L’ANIMA DELL’APOSTOLATO (12)

R. P. CHAUTARD D. G. B .

L’ANIMA DELL’APOSTOLATO (12)

TRADUZIONE del Sac. GIULIO ALBERA, S. D. B. 8a EDIZIONE

SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE

TORINO MILANO GENOVA PADOVA PARMA ROMA NAPOLI BARI CATANIA PALERMO

VISTO: Nulla osta alla stampa.

Torino: 22 giugno 1922.

Can. CARLO FRANCO – Rev. Arciv.

VISTO: Imprimatur.

C. FRANCESCO DUVINA – Provic. gen.

PARTE QUINTA

Alcuni principi ed avvisi per la vita interiore

4.

Vantaggi della vita liturgica

a) Favorisce la permanenza del soprannaturale in tutte le mie azioni

Quanta difficoltà provo, mio Dio, per agire ordinariamente per un motivo soprannaturale! Con il concorso di Satana e delle creature, il mio amor proprio sottrae l’anima mia e le mie facoltà alla dipendenza di Gesù vivente in me.  Quante volte in una giornata quella purezza d’intenzione la quale sola può rendere meritorie le mie azioni e fecondo il mio apostolato, è viziata dalla mancanza di vigilanza o di fedeltà! Soltanto con uno sforzo continuo io posso ottenere, con l’aiuto di Dio, che la maggior parte delle mie azioni abbiano la grazia per principio vivificante che le diriga verso Dio come verso il loro fine.  Per tale sforzo la meditazione mi è indispensabile: ma quale differenza quando esso si compie nella vita liturgica! La meditazione e la vita liturgica sono due sorelle che si aiutano a vicenda. La meditazione che precede la mia Messa e la mia recita del Breviario, mi slancia nel soprannaturale. La vita liturgica mi dà il mezzo di vivere della mia meditazione durante la giornata (Faccio bene la mia meditazione per celebrare bene la Messa, e celebro bene la Messa e recito devotamente il Breviario, per far bene la meditazione il giorno seguente – P. Olivaint).  

*

Alla vostra scuola, o santa Chiesa, come mi è facile prendere l’abitudine di dare al mio Creatore e Padre il culto che gli è dovuto! Voi che siete la Sposa di Colui che è l’Adorazione, il Ringraziamento, la Riparazione e la Meditazione per eccellenza, mi comunicate, per mezzo della liturgia, quella sete che aveva Gesù, di glorificare suo Padre. Dare gloria a Dio è il fine principale che vi siete proposto con lo stabilire la liturgia. È dunque chiaro che se io vivo della vita liturgica, sarò tutto imbevuto della virtù della Religione, perché tutta quanta la liturgia è la pratica continua e pubblica di questa virtù, la più eccellente dopo le virtù teologali.  La manifestazione della dipendenza da Dio di tutte le mie facoltà, la pietà, la vigilanza, il combattimento spirituale, si possono certamente sviluppare se mi valgo dei lumi della fede; ma quanto bisogno ha l’uomo di essere aiutato da tutte le sue facoltà, per fissare la sua mente nei beni eterni, per rendere il suo cuore entusiasta e avido di profittarne, per eccitare la volontà a chiederli frequentemente e a cercarli senza tregua!  – La liturgia investe tutto il mio essere: con un complesso di cerimonie, di genuflessioni, d’inchini, di simboli, di canti, di parole, che si rivolgono agli occhi, alle orecchie, alla sensibilità, alla fantasia, all’intelletto, al cuore, essa mi orienta tutto verso Dio; mi ricorda che in me tutto, os, lingua, mens, sensus, vigor, si deve rivolgere a Dio.  – Tutto quello con cui la Chiesa mi rappresenta i diritti di Dio e i suoi titoli al mio culto di omaggio filiale e di appartenenza totale, sviluppa in me la virtù della religione e perciò lo spirito soprannaturale.  Nella liturgia tutto mi parla di Dio, delle sue perfezioni, dei suoi benefizi; tutto mi porta a Dio; tutto mi mostra la sua Provvidenza che continuamente, per mezzo di prove, di aiuti, di avvertimenti, d’incoraggiamenti, di promesse, di lumi e persino di minacce, offre all’anima mia i mezzi per santificarmi. La liturgia mi fa pure parlare continuamente a Dio ed esprimere la mia religione nelle forme più diverse.  Se con il desiderio di approfittarne, io mi applico a questa formazione liturgica, dopo i ripetuti esercizi che ogni giorno ne richiedono le mie funzioni di ecclesiastico, come mai la virtù della religione non metterebbe in me più profonde radici! Como sarà possibile che io non giunga a un’abitudine, a uno stato di anima, perciò alla vera vita interiore? La liturgia è una scuola di Presenza di Dio e della presenza del nostro Dio quale lo manifestò l’Incarnazione, o meglio, una scuola di Presenza di Gesù e di Carità. L’amore si nutre con la conoscenza dell’amabilità dell’essere amato con le prove d’amore che ci ha date, ma soprattutto, dice san Tommaso, con la sua presenza. La liturgia ci riproduce, ci spiega e ci applica le diverse manifestazioni della vita di Gesù Cristo in mezzo a noi. Essa ci mantiene in un’atmosfera soprannaturale e divina, continuando, per così dire, la vita di Nostro Signore, mostrandoci in tutti i misteri l’amabilità e la tenerezza del suo Cuore. Voi stesso, o Gesù, per mezzo della liturgia continuate la vostra gran lezione e la vostra grande manifestazione di amore. Io vi vedo sempre più, non alla maniera dello storico, cioè velato dai secoli, e neppure come spesso vi vede il teologo attraverso ardue speculazioni: Voi siete proprio vicino a me; Voi siete sempre l’Emanuele, il Dio con noi, con la vostra Chiesa, e perciò con me! Voi siete uno con cui vive ciascun membro della vostra Chiesa, e che la liturgia mi fa vedere in ogni circostanza al primo posto come esemplare e fine del mio amore. – Con il ciclo delle feste, con le lezioni tratte dal vostro Vangelo e dagli scritti dei vostri Apostoli, con i raggi meravigliosi di cui essa fa risplendere i vostri Sacramenti e soprattutto la vostra Eucaristia, la Chiesa vi farà vivere in mezzo a noi e ci fa udire i palpiti del vostro Cuore. Credere che Gesù vive in me e che vuole agire in me se io non mi oppongo: che leva potente di vita soprannaturale mi dà la meditazione che m’inculca questa verità! Ma lungo la giornata, con i mezzi diversi e sensibili che offre la liturgia, il nutrirmi frequentemente del dogma della grazia, di Gesù che prega, che opera con ciascuno dei membri di cui egli è la vita, che supplica per loro, e perciò anche per me, vorrà dire mantenermi sotto l’influsso del soprannaturale, farmi vivere di unione con Gesù e stabilirmi nel suo amore. Tutte le forme dell’amore, amore di compiacenza, di benevolenza, di preferenza e di speranza, risplendono nelle bellissime collette, nei salmi, nelle cerimonie, nelle preghiere, e penetrano l’anima mia. Come renderà forte e generosa la mia vita interiore questa maniera di rappresentarmi Gesù vivente e sempre presente! E quando per vivere del soprannaturale io dovrò fare un atto di distacco o di rinuncia, dovrò adempiere un obbligo difficile, dovrò sopportare un dolore o un’ingiustizia, come perderanno il loro aspetto doloroso e ripugnante il combattimento spirituale, la virtù o la prova, se invece di vedere la croce nuda, vi vedrò appeso Voi, o mio Salvatore, e vi udrò chiedermi, mostrandomi le vostre ferite, quel sacrifìcio come prova di amore! Un altro prezioso appoggio mi dà la liturgia ripetendomi che il mio amore non si esercita da solo: io non sono solo nella lotta contro la natura che continuamente cerca di vincolarmi; la Chiesa che s’interessa della mia incorporazione in Gesù Cristo, mi segue maternamente, mi fa parte di tutti i meriti dei milioni di anime con le quali io sono in comunione e che parlano con lo stesso linguaggio ufficiale di amore che parlo io, e mi riconforta con rassicurarmi che il Paradiso e il Purgatorio sono con me per incoraggiarmi e per assistermi.

*

Perché l’anima non cessi di dirigere le sue azioni verso Dio, nulla giova di più che il pensiero dell’eternità. Nella liturgia tutto mi ricorda Novissima mea; ad ogni passo si incontrano le espressioni Vita æterna, Cœlum, Infernum, Mors, Sæculum sæculi e simili. I suffragi e gli uffici per i defunti, le sepolture, mi mettono sotto gli occhi la morte, il giudizio, le ricompense e i castighi eterni, il valore del tempo e le purificazioni indispensabili, o qui o in purgatorio, per entrare in Cielo.  Le feste dei Santi mi parlano della gloria di coloro che mi hanno preceduto su questa terra, e mi mostrano la corona che mi è riservata se camminerò sulle loro orme e se seguirò i loro esempi. Con queste lezioni la Chiesa mi dice continuamente: 0 anima cara, pensa all’eternità, se vuoi essere fedele alla tua divisa: Dio in tutto, sempre e dappertutto. O divina liturgia, io dovrei parlare di tutte le virtù, se volessi ricordare tutti i benefici di cui vi sono debitore. In grazia dei testi scritturali che continuamente fate passare sotto i miei occhi, in grazia dei riti e dei simboli che mi spiegano i divini misteri, l’anima mia si trova costantemente sollevata da terra e rivolta ora verso le virtù teologali, ora verso il timore di Dio, l’orrore del peccato e dello spirito mondano, il distacco, la compunzione, la fiducia o la gioia spirituale.

b) Mi aiuta validamente a conformare la mia vita interiore con quella di Gesù Cristo

Tre sentimenti predominano nel vostro Cuore, o divin Maestro, una dipendenza completa dal Padre, e per conseguenza “un’umiltà perfetta, una carità ardente e universale per gli uomini, e lo spirito di sacrificio.

