LO SCUDO DELLA FEDE (141)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccino Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (8)

FIRENZE DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA 1861

DISCUSSIONE VIII

Il Regno temporale de’ Papi.

46. Prot. Accordo dunque che al Papa veramente appartengono tutte quello sublimissime prerogative che egli si attribuisce come Capo Supremo visibile di tutta la Chiesa; ma egli non è di tutto questo contento: vuol’esser per di più anche Re temporale! Con ciò fa conoscere non esser più egli il degno vicario di Gesù Cristo, il quale non era al certo Re temporale, avendo chiaramente detto: « Il mio regno non è di questo mondo. » (Giov. XVIII, 36)

Bibbia. È scritto: « Quando (Gesù) fu vicino alla scesa del monte Oliveto, tutta la turba de’ discepoli cominciò lietamente a lodare il Signore,… dicendo: Benedetto il Re che viene nel nome del Signore. Ed alcuni de’ Farisei mescolati col popolo gli dissero: Maestro sgrida i tuoi discepoli. Ma egli rispose loro: « Vi dico che se questi taceranno grideranno le pietre. » (Luc. IX, 37 e segg.) E quelli che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro sclamavano dicendo: Osanna: Benedetto colui che viene nel nome del Signore: benedetto il regno che viene del padre nostro Davide.3» (Marc. XI, 9-10). E una gran turba di gente…. gridavano: Osanna: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il Re d’Israele.» (Giov. XII. l2. 13.). – « Avendo i Principi de’ sacerdoti, e gli Scribi veduti i fanciulli che gridavano nel tempio: Osanna al figliuolo di David, arsero di sdegno, e dissero a lui: Senti tu quel che dicon costoro? E Gesù disse loro: Si certamente. Non avete mai letto: dalla bocca dei fanciulli, e dei bambini di latte hai renduta perfetta laude? » (Matt. XXI, 10, 13, 16). – Ora è certo che gli Ebrei aspettavano il Messia come restauratore del trono di Davidde, del regno d’Israele: cosicché i medesimi Apostoli, anche dopo la risurrezione del Redentore, erano persuasi che Egli ciò far dovesse per compimento della sua divina missione. «Unitisi insieme gli domandavano dicendo: Signore, renderai tu, adesso il regno ad Israele? » (Att. I. 6.) Quindi è certo, che qual Re temporale fu acclamato dai discepoli, dalle turbe, e dai bambini nel tempio. 2.° Che in questo senso reclamarono i Scribi e i Principi dei sacerdoti. 3.° Che Gesù nel senso Medesimo approvò quelle acclamazioni (non avendo fatto dichiarazione in contrario), e rintuzzò le grida de’ suoi nemici. Tutto questo chiaramente apparisce dai testi citati. Come poteva dunque Gesù diportarsi in tal modo, se non fosse stato realmente quale era da tanti acclamato? Poteva mai egli approvare, ratificare una falsita? No certamente. Ma egli ha detto: « Il mio regno non è di questo mondo. » Ciò avrebbe forza se lo avesse detto quando fu acclamato Re d’Israele; ma l’averlo detto davanti a Pilato, rende il caso molto diverso. Quindi per conoscere il vero senso di queste parole, è d’uopo riandare il fatto colle sue circostanze.

47. « Lo condussero a Pilato, e. cominciarono ad accusarlo dicendo: Abbiamo trovato costui che seduce la nostra gente, e proibisce di pagare il tributo a Cesare, e dice di esser egli il Cristo Re. » (Luc. XXIII, 1, 2, 3) « Entrò dunque di nuovo Pilato nel pretorio, e chiamò Gesù e gli disse: Sei tu dunque il Re dei Giudei? » (Giov. XVIII, 33 e segg.).

