovo maestro spirituale, ne segnava con cura i punti che trattano della natura e degli effetti di questa misteriosa ma reale e sostanziale presenza della Trinità santa nell’anima. E, per una grazia tutta singolare, seppe trovare, in questa presenza delle tre divine Persone nel profondo dell’anima sua, « il suo cielo in terra », il segreto della sua santità eroica. – E, anzitutto, il suo nome trinitario la rapiva. « Non vi ho detto ancora il mio nome al Carmelo? Maria Elisabetta della Trinità. Sento che questo nome racchiude una vocazione particolare. Non è vero che è molto bello? Io amo tanto questo mistero della santissima Trinità; è un abisso nel quale mi perdo » (Lettera al Canonico A… – 14 giugno 1901.). – « Io sono Elisabetta della Trinità, cioè Elisabetta che scompare, che si perde, che si lascia invadere dai Tre” » (Lettera:-a-G. de G. 20 agosto 1903). Fu la parola d’ordine della sua vita di Carmelitana. « La mia occupazione continua è rientrare nell’intimo e perdermi in Coloro che vi abitano… Lo sento così vivo nell’anima mia, che basta io mi raccolga per trovarlo qui, dentro di me. Ed è tutta la mia felicità » (Lettera al Canonico A… – 15 luglio 1903). « Viviamo con Dio come con un amico. Rendiamo tutta viva la nostra fede, per unirci a Lui attraverso tutte le cose. È ciò che fa i santi. Noi portiamo il nostro cielo in noi; poiché Colui che sazia i beati nella luce dell’eterna visione, a noi si dona nella fede e nel mistero. Ma è sempre Lui. Io ho trovato sulla terra il mio cielo; perché il cielo è Dio, e Dio è nell’anima mia. Il giorno in cui l’ho compreso, tutto per me si è illuminato; vorrei svelare questo segreto a tutti quelli che amo, perché anch’essi aderiscano sempre a Dio, e si realizzi, così, la preghiera di Cristo: « Padre, che essi siano consumati nella unità » (Lettera alla signora De S… – 1902). Per quel fenomeno di accentramento familiare a tutte le anime dominate da una grande idea, suor Elisabetta riconduce tutto al pensiero che regna in lei, sovrano. Le feste liturgiche apparentemente meno collegate al mistero trinitario di cui essa vive nel profondo dell’anima, vi si riallacciano per una trasposizione che le viene naturalissima. Il Natale ce ne dà un esempio caratteristico. « Il Natale al Carmelo!… È veramente singolare. La sera, mi sono messa in coro, e là ho trascorso la mia veglia, insieme alla Vergine santa, nell’attesa del piccolo Dio che questa volta sarebbe nato, non più nel presepio, ma nell’anima mia, nelle nostre anime, perché Egli è Emmanuele, il « Dio con noi» (Lettera alla zia R… – 30 dicembre 1903.). La sua ispirazione poetica trova in questa abitazione divina nel profondo dell’anima il suo motivo fondamentale: O Beata Trinitas La grazia di Dio ti inondi e ti invada spandendosi in te come un fiume di pace; nell’ampie sue onde tranquille ti immerga! Che nulla d’estraneo ti sfiori mai più. Nell’intima pace di questo mistero sarai visitata da Lui, dal tuo Dio; e là ti festeggio in silenzio o mia Madre, la Trinità Santa adorando con te. Laudem Gloriæ – Giugno 1906 (A una Madre del Carmelo di Digione.). – Nella ricorrenza del 29 luglo, festa delle suore converse, scrive: « Il giorno di santa Marta, abbiamo festeggiato le nostre buone sorelle dal velo bianco. In onore della loro santa Patrona, vengono dispensate per quel giorno dal loro ufficio, per potersi dedicare con Maddalena ai dolci riposi della contemplazione. E tocca alle novizie sostituirle nei lavori della cucina. Io mi trovo ancora in noviziato, perché vi restiamo per tre anni dopo la professione; ho passato quindi una bella giornata presso il fornello. Avendo — come si dice — il mestolo in mano, io non sono andata in estasi come la mia Madre santa Teresa, ma ho creduto alla divina presenza del Maestro che era in mezzo a noi, e l’anima mia adorava nel