FESTA DELLA SANTSSIMA TRINITÁ (2022)
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O Dio, uno nella natura e trino nelle Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, causa prima e fine ultimo di tutte le creature, Bene infinito, incomprensibile e ineffabile, mio Creatore, mio Redentore e mio Santificatore, io credo in Voi, spero in Voi e vi amo con tutto il cuore.
Voi nella vostra felicità infinita, preferendomi, senza alcun mio merito, ad innumerevoli altre creature, che meglio di me avrebbero corrisposto ai vostri benefìci, aveste per me un palpito d’amore fin dall’eternità e, suonata la mia ora nel tempo, mi traeste dal nulla all’esistenza terrena e mi donaste la grazia, pegno della vita eterna.
Dall’abisso della mia miseria vi adoro e vi ringrazio. Sulla mia culla fu invocato il vostro Nome come professione di fede, come programma di azione, come meta unica del mio pellegrinaggio quaggiù; fate, o Trinità Santissima, che io mi ispiri sempre a questa fede e attui costantemente questo programma, affinché, giunto al termine del mio cammino, possa fissare le mie pupille nei fulgori beati della vostra gloria.
[Fidelibus, qui festo Ss.mæ Trinitatis supra relatam orationem pie recitaverint, conceditur: Indulgentia trium annorum;
Indulgentia plenaria suetis conditionibus (S. Pæn. Ap.,10 maii 1941).
[Nel giorno della festa della Ss. TRINITA’, si concede indulgenza plenaria con le solite condizioni: Confessione [se impediti Atti di contrizione perfetta], Comunione sacramentale [se impediti, Comunione Spirituale], Preghiera secondo le intenzioni del S. Padre, S. S. GREGORIO XVIII]
Canticum Quicumque
(Canticum Quicumque * Symbolum Athanasium)
Quicúmque vult salvus esse, * ante ómnia opus est, ut téneat cathólicam fidem:
Quam nisi quisque íntegram inviolatámque serváverit, * absque dúbio in ætérnum períbit.
Fides autem cathólica hæc est: * ut unum Deum in Trinitáte, et Trinitátem in unitáte venerémur.
Neque confundéntes persónas, * neque substántiam separántes.
Alia est enim persóna Patris, ália Fílii, * ália Spíritus Sancti:
Sed Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti una est divínitas, * æquális glória, coætérna majéstas.
Qualis Pater, talis Fílius, * talis Spíritus Sanctus.
Increátus Pater, increátus Fílius, * increátus Spíritus Sanctus.
Imménsus Pater, imménsus Fílius, * imménsus Spíritus Sanctus.
Ætérnus Pater, ætérnus Fílius, * ætérnus Spíritus Sanctus.
Et tamen non tres ætérni, * sed unus ætérnus.
Sicut non tres increáti, nec tres imménsi, * sed unus increátus, et unus imménsus.
Simíliter omnípotens Pater, omnípotens Fílius, * omnípotens Spíritus Sanctus.
Et tamen non tres omnipoténtes, * sed unus omnípotens.
Ita Deus Pater, Deus Fílius, * Deus Spíritus Sanctus.
Ut tamen non tres Dii, * sed unus est Deus.
Ita Dóminus Pater, Dóminus Fílius, * Dóminus Spíritus Sanctus.
Et tamen non tres Dómini, * sed unus est Dóminus.
Quia, sicut singillátim unamquámque persónam Deum ac Dóminum confitéri christiána veritáte compéllimur: * ita tres Deos aut Dóminos dícere cathólica religióne prohibémur.
Pater a nullo est factus: * nec creátus, nec génitus.
Fílius a Patre solo est: * non factus, nec creátus, sed génitus.
Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: * non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens.
Unus ergo Pater, non tres Patres: unus Fílius, non tres Fílii: * unus Spíritus Sanctus, non tres Spíritus Sancti.
Et in hac Trinitáte nihil prius aut postérius, nihil majus aut minus: * sed totæ tres persónæ coætérnæ sibi sunt et coæquáles.
Ita ut per ómnia, sicut jam supra dictum est, * et únitas in Trinitáte, et Trínitas in unitáte veneránda sit.
Qui vult ergo salvus esse, * ita de Trinitáte séntiat.
Sed necessárium est ad ætérnam salútem, * ut Incarnatiónem quoque Dómini nostri Jesu Christi fidéliter credat.
Est ergo fides recta ut credámus et confiteámur, * quia Dóminus noster Jesus Christus, Dei Fílius, Deus et homo est.
Deus est ex substántia Patris ante sǽcula génitus: * et homo est ex substántia matris in sǽculo natus.
Perféctus Deus, perféctus homo: * ex ánima rationáli et humána carne subsístens.
Æquális Patri secúndum divinitátem: * minor Patre secúndum humanitátem.
Qui licet Deus sit et homo, * non duo tamen, sed unus est Christus.
Unus autem non conversióne divinitátis in carnem, * sed assumptióne humanitátis in Deum.
Unus omníno, non confusióne substántiæ, * sed unitáte persónæ.
Nam sicut ánima rationális et caro unus est homo: * ita Deus et homo unus est Christus.
Qui passus est pro salúte nostra: descéndit ad ínferos: * tértia die resurréxit a mórtuis.
Ascéndit ad cælos, sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: * inde ventúrus est judicáre vivos et mórtuos.
Ad cujus advéntum omnes hómines resúrgere habent cum corpóribus suis; * et redditúri sunt de factis própriis ratiónem.
Et qui bona egérunt, ibunt in vitam ætérnam: * qui vero mala, in ignem ætérnum.
Hæc est fides cathólica, * quam nisi quisque fidéliter firmitérque credíderit, salvus esse non póterit.
MESSA
(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)
Doppio di I° classe. – Paramenti bianchi.
