LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (20)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (20)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni

ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

SECONDA PARTE

CAPITOLO V.

Del santo Sacrificio della Messa.

Ciò che siamo venuti discorrendo di Gesù Sommo Sacerdote e del suo sacrificio, e della partecipazione che la Vergine Maria, il Sacerdote e i fedeli hanno al suo Sacerdozio, ci deve già far capire quanta sia l’importanza del santo Sacrificio della Messa nella vita del Cristiano e le disposizioni con cui vi si deve assistere. – L’ufficio essenziale del sacerdote è, dice san Paolo, di offrire oblazioni e sacrifizi (Hebr. V, 1); quindi se il Sacerdote cattolico partecipa veramente al Sacerdozio di Nostro Signore Gesù Cristo, deve offrire anch’esso un sacrificio. Ora nella nuova Legge non vi è in sostanza che un solo Sacrificio, come non vi è che un solo Sacerdote: « Cristo, dice san Paolo, non ha bisogno, come i sacerdoti dell’antica Legge, di offrire quotidiani sacrifici per i peccati suoi e per quelli del popolo; perché questo fece una volta per tutte, immolando se stesso » (Hebr. V, 27). Ma quest’unico Sacrificio, anticipato nell’ultima Cena e compiuto poi sul Calvario, si rinnova quotidianamente sui nostri altari per ministero dei Sacerdoti, onde applicarne i frutti a ognuno di noi. Di questo divino Sacrificio intendiamo ora parlare, spiegandone: 1° la natura; 2° gli effetti; 3° il modo di trarne profitto a perfezionamento della nostra vita interiore.

ART. L. — NATURA DEL SACRIFICIO DELLA MESSA.

Il Concilio di Trento (Sess. XXII, cap. I e II) c’insegna che Gesù, volendo lasciare alla diletta Sua sposa la Chiesa un Sacrificio visibile, istituì la santa Messa, perché fosse memoriale iperenne e vivente rappresentazione del Sacrificio della Croce e vitale Comunione con Lui. Dottrina importantissima che verremo ora spiegando.

1°. La santa Messa è memoriale perenne del Sacrificio della Croce.

a) Nell’ultima Cena, Gesù, dopo che ebbe cangiato il pane nel suo corpo e il vino nel suo Sangue, disse agli Apostoli: « Fate questo in Memoria di me » (Luc. XXII, 19). Con queste parole comunicava loro il potere di consacrare il suo corpo e il suo sangue, ma imponeva anche il dovere di ricordarsi di Lui. E in che modo se ne ricorderanno? Ce lo spiega san Paolo: « Ogni volta che mangiate questo pane e bevete questo calice, voi annunziate la morte del Signore » )I Ep. Cor. XI, 26). Bisogna dunque nella santa Messa ricordarsi di Gesù crocifisso. Ma poi non aveva forse detto il Maestro che il corpo che porgeva agli Apostoli era il suo corpo rotto, stritolato, che il suo sangue era sangue versato, Sparso per noi? Espressioni che chiaramente si riferiscono alla sua morte. La santa Messa sarà dunque innanzi tutto il memoriale della Passione, e nell’assistervi dovremo recarci in ispirito sul Calvario e rappresentarci Gesù crocifisso, Gesù agonizzante, Gesù morente per noi. Ha quindi ragione Bossuet (La Cène, I partie, XXII jour) quando, nel commentar questo passo, pone sul labbro di Gesù queste tenere parole: « Ricordatevi in eterno del dono che vi fo questa notte; ricordatevi che sono Io che ve l’ho lasciato e che feci questo testamento; che vi ho lasciato questa Pasqua; e che la mangiai con voi prima di patire. Se vi do il mio corpo come destinato ad essere consegnato, anzi come già consegnato alla morte per voi, e il mio sangue come sparso pei vostri peccati; se insomma ve lo do come vittima, e voi come vittima mangiatelo, e ricordatevi che avete qui una prova che essa venne immolata per voi ».