Ognuno vede dalla qualità dell’accusa, che la domanda fatta da Pilato non riguardava il diritto di Gesù, tanto più che era noto a tutti, né l’ignorava Pilato, esser egli il discendente di Davide, ma riguardava unicamente il fatto di cui era accusato, cioè se fosse vero che avesse tramato di togliere a’ Romani il regno dei Giudei, per mettersi Egli stesso in trono come loro Re. Questo e non altro dichiara Gesù non esser vero, essere una pretta calunnia dei suoi nemici, dicendo a Pilato: « Dici tu questo da te stesso, ovvero altri te lo hanno detto di me? » Vedendo Pilato la falsità dell’accusa, ne rovescia tutta la responsabilità sopra li accusatori, dicendogli: « Son’io forse Giudeo? La tua nazione, e i Pontefici ti hanno messo nelle mie mani: che hai tu fatto? » Sventata cosi la calunnia, Gesù risponde: « Il mio regno non è di questo mondo: se fosse di questo mondo il mio regno, i miei ministri certamente contrasterebbero, affinché non fossi dato in poter dei Giudei: ora poi il mio regno non è di qua. » Con tal dichiarazione primieramente Gesù torna a negare il fatto di cui era accusato, adducendo la forte ragione che, se ciò fosse vero; avrebbe avuto ministri in sua difesa contro i Giudei. Secondariamente conferma di nuovo il suo diritto, di esser cioè vero Re temporale; poiché non dice: Il mio regno non è in questo mondo, non è qui – ma dice – non è dì questo mondo, non è di qua: il che vuol dire che non appartiene al mondo, non lo ha, non lo riconosce dal mondo: nel modo stesso che se uno ti dicesse, questo libro, per esempio, non è di te, da te, verrebbe a dire che non è tuo, non lo riconosce da te, non te ne ha obbligo alcuno. Ed infatti, Gesù Cristo considerato come Dio è il Signore assoluto dell’universo, tutto è suo: e considerato come uomo il suo regno lo ha come discendente di Davide, il quale non lo ebbe dagli uomini, ma unicamente immediatamente da Dio; onde non ne ha verun obbligo al mondo. Che Gesù in questo senso parlasse è tanto vero, che Pilato medesimo così precisamente l’intese, e perciò tornò a dirgli: « Tu dunque sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici che io sono re. La qual risposta nella parola di Dio è affermativa, ed equivale a questa: Tu hai colto nel segno, è così. – Oltre a ciò è scritto : « Si accostarono a Pietro quelli che riscuotevano le due dramme, e gli dissero: Il vostro Maestro non paga egli le due dramme?… Ed entrato (Pietro) in casa, Gesù lo prevenne, e gli disse: Che te ne pare, o Simone? Da chi ricevono il tributo, o il censo i re della terra? Da’ propri figliuoli. o dagli estranei? Dagli estranei, rispose Pietro: E Gesù soggiunsegli: Dunque esenti sono i figliuoli. Con tutto ciò, per non recare ad essi scandalo, va’…. e paga per me e per te.1 » ( Matt. XVII, 23 e segg.). Ecco dunque che Gesù dichiara nel modo più preciso e formale di non essere obbligato a pagare il tributo, appoggiandosi alla ragione che a ciò obbligati non sono i figliuoli dei re non estranei, ossia i figliuoli dei re esistenti nel proprio regno; e per tal modo formalmente dichiara che Egli è figlio di re, e quindi che è vero Re temporale, e che ivi era nel proprio suo regno. Che poi col fatto non abbia voluto esser Re, ciò non impedisce che possa esserlo il suo Vicario; poiché non solo non ne ha fatto proibizione di sorta, che anzi volle a questo regno espressamente alludere, allorché dopo l’ultima Cena, comandò agli Apostoli di prender seco loro due spade, (Luc. XXII, 51), le quali, se ben rifletti, non poterono avere altro oggetto, altro significato che il doppio regno della sua Chiesa, spirituale, cioè, temporale. ,,

48. Prot. Ad ogni modo, se Gesù Cristo non volle esser Re, il Papa non può esserlo, se deve rappresentar Gesù Cristo.

Bibbia. Questa ragione a nulla vale; perché il Papa non rappresenta Gesù Cristo mortale, paziente, ma lo rappresenta già glorioso, trionfante, che « ha scritto sulla veste e sopra il suo fianco: Re de’ Re e padrone di coloro che imperano: » (Apoc. XIX, 16) Quindi non vi è inconvenienza di sorta, e molto meno peccato, anzi è del tutto conveniente che il suo Rappresentante sottoposto non sia agli umani capricci, che abbia un piccolo regno per la necessaria sua indipendenza. Di più, se questo regno è di vantaggio per la Religione, non solamente può averlo, ma avendolo non lo può rinunziare, perché è obbligato a profittare pel vantaggio della fede di tutti quei mezzi che la Divina Provvidenza gli somministra.