Lo Spirito Santo, il cui regno comincia con la festa di Pentecoste, viene a ridire alle nostre anime in questa seconda parte dell’anno (dalla Trinità all’Avvento – 6 mesi), quello che Gesù ci ha insegnato nella prima (dall’Avvento alla Trinità – 6 mesi). Il dogma fondamentale al quale fa capo ogni cosa nel Cristianesimo è quello della SS. Trinità, dalla quale tutto viene (Ep.) e alla quale debbono ritornare tutti quelli che sono stati battezzati nel suo nome (Vang.). Così, dopo aver ricordato, nel corso dell’anno, volta per volta, pensiero di Dio Padre Autore della Creazione, di Dio Figlio Autore della Redenzione, di Dio Spirito Santo, Autore della nostra santificazione, la Chiesa, in questo giorno specialmente, ricapitola il grande mistero che ci ha fatto conoscere e adorare in Dio l’Unità di natura nella Trinità delle persone (Or.). — « Subito dopo aver celebrato l’avvento dello Spirito Santo, noi celebriamo la festa della SS. Trinità nell’officio della domenica che segue, dice S. Ruperto nel XII secolo, e questo posto è ben scelto perché subito dopo la discesa di questo divino Spirito, cominciarono la predicazione e la credenza, e, nel Battesimo, la fede e la confessione nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo ». Il dogma della SS. Trinità è affermato in tutta la liturgia. È in nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo che si comincia e si finisce la Mesa e l’Ufficio divino, e che si conferiscono i sacramenti. Tutti i Salmi terminano col Gloria Patri, gli Inni con la Dossologia e le Orazioni con una conclusione in onore delle tre Persone divine. Nella Messa due volte si ricorda che il Sacrificio è offerto alla SS. Trinità. — Il dogma della Trinità risplende anche nelle chiese: i nostri padri amavano vederne un simbolo nell’altezza, larghezza e lunghezza mirabilmente proporzionate degli edifici; nelle loro divisioni principali e secondarie: il santuario, il coro, la navata; le gallerie, le trifore, le invetriate; le tre entrate, le tre porte, i tre vani, il frontone (formato a triangolo) e, a volte le tre torri campanili. Dovunque, fin nei dettagli dell’ornato il numero ripetuto rivela un piano prestabilito, un pensiero di fede nella SS. Trinità. — L’iconografia cristiana riproduce, in differenti maniere questo pensiero. Fino al XII secolo Dio Padre è rappresentato da una mano benedicente che sorge fra le nuvole, e spesso circondata da un nimbo: questa mano significa l’onnipotenza di Dio. Nei secoli XIII e XIV si vede il viso e il busto del Padre; dal secolo XV il Padre è rappresentato da un vegliardo vestito come il Pontefice. — Fino al XII secolo Dio Figlio è rappresentato da una croce, da un agnello o da un grazioso giovinetto come i pagani rappresentavano Apollo. Dal secolo XI al XVI secolo apparve il Cristo nella pienezza delle forze e barbato; dal XIII secolo porta la sua croce, ma è spesso ancora rappresentato dall’Agnello. — Lo Spirito Santo fu dapprima rappresentato da una colomba lecui ali spiegate spesso toccano la bocca del Padre e del Figlio, per significare che procede dall’uno e dall’altro. A partire dall’XI secolo fu rappresentato per questo sotto forma di un fanciullino. Nel XIII secolo è un adolescente, nel XV un uomo maturo come il Padre e il Figlio, ma con una colomba al disopra della testa o nella mano per distinguerlo dalle altre due Persone. Dopo il XVI secolo la colomba riprende il diritto esclusivo che aveva primieramente rappresentare lo Spirito Santo. — Per rappresentare la Trinità si prese dalla geometria il triangolo, che con la sua figura, indica l’unità divina nella quale sono iscritti i tre angoli, immagine delle tre Persone in Dio. Anche il trifoglio servì a designare il mistero della Trinità, come pure tre cerchi allacciati con il motto Unità scritto nello spazio lasciato libero al centro della intersezione dei cerchi; fu anche rappresentata come una testa a tre facce distinte su un unico capo, ma nel 1628 Papa Urbano VIII proibì di riprodurre le tre Persone in modo così mostruoso. — Una miniatura di questa epoca rappresenta il Padre e il Figlio somigliantissimi, il medesimo nimbo, la medesima tiara, la medesima capigliatura, un unico mantello: inoltre sono uniti dal Libro della Sapienza divina che reggono insieme e dallo Spirito Santo che li unisce con la punta delle ali spiegate. Ma il Padre è più vecchio del Figlio; la barba del primo è fluente, del secondo è breve; il Padre porta una veste senza cintura e il pianeta terrestre; il Figlio ha un camice con cintura e stola poiché è sacerdote. — La solennità della SS. Trinità deve la sua origine al fatto che le ordinazioni del Sabato delle Quattro Tempora si celebravano la sera prolungandosi fino all’indomani, domenica, che non aveva liturgia propria. — Come questo giorno, così tutto l’anno è consacrato alla SS. Trinità, e nella prima Domenica dopo Pentecoste viene celebrata la Messa votiva composta nel VII secolo in onore di questo mistero. E poiché occupa un posto fisso nel calendario liturgico, questa Messa fu considerata costituente una festa speciale in onore della SS. Trinità. Il Vescovo di Liegi, Stefano, nato verso l’850, ne compose l’ufficio che fu ritoccato dai francescani. Ma ebbe vero, principio questa festa nel X secolo e fu estesa a tutta la Chiesa da Papa Giovanni XXII nel 1334. — Affinché siamo sempre armati contro ogni avversità (Or.), facciamo in questo giorno con la liturgia professione solenne di fede nella santa ed eterna Trinità e sua indivisibile Unità (Secr.).
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Tob XII: 6.
Benedícta sit sancta Trínitas atque indivísa Unitas: confitébimur ei, quia fecit nobíscum misericórdiam suam.
[Sia benedetta la Santa Trinità e indivisa Unità: glorifichiamola, perché ha fatto brillare in noi la sua misericordia.]
Ps VIII: 2
Dómine, Dóminus noster, quam admirábile est nomen tuum in univérsa terra!
[O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!]
Benedícta sit sancta Trínitas atque indivísa Unitas: confitébimur ei, quia fecit nobíscum misericórdiam suam.
[Sia benedetta la Santa Trinità e indivisa Unità: glorifichiamola, perché ha fatto brillare in noi la sua misericordia.]
Oratio
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui dedísti fámulis tuis in confessióne veræ fídei, ætérnæ Trinitátis glóriam agnóscere, et in poténtia majestátis adoráre Unitátem: quaesumus; ut, ejúsdem fídei firmitáte, ab ómnibus semper muniámur advérsis.
[O Dio onnipotente e sempiterno, che concedesti ai tuoi servi, mediante la vera fede, di conoscere la gloria dell’eterna Trinità e di adorarne l’Unità nella sovrana potenza, Ti preghiamo, affinché rimanendo fermi nella stessa fede, siamo tetragoni contro ogni avversità.]
