G Dom. Jean de MONLÉON
Monaco Benedettino
Il Senso Mistico dell’APOCALYSSE (8)
Commentario testuale secondo la Tradizione dei Padri della Chiesa
LES ÉDITIONS NOUVELLES 97, Boulevard Arago – PARIS XIVe
Nihil Obstat: Elie Maire Can. Cens. Ex. Off.
Imprimi potest: Fr. Jean OLPHE-GALLIARD Abbé de Sainte-Marie
Imprimatur: LECLERC.
Lutetiæ Parisiorum die II nov. 1947
Copyright by Les Editions Nouvelles, Paris 1948
Quarta Visione
ASSALTO DELL’INFERNO CONTRO LA CHIESA
PRIMA PARTE
LA DONNA ED IL DRAGONE
Capitolo XI, 19. – XII, 1- 17
“E si aprì il tempio di Dio nel cielo: e apparve l’arca del suo testamento nel suo tempio, e avvennero folgori, e grida, e terremoti e molta grandine. – E un grande segno fu veduto nel cielo: Una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi, e sulla sua testa una corona di dodici stelle: ed essendo gravida, gridava pei dolori del parto, patendo travaglio nel partorire. ^E un altro segno fu veduto nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna, e sulle sue teste sette diademi, e la sua coda traeva la terza parte delle stelle del cielo, ed egli le precipitò in terra: e il dragone si pose davanti alla donna, che stava per partorire, affine di divorare il suo figliuolo, quando l’avesse dato alla luce. Ed ella partorì un figliuolo maschio, il quale ha da governare tutte le nazioni con scettro di ferro: e il figliuolo di lei fu rapito a Dio e al suo trono, e la donna fuggi alla solitudine, dove aveva un luogo preparatole da Dio, perché ivi la nutriscano per mille duecento sessanta giorni. E seguì in cielo una grande battaglia: Michele coi suoi Angeli combatterono contro il dragone, e il dragone e i suoi angeli combatterono: ma non vinsero, e il loro luogo non fu più trovato nel cielo. E fu precipitato quel gran dragone, quell’antico serpente, che si chiama diavolo e satana, il quale seduce tutto il mondo: e fu precipitato per terra, e con lui furono precipitati i suoi angeli. E udii una gran voce nel cielo, che diceva: Adesso è compiuta la salute, e la potenza, e il regno del nostro Dio, e la potestà del suo Cristo: perché è stato scacciato l’accusatore dei nostri fratelli, il quale li accusava dinanzi al nostro Dio dì e notte. Ed essi lo vinsero in virtù del sangue dell’Agnello, e in virtù della parola della loro testimonianza e non amarono le loro anime sino alla morte. Per questo rallegratevi, o cieli, e voi che in essi abitate. Guai alla terra e al mare, perocché il diavolo discende a voi con grande ira, sapendo di avere poco tempo. E dopo che il dragone vide com’era stato precipitato sulla terra, perseguitò la donna che aveva partorito il maschio: ma furono date alla donna due ale di grossa aquila, perché volasse lungi dal serpente nel deserto al suo posto, dov’è nutrita per un tempo, per tempi e per la metà d’un tempo. E il serpente gettò dalla sua bocca, dietro alla donna dell’acqua come un fiume, affine di farla portar via dal fiume. “Ma la terra diede soccorso alla donna, e la terra aprì la sua bocca, e assorbì il fiume che il dragone aveva gettato dalla sua bocca. E si adirò il dragone contro la donna: e andò a far guerra con quelli che restano della progenie di lei, i quali osservano i precetti di Dio e ritengono la confessione di Gesù Cristo. Ed egli si fermò sull’arena del mare.”
La quarta visione dell’Apocalisse annuncia, sotto la forma di un combattimento tra un drago ed una donna, l’assalto continuo che le potenze infernali porteranno contro la Chiesa, dalla sua fondazione fino alla fine dei tempi. Essa ha come scopo il rafforzare la nostra fermezza di fronte alle prove ed alle persecuzioni, mostrandoci l’aiuto che Dio fornisce alla Sposa di Suo Figlio e la vittoria che gli riserva.
§ 1 – La donna vestita di sole.
Questa visione, la cui descrizione inizia propriamente con il capitolo XII, inizia tuttavia con l’ultimo versetto del capitolo XI, che serve da preambolo. Così questa è strettamente legata alla visione precedente: l’autore sacro, usando la libertà abituale dello stile profetico, porta il lettore senza transizione dalla fine del mondo, che gli ha appena fatto intravedere, al mistero dell’incarnazione ed alle origini della Chiesa: E il tempio di Dio, dice, fu aperto nel cielo. Il tempio di Dio designa qui misticamente il modo in cui Dio vuole essere adorato e servito dagli uomini, per analogia con l’edificio di pietra in cui si celebra il culto divino. È a questa rivelazione di un tempio spirituale superiore al tempio di Gerusalemme che Nostro Signore alludeva quando disse alla Samaritana: « Donna, credimi, non è più a Gerusalemme che adorerai il Padre; ma l’ora viene, ed è ora, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità… » (Giov. Perché Dio è spirito, e coloro che lo adorano devono adorare in spirito e verità. Così il tempio di Dio è stato aperto quando Cristo ci ha insegnato a servire per amore e ad onorare nel segreto dei nostri cuori quel Dio che i Giudei avevano fino ad allora adorato solo per paura e offrendogli sacrifici cruenti; è stato aperto in cielo, cioè nella Chiesa, perché questo culto spirituale appartiene solo a lei e si trova solo in lei. – E l’arca dell’alleanza apparve in mezzo al tempio: la vera arca dell’alleanza, di cui l’Antico Testamento non conosceva che la figura, rappresenta l’Umanità di Cristo, in cui è depositato il pegno autentico dell’alleanza del Creatore con la sua creatura. L’Umanità di Cristo apparve così in mezzo al tempio come il centro del culto che si doveva rendere a Dio; come la rivelazione essenziale, l’unico e necessario intermediario tra gli uomini ed il loro Creatore; come il dono del cielo per eccellenza, Colui nel quale il Padre ha posto tutta la sua compiacenza e del quale ha fatto l’esempio compiuto di ogni perfezione. Non appena Cristo ebbe rivelato ai suoi discepoli il segreto del mistero divino, essi si diffusero in tutto il mondo, producendo ovunque tuoni, voci e terremoti; cioè fecero miracoli sorprendenti, moltiplicarono la loro predicazione, scossero gli uomini e li convertirono, mentre contro di loro si scatenava un’abbondante grandinata di persecuzioni. Così fu fondata la Chiesa, e una lotta fino alla morte doveva essere condotta tra Essa ed il diavolo per il possesso della razza umana, una lotta che San Giovanni vide simbolicamente svolgersi tra una donna ed una bestia. Un grande segno – dice – apparve in cielo: una donna vestita di sole, figura della Chiesa, avvolta interamente nel Cristo, che è insieme la sua protezione ed il suo ornamento, come la veste lo è per il corpo. Aveva la luna ai suoi piedi, perché è superiore a tutte le vicissitudini terrene. La luna, che cresce e decresce costantemente, è il simbolo delle cose umane, che sempre salgono e scendono. Nulla è stabile quaggiù: le istituzioni più venerabili, le fortune più consolidate, si sgretolano a poco a poco o crollano tutto d’un colpo; altre sorgono all’orizzonte per prendere il loro posto, e che, una volta stabilite, declineranno a loro volta: solo la Chiesa, fondata sulla pietra posta dal Verbo, rimane incrollabile in mezzo a questo perpetuo movimento di flusso e riflusso. Porta sul suo capo una corona di dodici stelle, la dottrina dei dodici Apostoli, che fissa tutto ciò che pensa e tutto ciò che insegna. E avendo nel suo grembo, cioè nel suo cuore, il desiderio della salvezza delle anime, essa gridò nei dolori del parto, supplicando Dio notte e giorno per aiutarla a generare anime alla vita eterna, e soffrì per partorire, dedicandosi a penitenze, veglie e digiuni, per raggiungere questo fine. – La donna vestita di sole designa anche la Vergine Maria, irradiata dal Verbo nel mistero dell’Incarnazione; e ancora, in senso morale, ogni anima santa in cui Cristo stabilisce la sua dimora. – Le dodici stelle che compongono la corona della Vergine – e anche, sebbene in misura molto minore, quella di queste anime sante – sono i dodici frutti dello spirito, come li enumera San Paolo nella sua lettera ai Galati, cioè: carità, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, longanimità, dolcezza, fedeltà, modestia, continenza, castità. Anche la Beata Madre di Dio, portando nel suo cuore un ardente desiderio per la salvezza delle anime, gemeva al pensiero delle sofferenze che suo Figlio avrebbe dovuto sopportare per realizzare la salvezza del mondo; e fu torturata dai dolori del parto: per tutta la sua vita fu perseguitata dallo spettro della croce a cui il Figlio suo sarebbe stato inchiodato un giorno, e ai piedi della quale Ella stessa avrebbe sofferto i dolori che le erano stati risparmiati quando lo aveva dato alla luce. Quanto alle anime sante, esse portano nel segreto del loro cuore un desiderio di vita eterna che le consuma, che le tortura, che le fa gridare al cielo, e, come Santa Teresa, “esse muoiono per non poter morire“.
§ 2 – Il drago.