UMILTÀ PERFETTA. — Al vostro entrare nel mondo, avete detto: Padre, eccomi per fare la vostra volontà (Ingrediens mundum dicit: Hostium et oblationem noluisti… Tunc dixi: Ecce renio… ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Ebr. X, 5, 7). Voi spesse volte ricordate che tutta la vostra vita intima si riassume nel desiderio continuo di fare in tutto il beneplacito del Padre (Ego quæ placita sunt ei facio semper (Giov. VIII, 29). — Meus cìbus est ut faciam voluntatem eius qui misit me – Giov. IV, 34). — Descendi de cœlo non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem eius qui misit me – Giov. VI, 38). Voi siete la stessa obbedienza, o Gesù, obbediente fino alla morte e alla morte di croce – Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis – Filipp., II, 5); anche al presente Voi obbedite ai vostri sacerdoti e alla loro voce scendete dal Cielo: Obediente Domino voci hominis (GIOSUÈ, X, 14). A quale scuola mi mette la liturgia, per farmi imitare la vostra obbedienza, se il mio cuore sa piegarsi ai più piccoli riti con il desiderio di formarsi allo spirito di dipendenza da Dio, di domare, senza indebolirlo, questo «io» avido di libertà, e di rendere docili il mio giudizio e la mia volontà sempre portati a non imitare, o Gesù, lo spirito fondamentale che Voi siete venuto a insegnarci con i vostri esempi, cioè il Culto della Volontà divina! Ogni volta che sforzo la mia personalità a sopprimersi, per obbedire alla Chiesa come a Voi medesimo, per agire in suo nome e per unirmi con lei, e perciò per unirmi con Voi, che prezioso esercizio io faccio, e quali effetti produrrà la fedeltà alle più minute prescrizioni delle rubriche, quando si tratterà di piegare la mia superbia in circostanze più difficili! (Qui fidelis est in minimo, et in malori fldelis est – Luc. XVI, 10). – Ma vi è di più: ricordandomi la certezza della vostra vita in me e la necessità della vostra grazia per trarre frutto anche da un solo pensiero, la liturgia combatte la presunzione che potrebbe tutto distruggere nella mia vita interiore. Il Per Dominum nostrum Jesum Christum, che è la conclusione di quasi tutte le preghiere liturgiche, mi ricorderebbe, qualora lo potessi dimenticare, che da solo io non posso nulla, assolutamente nulla, se non peccare o fare atti senza nessun merito. Tutto mi penetra della necessità di ricorrere con frequenza a Voi; tutto mi ripete che Voi esigete da me questo ricorso supplichevole, affinché la mia vita non si smarrisca in illusioni ingannatrici. La Chiesa, per mezzo della liturgia, insiste con sollecitudine per persuadere i suoi figli della necessità della supplica; della liturgia essa fa davvero la SCUOLA DELLA PREGHIERA e perciò dell’umiltà. Con le sue formule, con i Sacramenti e i Sacramentali, m’insegna che ogni cosa mi viene dal vostro prezioso Sangue e che il gran mezzo di raccoglierne i frutti è di unirmi con una preghiera umile, al vostro desiderio di applicarceli. Fate che io mi giovi di queste lezioni continue, o Gesù, per accrescere il sentimento vivissimo della mia piccolezza e per convincermi che nell’Ostia che è il vostro Corpo mistico, io non sono che un’umile particella, e nell’immenso concerto di lodi che Voi dirigete, io non sono che una debole voce. In grazia della liturgia, possa io vedere sempre meglio che per mezzo dell’umiltà io posso rendere questa voce sempre più pura e questa particella sempre più bianca.

CARITÀ UNIVERSALE. — Il vostro Cuore, o Gesù, ha esteso a tutti gli uomini la sua missione redentrice. A quel Sitio che voi morendo avete lanciato al mondo e che continuate a far sentire dall’Altare e dal Tabernacolo e persino dal seno della vostra gloria, deve rispondere nell’anima anche del semplice cristiano un vivo desiderio di spendersi per i fratelli, una sete ardente della salvezza di tutti gli uomini e della diffusione del Vangelo, un grande zelo per favorire le vocazioni ecclesiastiche e religiose, e vive preghiere affinchè i cristiani comprendano l’estensione dei loro doveri, e le anime la necessità, per loro, della vita interiore.  – Ma tali desideri molto più devono accendere l’anima dei vostri ministri ai quali i riti ricordano che Voi avete loro dato nel vostro Corpo mistico un posto eletto, affinché vi INCORPORINO quante più anime è possibile; siano corredentori, mediatori che devono piangere inter vestibulum et altare (GIOELE II. 17. 1). i peccati del mondo e santificarsi non soltanto per sè, ma anche per poter santificare gli altri, per formare, istruire e guidare le anime e per far circolare in esse la vostra Vita: Ego sanctifico meipsum ut sint et ipsi sanctificati! (Giov. XVII, 19). O santa Chiesa del Redentore, Madre di tutti i miei fratelli vostri figli, come potrò vivere della vostra liturgia, senza partecipare agli slanci del Cuore del vostro divino Sposo per la salute delle sue creature e per la liberazione delle anime che gemono nel Purgatorio? Certamente io godo di una parte privilegiata dei frutti della Messa che celebro e del Breviario che recito; ma Voi intendete che la parte principale vada anzitutto al complesso delle anime di cui siete sollecito: In primis quae tibi offerimus prò Ecclesia tua sancia catholica (Canone della Messa). Voi adoperate mille mezzi per dilatare il mio cuore e per conformare la mia vita interiore con quella di Gesù. O cara vita liturgica, accrescete il mio amore filiale alla santa Chiesa e al Padre comune dei fedeli; rendetemi più devoto e più sottomesso ni miei Superiori gerarchici e più unito a tutte le loro sollecitudini; aiutatemi a non dimenticare che Gesù vive in ciascuno di quelli con cui mi trovo ogni giorno a contatto, e che voi li portate, come li porta Lui, nel vostro cuore; fate che io irradii su loro l’indulgenza, la tolleranza, la pazienza, la cortesia, in modo che rispecchi la mansuetudine del dolcissimo Salvatore. Mantenete in me il sentimento che non posso andare in Paradiso se non per mezzo della Croce, che le mie lodi, le mie adorazioni, i miei sacrifici e gli altri miei atti non hanno valore per il Paradiso se non per il Sangue di Gesù, e che con tutti i Cristiani debbo guadagnarmi questo Paradiso, poiché con tutti gli eletti ne dovrò godere e con essi dovrò continuare, per mezzo di Gesù e per tutta l’eternità, il concerto di lodi a cui sono associato sulla terra.

SPIRITO DI SACRIFICIO. — 0 Gesù, Voi sapendo che l’umanità non si poteva salvare se non per mezzo del sacrificio, avete fatto di tutta la vostra vita terrena una continua immolazione.  Ed io, identificato con Voi, Sacerdote con Voi quando celebro la Messa, o divino Crocifisso, voglio essere OSTIA con Voi. In Voi tutto gravita intorno alla Croce: in me tutto graviterà intorno alla mia Messa; essa sarà il centro e il sole delle mie giornate, come il vostro Sacrificio è l’atto centrale della liturgia  Questa, richiamandomi continuamente, per mezzo dell’Altare e del Tabernacolo, il pensiero del Calvario, sarà per me una Scuola di spirito di sacrificio. Con farmi partecipare ai sentimenti della vostra Chiesa, mi comunicherà i vostri, o Gesù, e così si avvererà in me la parola di san Paolo: Hoc sentite in vobis quod et in Christo Jesu (Filipp. II, 5), e quella che mi fu detta quando fui ordinato sacerdote: Imitamini quod tractatis (Pontificale Romano). – Il Messale, il Rituale e il Breviario mi ricordano nei modi più svariati, non fosse altro che con i segni di croce, che il sacrificio è divenuto, dopo il peccato, la legge dell’umanità e che ha valore soltanto se è unito al vostro. Vi renderò dunque ostia per ostia, o mio divin Redentore; vi farò di me stesso un’immolazione totale FUSA con la vostra immolazione compiuta una volta sul Calvario e rinnovata più volte in ogni minuto secondo dalle Messe che si celebrano in tutto il mondo. La liturgia mi renderà facile questa offerta di me stesso e mi farà contribuire maggiormente a compiere per il vostro corpo che è la Chiesa, quello che manca alla vostra Passione (Adimpleo quæ desunt passionem Christi prò corpore eius quod est Ecclesia – Coloss. I, 24). Porterò anch’io la parte mia a questa grande ostia fatta con i sacrifici di tutti i Cristiani (Tota ipsa redempta Civitas, hoc est congregatìo societasque sanctorum, universale Sacrificium offertur Deo per Sacerdotem magnum, qui etiam obtulit in Passione prò nobis, ut tanti capiti» corpus essemus… Cum itaque noe hortatus esset Apostolus ut exhibeamus corpora nostra hostlam vi venterò… hoc est Sacrificium Christianorum: multi unum corpus in Christo. Quod etiam Sacramento Altaris, fid elibus noto, frequentat Ecclesia, ubi el demonstratur quod in ea re quam oflert, ipsa offeratur – S. AGOST., De Civ. Dei, lib. X, cap. VI); e questa ostia salirà verso il Cielo per espiare i peccati del mondo e per far discendere sulla Chiesa militante e purgante i frutti della vostra Redenzione.  Avrò cosi la vera vita liturgica; infatti il rivestirmi di Voi, o Gesù, o Gesù crocifisso, l’unirmi praticamente al vostro Sacrificio facendo olocausto di me stesso con l’Abneget semetipsum, non è forse questo, o mio Salvatore, il fine a cui mi vuole condurre la vostra Chiesa instillandomi i vostri sentimenti con le sue preghiere e con le sue sante cerimonie introducendo nel mio cuore quello che in Voi predominava su tutto: lo Spirito di sacrificio? In tal modo diventerò una di quelle pietre viventi e scelte che, levigate dalla prova, Scalpri salubris ictibus et tunsione plurima Fabri polita malico (S. AGOST., De Civ. Dei, lib. X, cap. VI). 2), sono destinate alla fabbrica della Gerusalemme celeste.

