LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (13)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (13)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle MissioniROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

SECONDA PARTE

Gesù, Sommo Sacerdote, ci fa partecipare al suo sacerdozio e al suo sacrificio.

Come già si disse, Gesù, comunicandoci. La sua vita, diviene nostro mediatore presso il Padre, nostro sommo Sacerdote: offre per noi il più perfetto dei sacrifici, perché ne è, nello stesso tempo, il sacrificatore e la vittima; dà quindi al sacrificio un valore infinito. Nell’offrire se stesso in vittima, ci associa, in una data misura che non è la stessa per tutti, al suo sacerdozio e al suo sacrifizio; offre con sé tutti i membri del suo Corpo mistico, tutto il popolo cristiano, onde possiamo rendere a Dio i nostri doveri religiosi e partecipare nello stesso tempo ai frutti della sua immolazione. – Dottrina consolantissima e molto feconda in frutti di santificazione, che vuol essere qui convenientemente illustrata, per trarne conclusioni specialmente pratiche, capaci d’innalzare i nostri cuori a Dio con maggior confidenza ed amore. Essendo Gesù nello stesso tempo sacerdote e vittima, tratteremo prima del suo sacerdozio e del suo sacrificio. Poi diremo in che modo il sacerdote cattolico partecipa veramente al suo sacerdozio e diventa così un altro Cristo, sacerdos alter Christus. Toccheremo quindi delle relazioni checorrono tra Maria e il sacerdote. E mostreremoda ultimo come tutto il popolo cristiano è anch’esso,in un certo senso, associato al sacerdoziodi Cristo. Potremo così intendere meglio checosa sia il santo Sacrifizio della Messa e come lodobbiamo celebrare od assistervi.

Quindi cinque capitoli:

I. GESÙ NOSTRO SACERDOTE, SACRIFICATORE E VITTIMA.

Il. IN CHE MODO IL SACERDOTE PARTECIPA AL SACERDOZIO DI GESÙ CRISTO.

III. LE RELAZIONI TRA MARIA SANTISSIMA E IL SACERDOTE.

IV. IN CHE SENSO IL POPOLO CRISTIANO È ASSOCIATO AL SACERDOZIO DI CRISTO.

V. DEL SANTO SACRIFICIO DELLA MESSA.

CAPITOLO I

Gesù nostro sommo sacerdote!

La bella dottrina del sacerdozio cattolico fu da san Paolo spiegata ai primi Cristiani nella Lettera agli Ebrei; dottrina che, quando sia ben intesa, rapisce di ammirazione le anime pie e le innalza ai più alti gradi di perfezione. Attenendoci agl’insegnamenti di san Paolo, diremo in che modo Gesù è il Sacerdote per eccellenza; in che modo ci si presenta nello stesso tempo Sacrificatore e Vittima; e quali sono i nostri doveri verso il sommo Sacerdote Gesù.

ART. I. — GESÙ È IL SACERDOTE PER ECCELLENZA.

A dimostrarlo, esamineremo: 1° quali siano le condizioni richieste per il Sacerdozio; 2° in che modo Gesù le abbia eminentemente avverate in se stesso.

Le condizioni richieste per il sacerdozio.

San Paolo ci dà prima di tutto una specie di definizione del sacerdozio, indicando le condizioni essenziali che vi si richedono: « Ogni pontefice, egli dice, tratto dagli uomini, è costituito per gli uomini nelle cose di Dio, perché offra doni e sacrifici pei peccati! » (Ebr. V, 1). Ed aggiunge: Nessuno assume da sé tale dignità, ma chiamatovi

da Dio, come Aronne » (Ebr. V. 4). Tre condizioni essenziali sono dunque necessarie ad essere sacerdote: bisogna:

1° essere uomo e scelto da Dio;

2° essere consacrato al culto divino per esercitare ufficialmente l’ufficio di mediatore tra il cielo e la terra;

3° e offrire a Dio un Sacrificio, che è l’atto più perfetto di adorazione e di espiazione.

Vediamo di intendere bene queste tre condizioni.

A) Il sacerdote dev’essere uomo, membro della grande famiglia che è incaricato di rappresentare, soggetto alle infermità, ai patimenti, alle miserie dell’umana stirpe, affinché, conoscendole per esperienza, possa compatirle ed esporle a Dio con maggior sentimento: « capace, dice san Paolo, di compatire gli ignoranti e i traviati, poiché anch’esso è cinto di debolezza » (Ebr. V, 2). Se il Sacerdote fosse Angelo, o puro spirito, e non uomo, come potrebbe farsi una giusta idea delle tentazioni che ci vengono dal corpo e dalla sensibilità? Come potrebbe compatirle e mostrarsi pietoso verso di noi? E noi avremmo il coraggio di confidare a un essere puramente spirituale quelle debolezze che vengono dall’infermità della nostra carne? Che se, pur facendo parte della nostra natura umana, il Sacerdote non fosse l’eletto di Dio, come potrebbe osare di presentarsi innanzi alla divina Maestà, lui povera creatura, lui misero peccatore, bisognoso di purificarsi dei suoi peccati prima di comparire innanzi al Dio di ogni santità? Il sacerdote deve dunque essere uomo, ma uomo chiamato da Dio, accetto a Dio.