b) La Chiesa si dà premura di rammentarcelo nella sacra liturgia. Quando il Sacerdote sale all’altare, è vestito di paramenti sacri che richiamano alcune delle scene della Passione; e la pianeta che tutto lo avvolge, è segnata con una gran croce: è quindi un altro Gesù che sale a un nuovo Calvario. Al principio della Messa, e Spesso nel corso del santo Sacrificio, il Sacerdote fa il segno di croce ora sopra di sé, ore sulle oblate, per rammentare al popolo cristiano che la grande azione che sta celebrando è il memoriale della morte del Salvatore. Dopo avere offerto l’ostia e il calice, che già rappresentano il corpo e il sangue del divin Crocifisso, supplica la santissima Trinità di accettare quell’offerta in memoria della passione, « ob memoriam passionis ». Ma specialmente al momento della consacrazione richiama le varie circostanze che accompagnarono l’istituzione di questo Sacrificio, cominciando dal rilevare che fu istituito la vigilia della sua morte, « qui pridie quam pateretur ». Sentiamo da Bossuet (Médit, sur l’Ev., I p., XIX giorno) il commento di queste parole: « Gesù intendeva, in questo mistero, di farci presente la sua morte, di trasportarci in ispirito sul Calvario dove il suo sangue fu Sparso sgorgando a fiotti da tutte le sue vene… Perché tutto corrispondesse al suo disegno, bisognava che questo mistero fosse istituito la vigilia di quella morte cruenta, la notte stessa in cui doveva esser dato in mano dei suoi nemici, come nota san Paolo, quando Giuda, che aveva già tramato il nero suo delitto, stava per andarlo ad eseguire.… Tutte le volte dunque che assistiamo al suo mistero o che ci comunichiamo, tutte le volte che ascoltiamo le parole: « Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue », dobbiamo richiamare in quali circostanze, in quale notte, fra quali discorsi esse vennero pronunciate ». Or tutto questo intenderemo anche meglio, quando avremo veduto che la Messa non è soltanto un memoriale, ma anche una rappresentazione del Sacrificio del Calvario. »

-2°. La Messa è vivente rappresentazione del Sacrificio della Croce.

Tale è l’insegnamento della Chiesa nel Concilio di Trento: « Gesù Cristo, Dio e Signor Nostro, sebbene una volta sola doveva offrire se stesso a Dio Padre morendo sull’altare della croce, per operarvi l’eterna redenzione, nondimeno, per lasciare alla diletta sua Sposa la Chiesa un Sacrificio visibile, come la natura dell’uomo esige, col quale fosse rappresentato quel Sacrificio cruento che doveva compiersi una sola volta sulla croce, nell’ultima cena, nella notte in. cui veniva tradito, dichiarandosi Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech, offri a Dio Padre il suo corpo e il suo sangue sotto le specie del pane e del vino; e li porse in cibo, sotto i simboli di queste stesse Cose, agli Apostoli, che costituiva allora Sacerdoti del nuovo Testamento; e con queste parole « Fate questo in Memoria di me », diede ad essi e ai loro successori nel sacerdozio il comando di offrirli: conforme sempre intese ed insegnò la Chiesa cattolica ». Troviamo in questa esposizione della fede cattolica, fatta in modo così ampio e con sentimento così profondo, specialmente tre idee che fanno al nostro argomento: a) la Messa è una ripetizione della Cena; b) la Cena fu un vero sacrificio; c) la Messa, come la Cena, è una reale rappresentazione del Sacrificio della Croce.

A) Che la santa Messa sia una ripetizione dell’ultima Cena è direttamente insegnato dal Concilio di Trento nel testo ora citato e nei canoni 1° e 2° che condannano la dottrina protestante. Afferma, infatti, il Concilio che la Messa è un vero Sacrificio; e che questo Sacrificio fu istituito nell’ultima cena quando Gesù diede agli Apostoli il potere di rifare ciò che Egli aveva allora fatto. Onde la Cena è veramente la prima Messa, celebrata da Nostro Signore, Messa che gli Apostoli e i loro successori diranno ogni giorno ripetendo le parole del Sommo Sacerdote. È cosa del resto che risulta dalla narrazione evangelica e dalle parole del Canone. Che fa Gesù nell’ultima Cena? Giunta l’ora, si pone a mensa coi dodici Apostoli. Terminato il solenne banchetto pasquale, prende del pane, e, rese grazie a Dio, lo spezza e lo distribuisce agli Apostoli dicendo: « Questo è il mio corpo che è dato per voi: fate questo in memoria di me ». Lo stesso fa del calice : « Questo è il mio sangue, il sangue della nuova alleanza, Sparso per molti in remissione dei peccati ». Orbene e non rifà la stessa cosa il Sacerdote ogni giorno nel canone della Messa? Ripete le parole stesse di Nostro Signore; cangia in nome suo il pane nel corpo e il vino nel sangue di Cristo, e offre a Dio quest’ostia pura, santa e immacolata. È una vera ripetizione della Cena, abbiamo sull’altare il Sacrificio offerto nel Cenacolo.

