LE VIRTÙ CRISTIANE (9)

LE VIRTÙ CRISTIANE (9)

S. E. ALFONSO CAPECELATRO Card. Arcivescovo di Capua

Tipografia liturgica di S. Giovanni – Desclée e Lefebre e. C., Roma – Tournay

MDCCCXCVIII

PARTE IIa

LE VIRTÙ CARDINALI

CAPO II.

LA PRUDENZA

La virtù della prudenza, avuta in grande onore anche dal Paganesimo, è magnificata spesso nelle divine Scritture, e particolarmente in quei Libri, detti sapienziali, che sono un tesoro di bellezza morale, e che, per questo rispetto, si possono considerare come il proemio dei santi Evangeli. Quasi sempre la Bibbia unisce la prudenza alla sapienza, ed è giusto; perciocché non solo esse si rassomigliano ma l’una e l’altra sono a guisa di due fulgenti luci, che abbelliscono l’umano intelletto, e inducono la volontà a rettamente operare. Parlando in vero la Bibbia dei grandi doni, onde Iddio arricchì il cuore di Salomone, unisce la prudenza insieme con la sapienza; (III Reg., IV, 29) e nei Proverbi il Signore stesso insegna che “nel cuore dell’uomo prudente riposa la sapienza?” : poco più avanti anzi aggiunge che “il cuore prudente possederà la scienza.?” I Padri poi della Chiesa e i maestri in divinità, non che lodino soltanto questa prima stella delle quattro stelle Dantesche, la stimano quasi fondamento di tutte le altre virtù morali: e hanno ragione, come si vedrà da ciò che siamo per dire. – Prudenza è virtù, che giudica dirittamente ciò, che s’ha da fare o da fuggire, secondo onestà, in ciascun caso della vita. E poiché la sapienza cristiana è quella che ci dà il retto giudizio delle cose spirituali, e quindi anche di ciò che s’abbia a fare dall’uomo, il quale intende a rettitudine morale; è chiaro che la principale differenza tra le due virtù sta in questo: che la sapienza ci dà il giudizio speculativo, intorno al bene genericamente preso, e la prudenza si serve del buon giudizio speculativo, avuto dalla sapienza, per applicarlo ai singoli casi. Però la prudenza è virtù più pratica dell’altra, e per alcuni rispetti più malagevole, dovendosi adattare agli svariatissimi casi, e vincere innumerevoli difficoltà pratiche della vita, senza ceder mai alla tentazione del male, sia nei fini voluti, sia nei mezzi prescelti ad operare. – Anche, se guardiamo le diverse tendenze degli uomini, vediamo presto che alcuni intelletti hanno maggiori disposizioni per le verità teoretiche e quindi per la sapienza, altri per le verità pratiche, e quindi per la prudenza: quelli il più delle volte brillano d’una luce più viva e smagliante, questi sono più modesti e meno luminosi, e nonpertanto spesso riescono più utili al vero bene. Ambedue queste virtù i teologi e i filosofi le chiamano virtù intellettive; e son dette così, non perché si abbiano senza il concorso della volontà, la quale veramente ha la sua parte in qualsiasi virtù, ma perché l’una e l’altra riguardano in modo particolare il giudizio che il nostro intelletto presenta, come in ispecchio, alla volontà la quale deve operare. Facciamo ancora un passo avanti nel considerare la nobile virtù della prudenza. A quel modo che, poniamo, un viso di giovine creatura può esser bello per bellezza vera che nasca dall’armonia delle membra e dal sangue vigoroso e sano che traspare, o per bellezza falsa che deriva dall’artifizio, dal belletto e da altri inganni somiglianti; così avviene di tutte le virtù e in particolar modo della prudenza. Infatti vi ha al mondo una prudenza vera, e una prudenza falsa; l’una secondo Dio, e l’altra secondo il mondo; la prima che, illuminata dal Signore, diffonde luce soave intorno a sé, l’altra che ha soltanto apparenti guizzi e bagliori di luce, i quali quasi sempre sono un abuso o pervertimento del naturale ingegno datoci da Dio. Differiscono le due prudenze principalmente in questo, che la prudenza vera nell’operare ha sempre e in tutto l’occhio all’onestà, e vuol sempre riuscire ai