IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (6)

G Dom. Jean de MONLÉON Monaco Benedettino

Il Senso Mistico dell’APOCALYSSE (6)

Commentario testuale secondo la Tradizione dei Padri della Chiesa

LES ÉDITIONS NOUVELLES 97, Boulevard Arago – PARIS XIVe

Nihil Obstat:; Elie Maire Can. Cens. Ex. Off.

Imprimi potest: t Fr. Jean OLPHE-GALLIARD Abbé de Sainte-Marie

Imprimatur: Lutetiæ Parisiorum die II nov. 194

Copyright by Les Editions Nouvelles, Paris 1948

Terza Visione

LE SETTE TROMBE

PRIMA PARTE

LE PRIME QUATTRO TROMBE

Capitolo VIII. – (1- 13)

“E vidi i sette Angeli che stavano dinanzi a Dio: e furono loro date sette trombe. E un altro Angelo venne, e si fermò avanti l’altare, tenendo un turibolo d’oro: e gli furono dati molti profumi affinché offerisse delle orazioni di tutti i santi sopra l’altare d’oro, che è dinanzi al trono di Dio. E il fumo dei profumi delle orazioni dei santi salì dalla mano dell’Angelo davanti a Dio. E l’Angelo prese il turibolo, e lo empiè di fuoco dell’altare, e lo gettò sulla terra, e ne vennero tuoni, e voci, e folgori, e terremoto grande. E i sette Angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle. E il primo Angelo diede fiato alla tromba, e si fece grandine e fuoco mescolati con sangue, e furono gettati sopra la terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi furono arsi, e ogni erba verde fu arsa. E il secondo Angelo diede fiato alla tromba: e fu gettato nel mare quasi un gran monte ardente di fuoco, e la terza parte del mare diventò sangue, e la terza parte delle creature animate del mare morì, e la terza parte delle navi perì. E il terzo Angelo diede fiato alla tromba: e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e cadde nella terza parte dei fiumi e delle fontane: e il nome della stella si dice Assenzio; e la terza parte dell’acque diventò assenzio: e molti uomini morirono di quelle acque, perché diventate amare. E il quarto Angelo diede fiato alla tromba; e fu percossa la terza parte del sole, e la terza parte della luna, e la terza parte delle stelle, di modo che la loro terza parte fu oscurata, e la terza parte del giorno non splendeva e similmente della notte. E vidi, e udii la voce di un’aquila che volava per mezzo il cielo, e con gran voce diceva: Guai, guai, guai agli abitanti della terra per le altre voci dei tre Angeli che stanno per suonare la tromba.”

Questo capitolo si apre con un versetto che appartiene ancora alla seconda visione dell’Apocalisse, e che racconta la rottura dell’ultimo dei sette sigilli con cui il libro era segnato. Questa settima rivelazione mostra quale sarà lo stato della Chiesa dopo il regno dell’Anticristo, il cui terribile avvento è stato annunciato nel sigillo precedente; la cristianità godrà allora di una grande pace, durante la quale i maestri e i Santi saranno autorizzati a predicare il Vangelo come vogliono. Ma questa fase durerà poco: mezz’ora, dice San Giovanni. Se ci riferiamo alla profezia di Daniele, questa mezz’ora rappresenta circa quarantacinque giorni. Il profeta, infatti, dopo aver annunciato che l’abominazione della desolazione sarebbe durata milleduecentonovanta giorni, aggiunge: “Beato chi aspetta e arriva a milletrecentotrentacinque giorni“. (XII, 12). Parole che San Girolamo interpreta così: « Beato colui che, dopo la morte dell’Anticristo, avvenuta dopo duemiladuecentonovanta giorni, cioè dopo un regno di poco più di tre anni e mezzo, aspetterà altri quarantacinque giorni, fino alla venuta del Salvatore. »

§ 1 – La distribuzione delle trombe.

Subito dopo la promessa di questa pace, inizia, senza transizione, una nuova visione, la terza: il compimento della nostra salvezza e la storia della Chiesa vi sono riprese sotto simboli misteriosi, la cui successiva apparizione è provocata da sette Angeli, che suonano la tromba a turno. « E vidi – dice l’Apostolo – sette Angeli in piedi alla presenza di Dio, con il cuore rivolto a Lui con il fervore e la continuità della loro contemplazione, pronti a fare qualsiasi cosa e ad andare ovunque al suo servizio. Gli Angeli sono evocati perché i predicatori sappiano che hanno in sé un modello compiuto delle virtù che devono mettere in pratica. Vengono date loro sette trombe, per dire che nessuno può investire se stesso della missione di predicatore, ma che questa funzione gli deve essere affidata dalla legittima autorità della Chiesa. La predicazione è paragonata alla tromba, che è sia uno strumento di guerra che uno strumento di trionfo, perché consiste essenzialmente nel chiamare i Cristiani alla battaglia e nell’annunciare le vittorie di Cristo. E le trombe sono in numero di sette per ricordarci la parte essenziale svolta dal settenario dello Spirito nella conversione degli uomini.

§ 2 – L’incensiere d’oro.