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Romános. Rom XI: 33-36.
“O altitúdo divitiárum sapiéntiæ et sciéntiæ Dei: quam incomprehensibília sunt judícia ejus, et investigábiles viæ ejus! Quis enim cognovit sensum Dómini? Aut quis consiliárius ejus fuit? Aut quis prior dedit illi, et retribuétur ei? Quóniam ex ipso et per ipsum et in ipso sunt ómnia: ipsi glória in sæcula. Amen”.
[O incommensurabile ricchezza della sapienza e della scienza di Dio: come imperscrutabili sono i suoi giudizii e come nascoste le sue vie! Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi gli fu mai consigliere? O chi per primo dette a Lui, sí da meritarne ricompensa? Poiché da Lui, per mezzo di Lui e in Lui sono tutte le cose: a Lui gloria nei secoli. Amen.]
P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939. (Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)
DIO È CARITÀ.
La gloria del Cristianesimo, della Rivelazione cristiana, che ha per oggetto suo primo Dio, è di avere saputo e di saper parlare alla nostra mente e al nostro cuore, appagando i due supremi bisogni dell’anima: sapere e amare. Ce n’è per le intelligenze più aristocratiche, ce n’è per i cuori più umili, quelle si arrestano pensose, questi si fermano giocondi. Oggi l’Epistola della domenica ha una parola delle più sublimi e delle più consolanti. Dio è carità: «Deus charitas est». Dio è un fuoco, una promessa, un suono infinito di amore, di bontà, di carità. La carità è il suo attributo, per noi Cristiani più alto, più caratteristico. Vedete, o fratelli, le armonie mirabili del dogma, della morale di N. S. Gesù Cristo. La carità è il grande comandamento della sua Legge, così grande che può parere e dirsi in qualche modo il solo: in realtà riassume, compendia in sé tutti gli altri. È « preceptum magnum in lege ». Bisogna amar Dio e tutti quelli e tutto ciò che Egli desidera vedere amato da noi. Amare Dio! Che gran parola! Se Dio permettesse all’uomo di amarlo, pensando quanto Egli è grande, quanto noi siamo piccini, dovremmo riguardarlo come una concessione straordinaria da parte di Dio. Ebbene, no, Dio non ci permette: Egli ci comanda di volerGli bene, come figli al Padre, come amici all’Amico. Ma noi Gli dobbiamo voler bene, perché (ecco il dogma) Egli è buono, anzi è la stessa bontà, una bontà non contegnosa, non fredda, una bontà calda, espansiva: è carità. Questo dogma corrisponde a quel precetto: nel precetto si raccoglie tutta la morale, in quel precetto e in questo dogma si compendia la storia dogmatica dei rapporti di Dio con noi. La carità è la chiave della creazione, della Redenzione, della Santificazione. Noi siamo da tanti secoli ormai abituati a sentirci predicare questo ritornello: Dio è carità, che rimaniamo quasi indifferenti. Ma quei primi che raccolsero queste parole dalle labbra di Gesù e poi dagli Apostoli, ne rimasero estatici. Per secoli i Profeti avevano con una commossa eloquenza celebrato la grandezza di Dio e la Sua giustizia. Certo non avevano dimenticato la misericordia, attributo troppo prezioso perché nella sinfonia profetica potesse mancare. Ma la grande predicazione profetica era la predicazione della grandezza e della giustizia: volevano incutere il timore di Dio in quel popolo dalla dura cervice e dal cuore incirconciso. E parve una musica nuova e dolce questa del Figlio di Dio, di Gesù: Dio è bontà, è amore, è carità: vuole essere amato. E lo so, e l’ho detto e lo ripeto: al ritornello ci abbiamo fatto l’orecchio. Ma siamo noi ben convinti di questo dogma? Crediamo noi davvero, crediamo noi sempre alla bontà di Dio? Purtroppo l’amara interrogazione ha la sua ragion d’essere. Perché crederci davvero vuol dire amare Dio fino alla follia come facevano i Santi, e ciò è più difficile in certi momenti oscuri della vita, è un po’ difficile sempre. La carità di Dio è anch’essa misteriosa come sono misteriosi tutti gli attributi di Dio, dato che Dio stesso è mistero. – Oggi la Chiesa ce lo ricorda celebrando la SS. Trinità, il primo mistero della nostra fede, e cantando con le parole di Paolo: « O altitudo divitiarum sapientiæ et scientiæ Dei! » – Dio è un abisso dove la ragione da sola si smarrisce, guidata dalla fede cammina quanto quaggiù è necessario ed è possibile, come chi tra le tenebre ha una piccola, fida lucerna. È un abisso, è un mistero anche l’amore di Dio. Dobbiamo accettarlo, crederlo. Perciò l’Apostolo definisce i Cristiani così: gli uomini che hanno creduto e credono alla carità di Dio. « Nos credidimus charitati ». Ma credendo, e solo credendo a questo mistero della bontà, della carità di Dio per noi, per tutti, ci si rischiara il buio che sarebbe altrimenti atroce della nostra povera esistenza: ci si illumina quel sovrano dovere di amare anche noi il nostro prossimo che renderebbe tanto meno triste il mondo e la vita se noi ne fossimo gli esecutori fedeli. Il Dio della carità accenda nei nostri cuori la Sua fiamma e faccia splendere ai nostri sguardi la Sua luce!
Graduale
Dan III: 55-56. Benedíctus es, Dómine, qui intuéris abýssos, et sedes super Chérubim,
[Tu, o Signore, che scruti gli abissi e hai per trono i Cherubini.]
Alleluja
Benedíctus es, Dómine, in firmaménto cæli, et laudábilis in sæcula. Allelúja,
[V.Benedetto sei Tu, o Signore, nel firmamento del cielo, e degno di lode nei secoli. Allelúia, alleluia.]
Dan III: 52 V. Benedíctus es, Dómine, Deus patrum nostrórum, et laudábilis in sæcula. Allelúja. Alleluja.
[Benedetto sei Tu, o Signore, nel firmamento del cielo, e degno di lode nei secoli. Allelúia, allelúia]
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Matthæum. Matt. XXVIII: 18-20
“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Data est mihi omnis potéstas in coelo et in terra. Eúntes ergo docéte omnes gentes, baptizántes eos in nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti: docéntes eos serváre ómnia, quæcúmque mandávi vobis. Et ecce, ego vobíscum sum ómnibus diébus usque ad consummatiónem sæculi”.
