CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: MARZO (2022)

CALENDRIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: MARZO 2022

MARZO È IL MESE CHE LA CHIESA DEDICA A S. GIUSEPPE

padre putativo di Gesù, e protettore della Chiesa Cattolica.

È comune e pia credenza dei fedeli, che i Santi in Paradiso abbiano uno zelo ed una potenza particolare di ottenerci quelle medesime grazie, di cui essi furono favoriti mentre si trovavano ancora su questa terra. Ed è perciò che noi ricorriamo, per esempio, a S. Luigi Gonzaga per ottenere la virtù della santa purità, a S. Maria Maddalena per acquistare lo spirito di penitenza, a S. Tommaso d’Aquino per conseguire la scienza delle cose celesti, a S. Bernardo per accrescere in noi la divozione a Maria, e così ad altri Santi per altre grazie. Ora, sebbene, come abbiamo già detto, S. Giuseppe sia stato da Dio favorito di ogni genere di grazie, è certo tuttavia che una delle più singolari fu per lui la grazia di fare una morte tanto preziosa e beata tra le braccia di Gesù e di Maria. E perciò senza dubbio, dopo la Vergine, nessun altro Santo è più zelante di ottenere una simil grazia a noi e più potente ad acquistarcela dal suo caro Gesù, di quello che lo sia S. Giuseppe. Che non faremo adunque per procacciarci una santa morte! Alla fin fine è questa la grazia delle grazie, perché se moriremo bene, in grazia di Dio, saremo salvi per tutta l’eternità, ma se invece moriremo male, senza la grazia del Signore, saremo eternamente perduti. Raccomandiamoci pertanto a questo possente protettore dei moribondi S. Giuseppe. Non lasciamo passar giorno senza ripetere a lui, a Gesù ed a Maria, con tutto il fervore dell’anima, queste ardenti preghiere: Gesù, Giuseppe e Maria assistetemi nell’ultima agonia; Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l’anima mia. – Ma ricordiamoci bene, che raccomandarsi a questo Santo per una buona morte è cosa certamente utile e bella, ma non del tutto sufficiente. Conviene che anzi tutto facciamo quanto sta in noi per menare una vita veramente cristiana, perché in generale la morte non è che l’eco della vita stessa. Conviene che subito riandiamo con la nostra coscienza per vedere se caso mai vi fosse il peccato mortale, affine di prontamente detestarlo e cancellarlo mediante una buona confessione. Conviene che subito ci mettiamo ad amare e servire Iddio di più e più alacremente del passato, perché ripariamo così al tempo perduto e ci affrettiamo ad accumulare quelle sante opere, le quali soltanto ci conforteranno nell’ultimo istante di nostra vita. Oh sì; se noi ci adopreremo con tutte le nostre forze per vivere veramente da buoni Cristiani, possiamo nutrire la dolce speranza di fare anche noi una santa morte: una morte, in cui Gesù verrà a confortarci per un’ultima volta colla sua reale presenza, anzi colla comunione di se stesso; una morte in cui Maria scenderà amorosa al nostro fianco per combattere e cacciare lontano da noi l’infernale nemico; una morte, in cui l’amatissimo nostro S. Giuseppe si troverà a noi dappresso per stenderci amorosamente la mano ed aiutarci a fare felicemente e lietamente i gran passo alla eternità.

[A. Carmignola: S. Giuseppe. Tipogr. e libr. Salesiana, TORINO, 1896)

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Memento nostri, beate Ioseph, et tuæ oration is suffragio apud tuum putativum Filium intercede; sed et beatissimam Virginem Sponsam tuam nobis propitiam redde, quæ Mater est Eius, qui cum Patre et Spiritu Sancto vivit et regnat per infinita sæcula sæculorum. Amen.

(S. Bernardinus Senensis).

(Indulgentia trium annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidie per integrum mensem oratio devote recitata fuerit (S. C. Indulg., 14 dec. 1889; S. Pæn. Ap., 13 iun.1936).