49. Prot. In verun modo può dirsi somministrato dalla Provvidenza Divina un mezzo indecente al sacerdozio, incompatibile col sacro Ministro, e del quale, perciò, mai si è dato esempio.

Bibbia. Davvero? Melchisedech, rappresentante in figura Gesù Cristo, era Gran Sacerdote e Re temporale.2 (Gen. XIV, 18). Noè, Giobbe. Abramo, Isacco, Giacobbe presiedevano ai loro sottoposti nello spirituale e nel temporale. Mosè fu sovrano temporale e Sommo Pontefice. (Esod. XVIII, 13 – XX. 11. e seg. – Levit. VIII. 1. e seg). Heli Sommo Pontefice « fu giudice d’Israele per quarant’anni » (I. Re, IV, 18) cioè fin che visse. Lo stesso dicasi di Giuda Maccabeo, e di tutti i suoi successori sino ad Erode, e di moltissimi altri prima di essi. Nel principio della Cristiana Chiesa, quando i fedeli mettevano i loro beni in comune, portandone il prezzo a’ piedi degli Apostoli. S. Pietro, che certamente ben conosceva gli insegnamenti e le intenzioni del Redentore, ne era il supremo depositario e dispensatore, governava i fedeli anche nel temporale, e con tale un’autorità, che col soffio potente di sua parola colpì di morte Anania e Saffira, perché convinti di menzogna circa il prezzo di un loro podere venduto. (Act. IV, V) Sicché, sebben S. Pietro non fosse in rigor di termine re temporale,, stando però al fatto, alla sostanza, è certo che sopra i fedeli temporalmente regnava, e quindi in qualche modo può dirsi che il primo Papa dei Cristiani ne fu anche il primo Re.

