L’ANIMA DELL’APOSTOLATO (10)

R. P. CHAUTARD D. G. B .

L’ANIMA DELL’APOSTOLATO (10)

TRADUZIONE del Sac. GIULIO ALBERA, S. D. B. 8a EDIZIONE

SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALETORINO MILANO GENOVA PADOVA PARMA ROMA NAPOLI BARI CATANIA PALERMO

VISTO: Nulla osta alla stampa.

Torino: 22 giugno 1922.

Can. CARLO FRANCO – Rev. Arciv.

VISTO: Imprimatur.

C. FRANCESCO DUVINA – Provic. gen.

PARTE QUINTA

Alcuni principi ed avvisi per la vita interiore

1.

Alcuni consigli agli uomini di azione per la vita interiore

CONVINZIONI:

Lo zelo non è efficace se non gli si unisce l’azione di Gesù Cristo.

Gesù Cristo è l’agente principale, e noi non siamo altro che i suoi strumenti.

Gesù Cristo non benedice le opere in cui l’uomo confida soltanto nei propri suoi mezzi.

Gesù Cristo non benedice le opere sostenute unicamente dall’attività naturale.

Gesù Cristo non benedice le opere in cui lavora l’amor proprio invece dell’amore divino (P. Desurmont, C. SS. R).

Guai a chi si rifiuta alle opere a cui Dio lo chiama.

Guai a chi s’intromette nelle opere senza assicurarsi della volontà di Dio.

Guai a chi nelle opere vuole comandare, senza dipendere veramente da Dio.

Guai a chi nell’esercizio dell’azione non adopera i mezzi di conservare o di ricuperare la vita interiore.

Guai a chi non sa coordinare la vita interiore con la vita attiva, in modo che questa non danneggi l’altra.

PRINCÌPI:

Principio. — Non bisogna darsi all’azione per pura attività naturale, ma bisogna consultare Dio per potersi rendere la testimonianza che si agisce sotto l’ispirazione della sua grazia e secondo la manifestazione moralmente sicura della sua volontà.

Principio. — È cosa imprudente e dannosa il rimanere troppo a lungo in un periodo di eccessive occupazioni che metterebbero l’anima in uno stato incompatibile con gli esercizi essenziali della vita interiore; allora è il caso, soprattutto per i sacerdoti e i religiosi, di applicare, anche alle opere più sante, il precetto: Erue eum et proiice abs te (Strappalo e gettalo lontano da te (MATT. V, 29). ).

Principio. — Un regolamento che stabilisca l’impiego abituale del tempo, fatto d’accordo con un sacerdote prudente, di vita interiore e di esperienza, si deve imporre anche con la violenza se occorre, all’eccesso sregolato della vita attiva.

Principio. — Per il profitto proprio e per quello degli altri, bisogna prima di tutto coltivare la vita interiore: quanto più si è occupati, tanto più si abbisogna di questa vita. Dunque tanto più se ne deve avere la sete e si devono adoperare i mezzi perché questa sete non sia uno di quei desideri sterili di cui satana si serve per addormentare le anime e mantenerle nell’illusione.

Principio. — Se l’anima si trova per caso, e davvero per volere di Dio, molto occupata e perciò nella morale impossibilità di prolungare le sue pratiche di pietà, essa possiede un termometro infallibile il quale le dice se DAVVERO si mantiene nel fervore. Se davvero essa ha sete di vita interiore, se con tutta la sua buona volontà prende tutte le occasioni per compierne le pratiche essenziali, può starsene tranquilla e deve fare assegnamento sicuro su grazie affatto speciali che Dio serba per lei: essa vi troverà la forza sufficiente per progredire nella vita spirituale.

Principio. — Fintantoché l’uomo di azione non arriva a mantenersi nel raccoglimento e nella dipendenza dalla grazia che lo devono accompagnare dappertutto, si trova in uno stato insufficiente di vita interiore. Per tale raccoglimento necessario, non occorre nessuno sforzo: basta uno sguardo abituale che venga più dal cuore che non dalla mente, uno sguardo sicuro, giusto, penetrante, per vedere se si rimane nell’azione sotto l’influenza di Gesù.

Avvisi PRATICI:

1° Bisogna scolpirsi bene in mente che senza il Regolamento sopra accennato e senza la ferma volontà di attenervisi abitualmente, e particolarmente riguardo all’ORA DI ALZARSI rigorosamente fissata, l’anima NON PUÒ avere una vita interiore.

2° Stabilire come base della vita interiore, come elemento indispensabile, la meditazione del mattino. Santa Teresa dice: « Colui che è già ben deciso di fare a qualunque costo la mezz’ora di meditazione del mattino, è già a metà strada». Senza la meditazione si avrà quasi necessariamente una giornata di tepidezza.

