VITA E VIRTÙ CRISTIANE (Olier) 2

VITA E VIRTÙ CRISTIANE (2)

GIOVANNI G. OLIER

Mediolani 27-11 – 1935 Nihil obstat quominus imprimetur. – Can. F. LONGONI

IMPRIMATUR: In Curia Arch.Mediolani die 27 – II – 1935 – F. MOZZANICA V. G.

CAPITOLO II

Della prima conformità che dobbiamo avere con Gesù Cristo

Dobbiamo avere conformità e somiglianza con Gesù Cristo, — somiglianza interiore eoi suoi misteri esterni. — Vari Santi furono destinati ad esprimerli anche esternamente. — Lo spirito dei misteri di Gesù Cristo ci viene dato nel Battesimo. — Il Cristiano deve soprattutto imitare la vita di Gesù risorto, col distacco da ogni cosa creata, con la vita nascosta in Dio.

Tutti abbiamo l’obbligo di essere conformi a Gesù Cristo: S. Paolo ce lo insegna chiaramente, dicendo che Dio, ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo (Rom. VIII, 28). – Orbene, questa conformità consiste nella somiglianza. Dobbiamo rassomigliare a Gesù Cristo, dapprima nei suoi misteri esterni, che furono come sacramenti e segni esterni dei misteri interiori che Egli veniva ad operare nelle anime. Dimodoché come Nostro Signore è stato crocifisso esternamente, dobbiamo pure essere crocifissi interiormente. Come Egli è morto esternamente, dobbiamo morire interiormente. Come venne sepolto esternamente. Dobbiamo esserlo interiormente. Una tal vita interiore che viene espressa dai misteri esterni, tutti la dobbiamo possedere; anche le grazie che ci furono acquistate per questi misteri, tutte le dobbiamo avere, poiché Gesù Cristo tutto ha meritato per tutti. Perciò S. Paolo, parlando a tutti i Cristiani diceva: « Voi siete morti » (Mortui estis. Colos. III 3.). Per altro, Dio ha particolarmente destinate certe anime per esprimere in sé medesime, anche esternamente, questi santi misteri. Così ha fatto in parecchi santi religiosi da Lui mandati sulla terra onde rinnovare la vita di Gesù Cristo; essi furono riempiti dello spirito di Gesù Cristo; e della grazia dei suoi misteri. con tale abbondanza da esprimere anche esternamente il suo stato esterno medesimo. Tale fu S. Francesco, il quale ricevette un’effusione dello spirito di Nostro Signore Gesù Cristo crocifisso, così piena che si rifletteva persino su la carne di Lui; e quel santo patriarca con le piaghe del suo corpo esprimeva all’esterno il mistero del crocifisso. – Egli ha pure lasciato il compito di continuare questa espressione del crocifisso ai suoi figli, i quali esercitano sulla loro carne una continua mortificazione. Tale fu S. Benedetto, che esprimeva la sepoltura di Gesù Cristo col tenersi nascosto in una caverna e lasciare i suoi figli come nelle tombe. Tali furono ancora nella santa Chiesa altri Santi che portarono altri esempi esterni dei misteri; lasciando così grande esempio della loro divozione con l’esprimere sensibilmente i misteri agli occhi dei Cristiani, insegnano a tutti che hanno sempre l’obbligo di possedere le grazie e lo spirito dei misteri, benché non tutti siano obbligati ad averne la conformità esterna.