E venne un altro Angelo, un Angelo di natura superiore, l’Angelo del grande consiglio, il Figlio di Dio stesso. Egli infatti, doveva venire prima, affinché gli Apostoli potessero poi predicare il Vangelo; Egli doveva rivestirsi di carne come la nostra, e stare davanti all’altare, offrendosi a Suo Padre come vittima espiatoria, pronto a fare la volontà divina fino alla morte, ed la morte di croce. – Egli aveva in mano un turibolo d’oro, simbolo di quella piccola Chiesa che aveva forgiato con il metallo della propria Sapienza, e nella quale aveva acceso il fuoco del suo amore; una fiamma incandescente di carità, l’unica degna, l’unica capace di far salire al cielo il profumo delle preghiere gradite a Dio. Questo turibolo d’oro, tuttavia, rappresenta anche l’anima o il Cuore del nostro Salvatore Gesù. Egli lo tiene in mano perché è stato sempre padrone dei suoi movimenti più segreti, non avendo nella sua carne la concupiscenza originale. È nello stesso senso che il profeta reale, parlando in suo nome, disse: L’anima mia è sempre nelle mie mani (Ps. CXVIII, 109.). Questo Cuore è veramente un cuore d’oro, che non ha mai conosciuto la minima macchia, la minima imperfezione, e che si identifica con la carità perfetta. Ad imitazione di Cristo, anche noi, quando vogliamo che le nostre preghiere siano esaudite, dobbiamo tenere in mano questo turibolo d’oro e depositare le nostre preghiere in questo Cuore, che solo è capace di piegare la giustizia divina ed ottenere tutto ciò che vuole. E gli portarono un gran numero di carboni ardenti, cioè delle preghiere ardenti dei giusti, perché scegliesse tra queste e offrisse a Dio un’oblazione fatta delle preghiere di tutti i Santi. Nostro Signore, infatti, presenta a suo Padre solo quelle preghiere che sono utili per la salvezza delle anime. E queste preghiere sono accettate dalla Maestà Divina solo se sono poste da Lui sull’altare d’oro, che simboleggia la Sua Passione, il cui ricordo è sempre presente davanti al trono di Dio. Come l’incenso, per sprigionare la sua fragranza, deve essere posto sul fuoco, così le nostre preghiere possono salire ai piedi della Maestà divina solo se sono versate sulle sofferenze di Gesù Cristo. La croce del Salvatore è veramente l’altare dell’eterna liturgia, sul quale è stata immolata la vera Vittima, di cui le altre non erano che la figura; altare scintillante come l’oro perché coperto del sangue di Cristo e costellato delle sue ferite; un legno prezioso tra tutti i legni, come canta la Chiesa (Inno della Passione alle Lodi: Crux fidelis inter omnes, Arbor una nobilis), proprio come l’oro è prezioso tra tutti i metalli. – E il fumo dei carboni ardenti, cioè il fervore delle preghiere dei Santi, salì a Dio dalla mano dell’Angelo, cioè per la virtù, l’intercessione ed i meriti di Gesù Cristo. E l’Angelo prese l’incensiere, la piccola chiesa che aveva forgiato durante la sua vita terrena, e lo riempì di fuoco dell’altare il giorno di Pentecoste, quando fece scendere lo Spirito Santo su di esso; e lo gettò sulla terra, mandando i suoi Apostoli in tutte le nazioni per accendere tra gli uomini il fuoco della carità divina. Allora si produssero tuoni, voci, fulmini, un grande terremoto; abbiamo già spiegato il significato di queste parole, che designano i miracoli ed i segni eclatanti con cui era accompagnata la predicazione apostolica (Cfr. Seconda Visione, IV, 5. – Tutto il passo che abbiamo appena commentato sull’Angelo con il turibolo d’oro è applicato dalla liturgia al Principe delle armate celesti, San Michele. Cfr. Offertorio della Messa del 29 settembre). – E i sette Angeli che avevano ricevuto le sette trombe si prepararono a suonarle. Questo particolare non è riportato invano: è destinato a far capire ai predicatori che anche loro devono prepararsi, prima di annunciare la parola di Dio, con la preghiera, con lo studio della verità e la pratica delle virtù.

§ 3 – La prima tromba.