La Messa, la Comunione, la recita del Breviario, le funzioni liturgiche sono miniere incomparabili di vita interiore, le quali si devono sfruttare con fede e con fervore sempre crescenti.

L’esame particolare e l’esame generale devono avere per scopo, come la meditazione e la vita liturgica, l’abitudine della Custodia del cuore con la quale si mette in pratica l’unione del Vigilate e dell’Orate. L’anima attenta a ciò che passa nel suo interno e alla presenza della Santissima Trinità in lei, acquista l’istinto di ricorrere a Gesù in ogni circostanza, ma soprattutto quando vede il pericolo di dissiparsi o di indebolirsi.

5° Di qui nasce un bisogno di pregare continuamente con le comunioni spirituali e con le giaculatorie cosi facili, quando si vuole, anche in mezzo alle occupazioni più assorbenti, e così piacevoli a variare, adattandole agli speciali bisogni del momento presente, alle circostanze attuali, ai pericoli, alle difficoltà, alla stanchezza, alla delusione ecc.

6° Un devoto studio della Sacra Scrittura e specialmente del Nuovo Testamento deve trovare posto ogni giorno, o almeno più volte alla settimana, nella vita di un sacerdote. — La lettura spirituale del pomeriggio è un dovere quotidiano che un’anima generosa non tralascia mai. La mente ha bisogno di mettersi dinanzi alle verità soprannaturali, ai dogmi che generano la pietà e alle conseguenze morali che ne derivano e che tanto facilmente si dimenticano.

7° In conseguenza di questa custodia del cuore che ne sarà come la preparazione remota, la confessione settimanale sarà certamente fatta con sincera contrizione, con vero dolore e con fermo proponimento sempre più leale e risoluto.

8° Gli esercizi spirituali una volta all’anno sono utilissimi, ma non bastano: il ritiro mensile, di un giorno intero, o almeno di mezza giornata, impiegata davvero per rimettere l’anima in equilibrio, è quasi indispensabile per l’uomo di azione.

2.

La meditazione, elemento indispensabile della vita interiore, e perciò dell’apostolato

Un vago desiderio di vita interiore concepito dopo la lettura rapida di un volume, non darebbe NESSUN RISULTATO.  Bisogna che questo desiderio sia fissato con una risoluzione precisa, viva e pratica.  – Molte persone di azione mi hanno domandato che rendessi loro facile il mezzo di effettuare il loro proposito di vita interiore, esponendo alcune risoluzioni generali. Il rispondere a tali desideri vuol dire aggiungere una specie di appendice a questo volume.  Vi rispondo tuttavia volentieri, persuaso che da una parte l’uomo di azione, o sacerdote o secolare, non avrà certo davvero fatto profìtto dalla lettura di ciò che precede, se non è ben deciso di dedicare ogni mattina un po’ di tempo alla meditazione, e che d’altra parte il sacerdote, se vuole progredire nella vita interiore, non può fare a meno di valersi della vita liturgica e di esercitarsi nella custodia del cuore.  Mi pare cosa più pratica l’adottare per questi tre punti la forma di risoluzione personale. Non pretendo d’insegnare un nuovo metodo di meditazione, ma cercherò di estrarre il midollo dai metodi migliori.

RISOLUZIONE DI MEDITAZIONE (1):

(1) Ciascuna di queste tre risoluzioni dev’essere meditata lentamente o, meglio ancora, divisa in più meditazioni: una semplice lettura non basta per trarne profitto.

Voglio essere fedele alla meditazione del mattino.

a) Questa fedeltà è necessaria?

SACERDOTE, io intesi negli esercizi spirituali della mia ordinazione, questa grave parola: Sacerdos alter Christus! Compresi allora che se non vivo specialmente di Gesù, non sono un sacerdote secondo il suo cuore, non sono un’anima sacerdotale.