centro di se stessa Colui che Maddalena aveva saputo riconoscere sotto il velo della umanità » (Lettera alla zia R… – Estate 1905). Le sue lettere sono piene di consigli sulla presenza di Dio: « L’anima vostra sia il suo santuario, il suo riposo su questa terra, in cui Egli è tanto offeso » (Lettera alla signora De B… – 17 agosto 1905). « Che Egli faccia dell’anima vostra un piccolo paradiso ove possa riposarsi deliziosamente; toglietene tutto quello che potrebbe ferire il suo sguardo divino. Vivete lì, insieme a Lui. Ovunque voi siate, qualsiasi cosa facciate, Egli non vi lascia mai; dunque rimanete voi pure con Lui, sempre. Entrate nell’intimo dell’anima vostra: sempre ve Lo troverete, impaziente di farvi del bene. Io rivolgo a Dio, per voi, la preghiera che san Paolo faceva per i suoi quando chiedeva « che Gesù abitasse, con la fede, nei loro cuori, affinché fossero radicati nell’amore » (Efesini, III-17). Queste parole sono così profonde, così misteriose! Oh, sì! quel Dio che è tutto Amore sia la vostra perpetua dimora, la vostra cella e il vostro chiostro in mezzo al mondo. Ricordatevi sempre che Egli è lì, nel centro più intimo dell’anima vostra, come in un santuario dove vuole essere amato fino alla adorazione » (Lettera alla signora De B… – Estate 1905). Sebbene adattato alle varie persone e circostanze, è però lo stesso pensiero fondamentale che ritorna sempre: la vera vita è nel profondo dell’anima, con Dio. Qui, essa ritrova coloro che ama, e qui sta il segreto della gioia che ha fatto della sua vita un paradiso anticipato. Suor Elisabetta della Trinità fu veramente l’anima di un’idea. Quando, ogni domenica, nell’Ufficio di « Prima », la Chiesa poneva sulle sue labbra il « Quicumque », essa, come già la Madre sua santa Teresa, si sentiva rapita verso questo mistero dei misteri dove l’anima sua viveva sempre. E ogni domenica era da lei consacrata all’onore della santissima Trinità. All’avvicinarsi poi della festa della Trinità santa, si sentiva pervasa da una grazia irresistibile; e, per molti giorni, la terra non esisteva più per lei. « Questa festa dei « Tre » è proprio la mia festa; per me, non ve n’è un’altra che le somigli; né io avevo mai capito così bene il mistero e tutta la vocazione che racchiude il mio nome. E in questo grande mistero ti do convegno, perché esso sia il nostro centro, la nostra dimora. Ti lascio con questo pensiero del Padre Vallée che formerà il soggetto della tua orazione: — Che lo Spirito Santo ti porti al Verbo, il Verbo ti conduca al Padre, e possa tu essere consumata nell’Unità, come il Cristo e i nostri santi » (Lettera alla sorella – Giugno 1902). In tal modo, gli anni e le grazie della sua vita religiosa la seppellivano ogni giorno più nel profondo di se stessa con Colui che. ad ogni istante, col suo contatto, le comunicava la vita eterna. I minimi avvenimenti tradivano la presa di possesso, piena, di quest’anima da parte della Trinità. Le viene comunicata la nascita di una nipotina, e subito esulta in uno slancio verso la Trinità: « Abbiamo fatto una vera ovazione alla piccola Bettina. Questa mattina, in ricreazione, la nostra reverenda Madre così buona, era tutta lieta di mostrarci la sua fotografia, e tu puoi pensare come batteva il cuore della zia Elisabetta. Margherita mia. come l’amo, questo piccolo angelo! L’amo, io credo, quanto la sua mammina. E non è dir poco. E poi, sai: mi sento tutta penetrata di rispetto dinanzi a questo piccolo tempio della Trinità santa. La sua anima mi appare come un cristallo che irradia la Divinità; se le fossi vicina, mi metterei in ginocchio per adorare Colui che dimora in lei. Vuoi abbracciarla per la sua zia Carmelitana e poi prendere la mia anima con la tua, per raccoglierti presso la tua creaturina? Se fossi ancora tra voi, come vorrei cullarla, vezzeggiarla! Ma