LE VIRTÙ CRISTIANE (20)

LE VIRTÙ CRISTIANE (20)

S. E. ALFONSO CAPECELATRO – Card. Arcivescovo di Capua

Tipografia liturgica di S. Giovanni Desclée e Lefebre e. C., Roma – Tournay; MDCCCXCVIII

PARTE IIIa

CAPO IX.

L’ OTTAVA BEATITUDINE.

La virtù del martirio di animo.

In questa ottava ed ultima beatitudine, annunziataci da Gesù Signore, si può giustamente credere ch’Egli abbia mirato a tutte le altre precedenti. A me pare quasi ch’ei dica: Son beati i poveri di spirito, beati i mansueti, beati coloro che piangono, beati quelli che han fame e sete di giustizia, beati i misericordiosi, beati i mondi di cuore, beati i pacifici; ma il colmo della beatitudine non è soltanto di possedere queste virtù cristiane e tutte le altre, ma di essere per esse perseguitati: secondo queste parole mie: “Beati coloro che soffrono persecuzione per la giustizia; perciocchè ad essi appartiene il regno dei cieli.” La nobiltà di cotesta ultima beatitudine sorpassa quella delle precedenti, ma appunto per questo a prima giunta la beatitudine dei perseguitati per amore alla virtù ci stupisce più, e sembra più paradossale delle altre. – A prima giunta parrebbe, che, essendo ogni virtù un raggio della divina Bellezza, e assomigliandoci ciascuna più a Dio, e avvicinandoci più a Lui; ogni virtù dovesse attirarci la benevolenza, l’amore e la stima degli uomini. Infatti, parecchie volte avviene che i malvagi altresì fanno plauso alla carità, alla dolcezza, alla mansuetudine, alla pazienza, alla purità dei figliuoli di Dio. Ma d’altra parte, quante e quante altre volte i figliuoli della Città del mondo perseguitano con le ingiurie, col disprezzo, con le villanie, con lo scherno, con le parole mordaci, e sino con le battiture e con la morte i figliuoli della Città di Dio? Il malvagio dunque ora ama e ora odia la virtù, a volte la celebra e la ammira, a volte la vilipende e la perseguita. Perché mai questo? Donde deriva siffatta contraddizione? O la virtù è amabile; o disamabile, o rassomiglia a una bellissima e pudica vergine, o ha in sé bellezze soltanto apparenti e menzognere. Perché dunque in alcuni casi la si ama, e in altri riesce oggetto di odio? Le ragioni di cotesto fatto sono parecchie, ma la principale mi par questa. Quando la virtù si considera, per quel che è in sé, e si mira astrattamente; l’intelletto umano, anche che sia offuscato da molte tenebre, si sente rallegrato da qualche raggio della luce di essa; vede la virtù con un certo misterioso compiacimento; e s’accorge che la virtù corrisponde a talune nobili propensioni dell’animo suo: però la trova bella e amabile. Quando poi questa medesima virtù, nei fatti particolari diventa ostacolo alle passioni degli uomini, e si sforza di governarle, di smorzarle o anche di annientarle; ed ecco che i passionati s’inaspriscono e imbizzariscono, quasi come puledri che nella loro corsa, incontrata una barriera, più s’imbestiano. Per tal guisa quelle medesime virtù, che tengono in freno gli animi dei buoni, eccitano talvolta a passioni anche più focose i malvagi. E i malvagi, talora eccitati così, riescono persecutori più o meno infocati dei figliuoli di Dio. Allora disgraziatamente le passioni veementi dell’animo, contraddette dai virtuosi e dalle virtù loro, con le loro vampe offuscano gli intelletti dei passionati: il vero par loro falso, il bene male, e arrovellandosi tra invidie, gelosie, e sospetti, diventano persecutori. – Al giusto, che si sente perseguitato, ricorrono allora alla mente le parole di Gesù Signore, beati coloro, che soffrono persecuzione per la giustizia. Ancorché gli ripugni supremamente il soffrire, e più per quelle opere di giustizia che, secondo il primitivo ordinamento di Dio, gli dovrebbero procurare diletto; pure, confidente nelle parole del Signore, a poco a poco si rassegna, pensando all’eterna beatitudine che lo aspetta. Talvolta anche, s’ei conduce vita di perfezione, sente altresì nell’intimo del cuore qualche primizia del godimento di quella vita eterna, a cui aspira col desiderio. Or questa persecuzione, sofferta serenamente e tal volta anche consolatamente per amore di Dio e di virtù, si può in senso largo chiamare martirio; ed è indubbiamente una nobilissima virtù dell’animo, la quale non manca mai al buon Cristiano, e, come tutte le altre virtù, s’accresce di grado in grado, sempre che ei viva del pensiero e dell’amore di Dio. Ben è vero, che