E il primo Angelo suonò la tromba, o più esattamente: cantò dalla tromba. Le due parole non si accordano bene tra loro; ma il fatto che siano messe insieme deliberatamente insegna a coloro che predicano che, per conquistare il cuore dei loro ascoltatori, devono combinare la proclamazione delle più spaventose verità cristiane, come il rigore del Giudizio Universale, con una grande dolcezza nella forma del loro discorso. Al suono di questa prima tromba, che simboleggia la prima predicazione degli Apostoli, quella che fecero ai Giudei il giorno dopo Pentecoste, vennero la grandine e il fuoco, mescolati al sangue. La grandine rappresenta la violenta persecuzione che fu immediatamente scatenata; il fuoco, la carità dei primi Cristiani, che si infiammò nei tormenti, e si mescolò con loro nel sangue dei primi martiri. L’uccisione di Santo Stefano ci offre un’immagine quasi letterale di ciò che è detto qui: sotto la grandine di pietre con cui i Giudei lo colpirono, il martire fu incendiato dal fuoco della carità. Prega per i suoi carnefici, come aveva fatto Cristo sulla croce: Signore, implorava, non imputare loro questo peccato (Act., VII, 59). E dopo questo magnifico grido d’amore, morì, immerso nel suo sangue. E tutto questo fu mandato sulla terra. La notizia di questi eventi si è diffusa ovunque. E la terza parte della terra fu consumata, e la terza parte degli alberi fu bruciata, e tutta l’erba verde fu consumata. La terra qui si riferisce agli abitanti del nostro pianeta, l’intera umanità. La terza parte non deve essere intesa come il terzo numerico, ma così come il “Terzo Stato” che veniva identificato con il terzo effettivo della popolazione francese. Tuttavia, se consideriamo la totalità degli uomini dal punto di vista della loro salvezza, possiamo classificarli in tre categorie principali: 1° quelli che non hanno mai commesso colpe gravi e che cercano in ogni momento di soddisfare la legge di Dio; 2° quelli che, dopo gravi disordini, si convertono e fanno penitenza; 3° quelli che, al contrario, non vogliono fare penitenza e muoiono nel loro peccato. Le prime due specie sono sulla strada della salvezza, la terza parte è destinata al fuoco eterno. – Gli alberi rappresentano gli uomini che Dio ha piantato con cura speciale nel giardino della sua Chiesa, come i chierici, i prelati ed i religiosi, affinché crescano e portino frutti spirituali. Tra loro, alcuni si santificano nella vita contemplativa, altri nella vita attiva. La terza parte designa coloro che non portano frutto in nessuna di queste due aree e che saranno maledetti nel giorno del giudizio. Infine, l’erba verde si riferisce a coloro che vivono, per così dire, vicino alla terra, che seguono solo le inclinazioni della carne, senza mai elevarsi sopra il mondo presente. Qui non si tratta più solo di un terzo; sono tutti sulla via della dannazione.

§ 4 – La seconda tromba.

E il secondo Angelo suonò la tromba. Questa seconda predicazione è quella che gli stessi Apostoli hanno fatto, non questa volta ai Giudei, ma ai gentili, quando avevano diviso le province del mondo. E ci fu come una grande montagna che bruciante per il fuoco, che fu gettata nel mare; e la terza parte del mare divenne come sangue. Il mare, sempre in movimento, è il simbolo dei Gentili, cioè dell’umanità non rigenerata dal Battesimo, schiava della legge del peccato, sempre agitata dalla triplice concupiscenza degli occhi, della carne e dello spirito. Quando il diavolo, rappresentato qui dalla montagna in fiamme, vide gli Apostoli venire da essa, si gettò furiosamente in mezzo ai gentili per sobillarli contro la nuova dottrina. Nonostante questo, alcuni dei gentili abbracciarono la fede cristiana e furono battezzati; altri rimasero indifferenti. Solo la terza parte si infuriò contro i predicatori e diventò come il sangue nella crudeltà dei tormenti che loro infliggevano. E la terza parte della creatura, di quelli che avevano le anime nel mare, morì. La creatura in questo passo non designa l’insieme degli esseri in generale, ma solo coloro ai quali tutti gli altri sono ordinati e per i quali Dio ha fatto l’universo: coloro che vivono secondo la ragione. La stessa espressione si trova nella Lettera ai Romani (I, 20), quando San Paolo parla degli attributi invisibili di Dio, che la creatura del mondo – cioè l’uomo – può intravedere per mezzo delle cose create. San Giovanni precisa il suo pensiero aggiungendo: di coloro che hanno l’anima nel mare, in opposizione a quelli che vivono come se non ne avessero, e che vanno sempre di qua e di là, sballottati come corpi morti sulle onde, dalle fluttuazioni della loro concupiscenza. Di questi saggi, dunque, alcuni arrivarono quasi naturalmente al Cristianesimo col risultato delle loro riflessioni; altri si convertirono con la predicazione degli Apostoli; altri rifiutarono di arrendersi alla luce, e formano la terza parte di cui si parla, che muoiono spiritualmente, non accettando la Vita che veniva loro offerta. E la terza parte delle navi perì. Le navi simboleggiano misticamente i re, i principi, i capi, tutti coloro ai quali Dio dà autorità sugli uomini per condurli attraverso il mare di questo mondo al porto della salvezza. All’udire la parola degli Apostoli, alcuni si convertirono, altri furono solo tolleranti, e gli ultimi si trasformarono in persecutori, e affondarono nel loro destino eterno come una nave che affonda nelle onde.

§ 5 – La terza tromba.