50. Prot. Io mi ritratto: la penso come voi: eccovi adesso i veri miei sentimenti. « Qualunque sia l’opinione che si possa avere sul governo ecclesiastico nello Stato della Chiesa, non si può tuttavia negare il fatto che da oltre mille anni tutti gli sforzi, e tutte le lotte de’ Bisantini e dei Longobardi, degli Imperatori di Germania e dei Re di Francia, dei Crescenzi e de’ Cola di Renzo; tutte le occupazioni di Roma fatte da eserciti stranieri, tutte le rivoluzioni aristocratiche e democratiche succedute in quella città, e gli esilii, e gli imprigionamenti, e le uccisioni de’ Papi, non hanno recato mutamento radicale nello Stato del Patrimonio di S. Pietro: lo hanno aumentato, non già diminuito. » Ferrara, per esempio, è un acquisto piuttosto recente dello Stato Pontificio. Questo cotanto mirabil carattere di durazione dello Stato della Chiesa, si spiega molto facilmente mercé il carattere storico e universale della Chiesa Romana. Questa Chiesa non può esser dipendente da un Monarca laico, come lo è la Chiesa Bizantina. Accadde da ciò, che durante il medio evo, fino a tanto che non vi era che aa solo Imperatore, essa si trovava in opposizione con lui. Ma dacché accanto dell’Impero Germanico la Francia, e più tardi la Spagna si elevarono al grado di grandi potenze Cattoliche indipendenti, egli divenne affatto impossibile di secolarizzare lo Stato della Chiesa, e dì far del Papa un suddito di un principe laico, perché se l’uno avesse tentato di renderlo suo suddito, li altri non lo avrebbero permesso. – Né lo Stato Pontificio può essere essenzialmente diminuito e circoscritto alla città di Roma e contorni, perché allora sarebbe assolutamente troppo debole riguardo ai suoi vicini. Ora siccome lo Stato della Chiesa è una condizione dell’esistenza dell’UNITÀ CATTOLICA, e poiché alcune grandi potenze e popoli latini quasi senza eccezione, i tedeschi in gran parte, e gli slavi, sebbene in minor numero, sono Cattolici ed appartengono a quella UNITÀ INCROLLABILE, perciò lo Stato della Chiesa continuerà ad esistere ad onta delle idee … ad onta di tutti i congressi, ad onta di tutti i MAZZINI e i GARIBALDI…. e ad onta di tutte le LAGNANZE degli ACATTOLICI TEDESCHI e INGLESI. » (Il protestante signor Volfango Menzel, nel sao Giornale di Letteratura: n. 90. Vedi il Cattolico (giornale) di Genova. 8 Genn. 1860. n. 3038). « Se tutti gli imperatori, re, principi e cavalieri della cristianità dovessero far valere i titoli, per cui giunsero al potere, il gran Pontefice di Roma ornato della sua triplice corona potrebbe benedirli tutti, e dir loro: Senza di me voi non sareste divenuti ciò che siete. I Papi hanno salvato l’antichità, e Roma merita di restare il Santuario pacifico, dove si conservano tutti i preziosi tesori del Papato. » (Herder, Filosofia della Storia). – « Gli avvenimenti dello Stato Pontificio…. toccano gli interessi ecclesiastici di tutto il mondo. La Chiesa Cattolica non è Chiesa provinciale, né nazionale: più antica di qualsiasi, formazione di Stati  dell’antico e del nuovo mondo, le sue istituzioni si sentono superiori ai confini ed ai poteri degli Stati, ed onorano nel Vescovo di Roma il loro Capo Supremo. La dipendenza di questo Vescovo da qualsiasi potenza temporale, porrebbe in pericolo la stessa indipendenza della Chiesa Cattolica. Le più importanti cose da essa operate, qual potenza religiosa e incivilitrice, sono dovute alla sua indipendenza dal poter temporale. La Chiesa non può abbandonare tale indipendenza, se non vuol esser tratta in mezzo a’ mutabili avvenimenti, principii ed aspetti politici, e risentire danni incalcolabili. La residenza del Capo Supremo della Cristianità in paese che non è unitario, ed il potere temporale del Papa sono le guarantigie dell’indipendenza di questo Capo Supremo, e di tutta la Chiesa Cattolica. » (Cosi il giornale protestante La Spener’sehe zeit: 1830. Ved, La Civiltà Cattolica: 19 Novemb. 1839. nella nota.).

61. Bibbia. Mi hanno fatto non buona impressione quelle tue prime parole: – Qualunque sia l’opinione che si possa avere sul governo ecclesiastico, etc. Forse il Papa governa male i suoi sudditi?… Che ne dice il mondo? Tu che ne pensi?