il principale martirio del Cristiano, è quello ch’ei soffre, o che almeno è disposto a soffrire, dando la propria vita per la fede di Gesù Cristo. Ma ciò non toglie che vi sia altresì il martirio dell’animo, e che questo s’abbia da riconoscere particolarmente nei perseguitati per amore di giustizia, secondo le parole di san Gregorio Magno: “Morire per mano del persecutore è vero martirio: sopportare contumelie, e amare coloro che ci perseguitano, è anche esso un martirio interiore dell’anima”. – Così l’aureola del martirio non appartiene soltanto a quei milioni di Cristiani, i quali nobilmente e santamente scelsero di morire piuttosto, che negare la fede di Cristo, ma altresì a tutti gli altri Santi, e per un certo rispetto a tutti giusti. Così ancora la storia della Città di Dio, da Cristo in poi, nella sua parte più nobile e bella, è una storia di martiri. Però, dopo il peccato e la redenzione è avvenuto che anche il Paradiso, sia un regno in cui tutte le creature umane, che ne fan parte, sono state prima, quale in un modo, quale in un altro inghirlandate della corona del martirio. Iniziatore supremo di questo santissimo martirio fu il divin Crocifisso del Golgota, il Martire dei martiri, il quale non solo morì per la giustizia, ma meritò a noi peccatori di essere giusti della giustizia di lui. Dopo di Cristo, e a lato di lui, nel Cielo brilla di luce ineffabile la nostra benedetta Madre Maria diventata particolarmente a piede delle Croce Regina dei martiri, e tipo stupendo del nobile martirio delle anime. I vari cori dei Martiri, dei Pontefici, dei Confessori, delle Vergini, delle Maritate splendono ciascuno di una loro particolare bellezza; ma tutti, per alcune loro doti particolari, s’accostano al coro dei Martiri, e ne partecipano; tutti cantano il cantico espresso nell’ultima beatitudine: beati coloro che soffrirono persecuzioni per la giustizia. La virtù del Cristiano martirio, intesa nel senso che ho detto, deriva, come tutte le virtù cristiane, dalla grazia e dagli sforzi del nostro libero arbitrio. Ma in modo particolarissimo cotesta virtù è frutto di carità; perciocché solo un ferventissimo amore ci può condurre a soffrire pazientemente e talvolta anche consolatamente di essere perseguitati per un bene qualsiasi. Mirate là in una povera casuccia una madre affettuosa, che veglia le intere notti a canto dell’amato figliuolo, e soffre per lui, e per lui talvolta perde il roseo delle sue guance, e s’illanguidisce: vedetela ancora che, non paga di tanto, sopporta tranquillamente i dilegi, gli scherni, i rimproveri e anche talora le battiture di chi crede, che l’amore di lei sia o soverchio o folle. Ma ella non per questo ama meno, o è meno disposta a soffrire. Chi le dà tanta forza e tanta perseveranza nel soffrire? L’amore naturale che ella ha pel figliuolo. Ora il medesimo, e, anche più di questo, accade in coloro che, pieni di Spirito Santo, si sentono infiammati dall’amore di Dio. Certo, la natura loro quando si sente punta dallo stimolo della persecuzione, grida no: ma la grazia e la carità soffocano nell’animo piamente cristiano quel grido di natura; lo elevano in più spirabil aere, e gli fanno sentire quelle dolcezze degli amori celesti, le quali o temperano o attutiscono anche gl’inchinamenti più possenti della natura. Laonde a ragione l’Apostolo san Paolo scrisse di tutt’i Cristiani buoni “Chi ci dividerà dalla carità di Gesù Cristo? Forse le tribolazioni? Forse l’angustia? Forse la fame? Forse la nudità? Forse il risico, forse la persecuzione, forse la spada? … Io son sicuro che nessuna cosa creata potrà mai dividerci dalla carità di Dio, la quale è in Cristo Gesù Signor nostro”. Questa virtù del martirio dell’animo cristiano, come ciascun altra, ha i suoi gradi; e, chi voglia acquistarla, si contenti d’ incominciare dal poco, e metta soltanto cautamente un passo avanti l’altro; perché è virtù difficilissima. Dapprima il vederci perseguitati per amore del bene, anche quando non ci faccia prorompere in atti irosi o impazienti, ci amareggia profondamente l’animo; e l’amarezza interiore ci trasparisce nel sembiante e ce l’offusca, dandoci un sentimento increscioso di melanconia. È un passo già, l’evitare l’ira nelle persecuzioni, ma non basta. Talvolta la persecuzione ci fa uscire in parole lamentevoli, e c’ispira un desiderio, non sempre contenuto nei giusti limiti, di adoperare ogni