E il terzo Angelo suonò la tromba. Questa terza predicazione è quella che fecero intendere i grandi Dottori del IV secolo, quando, grazie alla pace di Costantino, poterono sviluppare liberamente la dottrina degli Apostoli, e quando furono dichiarate le grandi eresie. Allora una grande stella cadde dal cielo, bruciando come una torcia. Smascherati da essi, i maestri dell’errore, come Ario, Pelagio, Nestorio, ecc., che all’inizio brillavano nel firmamento della Chiesa per lo splendore delle loro parole ed opere, caddero in rivolta, separandosi dalla comunione cattolica. Essi bruciavano come torce, perché continuavano, una volta cadute, a gettare una certa luce: ma questa luce non ha nulla della purezza di quella delle stelle. La stella brilla, sempre serena, sempre chiara, sempre uguale a se stessa; la torcia, invece, è consumata dalla sua stessa fiamma e divora tutto ciò che tocca. Così fanno gli eretici, che distruggono se stessi e gli altri col furore del loro zelo. – E cadde nella terza parte dei fiumi. I fiumi qui rappresentano le Sacre Scritture che irrigano l’anima, la fecondano e mantengono la sua vita spirituale. Di solito si distinguono solo due parti, il Vecchio e il Nuovo Testamento, ma l’autore ne conta tre, e questo per la nostra istruzione. Questa terza parte designa le esposizioni dei santi Dottori, che sono così strettamente legate, nello spirito della Chiesa, al testo sacro tanto da formare un corpo unico con quest’ultimo per costituire il blocco indeformabile ed inespugnabile della Tradizione cattolica. Abbiamo già menzionato la sua importanza (vedi prefazione), e San Giovanni la sottolinea qui. È su questa terza parte – non lo si ripeterà mai abbastanza – che cadono i teologi che perdono la strada. Gli eretici e coloro che seguono le loro orme accettano senza difficoltà l’autorità dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma rifiutano l’interpretazione autentica data dai santi Padri; pretendono di spiegarli con nuove luci. Così vanno alla loro rovina, trascinando con sé i loro discepoli. Ecco perché San Giovanni aggiunge che la stella cadde nelle sorgenti delle acque, avvelenando le sorgenti dove i Cristiani vengono a nutrire la loro sete e la loro pietà. Ed il nome della stella si chiama Assenzio, perché l’eresia rende amaro tutto ciò con cui è mescolata. Perciò, la terza parte delle acque fu cambiata in assenzio: cioè, secondo quanto abbiamo appena spiegato, il commento perverso dato alle Scritture da coloro che deviano dalla tradizione, ha cambiato in amarezza questo libro divino, la cui dolcezza lo Spirito Santo paragona al latte e al miele. E così infettata dall’errore, diventa una bevanda di morte per coloro che vogliono dissetarsi in essa, che è stata data agli uomini per attingervi da essa le acque vive della grazia.

§ 6 – La quarta tromba e l’annuncio dei tre “Væ”.

La tromba del quarto Angelo designa tutti i dottori che si sono succeduti nella storia della Chiesa, da quelli appena menzionati a quelli che precederanno immediatamente l’Anticristo. Attraverso i secoli, la loro missione è sempre la stessa: consiste nel denunciare gli errori ed i fallimenti che comprometteranno la salute morale del popolo cristiano. – La loro parola ha l’effetto di far cadere la terza parte del sole, della luna e delle stelle, cioè di smascherare i pastori negligenti che non fanno il loro dovere. Perché il sole, la luna e le stelle, che a loro volta illuminano la terra, sono la figura dei prelati, sacerdoti e religiosi, di tutti coloro che sono incaricati da Dio di illuminare la massa dei fedeli durante il tempo del mondo presente. Alcuni di loro sono veramente dediti al loro dovere e si santificano santificando gli altri: essi formano la prima parte; altri trascurano la propria santificazione, ma almeno assolvono correttamente il ministero loro assegnato: essi formano la seconda parte. Altri, infine, non hanno alcuna preoccupazione per le loro anime o per quelle sotto la loro cura: essi costituiscono la terza parte, quella che è oscurata, che perde tutto il suo splendore davanti alla predicazione energica dei servi di Dio. – E la terza parte del giorno non brillò, e così la terza parte della notte: con questo l’autore intende dire che, a causa della defezione di certi pastori, tutta una parte dell’umanità non aveva luce che la illuminasse nel suo lavoro durante il giorno, né luna o stella che la guidasse nella notte. Il lavoro del giorno rappresenta le buone opere che devono essere fatte per guadagnare il denaro della ricompensa eterna; il cammino nella notte simboleggia la ricerca di Dio, nell’oscurità della vita presente, alla sola luce della fede. Privati di coloro che dovevano illuminarli, gli uomini abbandonarono le buone opere e persero la loro fede. – Prima di affrontare la predicazione dei tre Angeli che restano, San Giovanni la annuncia con un breve preambolo, per sottolineare il carattere particolarmente terribile delle lotte che precederanno la fine del mondo: « E vidi – dice – e sentii la voce di un’aquila, che è il simbolo di tutti coloro che penetrano profondamente nei misteri divini. E volò in mezzo al cielo, molto al di sopra delle cose della terra, camminando dritto per la sua strada, senza lasciarsi voltare a destra o a sinistra. E disse con voce potente: “Guai, guai, guai a coloro che abitano la terra, non solo nel corpo ma anche nel cuore; a coloro che hanno come unico affetto e preoccupazione i beni, i piaceri e gli onori del mondo presente. Schiavi delle loro tre concupiscenze, sono minacciati di punizioni spaventose per ciascuna di esse, e gli Angeli che stanno arrivando ne daranno il dettaglio.

