LA VITA INTERIORE (3)

LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (3)

Sac. Dott. GIOVANNI NATTISTA CALVI

con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna, Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.

Ristampa della 4° edizione Riveduta.

GLI ESERCIZI DI PIETÀ

L’ORAZIONE VOCALE

NECESSITÀ E DOVERE.

La preghiera è un bisogno del nostro cuore; è un dovere della nostra anima verso Dio. Narra l’evangelista san Luca: Avvenne poi che mentre Gesù stava in un luogo a pregare, com’ebbe finito uno dei suoi dipoli gli disse: — Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni insegnò ai suoi discepoli (XI, 1). – Allora, così Gesù rispose: Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il necessario nostro pane; e rimettici i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non c’indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Così sia (Matt., VI, 9). E in altra occasione, ancora, Gesù disse agli Apostoli: Ed io vi dico: Domandate e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto. Poiché chiunque domanda, riceve; chi cerca trova; e a chi picchia sarà aperto. Qual è tra voi quel padre il quale, al figlio che gli domanda un pane, darà una pietra? (Luca, XI, 9-11); o se domanderà un pesce, gli darà un serpente? (MATT., XI, 10). Nel discorso-testamento dopo l’ultima Cena, Gesù così insiste: Qualunque cosa domanderete al Padre nel nome mio, Egli ve l’accorderà. Finora non avete domandato nulla in mio nome: domandate e riceverete affinché la vostra gioia sia completa (Giov. XVI, 23, 24). E altra volta: È necessario pregare sempre, e non interrompere mai (Luca, XVIII, 1). Nessuna meraviglia se, poggiato su queste parole, l’Apostolo Paolo ripeterà: sine intermissione orate (I Tess., V, 17), cioè: pregate senza interruzione.

IN CHE COSA CONSISTE

Ordinariamente si dice così: la preghiera è l’elevazione della nostra mente a Dio. E cioè: è il nostro contatto con la potenza di Dio, per mezzo della fede e dell’amore. Per meglio intendere questo contatto, ecco diverse e complete definizioni che ne danno i Santi e gli scrittori sacri: S. Agostino la chiama un affettuoso slancio verso Dio; S. Giovanni Damasceno una domanda a Dio di cose convenienti; San Gregorio Nisseno, una conversazione col Signore; e Santa Teresa un trattare amichevolmente, da solo a solo, con Colui che sappiamo che ci ama. Per me — diceva Santa Teresa del Bambino Gesù — la preghiera è un impeto del cuore, un semplice sguardo rivolto al Cielo, un grido di riconoscenza e di amore tanto in mezzo alla tribolazione, quanto in seno alla letizia. S. Giovanni Crisostomo lascia capire che: come nell’ordine fisiologico la respirazione è un atto continuo e necessario alla conservazione della vita, così la preghiera è la respirazione dell’anima nell’atmosfera divina.

LA PREGHIERA VOCALE.

In due maniere possiamo rivolgere ed elevare la nostra mente a Dio. La prima è una conversazione intima fatta di amore, di riflessione, d’intimità pura che non si esplica all’esterno, e dicesi preghiera mentale, o meditazione. La seconda si esprime con le parole, coi gesti e dicesi preghiera vocale. Noi, qui, vogliamo esplicitamente intrattenerci su la preghiera vocale, considerandola come uno dei mezzi più efficaci per aumentare per conservare, o riacquistare o alimentare in noi la grazia santificante che ci conduce all’unione con Dio. Infatti: chi prega davvero sente di voler compiere i doveri che ha verso Dio, e cioè: l’adorazione; il ringraziamento; la riparazione; la sottomissione; l’invocazione; la supplica; la domanda…; sente di dover vivere per Dio, d’intendere ed effettuare con una vita consacrata a Lui e col compiere ogni cosa nel nome di Dio, il suo invito dolce e pressante, cioè: è necessario pregare sempre. Così il dovere della preghiera si riduce al dovere dell’amore, come spesso ha ripetuto Santa Teresa, particolarmente nella sua autobiografia (cap. VII). – A questo proposito, molto bene argomenta l’Olgiati: «Se il centro dell’universo è, per noi, Dio, e non il piccolo nostro io o le misere cose umane, l’animo deve tendere a Lui, non solo quando pieghiamo le ginocchia per adorarlo e per supplicarlo, ma in tutto quanto lo svolgersi della nostra attività, poiché tutto — se amiamo Dio — dobbiamo riferire a Lui e compiere in funzione della sua volontà ».(Olgiati, La pietà cristiana, pag. 56. Milano, 1935).  È l’insegnamento di S. Benedetto, è la pratica di S. Giovanni Bosco che volle i suoi figli sempre sul campo del lavoro e sempre uniti con Dio nei sacrifici dell’apostolato offerti generosamente senza tregua, senza mai cercare se stessi. Lavoro santo, e perciò indulgenziato con particolare indulgenza plenaria quotidiana dal S. Padre Pio XI (1922).