c) La vita liturgica mi fa vivere della vita del Cielo

Conversatio nostra in cœlis est (Filipp. III, 20. 3), dice san Paolo; e dove potrei io imparare più facilmente a praticare questo programma, che nella Liturgia! Questa liturgia della terra non è forse l’imitazione della Liturgia celeste che l’Apostolo prediletto descrive nella sua Apocalisse? Quando canto e recito l’Ufficio, non faccio altro che compiere le stesse funzioni di cui gli Angeli si onorano dinanzi al Trono dell’Eterno. Anzi la dossologia di ciascun salmo, di ciascun inno, la conclusione di ciascuna orazione mi getta in adorazione dinanzi alla SS. Trinità. Le innumerevoli feste dei Santi mi fanno vivere come nell’intimità dei miei fratelli del Paradiso, i quali mi proteggono e pregano per me. Le feste di Maria santissima mi ricordano  che ho lassù una Madre tanto buona e tanto potente la quale non avrà riposo finché non mi veda al sicuro ai suoi piedi, nel Regno di suo Figlio. Sarebbe mai possibile che tutte queste feste che i misteri del mio dolce Salvatore, il Natale, la Pasqua, l’Ascensione soprattutto non mi dessero quella NOSTALGIA DEL PARADISO che san Gregorio considera come un pegno di predestinazione?

d) Pratica della vita liturgica

Buon Maestro, Voi vi siete degnato di farmi comprendere che cosa è la vita liturgica: potrei io addurre come pretesto le esigenze del mio ministero, per sottrarmi allo sforzo che mi chiedete per praticarla? Certamente voi mi rispondereste che il compiere secondo i vostri desideri le funzioni liturgiche, non richiede più tempo che il compierle macchinalmente; mi ricordereste l’esempio di tanti vostri servi, tra gli altri del beato P. Perboyre (Vedi la sua Vita, lib. III, cap. 8 e 9, Parigi, 1890),i quali pure essendo da voi caricati di occupazioni continue e assorbenti in un grado veramente intenso, erano tuttavia anime eminentemente di vita liturgica.

PREPARAZIONE REMOTA:

Fate, o buon Salvatore, che il mio desiderio di vita liturgica si esplichi in un grande SPIRITO DI FEDE per tutto ciò che si riferisce al culto divino. I vostri Angeli e i vostri Santi vi vedono a faccia a faccia e nulla può distogliere la loro attenzione dalle auguste Funzioni che sono uno degli elementi della loro gioia inenarrabile; ma io, sottoposto ancora a tutte le debolezze della natura umana, come mi potrò mantenere alla vostra presenza quando vi parlo con la Chiesa, se non sviluppate in me il dono della Fede che ricevetti nel Battesimo? Non vorrò mai, mi pare, considerare le funzioni liturgiche come un lavoro ingrato da sbrigare al più presto che si possa, o da subire perché vi sono annessi dei lucri; non oserò mai, spero, parlare al Dio tre volte Santo o compiere i suoi riti con una LIBERTÀ DI TRATTO che mi vergognerei di adoperare con il più umile dei servitori: non vorrò mai dare scandalo con quello che deve dare edificazione. Eppure posso io prevedere fin dove arriverei, se cominciassi a non più vigilare sopra me stesso riguardo lo spirito di fede? – Mio Dio, se io fossi già su questo pendìo, degnatevi di fermarmi; o meglio datemi una Fede così viva che, compreso dell’importanza che hanno davvero ai vostri occhi gli atti liturgici, mi rallegri al sentire che la loro sublimità entusiasma la mia volontà sempre di più.  Avrei io il minimo spirito di fede, se non avessi nessuno zelo per conoscere e per osservare le RUBRICHE? Ipensieri più belli sulla Liturgia non potrebbero scusare la mia negligenza dinanzi a Voi o mio Dio. Poco importa che io non senta nessuna attrattiva naturale per tale lavoro: basta che vi piaccia la mia obbedienza e che io sappia ch’essa mi sarà di gran profitto. Nei miei ritiri spirituali non mancherò mai di esaminarmi su questo punto riguardo al Messale, al Rituale e al Breviario. La vostra Chiesa, o Gesù, si serve principalmente delle ricchezze dei SALMI per il suo culto; se io ho lo spirito liturgico, l’anima mia nelle parti del Salterio saprà vedere Voi figurato soprattutto nella vostra vita dolorosa. Saprà che quella parola intima, quei sentimenti che il vostro Cuore rivolgeva a Dio durante la vostra vita mortale, si incontrano in molte delle composizioni profetiche che avete ispirato al Salmista.  Essa vi troverà meravigliosamente compendiati profeticamente i principali insegnamenti del vostro Vangelo. – Sotto gli stessi veli intenderò la voce della Chiesa la quale continua la vostra vita di prove e manifesta a Dio, nei suoi dolori e nei suoi trionfi, dei sentimenti imitati da quelli del suo Sposo divino, sentimenti che può pure fare suoi, nelle sue tentazioni, nei rovesci, nelle lotte, nelle tristezze, negli scoraggiamenti, nelle delusioni, come pure nelle sue vittorie e nelle sue consolazioni, ogni anima in cui si può manifestare la vostra vita.  Riservando alla Sacra Scrittura una parte delle mie letture, svilupperò il mio gusto per la liturgia e faciliterò la mia attenzione alle parole (Plus lucratur qui orat et intelligit quam qui tantum lingua orat. Nam qui intelligit reficitur quantum ad intellectum et quantum ad affectum (S. Tom., in I Cor., XIV, 14).  La riflessione mi farà scoprire in ogni composizione liturgica un’idea centrale intorno alla quale si svolgono i diversi insegnamenti.  In tal modo, o anima mia, quali armi ti preparerai contro la mobilità della tua fantasia, soprattutto se saprai imparare dai SIMBOLI! La Chiesa li adopera per parlare ai sensi con un linguaggio che li colpisce con rendere sensibili le verità rappresentate. Agnoscite quod agitis, essa mi disse quando fui ordinato sacerdote. Alle cerimonie, ai lini, agli oggetti, ai paramenti sacri, a tutto la Chiesa mia madre dà una voce significativa; ora come potrei illuminare l’intelligenza e toccare il cuore dei fedeli che la Chiesa vuole impressionare con questo linguaggio ingenuo e grandioso a un tempo, se io stesso non posseggo la chiave di tale predicazione?