SECONDA PARTE

LA QUINTA E LA SESTA TROMBA

Capitolo IX, 1- 21

“E il quinto Angelo diede fiato alla tromba: e vidi una stella caduta dal cielo sopra la terra, e gli fu data la chiave del pozzo dell’abisso. E aprì il pozzo dell’abisso: e dal pozzo salì un fumo, come il fumo di una grande fornace: e il sole e l’aria si oscurò pel fumo del pozzo: e dal fumo del pozzo uscirono per la terra locuste, alle quali fu dato un potere, come lo hanno gli scorpioni della terra: E fu loro ordinato di non far male all’erba della terra, né ad alcuna verdura, né ad alcuna pianta: ma solo agli uomini, che non hanno il segno di Dio sulle loro fronti. E fu loro dato non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi: e il loro tormento (era) come il tormento che dà lo scorpione, quando morde un uomo. E in quel giorno gli uomini cercheranno la morte, né la troveranno: e brameranno, di morire, e la morte fuggirà da loro. E gli aspetti delle locuste, simili ai cavalli preparati per la battaglia: e sulle loro teste una specie di corone simili all’oro; e i loro volti simili al volto dell’uomo. E avevano capelli simili ai capelli delle donne: e i loro denti erano come di leoni. E avevano corazze simili alle corazze di ferro, e il rumore delle loro ali simile al rumore dei cocchi a più cavalli correnti alla guerra: e avevano le code simili a quelle degli scorpioni, e v’erano pungiglioni nelle loro code: e il lor potere (era) di far male agli uomini per cinque mesi: e avevano sopra di loro per re l’angelo dell’abisso, chiamato in ebreo Abaddon, in greco Apollyon, in latino Sterminatore. Il primo guaì è passato, ed ecco che vengono ancora due guai dopo queste cose. “E il sesto Angelo diede flato alla tromba: e udii una voce dai quattro angoli dell’altare d’oro, che è dinanzi agli occhi di Dio, la quale diceva al sesto Angelo, che aveva la tromba: Sciogli i quattro Angeli che sono legati presso il gran fiume Eufrate. E furono sciolti i quattro angeli che erano preparati per l’ora, il giorno, il mese e l’anno a uccidere la terza parte degli uomini. E il numero dell’esercito a cavallo venti mila volte dieci mila. E udii il loro numero. E così vidi nella visione i cavalli: e quelli che vi stavano sopra avevano corazze di colore del fuoco, del giacinto e dello zolfo, e le teste dei cavalli erano come teste di leoni: e dalla loro bocca usciva fuoco, e fumo, e zolfo. E da queste tre piaghe; dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che uscivano dalle loro bocche fu uccisa la terza parte degli uomini. Poiché il potere dei cavalli sta nelle loro bocche e nelle loro code. Le loro code infatti sono simili a serpenti, hanno teste, e con esse recano nocumento. E gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe, neppure fecero penitenza delle opere delle loro mani, in modo da non adorare i demoni e i simulacri d’oro, e d’argento, e di bronzo, e di pietra, e di legno, i quali non possono né vedere, né udire, né camminare, e non fecero penitenza dei loro omicidii, né dei loro veneficii, né della loro fornicazione, né dei loro furti.”

§ 1. — La quinta tromba ed il primo « Væ ».

La tromba del quinto Angelo rappresenta la lotta che la Chiesa dovrà condurre contro le eresie che precederanno la venuta dell’Anticristo: « Vidi – dice San Giovanni – una stella cadere dal cielo sulla terra e le fu data la chiave del pozzo dell’abisso. Questa stella a cui viene data una chiave rappresenta un essere vivente, e questo non può essere che il diavolo. Esso è paragonato ad una stella, perché è stato creato luminoso e puro, perché è stato fatto per adornare il cielo e cantare la gloria di Dio; ma a causa della sua ribellione fu cacciato dalla corte celeste e cadde sulla terra. In realtà, fu gettato giù nelle profondità dell’inferno, ma l’espressione “cadere sulla terra” è usata qui per significare che gli è permesso di rimanere sul nostro pianeta per tentare gli uomini fino alla fine dei tempi. San Giovanni non dice che lo vide cadere davanti ai suoi occhi: la parola cecidisse, in latino, al tempo perfetto, e, in greco, il participio passato “peptokuta” indicano che si tratta di un evento già realizzato: infatti, non è sotto gli accenti della quinta tromba che il demone cadrà. La caduta avvenne all’inizio del mondo, e nessun uomo ne fu testimone, tranne colui che dice nel Vangelo: Ho visto satana cadere dal cielo come un fulmine (Lc., X, 18). – E gli fu data la chiave del pozzo dell’abisso, cioè l’abilità necessaria per chiudere alla grazia ed aprire al peccato il cuore degli eretici. L’abisso, abyssus, designa propriamente un luogo in cui la luce non può penetrare; aggiungendo la parola “pozzo” che indica un buco profondo scavato dalla mano dell’uomo, l’autore vuole indicare che gli empi hanno fatto del loro cuore, per opera loro, un abisso profondo, in cui i raggi della saggezza divina non possono più penetrare.