Poi un altro segno apparve in cielo, un segno che si opponeva al primo e divideva con esso tutta la massa dell’umanità: perché chi è del partito di Dio combatte sotto lo stendardo della Vergine e della Chiesa; chi, al contrario, si fa servo del mondo, indossa i colori di satana. Era un drago enorme e rosso; enorme, perché il diavolo è armato di un potere formidabile; rosso, perché è assetato di sangue. Aveva sette teste, dieci corna e sette corone sulle sue sette teste. Le sette teste del mostro – capita in latino – rappresentano i sette peccati capitali, che servono da principio per tutti gli altri. Nello stile della Scrittura, il corno, che punta al cielo, è spesso un simbolo di orgoglio e di ribellione contro Dio. Le corna che l’immaginario cristiano è abituato a mettere sulla testa del diavolo non sono che la traduzione materiale dell’iniziale Non serviam, con cui questo spirito di orgoglio si è sollevato contro il suo Creatore. Il drago qui ne porta dieci, per mostrare che la sua volontà si oppone in ogni modo alla volontà di Dio, che ci è resa nota essenzialmente dai dieci precetti del decalogo. Infine, i diademi con cui si adorna rappresentano le vittorie che ha ottenuto sugli uomini; il loro numero sette implica che ognuno dei peccati capitali è stato oggetto di molti trionfi per lui. – E la sua coda fece cadere la terza parte delle stelle e le gettò sulla terra: dall’inizio del Cristianesimo ingannò molti del popolo di Dio con la sua ipocrisia; li allontanò dalla ricerca delle cose celesti per le cose della terra. E stava davanti alla donna che stava per partorire, per divorare suo figlio: ogni volta che la Chiesa, attraverso il Sacramento del Battesimo, genera un’anima alla vita soprannaturale, il diavolo cerca di perderla; ogni volta che un’anima produce un’opera buona, egli è in agguato per rubarne il merito con pensieri di vanagloria. La donna, però, partorì un figlio maschio, cioè una generazione di Cristiani vigorosi e pronti ad affrontare tutte le persecuzioni. Notate il raddoppio di questa espressione: un figlio maschio. La Chiesa, infatti, secondo lo stile allegorico della Scrittura, non partorisce che figli; perché il sesso delle anime non è quello dei corpi: ogni anima in cui lo spirito domina la sensualità è di sesso maschile; ogni anima in cui la carne regna sovrana è di sesso femminile. Ecco perché il faraone d’Egitto, giocando il ruolo del diavolo e perseguitando, nella razza d’Israele, l’immagine del popolo di Dio, disse ai suoi servi: Mettete a morte tutti i ragazzi, ma conservate le ragazze (Es, I, 16.). – Questo figlio doveva governare le nazioni con una verga di ferro, perché le prime generazioni cristiane, grazie al prestigio della loro virtù, riuscirono ad imporre ai popoli barbari leggi così contrarie alla natura dell’uomo che nessun legislatore avrebbe potuto farle accettare, come, per esempio, il perdono delle ingiurie, l’amore dei nemici, la mortificazione dei desideri, ecc. La verga di ferro significa anche, in senso morale, il dominio rigoroso che le anime virili esercitano su tutto il popolo di sensazioni e sentimenti che sono pressanti nella parte inferiore di loro stessi. – E questo figlio fu portato a Dio e al suo trono, perché Gesù, dopo aver compiuto l’opera di redenzione, salì al Padre suo e si sedette sul suo trono per giudicare i vivi ed i morti. In senso morale, questo figlio è lo spirito dei Santi, che, una volta liberato dalla tirannia delle passioni, stabilisce la sua dimora in Dio e cerca in Lui la sua sicurezza e il suo riposo.
§ 3 – Il combattimento nel cielo.
La donna, però, per sfuggire al drago, fuggì nella sua solitudine, dove aveva un posto preparato da Dio: nel tempo delle persecuzioni, la Chiesa lasciando la pompa delle cerimonie e le manifestazioni esteriori del culto, si rifugia nel segreto dei cuori, dove Dio le ha preparato un posto, dove ha stabilito quei santuari intimi in cui Egli è adorato in spirito e verità. Allo stesso modo, è nel deserto, nella separazione dal mondo, nella spogliazione di tutte le cose, che le anime giuste cercano la loro protezione contro gli assalti del diavolo, e Dio, che le ha aspettate lì, viene poi a visitarle, come dice Egli stesso attraverso il suo profeta Osea: Lo condurrò nella solitudine, e parlerò al suo cuore (Os. II, 14). Lì gli angeli li nutrono con il pane della parola divina ed il vino della compunzione per milleduecentosessanta giorni, cioè per tre anni e mezzo, il tempo che la persecuzione dell’Anticristo, e per estensione tutte le persecuzioni, deve durare. Tuttavia, questa figura rappresenta anche, secondo la tradizione, il tempo che Nostro Signore ha dedicato alla predicazione della sua dottrina: San Giovanni intende qui dire che gli Angeli nutrono le anime, nella Chiesa, solo con il pane preparato da Nostro Signore durante il tempo in cui insegnava sulla terra. – E una grande battaglia fu combattuta in cielo: dopo l’Ascensione di Cristo, una battaglia feroce fu combattuta sulla terra per il possesso del cielo: La Chiesa, protetta da San Michele, dalle milizie celesti, ma anche dai suoi Pontefici, dai suoi Dottori, dai suoi Santi, che la Scrittura classifica qui tra gli Angeli, la Chiesa ha combattuto per conquistare, non gli imperi della terra, ma il regno dei cieli; E il diavolo lottò contro di lei con furore per conservare la sua egemonia, per mantenere il culto che allora riceveva dagli uomini, sotto la figura degli idoli, lui la cui massima ambizione è di rendersi simile all’Altissimo e di essere adorato come un dio (Is. , XIV, 13, 14.). La lotta fu combattuta nelle anime, e San Paolo vi allude chiaramente quando dichiara che non dobbiamo lottare solo contro la carne ed il sangue, ma contro i principati e le potestà e contro coloro che governano questo mondo oscuro, contro gli spiriti di iniquità, per il possesso dei beni celesti (Ephes. VI, 12.) .I demoni, tuttavia, non potettero prevalere, essi furono costretti a cedere alla nuova religione ed a rinunciare ad essere adorati dagli uomini. Il paganesimo scomparve dal mondo civilizzato, gli altari dei falsi dei furono ovunque abbattuti. E il grande drago fu abbattuto, nonostante il suo potere; nonostante la lunga esperienza che aveva acquisito, nel corso delle generazioni, dei migliori mezzi per tentare l’uomo, un’esperienza a cui la Scrittura si riferisce qui come: l’antico serpente; lo chiama ancora diavolo, parola che significa “doppio” e, quindi, ipocrita; oppure: satana, cioè l’avversario, il nemico ostinato della nostra salvezza, che inganna tutto l’universo, che riesce ad ingannare e a far peccare tutti gli uomini, anche i più santi. Tutto questo passaggio, il cui significato allegorico e morale abbiamo cercato di indicare brevemente, ha anche un «senso storico »: ricorda la grande battaglia che ebbe luogo in cielo quando Dio, dopo aver creato gli Angeli, li sottopose a una prova per vedere se il loro amore era sincero; questa prova consisteva, secondo l’opinione dei migliori teologi, nel mostrare loro la donna vestita di sole, cioè il mistero dell’incarnazione. Alcuni di loro si sottomisero immediatamente a tutti i desideri del loro Creatore; gli altri si ribellarono alla prospettiva di dover adorare un giorno un Dio fatto uomo. I primi, guidati da San Michele, resistettero valorosamente alle suggestioni di Lucifero, mentre il secondo, gettandosi nella ribellione, perse tutto lo splendore di cui Dio lo aveva rivestito. Divenuto un mostro d’orrore, riuscì tuttavia a trascinare giù la terza parte delle stelle, cioè la terza parte degli spiriti celesti; la prima parte comprendeva coloro che erano stati scelti per rimanere sempre vicini a Dio in cielo, e la seconda, quelli che accettarono di essere deputati agli uomini per servire come loro custodi. Ma, fedeli al metodo dei Padri che raccomandano la sobrietà ai commentatori della Sacra Scrittura, ci accontenteremo di queste indicazioni e torneremo al senso allegorico, cioè alla profezia sulla storia della Chiesa.
§ 4 – Sconfitta del demonio.
Così il drago fu gettato a terra, e i suoi satelliti con lui. Scacciato dal cielo e dalle anime dei giusti, ha trovato posto solo nel cuore degli uomini sottomessi alle cose della terra. E si udì una grande voce nel cielo, voce di angeli che si rallegravano per la liberazione degli uomini, dicendo: « Ora la morte ha lasciato il posto alla speranza della salvezza, la corruzione alla virtù, il regno del peccato al regno di Dio, la tirannia del diavolo al potere di Cristo. Ecco, l’accusatore dei nostri fratelli è stato abbattuto. – Notate, a proposito, la tenerezza degli Angeli, che dicono: “I nostri fratelli”, quando parlano degli uomini. – Avendoli spinti al peccato con ogni mezzo, non cessò poi di accusarli davanti a Dio, giorno e notte, reclamandoli come sua porzione, in nome del decreto che condannava la loro razza alla morte (Coloss, II, 14). E i nostri fratelli lo hanno vinto, non per i loro propri meriti, ma per il sangue dell’Agnello, e per la testimonianza che hanno dato alla sua risurrezione, alla sua divinità; e perché non hanno amato questa vita presente fino alla perdita delle loro anime. Rallegratevi dunque, cieli, Angeli delle gerarchie superiori, e con voi tutti coloro che abitano tra di voi, cioè che vivono sotto la vostra protezione e ricevono la vostra luce. Rallegratevi che il diavolo e i suoi satelliti sono stati sconfitti. Guai, al contrario, alla terra e al mare; guai agli uomini attaccati solo alle cose di questo mondo e sempre agitati dalle loro passioni, come il mare dalle onde; guai, perché il demonio scende a voi pieno di rabbia, furioso per essere stato scacciato dai cuori degli eletti, consumato dal desiderio di fare del male e sapendo che il tempo che ha è breve. »
§ 5 – Nuovi assalti.