« Gesù disse a’ suoi discepoli: Ogni potere mi fu dato in cielo ed in terra: andate adunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose, che io vi ho comandate: ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino al termine del secolo ».
OMELIA
(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956.
UN DIO SOLO IN TRE PERSONE
Apparso sopra una montagna di Galilea, il Signore risorto disse agli Apostoli queste parole solenni: « Andate! battezzate e istruite tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ». È meraviglioso: con ciò che non si capisce si dovevano istruire le genti. Il mistero della Trinità è come il sole che non si può guardare ma che illumina tutte quante le altre cose. In sé è incomprensibile, ma rende comprensibile tutto quanto l’universo. Meraviglioso, ma reale fatto storico. Le nazioni moderne sono debitrici della loro civiltà a questo altissimo mistero. Chi ha disperso gli innumerevoli e assurdi idoli che ricevevano l’incenso sopra gli altari di Roma? Il mistero dell’unità e trinità di Dio. Chi ha liberato gli uomini dal fatalismo implacabile che li prostrava sotto la verga ferrea d’un cieco destino? Chi ha insegnato a loro che sono liberi e responsabili, che devono amarsi ed aiutarsi? La fede in Dio Padre che crea e provvede, in Dio Figlio che si fa uomo e muore per salvarci, in Dio Spirito Santo che non disdegna di santificare le anime nostre abitando in esse. Ed ora se « popoli interi si trovano nel pericolo di ricadere in una barbarie peggiore di quella in cui ancora giaceva la maggior parte del mondo all’apparire del Redentore » (Enc. « Divini Redemptoris » sul Comunismo ateo) qual è la causa, se non lo spegnersi della fede del mistero della Trinità? È con questo mistero che Pio XI combatteva il paganesimo risorgente: « Il nostro Dio è il Dio personale, trascendente, onnipotente, infinitamente perfetto, Uno nella Trinità delle Persone e Trino nella Unità dell’Essenza Divina… » (Enc. « Mit brennender Sorge »). S. Pietro con la voce del Papa, ancora dunque istruisce le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. In questo nome del Dio Uno e Trino è riposta non solo la vera civiltà dei popoli, ma anche la nostra santificazione e la nostra salvezza eterna. Che significa questo mistero? Da chi ci fu rivelato? Perché ci fu rivelato? Ecco tre domande a cui oggi bisogna dare una concisa e chiara risposta. – 1. IL MISTERO DELL’UNITÀ E TRINITÀ DI DIO. Dio è uno solo: Egli è infinito, eterno, onnipotente. Ha creato e governa tutto quanto esiste: le cose visibili e le invisibili. In Dio vi sono Tre Persone. Distinte: perché l’una non è l’altra ed ha ciascuna il proprio nome. Padre si chiama la prima Persona, e non procede da alcuno. Figlio si chiama la seconda Persona, ed è generata dal Padre. Spirito Santo si chiama la terza Persona, e procede dal Padre e dal Figlio insieme. Distinte, ma uguali sono le Persone Divine: ugualmente eterne, onnipotenti, infinite. Ciascuna è ugualmente Dio come le altre due: però non sono tre Dei, perché hanno un’unica e comune natura divina. Non è assurdo: perché la fede non ci fa credere che uno è uguale a tre, che tre è uguale a uno. Dio è uno, se consideriamo la sua natura. Dio è trino se consideriamo le Persone da cui quell’unica natura divina è posseduta. Dunque, anche nel mistero della Trinità, una natura è una, non tre; tre Persone sono tre, non una. Ma come avviene che un’unica natura divina sia identicamente in Tre Persone? È incomprensibile. Invano ricorriamo a dei paragoni. Guardate l’elettricità: è forza che muove, è luce che illumina, è calore che riscalda, eppure è sempre, la medesima energia. Guardate l’anima nostra: è memoria, intelligenza, volontà; eppure, è sempre quell’unica anima. Questi paragoni a qualche cosa servono; ma troppo poco ci fan capire, quasi niente. È più facile mettere nel cavo delle nostre mani tutta l’acqua dell’oceano, che non mettere nella nostra piccola testa la immensa verità della Vita di Dio. Dio è troppo grande per essere capito da cervelli minuscoli come i nostri. Crediamo e adoriamo umilmente il Mistero. – 2. DA CHI CI FU RIVELATO. Come abbiamo saputo l’esistenza di ciò che non comprendiamo? Gesù, Figlio di Dio, la seconda Persona della SS. Trinità, ce l’ha rivelato. Nei primi tempi della sua vita pubblica ha predicato la fede nel Padre celeste. « Considerate — diceva — gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non hanno granaio; e il vostro Padre celeste li nutre. Considerate i gigli del campo come fanno a crescere: non filano, non tessono; eppure, Salomone stesso con tutto il suo splendore non ha mai vestito così bene come loro. Dunque, non mettetevi in pene per le cose di questa vita, per il mangiare, il bere, il vestire… Così fanno i pagani che non credono. Non valete di più dei passeri e dei fiori? Ma il Padre vostro sa che cosa avete veramente bisogno » (Mt., VI, 26-32). Poi, a poco a poco, si è dato a conoscere come il Figlio di Dio, dicendo d’avere la stessa potenza, sapienza e natura del Padre. Si ricordino le parole che disse al cieco nato: « Credi tu nel Figlio di Dio? « E chi è? ». «Tu lo vedi: colui che ti parla », (Giov., IX, 35-37). Si ricordi anche quello che rispose all’Apostolo Filippo, il quale voleva vedere il Padre: « Chi vede me, Filippo, vede il Padre » (Giov., XIV, 9). Da ultimo, ha annunciato agli apostoli la discesa dello Spirito Santo, ed ha fatto loro comprendere che quest’altra Persona divina, che manderà a loro, da parte del Padre, compirà in essi la sua rivelazione e la sua opera, e abiterà in essi allo stesso modo del Padre e del Figlio (Giov., XVI, 7-13). Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, ospiti divini dell’anima, verranno a lei nel Battesimo; saranno per lei l’amico che consola, la sorgente che vivifica, il Dio che si adora. Dopo la rivelazione di questi segreti della vita divina, Gesù giustamente può dire ai suoi discepoli: « Non siete servi, ma miei amici: perché il servo non sa quello che fa il Padrone, voi invece lo sapete. Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere tutto quello che ho udito dal Padre mio » (Giov., XV, 14-15). Noi dunque crediamo al mistero della Trinità, perché ci fu rivelato da Gesù Cristo stesso. – 3. PERCHÈ CI FU RIVELATO. Un filosofo con sciocca superbia domandava a che cosa servivano al mondo il mistero della Trinità e gli altri misteri della Religione (ROUSSEAU). Nonostante la sua intelligenza e la sua scienza, con tale domanda non si mostrava per niente più acuto di quel contadino ignorante che rispose al suo parroco: « Che importa a me, se sono una o tre Persone: non li debbo mantenere io ». Il dogma della Trinità non solo è la confidenza più sublime che il Signore abbia fatto a noi sue povere creature, ma da qui provengono i nostri migliori sentimenti d’amor di Dio e d’amore del prossimo. a) Ci fu dunque rivelato perché meglio amassimo Dio. Infatti, questo mistero mostra il Re dei re, il Signore dei signori, Colui che solo possiede l’immortalità e la potenza, che abita in una luce inaccessibile, occuparsi continuamente di noi. — Dio Padre creò l’universo per noi: perché noi vedendo e godendo, le cose belle e buone, comprendessimo il suo amore e la sua gloria. Poi ci adottò come suoi figliuoli facendoci parte già fin d’ora della sua vita, e un giorno della sua gloria. — Dio Figlio s’è degnato di rivestirsi della nostra carne e delle nostre debolezze, soffrendo e morendo per la nostra redenzione. Ha voluto abitare tra noi, e farsi nostro cibo. — Lo Spirito Santo, amore consostanziale del Padre e del Figlio, abita nelle anime in grazia, le illumina, le infiamma, le santifica. Queste idee sono non solo grandi, ma affettuose e consolanti. Provocano il nostro amore. b) Il mistero ci fu rivelato anche perché amassimo meglio il prossimo. Nostro Signore Gesù Cristo ha improntato i motivi più alti dell’amore tra noi al domma della Trinità. Nell’ultima cena, pregò suo Padre per i discepoli così: « Come voi, Padre, amate me e io amo Voi, così essi amino e siano una sola cosa tra di loro » (Giov., XVII, 21). Ecco perché nei secoli di maggior fede numerosi ospedali si fondarono dedicati alla SS. Trinità. La più bella e grande preghiera che possiamo rivolgere alla SS. Trinità è la Messa; la più buona e gradita azione che possiamo compiere in suo amore è la carità verso il prossimo. – A Catania nel 304 moriva per la fede cristiana il diacono Euplio. L’avevano sottoposto per lunghe ore alla tortura perché rinnegasse. Aveva tanta sete e si contorceva di dolore: « Disgraziato! — gli gridò il giudice. — Adora Marte, Apollo, Esculapio; avrai da bere ». Il martire rispose: « Io adoro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: essi mi daranno da bere tra qualche momento l’acqua viva della gioia eterna ». E s’accasciò piegato sulle ginocchia e con la fronte protesa come a bere a un fiume invisibile. Era morto. Anche a noi il mondo, in questi anni di vita terrena, ci offre i suoi idoli: « Adora il Piacere, adora il Danaro, adora l’Orgoglio: sarai felice! ». Rispondiamogli come il martire siciliano: «Io adoro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: essi mi daranno l’unica vera felicità ». Così la santa Chiesa, madre pietosa, nell’ora estrema potrà raccomandarci a Dio con sincerità: « Riempi, Signore, della tua pace, quest’anima che ritorna… benché abbia talvolta peccato, tuttavia non negò, ma credette nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo » (Commend. anim.). – – IL GRANDE MISTERO NELLA VITA PRATICA. « … Andate, dunque: istruite le genti! battezzate le genti nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo! Coraggio, perché Io sarò con voi, tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli ». Queste parole, che sono le ultime del Vangelo di S. Matteo, contengono esplicitamente il mistero principale della nostra santa fede: unità e Trinità di Dio. Gesù comanda a’ suoi Apostoli che insegnino a tutti gli uomini, perché la fede di ogni uomo, in ogni istante, deve essere sigillata da questo mistero. Nasciamo: ed ecco il sacerdote battezzarci nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Viviamo: ed ecco che ogni atto della nostra vita spirituale, l’assoluzione e ogni benedizione, ci è data in nome della Trinità augusta. Moriamo: ed ecco che noi facciamo ritorno al Padre che ci ha creati, al Figlio che ci ha redenti, allo Spirito Santo che ci ha santificati. L’uomo stesso è formato ad immagine della Trinità, e sopra di lui è riflesso il lume di Dio (Ps., IV, 7). Nel mattino dei secoli, quando Dio scese sulla terra a creare l’uomo, disse: « Facciamo l’uomo a nostra somiglianza ». E S. Bernardo osserva che in noi v’è una trinità creata: la mente che comprende, il cuore che ama, la volontà che comanda le azioni. Con questa trinità creata, ch’è in noi, rendiamo gloria alla Trinità Increata: rendiamo gloria colla mente credendo, col cuore amando, colla volontà imitando in noi il Mistero divino, per quanto ci è possibile. – 1. COLLA MENTE: CREDIAMO. Nelle litanie della Madonna, che tante volte abbiamo recitato, una ve n’ha una che mirabilmente esprime il gran Mistero: « Sancta Trinitas Unus Deus ». Sancta Trinitas! In Dio vi sono tre Persone che si chiamano: Padre, Figlio e Spirito Santo. Sono uguali in tutto: né il Padre è più vecchio del Figlio, né lo Spirito Santo è più giovane del Padre e del Figlio; ma tutti e tre sono eterni allo stesso modo. Così come è onnipotente il Padre, così è onnipotente il Figlio e lo Spirito Santo. Per questo non si devono confondere: altro è la Persona del Padre, altro quella del Figlio, altro quella dello Spirito Santo. Eppure, non sono tre Dei ma un Dio solo. Unus Deus! Non si dice che in Dio vi sono tre Persone e che queste Persone sono una Persona sola; e neppure si dice che vi sono tre Nature e che formano una Natura sola: questo è assurdo. Il mistero dice soltanto che in Dio vi sono tre Persone che formano una Natura sola, la divina; e perciò formano un Dio solo … Unus Deus. Questo è il Mistero grande. Nessuno può comprenderlo; ma tutti debbono crederlo, se vogliono salvarsi. E noi lo crediamo perché ci è stato rivelato da Dio stesso, — gli uomini non possono inventare le cose che non capiscono, — il Quale non può ingannare. Questo è il Mistero principale. Ma allora perché la Trinità non significa nulla nella pratica di troppi Cristiani? Il Padre?