SACERDOTE, io devo vivere nell’intimità di Gesù; Egli lo vuole da me: Iam non dicam vos servos.. Vos autem dixi amico (Non vi chiamerò più nervi, ma amici – Giov. XV, 15). – MA LA MIA VITA CON GESÙ principio, mezzo e fine, si sviluppa in quella misura in cui egli è la LUCE della mia ragione e di tutti i miei atti interni ed esterni, 1’AMORE che regola tutti gli affetti del mio cuore, la mia FORZA nelle prove, nelle lotte, nel lavoro e I’ALIMENTO di quella vita soprannaturale che mi fa partecipare della stessa vita di Dio.  Ora questa vita con Gesù, ASSICURATA CON LA MIA FEDELTÀ ALLA MEDITAZIONE, senza questa è moralmente IMPOSSIBILE.  Oserò io oltraggiare con un rifiuto il cuore di Colui che mi offre questo mezzo di vivere della sua amicizia!  Un altro aspetto importante, benché negativo, della necessità della mia meditazione è questo: secondo l’economia del disegno divino, essa è EFFICACE contro i pericoli inerenti alla mia debolezza, alle mie relazioni con il mondo, a quei dati miei obblighi. Se faccio la meditazione, sono come rivestito di un’armatura di acciaio e INVULNERABILE ai dardi nemici i quali mi colpirebbero CERTAMENTE senza la meditazione. Perciò molte colpe che non avverto o avverto appena, mi saranno imputate nella loro causa. O meditazione o gravissimo pericolo di dannazione per il sacerdote che è a contatto con il mondo, dichiarava il pio, dotto e prudente P. Desurmont, uno dei più provetti predicatori di esercizi spirituali agli ecclesiastici. – E il cardinale Lavigerie diceva: «Per l’apostolo non vi è via di mezzo tra la santità, se non acquisita almeno desiderata e cercata (soprattutto con la meditazione quotidiana) e il pervertimento progressivo». – Ciascun sacerdote può applicare alla sua meditazione le parole ispirate dallo Spirito Santo al Salmista: Nisi quod LEX TUA MEDITATIO mea est tunc forte periissem in humilitate mea (Se la tua legge non era la mia meditazione, già sarei perito nella mia miseria – Salmo CXVIII, 92). Ora questa legge arriva fino al punto di obbligare il sacerdote a riprodurre lo spirito di Gesù Cristo.

UN SACERDOTE VALE QUANTO LA SUA MEDITAZIONE. VI SONO DUE CATEGORIE DI SACERDOTI:

1° I sacerdoti la cui risoluzione è tale, che la loro meditazione non sarebbe neppure ritardata da pretesti di convenienza, di occupazioni ecc.; soltanto un caso RARISSIMO di forza maggiore la farà rimandare ad altra mezz’ora del mattino, ma nulla più. Questi veri sacerdoti vogliono ottenere dei risultati buoni dalla loro meditazione e vogliono che questa sia distinta dal ringraziamento della Messa, da ogni lettura spirituale e tanto più dalla composizione di una predica. – Essi hanno la santità efficacemente desiderata e finché perseverano così, la loro salvezza è moralmente assicurata.

2° I sacerdoti che avendo preso soltanto una mezza risoluzione, RIMANDANO e perciò omettono facilmente la loro meditazione, ne snaturano lo scopo oppure non s’impongono nessun vero sforzo per riuscirvi. Ne seguirà una fatale tepidezza, con illusioni subdole, con una coscienza addormentata o falsata… Passo che scivola verso l’abisso.  A quale delle due categorie voglio appartenere! Se esito nella scelta, vuol dire che non feci bene gli esercizi spirituali.  – Tutto si collega insieme: se lascio la mia mezz’ora di meditazione, anche la Messa — perciò la mia comunione — sarà ben presto senza frutti personali e potrà divenire imputabile a colpa; la recita penosa e quasi macchinale del Breviario non sarà più la fervorosa e allegra espressione della mia vita liturgica; poca vigilanza, nessun raccoglimento e perciò nessuna giaculatoria; più nulla, purtroppo, di lettura spirituale; un apostolato sempre meno fecondo; non più esame leale delle colpe, meno ancora l’esame particolare; CONFESSIONI PER ABITUDINE E TALORA DUBBIE… in attesa del SACRILEGIO! – La cittadella sempre meno difesa e abbandonata all’assalto di una legione di nemici: prima sono brecce… ben presto saranno rovine…

b) Che cosa dev’essere la mia meditazione?

ASCENSIO MENTIS IN DEUM (L’ascensione della mente a Dio). « Il salire così, dice san Tommaso, essendo un atto della ragione non speculativa, ma pratica, suppone gli atti della volontà ». Per conseguenza: La meditazione è un VERO LAVORO, specialmente per i principianti. — Lavoro per staccarsi un momento da ciò che non è Dio. — Lavoro per rimanere mezz’ora fissi in Dio e per arrivare a prendere un nuovo slancio verso il bene. — Lavoro certamente penoso da principio, ma che voglio accettare generosamente. — Lavoro che del resto sarà presto coronato dalla più gran consolazione di quaggiù, cioè dalla pace nell’amicizia e nell’unione con Gesù.  La meditazione, dice santa Teresa, non è altro che una conversazione amichevole nella quale l’anima parla intimamente con Colui dal quale si sente amata.

CONVERSAZIONE CORDIALE. Sarebbe un’empietà il supporre che Dio, il quale mi dà il bisogno e talora l’attrattiva di questa conversazione, più che non me la imponga, non voglia poi facilitarmela. Ancorché da molto tempo io l’abbia trascurata, Gesù mi chiama teneramente e mi offre un’assistenza SPECIALE per questo linguaggio della mia fede, della mia speranza e della mia carità che dovrà essere, come dice il Bossuet, la mia meditazione. – Vorrò io resistere a questo invito di un padre il quale chiama anche il prodigo ad ascoltare la sua parola, a trattenersi familiarmente con lui, ad aprirgli il suo cuore e ad ascoltare i suoi palpiti?