Il drago, in effetti, una volta gettato a terra, non rinunciò alla partita; inseguì la donna, che partorì un figlio maschio. Quando l’imperatore Costantino ebbe assicurato il trionfo del Cristianesimo adorando la croce, il diavolo, sentendo che il mondo stava per sfuggirgli, sollevò contro la Chiesa i grandi errori di Ario, Nestorio, Eutyche e gli altri. Si noti che egli perseguita la donna, non Cristo: questo è, infatti, un tratto comune a tutti gli eretici. Non chiedono ai loro seguaci di rinnegare Gesù Cristo, ma li separano dalla Chiesa Cattolica e rivolgono tutto il loro furore contro di essa. – La donna ricevette da Dio due grandi ali: la saggezza, che le permise di sventare gli argomenti degli eretici, e la pazienza, che rese inutili le loro persecuzioni. Grazie a queste ali, i difensori della fede poterono rifugiarsi nella solitudine, nel senso che abbiamo spiegato sopra, e nutrirsi lì al riparo dai morsi del serpente, per un tempo, e due tempi, e mezzo tempo, cioè tre anni e mezzo, la parola: tempo, avendo qui il valore di un anno. Questi tre anni e mezzo hanno lo stesso significato dei milleduecentosessanta giorni di cui si è parlato sopra. Il diavolo, non potendo raggiungere la donna che era fuggita, gettò acqua dietro di lei come un fiume; cioè, non potendo scuotere i Santi che servono da fondamento alla Chiesa, diffuse, per bocca degli empi, una dottrina simile in apparenza a quella cattolica; Ma invece del fiume d’acqua viva che scorre dal trono dell’Agnello e feconda tutta la Chiesa, questa era solo acqua putrida, acqua inerte, dottrina morta, sotto la quale cercava di sommergere il popolo fedele, per perderlo. – In senso morale, l’anima, sotto la pressione della persecuzione, genera un figlio maschio, Cristo stesso, che diventa presente in essa; le due ali che Dio le dà sono la devozione nella preghiera e la pazienza nella prova. Poi fuggì nel deserto, dove trovò riposo nella contemplazione. Ma il diavolo non la lascia a lungo in pace e la insegue di nuovo con le sue tentazioni; il fiume che le manda dietro è il ricordo dei piaceri mondani, per mezzo dei quali cerca di perderla. La terra, continua l’autore, venne in aiuto della donna. I principi della terra, seguendo Costantino, vennero in aiuto della Chiesa. I Vescovi, riuniti in concilio sotto la protezione degli imperatori, aprirono la “voragine” e assorbirono il fiume lanciato dal drago, condannando formalmente le teorie degli eretici. E il drago si irritò con la donna: non potendo trionfare sulla Chiesa nella sua dottrina, cercò di distruggerla nella sua morale; perciò andò a combattere contro il resto della sua progenie, contro la gente comune, contro coloro che non sono i perfetti, ma che osservano i comandamenti di Dio e testimoniano Gesù Cristo con una vita conforme al Vangelo. E stava sulla sabbia del mare; e sebbene non potesse vincerli tutti, stabilì il suo dominio sugli schiavi del mondo, su quelli che sono leggeri come la sabbia e agitati come le onde del mare.
SECONDA PARTE
LE DUE BESTIE
Capitolo XIII, – (1- 18)
“E vidi salire dal mare una besti, che aveva sette teste e dieci corna, e sopra le sue corna dieci diademi, e sopra le sue teste nomi di bestemmia. E la bestia che io vidi era simile al pardo, e i suoi piedi come piedi d’orso, e la sua bocca come bocca di leone. E il dragone le diede la sua forza e un grande potere. E vidi una delle sue teste come ferita a morte: ma la sua piaga mortale fu guarita. E tutta la terra con ammirazione seguì la bestia. É adorarono il dragone che diede potestà alla bestia: e adorarono la bestia, dicendo: Chi è simile alla bestia? E chi potrà combattere con essa? E le fu data una bocca che proferiva cose grandi e bestemmie: e le fu dato potere di agire per quarantadue mesi. E aprì la sua bocca in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome, e il suo tabernacolo, e quelli che abitano nel cielo. E le fu dato di far guerra ai santi, e di vincerli. E le fu data potestà sopra ogni tribù, e popolo, e lingua, e nazione, e lei adorarono tutti quelli che abitano la terra: i nomi dei quali non sono scritti nel libro di vita dell’Agnello, il quale fu ucciso dal cominciamento del mondo. Chi ha orecchio, oda. Chi mena in schiavitù, andrà in schiavitù: chi uccide di spada, bisogna che sia ucciso di scada. Qui, sta la pazienza e la fede dei Santi. E vidi un’altra bestia che saliva dalla terra, e aveva due corna simili a quelli dì un agnello, ma parlava come il dragone. Ed esercitava tutto il potere della prima bestia nel cospetto di essa: e fece sì che la terra e i suoi abitatori adorassero la prima bestia, la cui piaga mortale era stata guarita. E fece grandi prodigi sino a far anche scendere fuoco dal cielo sulla terra a vista degli uomini. E sedusse gli abitatori della terra mediante i prodigi che le fu dato di operare davanti alla bestia, dicendo agli abitatori della terra che facciano un’immagine della bestia, che fu piagata di spada e si riebbe. E le fu dato di dare spirito all’immagine della bestia, talché l’immagine della bestia ancora parli: e faccia sì che chiunque non adorerà l’immagine della bestia, sia messo a morte. E farà che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi abbiano un carattere sulla loro mano destra, sulle loro fronti. E che nessuno possa comprare o vendere, eccetto chi ha il carattere, il nome della bestia, o il numero del suo nome. Qui è la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il nome della bestia. Poiché è numero d’uomo: e il suo numero è seicento sessanta sei.
§ 1. — La Bestia che sale dal mare.
Dopo una visione generale della guerra che il drago fa con la donna, cioè che il demonio conduce contro la Chiesa attraverso i secoli, San Giovanni arriva ora alla fase più acuta di questa lotta, ai temuti giorni in cui apparirà l’anticristo. E vidi – dice – una bestia che usciva dal mare. L’Anticristo era già designato in questa forma nella terza visione, quando ci è stato mostrato il suo duello con Enoch ed Elia. È chiamato bestia e, più esattamente, bestia selvaggia, perché sarà la personificazione delle passioni più crudeli del genere umano; perché reciterà perpetuamente gli assalti dell’inferno contro la chiesa contro la ragione, perché sarà animato da istinti feroci verso tutti gli uomini. Si dice che sorgerà dal mare, cioè dall’amarezza del mondo, nel senso che sarà il prodotto più compiuto della perversione umana. L’apostolo continua: Aveva sette teste e dieci corna. In senso storico, le sette teste rappresentano i diversi principi che, durante le sette età del mondo, ne saranno stati i precursori nel cercare di distruggere il popolo di Dio: come, per esempio, Faraone d’Egitto, che diede ordine di massacrare senza pietà i bambini appena nati dei Giudei, Jezebel, che fece di tutto per sostituire il culto del vero Dio con quello di Baal, e fece massacrare i sacerdoti; Nabucodonosor, che pretese di sottomettere tutta la terra al suo dominio e di essere adorato come unico dio. Aman, che preparò lo sterminio generale degli ebrei; Antioco Epifane, che profanò il tempio e cercò di abolire la religione; Erode, che massacrò gli Innocenti; Nerone e quegli imperatori che perseguitarono i Cristiani. Tutti questi principi, e altri, sono come schizzi disegnati davanti ai nostri occhi da Dio stesso per darci un’idea di quello che sarà “il figlio della perdizione”; per aiutarci a riconoscerlo quando verrà, in modo da non essere spaventati o sedotti dal suo potere. In senso allegorico, le sette teste rappresentano i grandi di questo mondo che, piegati sotto la tirannia dei peccati capitali, diventeranno per questo stesso fatto i feudatari dell’Anticristo; le dieci corna rappresentano la moltitudine degli empi che disprezzano la volontà di Dio e trasgrediscono apertamente il decalogo. Essi costituiranno l’esercito dell’Anticristo e gli serviranno come difese naturali per scoraggiare i suoi nemici. I diademi di cui sono ornati simboleggiano le molte vittorie che vinceranno e gli onori di cui il loro capo li coprirà. I principi menzionati sopra in relazione alle sette teste non solo serviranno sotto il nemico di Dio; essi si uniranno al suo odio per il Salvatore, e le loro armi, i loro standard, i loro motti saranno bestemmie contro di Lui. Ora torniamo alla bestia stessa. Sarà, dice San Giovanni, come una pantera con i piedi di un orso e la bocca di un leone. Che cosa significa? La pantera si distingue tra le bestie per la sua ferocia e la sua necessità di muoversi costantemente. Come tale, esprime bene la malvagità dell’Anticristo e l’agitazione perpetua che lo porterà a nuovi crimini senza sosta. Il suo carattere sornione evoca l’ipocrisia del personaggio, e il suo manto maculato, con peli di tutte le sfumature, è la figura della sua dottrina, che sarà un assemblaggio di tutti i vizi e le eresie. L’orso si distingue sia per la sua crudeltà che per la sua avidità: non ha pietà per la sua vittima, che calpesta prima di divorarla; ed è estremamente avido di miele e di dolci: a sua somiglianza, l’Anticristo combinerà una sensualità effeminata con una ferocia che attaccherà persino i suoi nemici sconfitti. Infine, la sua bocca sarà come quella dei leoni, perché le sue parole saranno piene di orgoglio. – Inoltre, riceverà dal drago, cioè da satana, una forza e un potere singolari. Il diavolo, questa scimmia di Dio, come lo chiama Sant’Agostino, si sforza di imitare il Creatore in tutte le sue opere, per giocare lui stesso il ruolo di un dio. Egli cercherà quindi di ottenere nell’Anticristo qualcosa di paragonabile all’unione ipostatica, come esiste nella sacra persona di Nostro Signore. Non potendo generarlo direttamente lui stesso, né unire la propria natura di angelo caduto con la natura umana in un’unica ipostasi, cercherà almeno di attaccarsi a questo figlio del peccato il più strettamente possibile, fin dal grembo di sua madre; gli comunicherà tutta la sua perversità, tutto il suo genio del male, tutta la sua esperienza millenaria, e metterà a sua disposizione tutto il potere che Dio ha lasciato a se stesso dalla sua caduta. Gli darà così la possibilità di fare, non dei veri miracoli, – perché questi richiedono un potere che appartiene solo a Dio, – ma almeno cose sorprendenti che sono al di là della portata della forza umana e che provocheranno l’entusiasmo delle folle. È così che, per esempio, l’Anticristo potrà simulare, successivamente, la morte e poi la resurrezione, ad immagine del Salvatore. Ciò che San Giovanni esprime qui dicendo: « E vidi una delle teste della bestia, cioè la testa che comanda tutte le altre, la testa delle sette teste menzionate sopra, cioè l’Anticristo stesso, come messa a morte. Notiamo che dice: “come se fosse messo a morte”, e non semplicemente: “messo a morte”, perché questo non sarebbe altro che un grossolano inganno. Dopo tre giorni, fingerà di riacquistare i sensi e dirà di essere risorto. Ma manterrà visibile la cicatrice del colpo che si suppone lo abbia ucciso, per imitare Cristo che conserva sul suo corpo le stigmate della sua Passione. La finzione sarà così ben realizzata che il mondo intero, cioè tutti gli uomini carnali, grideranno al miracolo, saranno pieni di ammirazione per la Bestia e si metteranno tra i suoi sostenitori. Lo ricopriranno di ogni sorta di onori, e questa adulazione andrà fino al diavolo, di cui l’Anticristo sarà il servo, e dal quale attingerà tutto il suo potere. E lo loderanno con abbondanza e lo adoreranno come un dio, dicendo: “Chi è simile alla bestia e chi potrà combattere contro di lei? Perché mai un uomo ha trionfato come lui, né ha posseduto un potere così grande come lui. L’orgoglio dell’Anticristo raggiungerà proporzioni sproporzionate davanti a questo incenso che salirà verso di lui da tutte le parti: allora gli sarà data una bocca che dirà grandi cose; allora si sentirà lodare e glorificare se stesso senza alcun ritegno, mentre impudentemente bestemmierà il nome di Gesù Cristo. E così sarà per quarantadue mesi, cioè per tre anni e mezzo. Non è senza ragione che l’autore sacro ripete spesso questa figura: vuole farci capire che i giorni dell’Anticristo sono rigorosamente contati affinché gli uomini di quel tempo non perdano la testa davanti a successi, stupefacenti senza dubbio, ma che saranno effimeri; affinché un folle errore non li spinga a prendere posto tra gli adoratori di un dio che deve crollare tristemente alla fine di un tempo così breve! – L’Anticristo, tuttavia, ebbro di orgoglio, non cesserà più di vomitare bestemmie; sosterrà che Gesù era solo un impostore, un servo del diavolo, e affermerà che lui stesso è il figlio di Dio mandato da Lui nel mondo. Insulterà il suo tabernacolo, cioè la Chiesa cattolica, e coloro che abitano in cielo, assicurando che gli Apostoli, i Martiri e tutti i Santi canonizzati non erano che ministri di satana ed erano perduti per sempre. Egli intraprenderà una dura lotta per distruggere tutto ciò che resiste alla sua autorità; dichiarerà guerra in particolare ai santi, cioè ai cristiani, e, con il permesso divino, li sconfiggerà, – corporalmente cioè – facendoli perire in crudeli tormenti e costringendo tutta la vita della Chiesa a nascondersi sottoterra, come ai tempi delle catacombe. Con l’aiuto del diavolo, riuscirà ad estendere il suo impero sugli uomini di ogni tribù, nazione, lingua e razza, come se la profezia messianica di Daniele si realizzasse in lui: Tutti i popoli, tutte le tribù, tutte le lingue lo serviranno. Il suo potere sarà un potere eterno, che non gli sarà tolto, e il suo regno non sarà distrutto (Dan. VII, 14). Così, Egli diventerà padrone di tutto l’universo; e tutti i servi del mondo saranno nella sua completa devozione, tutti coloro che non vivono nell’attesa del bene eterno e i cui nomi non sono scritti nel Libro della Vita. Perché questi non sono redenti dal sangue dell’Agnello, che è stato ucciso fin dall’inizio del mondo. Queste ultime parole significano che, fin dalla creazione, gli uomini potevano essere salvati solo dalla morte di Cristo. Fu solo in previsione dei meriti infiniti di Suo Figlio che moriva sulla croce che Dio, anche prima del compimento della Redenzione, che ebbe pietà di loro. Queste parole vogliono anche ricordarci che, dalle origini dell’umanità, dal tempo di Abele e Caino, i giusti, che costituiscono il Corpo Mistico di Cristo, erano destinati alla persecuzione e al martirio. E sarà così fino alla fine dei tempi. Perciò, non stupiamoci quando vediamo lo scatenarsi della furia dell’Anticristo; non lasciamoci sgomentare dal successo travolgente delle sue imprese. Lui e i suoi seguaci pagheranno caro il loro momentaneo trionfo. Se le nostre orecchie non sono chiuse alle cose spirituali, ascoltiamo piuttosto ciò che dice l’Apostolo: Colui che ha ridotto altri in cattività sarà ridotto in cattività a sua volta; colui che ha lavorato per mettere altri sotto il giogo del peccato e del diavolo si troverà improvvisamente preso nella morsa di fuoco della dannazione eterna; colui che ha fatto perire altri con la spada, che sia la morte naturale o quella spirituale, perirà a sua volta, ma con la seconda morte, quella che non ha fine. Così, non ci siano dubbi, le ingiustizie, le persecuzioni, i trionfi dei malvagi sono permessi da Dio su questa terra solo per il bene dei suoi eletti. – Infatti, è di fronte a queste prove e sotto la loro influenza che la pazienza e la fede dei santi si manifestano veramente. Molti uomini quaggiù si credono giusti, perché vivono onestamente finché tutto è prospero per loro; ma quando arrivano le avversità, la loro apparente virtù si scioglie come cera al sole, ed è allora chiaro che servivano Dio solo per i vantaggi che trovavano nella pratica della pietà.
§ 2 – La Bestia che sale dalla terra.
E vidi – continua San Giovanni – un’altra bestia che saliva dalla terra. Questo secondo mostro, che appare qui dopo il primo, rappresenta il gruppo di uomini che diventeranno gli apostoli dell’Anticristo e metteranno al suo servizio tutte le risorse della loro intelligenza, della loro eloquenza e dei loro talenti. La prima bestia sorse dal fondo del mare, e fu formata e crebbe, per così dire, per il solo fatto della sua fondamentale perversità; ma la seconda bestia sorgerà dalla terra, nel senso che sarà generata soprattutto dal desiderio degli individui che ne saranno membri di assicurarsi gloria, onori, ricchezze e piaceri sposando la causa dell’Anticristo. Avrà due corna simili alle corna dell’Agnello. Le due corna dell’Agnello sono, da un lato, la sublime dottrina e, dall’altro, la splendente santità per mezzo della quale il divino Salvatore ha vinto il mondo. A sua imitazione, i seguaci della Bestia predicheranno una dottrina seducente e simuleranno un’alta virtù: con ciò, trionferanno sulle resistenze che cercheranno di opporsi alla loro azione. Parleranno come il drago, bestemmiando come il diavolo stesso, e parleranno con orgoglio e ipocrisia. Essi faranno opere straordinarie come la prima Bestia, perché quest’ultima comunicherà loro il suo potere. Ma come i Dodici operavano miracoli solo in nome di Gesù Cristo e solo per la gloria del loro Maestro, così questi pseudo-apostoli agiranno sempre in presenza della Bestia, cioè nel suo nome e nel suo interesse. Essi condurranno la terra e coloro che ne sono schiavi, ad adorare la Bestia, proclamando ovunque che egli ha trionfato sulla morte, che è risorto dai morti. Essi compiranno prodigi sorprendenti, come, per esempio, far scendere un fuoco dal cielo, sempre per copiare gli apostoli che chiamavano lo Spirito Santo sui primi fedeli in questa forma sensibile. Questo fenomeno non supera d’altronde il potere del diavolo, come la Scrittura insegna espressamente a proposito di Giobbe, le cui greggi satana ha così distrutto. I segni compiuti dai protagonisti dell’Anticristo raduneranno alla sua causa tutti gli uomini che vivono sotto la schiavitù della carne. Sarà loro ordinato di fare un’immagine della Bestia, che porta sul suo corpo il marchio del colpo che l’ha uccisa e da cui è risorta. Così il figlio della perdizione, come lo chiama San Paolo, si sforzerà di contraffare Cristo in ogni cosa: come il nostro Salvatore è rappresentato in immagini con le cinque piaghe che Egli volle conservare nella Sua sacra carne per richiamarle incessantemente al nostro amore, così l’Anticristo proporrà alla venerazione degli uomini il suo ritratto, nel quale si vedranno i segni della ferita dalla quale pretenderà di essere morto. Tutti saranno invitati a esporre immagini o statue di lui in questo modo. E queste immagini, la seconda Bestia, cioè la banda di predicatori dell’Anticristo, avrà il potere di animarle, di farle parlare e di sterminare chiunque si rifiuti di adorarle. Ciò significa che, su invito di questi maestri dell’inganno, il diavolo stesso darà una parvenza di vita alle statue dell’Anticristo e parlerà attraverso la loro bocca. Infine, questi stessi profeti della menzogna faranno indossare a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, il carattere della Bestia, – qualcosa come una croce uncinata, – o sulla mano destra o sulla fronte, per marcare che tutti dovranno comportarsi come la Bestia, e confessarla senza arrossire. Nessuno potrà comprare o vendere, nessuno avrà il diritto di esercitare alcun commercio o compiere alcun atto civile se non porta ben visibile il carattere della Bestia, o il suo nome, o il numero del suo nome. – Tutti i dettagli precedenti possono anche essere intesi in senso figurato: gli uomini dovranno farsi un’immagine della Bestia, cioè dovranno modellare la loro condotta sulla sua, come i Cristiani si sforzano di imitare Cristo Gesù in tutto. La seconda Bestia avrà il potere di far parlare le immagini della prima: vale a dire che i predicatori dell’Anticristo potranno, con l’aiuto del diavolo, provocare in se stessi o nei seguaci della Bestia ispirazioni e trasporti analoghi ai carismi che hanno colto i fedeli nei primi tempi della Chiesa. Infine, nell’obbligo imposto a tutti gli uomini di ricevere il carattere della Bestia, o il suo nome, o il numero del suo nome, dobbiamo vedere una parodia del battesimo: i seguaci dell’Anticristo dovranno sottoporsi a qualche rito, che dovrà imprimere su di loro, con tratti indelebili, l’appartenenza al loro padrone; come noi riceviamo al Battesimo il nome di figli di Dio, e anche il numero di questo nome, quando siamo firmati con il numero sacro della Santa Trinità, dei Tre che sono Uno, quando siamo segnati con il nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. – Allora la situazione dei Cristiani diventerà estremamente critica. Essi saranno cacciati, denunciati, messi al bando, e questo su tutta la superficie della terra. In questa prova, però, non devono pensare di essere abbandonati da Dio e sprofondare nella disperazione. Più che mai sarà necessario regolare la propria condotta, non in base alle impressioni del momento, ma in base ai consigli della saggezza. Ora, in questo caso, ecco in cosa consisterà la vera saggezza: chi ha intelletto – e quest’ultima parola deve essere presa qui nel suo senso etimologico, intus legere, leggere dentro – chi sa considerare la profondità delle cose senza fermarsi alle apparenze, calcoli il numero della Bestia. E vedrà chiaramente che questo numero non è il numero di un dio, né il numero di un angelo, ma che è il numero di un uomo, e che questo numero è 666.