PREPARAZIONE PROSSIMA:

Ante orationem præpara animam tuam (Prima della preghiera prepara la tua anima – Eccli. XVIII, 23). Subito prima della Messa e ad ogni ripresa del Breviario, farò un atto calmo, ma energico, di raccoglimento per distogliermi da tutto ciò che non si riferisce a Dio e per fissare la mia attenzione verso di Lui: Colui al quale sto per parlare, è Dio!  Ma Egli è pure mio Padre: a quel timore riverenziale che anche la Regina degli Angeli conserva quando parla al suo divin Figliuolo, unirò l’ingenuità semplice che dà anche al vecchio che si rivolge alla Maestà infinita, UN’ANIMA DI FANCIULLO. Questo atteggiamento semplice e ingenuo dinanzi al Padre mio rispecchierà ingenuamente la mia convinzione di essere unito a Gesù Cristo e di rappresentare la Chiesa nonostante la mia indegnità, e la certezza di avere per compagni nella mia preghiera gli spiriti della milizia celeste: In conspectu An-gelorum psallam tibi (Canterò a te in presenza degli angeli – Salmo CXXXVII).  Per te, o anima mia, non è più il momento di ragionare nè di meditare, ma devi ritornare un’anima di fanciullo. Giunta all’età della ragione, tu accettavi con espressione di una verità assoluta tutto ciò che ti diceva tua madre; così devi con la stessa semplicità e ingenuità accettare dalla tua Madre la Chiesa tutto ciò che ti presterà come alimento della tua fede.  Tale ringiovanimento dell’anima è indispensabile: quanto più mi farò un’anima di fanciullo, tanto più approfitterò dei tesori della Liturgia e mi lascerò colpire dalla poesia che ne emana, e nella stessa misura progredirà in me lo spirito liturgico.  Facilmente allora l’anima mia entrerà in adorazione e vi rimarrà durante la funzione (cerimonia, Breviario, Messa, sacramento ecc.) a cui prendo parte come membro o come ambasciatore della Chiesa o come Ministro di Dio. Dal mio modo di entrare in adorazione dipendono in gran parte non soltanto il profitto e il merito dell’atto liturgico ma anche le consolazioni che Dio annette al suo perfetto compimento e che devono sostenermi nelle mie fatiche apostoliche. Voglio dunque Adorare; con uno slancio della volontà voglio unirmi, per rendere a Dio questo omaggio, alle adorazioni dell’Uomo-Dio: sarà uno slancio del cuore più che sforzo della mente. Lo voglio con la grazia vostra, o Gesù, e questa grazia la chiederò, per esempio, per il Breviario, con il Deus in adiutorium, e per la Messa, con l’Introibo recitati con calma.

Voglio: ed è questo volere filiale e affettuoso, forte e umile, unito con un vivo desiderio del vostro aiuto, quello che Voi esigete da me. Se ottengo che la mia intelligenza presenti alla mia fede qualche bell’orizzonte, o che la mia sensibilità le offra qualche buon sentimento, la mia volontà se ne gioverà per adorare più facilmente; ma non dimenticherò questo principio, che l’unione con Dio risiede, in ultima analisi, nella parte superiore dell’anima, nella volontà, e anche quando non avrà che tenebre e aridità, questa facoltà, arida e fredda in se stessa, prenderà il suo slancio appoggiandosi sulla sola Fede.

L’ATTO DELLA FUNZIONE LITURGICA:

Il compiere bene le funzioni liturgiche è un dono della vostra munificenza, o mio Dio: Omnipotens et misericors Deus de cuius munere venit ut tibi a fidelibus tuis digne et laudabiliter serviatur (Orazione della domenica XII dopo Pentecoste.). Degnatevi di concedermi questo dono, o Signore; io voglio rimanere adoratore durante l’atto liturgico. Questa parola riassume tutti i metodi. La mia volontà ha gettato il mio cuore e lo mantiene dinanzi alla maestà di Dio, ed io compendio tutto il suo lavoro nelle tre parole digne, attente, devote… della preghiera Aperi, le quali esprimono esattamente quale dev’essere l’atteggiamento del mio corpo, della mia intelligenza e del mio cuore.

DIGNE. Con un contegno rispettoso, con la pronuncia esatta delle parole e con maggiore lentezza nelle parti principali, con l’accurata osservanza delle rubriche, con il tono della voce e con la maniera di fare i segni di croce, le genuflessioni ecc., il mio corpo manifesterà non soltanto che so a chi parlo, quello che dico e quale APOSTOLATO posso alle volte esercitare, ma anche che il mio cuore è quello che agisce. – (O apostolato o scandalo: per molte anime che vedono la religione attraverso un vago intellettualismo o ritualismo, la predica di un prete mediocre è spesso assai meno efficace che l’apostolato del vero sacerdote la cui gran fede, la compunzione, la pietà risplende nell’occasione di un battesimo, di una sepoltura e soprattutto di una Messa; parole e cerimonie sono dardi capaci di muovere quei cuori. La liturgia cosi vissuta riflette loro il mistero come certo, l’Invisibile come esistente e li invita a invocare quel Gesù quasi sconosciuto a loro, ma col quale sentono che quel prete è in intima comunicazione. Vi sarà invece o un’attenuazione o la perdita della fede, quando le anime disgustate dicono: « Non è davvero possibile che quel prete creda in Dio e lo tema, dal momento che celebra, battezza, dice preghiere e fa cerimonie in tale maniera! Che responsabilità! E chi oserebbe sostenere che simili scandali non saranno oggetto di un giudizio rigoroso? Quale influenza può avere sui fedeli cosi la manifestazione del timore riverenziale, come la libertà di tratto nelle sacre funzioni! – Quando ero studente dell’Università e fuori di ogni influsso clericale, ebbi per caso l’occasione di vedere, senza che egli se ne accorgesse, un sacerdote a dire il Breviario. Il suo contegno rispettoso e devoto fu per me una rivelazione, e sentii un forte bisogno di pregare, e di pregare cercando d’imitare quel prete. La Chiesa mi sembrava concreta in quel degno ministro in comunicazione con Dio. – « Invece, mi diceva ultimamente un’anima schietta, vedendo a qual punto il mio parroco strapazzava la sua Messa, rimasi turbato e mi persuasi che egli non doveva aver fede. D’allora in poi non potei più pregare e neppure credere, e una specie di disgusto prodotto dal timore di vedere ancora quel prete a dire la Messa, mi tenne, da quel momento, lontano dalla chiesa). – Nelle corti dei re della terra, persino i semplici servitori stimano grandi i più umili impieghi e senza saperlo prendono un aspetto maestoso e solenne. Non giungerò io ad acquistare quella nobiltà che si manifesterà nell’atteggiamento dell’anima mia e nella dignità del mio contegno, nell’esercizio delle mie funzioni, io che faccio parte della guardia d’onore del Re dei re e del Dio d’infinita maestà?

ATTENTE. La mia mente sarà tutta intesa a raccogliere nelle parole e nelle cerimonie quanto potrà nutrire il mio cuore. Talora la mia attenzione sarà al senso letterale dei testi; sia che segua ciascuna frase, sia che, pure continuando la mia recita, mediti a lungo un’espressione che mi abbia colpito fino a che senta il bisogno di scoprire in un altro fiore il miele della divozione, io mi attengo in tutti e due i casi al precetto: Mens concordet voci (Il pensiero sia d’accordo con la voce (Rególa di san Bernardo).Talora la mia intelligenza si occuperà del mistero del giorno o dell’idea principale del tempo liturgico. Ma la sua parte sarà secondaria in confronto con quella della volontà della quale essa non sarà che la provveditrice, per aiutarla a mantenersi in adorazione o a ritornarvi. Tutte le volte che verranno le distrazioni, io voglio, senza dispetto, senza durezza, senza asprezza, ma soavemente come tutto ciò che si fa con il vostro aiuto, o Gesù, e fortemente, come fa chi vuol essere generosamente fedele a tale aiuto, voglio ritornare all’atto adoratore.

DEVOTE. Questo è il punto capitale: tutto deve concorrere per fare dell’ufficio e di ogni funzione liturgica un esercizio di pietà, e perciò un atto del cuore.

La precipitazione è la morte della divozione. Parlando del Breviario, e tanto più si deve dire della Messa, san Francesco di Sales dà questa massima come un principio. M’impongo dunque l’obbligo di dedicare circa mezz’ora alla mia MESSA, affinché non soltanto il Canone, ma anche tutte le altre parti siano recitate devotamente. Allontanerò senza pietà tutti i PRETESTI di fare in fretta questa azione principale della mia giornata. Se l’abitudine mi fa troncare certe parole o cerimonie, mi applicherò, anche esagerando per qualche tempo, ad andare molto adagio in tali parti difettose (Volendo mettere in caricatura una persona che parla con volubilità e che non sa quello che sì dice, un letterato dello scorso secolo, famoso cosi per la sua empietà come per il realismo delle sue descrizioni, non trova un miglior termine di paragone che il prete il quale strapazza la Messa).Con le dovute proporzioni, estenderò questa risoluzione a tutte le altre mie funzioni liturgiche: sacramenti, benedizioni, sepolture ecc. Riguardo al Breviario, avrò cura di prevedere io quale momento lo reciterò, e venuto il tempo, mi obbligherò a qualunque costo a tralasciare ogni cosa. A qualunque costo voglio che la recita del Breviario, sia una vera preghiera del cuore. Oh! sì, conservate in me, o divin Mediatore, l’orrore per la precipitazione quando io tengo il vostro posto o agisco in nome della Chiesa. Fatemi ben persuaso che la precipitazione paralizza il gran Sacramentale che è la liturgia e non le lascia mantenere quello spirito di orazione, senza del quale, con tutta l’apparenza di sacerdote zelantissimo, io potrei essere agli occhi vostri nulla più che un tiepido, o meno ancora. Scolpite nella mia coscienza questa parola così capace di farmi tremare: Maledictus qui facit opus Dei fraudulenter (Maledetto chi compie l’opera di Dio con negligenza (GER. XLVIII, 10).  Talora con uno slancio del cuore abbraccerò in una sintesi di fede il senso generale del mistero ricordato dal Ciclo liturgico e di esso nutrirò l’anima mia. Talora sarà un atto lungamente gustato, atto di fede o di speranza, di desiderio o di pentimento, di offerta o di amore. – Altre volte mi basterà un solo SGUARDO, uno sguardo intimo e prolungato su un mistero, su una perfezione di Dio, su uno dei vostri titoli, o Gesù, sulla vostra Chiesa, sul mio nulla, sulle mie miserie, sui miei bisogni, o sulla mia dignità di cristiano, di sacerdote, di religioso. Sarà uno sguardo ben diverso dall’atto dell’intelligenza durante uno studio teologico; uno sguardo che accresce la fede, ma più ancora l’amore; uno sguardo che è certamente un pallido riflesso della visione beatifica, ma che intanto già effettua quaggiù la vostra promessa alle anime pure e fervorose: Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt (Beati quelli che hanno il cuore puro, perché vedranno Dio (MATT. V, 8).