CONVERSAZIONE SEMPLICE. Sarò schietto: perciò parlerò a Dio da tiepido, da peccatore, da prodigo o da fervoroso. Con l’ingenuità di un fanciullo esporrò lo stato dell’anima mia e parlerò solo il linguaggio che esprime davvero quello che sono.

CONVERSAZIONE PRATICA. Il fabbro ferraio non mette nel fuoco il ferro per farlo diventare ardente e luminoso, ma per renderlo malleabile: cosi pure la meditazione illumina la mia intelligenza e riscalda il mio cuore unicamente perché l’anima mia diventi malleabile, per poterla martellare, togliere i difetti o la forma dell’uomo vecchio e darle le virtù o la forma di Gesù Cristo. Dunque la mia meditazione avrà lo scopo di rialzare l’anima mia uno alla santità di Gesù (Bella espressione di Alvarez de Paz, sul fine della meditazione), affinché Egli la possa formare a sua immagine. Tu Domine Jesu, Tu ipse, manu mitissima, misericordissima, sed tamen fortissima FORMANS et PERTRACTANS cor meum (Tu, o Signore Gesù, Tu stesso con mano dolcissima, misericordiosissima, ma tuttavia fortissima, formi e plasmi il mio cuore (S. Agostino).

c) Come farò la meditazione?

Per mettere in pratica e la definizione e lo scopo, seguirò questa via logica: metterò la mia ragione, ma soprattutto la mia fede e il mio cuore, dinanzi al Signore che m’insegna una verità o una virtù; ravviverò la mia sete di conformare l’anima mia con l’Ideale intravveduto; deplorerò quello che vi è in me di contrario a Lui; prevedendo gli ostacoli, mi deciderò di romperli; ma persuaso che da me non posso fare nulla, con le mie istanze otterrò la grazia di riuscirvi.  Come un viaggiatore spossato e ansante, cerco di dissetarmi… Finalmente VIDEO (Video, io vedo; sitio, ho sete; volo, voglio; volo tecum, voglio con te): vedo una sorgente. Ma essa scaturisce da una rupe scoscesa… SITIO: quanto più guardo quell’acqua limpida che mi permetterebbe di continuare il mio viaggio, tanto più si fa vivo il desiderio, nonostante gli ostacoli, di calmare la mia sete… VOLO: a qualunque costo voglio arrivare a quella sorgente e sforzarmi di raggiungerla; ma purtroppo devo constatare la mia incapacità… VOLO TECUM: arriva una guida; non aspetta altro che le mie istanze per aiutarmi; mi porta persino nei passi difficili, e ben presto io posso bere a lunghi sorsi.  – Cosi sgorgano dal Cuore di Gesù le acque vive della grazia.

La mia lettura spirituale della sera, elemento così prezioso di vita interiore, ha ravvivato il mio desiderio di fare la meditazione al mattino seguente… PRIMA DEL RIPOSO vedo sommariamente, ma in modo preciso e vivo, l’argomento della meditazione (Un libro di meditazioni è quasi sempre necessario per impedire alla mente dì vagare nel vuoto. Molti volumi antichi e moderni presentano tutti i caratteri di veri libri di meditazione e non soltanto di lettura spirituale. Ogni punto contiene una verità evidente presentata con precisione, con forza e con brevità in modo che, dopo la riflessione, chiama il colloquio affettuoso e pratico con Dio. – Un solo punto basta per mezz’ora e si deve riassumere in un testo biblico o liturgico o in un’idea principale adatta al mio stato. Prima di tutto conviene scegliere i novissimi e il peccato, almeno una volta al mese, poi la vocazione, i doveri del proprio stato, i vizi capitali, le virtù principali, gli attributi di Dio, i misteri del rosario o un’altra scena del Vangelo e soprattutto della Passione. Nelle feste liturgiche l’argomento è già chiaramente indicato), come pure il frutto particolare che ne voglio trarre ed eccito dinanzi a Dio il mio desiderio di profittarne.