§ 3 – Il numero della bestia.
Qui arriviamo ad uno dei punti più oscuri dell’Apocalisse, e uno di quelli che hanno più esercitato la sagacia degli studiosi. Se il lettore avrà la pazienza di seguirci, speriamo tuttavia di aiutarlo, non certo a scoprire i dettagli del tempo della fine del mondo, ma a capire prima il significato letterale di questo passaggio, e poi la lezione morale che si cela dietro di esso. L’Apocalisse fu originariamente scritta in greco. In questa lingua, i numeri sono espressi, come in latino, non da segni speciali, ma dalle lettere dell’alfabeto: così α (alfa) significa 1, β (beta) significa 2, ι (iota) rappresenta 10; κ (cappa), 20, ecc. Stando così le cose, è sufficiente trovare il nome della Bestia cercando le parole le cui lettere sommate danno il totale di 666. Tra i molteplici nomi che si ottengono in questo modo, ce ne sono tre che tutti i Padri o Dottori hanno conservato, e sui quali l’unanimità della tradizione è piamente raggiunta. Questi sono quelli di: Tειτάν (teitan), che significa gigante; Αντἴμος (antimos), che significa onore contrario; e il verbo ‘ᾈρvoῡμαι (arnoumai), nego. Gli autori hanno fatto lo stesso lavoro sul testo latino, e qui l’unica parola che ha incontrato la loro approvazione è quella di: Diclux, che interpretano come: Dic me esse lucem veram (dici che sono io la vera luce). Questo nome, notiamo di passaggio, conferisce un interesse particolare alla formula che la croce di San Benedetto porta sui suoi rami: Crux sancta sit mihi lux, non Draco sit mihi dux (Che la santa croce sia la mia luce; che il drago non sia il mio capo). Il nostro Beato Padre conosceva i piani del Principe delle Tenebre, sul quale aveva ricevuto un potere speciale. Questi disegni, che si manifesteranno alla piena luce del giorno, al tempo del regno dell’Anticristo, stanno operando in sordina in tutta la storia del mondo, e con molti secoli di anticipo, San Benedetto, per contrastarli, ha messo nelle nostre mani un segno che è, a nostra insaputa, una professione di fede contro il motto della Bestia. Così l’Anticristo porterà un nome, il cui significato sarà: il gigante, l’onore contrario, la negazione, o: Dite che io sono la luce. Qui la nostra interpretazione letterale deve fermarsi: i commentatori che hanno voluto leggere più precisamente in queste lettere misteriose, e hanno preteso di scoprire in esse i nomi di Tito, Traiano, Cesare, Nerone, Diocleziano, Maometto, o altri più vicini a noi, sono entrati nell’ambito della libera fantasia; essi sono usciti dal sentiero segnato dalla tradizione autentica, che è necessario, tuttavia, seguire passo dopo passo per non smarrirsi su un argomento così difficile. L’Anticristo deve venire alla fine dei tempi: è vano cercare di riconoscerlo in questo o quel personaggio dei secoli passati. Come può ora la saggezza consistere nel capire che il numero dell’Anticristo è il numero di un uomo, e che questo numero è 666? Questo servo del diavolo, come abbiamo visto, farà ogni sorta di prodigi. Farà scendere il fuoco dal cielo e parlerà alle statue; trionferà su tutti i suoi nemici e li consegnerà alla morte; in tutte le sue imprese, riuscirà con una felicità che gli permetterà di affermare che “Dio è con lui”, che è il suo luogotenente, il suo inviato, il suo profeta; e gli uomini la cui mente non è guidata dallo Spirito Santo, ingannati da successi così eclatanti, gli crederanno davvero. Ma tali segni sono davvero il marchio del vero Dio? Il nostro Signore ha mai fatto una cosa del genere? Ha fatto scendere il fuoco dal cielo quando i suoi discepoli glielo hanno chiesto? Ha forse acconsentito a fare prodigi nell’aria o sulla terra, quando i farisei o Erode lo hanno invitato a farlo? Ha usato il Suo potere per assicurarsi la gloria e l’onore tra gli uomini? Ha inseguito e fatto perire i suoi nemici, Egli che ha costretto San Pietro a rimettere nel fodero la spada che aveva estratto per difenderlo, e che, inchiodato alla croce, intercedeva ancora per i suoi carnefici: « Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno »? – Al contrario, Egli ha fatto miracoli solo per alleviare altri uomini; si è mostrato nell’abbigliamento il più modesto, ha vissuto nella povertà più grande, non ha cercato altro trionfo che quello del Calvario, e non ha versato altro sangue che il suo. Ma anche davanti a tanta dolcezza, tanta pazienza, tanta bontà, il cuore dell’uomo, quando non era completamente indurito dall’odio, era costretto a riconoscere la presenza della Verità e a confessare, come il centurione che Lo vide spirare, che Egli era veramente il Figlio di Dio. – Al contrario, davanti agli atti dell’Anticristo, chiunque ascolti la voce della sua coscienza sarà costretto a convenire con se stesso che ha davanti agli occhi solo un uomo, e non un Dio; un uomo segnato dalle stimmate del peccato, schiavo delle passioni più crudeli; Un uomo della razza dei giganti, senza dubbio, ma di quei giganti d’orgoglio che pretendono di scalare i cieli e detronizzare Dio; un uomo che merita il nome di Antimos, cioè Onore Contrario, perché cerca di deviare a proprio profitto un onore, una gloria, un’adorazione che appartengono solo al Creatore; un uomo che sarebbe ben chiamato: Negazione, perché la sua dottrina sa solo contraddire le verità insegnate dalla Chiesa, senza essere in grado di costruire nulla di positivo; un uomo, infine, che non è la luce, e tuttavia vuole costringere tutti gli uomini per tale, e dire che lui è la luce. Questo è il senso in cui la vera saggezza consisterà nel riconoscere che il nome Bestia è un nome di uomo. Ma perché questo numero è ora il 666? Qui dobbiamo entrare per un momento nel campo particolarmente oscuro e difficile della mistica dei numeri. Secondo la Genesi, Dio creò il mondo in sei giorni. Alla sera del sesto giorno, l’intero universo era uscito dalle sue mani; tutti gli esseri che dovevano servire da principio per le specie viventi erano venuti alla luce; non c’era più nulla da trarre dal nulla; eppure l’opera non era finita. Per renderlo perfetto, Dio ha dovuto aggiungere il settimo giorno, il sabato, che porta la sua benedizione, che è il suo giorno e il coronamento degli altri sei. Questo era un modo velato di farci capire che la creatura non è venuta nel mondo per rimanere limitata al lavoro dei sei giorni, o, in linguaggio mistico, per rimanere racchiusa nel numero sei; al contrario, deve tendere ad uscirne e cercare il suo riposo, la sua armonia, il suo equilibrio, il suo compimento, la sua perfezione nel settimo giorno, nel giorno del Signore, che è come la fine della creazione e il fine verso cui tende, in questo sabato, che simboleggia la pace eterna e sovranamente benedetta di Dio, una pace alla quale Egli farà partecipare coloro che hanno compiuto fedelmente il lavoro della vita presente. In questo senso, il sei diventa il numero della creatura, in quanto imperfetta; il sette, al contrario, è il numero del Creatore e della perfezione: ecco perché, come abbiamo già visto, questo numero è anche quello dell’Agnello. Ora, davanti alle opere dell’Anticristo, davanti allo spettacolo di quest’uomo ebbro del suo potere, desideroso di un dominio universale, sempre pronto a glorificarsi e pieno di furia selvaggia contro i suoi nemici, la vera saggezza, quella che permetterà ai giusti di salvarsi, consisterà nel comprendere che nulla di ciò che fa tende alla pace del Signore; che tutta la sua potenza, tutta la sua conoscenza, tutto il suo splendore, tutta la sua gloria non esce dall’ordine creato e dal dominio della pura creatura. Per quanto moltiplichi le sue opere, le decuplichi, le centuplichi, per quanto si impegni, per quanto gonfi ed espanda il suo numero sei, il suo numero creaturale, fino a farlo diventare 666, non potrà uscire da questo numero imperfetto, e né lui né coloro che seguono le sue orme entreranno mai nel riposo del Signore.