*

Così ogni cerimonia sarà per me un sollievo e un riposo, un vero respiro dell’anima mia che correva pericolo di essere soffocata dalle occupazioni. O santa liturgia, quale balsamo porterete all’anima mia con le vostre «funzioni»! Queste, ben lungi dall’essere una virtù onerosa, saranno per me una delle maggiori consolazioni della mia vita. Né potrebbe essere altrimenti, poiché sempre chiamato da voi alla dignità di figlio e di ambasciatore della Chiesa, di membro e di Ministro di Gesù Cristo, mi rivestirò sempre più di Colui che è la gioia degli Eletti. Con la mia unione con Lui, imparerò a giovarmi delle croci di questa vita mortale per seminare le messi della mia eterna felicità e, con la mia vita liturgica, più efficace di qualunque apostolato, sentirò di trascinare dietro di me altre anime nella vita della salute e della santità.

5.

La custodia del cuore è il sostegno della vita interiore ed è perciò essenziale per l’apostolato.

RISOLUZIONE DELLA CUSTODIA DEL CUORE:

Io voglio, o Gesù, che il mio cuore sia abitualmente sollecito a PRESERVARSI da ogni macchia e ad UNIRSI SEMPRE PIÙ al vostro Cuore in tutte le mie occupazioni, conversazioni, ricreazioni ecc. L’elemento negativo, ma indispensabile, di questa risoluzione mi fa ripudiare ogni macchia nel motivo e nell’esecuzione dell’azione (Come si acquista la purezza d’intenzione? — Si acquista con una grande attenzione sopra noi stessi, nel cominciare e soprattutto nel progresso delle nostre azioni. Perché quest’attenzione è necessaria nel cominciare le nostre azioni? — Perché se queste azioni sono gradite, utili, conformi al gusto naturale, questo vi tende subito da sé, per la sola attrattiva del piacere o dell’interesse. Ora quale attenzione e qual dominio bisogna avere sopra se stesso, per non permettere che la volontà sia subito trascinata dall’impressione dei motivi naturali che l’accarezzano, la sollecitano e la incantano! Perché avete detto che quest’attenzione è soprattutto necessaria nel progresso delle nostre azioni? — Perché quando si avesse avuta la forza di rinunciare da principio all’attrattiva seducente del sensi o dell’amor proprio, per seguire in tutto soltanto le vedute della fede, e con intenzioni pure; se poi si dimentica di osservarsi da vicino, il godimento attuale o del piacere che si prova o dell’interesse che trova nel corso di certe azioni, viene sempre a fare nuove impressioni e il cuore s’infiacchisce a poco a poco, la natura, benché mortificata dalle prime rinunce, si risveglia e riprende il suo predominio; ben presto l’amor proprio insinua subdolamente e quasi senza che ce ne avvediamo, le sue mire interessate, mettendole al posto dei buoni motivi con cui le nostre azioni erano state incominciate: per questo avviene, non so in quanti casi, ciò che dice san Paolo, cioè che dopo di aver incominciato con lo spirito ai va a finire con la carne, ossia con mire basse, terrene o interessate – P. Caussade). – L’elemento positivo spinge la mia ambizione a voler intensificare la fede, la speranza e l’amore che sono l’anima dell’azione. Questa risoluzione sarà la vera misura del valore pratico delle altre precedenti, perché in essa si riassume la vita interiore nell’esercizio del mio apostolato. La meditazione e la vita liturgica mi fanno riprendere lo slancio per unirmi a Dio ma è la Custodia del cuore quella che permetterà al viaggiatore di trarre profitto del nutrimento preso prima di mettersi in cammino o durante le fermate, per conservare sempre il buon passo della partenza.  So già in che cosa consiste la Custodia del cuore. Con essa si avvera MANETE in me et ego in vóbis (Giov. XV, 4); con essa la mia unione indiretta con Dio, per mezzo delle sue opere, cioè per mezzo delle relazioni che, secondo la sua volontà, ho con le creature, diventa la continuazione della mia unione diretta con Lui per mezzo della meditazione, della vita liturgica e dei Sacramenti. In tutti e due i casi l’unione deriva dalla fede e dalla carità e si compie sotto l’influsso della grazia. Nell’unione diretta siete Voi medesimo e Voi solo, o mio Dio, che io ho di mira; nell’unione indiretta invece mi applico ad altri oggetti. Ma siccome lo faccio per obbedire a Voi, quegli oggetti a cui dò la mia attenzione diventano mezzi voluti da Voi per unirmi a Voi: vi lascio, ma per ritrovarvi. Siete sempre Voi quello che io cerco e con lo stesso cuore, ma nella vostra volontà. E questa divina volontà è l’unico faro che la Custodia del cuore mi fa fissare per dirigere la mia attività al vostro servizio: nell’un caso e nell’altro posso dunque dire: Mihi adhærere Deo bonum est (Salmo LXII, 28).  È dunque un ERRORE il credere che per unirmi a Voi, o mio Dio, io debba rimandare l’azione o aspettare che essa sia terminata; è errore il supporre che certi lavori, per la stessa loro natura o per il tempo in cui si fanno, possano dominarmi e impacciare la mia libertà al punto che mi riesca impossibile unirmi a Voi. No, Voi volete che io sia libero; non volete che razione mi domini; Voi volete che io ne sia il padrone e non lo schiavo. E per questo fine mi offrite la vostra grazia, se io sono fedele alla Custodia del cuore. Dunque dal momento in cui il senso soprannaturale pratico mi ha fatto vedere, con i molteplici avvenimenti, con le circostanze e con i particolari disposti dalla vostra Provvidenza, che quella data azione è voluta da Voi, è mio dovere non sottraimene come pure non compiacermene. Io devo intraprenderla e continuarla, ma unicamente per fare la vostra volontà, perché l’amor proprio ne guasterebbe il valore e ne diminuirebbe il merito (Nel bene, dice il P. Desurmont, si trova nascosto un piacere, un onore, una gloria, un non so che di cui la natura è sommamente ghiotta, spesso più ghiotta che del male stesso; e l’anima non diffida abbastanza di questo pericolo. Il Signore, per la sua bontà verso di noi e per gelosia della sua gloria, si è dichiarato, per conto suo, indifferente a tutti i beni particolari e ci dice che una sola cosa gli piace, la sua volontà. Per conseguenza una cosa da nulla conforme alla sua volontà meriterà il Cielo, e anche i miracoli, operati senza di essa, resteranno senza ricompensa – Le relipieux résolu).

a) Necessità della custodia del cuore

Mio Dio, Voi siete la Santità e quaggiù non ammettete nella vostra intimità un’anima se non nella misura in cui essa si applica a distruggere o ad evitare tutto ciò che per lei potrebbe essere una macchia.  Pigrizia spirituale nell’innalzare il mio cuore a Voi; affetto disordinato verso le creature; asprezze e impazienze; rancore, capricci, mollezza, ricerca delle comodità; facilità nel parlare senza giusto motivo dei difetti altrui; dissipazione, curiosità che non mira per nulla alla gloria di Dio; pettegolezzi; ciarle, giudizi vani o temerari sul prossimo; vana compiacenza di me stesso; disprezzo per gli altri, critiche sulla loro condotta; ricerca della stima e della lode nei motivi che mi fanno agire; ostentazione di ciò che torna a mio vantaggio; presunzione, testardaggine, gelosia, mancanza di rispetto verso l’autorità, mormorazioni; immortificazioni nel mangiare e nel bere ecc., che FORMICAIO DI PECCATI VENIALI o almeno d’imperfezioni volontarie può se non vigilo, invadermi e privarmi delle grazie abbondanti che mi avevate preparate da tutta l’eternità! Se la mia meditazione e la mia vita liturgica non mi portano progressivamente a tenere l’anima mia sveglia anche contro le colpe di pura fragilità, a rialzarmi prontamente quando la mia volontà incomincia a piegare e anche a impormi in tali casi una penitenza, io posso PARALIZZARE, O Gesù, la vostra azione sopra di me. – Messe, Comunioni, Confessioni, altre pratiche di pietà, protezione speciale della divina Provvidenza in vista della mia eterna salvezza, sollecitudine del mio Angelo custode e persino la vostra materna vigilanza su di me, o Madre Immacolata, tutto può essere paralizzato e reso sterile per colpa mia.  Se la mia volontà è cattiva o non buona abbastanza per impormi quella violenza alla quale Voi, o Gesù, alludete dicendo: Violenti rapiunt illud (MATT. X I , 12), Satana cercherà continuamente di sorprendere il mio cuore. Non illuderti, o anima mia! Certe tue cadute che tu chiami di pura fragilità, sono forse di natura diversa agli occhi di Dio, se non pratichi la Custodia del cuore e se non miri a praticare questo programma: Voglio arrivare a dare a Gesù il motivo di ogni mia azione.  Che terribili e lunghe espiazioni io mi preparo per il Purgatorio, se non custodisco il mio cuore!  E senza questa risoluzione che pericolo corro e quale responsabilità incontro! Il pendio è tanto sdrucciolevole da portarmi al peccato mortale!