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Ad te, beate Ioseph, in tribulatione nostra confugimus, atque, implorato Sponsæ tuæ sanctissimæ auxilio, patrocinium quoque tuum fidenter exposcimus. Per eam, quæsumus, quæ te cum immaculate Virgine Dei Genitrice coniunxit, caritatem, perque paternum, quo Puerum Iesum amplexus es, amorem, supplices deprecamur, ut ad hereditatem, quam Iesus Christus acquisivit Sanguine suo, benignius respicias, ac

Necessitatibus nostris tua virtute ope succurras. Tuere, o Custos providentissime divinae Familiæ, Iesu Christi sobolem electam; prohibe a nobis, amantissime Pater, omnem errorum ac corruptelarum luem; propitius nobis, sospitator noster fortissime, in hoc cum potestà te tenebrarum certamine e cœlo adesto; et sicut olim Puerum Iesum e summo eripuisti vitæ discrimine, ita nunc Ecclesiam sanctam Dei ab hostilibus insidiis atque ab omni adversitate defende: nosque singulos perpetuo tege patrocinio, ut ad tui exemplar et ope tua suffulti, sancte vivere, pie emori, sempìternamque in cœlis beatitudinem assequi possimus. Amen.

(Indulgentia trium (3) annorum. Indulgentia septem (7) annorum per mensem octobrem, post recitationem sacratissimi Rosarii, necnon qualibet anni feria quarta. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotidiana orationis recitatio in integrum mensem producta fueri: (Leo XIII Epist. Encycl. 15 aug. 1889; S. C. Indulg., 21 sept. 1889; S. Paen. Ap., 17 maii 1927, 13 dee. 1935 et 10 mart. 1941).

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O Ioseph, virgo Pater Iesu, purissime Sponse

Virginis Mariæ, quotidie deprecare prò nobis

ipsum Iesum Filium Dei, ut, armis suae gratiæ

muniti, legitime certantes in vita, ab eodem coronemur

in morte.

(Indulgentia quingentorum (500) dierum (Pius X, Rescr. Manu Propr., 11 oct. 1906, exhib. 26 nov. 1906; S. Pæn. Ap. 23 maii 1931).

Queste sono le feste di

MARZO 2022

2 Marzo Feria IV Cinerum    Simplex

4 Marzo S. Casimiri Confessoris    Semiduplex

                  I VENERDI

5 Marzo     I SABATO

6 Marzo Dominica I in Quadr.    Semiduplex I. classis

                  Ss. Perpetuæ et Felicitatis Martyrum    Duplex

7 Marzo S. Thomæ de Aquino Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

8 Marzo S. Joannis de Deo Confessoris    Duplex

9 Marzo S. Franciscæ Romanæ Viduæ    Duplex

                   Feria Quarta Quattuor Temporum Quadragesimæ    Simplex

10 Marzo Ss. Quadraginta Martyrum    Semiduplex

11 Marzo Feria Sexta Quattuor Temporum Quadragesimæ    Simplex

12 Marzo S. Gregorii Papæ Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

                  Sabbato Quattuor Temporum Quadragesimæ    Simplex

13 Marzo Dominica II in Quadr    Semiduplex I. classis

17 Marzo S. Patricii Episcopi et Confessoris    Duplex

18 Marzo S. Cyrilli Episcopi Hierosolymitani Confessoris et Ecclesiæ   

                    Doctoris    Duplex

19 Marzo S. Joseph Sponsi B.M.V. Confessoris    Duplex I. classis *L1*

20 Marzo Dominica III in Quadr    Semiduplex I. classis

21 Marzo S. Benedicti Abbatis    Duplex majus *L1*

24 Marzo S. Gabrielis Archangeli    Duplex majus *L1*

25 Marzo In Annuntiatione Beatæ Mariæ Virginis    Duplex I. classis *L1*

27 Marzo Dominica IV in Quadr    Semiduplex I. classis

S. Joannis Damasceni Confessoris    Duplex

28 Marzo S. Joannis a Capistrano Confessoris    Semiduplex m.t.v.

LE VIRTÙ CRISTIANE (16)

LE VIRTÙ CRISTIANE (16)

S. E. ALFONSO CAPECELATRO – Card. Arcivescovo di Capua

Tipografia liturgica di S. Giovanni – Desclée e Lefebre e. C., Roma – Tournay

MDCCCXCVIII

PARTE IIIa

CAPO V.

Desiderio e amore grande di giustizia.