TERZA PARTE
L’AGNELLO E LA SUA GIUSTIZIA
Capitolo XIV. – (1-20)
“E vidi: ed ecco l’Agnello che stava sul monte di Sion, e con lui cento quarantaquattro mila persone, le quali avevano scritto sulle loro fronti il suo nome e il nome del suo Padre. E udii una voce dal cielo, come rumore di molte acque, e come rumore di gran tuono: e la voce, che udii, era come di citaristi che suonino le loro cetre. E cantavano come un nuovo cantico dinanzi al trono e dinanzi ai quattro animali e ai seniori: e nessuno poteva dire quel cantico, se non quei cento quarantaquattro mila, i quali furono comperati di sopra la terra. Costoro sono quelli che non si sono macchiati con donne: poiché sono vergini. Costoro seguono l’Agnello dovunque vada. Costoro furono comperati di tra gli uomini primizie a Dio e all’Agnello, e non si è trovata menzogna nella loro bocca: poiché sono scevri di macchia dinanzi al trono di Dio. E vidi un altro Angelo, che volava per mezzo il cielo, e aveva il Vangelo eterno, affine di evangelizzare gli abitatori della terra, e ogni nazione, e tribù, e lingua, e popolo: e diceva ad alta voce: Temete Dio, e dategli onore, perché è giunto il tempo del suo giudizio: e adorate colui che fece il cielo, e la terra, il mare, e le fonti delle acque. E seguì un altro Angelo dicendo: È caduta, è caduta quella gran Babilonia, la quale ha abbeverato tutte le genti col vino dell’ira della sua fornicazione. E dopo quelli venne un terzo Angelo dicendo ad alta voce: Se alcuno adora la bestia e la sua immagine, e riceve il carattere sulla sua fronte, o sulla sua mano: anch’egli berrà del vino dell’ira di Dio, versato puro nel calice della sua ira, e sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi Angeli, e nel cospetto dell’Agnello: e il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli: e non hanno riposo né dì, né notte coloro che adorarono la bestia e la sua immagine, e chi avrà ricevuto il carattere del suo nome. Qui sta la pazienza dei santi, i quali osservano i precetti di Dio e la fede di Gesù. E udii una voce dal cielo che mi diceva: Scrivi: Beati i morti, che muoiono nel Signore. Già fin d’ora dice Io Spirito, che si riposino dalle loro fatiche: poiché vanno dietro ad essi le loro opere. E vidi: ed ecco una candida nuvola, e sopra la nuvola uno che sedeva simile al Figliuolo dell’uomo, il quale aveva sulla sua testa una corona d’oro, e nella sua mano una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dal tempio gridando ad alta voce a colui che sedeva sopra la nuvola: Gira la tua falce, e mieti, perché è giunta l’ora di mietere, mentre la messe della terra è secca. E colui che sedeva sulla nuvola, menò in giro la sua falce sulla terra, e fu mietuta la terra. E un altro Angelo uscì dal tempio, che è nel cielo, avendo anch’egli una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dall’altare, il quale aveva potere sopra il fuoco: e gridò ad alta voce a quello che aveva la falce tagliente, dicendo: Mena la tua falce tagliente, e vendemmia i grappoli della vigna della terra: poiché le sue uve sono mature. E l’Angelo menò la sua falce tagliente sopra la terra, e vendemmiò la vigna della terra, e gettò (la vendemmia) nel grande lago dell’ira di Dio: e il lago fu pigiato fuori della città, e dal lago uscì sangue fino ai freni dei cavalli per mille seicento stadi.”
§ 1. — I cento quaranta-quattro mila Vergini.
Dopo aver descritto profeticamente la persecuzione dell’Anticristo, San Giovanni, per rafforzarci contro questa temuta eventualità, darà ora una breve descrizione dell’aiuto che il Salvatore e i suoi Santi porteranno allora ai fedeli. Io vidi – dice – ed ecco che l’Agnello era in piedi sul monte di Sion. L’Agnello si riferisce senza dubbio a Cristo stesso, modello di pazienza e di dolcezza, che si lasciò condurre alla morte senza la minima resistenza, come testimoniano tutta la tradizione e la liturgia della Chiesa. Tuttavia Egli sta in piedi, nell’atteggiamento di un uomo che lavora o combatte, e sta sul monte Sion, cioè nella Chiesa, che si erge sopra la terra come una montagna, sulla cui sommità si trova la Città Santa, la Gerusalemme celeste. Infatti Cristo, come abbiamo già detto, opera solo nella Chiesa, ed è inutile cercarlo al di fuori di essa. Intorno a Lui si accalcava la folla innumerevole di coloro che portano il suo Nome ed il Nome del Padre suo, cioè il titolo di Cristiani ed il nome di figli di Dio, che lo portano autenticamente, inciso sulla loro fronte, a lettere indelebili, dal sacramento del Battesimo e con la ferma determinazione con cui nulla devono preferire all’amore di Gesù Cristo. – Da questa massa proveniva una voce, terribile come il rumore di grandi acque o il fragore di un tuono, e dolce allo stesso tempo come il suono dei citaredi quando suonano sulle loro cetre. Questa voce è quella dei Santi nella loro predicazione: una voce terrificante, per le sue continue allusioni al rigore dei giudizi divini; e tuttavia piena di affettuosa tenerezza, perché proviene da cuori infiammati dalla carità. La cetra è la figura della croce: le sue corde secche, tese strettamente sul ripiano di legno, e che rispondono con suoni melodiosi quando la mano del musicista le tocca, simboleggiano Cristo, teso strettamente sulla sua croce, proferendo solo parole d’amore sotto gli oltraggi e i tormenti inflitti. I suonatori di cetra sono i predicatori, che, come San Paolo, non conoscono altro che Cristo, e Cristo crocifisso (I Cor., II, 2). Ma essi suonano la cetra sulle loro cetre: cioè non si accontentano di evocare in termini commoventi le sofferenze del loro Maestro. Si mortificano, crocifiggono la propria carne con i suoi vizi e concupiscenze (Galati, V, 24), passano, come l’Apostolo, attraverso il crogiolo della persecuzione, diventano croci viventi; ed è questo che dà alle loro parole un’unzione, una dolcezza che l’eloquenza e il talento sono incapaci di imitare. Ma mentre si “incetrano” in questo modo, nel mortificano, cantano. La loro vita è illuminata dalla gioia, dalla purezza e dalla speranza. Cantano il canto nuovo, quello che l’Antico Testamento non conosceva, e che Cristo è venuto a rivelare alla terra: il canto di un amore che si rinnova sempre senza mai conoscere declino, stanchezza o assuefazione. Notiamo, tuttavia, che essi cantavano non “il” nuovo canto, ma “come” un nuovo canto, sottintendendo l’autore che il vero canto, il canto autentico e completo, risuonerà solo dopo la resurrezione finale, quando gli eletti avranno recuperato, con i loro corpi, l’integrità della loro natura. – E nessun altro poteva dire questo meraviglioso canto, se non quei centoquarantaquattromila, che rappresentavano tutti coloro che il sangue di Cristo ha redento da questo mondo, tutti coloro che i meriti del loro Salvatore hanno strappato dalla tirannia della carne, dalla schiavitù della concupiscenza, e che sono saliti, attraverso la castità, ad uno stato al di sopra della natura. Questi sono la porzione eletta del popolo di Dio, il coro dei vergini, per cui San Giovanni, essendo egli stesso l’Apostolo vergine, ebbe rivelazioni speciali. È a loro, a questi eunuchi spirituali, per parlare la lingua del Vangelo, che Dio disse profeticamente, per bocca di Isaia: “A coloro che hanno osservato le mie solennità, che hanno fatto ciò che ho voluto e hanno mantenuto la mia alleanza, io darò posto nella mia casa e tra le mie mura. E darò loro un nome migliore che se avessero avuto figli e figlie; darò loro un nome che non perderà (LVI, 4). Solo chi è puro può cantare il canto dell’Agnello, perché la castità fa nascere una gioia interiore che è impossibile conoscere senza di essa; perché dà più forza per predicare, per correggere, per consolare, per parlare di Dio. È San Paolo che ce lo insegna, quando scrive: « Chi non è sposato rivolge la sua attenzione alle cose del Signore, cercando di piacere a Dio; chi è sposato si dedica alle cose del mondo, cercando di piacere a sua moglie, ed è diviso » (I Cor., VII, 3a.). Quindi, coloro che non hanno contaminato i loro corpi e che sono vergini hanno il privilegio di seguire l’Agnello ovunque vada. Cosa significa questo? – Non si tratta di un movimento fisico attraverso gli spazi infiniti dell’empireo, come si può facilmente immaginare. Seguire l’Agnello ovunque Egli vada è seguirlo nello stretto sentiero della rinuncia assoluta; è camminare dietro di Lui nella notte della fede, accettando senza discutere tutti i dogmi che enuncia, tutti i misteri che impone alla ragione. Quelli invece che non seguivano l’Agnello ovunque andasse, che dopo avergli sentito dire che dovevano mangiare la sua carne e bere il suo sangue, mormoravano tra di loro: “Ecco, questa è una parola dura, e chi la può ascoltare? – E molti – aggiunge il Vangelo – se ne andarono e non camminarono più con lui; abbandonarono l’Agnello, essendo la loro fede troppo debole per seguirlo fino alla fine del suo corso. San Pietro, invece, e i discepoli fedeli continuarono a stringersi più vicino: « Signore – dissero – da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna » (Jo., VI, 61, 67, 69). Lo seguivano nel tunnel della fede, e dovevano seguirlo fino alle altezze della carità, il giorno in cui, come Lui, avrebbero dato il loro sangue per la conversione dei loro fratelli e per la salvezza dei loro nemici. Questi – continua San Giovanni – erano separati dagli altri uomini. Essi furono scelti e messi da parte, come si mettono da parte i migliori frutti di un frutteto, per essere offerti come primizie a Dio e all’Agnello. Nessuna menzogna è stata trovata nella loro bocca, perché hanno sempre confessato la verità e aderito con tutto il loro essere alla dottrina cattolica; sono senza macchia davanti al trono di Dio, perché hanno evitato il peccato come meglio potevano, sforzandosi di mantenersi costantemente alla presenza del loro Creatore. Essi formano quella truppa scelta che Dio tiene sempre per sé sulla terra, e che costituisce il nucleo della sua Chiesa attraverso le generazioni, e la cui esistenza fu rivelata al profeta Elia quando gli si disse: « Ho tenuto per me settemila uomini che non si sono inginocchiati a Baal. » (Rom. XI, 4 – III Reg., XIX, 18). Possiamo concludere da questo passaggio che la verginità avrà la precedenza su tutte le altre virtù nella vita eterna? – No: è essenzialmente la carità che servirà da fondamento alla gerarchia degli eletti, e la verginità, di per sé, non meriterà che un aureola, cioè una ricompensa accidentale, come la pazienza dei martiri o l’insegnamento dei dottori. Ma la virtù di cui l’autore sacro vuole parlare qui è piuttosto la purezza del cuore che la castità del corpo. Come non basta mantenere la continenza per essere un santo, così, al contrario, non c’è dubbio che ci sono uomini tra i Santi, e tra i più grandi, che hanno vissuto sotto la legge del matrimonio; solo che, anche in questo stato, il loro cuore aderiva a Dio solo. Lo consideravano come il vero Sposo delle loro anime, cercavano di piacere solo a Lui, e la purezza del loro amore permette loro di essere tra i vergini, intendendo questa parola in senso lato.