il Signore mi ha chiamata sul monte santo perché io sia il suo angelo e la circondi di preghiera. Di tutto il resto, ne faccio serenamente il sacrificio, per Lei »; (Lettera alla sorella – Marzo 1904.). Nelle sue conversazioni in parlatorio, nelle sue lettere, con la mamma, con la sorella, con le amiche, con tutti quelli che la avvicinano, ella si fa apostola di questa presenza divina nell’anima, con discreta ma instancabile perseveranza. « Pensa che tu sei in Lui, che Egli si fa tua dimora quaggiù. E poi, che Egli è in te, che Lo possiedi nell’intimo del tuo essere, che in ogni ora del giorno e della notte, in ogni gioia, in ogni prova, tu puoi trovarlo lì, così vicino, così intimo! È il segreto della gioia; il segreto dei santi. Essi sapevano tanto bene di essere il tempio di Dio e che, unendosi a questo Dio, si diviene «uno stesso spirito con Lui », come dice san Paolo. Quindi si muovevano sempre sotto la Sua irradiazione (Lettera. a M. L. M… – 24 agosto 1903). – Bisognerebbe moltiplicare le citazioni. A chi studia da vicino l’evolversi di quest’anima, appare chiaro come il mistero della Trinità divenga sempre più intensamente la verità dominatrice della sua vita, mentre tutto il resto dilegua e scompare. – Il 21 novembre, festa della Presentazione di Maria santissima al Tempio, tutte le Carmelitane rinnovavano i voti della loro santa professione. Mentre suor Elisabetta pronunciava di nuovo, con le compagne, la formula dei suoi santi voti, si sentì trasportata da un movimento irresistibile della grazia verso la Trinità santa. Rientrata in cella, prese la penna e, sopra un semplice foglio di quaderno, senza esitazione, senza la minima correzione, tutta di getto, scrisse la sua celebre « Preghiera », come un grido che erompe dal cuore.

« O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente, per fissarmi in Te, immobile e quieta come se la mia anima già fosse nell’eternità. Nulla possa turbare la mia pace, né farmi uscire da Te, o mio Immutabile, ma che ad ogni istante, io mi immerga sempre più nelle profondità del tuo mistero. Pacifica l’anima mia; rendila tuo cielo, tua prediletta dimora e luogo del tuo riposo. Che, qui, io non ti lasci mai solo; ma tutta io vi sia, vigile e attiva nella mia fede, immersa nell’adorazione, pienamente abbandonata alla tua azione creatrice. O amato mio Cristo, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa per il tuo cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti… fino a morirne! … Ma sento tutta la mia impotenza; Ti prego di rivestirmi di Te, di identificare tutti i movimenti della mia anima a quelli dell’anima tua, di sommergermi, di invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un riflesso della Tua vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore. O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passar la mia vita ad ascoltarti, voglio rendermi docilissima ad ogni tuo insegnamento, per imparare tutto da Te; e poi, nelle notti dello spirito, nel vuoto, nell’impotenza, voglio fissarti sempre e starmene sotto il tuo grande splendore. – O mio Astro adorato, affascinami, perché io non possa più sottrarmi alla tua irradiazione. O Fuoco consumante, Spirito d’amore, discendi in me, perché si faccia nell’anima mia quasi una incarnazione del Verbo! Che io Gli sia un prolungamento di umanità, in cui Egli possa rinnovare tutto il Suo mistero. E Tu, o Padre, chinati verso la tua povera piccola, coprila della tua ombra, non vedere in essa che il Diletto nel quale hai posto tutte le tue compiacenze. O miei « Tre », mio Tutto, Beatitudine mia, Solitudine infinita, Immensità nella quale mi perdo, io mi abbandono a Voi come una preda. Seppellitevi in me, perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a contemplare nella Vostra Luce l’abisso delle Vostre grandezze ».