B) Deve pure essere consacrato, vale a dire separato dalle cose profane, esclusivamente dedicato al servizio di Dio e dei suoi fratelli: « È costituito, è fissato a pro degli uomini in ciò che spetta al culto di Dio! ». Potrà quindi rappresentare gli uomini suoi fratelli e fare ufficialmente le parti di mediatore. È questo infatti l’ufficio essenziale del Sacerdote, salire dalla terra al cielo per recarvi gli ossequi di tutta l’umanità, e discendere dal cielo sulla terra colle mani piene di benedizioni per spanderle sugli uomini.

a) Il primo dovere dell’uomo è di glorificare Dio in modo cosciente e di porgergli, in nome proprio e in nome delle creature inanimate che stanno al suo servizio, un ossequio intelligente e libero. Creato ad immagine e somiglianza di Dio, partecipe della sua vita, l’uomo deve vivere in perpetua ammirazione, lode, adorazione, riconoscenza e amore verso il suo Creatore e Santificatore. È ciò che dice san Paolo: « Da lui, per lui, a lui sono tutte le cose: a lui gloria per tutti i secoli!… Se viviamo, viviamo pel Signore; se moriamo, moriamo pel Signore » ((Rom. XIV, 7-8). E rammentando ai Cristiani che anche il corpo è, come l’anima, tempio dello Spirito Santo, aggiunge: « Glorificate Dio nel vostro corpo: glorificate et Portate Deum in corpore vestro » (I Cor. VI, 20). È sventura che la maggior parte degli uomini, immersi negli affari e nei piaceri, non consacrino che pochissimo tempo all’adorazione di Dio. Era quindi necessario – si scegliessero, di mezzo a loro, delegati speciali, accetti a Dio, i quali potessero, non solo in nome proprio ma in nome di tutta la società, rendere a Dio i doveri di religione a cui ha diritto. Tale è appunto l’ufficio del Sacerdote cattolico: scelto da Dio stesso, di mezzo agli uomini, è come il mediatore di religione tra il cielo e la terra, incaricato di glorificar Dio e di porgergli gli ossequi dei suoi fratelli.

b) Ma, avendo l’uomo assiduo bisogno delle grazie divine, è pur necessario che il Sacerdote presenti all’Autore di ogni bene le umili e urgenti petizioni dei suoi fratelli, onde ottenere dalla divina misericordia quei copiosi e opportuni aiuti che loro occorrono iper trionfare delle tentazioni, per conservare e aumentare la vita della grazia.

c) L’atto per eccellenza diretto ad adorar Dio e a ottener nuove grazie, è il Sacrificio. Il Sacrificio è un atto esterno e sociale, con cui il sacerdote offre a Dio, in nome della grande famiglia  umana, una vittima immolata, per riconoscerne il supremo dominio, riparare l’offesa fatta alla sua maestà, chiedergli grazie ed entrare in comunione con Lui. Istituito da Dio fin dal principio, il Sacrificio si conservò, variamente deformato, è vero, anche presso i popoli pagani, tanto corrisponde agli istinti religiosi dell’uomo! Regolato dalla legge mosaica, era il principale atto di culto presso i Giudei. Lasciando le molte particolarità del codice liturgico giudaico, basti qui rammentare che c’erano nell’Antica Legge quattro specie di sacrifici cruenti: l’olocausto, in cui la vittima era arsa interamente onde esprimere meglio il profondo sentimento dell’adorazione e il riconoscimento del sovrano dominio di Dio; il sacrificio per il peccato, in cui solo una parte della vittima veniva bruciata e l’altra riserbata ai sacerdoti, per espiare le colpe commesse; il sacrificio per un delitto fatto contro le leggi del culto o contro il diritto di proprietà; da ultimo il sacrificio pacifico, in cui la vittima era divisa in tre parti, delle quali una veniva bruciata, l’altra mangiata dai sacerdoti, la terza banchettata da coloro che offrivano il sacrificio. Il sacrificio pacifico aveva per fine di ringraziare Dio dei benefici ricevuti o di ottenerne dei nuovi. Tali sono le condizioni essenziali del sacerdozio; l’Apostolo san Paolo ci dirà ora quanto perfettamente si avverarono in Nostro Signore Gesù Cristo.

2° In che modo Gesù avvera in sé le condizioni richieste per il sacerdozio.