Quel medesimo divino Maestro, il quale, quando ci annunzia i dommi che si riferiscono a Dio, parla con una precisione di parola, che direi geometrica; adopera quasi sempre un’altra forma di linguaggio nell’insegnarci la sua morale. In questo caso egli, facendosi piccolo con i piccoli, non disdegna di parlare con molta semplicità, in parabole, o di usare il linguaggio immaginoso e colorito, in uso presso gli Orientali, e particolarmente presso il popolo d’Israele. E cotesto linguaggio Gesù l’usa, sia perché il popolo I’intende e l’imprime meglio anche nella fantasia e nella memoria, sia perché  in tutta la natura esteriore Iddio sapientissimo impresse l’immagine dello spirito umano, il quale è esso stesso immagine di Dio. Or, l’insegnamento della quarta beatitudine che è questo: Beati coloro che han fame e sete di giustizia, riesce sovranamente poetico e immaginoso nella forma, mentre che è altissimo e nobilissimo nella sustanza. Infatti, il moralista pagano si contentava di dire ama la giustizia; ma Gesù non si tenne pago a voler che amassimo la giustizia: comandò che la amassimo, avendone sempre sete e fame: lo che è molto più. – Per intendere il significato di questa beatitudine, sarebbe necessario di ben dichiarare che valga la parola giustizia nel linguaggio biblico. Ma il lettore non avrà dimenticato, io spero, ciò che fu detto di essa, nel luogo dove mi accadde di trattare delle virtù cardinali: e però basta qui farne una brevissima ricordanza. La parola giustizia nel senso biblico, e anche nel cristiano nato in gran parte dal primo, indica egualmente la virtù particolare, che ha questo nome, e altresì l’insieme di tutte le virtù genericamente prese. Or, anche in questa beatitudine, secondo l’insegnamento comune dei Padri della Chiesa, Gesù mirò all’uno e all’altro significato; e volle che il fedele avesse fame e sete della virtù particolare della giustizia, non meno che dell’insieme di tutte le virtù cristiane forse intese più specialmente a questo secondo significato, che è più comprensivo, e che, quando non ha altra aggiunta, meglio corrisponde al senso cui la Bibbia dà alla parola giustizia. L’immagine, scelta da Gesù, per esprimerci il proprio concetto è non solo vera, ma di una singolare efficacia. La fame e la sete sono due grandi e intensi stimoli della natura corporea; e sono stimoli che, mentre appagati, riescono principio di vita, si rinnovellano sempre, e non si chetano mai interamente, insino a che l’uomo resti nella vita presente. Infatti, non spunta mai il nuovo sole sull’orizzonte a indorare le cime dei monti ea rallegrare la natura, senza che l’uomo sano, il quale pure s’era sfamato e dissetato il dì avanti, non senta intenso il desiderio di nuovo cibo e di nuova bevanda. Parimente l’esser giusto non vale a spegner nell’animo del Cristiano la fame e la sete della giustizia. Egli, se è buono, e conosce e ama Iddio, desidera sempre, con intenso desiderio, nuova giustizia, o che è il medesimo, l’accrescimento della giustizia, onde si sente rallegrato. Anche per il giusto non deve mai sorgere un nuovo giorno, senza che egli non senta nuova fame e nuova sete di giustizia. Però colui, che, diventato giusto una volta, non ha nuovi desiderj di virtù, è Cristiano tiepido, e rassomiglia a quell’uomo infermo del corpo, che per effetto del morbo, da cui è travagliato, . non desidera punto un nuovo cibo e una nuova bevanda, che ne rinfranchino e ne accrescano le forze, – Ma ripieghiamoci un tratto su noi medesimi, e studiamo la natura del desiderare nell’uomo, Il desiderio, che, preso nel senso suo più stretto, è una voglia accesa di bene non presente e non posseduto, riesce cosa piena di misteri. Nei fatti umani spesso il possedimento del bene desiderato o spegne il desiderio precedente, o si muta nella voglia accesa di seguitare a possedere ciò che già si possiede. Nella vita beata ed eterna il possedere Iddio, e il desiderio accesissimo di seguitare a possederlo costituiscono, come sarà più lungamente dichiarato appresso, la felicità dell’Angelo e del comprensore. Nella vita presente poi, quando si tratti della virtù, accade questo, che l’uomo, prima di possedere il bene della virtù, lo desidera; e dopo, poiché la virtù acquistata è finita, imperfetta e iniziale, non se ne appaga del tutto. Allora si sente spinto dalla stessa natura, e molto più dalla grazia, a desiderarne l’accrescimento. Per questo rispetto il Cristiano si trova nelle condizioni