§ 2 – La punizione di Babilonia
Abbiamo appena visto che Cristo e i suoi Santi sono pronti a combattere per noi dalla montagna. Non temiamo dunque le persecuzioni a venire, tanto più che il resto della narrazione ci mostrerà la rovina dei nostri nemici come imminente e terribile. L’autore sacro presenta quattro Angeli, che rappresentano tutti i predicatori del Vangelo, e la cui azione si oppone a quella degli araldi dell’Anticristo, rappresentati nel capitolo precedente dalla seconda Bestia. Questi avevano ordinato agli uomini di adorare la Bestia, di riprodurre la sua immagine e di indossare il suo carattere: i predicatori stanno per ricordare loro la necessità di adorare solo Dio, e di mostrare le spaventose punizioni che attendono i seguaci dell’Anticristo. Il primo Angelo apparve dunque, portando con sé il Vangelo eterno, che nessun errore può oscurare, che nessuna persecuzione può distruggere; volò in mezzo al cielo, perché nulla può fermare la diffusione della dottrina cristiana; e si fece sentire, se non da tutti gli uomini, almeno da coloro che sono capaci di desiderare i beni eterni e quindi di vivere come sopra la terra, superiori a tutte le distinzioni di razza, tribù, lingua e popolo: infatti sanno che queste separazioni tra gli esseri umani hanno valore solo per il mondo presente, e che in cielo non ci sarà che un solo gregge e un solo Pastore. Notiamo, di passaggio, che questo testo contiene una condanna formale delle dottrine razziste. E questo Angelo gridò a gran voce: “Temete il Signore, o uomini, e non l’ira della bestia“. – È a Lui, e a Lui solo, che dovete rendere l’omaggio che gli spetta, perché ecco, l’ora del suo giudizio sta arrivando: presto, se non vi affrettate, sarà troppo tardi. E adoratelo con tutta la vigilanza, tutto il rispetto, tutto il raccoglimento di cui siete capaci, perché è Lui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le sorgenti delle acque. “Infatti, Dio ha creato tutte queste cose in senso letterale. Inteso nel suo senso morale, questo passaggio ci ricorda anche la nostra totale dipendenza da Lui: il cielo designa la parte superiore della nostra anima, fatta per vivere la vita degli Angeli; la terra, il nostro corpo di carne, con i suoi istinti più bassi; il mare, le tribolazioni che la vita presente ci porta. Ma accanto ad esse ci sono le sorgenti d’acqua, cioè le grazie che la misericordia divina ha posto ovunque, per lavare la nostra anima dalle sue contaminazioni, per spegnere l’ardore della concupiscenza, per placare la sete del nostro cuore.E un altro Angelo seguì il primo, dicendo: “Non lasciatevi sedurre dalla Bestia, non correte verso la città del male, che è la sua metropoli. Anche se vi appare in tutto il suo splendore, essa è così vicino alla rovina che si può già dire che sia caduta. È caduta, questa grande Babilonia, con i suoi vizi, i suoi idoli, le sue vanità di ogni genere. È già caduta sotto l’azione della sua stessa putredine, e sprofonderà nell’abisso dell’inferno nel giorno del giudizio, essa che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione. “Il vino designa qui la concupiscenza, che, infiammandosi, inebria l’uomo, gli fa perdere l’uso della ragione e lo spinge a tutti i peccati. Ora, il peccato costituisce una fornicazione dell’anima: questa, commettendolo, abbandona il suo legittimo Sposo per correre dietro alla creatura e provoca così l’irritazione di Colui che tradisce. Ecco perché questo vino è chiamato il vino dell’ira della sua fornicazione. Ora viene il terzo Angelo, e questo è ciò che dice: « Se qualcuno adora la Bestia o la sua immagine, se ha ricevuto il suo carattere sulla fronte o sulla mano, cioè se ha confessato pubblicamente la sua fede in lui, o se lo ha imitato nei suoi crimini, anch’egli berrà del vino dell’ira di Dio, che è mescolato con vino puro nel calice della sua ira. » Questo passaggio è molto difficile da capire. La migliore interpretazione sembra essere la seguente: quaggiù, i castighi che Dio ci manda sono strettamente misurati nel calice che prepara per ognuno di noi, in proporzione alle nostre colpe, sotto l’azione dell’ira che i nostri peccati gli ispirano; e la feccia, cioè l’amarezza della sofferenza che questi castighi provocano, si mescola al vino puro, cioè alla forza vivificante che una correzione salutare procura. Ma nell’eternità, i dannati non avranno che la feccia di questo vino; troveranno, quando lo berranno, solo una terribile amarezza, senza nulla che li riscaldi o li conforti. Inoltre, saranno tormentati da un fuoco la cui violenza oltrepassa ogni descrizione, e dall’insopportabile odore di zolfo che regnerà in questa prigione senza aria e senza uscita, dove si ammasserà tutta la corruzione dell’universo. Ma ciò che renderà la loro situazione più crudele sarà l’essere torturati in questo modo in presenza dei santi Angeli ed in presenza dell’Agnello. Queste ultime parole sono rivolte a quegli uomini, così numerosi ai nostri giorni, anche tra i Cristiani, che, preferendo il proprio giudizio alle verità insegnate dalla Chiesa, rifiutano di ammettere sia il carattere spaventoso, che la durata eterna dei tormenti dell’inferno, dichiarandoli incompatibili con la misericordia di Dio. Senza dubbio la ragione umana, lasciata a se stessa, si stupisce di un tale rigore; e la sua nozione di giustizia si adatterebbe volentieri a una punizione finita; ma deve inchinarsi davanti ad un mistero che la supera; deve adorare, con l’Apostolo, la profondità dei tesori della sapienza e della conoscenza di Dio, i cui giudizi sono incomprensibili e le cui vie sono imperscrutabili (Rom., XI, 33.). Se sapessimo cos’è Dio, se avessimo intravisto lo splendore della Sua Maestà e la violenza del Suo amore per l’uomo; se capissimo quale male e ingratitudine rappresenta l’ostinazione nel peccato, vedremmo subito la necessità di un inferno eterno. Non dobbiamo dubitarne: coloro sui quali è stata pronunciata la sentenza di riprovazione non hanno più nulla da aspettarsi dalla misericordia di Dio, né dall’intercessione dei Santi, né dalla carità degli Angeli, né dalla tenerezza di Colui che è morto per loro: essi soffriranno alla presenza dei Santi Angeli e alla presenza dell’Agnello, e questa presenza non sarà loro di alcun aiuto! Infine, l’orrore di questi tormenti è aggravato dal fatto che sono eterni: il fumo di questo fuoco salirà per sempre. E non ci sarà riposo per coloro che hanno adorato la Bestia e la sua immagine, e che si sono permessi di essere marchiati con il carattere del suo nome. Badiamo di non allontanarci o dal disprezzare queste verità, non è senza motivo che la Scrittura ce le pone costantemente davanti agli occhi: esse sono vivificanti e fruttuose: in esse sta il fondamento della pazienza dei Santi, ed è dalla loro considerazione che essi traggono la forza di osservare, nonostante tutte le prove, i comandamenti di Dio, rimanendo fedeli alla legge di Gesù Cristo.
§ 3 – Beati quelli che muoiono nel Signore.