L’ORA DELLA MEDITAZIONE È GIUNTA (Il Clauso ostio di Gesù m’invita a preferire, per la meditazione, il luogo dove sarò meno disturbato, chiesa, camera, giardino ecc.). Voglio strapparmi alla terra, sforzare la mia fantasia a rappresentarmi una scena viva e parlante che io sostituisco alle mie preoccupazioni, distrazioni ecc. (Per esempio: Gesù che mostra il suo Cuore e dice: Ego sum resurrectio et vita, oppure: Ecco il Cuore che tanto ha amato gli uomini, oppure una scena della sua vita: Betlemme, Tabor, Calvario ecc. Se dopo uno sforzo sincero e breve non si riesce a farsi questa rappresentazione, si passi avanti, e Dio vi supplirà). Rappresentazione rapida e a grandi linee, ma abbastanza efficace da colpirmi e da GETTARMI ALLA PRESENZA di quel Dio la cui attività tutta di amore vuole avvolgermi e penetrarmi. Così eccomi in relazione con un INTERLOCUTORE VIVENTE (La riuscita della meditazione dipende spesso dalla cura con cui si considera l’Interlocutore come vivo e presente, e nel cessare di considerarlo come lontano e passivo, cioè quasi come un’astrazione), ADORABILE e AMABILE.  Cado subito in profonda adorazione, questa s’impone da sé; poi seguono atti di umiltà, di contrizione, di protesta, di dipendenza, e preghiera umile e fiduciosa affinché sia benedetta questa mia conversazione col mio Dio (Bisogna persuadersi bene che per questa conversazione Dio non vuol altro che la buona volontà. L’anima che, assediata dalle distrazioni, ritorna ogni giorno pazientemente e filialmente al suo divino interlocutore, fa una meditazione eccellente: Dio supplisce a tutto).

VIDEO:

COLPITO dalla vostra viva presenza, o Gesù, e libero così dall’ordine puramente naturale, comincerò la mia conversazione col LINGUAGGIO DELLA FEDE, più fecondo che le analisi della mia ragione, e con questo fine leggo o richiamo alla mente con diligenza il punto da meditare, lo riassumo e concentro in esso la mia attenzione.  Siete Voi che mi parlate e che m’insegnate questa verità, o Gesù; voglio dunque ravvivare e accrescere la mia fede su ciò che mi presentate come assolutamente certo, perché fondato sulla vostra veracità. E tu, o anima mia, non cessare di ripetere: Lo CREDO; ripetilo con maggior forza; come il fanciullo che studia la sua lezione, ripeti moltissime volte che tu aderisci a questa dottrina e alle sue conseguenze per la tua eternità… (Così si formano le forti convinzioni e si preparano i doni dello spirito di viva fede e dell’intuizione soprannaturale). O Gesù, questo è vero, è assolutamente vero, e io lo credo. Voglio che questo raggio del sole della Rivelazione sia come il faro della mia giornata; rendete la mia fede ancora più ardente; ispiratemi un forte desiderio di vivere di questo Ideale, e una santa collera per ciò che gli è contrario. Voglio divorare questo alimento di Verità e assimilarmelo.  – Se tuttavia, dopo alcuni minuti passati nell’eccitare la mia fede, rimanessi inerte dinanzi alla verità che mi viene presentata, non insisterò. Vi esporrò filialmente, o buon Maestro, la pena che provo per tale impotenza e vi pregherò di supplire Voi.

SlTIO:

Dalla frequenza e soprattutto dalla forza dei miei atti di fede, vera partecipazione a un raggio dell’Intelligenza divina, dipenderà il grado dell’esultanza del mio cuore, il LINGUAGGIO DELLA CARITÀ AFFETTIVA. Nascono infatti da sé, o eccitati dalla volontà, GLI AFFETTI, fiori che l’anima mia di fanciullo getta dinanzi a Gesù che le parla; sono adorazione, riconoscenza, amore, gioia, attaccamento alla volontà divina e distacco da tutto il resto, avversione, odio, timore, sdegno, speranza, abbandono. Il mio cuore sceglie uno o più di questi sentimenti, se ne penetra, ve li esprime, o Gesù, e ve li ripete mille volte, teneramente, lealmente, ma con semplicità.  Se la mia sensibilità mi dà aiuto, lo accetto perché può giovare, ma non è necessario. Un affetto calmo ma profondo è più sicuro e più fecondo delle commozioni superficiali; queste non dipendono da me e non sono mai la misura della vera ed efficace meditazione. Quello che è sempre in mio potere e che importa più di tutto, è lo sforzo per scuotere il torpore del mio cuore e per fargli dire: Mio Dio, io voglio unirmi a Voi; voglio annientarmi dinanzi a Voi; voglio cantare la mia gratitudine e la mia gioia di compiere la vostra volontà; non voglio più mentire con dirvi che vi amo e che detesto tutto ciò che vi offende ecc.  Benché mi sia lealmente sforzato, può darsi che il mio cuore rimanga freddo e che esprima fiaccamente i suoi affetti. Vi dirò allora ingenuamente, o Gesù, la mia umiliazione e il mio desiderio; volentieri prolungherò i miei lamenti, persuaso che gemendo così dinanzi a Voi per la mia sterilità, acquisto un diritto speciale ad unirmi in modo efficacissimo, benché aridamente, ciecamente e freddamente, agli affetti del vostro divin Cuore.  Come è bello, o Gesù, l’Ideale che io scorgo in Voi! Ma la mia vita è essa in armonia con questo Esemplare perfetto! Io compio questa ricerca sotto il vostro sguardo profondo, o Interlocutore divino, che ora tutto Misericordia, sarete tutto Giustizia quando vi troverò al giudizio particolare in cui con un solo sguardo Voi scruterete i motivi segreti dei più piccoli atti della mia vita. Vivo io di questo Ideale! Se morissi in questo momento, o Gesù, non trovereste che la mia condotta ne è la contraddizione! Su quali punti, o buon Maestro, desiderate che io mi corregga! Aiutatemi a scoprire gli ostacoli che m’impediscono d’imitarvi, le cause interne o esterne e le occasioni prossime o remote delle mie cadute. Alla vista delle mie miserie e delle mie difficoltà, il mio cuore è costretto ad esprimervi, o mio Redentore adorato, confusione, dolore, tristezza, amaro rimpianto, sete ardente di fare meglio, offerta generosa e illimitata del mio essere: volo piacere Deo in omnibus («Voglio piacere a Dio in tutte le cose». Con queste parole il Suarez riassume i frutti di tutti i trattali ascetici. Questi atti del Sitio dispongono l’anima alla risoluzione di non rifiutare nulla a Dio).