21 novembre 1904.

C’è voluta tutta una vita di santità per comporre una tale preghiera, una delle più belle del Cristianesimo, e un carisma speciale per farla sgorgare dal cuore. Quante anime religiose ne vivono, da mesi ed anni, senza provarne mai stanchezza! Mentre, nel silenzio, mormorano questa preghiera, suor Elisabetta, fedele alla sua missione, induce queste anime nel raccoglimento, le aiuta ad uscire da se stesse con un movimento semplicissimo e pieno di amore e, così pacificate, le porta e le abbandona alla Trinità.

Dopo il 1904, data in cui compose la sua « Elevazione alla santa Trinità » Dio la visitò col dolore; e ancora e sempre in questa presenza divina, ella attinse la forza del suo eroismo sorridente. E, nell’ora suprema, si rivolge alle sue amiche, ai suoi cari, con una tenerezza ancora più intensa, per lasciare loro in testamento la sua cara devozione ai « Tre ». – «…Vi lascio la mia fede nella presenza di Dio, del Dio tutto Amore che abita nelle anime nostre. Mi è caro confidarvi che questa intimità con Lui «dentro di me» è stato il bel sole che ha illuminato la mia vita, facendo di essa quasi un paradiso anticipato. Ed è la forza che mi sostiene oggi, nel dolore. Io non ho paura della mia debolezza, perché il Forte è in me, e la sua virtù è onnipotente. E opera, dice l’Apostolo, più di quanto possiamo sperare » (Lettera alla signora De B… – 1906.). Uguale testamento, e più commovente ancora, alla sorella: « Sorellina mia, sono felice di andare lassù, per essere il tuo angelo. Come sarò gelosa della bellezza dell’anima tua, che ho già tanto amata, qui, sulla terra! Ti lascio la mia devozione ai « Tre ». Vivi con Essi nell’intimo, nel cielo dell’anima tua. Il Padre ti coprirà della sua ombra, ponendo come una nube fra te e le cose della terra, per custodirti tutta sua; e ti comunicherà la sua potenza perché tu l’ami di un amore forte come la morte. Il Verbo imprimerà nell’anima tua, come in un cristallo, l’immagine della sua stessa bellezza, affinché tu sia pura della sua purezza, luminosa della sua luce. Lo Spirito Santo ti trasformerà in un’arpa mistica dalla quale, al tocco divino, si sprigionerà un magnifico cantico dell’Amore. Allora, sarai tu la « lode di gloria » che io sognavo di essere sulla terra. Tu mi sostituirai. Io sarò « Laudem gloriæ » dinanzi al trono dell’Agnello, e tu « Laudem gloriæ » nel centro dell’anima tua » (Lettera alla sorella – 1906). – La dimora di Dio nel centro più profondo della sua anima fu, per suor Elisabetta, il segreto della sua rapida santità. Si può ben credere alla testimonianza che ce ne ha lasciata lei stessa, solo pochi giorni prima della sua morte: « Lassù, in seno all’Amore, penserò attivamente a voi: per voi chiederò — e sarà il segno della mia entrata in cielo — una grazia di unione intima col Maestro divino. È il segreto che ha trasformato la mia vita, ve lo confido, in un paradiso anticipato: credere, cioè, che un essere che si chiama l’Amore, abita in noi ad ogni istante del giorno e della notte e che Egli ci chiede di vivere «in società » con Lui» (Lettera alla signora G. De B… – 1906).

DOTTRINA SPIRITUALE TRINITARIA (8)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.