Dopo questa fosca immagine del destino che attende i seguaci della Bestia, ecco ora un raggio di pace di cui godono gli eletti. E udii una voce dal cielo che mi diceva: “Scrivi“. Come se dicesse: “Non accontentatevi di annunciare quello che state per sentire, perché le parole si dimenticano presto; ma scrivetelo, perché rimanga e si tramandi di generazione in generazione. Beati i morti che muoiono nel Signore. Beati coloro che sono morti al mondo, al peccato, a se stessi, alla propria volontà, ai propri attaccamenti sregolati, alla vanità delle cose passeggere! Beati coloro che possono dire con l’Apostolo: “Io vivo, ma non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me“. (Gal. II, 20). Questi sono coloro che sono veramente morti, che sono padroni dei loro appetiti e delle loro passioni, che odiano il peccato per amore della virtù e che desiderano soprattutto piacere a Dio. Quando l’altra morte, quella che è il risultato del peccato originale, e il cui avvicinarsi riempie gli uomini di paura, quando quest’altra morte viene a coglierli, essi si addormentano solo dolcemente nel Signore, e subito, appena le loro anime sono separate dai loro corpi – (Qui abbiamo seguito, come sempre, la lezione della Vulgata. Il testo greco ha una puntualizza diversamente. Dice: Beati i morti che muoiono nel Signore adesso, come per significare: senza aspettare la risurrezione generale. Già lo Spirito dice: ecc. Il significato è lo stesso.), – Lo Spirito, cioè il Dio dell’amore, comanda che entrino nella beatitudine eterna, e che godano senza fine del riposo che hanno meritato con le loro opere. Perché gli uomini, quando lasciano questo mondo, non portano con sé nulla delle ricchezze, degli onori o dei piaceri di questo mondo; ma il merito o il demerito di tutte le loro azioni rimane con loro, e questo per l’eternità.
§ 4 – Visione del Giudizio Universale.
Dopo la visione dell’Agnello sul monte, dopo l’annuncio dei castighi riservati agli empi, San Giovanni, sempre con l’intenzione di confortare coloro che dovranno combattere contro l’Anticristo, dà loro una breve descrizione del Giudizio Universale, dove i buoni e i cattivi riceveranno il giusto castigo per la loro condotta. Io guardai – egli dice – ed ecco, apparve una nuvola bianca, e seduto su di essa c’era uno simile al Figlio dell’Uomo. Questa nuvola bianca è il simbolo della carne immacolata di Cristo. Dio, infatti, ha nascosto la sua maestà e lo splendore della sua gloria dietro questa santa Umanità, come fa il sole quando, posto dietro una nuvola, manda sulla terra il suo calore e la sua luce, ma attenuato, e senza mostrarsi nella sua propria forma. – Nel giorno del giudizio, la natura umana di Cristo servirà da trono per la divinità: per questo San Giovanni vide uno seduto su di essa che era come il Figlio dell’Uomo. Era Gesù, e lo riconobbe senza difficoltà, perché lo aveva visto con i suoi occhi ogni giorno per tre anni e lo aveva toccato con le sue mani (1 Jo., I, 1), quando aveva aiutato a portarlo giù dalla croce. Ma era questo, Gesù liberato da tutte le infermità umane, Gesù che irradiava una tale gloria, una tale bellezza, un tale fascino che sembrava non essere più lo stesso: Aveva sul suo capo una corona d’oro, come simbolo del potere regale che aveva ricevuto su tutto il genere umano; e aveva in mano una falce affilata, come segno del suo potere giudiziario, che gli avrebbe permesso di punire i malvagi con la stessa facilità con cui il mietitore abbatte le spighe di grano. E un Angelo uscì dal tempio, gridandogli a gran voce: “Getta la tua falce e mieti, perché è giunta l’ora della mietitura, perché la messe della terra è matura“. Questo Angelo rappresenta l’assemblea dei Santi, che usciranno dalla dimora celeste dove già regnano, per supplicare il Signore di affrettare l’ora del giudizio, perché la perversione del mondo ha raggiunto il suo apice, perché la terra non produce più virtù. Ed il Salvatore, in risposta alla loro preghiera, gettò la sua falce sulla terra, ed essa fu mietuta: sia i buoni che i cattivi perirono e comparvero davanti al giudizio di Dio. Poi un altro Angelo uscì dal tempio, ma questo portava una falce affilata come il Salvatore: egli personifica il gruppo di Santi che occupano le più alte dimore del cielo, e che parteciperanno al potere giudiziario di Cristo; quelli di cui la Sapienza dice che giudicheranno le nazioni (III, 8), e ai quali il Signore ha promesso, nella persona degli Apostoli, di farli sedere vicino a Lui, per giudicare le dodici tribù d’Israele (Matth. XIX, 18). Gli assistenti del Giudice sovrano sono al loro posto. Un altro Angelo appare in mezzo a loro: questo viene dall’altare, cioè dal cuore stesso del tempio, dal seno della divinità; esso rappresenta Nostro Signore in persona. Egli invita i Santi ad usare il potere che ha dato loro, a gettare la loro falce e a raccogliere i grappoli prodotti dalla vigna della terra, perché le sue uve sono mature; cioè a separare i buoni dai malvagi, perché i primi sono maturi per il cielo, mentre la cattiveria dei secondi è ormai senza rimedio. E l’Angelo lanciò la sua falce e vendemmiò la vigna. Questo non significa che i Santi eserciteranno realmente la giustizia suprema al tribunale dell’ultimo giorno, ma l’esempio della loro vita pura, retta e penitente, che si manifesterà improvvisamente nel grande giorno delle assise del mondo, sarà una condanna implacabile della vita degli empi e li coprirà della più amara confusione. L’autore della Sapienza aveva già raffigurato profeticamente questa scena quando raccontava le lamentele disperate dei dannati posti di fronte alla gloria degli eletti. (V) E quello che era stato vendemmiato cadde nel grande lago dell’ira di Dio, cioè nell’inferno. (Abbiamo tradotto le parole lacum… magnum, del verso 19, con: il grande lago, come la maggior parte dei commentatori. Tuttavia, alcuni di loro, tra i quali dobbiamo citare San Girolamo, fanno di magnum un complemento diretto di misit, e leggono: ha mandato il grande, cioè il superbo, l’anticristo, nel lago dell’ira di Dio. Le versioni greche, variando su questo punto, permettono entrambe le interpretazioni). E il lago fu calpestato fuori dalla città di Dio: tutta la massa dei dannati sarà messa sotto l’oppressione del rimorso e della sofferenza eterna. Ma perché l’autore sottolinea qui che sono calpestati fuori della città? – Per farci sentire la disperazione della punizione dei dannati. Quando i Santi soffrono su questa terra, quando sono messi sotto quella pressione di prove e persecuzioni a cui alludono i titoli di certi salmi, le loro anime senza dubbio sanguinano, sopportano tormenti che li fanno gridare di dolore: ma almeno il loro sangue scorre nella città: va ad unirsi a quello di Cristo nel calice che egli offre al Padre suo, producendo frutti inestimabili, e si trasforma in un vino delizioso che gli Angeli portano nelle cantine del Paradiso, acquistando per sé in eterno quel peso di gloria di cui parla San Paolo. Lo stesso vale per i Cristiani che fanno penitenza, per le anime che gemono in Purgatorio; le loro pene, per quanto dolorose, non sono perdute: ottengono la remissione dei loro peccati e aprono per essi le porte del cielo. Ma ciò che è terribile per i dannati è soffrire fuori della città, essere tagliati fuori per sempre dalla comunione dei Santi, separati dal Corpo Mistico di Gesù Cristo, e dover sopportare tormenti indicibili senza ottenerne alcun merito. La loro sofferenza, privata di quella fecondazione che solo la partecipazione a quella di Cristo poteva darle, è sterile, spietatamente sterile. Non farà mai nascere il più piccolo germoglio di compunzione, né il più piccolo fiore di pazienza; servirà solo ad alimentare il loro rimorso, il loro odio per Dio, la loro disperazione, a strappare loro quegli ululati dell’inferno, uno solo dei quali, secondo i Santi, ci raggelerebbe di terrore se ci fosse data la possibilità di sentirlo quaggiù. E il sangue uscì dal lago e salì all’altezza delle mascelle dei cavalli per una distanza di milleseicento stadi. – Il cavallo è spesso preso, nella Scrittura, come simbolo delle passioni umane. Nel suo stato naturale è un animale fiero, lascivo e selvaggio; ma, domato dall’uomo, diventa il suo compagno più nobile e utile. Allo stesso modo, le nostre passioni, lasciate libere, corrono dietro a tutte le soddisfazioni dei sensi; sottomesse al contrario dalla volontà, aiutano potentemente quest’ultima ad andare verso Dio. Dicendo che il sangue uscì dal lago e salì fino ai morsi dei cavalli, San Giovanni vuole farci capire che la punizione dell’Inferno, attualmente nascosta in fondo all’abisso, diventerà manifesta a tutti gli occhi al momento del Giudizio; essa si diffonderà come una marea su tutte le attività umane che non hanno accettato il morso, o briglia, della ragione. Solo coloro che hanno acconsentito a frenare i loro appetiti e a vivere secondo la legge di Dio scamperanno. – (L’interpretazione che diamo di questo passo si ispira al commento di Andrea di Cesarea (Pat. Gr. de Migne, t. 106, col. 351). Non è tuttavia la più comune: la grande maggioranza degli interpreti autorizzati dell’Apocalisse vede nei cavalli gli uomini abbandonati alle loro passioni; nel morso, i demoni che regolano tutti i loro movimenti, come la briglia dirige quelli del cavallo. La confusione dei dannati si riverserà sui demoni, che saranno crudelmente puniti per ognuno dei peccati che hanno fatto commettere agli uomini) – Lo stadio è un’arena in cui si giocano i giochi più diversi: gli uomini impiegano tutta la loro abilità e la loro forza per ottenere una futile ricompensa ed una gloria momentanea. In questo senso, è l’immagine del mondo, con le sue vanità e inconsistenze, dove l’uomo spreca tutta l’energia che ha dal suo Creatore. E l’autore parla di milleseicento stadi per mostrare il carattere universale di questa inondazione o castigo che abbraccerà tutto lo spazio, rappresentato qui dal numero mille, e tutto il tempo, rappresentato dal numero seicento a causa delle sei età del mondo.