§ 2 L’apertura del pozzo dell’abisso e le locuste

Ed aprì il pozzo dell’abisso: ha cioè spinse gli eretici a pubblicare all’esterno tutti gli errori ed i disegni perversi che nascondevano dentro di sé. E il fumo saliva da quella fossa come da una grande fornace, cioè la loro dottrina usciva da essa, accecando e soffocando come fumo denso tutti quelli che la respiravano; ed il fumo era come il fumo di una grande fornace, perché era come il fumo dell’Anticristo stesso. E il sole si oscurò; e la luce di Cristo, che illumina la sua Chiesa, era come velata; e l’aria, cioè la fede, poiché questa virtù è un mezzo necessario per la vita spirituale come l’aria lo è per la vita naturale; l’aria era oscurata, come da una nebbia, nella quale molti hanno perso la via della verità. E dal fumo del pozzo uscirono cavallette che si sparsero sulla terra: la dottrina degli eretici fece nascere una moltitudine di discepoli, che non riuscirono a rimanere in alto come aquile o colombe, cioè come i Santi, sulle ali delle loro virtù, ma si sforzarono vanamente di elevarsi con salti sgraziati e disordinati come cavallette, per poi ricadere sulla terra, sulle loro preoccupazioni materiali, e divorare tutto ciò che trovavano. – Dio ha permesso che fosse dato loro un potere come quello degli scorpioni… Lo scorpione non porta la sua arma velenosa nella testa, come il serpente, ma nella coda; non si getta sulla sua vittima con un atteggiamento minaccioso, ma si avvicina dolcemente, come se volesse accarezzarla; poi all’improvviso fa scattare il suo pungiglione inaspettatamente e le dà una ferita mortale. – Così questi eretici non cercheranno di guadagnare seguaci con le armi in mano; cercheranno prima di sedurre gli ignari, e quando questi saranno stati presi dai loro modi gentili, inoculeranno loro il veleno che li perderà. E fu loro proibito di danneggiare l’erba della terra, né alcuna cosa verde, né alcun albero: questi tre termini segnano i tre gradi classici della vita spirituale: l’erba, che emerge appena dalla terra, simboleggia lo stato degli incipienti; la pianta, che sorge sotto la spinta della linfa interiore, quello dei progrediti, che si sviluppano sotto l’azione della grazia; l’albero, quello dei perfetti, cioè degli uomini che, saldamente stabiliti nella virtù, portano i frutti abbondanti delle loro buone opere e coprono gli altri con la loro ombra. Agli eretici fu dunque proibito di nuocere a qualcuno di coloro che erano dediti alla vita spirituale; al contrario, fu loro concessa piena libertà nei confronti degli uomini che non hanno il segno di Dio sulla fronte, quelli di cui parla il profeta Ezechiele, e che non sono segnati con il thau (IX, 6), cioè con la croce di Cristo; che se ne vergognano, che non vogliono farsi suoi discepoli, né porre in esso la loro speranza; che non hanno né la carità né le opere. – Tuttavia, questo divieto di nuocere ai giusti deve essere inteso solo in ambito spirituale; è solo l’anima di questi ultimi che non può essere uccisa, cioè separata dalla sua Vita, separata da Dio; ma i malvagi avranno il potere di tormentarli nel loro corpo per cinque mesi, cioè di perseguitarli durante tutta la vita presente: il mese, infatti, è la durata della rivoluzione della luna, e questo simboleggia l’incostanza delle cose di quaggiù. Il numero cinque aggiunge l’evocazione delle cinque età della vita umana: infanzia, fanciullezza, adolescenza, età matura e vecchiaia. E la loro persecuzione sarà simile al modo in cui lo scorpione va ad uccidere un uomo, che prima accarezza, poi punge selvaggiamente e lentamente uccide. Sarà così violento che gli uomini, anche i giusti, cercheranno la morte, e non la troveranno: cercheranno la morte temporale, per evitare la morte eterna, temendo di apostatare sotto i rigori dei tormenti; e non la troveranno, perché Dio vuole che subiscano la loro prova; e desidereranno morire, come Elia nel deserto, annientato sotto il peso della tristezza che lo opprimeva (III Reg, XIX, 4); e la morte fuggirà da loro, affinché possano continuare la loro opera e la Chiesa non scompaia. – E queste sembianze di locuste, cioè questi eretici che mi sono apparsi sotto forma di locuste, erano anche come cavalli preparati per la battaglia; perché, contenendo con difficoltà il loro ardore, erano pronti a