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Lo spirito dei santi misteri ci viene dato nel Battesimo e opera in noi grazie e sentimenti che hanno relazione e conformità con i sentimenti di Gesù Cristo. Il nostro compito deve essere quello di lasciare che questo spirito, in virtù delle grazie e dei suoi lumi, operi in noi e negli altri in conformità con quei santi misteri. Abbiamo in noi, per esempio, lo spirito di Gesù Cristo crocifisso; esso dà lume e grazie per crocifiggere noi stessi interiormente, per mortificarci nelle occasioni in cui la nostra carne domanda i propri piaceri e le proprie soddisfazioni; in tal modo ci renderemo interiormente conformi a Gesù Cristo crocifisso. – Così pure quel medesimo spirito ci dà grazia per renderci partecipi di Gesù Cristo risorto e a Lui somiglianti, con una vita interiore nascosta in Dio, a somiglianza della sua vita esterna dopo la risurrezione. Nostro Signore risorto, in primo luogo, era esternamente separato dal consorzio degli uomini; ritirato nel Padre suo, in Lui pregava e viveva, senza esporsi agli sguardi degli uomini, senza conversare con essi: parimenti, bisogna che l’anima nostra sia interiormente ritirata dalle relazioni e dalle conversazioni con le creature; bisogna che essa sia distaccata da ogni vano godimento delle cose della terra, non se ne preoccupi nel suo cuore, non abbia più per esse né  pensiero né affezione; separandosene così in ispirito e tutta occupata in Dio, essa abbandonerà le affezioni con le quali si effondeva nel mondo e nelle creature visibili, incomincerà ad unirsi a Dio, per vivere con Lui nella solitudine del ritiro interiore, e con questo mezzo si renderà partecipe dello stato medesimo della risurrezione. In secondo luogo, Nostro Signore, per la sua santa risurrezione era nascosto in Dio, dimodoché la sua vita, la vita della sua carne, la sua vita umana e di infermità. era tutta assorta in Dio; Egli era consumato in Dio, come la legna nel fuoco, quindi nulla più appariva in Lui fuorché Dio, in cui Egli era immerso, seppellito ed interiormente inabissato. – Orbene, una tal vita di risurrezione, una tal vita di Dio in Dio, è appunto la vita nascosta che si addice ai Cristianì. A questa vita tutti devono partecipare ed aspirare, per causa dell’unione intima che fin da questa vita devono avere con Dio, il quale, come un fuoco divoratore ed una fornace ardentissima, investe l’anima, assorbe, l’inabissa. e così la nasconde in sé medesimo. È questa la partecipazione al mistero della risurrezione; è questa la vita di risurrezione che il Battesimo dà a tutti i Cristiani secondo la parola di S. Paolo: « Come Cristo è risorto da morte per la vita del Padre, così noi viamo una vita nuova ». (Rom. VI, 4). – Gesù Cristo risuscitando passava nella vita di Dio, dimodoché non viveva più della vita della carne; l’anima di Lui non animava più il corpo nel modo spregevole di prima, ossia per servire alle necessità e all’uso della vita terrestre; ma quell’anima era tutta inabissata, perduta ed assorta in Dio; tutto quanto vi era nella sua carne di terrestre e di vile, tutto era interamente consumato dalla gloria. In tal modo, la vita cristiana importa interiormente un passaggio di tutta l’anima nostra in Dio, dimodoché essa non pensi più che ad amarlo, a vederlo, a ricordarsi di Lui e servirlo con tutte le sue forze, non usando più della propria vita e non esercitando la propria attività se non per Dio e per servirlo. – Così, l’anima, in questo stato di vita risorta, di vita divina, non si sente più attaccata alla carne per servirla e seguirne le inclinazioni ed i movimenti; ma sospira talmente verso Dio che non vi è più in essa nessuna parte che ami la propria carne. L’anima allora è meno che mai occupata nel dare la vita al corpo, e questo rimane mezzo morto e senza vigore, perché l’anima è trasformata in Dio e non vive più che in Dio. Essa riceve in cambio le qualità di Dio e dell’essere divino. Ora Dio è ben più adatto a consumarci ed animarci, perché è tutto fuoco in se medesimo; Egli è l’Essere per il quale tutte le cose sono fatte e che non è fatto per nessuna: ne consegue che l’anima, in tale stato, è ben più dedicata a Lui che non al corpo, e così essa si perde in Lui più che non sia capace di attirare Dio nel corpo onde animarlo e dargli la sua forma. L’anima essendo dunque in Dio, essendo come perduta in Dio, inabissata nell’amore e unita a Lui, diventa partecipe della vita di Dio medesimo, e così risorge in ispirito. Essa partecipa interiormente alla risurrezione del Figlio di Dio. il quale dopo la risurrezione era esternamente nascosto in Dio, in virtù di quella vita divina che lo assorbiva e ne consumava tutto l’essere inferiore insieme con la primitiva vita della carne. È questa la prima conformità cui ci chiama lo spirito di Gesù Cristo, quando ci dice di seguirlo per essere simili a Lui. (Et sequatur me. Matth. XVI, 241).

CAPITOLO III.

Della seconda conformità che dobbiamo avere con Gesù Cristo

Conformità e somiglianza coi sentimenti intimi di Gesù Cristo nei suoi misteri esterni, — essenza della vita cristiana. — Lo spirito di Gesù Cristo diffuso nei fedeli ne forma un medesimo corpo. — Gesù Cristo vuole continuare nei Cristiani la sua santità intima. — Ciò si compie gradatamente. Prima la morte, poi la gloria. Spirito di Dio e Spirito di Gesù Cristo. — Bisogna partecipare allo stato di morte di Gesù, per aver parte al suo stato di gloria.