Prot. « Ho letto la settimana passata’ ne’ pubblici fogli che gli Stati del Papa sono i peggio amministrati di tutta l’Europa. Questa proposizione l’aveva letta già per lo innanzi moltissime volte, ma in che consista precisamente questa cattiva amministrazione, o come si dice – questo dispotismo papale, – e sin dove si estenda, ecco, vel confesso, ciò che non riesco a ben capire. – I nostri editori di giornali, e i nostri pubblicisti che si danno pena d’illuminarci, non si degnano poi di scendere alle particolarità che chiamano volgari. Tuttavia dee esser permesso ad un uomo del volgo d’indirizzar loro qualche domanda. – Domanderò adunque, in che consista definitivamente questo dispotismo del governo papale? Si è forse perché gli ecclesiastici vi compiono funzioni pubbliche? Ma durante parecchi anni vi ebbero in Roma assai meno ecclesiastici in funzione che in alcuni Stati della nostra Unione Americana, e i loro stipendi erano di molto inferiori a quelli dei secolari. – Si è forse perché il governo spende troppo? Ma il governo Pontificio è uno dei più economici di Europa. Gli stipendi degli alti funzionari non oltrepassano i 3mila dollari per anno, e tutta la lista civile ascende a circa 600mila dollari. – Il popolo vi e forse aggravato d’imposte? A Roma le imposte sono molto inferiori a quelle d’Inghilterra, di Francia e di Nuova York. – I Romani sono privi de’ benefizi dell’educazione? Gli Stati del Papa, con una popolazione minore di tre milioni, possiedono parecchie università, e fatta la proporzione col numero degli abitanti, la città di Roma ha essa sola più scuole libere che quelle di Nuova York. E d’altra parte, ciò che più importa, queste scuole frequentate sono da un numero ben più grande e considerabile di fanciulli. – Forse in Roma non si ha cura del povero, e non si bada ad alleviarne le pene e le miserie? A Roma, fatta sempre la proporzione colla popolazione, gli ospedali pubblici per gli ammalati, per gli indigenti, pei vecchi, per gli infelici di ogni specie, sono più numerosi e meglio tenuti che in qualunque altra città del mondo. Per ospitare le persone in queste case non si chiede loro né la patria a cui appartengono, né la religione che professano. – Ma forse questo detestabile governo papale ha ridotto il popolo alla povertà? A questo io rispondo che l’Olanda, la Francia e qualche altra nazione libera e illuminata racchiudono da tre a dieci volte più poveri che Roma. – Dove è dunque questo detestabile dispotismo? Il governo è una monarchia elettiva: vi si trova un regime dolce, pesi leggieri, pochissimi poveri, un’amministrazione economica, un’istruzione libera e a buon mercato per tutte le classi della società; infine gran numero d’istituzioni caritatevoli destinate ai bisognosi ed ai sofferenti. – Ardisco affermare che la sola città di Nuova York paga più imposte, prova maggiori perdite per l’infedeltà dei suoi funzionari, ha più di poveri da soccorrere, racchiude più figli senza istruzione, dee subire il triste spettacolo di più persone che si danno all’ubriachezza, al vizio, ad ogni maniera di depravazione, che noi chiamiamo rowdyism, in una parola, più di delitti che non ve ne siano in mezzo a tre milioni incirca degli abitanti degli Stati della Chiesa. » (Lettera del protestante sig. Taylor, stampata teste nel giornale americano il New York Mercuri. Vedi l’Armonia, etc. di Torino, 2 Agosto 1860. n. 179)

52. Bibbia. Se così è, perché mai tante grida, tante insidie, tante rivoluzioni, calunnie e persecuzioni contro il governo temporale del Papa?

Prot. « La persecuzione ordita contro la Chiesa per mano di apostati, tra cui ve ne ha di tali che si vorrebbero eziandio spacciare per credenti! va pigliando tuttora incrementi novelli, e se nulla veggiamo negli indizi che ci porgono i tempi, questa persecuzione riuscirà tosto o tardi ad un macello spaventevole. La rivoluzione non è mai che pigli di mira le cose temporali soltanto, ma tiene inteso l’occhio perpetuamente all’ordine divino. Inoltre ella dirige da principio li suoi assalti contro la Chiesa, e solo più tardi fulmina colle sue batterie i re, i principi, i ricchi e le classi dei possidenti.  

« Ma in genere i possenti della terra sono ciechi in quel che si attiene a questi primi cominciamenti della rivoluzione, e tale accecamento spingono tant’oltre da favorire la rivolta, scavandosi così una tomba che tranghiottirà i loro propri diritti. Si direbbe talvolta, vedendoli tenere una simile condotta, che per mezzo di cotali favori intendono rifarsi presso la rivoluzione della perdita dei loro diritti medesimi. I più furiosi assalti dei rivoluzionari han sempre per segno quel potere tra i poteri temporali che invoca, mentre pur vi si appoggia, il diritto del Dio vivente che ammette i diritti della Chiesa del Cristo.