A) Finché il Figlio di Dio rimane nel seno del Padre non può essere Sacerdote: immagine sostanziale del Padre, perfettamente uguale a Lui, non gli si addice di abbassarsi dinanzi a Lui, di adorarlo, di pregarlo. Ma dal dì che s’incarna nel virgineo seno di Maria e diviene uomo, nulla vieta ch’Ei sia rivestito del sacerdozio: è dei nostri, della nostra famiglia, della nostra stirpe; e, senza scapitar nulla nella sua divinità, può, come uomo, abbassarsi, umiliarsi, annientarsi, adorare e pregare. Anzi, per poter compatire le nostre miserie, vuole prendervi parte; e si fa veramente nostro fratello per ragion del sangue, per le infermità, per le tentazioni: simile in tutto a noi, tranne il peccato. « Non abbiamo, dice san Paolo (Ebr. V, 15), un pontefice incapace di compatire le nostre debolezze, avendole Egli, per rassomigliare a noi, provate tutte tranne il peccato ». Con quale eloquenza Bossuet commenta queste parole dell’Apostolo! Dopo aver osservato che il Verbo aveva assunta una natura umana che era in sostanza fattura sua, aggiunge: (Medit. sur l’Evangîle, La dernière Semaine, 95° jour.) « Ma voi non la assumeste sana, perfetta, immortale come nell’anima così nel corpo, quale era primamente uscita dalle vostre mani. La assumeste quale il peccato e la vindice vostra giustizia l’avevano ridotta, mortale, povera, inferma, perché volevate portare il nostro peccato. Volevate portarlo sulla croce, o vittima innocente; volevate portarlo per tutto il corso della vita… Non potendo trasportar su di voi la malizia e la macchia del nostro peccato, ne trasportaste su di voi soltanto la pena, il giusto supplizio, vale a dire la mortalità con tutte le sue conseguenze. A questo modo diventaste sensibile ai nostri mali, o pontefice compassionevole, che li avete provati… Chi può dubitare che non possiate aiutarci nelle cose che avete provate, dacché non le provaste se non perché così vi piacque, e perché volevate, patendole, far nascere in voi quella soccorrevole compassione che avete per coloro che debbono essi pure patirle? Siate dunque per sempre lodato, o grande Pontefice, che avete pietà dei nostri mali, non in quel modo che i felici hanno pietà degli infelici, ma in quel modo che gli infelici si compatiscono a vicenda per il sentimento della comune miseria! ». – Gesù dunque, senza scapitar nulla nella sua divinità, è l’uomo perfetto, buono e compassionevole, nato fatto per essere il capo e il rappresentante ufficiale dell’umanità. Diciamo ancora  che, poiché non cessa di esser Dio, Egli è il mediatore ideale tra il cielo e la terra, non solo Santo e immacolato, ma impeccabile: è il Figlio prediletto del Padre, che pone in Lui tutte sue compiacenze; è il Sacerdote già anticipatamente designato per adorare la Maestà infinita e patrocinar da nostra causa. Il Verbo incarnato ha quindi tutte le doti e tutti i diritti al Sacerdozio: avvera, per l’unità della sua Persona, tutte le condizioni del Sacerdote perfetto: uomo può compatire le infermità dei suoi fratelli, e abbassarsi, compatire, morire per glorificare il Padre; Dio può dare a tutte le sue azioni un valore infinito. – Sarà dunque sacerdote naturalmente e necessariamente? No, risponde san Paolo, bisognava ancora che fosse dal Padre chiamato e costituito Sacerdote in modo speciale: « Nessuno assume da sé questa dignità, ma solo se chiamatovi da Dio, come Aronne. Così anche Cristo non si arrogò da sé la gloria di diventare sommo Sacerdote, ma gliela conferì Colui che gli disse: Figlio mio sei tu, io oggi ti ho generato: come disse pure altrove: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedecco » (Ep. Ebr., V, 4.6). Fu quindi la libera scelta di Dio che fece di Gesù il sommo Sacerdote il Sacerdote per eccellenza. Da tutta l’eternità Dio decretò che la redenzione avvenisse per il ministero sacerdotale dell’Uomo-Dio e che suo Figlio si incarnasse in una umanità passibile e mortale per essere nello stesso tempo sacrificatore e vittima, vale a dire per offrire un sacrificio di cui sarebbe Egli stesso la vittima. – Ammirabile condiscendenza di Dio che ci dà, nella Persona di suo Figlio, il sacerdote perfetto, il sacerdote ideale. Anzi, a dire il vero, il solo e unico Sacerdote, perché Egli solo avvera in sé con ogni perfezione le doti richieste per il sacerdozio!