VOLO:

Faccio un passo innanzi nella scuola del VOLERE.

È il LINGUAGGIO DELLA CARITÀ EFFETTIVA. Gli affetti hanno fatto nascere in me il desiderio di correggermi; ho veduto gli ostacoli; ora tocca alla mia volontà il dire: Voglio rialzarmi. O Gesù, il mio ardore nel ripetervi questo voglio, deriva dal mio fervore nel ripetere: credo, amo, mi pento, detesto.  Se qualche volta questo VOLO non viene fuori con quella forza che desidero, o mio diletto Salvatore, deplorerò questa debolezza della mia volontà et invece di perdermi di coraggio, non mi stancherò di ripetervi quanto desidero di partecipare alla vostra generosità nel servizio del Padre celeste. Alla mia risoluzione generale di lavorare per salvarmi e per amare Dio, unisco quella di applicare la mia meditazione alle difficoltà, alle tentazioni e ai pericoli della giornata. Ma avrò cura soprattutto di rifondere con amore più vivo la RISOLUZIONE (È meglio tenere la stessa risoluzione per interi mesi, o da un ritiro all’altro. L’esame particolare, in forma di breve colloquio col Signore, completa la meditazione e, constatando un progresso o un regresso, facilita in modo straordinario l’avanzamento nella perfezione) che è oggetto del mio esame particolare (difetto da combattere o virtù da praticare); la rinforzo con motivi che attingerò dal Cuore del Maestro e da buon stratega stabilisco i mezzi che ne possano assicurare l’esecuzione, prevedo le occasioni e mi preparo alla lotta. Se intravvedo un’occasione speciale di dissipazione, d’immortificazione, di umiliazione, di tentazione, una decisione grave ecc., mi dispongo per quel momento alla vigilanza, all’energia e soprattutto all’unione con Gesù e al ricorso a Maria. – Se cado ancora, nonostante queste precauzioni, che abisso però tra queste cadute di sorpresa e le altre! Lungi da me lo scoraggiamento, perché so che Dio è glorificato dal mio continuo ricominciare per divenire più risoluto, più diffidente di me stesso, più assiduo nel supplicarlo: solo a questo prezzo avrò la riuscita.

VOLO TECUM:

Obbligare uno storpio a camminare diritto è meno assurdo che il pretendere di riuscire senza di Voi, o mio Salvatore (sant’Agostino). Perché le mie risoluzioni sono rimaste senza frutto, se non perché l’omnia possum non è derivato dall’in eo qui me confortat (Io posso tutto in Colui che mi conforta – Filipp. IV, 13)? Arrivo dunque al punto della mia meditazione, che sotto certi aspetti è il più importante: la SUPPLICA O LINGUAGGIO DELLA SPERANZA. – Senza la vostra grazia, o Gesù, io non posso nulla. Per nessun titolo io non merito questa vostra grazia, ma so che le mie istanze, ben lungi dall’annoiarvi, stabiliscono la misura del vostro aiuto, se esse rispecchiano la mia sete di essere vostro, la diffidenza in me stesso e la mia confidenza illimitata, pazza, direi, nel vostro Cuore. Come la Cananea, mi prostro ai vostri piedi, o Bontà infinita, con la sua insistenza, tutta di speranza e di umiltà, vi chiedo non qualche briciola, ma una vera partecipazione a quel banchetto di cui avete detto: Il mio cibo è di fare la volontà del Padre mio. – Divenuto, per mezzo della grazia, membro del vostro Corpo mistico, io partecipo della vostra vita e dei vostri meriti e prego per mezzo vostro, o Gesù. O Padre Santo, io prego per il Sangue divino il quale chiede misericordia: potrete voi respingere la mia preghiera?È il grido del mendico quello che io innalzo a Voi, o ricchezza inesauribile: Exaudi me quoniam inops et pauper sum ego (Esauditemi perché sono povero e bisognoso – Salmo LXXXV). Rivestitemi della vostra forza e nella mia debolezza glorificate la vostra potenza. La vostra bontà, le vostre promesse e i vostri meriti, o Gesù, la mia miseria e la mia fiducia sono i soli titoli della mia supplica per ottenere, mediante la mia unione con Voi, la custodia del cuore e la forza durante questa giornata. Se sopravviene un ostacolo, una tentazione, un sacrificio da imporre a una delle mie facoltà, il testo o il pensiero che io prendo come mazzetto spirituale, mi farà respirare il profumo di preghiera che ha circondato le mie risoluzioni, e di nuovo in quel momento innalzerò il grido della supplica efficace. Quest’ABITUDINE, frutto della mia meditazione, ne sarà pure la pietra di paragone: a fructibus cognoscetis.