B) Infatti la Cena fu un vero Sacrificio. È ciò che insegna il Concilio di Trento nel testo citato più sopra, e anche ciò che si ricava dalla narrazione evangelica. Nel Vangelo la Cena tiene immediatamente dietro al banchetto pasquale e ne prende il posto: l’agnello che i Giudei immolavano non era se non il simbolo del vero Agnello di Dio che viene ad immolarsi per cancellare i peccati del mondo. Quest’Agnello sarà cruentamente immolato sulla croce soltanto il giorno dopo, è vero, ma nella Cena viene già offerto e immolato incruentamente come vittima previamente consacrata alla morte cruenta; ecco perché Gesù adopra espressioni che indicano lo stato di vittima in cui pone il suo corpo e il suo sangue: mangiate, è il mio corpo dato per voi; bevete, è il mio sangue versato per voi. Nel testo greco i verbi sono al presente, non al futuro; quindi fin da quel momento Gesù si offre vittima, liberamente accettando la morte che gli sarà inflitta il giorno appresso; immola in modo mistico la vittima che il dimani sarà immolata in modo cruento: la sua vita più non gli appartiene, l’ha ormai data per la salute del mondo. In ciò si vede che Gesù è sacerdote secondo l’ordine e il rito di Melchisedech: Melchisedech aveva offerto in sacrificio a Dio del pane e del vino; Gesù, nell’ultima cena, offre se stesso sotto le specie del pane e del vino, e diviene così Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech, come molti secoli prima aveva predetto il Salmista (Ps. CIX, 4). La Cena è dunque un vero Sacrificio; onde la Messa, che ne è la ripetizione, è anch’essa, secondo l’autorevole insegnamento del Concilio di Trento, un vero sacrificio. Resta a vedere quali sono le relazioni che corrono tra la Cena, la Messa e il Sacrificio del Calvario.

C) La Messa è la rappresentazione reale e vivente del Sacrificio del Calvario. Sentiamo di nuovo il Concilio di Trento (Sess. XXII, c. II): « In questo divino Sacrificio, che si fa nella Messa, è contenuto e incruentamente immolato quello stesso Cristo che una sola volta offrì in modo cruento se stesso sull’altare della croce.….. Ë infatti una sola e medesima la vittima; e Colui che si offre ora per il ministero dei Sacerdoti, è quello stesso che offri allora se stesso sulla croce; la diversità sta soltanto nel modo di offrirsi ». – Deve quindi dirsi, stando alla dichiarazione del Concilio di Trento, che questi due sacrifici, pur differendo quanto al modo, si rassomigliano quanto alla sostanza. Differiscono in questo che, sulla croce, l’immolazione di Gesù fu cruenta, cioè con reale spargimento di sangue e con morte vera ed effettiva. Si rassomigliano, perché e nell’uno e nell’altro c’è lo stesso Sacerdote e la stessa Vittima.