EFFICACIA E CONDIZIONI DELLA PREGHIERA.

La preghiera è l’arma più affilata e più forte che Gesù abbia posto nelle nostre mani. Anche dopo l’ultima Cena Egli lo ricordò chiaramente agli Apostoli: Qualunque cosa chiederete al Padre, in mio Nome, l’otterrete. — Chiedete e otterrete, affinché la vostra gioia sia piena (Giov., XVI, 24). Se non che, molte anime crederebbero di poter dare una smentita recisa alle insistenti e ripetute affermazioni del Maestro divino. Ci sembra di sentirli a protestare: se la preghiera promette tanto… perché molte volte chiediamo e non otteniamo? La risposta fu già data dall’apostolo san Giacomo: Voi chiedete e non ottenete, perché chiedete malamente (Giac., IV, 3). Gesù ha promesso di esaudire le preghiere ben fatte, non le preghiere comunque espresse. Vi sono, adunque, alcune condizioni necessarie alla preghiera perché sia gradita ed efficace. Eccole:

1° Ogni preghiera dev’essere indirizzata al Padre celeste «in nome di Gesù». In nomine meo, disse Gesù agli Apostoli. Cioè:per la sua mediazione, perché Gesù è l’unicoe vero mediatore presso il Padre, in virtù dei suoi meriti.

2° Chiedere le grazie in nome di Gesù, significa chiedere nella misura e nell’ordine da Lui insegnato. Egli disse, infatti, così: Chiedete anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il rimanente vi sarà dato in sopra più (MATTEO, IV, 33).

3° In terzo luogo, perché la preghiera sia accetta a Dio, dev’essere fatta digne, attente, ac devote, ossia: degnamente, attentamente, divotamente. Come, cioè, se dicessimo: con raccoglimento, con l’affetto di un cuore puro, col desiderio assoluto di piacere a Dio, per mezzo della mortificazione delle nostre inclinazioni che debbono rimanere sottomesse all’impero della nostra volontà la quale si conforma, anzi si uniforma, con quella di Dio. – Quando l’Amleto di Shakespeare passa sulla scena con un libro in mano, Polonio lo ferma e gli chiede: « Che cosa leggete, signore?» . «Parole, parole, parole» risponde Amleto. Ohimè! quante anime cristiane dovrebbero rispondere riguardo alle loro preghiere: parole, parole, parole… dando più che ragione al lamento di Gesù: questi Cristiani mi onorano con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me… Non riusciremo, quindi, a pregare bene, fino a quando non avremo messo in pratica il consiglio di S. Agostino: « Non andare fuori di te… noli foras ire…; entra in te stesso: in te ipsum redi… E dimentica te stesso: trascende te ipsum ». Tutto questo, s’intende, per quanto è compatibile con le nostre forze. Ma dobbiamo usarci violenza, cominciando dal tenere chiuse le porte dei sensi per i quali il nostro spirito sfugge così sovente e per i quali entrano, a sciami chiassosi le distrazioni di ogni genere: parole, spettacoli, pensieri, proiezioni del passato, ricordi e fantasmi.

4° Infine: la preghiera dev’essere umile, fiduciosa, perseverante.

a) Anzitutto: umile. Sta scritto: Oratio humiliantis se nubes penetrabit (Eccli., XXV, 21). Cioè: la preghiera degli umili attraversa le nubi e giunge al trono di Dio. La parabola del pubblicano e del fariseo al tempio ce ne dà ampia conferma (LUCA, XVIII, 13). – Dio resiste ai superbi e dà la sua grazia agli umili (Giac., IV, 6). L’orgoglio nella preghiera è una contraddizione psicologica.

b) Fiduciosa. Perché, pur avendo sempre coscienza della nostra totale incapacità, secondo l’affermazione di Gesù: voi senza di me non potete fare nulla, tuttavia domandiamo con piena fiducia nei meriti di Gesù e nella bontà del suo Cuore divino. Nullus speravit in Domino et confusus est: Nessuno sperò nel Signore e rimase confuso (Eccli., II;11). S. Francesco di Sales così ci consiglia: « Chi spera poco, ottiene poco; chi spera molto, ottiene molto ». – Ricordiamo la diligente, precisa e fiduciosa preghiera del lebbroso, subito corrisposta dal miracolo di Gesù, e, con essa, anche quella del cieco di Gerico e della donna malata che viene guarita appena è riuscita a toccare un lembo dell’abito di Gesù. Gesù stesso ci richiese questa fiducia. Dice S. Matteo: Secundum fidem vestram fiat vobis (IX, 28). E altrove: Habete fiduciam: ego sum, nolite temere (XIV, 27).