di chi, avendo una gran fame e una gran sete, riceve un cibo e una bevanda scarsa; sicché né l’uno arriva a sfamarlo, né l’altra a dissetarlo del tutto. Naturalmente ei desidera nuovo cibo e nuova bevanda; proprio a quel modo che il Cristiano giusto desidera nuova giustizia. La sola differenza, sta in ciò, che l’accrescimento del cibo e della bevanda umana finiscono per appagare il corpo nostro, intanto che l’accrescimento della giustizia non appagherà mai lo spirito umano, prima di quell’ora beata, in cui, essendo arrivato nell’eterno regno, tutta la sua grandissima capacità umana verso il Bene sarà effettivamente riempita. Questo in vero è il grande e alto mistero dell’anima nostra, che, mentre essa è finita, ha avuto da Dio il dono di desiderare un Bene infinito, di tendervi, e di non acquetarsi mai insino a che non lo consegua. Però sant’Agostino insegna che tutta la vita del Cristiano è un continuo e santo desiderare. (Tract. IV, in Epist. S. Joan). Or questo insegnamento, oltre ad essere supremamente filosofico e profondo, riesce un commento alle cose già dette, e mi apre la via a una nuova considerazione, intorno a quella fame e sete di giustizia, che Gesù nella quarta beatitudine ci fece precetto di avere. Nella vita morale accade quel medesimo, che vediamo ogni giorno accadere nella vita intellettuale. Nella vita intellettuale della scienza, delle lettere, delle arti belle, o di qualsiasi altra coltura, è impossibile restare a lungo fermi in un punto. Chi non vuole imparare nuove cose, a costui incontra di disimparare quelle che già conosceva; e chi non si sforza di ricordare spesso le cose imparate, le dimentica o tutte o in parte. Insomma l’intelletto nostro, è di per sé attivo e operante. Quando si ferma a lungo in un punto, tosto si assonna e si addormenta; di che non solo nessun raggio di nuova luce lo ravviva e rallegra, ma, a poco a poco, perde l’antica, e si trova, quasi direi, al bujo. Non vediamo forse accadere ciò quasi sempre negli studi della gioventù, dei nostri tempi particolarmente? I quali studj, ancorché fatti bene e premurosamente, non lasciano traccia nella mente e nella memoria dei giovanetti, se, col crescer degli anni, i giovani si lascino andare ai passatempi o ai negozj o ai commerci della vita materiale. Ora proprio la stessa cosa avviene nella nostra giustizia, o, che è il medesimo nella nostra vita morale. Chi si ferma in essa e non vuol progredire, va indietro. Restare fissi in una certa mediocrità morale, che è pur tanto corrispondente alla fiacchezza dei nostri tempi, è impossibile. Di qui sorge la necessità di non appagarsi della giustizia posseduta; ma di esser sempre famelico e sitibondo di giustizia nuova. Fate che manchino questa fame e questa sete, tanto nobili e benefiche; e il giusto corre grave pericolo di andar con tanta retrogradazione indietro, da perdere proprio la giustizia, abbandonandosi alla vita delle basse cupidità e delle passioni. Né questo che io dico è teorica astratta. La quotidiana esperienza lo conferma, pur troppo, ad ogni passo. – Infine, come Gesù promette nella prima beatitudine un regno, nella seconda una terra, e nella terza una consolazione, così in questa quarta promette un satollamento: beati, dice, voi che avete fame e sete di giustizia, perciocché sarete satollati. È sempre lo stesso pensiero, espresso variamente. E il pensiero è questo, che la virtù ci fa beati nella vita eterna, e che altresì dalla virtù distillano alcune gocce di soavità e di dolcezza, anche nella vita presente. Sono queste gocce della nostra beatitudine terrena, come quei piccoli ruscelletti d’acqua, che scorrono lentamente tra le rocce, i quali in alcuni tempi scorrono e in altri si disseccano. Le gocce di quei ruscelletti disperse tra le rocce non bastano a dissetare chi ha gran sete, ma nondimeno se alcuno vi accosti le labbra, rinfrescano alquanto la persona, le fanno bene, e le arrecano sollievo. – Però l’insegnamento di questa quarta beatitudine non sta tanto nel raccomandare a ciascuno quell’insieme di tutte le virtù che è detto giustizia, o anche la virtù particolare della giustizia, quanto nel comandarci il progresso morale. È un progresso che, come ciascun altro viene alimentato dal continuo desiderio del bene, desiderio qui espresso sotto il simbolo della fame e della sete. È un progresso, nel quale mettono radice tutti gli altri; perché sta in una regione più alta e più comprensiva di ciascun’altra.