La seconda conformità con Gesù Cristo è quella che debbiamo avere coi suoi sentimenti interiori nei suoi misteri, dimodoché le anime nostre nei loro sentimenti e nelle loro disposizioni interiori, si rendano conformi non solamente all’esterno dei misteri come abbiamo visto, ma ancora alle disposizioni e ai sentimenti interiori che Gesù aveva in quei medesimi misteri. La vita cristiana consiste propriamente in questo, che il Cristiano, per l’operazione dello, spirito, viva interiormente nella maniera in cui viveva Gesù Cristo. Senza di questo non v’è quell’unità né quella perfetta conformità cui tuttavia ci chiama Nostro Signore il quale vuole che viviamo con Lui, per l’azione dello Spirito, di una vita così veramente unita a Lui come il Padre e il Figliuolo vivono fra di loro; ora il Padre e il Figlio non hanno che una vita, un sentimento, un desiderio, un amore, una luce, perché sono un solo e medesimo Dio vivente in due persone.

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A questo fine, lo spirito di Dio è diffuso nei Cristiani come nelle membra di un medesimo corpo, per animarli ad una medesima vita e compiere in essi le medesime operazioni che esercitava in Gesù Cristo, dilatando così e diffondendo nelle anime dei fedeli le intenzioni, le disposizioni, gli affetti, i pensieri e desiderii di Gesù Cristo. – Una goccia d’olio su di una pezzuola Bianca, prima non occupa che un piccolo cantuccio della stoffa. ma in poco tempo si dilata. si estende e la invade tutta: così lo spirito di Dio che viveva nel cuore di Gesù Cristo, a misura che i fedeli sono a Lui uniti, si dilata in tutti e li rende tutti partecipi dei medesimi gusti come dei medesimi sensi, infine degli stessi sentimenti. In tutti v’è il medesimo spirito che in tutti opera gli stessi effetti, dimodoché essendo così riformati, sino al fondo dell’anima. e trasformati in Gesù Cristo, non differiscono più tra loro per i sentimenti particolari della carne e dell’amor proprio che ordinariamente regnano in modo diverso negli individui, secondo la varietà dei loro temperamenti e dei loro capricci: ma sono tutti, invece, una sola cosa nell’intimità di un medesimo spirito che regna in essi e penetra i loro cuori. Non sono più divisi, come dice san Paolo, né dalla diversità di religione, né dalla distinzione dei climi o dalle nazionalità, né per l’opposizione dei temperamenti e dei costumi barbari, né per la differenza delle condizioni o la diversità dei sessi, perché sono tutti una medesima eosa in Gesù Cristo (Colos., III, 11; Galat., III, 28).

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Gesù Cristo li riempie non solamente delle disposizioni generali del suo Cuore, ossia dei suoi sentimenti di orrore al peccato, di annientamento di sé medesimo, di adorazione profonda e di rispetto verso il Padre, di amore perfetto verso il prossimo: ma ancora delle disposizioni particolari che Egli aveva in ciascuno dei suoi misteri. Perché, siccome tutte queste disposizioni sante dell’anima di Gesù Cristo erano oggetto di compiacenza e di gioia per il Padre, ne consegue che lo Spirito Santo, il quale non cerca dappertutto che questa compiacenza del Padre, si compiace di diffondersi così in operazioni sante nell’anima disposta a ricevere la sua azione. – Tali sono le operazioni che quel divino Spirito compie, per la gloria di Dio, particolarmente nelle anime tranquille e vuote di ogni cosa, che gliene porgono l’agio: ed è ciò che Egli desidera soprattutto di operare in quelle che sono elette per rappresentare Gesù Cristo su la terra e continuare la vita di Lui nelle sue qualità di Capo e Pastore degli uomini, la vita di Lui quale sostituto per supplire agli uomini. È questa, infatti, la vita del Sacerdote, il quale tiene il posto di Gesù Cristo per supplire alla religione di tutti gli uomini, ed essere così il Religioso ossia l’incaricato universale della Chiesa, onde pregare, lodare, amare in nome di tutti, adempiere i doveri di tutti e ripararne le omissioni.