« Volgiamo primieramente gli sguardi all’Italia. La persecuzione quivi, già son molti anni, organata dal governo Piemontese contro la Chiesa, ha soprattutto, io nol niego, per iscopo la forma esteriore di essa Chiesa, cioè, i beni ecclesiastici, il dominio temporale del Papa; ma in verità l’assalto è mosso contro il potere spirituale nascosto sotto quella estrinseca forma. Ora pelle genti cattoliche il potere spirituale dimora in questo segnatamente, che il Papa è Vicario del Cristo. E contro appunto il dominio del Cristo si scatenano i nostri cattolici (?) nell’irrompere che essi fanno contro la dominazione del Papa, eziandio temporale. Chiunque ripudia il Papa, ripudia il Cristo: adunque nessun’altra alternativa più rimane ai Cattolici, se non l’ammettere il Papa e il Cristo, o il non ammettere né Papa, né Cristo.

« Chi pigli la norma dalle condizioni presenti, quali lo han partorite, i capi politici dappoi mille anni, non che indotto, si trova irresistibilmente necessitato a non riconoscere come depositario della piena autorità apostolica un Papa, che dipendesse politicamente da un altro Monarca.

« …. E collo scopo medesimo di tutelare il dominio temporale del Papa, vediamo levarsi come un sol uomo non l’alto Clero soltanto, ossia l’Episcopato, ma pur anco (fatte pochissime eccezioni) il Clero in universale, armato del soccorso delle lettere pastorali e della preghiera; per questo medesimo fine il popolo dico prende così a petto l’opera del Danaro di S. Pietro; e per questo ancora drappelli di guerrieri magnanimi, con a capo il valoroso Lamoricier, tolgono in mano la spada della difesa.

« La Chiesa Cattolica, e nessuno lo disconosce, geme per ora in una profonda costernazione. Se nondimeno il Papa esce da strette così difficili, aiutatovi dai propri suoi mezzi, e da quelli che il mondo cattolico gli ha spontaneamente fornito, gioverà questo a dare all’elemento rivoluzionario una tale disfatta, quale non ha egli sofferto mai da tutte le violenti repressioni adoperate dopo il 1848, e d’altra parte un simile evento sarà per la Chiesa un mezzo di consolazione sì viva che altrettanta ella non ne ha più sentito da cinquecento anni al dì d’oggi.

« Quanto a noi troppo saremmo lontani dall’esultare per la decadenza del Papa e del suo poter temporale, perché non è già la Chiesa protestante quella in cui prò tornerebbe una tal caduta, ma unicamente la sua caricatura, la negazione, la mogia incredulità, e la folla stupida di coloro, che nel voler essere in voce di uomini di fede, si precipitano nelle braccia della crassa empietà e del suicidio morale, nelle braccia degli insensati protestanti dell’Inghilterra, dell’alleanza evangelica, degli iscritti al partito della Gazzetta Ecclesiastica, e di tutta la borra e il pattume della stessa specie. – Se anche qui e colà, alcuni membri della Chiesa protestante, benché animati dal vero spirito clericale, han manifestato la speranza che il decadimento del Papa recherà il trionfo della Chiesa protestante (nel che ci muovono a pietà del fatto loro), essi ci porgono in questo una prova d’imbecillità politica e religiosa, la quale è tutt’altro che convenevole per la nostra Chiesa. » (Cosi il celebre protestante prof. Leo d’Halle, nel suo giornale intitolato: Volh’shlat zur stadt und land, 1860. Vedi l’Armonia suddetta, 6 Ottobre 1860. n. 233.). « L’integrità degli Stati Romani deve essere considerata come l’elemento essenziale dell’indipendenza politica della penisola italiana. Nessuna invasione del territorio di questi Stati potrebbe avvenire, senza condurre a risultati di grande gravità e di’ grande importanza. » (Lord Palmerston Ministro Inglese; Nota a Lord Ponsomoby ambasciatore a Vienna – 11 sett.1847). « Qualunque cosa avvenga, il Papa ci sarà sempre imposto dall’Europa, sotto qualunque titolo si sia. Gli uomini di stato d’Inghilterra non accetteranno mai l’esautorazione del Papa. (Il medesimo, Risposta alla repubblica romana nel 1849, che domandava l’intervento dell’Inghilterra per distruggere il regno temporale del Papa. Vedi il Cattolico di Genova, 3 dic. 1859).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.