b) La presenza di Dio è la base della custodia del cuore

O santa Trinità, se, come spero, sono in stato di grazia, voi abitate nel mio cuore con tutta la vostra gloria, con tutte le vostre perfezioni infinite, tale insomma quale siete in Cielo benché nascosta sotto il velo della fede. Non vi è istante in cui non abbiate gli occhi sopra di me, per discernere le mie azioni. La vostra misericordia e la vostra giustizia operano continuamente in me. Per punirmi delle mie ingiurie, ora mi ritirate le vostre grazie speciali oppure cessate di disporre maternamente gli avvenimenti che dovevano riuscire a mio vantaggio, ora invece mi colmate di nuovi benefici!  Se la vostra dimora in me fosse ai miei occhi l’avvenimento più importante e il più degno della mia attenzione, starei io così di frequente e così a lungo senza pensarvi? Non derivano forse dalla disattenzione a questo fatto fondamentale della mia esistenza, gli insuccessi che finora seguirono i miei tentativi di Custodia del cuore! – Le giaculatorie, succedendosi regolarmente lungo la giornata, mi avrebbero dovuto ricordare questa dimora amorosa di Dio in me. E tu, o anima mia, hai finora fatto abbastanza per intercalare la tua vita con qualche giaculatoria, ALMENO UNA VOLTA OGNI ORA! Della tua meditazione quotidiana e della tua vita liturgica hai fatto abbastanza profitto per rientrare di quando in quando almeno per alcuni secondi al santuario intimo del tuo cuore, per adorarvi la Bellezza infinita, l’Immensità, l’Onnipotenza, la Santità, la Vita, l’Amore, insomma il Bene sommo e perfetto che si degna di risiedervi e che è il tuo Principio e il tuo Fine? Le comunioni spirituali che posto occupano nella mia giornata! Eppure sono ogni momento a mia disposizione, non solo per ricordarmi che abita in me la SS. Trinità, ma anche per intensificare tale dimora con una nuova infusione del Sangue redentore nell’anima mia.Che conto ho fatto finora di tanti tesori messi sulla mia strada! Mi sarebbe bastato abbassarmi a raccogliere questi diamanti per ornarne il mio diadema. Quanto sono lontano da quelle anime che, pure continuando i loro lavori e le loro conversazioni, ritornano migliaia di volte al giorno al loro Ospite divino! Esse si sono fatta quest’abitudine, e il loro cuore è fisso là dove sta il loro tesoro.

c) La divozione a Maria Santissima facilita la custodia del cuore

O Madre mia immacolata, la parola di vostro Figlio sul Calvario vi costituì Madre mia, affinché voi mi aiutaste a conservare il mio cuore unito, per mezzo di Gesù, alla SS. Trinità. Io voglio che le invocazioni sempre più frequenti che vi rivolgerò, mirino soprattutto a questa custodia del mio cuore, affinché ne siano purificate le tendenze, le intenzioni, gli affetti e i voleri. Non voglio più nascondermi alla vostra dolce voce. «Fermati, figlio mio, correggi il tuo cuore; no, non è vero che in questo momento tu cerchi la gloria di Dio! ». Quante volte nelle mie dissipazioni o nelle mie occupazioni mal regolate mi avete rivolto questo invito materno! E quante volte, purtroppo, io non Io volli udire! Madre mia, d’ora innanzi ascolterò questo RICHIAMO DEL VOSTRO CUORE, e la mia fedeltà gli risponderà con un proposito energico e risoluto; esso potrà durare soltanto un baleno, ma basterà perché io mi faccia una di queste domande: Per chi è questa azione? Come agirebbe Gesù al posto mio? Questa interrogazione intima, divenuta abitudine, costituisce la Custodia del cuore. Essa mi permetterà, nei più minuti particolari, di tenere le mie facoltà e le loro tendenze in una dipendenza abituale sempre più perfetta da Dio che vive in me.

d) Come s’impara la custodia del cuore

Io gemo al vedere che per lunghi intervalli il mio lavoro resta fuori dalla presenza di Dio; gemo nel constatare che, durante questo tempo di vita tutta esteriore, molte colpe mi sfuggono; qualunque sia lo stato dell’anima mia o mescolanza di fervore e d’imperfezioni, o tepidezza manifesta, voglio incominciare da oggi a rimediarvi, esercitandomi nella Custodia del cuore. – Al mattino durante la meditazione determinerò, MA RISOLUTAMENTE E CON TUTTA PRECISIONE, UN MOMENTO DEL MIO LAVORO, nel quale mi sforzerò, pure attendendo alacremente all’opera voluta da Dio, di vivere di vita interiore PIÙ PERFETTA CHE SIA POSSIBILE, di Custodia del cuore, cioè di vigilanza sotto il vostro sguardo o Gesù, e di ricorso a Voi come se avessi fatto il voto di fare sempre ciò che è più perfetto. Incomincerò con cinque minuti, o anche meno, mattino e sera (È praticamente quello che Bossuet chiama « il momento di solitudine affettuosa che bisogna a ogni costo procurarsi durante la giornata » — È quello che con tanta insistenza consigliava san Francesco di Sales sotto il nome di ritiro spirituale. – In questo esercizio del ritiro spirituale e delle giaculatorie sta la grande opera della divozione. Questo esercizio può supplire al difetto di ogni altra orazione, ma la mancanza di questo non può quasi essere riparata da nessun altro mezzo. Senza di questo non si saprebbe fare che male la vita attiva… e il lavoro non è che un impedimento – Introd. alla Vita divotap. 2, c. III); mirerò più alla perfezione di questo esercizio che non alla sua durata; mi sforzerò di farlo sempre meglio e di agire in mezzo al lavoro, ANCHE e SOPRATTUTTO se è assorbente, come agirebbe un santo, con la purezza d’intenzione, con la custodia del mio cuore e di tutte le mie facoltà, con una condotta generosa, insomma, come avrebbe agito Gesù medesimo se avesse dovuto fare lo stesso lavoro.  Questo sarà un tirocinio di vita interiore pratica; sarà una protesta contro la mia abitudine di dissipazione e di evagatio mentis. Voglio Dio; voglio il suo regno; voglio che questo regno duri in me quando è giunto il tempo delle occupazioni esteriori. Non voglio più che l’anima mia sia come un corridoio aperto a tutti i venti e che si metta nell’impossibilità di vivere unita a Dio e di essere vigilante, supplichevole e generosa. In quel breve istante il mio occhio resterà senza sforzo, ma esattamente, fisso sui diversi motivi dell’anima mia la quale non si perdonerà nulla. La mia volontà sarà essa pure ardentemente decisa di non risparmiare nulla per vivere perfettamente, durante quel breve intervallo. Il mio cuore da parte sua sarà risoluto di ricorrere con frequenza al Signore, per mantenersi in quel SAGGIO DI SANTITÀ. Questo esercizio sarà cordiale, allegro e fatto con espansione di anima. Certamente mi saranno necessarie vigilanza e mortificazione, per mantenermi alla presenza di Dio e per rifiutare alle mie facoltà e ai miei sensi tutto ciò che risente della natura; ma non mi accontenterò di questa parte negativa: mirerò soprattutto a informare questo esercizio con quella intensità di amore che, facendomi praticare con somma cura l’Age quod agis (Fa ciò che fai, cioè applicati interamente all’azione presente), prima con la purezza d’intenzione e poi con un ardore, con una impersonalità e una generosità sempre crescenti, dia alle mie opere tutta la loro perfezione e il loro valore. – La sera, all’esame generale, o all’esame particolare se prendo come argomento questo esercizio, farò una rigorosa analisi di quello che furono quei minuti di custodia del cuore più stretta, incondizionata e presso Gesù. M’infliggerò una piccola penitenza, anche solo la privazione di un po’ di vino o di frutta senza che altri se ne accorga, o una breve preghiera con le braccia in croce, o alcuni colpi di riga o di altro oggetto duro sulla punta delle dita, se constaterò di non essere stato abbastanza supplichevole o abbastanza amante durante quell’esercizio di custodia del cuore, cioè di vita attiva interiore congiunta con la vita attiva. Che splendidi risultati darà questo esercizio! Che bella scuola di Custodia del cuore! Quante nuove viste su peccati e imperfezioni di cui non sospettavo neppure l’esistenza! Quei momenti benedetti a poco a poco irradieranno VIRTUALMENTE su coloro che li seguiranno. Tuttavia non li prolungherò se non quando avrò prima quasi esaurito quello che potevo intravvedere dell’orizzonte di santità, di perfezione nell’esecuzione e d’intensità di amore. Si ravviverà la mia sete di non più stare a pochi minuti e con il vostro aiuto, o Gesù, arriverò a rendermi familiare questo esercizio salutare e a prendere un’abitudine che renderà pura l’anima mia e mi farà vivere sempre con Voi.