mezzo per impedire la persecuzione altrui; ma grado grado, il desiderio di evitare la persecuzione si riduce nei giusti suoi limiti; onde il giusto perseguitato, nell’allontanare la persecuzione, mira non tanto a sé, quanto al bene del prossimo. E a questo bene principalmente mirarono gli Apostoli e poi i Santi, sempre che obbedirono a quelle parole di Cristo : “ Quando sarete perseguitati in una città, andate in un’altra”. L’amarezza dell’anima del perseguitato anch’essa scema col tempo; perciocché la persecuzione ci adusa a poco a poco a disprezzare il mondo, e ad anteporre sempre il testimonio e l’approvazione della propria coscienza, illuminata dalla fede, a tutte le approvazioni degli uomini. – L’eroismo poi di questa virtù che sta nel soffrire sino a dar la vita per la fede, o almeno, nel fortemente desiderarlo, procede assolutamente da un eroismo grande di carità; il quale, secondo l’insegnamento della Chiesa, è così nobile e possente, che tiene luogo anche del battesimo. Però nella cristianità sino dai primi secoli fu riconosciuto che, oltre al battesimo di acqua, evvi il battesimo di sangue, il quale si ha quando il non battezzato, infiammato di santo zelo e di carità, muore per la fede di Gesù Cristo. – La virtù del martirio, sia di sangue, sia dell’animo, deriva, anche in modo particolare, dalla fortezza cristiana; onde i milioni di Santi, che conseguirono morendo la palma del martirio, anche che sieno stati fanciulli o verginelle o vecchi o in qualunque modo deboli nel corpo, ci si affacciano sempre alla mente come fortissimi. La fortezza loro anzi ci è più visibile della carità stessa. Chi invero può mai pensare agli strazj infiniti da essi sofferti, senza sentirsi stringere il cuore e commuoversi sino al pianto? Chi può leggere la storia dei loro martirj, senza riconoscere che la fortezza loro superi di molto quella di Seneca, degli Scipioni, dei Bruti e di altri cotali fortissimi Pagani? Il medesimo si ha a dire del martirio dell’animo. Chi non sia fortissimo, potrà mai sopportare serenamente e lietamente il cruccio inenarrabile del sentirsi perseguitato per la virtù, e anche per il bene fatto al prossimo, e sino talvolta per il bene fatto ai persecutori medesimi? – Uno dei maggiori ostacoli dunque ad acquistare questa virtù del cristiano martirio, e ad intendere bene le parole di Cristo: beati  è perseguitati per la giustizia, s’ha da cercare nella fiacchezza degli animi dei Cristiani; in quella fiacchezza dico, che è una delle maggiori piaghe dei nostri tempi. È chiaro che il Cristiano non potrà mai valutare la nobiltà della beatitudine del martirio, sino a che allibisca e tremi all’aspetto di qualsiasi dolore; molto più se egli in tutto ciò che fa, non pensi se non alla gloria, e alla lode degli uomini, la quale è un inizio di gloria anch’essa. Questa tentazione delle lodi invero alcune fiate ci assale per guisa, che noi, quasi dimentichi di Dio e della propria coscienza, crediamo gli uomini essere i veri giudici di tutto ciò che pensiamo, diciamo e operiamo. Ma quali sono, o mio Dio, gli uomini che ci hanno da giudicare? Si risponderà: non debbono essere certo i cattivi, sì veramente i buoni. Ma, anche tra i buoni, quanti ce ne ha che non sieno passionati, o poco assennati, o volubili nei loro giudizj? Quanti ce ne ha che sieno capaci di penetrare nelle profondità dell’anima, e giudicar rettamente un’azione? E intanto, se si dà tanto valor ai giudizj degli uomini; dove mai troverò io la forza di accettare con pazienza, e anche talvolta con ilarità, le persecuzioni, che debbo sostenere per la giustizia? Se m’inchino facilmente ai giudizj degli uomini, e servo ad essi; dove troverò mai la forza per intendere, e mettere in atto l’insegnamento di Gesù Cristo: beati coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia? – Pieno di misteri e di difficoltà è questo argomento delle lodi. Per un verso non è male il desiderarle ordinatamente; ma, per un altro verso, il desiderarle, e anche l’averle dopo il desiderio, non è senza pericolo. Né il pericolo qui si può evitare allo stesso modo, che evitiamo i pericoli delle altre tentazioni; perciocché le altre tentazioni si possono fuggire, ma come si potrebbe fuggire ogni lode? E ancora il fuggirla è sempre un bene? – Intorno a questo argomento delle lodi stimo verissimo e bellissimo un luogo delle Confessioni di sant’Agostino; e sebbene io