a) C’è lo stesso Sacerdote: come già ripetutamente dicemmo, il Sommo Sacerdote della nuova Legge, anzi, a dir vero, l’unico Sacerdote, è Gesù Cristo. Nella Messa si offre, è vero, per mano dei Sacerdoti ed è ministero necessario; ma, Si noti bene, le cose non stanno così se non per un atto di libera volontà di Gesù, che volle legare la sua presenza sull’altare alla volontà e all’opera di un uomo. Il Sacerdote quindi, chi consideri l’origine del suo sacerdozio, non è Sacerdote se non in dipendenza da Cristo e non opera se non come suo rappresentante. D’altra parte, pronunciate le parole della consacrazione ed effettuatasi la transustanziazione, Gesù è veramente presente sull’altare in atto di offrirsi da sé al Padre, e l’offerta che ne fa il Sacerdote, e con lui tutta la Chiesa, non solo è associata alla sua ma anche dipendente dalla sua. Nella Messa quindi è innanzi tutto Gesù che offre se stesso; e noi suoi Sacerdoti non l’offriamo se non con Lui, per Lui, in Lui. Onde Gesù rimane, come sul Calvario, il Sacerdote del suo Sacrificio.

b) E ne è pure la Vittima: per il fatto stesso che il Sacerdote pronuncia le parole della consacrazione, il Salvatore si fa realmente presente sull’altare, nascosto sotto il velo delle sacre specie; e c’è cogli stessi sentimenti e colle stesse disposizioni che aveva sulla Croce. Vi sta adorando il Padre; confessando, come uomo, la totale Sua dipendenza da Lui; chiedendo perdono dei nostri peccati; ancora disposto, se occorresse, ad essere ubbidiente fino alla morte di croce. Avendo dunque sull’altare lo stesso Cristo con le stesse disposizioni del Calvario, abbiamo pure lo stesso Sacrificio; perché in fondo ciò che vale è prima di tutto la cosa in sé, non il modo. La cruenta immolazione del Calvario è quella che a noi fa più impressione, ma non è quella che conta di più agli occhi di Dio, il quale pregia certamente assai più i sentimenti di amore filiale e di religione profonda che indussero Gesù ad accettare un tale Sacrificio per la gloria del Padre. Per il Sacrificio visibile che Cristo voleva offrire, occorreva una manifestazione sensibile degli interni suoi sentimenti; e nulla, di certo, poteva esprimerla meglio dell’immolazione del Calvario; ma ciò che dà pregio e valore a quest’immolazione è l’amore, sono tutti i sentimenti di religione che la ispirano. « Sappiate, dice l’Olier (Cat. Crist., II, 1, 3), che in Nostro Signore, come in tutti i Cristiani sue membra, la cosa principale non è l’esterno delle opere che si vedono, ma ci che si deve maggiormente stimare è l’operazione segreta e interiore dello Spirito Santo che è l’autore e il principio di tutte le opere buone, come è anche ciò in cui Dio maggiormente si compiace. Le auguste disposizioni interiori di Gesù essendo le stesse sulla croce che sull’altare, sotto i veli del pane che sotto i veli della carne, queste noi dobbiamo pur sempre maggiormente stimare ed onorare nel sacrificio di Nostro Signore, che incominciò sulla croce e continua sui santi altari ». – Facciamo tesoro di questo pensiero per richiamarlo a tempo opportuno. Potrebbe essere che fossimo tentati di comportarci verso questa vittima che il Sacerdote leva in alto dopo la consacrazione come se fosse insensibile e morta; no, Gesù è nell’ostia perfettamente vivo, risorto, glorioso, l’anima sua però è sempre in quell’atteggiamento verso il Padre che aveva quando venne levato in croce dai carnefici.

c) Ma in che modo Gesù viene immolato sull’altare, dacché Cristo risorto non può più né patire né morire?