fini onesti con mezzi onesti; intanto che la prudenza del mondo spesso non guarda all’onestà del fine, cui tende. Anche poi quando propone a sé un fine retto, essa, libera com’è da ogni freno di onestà, non si dà pensiero alcuno della rettitudine dei mezzi. Per siffatta maniera, mentre che la prudenza cristiana rassomiglia alla sapienza e la applica ai casi particolari; la prudenza mondana, a volte è furberia, a volte è sino furfanteria. Però l’Apostolo san Paolo insegna così: “Il Signore dice, sperderò la sapienza dei savi e rigetterò la prudenza dei prudenti secondo il mondo. Dov’è il savio? Non ha forse Iddio infatuata la sapienza di questo mondo?” (I Cor. I, 19, 20). Ma, poiché spesso nei prudenti mondani si rivela una certa luce d’ingegno o d’accorgimento o d’arte nel nascondere ciò che v’ha di brutto o turpe nel loro operare; essi si fanno belli di questa loro prudenza, e, quando riescono ai loro fini, si atteggiano in aria di vincitori. Misere e brevi vittorie queste dei prudenti mondani, i quali o vincono solo apparentemente, o pagano le loro vittorie, sacrificando al soddisfacimento dei propri desiderj gl’incommensurabili beni della coscienza pura, della virtù, e quasi sempre anche della pace interiore. L’Apostolo san Paolo al solito scolpisce brevemente in poche parole i danni di questa rea prudenza, contrapponendola alla prudenza vera, e dicendo: “ V’ha una prudenza della carne, la quale è morte, e v’ha una prudenza dello spirito che è vita e pace.” (Rom. VIII). La carne e lo spirito; la carne che di dì in dì si corrompe, s’affloscia e muore, e lo spirito che si perfeziona ed è immortale, simboleggiano le due prudenze. Oh prudenti del mondo quanta corruzione e quanto fango schizza fuori dalla vostra prudenza! – Ed ora accostiamoci ancora un po’ più da vicino, col nostro occhio intellettuale, a questa mirabile virtù della prudenza, per scrutarne meglio gli ufficj e le proprietà. La prudenza in vero è o personale o governatrice; l’una che riguarda la vita di ciascuna persona, l’altra che si riferisce al governo che taluno abbia del prossimo. È innanzi tutto si vuol notare che la prudenza governatrice non sta mai senza dell’altra; onde, come un fiume talora sbocca e si allarga in un fiume più grande, così dalla prudenza personale procede quella più ampia e difficile che è la prudenza governatrice. Il semplice buon senso basta a farci intendere che non può governare prudentemente gli altri, chi non incominci dal governare prudentemente sé stesso. In vero, come nella vita, poniamo, d’un albero, il succo vitale, se non si trasmette dalla radice nel tronco, e dal tronco nei rami, e dai rami nelle foglie e nei fiori, non nasce il frutto, onde si rallegra chi lo mangia; così avviene del succo vitale della nostra vita morale. Essa non dà frutti buoni in pro degli altri, se prima non sia penetrata dentro di noi, e per varie guise non ci abbia condotti gradatamente al punto di poter fruttificare, in bene del nostro prossimo. La prudenza governatrice gli antichi la distinsero in economica, civile, legislativa e militare, secondo che il governo d’alcuno fosse più propriamente volto a una di queste cose. Ma è più giusto il dire, che a qualsiasi specie di umano governo sia necessaria la prudenza governatrice. Il governo della vita maritale, quello della famiglia e della scuola, quello delle coscienze, quello del Comune o dello Stato, e molto più il governo della Chiesa universale e delle Chiese particolari, dando occasione di dirigere a rettitudine gli uomini in molti casi speciali, e intoppando in gravi difficoltà, domandano indubbiamente, ciascuno, la sua particolare prudenza governatrice. Si può anzi affermare con certezza che il governo umano, quanto più si aggiri intorno ad argomento nobile e alto, tanto più riesca malagevole, e quindi tanto più ancora richieda luce e dono di prudenza. A mio