c) Perseverante. Lo sappiamo di certo, per esperienza. Talora, Gesù, vuole metterci alla prova. Chi non è stato provato, che cosa sa egli? dice lo Spirito Santo. La prova è la medicina prodigiosa di Gesù. Modello di perseveranza nella preghiera fu la donna Cananea di cui parla .il Vangelo di San Matteo (XV, 21-28). Era stata messa da Gesù a una dura prova: ma perseverò nella preghiera e fu esaudita. Quanti esempi abbiamo a questo riguardo nelle vite dei Santi! Molte furono le preghiere e le lagrime di Santa Monica. Ma quelle preghiere e quelle lagrime offerte a Dio, non andarono perdute e ottennero la conversione del suo figliuolo, il grande santo e dottore della Chiesa, Agostino.

OSTACOLI ALLA PREGHIERA.

Tra i diversi ostacoli ricordiamo qui, soltanto, le distrazioni. Distrazione viene da dis-trahere, cioè trarre in diverse parti. Lo sanno un po’, per esperienza, tutte le anime. Basta che noi ci mettiamo a pregare e ci proponiamo di pregare meglio che ci sia possibile, ed ecco, subito, una radio invisibile, inattesa, insospettata, ci frinisce nelle orecchie e… nello spirito. La fantasia, repentinamente mobilitata, viaggia a grandi giornate, colla velocità più rapida, senza… pagamento di biglietto ferroviario; la memoria, poi, non vuol essere da meno, e si affanna a proiettarci i ricordi del passato su lo schermo del presente. … Così, la preghiera minaccia naufragio. Come fare? Che cosa fare per impedire o allontanare codeste distrazioni? Premettiamo, senz’altro, la necessità della preparazione alla preghiera per mezzo del raccoglimento e del ricordo della presenza di Dio. La preghiera costa fatica; e si deve sostenere questa fatica con allegrezza perché essa è la porta della nostra conversazione con Dio. Ma fatto da parte nostra quanto è di dovere per prevenire o allontanare le distrazioni, specialmente col ricordo della presenza di Dio e la recita di giaculatorie, cerchiamo di stare calmi, tranquilli, sereni, perché il Signore non vuole trovarsi nell’agitazione. Le distrazioni scompaiono?… Deo gratias! Restano? Vi stiano pure; non dobbiamo più preoccuparcene. Non dovremo, di certo, pagare l’affitto pel posto che occupano in noi… Dopo la nostra preferenza per Gesù, abbandoniamoci tranquillamente in Lui e non pensiamo ad altro. – Le distrazioni possono, tuttavia, essere anche utili. L’abate Chapman nelle sue lettere spirituali (The spiritual Letters of Dom Fohn Chapman – Second Edition – Seed Ward-London) a una signora che si lamenta di soffrire distrazioni nella preghiera, osserva pacatamente: In generale la preghiera distratta è più umile di quella raccolta, perché dà maggior gloria a Dio e meno a noi; più tardi troveremo di averne ricavato un maggior bene. Risposta, questa, che può benissimo pacificare anche le anime che si lagnano perché le loro preghiere sono sempre afflitte dalle aridità e dalla mancanza del fervore sensibile, che, come tutti sanno, non è mai necessario. – Scrivendo a una religiosa sullo stesso argomento, il buon abate specifica meglio il suo pensiero: Le distrazioni sono di due specie: quelle che ci distolgono decisamente dalla meditazione, e quell’innocente vagabondaggio dell’immaginazione mentre l’intelletto (apparentemente) ozioso e vuoto, ma la nostra volontà rimane fissa in Dio… A chi gli parla, accorato, delle sue tentazioni contro la fede, risponde, serenamente pacificando: Vi consiglio di « ridere » delle vostre tentazioni contro la fede perché non sono altro che immaginazioni e non meritano attenzione alcuna, senonché, in quanto ci fanno soffrire, ringraziamone il Signore dicendoci pronti ad affrontarle per tutta la vita. E ancora alla stessa persona: Che cosa importa se vi pare di non possedere la fede? Sapete benissimo che avete la fede, ché se non l’aveste, non v’importerebbe affatto di non averla: non siete arrivata alla « semplicità ».

LA PREGHIERA È UNIONE CON DIO.

Concludiamo col santo Curato d’Ars: « La preghiera non è altra cosa che l’unione con Dio: chi ha il cuor puro e unito a Dio, sente in sé un balsamo, una dolcezza che inebria, una luce che abbaglia. In quest’intima unione, Dio e l’anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, non si può separarli. La è pur bella questa unione di Dio con la sua creatura! È la felicità che non si può tutta comprendere ». L’essenziale, nell’orazione, è il contatto dell’anima con Dio nella fede per l’amore. (C. MARMION).

LA VITA INTERIORE (4)