B) Ma chi dunque consacrerà questo Sacerdote così perfetto? Non altri fuori dello stesso Dio. Secondo il pensiero dei Padri, il Verbo stesso, fin dal primo momento dell’incarnazione, è, per così dire, l’unzione con cui Gesù vien consacrato Sacerdote; per questo viene chiamato Cristo che significa unto; la divinità del Verbo è come l’unzione santa che consacra la sua umanità e conferisce a Gesù i poteri e le grazie del Sacerdozio. Scelto da tutta l’eternità, Gesù diventa veramente Sacerdote nell’istante stesso dell’incarnazione, e inizia fin da quell’istante il doppio suo ufficio di religioso di Dio e di salvatore degli uomini. È appunto ciò che dice la Lettera agli Ebrei (X, 5-7-10; « Entrando nel mondo, (Gesù) dice (al Padre): Tu non volesti sacrificio ed offerta, mi formasti invece un corpo; olocausti e sacrifizi per il peccato non gradisti; allora dissi: ecco io vengo a fare, o Dio, la tua volontà… E in questa volontà noi siamo stati santificati per l’offerta del corpo di Gesù Cristo una volta per sempre ».

a) Religioso di Dio, Gesù si offre vittima per sostituire tutti gli olocausti e tutti gli altri sacrifici dell’Antica Legge. Sarà l’ubbidienza, l’umile e amorosa sottomissione alla volontà del Padre, la spada che immolerà tutte le sue azioni alla gloria di Dio; e quest’ubbidienza Ei la spingerà fino alla morte e alla morte di croce, nobilmente con ciò riparando alla disubbidienza dei nostri progenitori. Così Dio sarà glorificato come non fu mai, sarà glorificato, come si merita, con gloria infinita, perché il Verbo comunica alle azioni e ai patimenti della sua umanità un valore infinito.

b) Salvatore degli uomini, Gesù, con questo stesso Sacrificio, salverà in diritto tutti gli uomini, nel senso che meriterà loro abbondantemente e anche sovrabbondantemente tutte le grazie di cui hanno bisogno per salvarsi; per guisa che, se non trarranno profitto dalla sua redenzione, ne dovranno incolpare soltanto la loro resistenza alla grazia. « Perché, come dice san Paolo, dove abbondò il peccato, ivi sovrabbondò la grazia! » (Rom. V, 20). Se abbiamo la sventura di offendere Dio, Gesù perorerà la nostra causa con tanto maggiore eloquenza ed efficacia in quanto che offre nel medesimo tempo il sangue versato per noi. Lo dice san Giovanni: « Se qualcuno avrà peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto; ed Egli è vittima di propiziazione per i peccati nostri, e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo ? » (1 S. Giov. II, 1). Se, nello stato di grazia, abbiamo bisogno di nuovi aiuti a perseverare e a progredire nella vita spirituale, Gesù è « sempre vivo a intercedere per noi » (Ebr. VII, 25), sempre pronto a rammentarci colle sue parole, coi suoi esempi e colla sua grazia interiore, che « il giusto deve praticar sempre più la giustizia e il santo sempre più santificarsi » (Apoc. XXII, 11), Gesù ha dunque ricevuto la consacrazione sacerdotale per fare verso Dio l’ufficio di Religioso, e verso gli uomini quello di Salvatore: è Sacerdote e Sacerdote in eterno.

C) Ma, se Gesù è Sacerdote, deve offrire un Sacrificio, e se è il Sacerdote per eccellenza, deve offrire un Sacrificio perfetto. E questo appunto fece Nostro Signore. Cominciò ad offrire interiormente questo sacrificio fino dal primo momento della sua esistenza e rinnovò esteriormente quest’offerta nel dì della sua presentazione al Tempio. Preparò l’immolazione cruenta con una vita tutta tessuta di dure fatiche e di profonde umiliazioni. Compì poi il suo Sacrificio e nell’ultima Cena sull’altare della croce offrendosi liberamente e generosamente a sostenere con eroica pazienza tutti i tormenti fisici e morali inflittigli dai suoi carnefici. E lo consumò risorgendo e salendo al cielo, dove sta dinanzi al Padre colla sua umanità immolata per noi; e, sebbene non lassù un sacrificio propriamente detto, intercede però assiduamente per noi e chiede che ci siano applicati i frutti della sua Passione. – Nel santo sacrificio della Messa Gesù continua il sacrificio del Calvario, offrendo di nuovo al Padre la vittima immolata sulla croce, con le stesse disposizioni di ubbidienza e di amore: « Poiché – scrive l’Olier – le auguste disposizioni interiori di Gesù sono le stesse sulla croce e sull’altare, sotto il velo del pane e sotto il velo della carne, queste noi dobbiamo maggiormente stimare ed onorare nel Sacrificio di Nostro Signore, che principiò sulla croce e che continua sui santi altari » (Olier, Cat. chrétien., II, 3). Diciamo dunque una parola di questo sacrificio e vediamo in che modo Gesù è nello stesso tempo sacrificatore e vittima.