*

Quando arriverò a VIVERE DI FEDE e di SETE ABITUALE di Dio, allora soltanto il lavoro del VIDEO sarà presto soppresso; Il SITIO e il VOLO verranno da sé fin dal principio della meditazione la quale trascorrerà nel produrre affetti e offerte, nel confermare la mia volontà risoluta e poi nel mendicare da Gesù direttamente, o per mezzo di Maria Immacolata, degli Angeli o dei Santi, una più intima e più costante unione con la Volontà divina.

 Il santo Sacrificio mi aspetta: la meditazione mi vi ha preparato. La mia partecipazione al Calvario, in nome della Chiesa, e la mia comunione saranno come una continuazione della mia meditazione (1). Nel mio ringraziamento estenderò le mie domande per gl’interessi della Chiesa, per le anime a me affidate, per i defunti, per le opere a cui attendo, per i parenti, amici, benefattori, nemici ecc.  La recita delle diverse ore del mio caro Breviario, in unione con la Chiesa, per lei e per me, le frequenti e fervide giaculatorie, le comunioni spirituali, Tesarne particolare, la visita al SS. Sacramento, la lettura spirituale, il rosario, Tesarne generale ecc. verranno a segnare la mia via, a ravvivare le mie forze e a conservare lo slancio preso al mattino, affinché nulla nella mia giornata sfugga all’azione del Signore. In seguito a tale slancio, il ricorso frequente prima, e poi abituale a Gesù direttamente o per mezzo di Maria, farà cessare le contraddizioni tra la mia ammirazione per la sua dottrina e la mia vita di emancipazione, tra la mia pietà e la mia condotta.

*

Devo qui mettere un freno al mio cuore che, nel suo desiderio di giovare davvero agli uomini di azione, vorrebbe consacrare qui una risoluzione speciale all’ESAME PARTICOLARE. Ma cedendo a tale desiderio, temerei di aumentare troppo questo volume. Eppure dalla lettura di Cassiano, di parecchi Padri della Chiesa, come pure di sant’Ignazio, di san Francesco di Sales e di san Vincenzo de’ Paoli, risulta che l’esame particolare e l’esame generale sono corollari obbligatori della meditazione e si connettono con la custodia del cuore. – L’anima, d’accordo con il suo direttore, si è risoluta a prendere di mira più direttamente, nella sua meditazione e nel corso della giornata, quel tale difetto o la tale virtù, sorgente principale di altri difetti o virtù.  Sono molti i cavalli che tirano il cocchio; l’occhio li vigila tutti costantemente; ma nel centro della squadriglia ve n’è uno che esige maggiore sollecitudine da parte di chi li guida. Infatti se quel cavallo corre troppo a destra o troppo a sinistra, fa sviare tutti gli altri.  L’analisi dell’anima per mezzo dell’esame particolare, per constatare se vi è progresso o regresso o stato stazionario sopra un punto ben determinato, non è altro che un elemento della custodia del cuore.

(1) La meditazione è il braciere dove si ravviva la custodia del cuore.  Con la fedeltà alla meditazione saranno vivificati tutti grll altri esercizi di pietà. L’anima acquisterà a poco a poco la vigilanza e lo spirito di orazione, ossia l’abitudine di ricorrere di più e con più frequenza a Dio.  L’unione con Dio nell’orazione produrrà l’unione intima con Lui, anche durante le occupazioni più assorbenti.  L’anima che vive cosi unita con Dio con la custodia del cuore, attirerà sempre di più sopra di sé i doni dello Spirito Santo e le virtù infuse, e forse Dio la chiamerà ad un grado di orazione più elevato.