1) Viene immolato innanzi tutto in modo mistico, ma reale, nel senso che le parole della consacrazione, mettendone da una parte il corpo e dall’altra il sangue, rappresentano in modo reale e vivente l’immolazione del Golgota, e sarebbero in sé capaci di causarla se Cristo risorto potesse ancora morire. Ecco come spiega la cosa Bossuet: « Nella consacrazione il corpo e il sangue sono misticamente separati, perché Gesù disse separatamente: Questo è il mio corpo e questo è il mio sangue; il che esprime una viva ed efficace rappresentazione della morte violenta da Lui sofferta ». (Exposition de la doctrine catholique sur les matières de Controverses, XIII). – « Il corpo e il sangue sono Separati; si, separati, il corpo da una parte, il sangue dall’altra: la parola della consacrazione fu la spada, fu l’affilato coltello che operò questa mistica separazione. In virtù della parola, sotto le specie del pane, non vi sarebbe altro che il corpo, e sotto le specie del vino non vi sarebbe altro che il sangue; se l’uno si trova coll’altro è perché in Gesù risorto queste due cose sono ormai inseparabili, non potendo più Gesù risorto né patire né morire. Ma a imprimere su questo Gesù il carattere della morte da Lui veramente sofferta, ecco la parola della consacrazione che mette il corpo da una parte ed il sangue dall’altra, e ognuno sotto segni diversi » (Médit, sur l’Ev., La Cène, I partie, LVII jour). – Le parole della consacrazione tendono dunque direttamente, secondo Bossuet, a darci sull’altare un Cristo realmente immolato: se questo non avviene e se di fatto Cristo è tutto intiero sotto le Specie del pane e tutto intiero sotto le specie del vino, la ragione è che Egli è morto una volta per tutte e che risorto non può più morire. Ma in virtù della doppia consacrazione e della reale separazione delle specie, noi abbiamo sull’altare una vera immagine della Passione del Salvatore. Non c’è Gesù immolato in modo cruento, essendo ciò ormai impossibile, ma c’è immolato in modo mistico e sacramentale. Il che è tanto vero che il Sacerdote parla come se le specie del pane contenessero il solo corpo del Salvatore e le specie del vino il solo sangue versato. Molte sono le volte che si regola a questo modo: per esempio, prima di consumare l’Ostia santa, dice: « Il corpo di Nostro Signore Gesù Cristo custodisca l’anima mia per la vita eterna ». E parimenti, prima di bere il sacro calice, dice: « Il sangue di Nostro Signor Gesù Cristo custodisca l’anima mia per la vita eterna ».

2) Ma ciò che fa che la santa Messa sia un vero e attuale sacrificio è che Colui che si immolò sul Calvario è veramente e sostanzialmente presente sull’altare e vi si offre colle stesse disposizioni interiori di amore e di obbedienza che ebbe sulla croce. – Sull’altare abbiamo dunque sostanzialmente lo stesso Sacrificio del Calvario: vi è infatti lo stesso Sacerdote e la stessa Vittima; diverso è soltanto il modo d’immolarsi. Nel momento della consacrazione schiudonsi i cieli, Gesù discende in mezzo a noi, e si offre per le mani del Sacerdote perché Dio sia glorificato e gli uomini salvati. – Possiamo aggiungere col Padre M. de la Taille che, come la Cena fu un vero sacrificio perché offriva la vittima che doveva essere poi immolato il dimani, cosi anche la santa Messa è un vero Sacrificio perché rinnova l’offerta della Vittima già immolata sul Calvario. Queste due spiegazioni non solo non si escludono ma si compiono a vicenda. – A perfezionare il suo sacrificio Gesü si dà in cibo all’anime nostre onde incorporarci a Lui; perché la comunione è parte integrante della Messa e mirabile suo compimento.

La Messa è comunione con Gesù e con Dio.

Come sopra dicemmo, la comunione ci unisce alla Vittima, e per lei a Dio stesso. Ecco perché non ci può esser Messa senza Comunione, almeno da parte del Sacerdote; ed ecco perché il Concilio di Trento desidera che i fedeli che assistono al santo Sacrificio ricevano essi pure il corpo e il sangue di Gesù per entrare in più intima comunione col suo spirito e colla sua vita. Infatti, il fine propostosi da Nostro Signore nell’istituire l’Eucaristia è di incorporarci a Lui, perché possiamo per Lui e in Lui glorificare Dio e unirci alle tre divine Persone.

A) La Comunione ci incorpora a Gesù.