non tratti qui direttamente questo tema, nondimeno mi par bene di prendere cosiffatta occasione, per mettere avanti agli occhi di chi legge alcune parole del gran Santo, le quali prose giovar sempre, e molto più in tempi tanto stoltamente vanitosi, come sono i nostri. Sant’Agostino dunque scrive così: ‘Nelle altre tentazioni posso io bene in qualche modo chiamarmi a esame: in questa della lode non posso nulla o quasi. Invero nei piaceri carnali o nelle curiosità di sapere cose vane vedo quanto io sia riuscito a frenare l’animo mio, quando son privo di quegli oggetti, perché non gli voglio o perché non ci sono. Conciossiaché allora domando a me stesso quanto più o meno mi dolga di non averli. Quanto poi alle ricchezze … se mentre le possiede l’animo, non può accorgersi se ei l’abbia in dispregio, vada, le rinunzj e vedrà. Ma per rinunziare alla lode, e così provare il nostro valore, che fare? Dovremo forse darci al malvivere, tanto perdutamente e sformatamente, che niuno possa vederci senza orrore? Chi direbbe cosa sì pazza? Dall’altro lato, se la lode suole e dev’essere compagna del ben vivere, e delle buone azioni; ei bisogna tanto tener conto della sua compagnia, quanto della buona vita. E intanto non posso sapere, se io valgo o no a sostenere con buon animo la privazione di una cosa, se io non ne rimango privo. Che confessione ho io dunque da fare, o Signore, in questo genere di tentazione? Che? se non che io piglio gusto della lode, ma non però in modo, che più non mi gusti la verità. Infatti, se mi fosse proposto una di queste due cose; o di essere lodato per mattezza e traviamento d’ogni genere, o di essere vituperato per assennatezza e tenacità nel vero, so bene ciò che sceglierei” (Confes. L. X, cap. 37. Chi voglia avere un’idea completa di tutto ciò che sapientissimamente insegna Sant’Agostino sì della lode, sì della temperanza e del timore con cui dobbiamo accettarla, e in ultimo dei fini che la nobilitano, legga l’intero Capitolo). – Tutto questo luogo di Sant’Agostino e particolarmente le ultime parole fanno bene al caso nostro, Ei c’è bisogno di temperare il desiderio di ricever lodi, ed essere superiori ad esse; per poter acquistare quella che ho chiamata virtù del martirio cristiano. Nè ciò basta. Quest’ultima beatitudine, come accennai sin dal principio, si consegue più difficilmente delle altre… Essa richiede in modo particolare la cognizione e la pratica delle beatitudini precedenti; onde risulta come l’incoronamento di tutte quelle che precedono. Benché la beatitudine dei perseguitati per la giustizia appartenga pure alla vita cristiana, è specialmente propria della perfezione cristiana. I buoni Cristiani si sforzino dunque di averla, quanto possono. I perfetti l’hanno, e solo mettano il loro studio nell’acquistarne gradi maggiori: Gli uni e gli altri sanno assai bene, che il premio di essa è il possedimento del regno di Dio: beati coloro che soffrono persecuzione per la giustizia, perciocché possederanno il regno di Dio. – E ora che ho finito il discorso delle Beatitudini annunziateci da Gesù Cristo, m’avvedo d’averne parlato assai incompletamente e imperfettamente: mi accorgo anzi che fu pure imperfetta e incompleta la trattazione anche delle altre parti del Libro; e soprattutto mi rincresce che io non abbia avuto occasione di trattare ex professo della preziosa virtù dell’obbedienza e di qualche altra. Nonpertanto mi affido nel Signore, il quale parla interiormente al cuor dell’uomo, e vivifica quella medesima parola nostra, la quale di per sé ha poca o punta efficacia. Penso a quegli agricoltori, che talvolta vedo con gran mia consolazione nei campi, premurosamente intenti a gettar alcuni piccoli semi di frumento sulla terra. Quei semi, mescolati col terreno, scaldati dal sole, e vivificati dalla rugiada e dalla pioggia, diventeranno tra non molto pianticelle, e poi cresceranno verdeggianti, insino a che si arricchiscano di bionde spighe di frumento. E quelle spighe alimenteranno chi sa quanta gente! Perché non potrebbe accadere lo stesso della mia parola, se io avrò seminato nel cuore degli uomini la parola di verità; non parola mia, ma parola tolta riverentemente da quel benedetto Gesù, che, con ragione, disse di sè: Io sono la via, la verità e la vita? Oh Signore, Signore, leggetemi nel cuore, e compite questo mio santo desiderio, che mi viene da Voi!

LE VIRTÙ CRISTIANE (21)