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Ecco il disegno del Figlio di Dio nella sua venuta su la terra; continuare e perpetuare nei Cristiani la santità dei suoi misteri esterni e interiori, e stabilire nelle anime fedeli quelle due conformità; in ciò consiste la perfetta somiglianza dei membri col loro Capo. La via che Dio tiene per compiere un’opera così sublime è in rapporto con la sua condotta nell’ordine della natura. Nell’ordine naturale nulla si compie d’un colpo, ma ogni cosa va crescendo a poco a poco ed acquista insensibilmente la perfezione cui la santa Provvidenza di Dio la vuole elevare. Così, l’uomo prima di essere uomo perfetto, deve passare per la fanciullezza; gli alberi prima dei frutti, devono portare gemme, foglie e fiori. Parimenti, nella vita spirituale: prima di arrivare alla perfezione bisogna incominciare, poi progredire. Perché come la sublimità dello stato cristiano consiste nella partecipazione e nella comunione santa dello stato di Gesù Cristo Nostro Signore risorto, salito al Cielo e consumato in Dio suo Padre; così, prima di poter giungere a quella sublimità, bisogna passare per il primo stato di Gesù Cristo, quelle, cioè, della mortificazione, della sofferenza e della croce, dell’umiliazione e della morte ad ogni cosa. I Cristiani sono chiamati a riprodurre e rappresentare nella loro vita Gesù Cristo medesimo; per adempiere una tal vocazione, essi devono nella propria vita esprimere tutti gli stati santissimi di Lui, nel medesimo ordine in cui questi stati si sono trovati in Lui. Perciò, siccome Gesù Cristo, il nostro sacro esemplare, dapprima soffrì ogni possibile ignominia, i flagelli ed il patibolo, e prima di risuscitare onde entrare nella sua gloria, morì e fu seppellito: « Cristo ha dovuto patire e così entrare nella sua gloria» (Luc. XIV, 26); così è necessario che prima di partecipare alla gloria della grandezza di Lui, il Cristiano provi in sè stesso, come Lui, tutti quegli stati di umiliazione. – La vita cristiana ha due lati: la morte e la vita. La prima serve di fondamento alla seconda; questo è ripetutamente affermato negli scritti di S. Paolo e in modo articolare nel sesto Capitolo dell’Epistola ai Romani: « Non sapete che essendo stati battezzati in Gesù Cristo, noi siamo stati battezzati nella sua morte? Perché siamo stati sepolti con Lui nella morte col Battesimo; affinché con Gesù risorto noi pure camminiamo in una vita nuova ». E soggiunge: « Consideratevi come morti al peccato e viventi a Dio in Gesù Cristo ». In molti altri chi S. Paolo esprime ripetutamente ancora questo contrasto dei due elementi dello stato del cristiano; ma sempre, come abbiamo detto, la morte deve precedere la vita. E questa morte non altro che la rovina completa di noi stessi e di tutto in noi stessi, affinché essendo distrutto quanto vi è in noi di contrario Dio il suo divino Spirito possa stabilirsi in noi nella purezza e nella santità delle sue vie. Per la morte adunque bisogna entrare nella vita cristiana. Ma è necessario sapere in qual modo avviene questa morte, e in qual modo lo Spirito Santo la opera in noi. Bisogna perciò notare la differenza che passa tra lo Spirito di Dio e lo Spirito di Gesù Cristo: benché infatti sia un solo Spirito, tuttavia a motivo della diversità delle operazioni che produce, talvolta prende il nome di Spirito di Dio, e talora quello di Spirito di Gesù Cristo. Quando lo Spirito Santo, operando in noi, c’infonde virtù di forza, di vigore, di potenza, e ci rende partecipi delle perfezioni e degli attributi di Dio, che non includono abbassamento, allora si chiama Spirito di Dio, perché Dio in quanto tale non ha in sé che grandezza e maestà: quando invece quel medesimo Spirito opera in noi le virtù di Gesù Cristo, ossia le virtù cristiane che portano con sé abbassamento e umiliazione, quali sono l’amore della croce, dell’umiltà, della povertà, del disprezzo, allora si chiama Spirito di Gesù Cristo. Abbiamo accennato a questa differenza, perché si possano intendere tali modi di parlare. Orbene lo Spirito di Gesù Cristo è quello che ci fa morire al peccato. Per questa parola peccato, intendo tutta la vita della carne che S. Paolo ordinariamente chiama peccato. Lo Spirito di Gesù Cristo opera in noi questa morte col formare nel fondo dell’anima nostra le virtù di Gesù Cristo, ossia quelle che Egli ha operate in Gesù Cristo considerato nel suo primo stato. nel suo stato di abbassamento e di umiliazione. –  Così, con quelle virtù sante lo Spirito Gesù Cristo crocifigge la nostra carne fa morire a sé medesima: poiché se qualcuno pretende d’innalzare l’edificio spirituale sopra altro fondamento, vive certamente nell’illusione e nell’inganno, sarà un edificio che non avrà mai nessuna solidità. sarà sempre instabile e cadrà al primo urtarsi contro il vento delle tentazioni e delle contraddizioni. La santa mortificazione che deriva unicamente dalla pratica solida delle virtù è la pietra stabile sopra la quale bisogna edificare sempre, e senza la quale non v’è sicurezza. –  Vediamo dunque di fare ogni sforzo per uniformarci al primo stato di Gesù Cristo, affinché possiamo essere degni di aver parte al secondo, conformarci cioè al suo stato di morte per aver poi parte alla sua gloria. A questo fine tratteremo di alcune virtù cristiane che sono le più necessarie onde stabilirci in questo stato di morte.

VITA E VIRTÙ CRISTIANE (Olier) 3