e) Condizioni della custodia del cuore

Queste sono: una vigilanza forte, calma, dolce e sincera; una gran diffidenza di me e delle creature; il rinnovamento frequente della mia risoluzione; i continui ricominciamenti pieni di fiducia nella misericordia di Gesù, verso l’anima che lotta davvero per giungere alla custodia del cuore; la certezza sempre crescente che NON COMBATTO DA SOLO, ma unito con Gesù vivente in me, con Maria mia Madre, con il mio Angelo custode e con i Santi; la convinzione che queste potenze alleate mi assistono ogni momento, purché io cerchi questa custodia del cuore e non mi allontani dalla loro assistenza, e finalmente un ricorso cordiale e frequente a tutti questi soccorsi divini, affinché mi aiutino a fare quod Deus vult e a farlo quomodo vult e quia Deus vult (Quello che Dio vuole, come lo vuole e perché lo vuole.). Oh! quanto sarà trasformata la mia vita, o Gesù, se custodirò  il mio cuore unito a Voi! La mia intelligenza potrà essere assorta nell’azione presente,  ma io voglio giungere a effettuare in me quello che potei constatare nelle anime sommamente occupate il cui cuore tuttavia non cessava di RESPIRARE IN VOI. Se ben comprendo che cosa è la Custodia del cuore, ben lungi dal diminuire la libertà di azione necessaria alle mie facoltà per compiere tutti i doveri del mio stato, il respiro dell’anima mia nell’atmosfera di amore che siete Voi, o Gesù, non farà altro che aumentarla e renderà la mia vita luminosa, allegra, forte e serena.  Invece di essere schiavo delle passioni e delle impressioni, io diventerò sempre più libero, e di questa mia libertà così perfezionata io potrò, o mio Dio, farvi frequentemente un omaggio di dipendenza, di riparazione e di amore, in unione con Gesù il quale continuamente nella sua vita mortale praticò questo spirito di dipendenza che ora è trasformato in una gloria infinita ed eterna: Propter quod exaltavit illum (Filipp. II, 9).

6.

Per l’apostolo è necessaria un’ardente divozione a Maria Immacolata

Come membro dell’Ordine Cistercense, così strettamente consacrato a Maria, come figlio di san Bernardo, impareggiabile apostolo dell’Europa per mezzo secolo, come potrei dimenticare che il santo Abate di Chiaravalle attribuiva a Maria tutti i suoi progressi nell’unione con Gesù e tutti i trionfi del suo apostolato!  Tutti sanno che cosa fu presso i popoli e i regnanti, in mezzo ai Concili e sul cuore dei Pontefici, l’apostolato di colui che è il figlio più illustre del Patriarca san Benedetto.  Tutti esaltano la santità, l’ingegno, la scienza profonda dei Libri santi e l’unzione penetrante degli scritti dell’ultimo dei Padri della Chiesa.  Ma quello che più di tutto riassume l’ammirazione dei secoli per il santo Dottore, è il titolo di Cytharista Mariæ che gli fu dato. «Cantore di Maria», egli non fu superato da nessuno di quelli che celebrarono le glorie della madre di Dio. San Bernardino da Siena e san Francesco di Sales, come Bossuet, sant’Alfonso, il santo Grignon de Montfort e altri, attingono a larga mano dai tesori di san Bernardo, quando vogliono parlare di Lei e trovare argomenti per stabilire questa verità che il santo Dottore mette in rilievo: tutto ci viene da Maria.  «Vediamo, o fratelli, con quali sentimenti di divozione Dio volle che noi onorassimo Maria, Egli che mise in Lei la pienezza di ogni bene. Se vi è in noi qualche speranza, qualche grazia, qualche pegno di salvezza, riconosciamo che tutto questo si riversa su noi da Colei che è ricolma di delizie… Togliete questo sole che illumina il mondo, e non vi sarà più giorno: togliete Maria, questa stella del mare, del nostro grande e vasto mare, che cosa rimane se non una profonda oscurità, un’ombra di morte e di fitte tenebre? Dunque dal più intimo del nostro cuore, dal fondo stesso delle nostre viscere e con tutti i nostri voti noi dobbiamo onorare Maria Vergine, perché questa è la volontà di Colui il quale dispose che noi avessimo tutto da Lei» (Serm. in Nativ. B. M. V. alias de Aquæductu, S. Bernardo). Appoggiato a questa dottrina, non esiterò a stabilire che l’apostolo, qualunque cosa faccia per la sua salvezza e per il suo progresso spirituale e per la fecondità del suo apostolato, corre rischio di costruire sulla sabbia, se la sua attività non si appoggia su una specialissima divozione a Maria.

a) PER LA VITA INTERIORE PERSONALE. L’apostolo non è abbastanza divoto verso sua Madre, se la sua fiducia in lei è priva di entusiasmo, se il culto che le dà, è quasi tutto esterno. Come suo Figlio, Maria intuetur cor, guarda soltanto i cuori e non ci giudica suoi veri figli se non dalla forza con cui il nostro amore risponde al suo.  Il cuore dell’apostolo dev’essere un cuore fermamente convinto delle grandezze, dei privilegi e delle funzioni di Colei che è ad un tempo la Madre di Dio e la Madre degli uomini. Dev’essere un cuore penetrato di questa verità, che la lotta contro i difetti, l’acquisto delle virtù, il regno di Gesù Cristo nelle anime, e perciò la sicurezza della salute e la santificazione, sono in proporzione con il grado della divozione a Maria. (Nessuno mai non si è salvato se non per mezzo di Voi, o Madre di Dio; nessuno mai non riceve il dono di Dio se non per mezzo di Voi, o piena di grazie (S. Germano). La santità cresce in proporzione della divozione verso Maria SS. P. Faber). Dev’essere un cuore compreso dì questo pensiero, che nella vita interiore tutto è più facile, più sicuro, più soave e più rapido, quando si opera con Maria (Con Maria, si fa più progresso nell’amore di Gesù in un mese, che non in anni interi vivendo meno uniti a questa buona Madre – B. Grignon de Montfort). Dev’essere un cuore riboccante di fiducia filiale, qualunque cosa accada, verso Colei di cui conosce per esperienza le delicatezze, le premure, le tenerezze, le misericordie e le generosità (« Filioli, hæc mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meæ: Figliuoli, essa è la base della mia fiducia, è tutta la ragione della mia speranza » – S. Bernardo). Dev’essere un cuore sempre più infiammato di amore verso Colei che egli non separa da nessuna delle sue gioie, che unisce a tutte le sue pene e per la quale passano tutti i suoi affetti. Tutti questi sentimenti rispecchiano assai bene il cuore di san Bernardo, modello dell’uomo di azione. Chi non conosce le parole che sgorgano dall’anima di questo santo Abate quando, spiegando ai suoi monaci il Vangelo Missus est, esclamava:  « O tu che nel flusso e nel riflusso di questo mondo ti accorgi che vai vagando in mezzo alle tempeste e alle burrasche, più che non cammini sulla terra, tieni fisso lo sguardo su questa stella per non perire nell’uragano. Se si scatenano i venti delle tentazioni, se urti contro gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei agitato dalle onde della superbia, dell’ambizione, della maldicenza, dell’invidia, guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira o l’avarizia e le passioni assalgono la fragile barchetta dell’anima tua, alza gli occhi a Maria. Se oppresso dall’enormità delle tue colpe, confuso per le laide piaghe della tua coscienza, atterrito dall’orrore del giudizio, incominci ad essere assorbito nell’abisso della tristezza e della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angosce, nei dubbi, pensa a Maria, invoca Maria. Maria non sia mai lontana dalle tue labbra, non mai lontana dal tuo cuore; e per ottenere il suffragio della sua preghiera, non dimenticare l’esempio della sua vita. Seguendo lei, non ti smarrisci; pregandola, non disperi; contemplandola, non sbagli. Con il suo appoggio, non cadi; sotto la sua protezione, non temi; sotto la sua guida, non ti stanchi; se Essa ti è propizia, arriverai al porto».  Costretto a non dilungarmi troppo, eppure volendo offrire ai miei confratelli nell’apostolato come un compendio dei consigli di san Bernardo per arrivare ad essere veri figli di Maria, credo di non poter fare nulla di meglio che invitarli fraternamente a leggere con attenzione il prezioso e sodo volume La vie spirituelle à l’école du Bienheureux Grignon de Montfori, scritto dal P. Lhoumeau (Libreria Oudin. — Il P. Lhoumeau è il Superiore generale della Congregazione fondata dal B. Grignon de Montfort). – Con gli scritti di sant’Alfonso e i commentari del P . Desurmont, con quelli del P. Faber e del P. Giraud de la Salette, nessun libro, meglio di quello del P. Lhoumeau, riflette i sentimenti di san Bernardo che egli infatti cita a ogni passo. Soda base teologica, unzione, praticità, non manca nulla per ottenere il risultato che cercava continuamente il santo abate di Chiara-valle, di formare cioè il cuore dei suoi figli a immagine del suo e di dare loro quella che fu la caratteristica degli scrittori Cistercensi, il bisogno del Ricorso abituale a Maria e la Vita di unione con Lei.  Terminerò con la consolante parola che l’illustre Cistercense santa Geltrude, che Dom Guéranger chiama «Gertrude la Grande», udì dalle labbra della stessa Vergine santissima: «Non bisogna chiamare mio Figlio unico, ma piuttosto il mio primogenito, il mio dolcissimo Gesù; io concepii Lui il primo nel mio seno, ma dopo di Lui, o meglio per mezzo di Lui, io vi ho tutti concepiti perché siate suoi fratelli e miei figli, adottandovi nelle viscere della mia carità materna». Nelle opere di questa santa Patrona delle Trappiste, tutto rispecchia lo spirito del suo Padre san Bernardo, in ciò che riguarda la vita di unione con Maria.