… Lo Spirito Santo?… ma chi pensa a loro?… se anche non esistessero, nulla cambierebbe nella vita di molti pretesi credenti. C’è da temere che, anche nei paesi cattolici, molte anime non raggiungeranno il Paradiso, perché non conoscono e non credono abbastanza il più grande dei Misteri. Non così i Santi. S. Francesco Saverio, nelle terre dell’estremo oriente, in mezzo ai barbari che voleva convertire, ripeteva così sovente la sua diletta giaculatoria: O sancta Trinitas! che i selvaggi ancora idolatri, avevano contratto l’abitudine di ripeterla, pur senza conoscerne il significato. – 2. COL CUORE: AMANDO. Dobbiamo amare Dio Padre, perché ha fatto suoi figli adottivi noi povere creature miserabili. Figli adottivi di un Dio! Potergli dire: « Padre nostro che sei nel cielo! ». Ah, chi trascura il Padre, trascura la propria grandezza, la propria divinizzazione! Dobbiamo amare Dio Figlio, che per noi si è fatto uomo, ha provato tutte le nostre ambasce, ha sudato sangue per noi, è morto per noi. Senza di Lui, nessuno più sarebbe entrato in Paradiso. Dobbiamo amare Dio Spirito Santo perché Egli abita nelle anime senza peccato mortale, le illumina, le fortifica, le conduce alla vita eterna. Senza Lui, nessuno potrebbe farsi santo, nessuno potrebbe nemmeno invocare il nome di Gesù. L’amore verso la Trinità divina deve apparire specialmente dalle preghiere. E sono due preghierine, quanto piccole altrettanto stupende, che fanno piacere a Dio: il Segno della croce e il Gloria. Il Segno della croce: con esso noi rendiamo testimonianza al cielo e alla terra he crediamo in Dio Uno — in nomine — e Trino — Patris, Filii et Spiritus Sancti. – Enrico IV dopo aver curvato la fronte a Canossa si ribellò perfidamente, un’altra volta, al Papa, e scese con l’esercito all’assedio di Roma. Al secondo assalto, nonostante la tenace resistenza degli assediati, riusciva ad incendiare la cerchia delle mura. Un pauroso anello di fuoco stringeva l’eterna città, da cui non si levava altro che il rantolo dei morenti e il pianto delle donne esterrefatte. Allora sugli spalti di una torre, splendido e pallido tra il bagliore e il fumo dell’incendio, apparve il Papa Gregorio VII e con gesto solenne e calmo segnò le fiamme irrompenti col Segno della croce. Subito ogni fuoco si spense come sotto un invisibile acquazzone. Tutte le volte che anche voi vi sentirete accerchiati dal nemico infernale, tutte le volte che vi troverete in angustia o in pericolo, date gloria alla Trinità santissima sol Segno della croce, un grande aiuto e sollievo ne sgorgherà per l’anima vostra. Troppo di rado o con troppo rispetto umano o con troppa irriverenza molti Cristiani si segnano col Segno della croce. L’altra preghiera, sublime e facile, è il Gloria Patri. « Gloria al Padre e al Figliuolo e allo Spirito Santo: come era nel principio, e ora, e sempre, nei secoli dei secoli. Amen ». S. Caterina da Siena sempre, salendo o scendendo le scale, a ogni momento, salutava Dio così. Una volta si vide accanto una gran luce: « Gloria al Padre… » guarda e nella luce vede Gesù che al suo fianco saliva la scala « E a Te… » continuò la santa rapita di gioia, « e allo Spirito Santo! ». Sarebbe un errore credere che occorra essere una religiosa insignita di favori straordinari, o un dotto provvisto d’una scienza teologica prodigiosa per pregare a questo modo. Il Mistero e l’uso del Mistero, Dio l’ha rivelato per tutti. – Pier Giorgio Frassati è un giovanotto di Torino; è uno studente fra i mille, ma molto legato alla sua fede. Quando legge nella vita di S. Caterina il bell’episodio che vi ho testé narrato, ne fu entusiasta: per strada, in casa, sui tram, svegliandosi di notte, nelle pause del lavoro e dei divertimenti, anch’egli cominciò a lodare Dio: « Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo! ». Perché non lo potremo imitare noi? Perché non lo potrà imitare ciascun operaio, ciascuna madre di famiglia? Non siamo Cristiani anche noi, come cristiana era santa Caterina e Pier Giorgio ch’è morto pochi anni fa, lasciando un grande esempio?… – 3. COLLA VOLONTÀ: AGENDO. Volonterosamente dobbiamo agire per imitare in noi la Trinità santa. « Siate perfetti come perfetto è il Padre mio » ci dice Gesù nel Vangelo. Anzitutto, alla divina Trinità si oppone la trinità infernale: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita. Contro questa belva a tre teste, dobbiamo dirigere la nostra lotta. Poi imitiamo la Santissima Trinità nell’amare il prossimo come noi stessi, così da formare un cuor solo e un’anima sola. «Sono tre che danno testimonio in cielo: — scrive S. Giovanni — il Padre, il Verbo, lo Spirito Santo; ma questi Tre sono Uno (I Giov., V, 7). E Gesù nell’ultimo discorso prima di morire così prega per noi « Che questi siano una sol cosa, come noi siamo una cosa sola » (Giov., XVII, 22). Le tre Persone della Trinità si comunicano tutto ciò che tra di loro è comunicabile: anche noi facciamo parte di ogni bene nostro a coloro che ne hanno bisogno. Non ci sia odio tra i Cristiani, ma solo l’amore che unifica e rende bella la vita. Così si faceva nei primi tempi quando la moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola. – Non è inutile ricordare che uno dei mezzi più sicuri per onorare e piacere alla infinita ed eterna Trinità è quello di amare la Regina del Cielo. Sì, Maria figliuola prediletta da Dio Padre, Maria, Madre senza macchia di Dio Figlio, Maria, intemerata sposa di Dio Spirito Santo, è potentissima presso la Trinità. Per questo nelle litanie dopo aver detto: Sancta Trinitas Unus Deus subito aggiungiamo: Sancta Maria, ora pro nobis! Per questo noi la Madonna — Figlia, Madre, Sposa — la preghiamo