credere, basterà che siano semplicemente prudenti il marito, il padre, il maestro, e forse anche il principe; ma assolutamente e pienamente prudentissimo dev’essere il direttore delle coscienze, il Vescovo, il Papa; i quali, se per virtù di grazia non sieno illuminati da grande sapienza, da matura riflessione, e da sottile accorgimento, non mai saranno prudenti quanto basti. – L’Angelico dottor san Tommaso, che, come usa, discorre a lungo e sottilissimamente anche di questa virtù, afferma con ragione che ufficj della prudenza sono il ben consultare, il ben giudicare e il ben operare. L’uomo prudente dapprima si consulta con sé medesimo, ponendo mente con animo sereno e con profonda riflessione a tutte le particolarità o diciamo circostanze di ciò che vuol fare; non pago di ciò, considera i diversi aspetti della cosa da fare, e il buon successo più o meno probabile di essa. Poi, se ne sia il caso, si consulta con chi è reputato aver senno e sapere, o piuttosto, come dicono i maestri delle cose religiose, con chi abbia dato prova di avere lo spirito di consiglio; perciocchè può ben accadere, che taluno sia valentissimo nel giudicare le verità astratte e nel silloggizarvi o filosofarvi sopra; ma valga poco o punto nell’indirizzare gli altri, secondo prudenza. La matura riflessione propria, e il consiglio di chi sa darlo maturamente, c’illuminano l’intelletto a ben giudicare; ma, poiché le ombre delle passioni, capaci di offuscarlo, non fanno mai difetto; l’uomo prudente sta sull’avviso, e adopera tutti mezzi che può, affinché il giudizio proceda dal lume della sapienza cristiana, applicato al fatto particolare, e non lo offuschi alcuna nebbia di passione o di opinioni preconcette o di affetti personali, anche buoni. Allorché poi si sia fatto il giudizio retto e ponderato; chi ha virtù di prudenza comanda alla propria volontà di operare prontamente, e in effetti opera. Anzi il prudente è di solito fermissimo nel suo operare, e restando, come torre fermo, nessun intoppo, salvo che non sia insormontabile, lo fa tornare indietro. – Mentre che l’uomo imprudente, come la nave esposta ai venti, va di qua e di là, e muta rotta ad ogni tratto; il prudente tira dritto per la sua via, e guarda con occhio fisso e attento non solo alla meta che si ha prefissa nel fatto particolare cui attende, ma altresì alla meta ultima e generale di tutta la sua via, che è il conseguimento della eterna beatitudine. – Che questa virtù della prudenza sia in modo particolare necessarissima a chi ha un governo qualsiasi, ci viene chiaramente insegnato dalla divina Scrittura nel terzo Libro dei Re, dove il discorso è del regno di Salomone. Salomone, appena assunto al regno del padre suo David, irraggiato dalla divina grazia, si proferì davanti a Dio, quasi piccolo fanciullo, che non sapeva come regolarsi, e gli chiese un cuor docile per rendere giustizia al popolo, e distinguere sempre il bene dal male. È la preghiera, che dovrebbero fare tutti quelli che hanno una qualsiasi maniera di governo, farla, come è detto nel testo, costituendosi davanti a Dio umilmente, quasi piccoli fanciulli. Ora il Signore in premio di questa umile orazione, largì a Salomone non solo la sapienza, ma anche la prudenza; ed è detto al Capo quarto: “ Diede Iddio a Salomone sapienza e prudenza oltre modo grande, e vastità di mente incommensurabile, come è l’arena che sta sul lido del mare.” — Dalle cose dette si conchiude facilmente, che la virtù della cristiana prudenza non che esser soltanto nobilissima, corrisponde pienamente alle migliori propensioni della nostra natura, e abbellendole, le perfeziona. – In vero allorché noi ci sforziamo di raggiungere i nostri fini retti, con mezzi onesti, esercitiamo possentemente l’ingegno datoci da Dio, molto riflettendo, deducendo, silloggizzando. I prudenti secondo il mondo, i quali non rifuggono dai mezzi