scattare in qualsiasi direzione, senza discernimento personale, mettendo tutta la loro irruenza e forza al servizio del loro cavaliere, il diavolo. Questa immagine delle locuste che pensano di essere cavalli ricorda anche la rana che pensava di essere un bue, e ci dà un’idea dell’alta opinione di se stessi che avranno gli empi. Sulle loro teste c’erano corone che sembravano d’oro, perché avevano l’aureola di una falsa immagine di saggezza e di comprensione delle Scritture; e i loro volti assomigliavano a quelli degli uomini, perché pronunciavano massime umanitarie e davano l’impressione di agire e parlare secondo ragione. Ma sotto quelle corone avevano capelli come capelli di donna, e sotto quei volti denti come denti di leone. Capelli di donna, perché questa falsa saggezza copriva solo pensieri molli ed effeminati; denti di leone, perché erano sempre pronti a strappare e divorare. – I loro cuori, pieni di pregiudizi e di falsi principi, erano assolutamente impenetrabili ai tratti della verità; ed il rumore delle loro ali era come il rumore dei cavalli dei carri che corrono in gran numero alla battaglia: cioè, incapaci di fornire argomenti ragionevoli per sostenere la loro dottrina, supplivano con il tumulto delle loro parole. L’autore paragona i loro discorsi alle ali, perché gli eretici pretendono di parlare di cose alte, e sembrano librarsi in alto nelle loro considerazioni; ma aggiunge che questi discorsi sono simili a quelli di una truppa di carri che corre alla battaglia. Perché quando una truppa si precipita in battaglia, fa ogni sorta di grida e rumori: il rotolare dei carri, il nitrito dei cavalli, lo squillo delle trombe, le chiamate dei capi, il clamore dei soldati, lo sferragliare delle armi, ecc…. Questo baccano, così prodotto da elementi discordanti, trae la sua unità solo dall’avversario contro il quale è diretto. Così i nemici della Chiesa fanno sentire le voci più eterogenee e contraddittorie: ma formano un blocco a causa del loro comune odio contro la Sposa di Cristo. E avevano code come code di scorpioni: si trascinavano dietro assiomi o principi, che eccellono nel sedurre gli uomini, ma che nascondono pungiglioni pieni di sofferenza e di morte. Questo è stato spesso il caso nella storia del nostro pianeta: le rivoluzioni si fanno con grande clamore e per principi generosi. Si riparano dietro le bandiere della libertà, dell’amore per l’umanità, della difesa dei deboli, ecc; ma dietro di loro c’è la coda dello scorpione: la persecuzione religiosa e l’odio per Cristo. – E avevano il potere di nuocere agli uomini per cinque mesi, cioè per tutto il tempo di questa vita, come abbiamo appena spiegato sopra. Ed essi avevano su di loro un re, il cui nome è chiamato in ebraico Abaddon, in greco Appollyon e in latino Sterminatore. –- Questo re non è altri, è facile da indovinare, che l’angelo dell’abisso. Il suo nome è dato qui in ebraico, greco e latino per far capire che vuole imitare Cristo, il cui titolo regale era iscritto allo stesso modo sulla cima della croce. Queste tre lingue, infatti, rappresentano tutte le altre. Essi mostrano che la sovranità di Cristo si estende a tutto l’universo e si esercita nei tre mondi ai quali l’uomo appartiene: il mondo visibile, unificato a quel tempo sotto la tutela di Roma, e quindi sotto quella del latino; il mondo dell’intelligenza, dove il pensiero greco regna come padrone indiscusso; il mondo soprannaturale, perché quando Dio parlava agli uomini per mezzo dei Profeti o del suo Figlio divino, lo faceva in ebraico. Il diavolo, che Sant’Agostino chiama la scimmia di Dio, ha quindi la pretesa di esercitare un’autorità universale in tutti i campi. Ma mentre Cristo è essenzialmente Re, cioè conduttore, perché tutta la sua attività è stata impiegata per condurre gli uomini al loro fine, che è Dio; il diavolo, invece, è chiamato sterminatore, cioè colui che distoglie dal fine, perché non ha altro disegno, in ogni cosa, che impedire agli uomini di raggiungere questo fine. Tutti devono sapere cosa aspettarsi da Lui. – La prima delle tre tribolazioni annunciate, quella che sarà causata dal precursore dell’Anticristo, finisce qui; ma ne arrivano altre due, con le trombe del sesto e del settimo Angelo: quella dell’Anticristo stesso e quella che accompagnerà il Giudizio Universale.