devotamente ora e nell’ora della morte, affinché dopo aver creduto in questa vita il gran Mistero, Ella ci conduca nell’altra a vederlo. – – IL MISTERO PRINCIPALE. Dopo il tempo dell’Avvento e del Natale, in cui si ricorda l’amore che spinse Dio Padre a concederci il suo Unigenito, dopo il tempo della Quaresima e della Pasqua, in cui si ricorda l’amore che spinse Dio Figlio a vivere trentatré anni con noi e morire fisso in croce per noi, dopo le solennità della Pentecoste, in cui si ricorda l’amore che spinse Dio Spirito Santo a discendere ad abitare le nostre membra e la nostra anima, ben venga la festa della Santissima Trinità in cui, come in conclusione, ogni Cristiano sciolga l’inno dell’adorazione e della riconoscenza a tutte ed insieme le divine Persone: « Gloria al Padre! Gloria al Figlio! Gloria allo Spirito Santo! Ieri, oggi, domani e nei secoli ». Tre Persone divine; uguali ma distinte, e che pure formano un Dio solo, è il mistero principale della nostra santa fede, è il mistero che rende il popolo cristiano superiore ad ogni altro popolo. Mai nessuno avrebbe potuto pensarlo se il Figlio di Dio non ce l’avesse confidato. E non l’ha confidato agli antichi Egiziani, che adoravano il sole e la luna e talvolta le bestie; non l’ha confidato ai Greci intelligenti e sapienti che avevano molte divinità e talune viziose e usurpatrici più degli uomini; non l’ha confidato agli Israeliti, la gente eletta: noi soltanto fummo scelti a sapere il segreto della vita di Dio. Cristiani, osservate come tutta la nostra vita è piena di questo grande mistero. S’ode un vagito nella vostra casa: è nato un bambino. Vi affrettate a portarlo in chiesa, e davanti alla vasca battesimale il sacerdote lo rigenera nell’unico Nome di tre Persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. S’ode un rantolo nella vostra casa: qualcuno muore. Mentre voi piangete ecco, ancora il prete che pronuncia sull’agonizzante le ultime preghiere: « Lascia questo mondo, anima cristiana, e torna all’unico tuo Dio ». E poi ne nomina tre: « Torna al Padre che ti creò, torna al Figlio che ti redense, torna allo Spirito che ti santificò ». Non solo quando si nasce, non solo quando si muore, ma ogni giorno, dentro di voi e fuori di voi, il mistero grande vi avvolge. Quando al mattino aprite gli occhi alla nuova giornata, quando alla sera stanchi li rinchiudete sotto le tenebre notturne, voi segnate il vostro corpo col segno della croce e pronunciate alcune parole . « Nel Nome… un solo nome dunque… e poi ne fate tre: quello del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ». Quando col rimorso e col dolore dell’anima, vi inginocchiate nel sacramento della Penitenza, è sempre nel nome di Dio — uno e trino — che vi è concesso il perdono: « Io ti assolvo nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo ». Quando assistete alla S. Messa, non avete mai pensato che è il Sacrificio offerto alla Trinità divina? Sanctus! Sanctus! Sanctus! Dominus Deus Sabaoth. Il Signore Iddio delle armate è detto Santo tre volte, per indicare le tre divine Persone. Quando vi curvate sotto la mano del sacerdote voi sentite la divina benedizione scendere sulle vostre teste con queste parole: Benedicat vos omnipotens Deus… L’Unico onnipotente vi benedica… e poi ecco tre nomi: Pater, Filius, Spiritus Sanctus. Uno e tre! Un Dio solo e tre Persone! Ecco il centro della nostra vita vera. Eppure ci sono molti Cristiani che ignorano, o non sanno più, che cosa sia questo mistero principale della nostra santa fede. – S. Giovanni Evangelista, scrivendo ai Cristiani dell’Asia Minore, dice: « Tre sono in cielo: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; e questi tre sono una sola cosa ». Più breve e più chiaro di così è difficile a noi uomini esprimere il mistero principale. Attendete a due punti: c’è un Dio solo, un’unica natura divina. « Ascolta, Israele! diceva Mosè al suo popolo — il Signore nostro è l’unico Dio. Queste parole che io oggi ti bandisco, staranno nel tuo cuore e le ripeterai ai tuoi figliuoli ». Ma in questo Dio solo, in questa unica natura divina ci sono tre Persone: il Padre che genera il Figlio, il Figlio che è dal Padre generato e lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Attendete ancora: il Figlio non è più giovane del Padre né lo Spirito Santo è più giovane del Figlio: ma le santissime Persone tutte e tre sono egualmente eterne, egualmente immense, egualmente onnipotenti. I teologi hanno cercato molti paragoni per farci intendere il gran mistero: la lunghezza, la larghezza, la profondità d’un corpo non formano tre corpi; la grandezza, la luce, il calore del sole non formano tre soli; la radice, il tronco, i rami son formano tre alberi; il colore, l’odore, la figura d’una rosa non formano tre rose; la memoria, l’intelligenza, la volontà non formano in noi tre anime. Ma, — a dir la verità, — anche questi confronti servono a ben poco. La nostra mente si smarrisce, noi non comprendiamo: eppure è così, non può essere che così. Gesù Cristo l’ha rivelato. V’era nel deserto un’altissima montagna, la cui cima si drizzava nel più alto cielo, ed era sempre avvolta dalle nubi e percossa dai fulmini così che nessuno aveva potuto vederla mai. Era la vetta del Sinai ove Dio abitava. Ai piedi della montagna il popolo degli israeliti levando gli occhi tremava e adorava la terribile presenza del Signore. Nel deserto di questa vita, Iddio ha posto questo mistero, eccelso come una montagna che attraversa il cielo e nasconde la sua cima tra le nubi del Paradiso. Noi levando gli occhi a considerare questa incomprensibile verità, sentiamo la terribile grandezza del Signore e dal labbro ci fugge il grido profetico: « Veramente tu sei un Dio nascosto ». – 2. I NOSTRI RAPPORTI CON LA Trinità. Col Padre: Nelle antichissime leggende dei Greci si racconta che questo popolo non avrebbe potuto mai conquistare la città di Dio senza una vittima umana. Ed allora ecco il re Agamennone prendere la sua figliuola e sacrificarla. Molto più buono del re della