disonesti, che cadono sotto l’apprensione anche del volgo, operando, fan cosa facile e volgare, alla quale basta un animo astuto o malizioso. – I prudenti secondo Dio, per lo contrario, aguzzano la mente loro affine di raggiungere, per la via maestra del bene, spesso molto difficile e lunga, una nobile meta. Allora veramente l’animo umano si sente elevato come in un cielo ricco di stelle, nobile e degno di chi fu fatto a immagine e somiglianza di Dio. Mentre che i prudenti secondo la carne, si lasciano tirare in giù e cadono in fondo, servendosi, per riuscire, degli appetiti più vili; noi, se siamo prudenti secondo il Signore, ci rallegriamo dentro di una pace dolcissima ed un sentimento nobile della propria dignità, che ci fanno assaporare gioje ineffabili, e al tutto ignorate dai prudenti mondani. Non affermo io punto, che la prudenza vera sia virtù facile a conseguire. Penso anzi il contrario; e l’esperienza nel governare le coscienze, la mia diletta Congregazione dell’Oratorio, e poi la diocesi mi hanno sempre più raffermato nel convincimento la prudenza essere virtù, che pochi hanno, e molti credono d’avere. È una virtù che ha bisogno dell’ajuto di molta orazione; perciocchè a chi governa, si dànno occasioni, nelle quali anche all’uomo prudente pare di avvolgersi in un labirinto o di stare in uno spineto. – Del rimanente ogni virtù di sua natura richiede sforzo, e una gran parte della sua nobiltà e bellezza dipende appunto da questo. La prudenza, poi come insegna san Tommaso, si presenta davanti alla mente del Cristiano saggio come la regina delle virtù morali, la quale però è sempre accompagnata da altre doti dell’animo, quasi ancelle di lei, che la integrano e la rendono efficace. Nessuno invero sarà pienamente e perfettamente prudente, nel governare se stesso e gli altri, che non abbia una certa prontezza ad apprendere quel che è necessario per giudicare prudentemente, e una cotale sagacità che gli faccia conoscere presto ciò che è buono o reo in ciascuna azione. Al prudente giova anche molto la memoria di quel che o a lui o ad altri sia intervenuto nei casi somiglianti; di che segue che gli uomini di età matura, purché facciano tesoro dell’esperienza, possono di giorno in giorno arricchirsi viemaggiormente di prudenza. L’uso facile del ben ragionare ci riesce di grande ajuto al giudicare secondo prudenza; mentre che un’attenta considerazione (circumspetio dice l’ Angelico) di tutte le circostanze, anch’essa ci serve di lume per riuscire prudenti. Infine colui, che, per acutezza di mente o per altro, prevede i probabili effetti di certe cagioni poste dall’uomo, può più facilmente di altri riuscire e prudente; e parimenti chi nel compiere o nel far compiere l’opera desiderata, è cauto nell’evitare tutti quegl’intoppi, nei quali tanto agevolmente ci avveniamo, ed egli ha in sé un’altra buona qualità per riuscire prudente. Conchiudo questo Capo, ravvicinando di nuovo, come usa quasi sempre la Bibbia, la prudenza con la sapienza, e ricordando l’elogio che dell’una e dell’altra fa il Signore nel Libro dei Proverbi. Leggetelo con attenzione. “Non grida ella forse la sapienza, e la prudenza non alza forse la sua voce? Nelle cime più alte e più rilevate, lungo le pubbliche vie, ai capi delle strade stanno la sapienza e la prudenza… O uomini, a voi io grido, e ai figliuoli degli uomini s’indirizza il mio parlare. Imparate, o piccoli, la prudenza, e voi stolti prestate attenzione… A me appartiene il consiglio e l’equità; a me la prudenza appartiene… Battete le vie della prudenza… Principio della sapienza è il timore del Signore, e la scienza dei Santi è la prudenza. (Prov. VIII-IX). – Oh! se queste sante, belle e poetiche parole della Bibbia c’inducessero almeno ad amare la virtù della prudenza secondo Dio, a desiderarla vivamente, e a fare qualche sforzo per acquistarla!

LE VIRTÙ CRISTIANE (10)