§ 3 – La sesta tromba: L’annuncio della persecuzione dell’Anticristo.

E il sesto Angelo suonò la tromba: questo sesto messaggero rappresenta i predicatori che dovranno combattere contro l’anticristo. – E ho sentito una voce dai quattro corni dell’altare d’oro, che è sempre alla presenza di Dio. L’altare qui rappresenta la Chiesa, sulla quale Dio veglia sempre. Si chiama “d’oro” perché è fatto dello stesso metallo del suo divino Fondatore. Come Lui, ella è tutta saggezza, carità, obbedienza, virtù che l’oro simboleggia con la sua brillantezza, purezza e duttilità. I quattro corni che la proteggono dall’errore sono i quattro Vangeli, e con essi tutta la legione di Dottori e difensori della fede. La voce che si leva da questi corni è quella della Tradizione. E questa voce era una sola, perché questa tradizione è unanime nell’avvertire i pastori che la persecuzione dell’Anticristo sarà particolarmente terribile. Ecco perché dice qui al sesto Angelo, cioè ai predicatori di quel tempo: Slegate i quattro Angeli che sono incatenati nel grande fiume Eufrate. Ascoltate: Annuncia agli uomini che i demoni, che erano incatenati fino ad ora, stanno per essere liberati nel mondo. – L’Eufrate, sul quale fu costruita la città di Babilonia, si segnala per la profondità del suo letto, la rapidità del suo corso, il colore limaccioso delle sue acque: è dunque la figura della corrente fangosa che va da Babilonia al mare, cioè delle passioni che portano dalla città del mondo agli Inferi. Sotto queste passioni, lo spirito del male è sempre presente, ma contenuto dalla misericordia di Dio entro limiti ristretti. Sopravviene un incidente, una guerra, una rivoluzione, una sommossa, eccolo che si agita con il permesso di Dio, e trascina gli uomini in ogni tipo di crimine. Al tempo dell’Anticristo, egli avrà potere contro la Chiesa (Per la spiegazione del numero 4, cfr. sopra, VII, 2), come lo ebbe contro Nostro Signore nell’ora della Sua Passione. E furono sciolti i demoni, che erano pronti per l’ora, per il giorno, per il mese, per l’anno. L’autore vuole mostrarci con questo che il demonio è sempre pronto a nuocere agli uomini, così da esortarci a stare sempre in guardia. E fu data loro licenza di uccidere, cioè di causare la morte spirituale, di precipitare nell’abisso del peccato, la terza parte della terra. Dal punto di vista della salvezza eterna, possiamo dividere gli uomini in tre categorie: gli innocenti, che non hanno mai commesso una colpa grave; i peccatori che si pentono delle loro colpe; e quelli il cui cuore indurito rifiuta di fare penitenza. È quest’ultima tipologia che viene discussa qui. Ma i quattro demoni non andarono in battaglia da soli. Dietro di loro, c’era una massa enorme di cavalieri: ventimila volte diecimila, dice il testo della Vulgata, cioè 200 milioni, una moltitudine immensa. Il testo greco dice semplicemente: miriadi di miriadi. E ho sentito il loro numero, aggiunge San Giovanni. L’apostolo conosceva davvero il numero dei dannati? Queste parole ci permettono di supporlo. In ogni caso, non ce l’ha rivelato. Molti commentatori antichi completano così questa frase: « E capii che il numero dei dannati era maggiore di quello degli eletti. » Questi cavalieri rappresentano sia i demoni inferiori, che obbediscono ai loro principi, sia gli uomini che, pienamente consapevoli di ciò che fanno, sposano la causa di questi spiriti maligni ed impiegano tutte le loro risorse nella lotta contro la Chiesa. Ed oltre ai cavalieri, ho visto in questa visione i loro cavalli. I cavalli, al contrario, designano gli uomini grossolani che, trascinati dalle loro passioni, servono da cavalcatura ai precedenti ed alle potenze infernali per diffondere i loro errori nel mondo. E quelli che li cavalcavano avevano corazze di fuoco, di giacinto e di zolfo: corazze, perché i loro cuori, racchiusi nella loro malizia, sono invulnerabili a tutti i colpi della grazia; e queste corazze sono fatte della triplice concupiscenza scatenata: sono di fuoco, perché ardono dal desiderio di conquistare l’universo, pronti incessantemente ad incendiarlo; sono di giacinto, perché si credono esseri celesti. Il giacinto è infatti una varietà blu cielo della pietra preziosa chiamata “Zirkon” dai naturalisti (Cf. S. Isidoro di Siviglia, Liber Originum, XVI, 9, 3; – S. Epifanio, nel suo Trattato sulle XII Pietre Preziose, VII, dove lo equipara al “Ligurion” dei Greci); sono di zolfo, perché diffondono intorno a loro l’odore fetido della lussuria, e soprattutto di ciò che è contro natura. – Anche se questo passo è direttamente rivolto ai demoni, l’autore ne parla come se fossero uomini, per marcare le passioni che eccitano in questi ultimi, quando essi fanno, per così dire, corpo con loro. Le teste dei cavalli, cioè i grandi eresiarchi e i capi di questo esercito di persecutori della Chiesa, erano come teste di leoni: perché sono orgogliosi, crudeli, pronti a divorare ogni cosa; – dalla loro bocca uscivano fuoco, fumo e zolfo; fuoco, perché la loro parola, a differenza di quella di Cristo, che la Scrittura paragona alla rugiada, è tutta piena di rabbia, odio ed eccitazione al crimine; fumo, perché la loro dottrina è senza coerenza, e acceca invece di illuminare; zolfo, perché i loro discorsi sono pieni di impurità. E sotto l’azione di queste tre piaghe, cioè le piaghe scatenate dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo, che così procedevano dalla loro bocca, un terzo del genere umano fu ucciso. Perché di fronte alla persecuzione, alcuni si nasconderanno, altri confesseranno la loro fede e renderanno testimonianza a Cristo, ed un terzo Lo rinnegherà, ed è questo che perirà della seconda morte, della morte eterna. – Mentre la potenza degli apostoli è nella Parola e nella forza di Dio, la potenza di questi cavalli, cioè di questi messaggeri dell’errore, sarà nelle loro bocche, nella loro abilità nell’adulare e sedurre, e nelle loro code, cioè nella cura che hanno nel coprire la loro ignominia; poiché la coda nasconde la parte più vergognosa del corpo dell’animale. Il libro dei Proverbi dichiara che le labbra della cortigiana, cioè dell’anima che vuole condurre gli altri al peccato, sono come un favo di miele (V, 3); e quello di Isaia, che il profeta che insegna la falsità, quello è una coda (IX, 15.). Egli nasconde la corruzione della sua dottrina sotto la sua apparente onorabilità di profeta. Queste code sono come serpenti, come quel serpente che si insinuò nel Paradiso terrestre per far cadere i nostri primi genitori; ed hanno delle teste, hanno cioè al loro servizio i principi ed i potenti di questo mondo, ed è attraverso di loro che fanno male, è attraverso di loro che possono fare tanto male. Da queste parole vediamo che i nemici della Chiesa useranno sia l’astuzia che il potere secolare per raggiungere i loro fini. E tutti gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe – cioè quelli che non dovranno soffrire la persecuzione dell’Anticristo – non fecero penitenza per le loro azioni malvagie, ma continuarono ad adorare i demoni e tutti quegli idoli che l’uomo si costruisce con qualsiasi cosa possa trovare: idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra, di legno, mentre Dio è puro spirito, invisibile ed immateriale; idoli che non possono vedere, sentire o camminare, e che quindi sono del tutto incapaci di rendere qualsiasi servizio ai loro adoratori. E non fecero penitenza per i loro omicidi, i loro avvelenamenti e la loro fornicazione – il peccato che popola l’inferno – né per i loro furti.

IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (7)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.