leggenda è stato Dio Padre con noi. Invano gli uomini avrebbero cercato di conquistare la città eterna del Paradiso, poiché la maledizione di Adamo pesava sulle coscienze di tutti i suoi figli e non avrebbe permesso a nessuno di varcare la soglia del Cielo. Ed ecco allora Dio Padre concedere al mondo il suo eterno Figlio, la seconda Persona della Trinità augusta, perché morisse sulla croce, in espiazione del nostro peccato. Che cosa eravamo noi davanti a Dio, se non delle piccole creature e, per giunta peccatrici? Eppure, il Padre ci amò fino al punto di lasciarsi chiamare Padre anche da noi: Lui l’eterno, l’onnipotente, l’infinito, da noi mortali, buoni a nulla, cattivi. Poteva contentarsi di essere il nostro Creatore, il nostro padrone e di considerarci come sue cose, suoi servi; invece no, ha voluto adottarci come figli, ha voluto che dal nostro cuore si levasse questo grido magnifico: « Padre nostro che stai in cielo! » Giusto, sì, ma Padre. Terribile, sì, quando non può farne a meno, ma anche allora, e sempre, Padre. Col Figlio: E il Verbo si è fatto carne per apportarci la vita, la vita soprabbondante, la vita di Dio che Adamo aveva perduto. E nacque dal seno verginale di Maria: bastava un sospiro, una voce, uno sguardo, — e ne cresceva, — per redimerci, ed invece ha voluto amarci fino alla fine. Fino alla fine dei patimenti sulla croce; fino alla fine dell’amore nell’Eucaristia. Il Figlio di Dio è diventato fratello nostro maggiore, è diventato il nostro modello: « Come ho fatto io, fate ancor voi ». Il Figlio di Dio è il nostro Giudice nel giorno finale: nelle sue mani il Padre ha deposto ogni giudizio. Il Figlio di Dio è la nostra gloriosa risurrezione. « Quando Cristo, vita nostra sarà apparso nell’alto cielo anche noi saremo con Lui elevati in gloria » (Col., III, 4). Con lo Spirito Santo: Quando non c’è il peccato in noi, lo Spirito Santo è dentro di noi: i nostri corpi divengono la sua dimora. Non lo sentite quando vi suggerisce le buone ispirazioni? quando vi mette nelle bocca ferventi parole di preghiera? quando lotta per voi contro i demoni che vi prendono d’assalto? quando vi riempie di gioia per il bene compiuto e di timore per il male da evitare? O dulcis hospes animæ … lo chiama la Chiesa. Dolce ospite dell’anima! ma noi Cristiani, ci riputiamo fortunati di questa abitazione della terza Persona della Trinità? O forse nessuno vi fa attenzione, nessuno se ne preoccupa? O forse continuamente lo scacciamo lontano da noi come un intruso, Lui, lo Spirito santificante, l’eterno, l’onnipotente, l’uguale al Padre e al Figlio? – Il conquistatore della terra promessa s’era portato in Sichem a morire. Gli anziani, i capi, i giudici, i magistrati accorsero da lui con tutte le tribù per ascoltare le sue ultime parole. E Giosuè disse: « Togliete di mezzo a voi gli dei stranieri, Auferte deos alienos de medio vestri (Jos., XXIV, 23). Queste son pure le ultime parole di questa predica. Cristiani, avete sentito come è grande e come è buono Dio?! Avete sentito ch’Egli è Uno e Trino, e che altro Dio non c’è fuori di Lui: strappate dunque dal vostro cuore ogni dio straniero. L’avaro si è fatto un dio col danaro, il superbo si è fatto un dio colla propria ambizione, l’impuro si è fatto un dio con la propria carne. Via questi falsi dei! non questi sono il Dio che noi adoriamo. Egli è Uno e Trino: a Lui gloria e amore nei secoli. Amen.
Offertorium
Orémus
Tob XII: 6. Benedíctus sit Deus Pater, unigenitúsque Dei Fílius, Sanctus quoque Spíritus: quia fecit nobíscum misericórdiam suam.
[Benedetto sia Dio Padre, e l’unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: poiché fece brillare su di noi la sua misericordia.]
Secreta
Sanctífica, quæsumus, Dómine, Deus noster, per tui sancti nóminis invocatiónem, hujus oblatiónis hóstiam: et per eam nosmetípsos tibi pérfice munus ætérnum.
[Santífica, Te ne preghiamo, o Signore Dio nostro, per l’invocazione del tuo santo nome, l’ostia che Ti offriamo: e per mezzo di essa fai che noi stessi Ti siamo eterna oblazione.]
Præfatio de sanctissima Trinitate
… Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui cum unigénito Fílio tuo et Spíritu Sancto unus es Deus, unus es Dóminus: non in unius singularitáte persónæ, sed in uníus Trinitáte substántiæ. Quod enim de tua glória, revelánte te, crédimus, hoc de Fílio tuo, hoc de Spíritu Sancto sine differéntia discretiónis sentímus. Ut in confessióne veræ sempiternǽque Deitátis, et in persónis propríetas, et in esséntia únitas, et in majestáte adorétur æquálitas. Quam laudant Angeli atque Archángeli, Chérubim quoque ac Séraphim: qui non cessant clamáre cotídie, una voce dicéntes:
[ …veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: che col Figlio tuo unigénito e con lo Spirito Santo, sei un Dio solo ed un solo Signore, non nella singolarità di una sola Persona, ma nella Trinità di una sola sostanza. Cosí che quanto per tua rivelazione crediamo della tua gloria, il medesimo sentiamo, senza distinzione, e di tuo Figlio e dello Spirito Santo. Affinché nella professione della vera e sempiterna Divinità, si adori: e la proprietà nelle persone e l’unità nell’essenza e l’uguaglianza nella maestà. La quale lodano gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, che non cessano ogni giorno di acclamare, dicendo ad una voce: ]…
Sanctus,
Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.
Communio
Tob XII:6. Benedícimus Deum coeli et coram ómnibus vivéntibus confitébimur ei: quia fecit nobíscum misericórdiam suam.
[Benediciamo il Dio dei cieli e confessiamolo davanti a tutti i viventi: poiché fece brillare su di noi la sua misericordia.]
Postcommunio
Orémus.
Profíciat nobis ad salútem córporis et ánimæ, Dómine, Deus noster, hujus sacraménti suscéptio: et sempitérnæ sanctæ Trinitátis ejusdémque indivíduæ Unitátis conféssio.
[O Signore Dio nostro, giòvino alla salute del corpo e dell’ànima il sacramento ricevuto e la professione della tua Santa Trinità e Unità.]
PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)