b) PER LA FECONDITÀ, DELL’APOSTOLATO. Sia che l’uomo di azione debba togliere le anime dal peccato, sia che debba far fiorire in loro le virtù, sempre deve avere come primo scopo, a esempio di san Paolo, quello di far nascere Gesù Cristo in queste anime. Ora Dio, dice Bossuet, avendoci voluto dare una volta Gesù Cristo per mezzo della santa Vergine, non muta più il suo disegno: Maria diede alla luce il Capo, e così pure deve dare alla luce le membra. – Segregare Maria dall’apostolato sarebbe un non riconoscere una delle parti essenziali del Disegno divino. «Tutti i predestinati, dice sant’Agostino, sono in questo mondo nascosti nel seno della Vergine santissima, dove sono custoditi, nutriti, conservati e allevati da questa buona Madre, fino a che Essa li darà alla luce della gloria, dopo la loro morte». – Dopo l’Incarnazione, conchiude giustamente san Bernardino da Siena, Maria acquistò una specie di giurisdizione su ogni missione temporale dello Spirito Santo, di modo che nessuna creatura riceve grazie se non per mano di Lei. Ma anche il devoto di Maria diventa a sua volta onnipotente sul Cuore di sua Madre; e allora quale apostolo potrebbe dubitare dell’efficacia del suo apostolato se con la sua divozione dispone dell’Onnipotenza di Maria sul Sangue redentore! Perciò noi vediamo tutti i grandi apostoli animati da una devozione straordinaria verso Maria. Quando vogliono trarre un’anima dal peccato, che ardore di persuasione essi hanno, essendo identificati, per l’orrore del male e per l’amore della virtù, con Colei che chiamò se stessa l’Immacolata Concezione! – Alla voce di Maria il Precursore riconobbe la presenza di Gesù ed esultò nel seno di sua madre. Quali parole non darà Maria ai suoi veri tigli, per aprire a Gesù i cuori che prima gli erano chiusi!  Quali parole non sanno trovare gli intimi della Madre di Misericordia, per impedire che la disperazione s’impadronisca delle anime che per molto tempo abusarono delle grazie! – Se si tratta di un disgraziato che non conosce Maria, la sicurezza con cui l’uomo di azione la presenta come vera Madre e Rifugio dei peccatori, aprirà agli occhi di quel misero nuovi orizzonti. Il santo Curato d’Ars trovava alle volte dei peccatori che, accecati dall’illusione, si appoggiavano a qualche pratica esteriore di divozione a Maria, per starsene tranquilli, per peccare a loro agio e per non temere le fiamme eterne. Allora la sua parola diventava irresistibile sia per dimostrare al colpevole la mostruosità di una presunzione così ingiuriosa alla Madre di Misericordia, sia per fargli adoperare quell’atto di divozione per implorare la grazia di liberarsi dalle strette del serpente infernale. – In un caso simile, un uomo di azione poco devoto di Maria con le sue parole recise e fredde non riuscirà ad altro che a far abbandonare al povero naufrago l’ultimo frantume che sarebbe potuto divenire per lui una tavola di salvezza. Maria vivente in un cuore di apostolo è la stessa eloquenza materna assicurata all’operaio evangelico, per commuovere le anime con le quali ogni mezzo fu vano. Sembrerebbe che, con ammirabile delicatezza, il Signore abbia voluto riservare alla mediazione di sua Madre le conquiste più difficili dell’apostolato e non le conceda che a quelli che vivono in intimità con Lei. Per Te ad nìhilum redegit inimico nostros.  Il vero figlio di Maria non sarà mai a corto di argomenti, di mezzi e di espedienti quando, nei casi quasi disperati, dovrà fortificare i deboli e consolare gl’inconsolabili. Il Decreto che aggiunge alle Litanie l’invocazione Maier boni consilii, si appoggia sui titoli di Cœlestium gratiarum thesaurariae di Consolatrix universalis che Maria si merita. «Madre del buon consiglio», essa dà ai suoi veri devoti soltanto, come a Cana, il segreto per ottenere il Vino della forza e della gioia, per distribuirlo agli altri. Ma soprattutto quando alle anime bisogna parlare dell’amore di Dio, la «Rapitrice dei cuori», Raptrix cordium, secondo l’espressione di san Bernardo, la Sposa dell’Amore sostanziale mette sulle labbra dei suoi intimi parole di fuoco che accendono l’amore di Gesù e con esso fanno germogliare tutte le virtù. – Noi come apostoli dobbiamo amare appassionatamente Colei che Pio IX chiama Virgo Sacerdos e la cui dignità sorpassa del tutto quella dei Sacerdoti e dei Pontefici. E questo amore ci dà il diritto di non considerare mai come perduta un’opera se l’abbiamo incominciata con Maria e se vogliamo continuarla con Lei. Maria infatti è la base e la corona di tutto ciò che interessa il regno di Dio per mezzo di Gesù Cristo. Ma non dobbiamo poi credere che lavoriamo con Lei, se ci limitiamo a innalzarle altari o a far cantare lodi in suo onore: quella che Ella vuole da noi è una divozione la quale ci permetta di affermare con sincerità, che noi viviamo abitualmente uniti con Lei, che ricorriamo ai suoi consigli, che i nostri affetti passano per il suo Cuore e che le nostre domande sono molte volte fatte per mezzo di Lei. Ma quello che Maria più di tutto si aspetta dalla nostra divozione, è l’imitazione di tutte le virtù che ammiriamo in Lei, e l’abbandono incondizionato, nelle sue mani, affinché ci rivesta di Gesù Cristo. A questa condizione del Ricorso abituale a Maria, noi imiteremo quel generale del Popolo di Dio, il quale, prima di marciare contro il nemico, diceva a Debora: «Se tu vieni con me, andrò; se non vieni, non andrò», e faremo davvero tutte le nostre opere con Lei. Non solo essa entrerà nelle decisioni più importanti, ma anche in tutti i casi imprevisti e persino nei particolari dell’esecuzione. – Uniti a Colei il cui titolo di Nostra Signora del Sacro Cuore riassume per noi tutti i titoli, non correremo mai il pericolo di corrompere le nostre opere lasciando che esse si oppongano alla nostra vita interiore, diventino un pericolo per l’anima nostra e possano servire più alla nostra gloria che alla gloria di Dio. Noi anzi arriveremo appunto per mezzo dell’azione alla vita interiore, e così all’unione sempre più intima con Colei che ci deve assicurare il possesso di Gesù suo Figlio, per tutta l’eternità.

EPILOGO Presso il trono di Maria Immacolata depongo questo umile lavoro.  L’ideale perfetto dell’apostolato mi piace meditarlo nel Cuore della SS. Vergine, quale ce lo mostra un’incisione bizantina del VI secolo. Maria porta nel suo seno il Verbo incarnato, circondato da un cerchio di luce. Come l’Eterno Padre, essa conserra sempre in se stessa il Verbo che diede al mondo. Secondo l’espressione di Rohault de Fleury, «il Salvatore risplende in mezzo del seno di Lei come un’Eucaristia i cui veli siano squarciati»; Gesù vive in Lei; egli è il suo cuore, il suo respiro, il suo centro e la sua vita: vera immagine della vita interiore. Ma il divino Adolescente esercita l’apostolato: il suo atteggiamento, il rotolo del suo Vangelo che tiene nella sinistra, il gesto della mano destra, il suo sguardo, tutto indica che Egli sta insegnando. La Vergine si unisce alla sua parola; l’espressione del suo viso sembra dire che anch’essa vuole parlare; i suoi occhi così aperti sembrano andare cercando anime alle quali possa comunicare suo Figlio: bella immagine della vita attiva della predicazione e dell’insegnamento. Le sue mani distese come quelle delle Oranti delle catacombe, o del sacerdote che offre l’Ostia santa, ricordano che con la preghiera prima di tutto e con l’unione al sacrificio di Gesù, la nostra vita interiore sarà intensa e il nostro apostolato fecondo. Essa vive di Gesù, per mezzo di Gesù, della sua vita, del suo amore, dell’unione al suo sacrificio, e Gesù parla in Lei e per mezzo di Lei. Gesù è la sua vita, e Maria è la portatrice del Verbo, il suo portavoce, l’ostensorio di Gesù. Così l’anima dedicata all’azione per eccellenza, all’apostolato, deve vivere di Dio per poter efficacemente parlare di Lui, e la vita attiva, lo ripeterò ancora una volta, non dev’essere altro che l’effusione della vita interiore.

FINE