È questa la ragione per cui Gesù la istituì sotto le specie del pane e del vino e ci dice: « Prendete e mangiate, questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue ». Cibandoci del suo corpo, del suo sangue, della sua anima e della sua divinità, ci incorpora a sé, e ci dà il diritto di far nostri i sentimenti suoi, di non far più con Lui che un cuore solo e un’anima sola.

a) Quanto sia stretta quest’unione viene bellamente spiegato da Bossuet (Médit. sur l’Ev., La Cène, 1 partie, XLIX jour), il quale dice che far bene la santa Comunione significa: « Essere incorporato a Gesù Cristo, essere perfettamente unito a Lui col corpo e coll’anima, essere con Lui una stessa carne e uno stesso spirito colla consumazione di questo casto sposalizio; essere osso delle sue ossa e carne della sua carne come una sposa fedele; ma essere anche anima della sua anima, in modo che Egli disponga di tutto, del nostro corpo, della nostra anima, del nostro amore, come noi disponiamo del suo essere, in una parola, il corpo di Gesù Cristo, essergli unito membro a membro, come sono unite le membra tra loro, come sono unite tutte le membra al capo; e questo per sempre, senza mai divisione o freddezza né con lui né con alcuno dei suoi membri, bramando Egli non solo di venire in noi ma anche di dimorarvi ».

b) È pure unione permanente: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in lui » (Giov. VI, 56). Gesù rimane in noi col divino suo Spirito che opera nelle anime nostre disposizioni simili alle sue; e noi rimaniamo in Lui per una specie di Comunione spirituale che c’infonde i pensieri e i sentimenti del Salvatore.

c) È unione santificatrice, perché ci trasforma adagio adagio in altri Cristi. I nostri pensieri e i nostri giudizi si vengono a mano a Mano modificando: in cambio di giudicar delle cose secondo le massime del mondo, ne giudichiamo secondo le massime del Vangelo. La nostra volontà si conforma a quella del divino Maestro: persuasi che Egli solo è nel vero perché Sapienza eterna, non vogliamo se non ciò che vuol Lui e con Lui ripetiamo: Padre, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra! Il nostro cuore sgombera a poco a poco da sé gli affetti egoistici e troppo sensibili, per amare generosamente, ardentemente, supremamente Colui che solo merita di essere amato. Così la Comunione compie il Sacrificio, facendoci entrare nei sentimenti della Vittima divina, rendendo i nostri corpi e le anime nostre ostie veraci che, unite all’Ostia santa per eccellenza, glorificano Dio. Anche san Paolo stimolava i primi Cristiani a offrirsi come vittime : « Vi esorto, o fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi ostia vivente, santa, a Dio gradita; che è il culto spirituale vostro » (Rom. XII, 1).

B) Unendoci a Gesù, la Comunione ci unisce a Dio, ci unisce alle tre divine Persone della santissima Trinità. Gesù infatti è il Figlio eterno di Dio, è il Verbo incarnato; in Lui troviamo le altre due Persone della santissima Trinità, perché queste divine Persone vivono l’una nell’altra. – Il Figlio di Dio non viene quindi solo nell’anima nostra, ci viene col Padre che continuamente lo genera e collo Spirito Santo che per via di amore procede dal Padre e dal Figlio. Incorporati a Cristo, siamo perciò stesso figli adottivi di Dio ed entriamo nella sua famiglia. Oh! che onore e che gaudio per noi! Si effettua a questo modo il fine inteso da Dio da tutta l’eternità, la nostra intima unione colla Divinità. Il santo Sacrificio della Messa è dunque davvero l’atto per eccellenza del culto cristiano, il centro della religione, la fonte più feconda della vita soprannaturale. Memoriale della Passione, ci trasporta sul Calvario e ci fa contemplare, mossi da compunzione e da amore, il divin Crocifisso che soffre, che agonizza, che muore per noi. Rappresentazione vera e vivente del dramma del Calvario, mette a nostra disposizione tutto il valore del Sacrificio offerto sul Golgota: uniti a Gesù, vittima immacolata, possiamo glorificar Dio come si merita, ottenere il perdono dei nostri peccati per quanto gravi, e chiedere sicuri tutte le grazie necessarie alla nostra santificazione e alla nostra salute; perché à Gesù stesso che prega per noi con gemiti inesplicabili. Comunione intima con Gesù e con Dio, ci trasforma in altri Cristi, ci rende simili al nostro divino modello e ci avvicina alla perfezione del Padre celeste. Cose che intenderemo anche meglio quando avremo meditato gli effetti del santo Sacrificio.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (21)