L’ottimo libro Les Voies de l’oraison mentale (le vie dell’orazione mentale di Dom VITAL LEHODEY – ed. Lecoffre), stabilisce con precisione ciò che si richiede per l’ascensione dell’anima attraverso i diversi gradi di orazione e dà le regole per discernere se un’orazione superiore sia davvero un dono di Dio o un frutto dell’illusione.  Prima di parlare dell’orazione affettiva, primo grado delle orazioni più elevate a cui Dio ordinariamente chiama soltanto le anime arrivate alla custodia del cuore per mezzo della meditazione, il P. RIGOLEUC, S. J., indica nel libro cosi pregevole delle sue (Œvres spirituelles (Avignone, 1843, pag. 17 e segg.) dieci maniere di trattenersi con Dio quando, dopo una seria prova, uno si trovi nell’impossibilità morale di fare la meditazione sull’argomento preparato il giorno prima. Riassumiamo il pio autore.

1* MANIERA: Prendere un libro spirituale {(uovo Testamento o Imitazione di Cristo) — leggere a intervalli alcune righe — meditare un poco su quanto si ò letto, cercare di penetrare il senso e imprimerlo nella mente.

— Trarne qualche santo affetto, amore o pentimento ecc., e proporsi di praticare all’occasione tale virtù.

Evitare di leggere o di meditare troppo. — Fermarsi a ogni pausa finché la mente trova un colloquio piacevole e utile.

2* MANIERA: Prendere alcune parole della Scrittura o qualche preghiera vocale, per esempio il Pater, l’Ave o il Credo, pronunziarla, fermarsi a ciascuna parola e trarne diversi sentimenti di pietà in cui uno si fermerà finché vi trova gusto.  Alla fine domandare a Dio qualche grazia o virtù, secondo l’argomento meditato. Non fermarsi troppo, con noia e disgusto, su una parola, ma quando non si trova più di che trattenervi, passare tranquillamente ad un’altra.

— Quando uno si sente tocco da qualche buon sentimento, vi si fermi finché dura, senza darsi pensiero di andare innanzi. — Non è necessario fare atti sempre nuovi, ma basta talora stare dinanzi a Dio pensando in silenzio alle parole già meditate, oppure gustando il sentimento da esse prodotto nel cuore.

3* MANIERA: Quando l’argomento preparato non dà materia sufficiente, fare atti di fede, di adorazione, di ringraziamento, di speranza, di amore ecc., dando loro l’estensione che si vuole e fermandosi alquanto su ciascuno per gustarlo.

4* MANIERA: Quando non si sa più meditare né produrre affetti (impotenza e sterilità), protestare dinanzi a Dio, che si ha l’intenzione di fare tanti atti, di contrizione per esempio, quante sono le volte che si respira o che si fanno passare i grani del rosario tra le dita o che si pronuncerà con la bocca una breve preghiera.  Rinnovare di quando in quando tale protesta e, se Dio dà qualche altro buon sentimento, accettarlo con umiltà e trattenersi in esso.

5* MANIERA: Nelle pene e nelle aridità, se si è impotenti a pensare o ad agire, abbandonarsi generosamente al dolore senza inquietarsi né fare sforzi per uscirne, senza fare altri atti che questo dell’abbandono di sé nelle mani di Dio, per soffrire quella prova e tutte le altre che vorrà mandarci.  Oppure unire la propria preghiera all’Agonia di Gesù nel Getsemani e al suo abbandono sulla croce. — Persuadersi che si è crocifissi con Gesù e animarsi, con il suo esempio, a rimanervi e a soffrire costantemente fino alla morte.

6* MANIERA: Esame del proprio interno. — Riconoscere i propri difetti, le passioni, le debolezze, le infermità, l’impotenza, la miseria, il nulla.  — Adorare i giudizi di Dio riguardo allo stato in cui uno si trova. — Sottomettersi alla sua santa volontà. —- Benedire Dio egualmente sia per i castighi della sua giustizia, sia per i favori della sua misericordia. — Umiliarsi dinanzi alla sua infinita Maestà. — Fargli sincera confessione delle proprie infedeltà e peccati, e chiedergli perdono. — Ritrattare i propri giudizi falsi e i propri errori. — Detestare tutto il male che si è fatto e proporre di emendarsi per l’avvenire.  Tale meditazione è assai libera e ammette ogni sorta di affetti; si può fare in ogni tempo, soprattutto dopo qualche caso inaspettato, per sottomettersi al castighi della giustizia di Dio, o dopo il trambusto dell’azione, per rimettersi nel raccoglimento.

7* MANIERA: Viva rappresentazione dei Novissimi. Considerarsi nell’agonia, tra il tempo e l’eternità, — tra la vita passata e il giudizio di Dio.  — Che cosa vorrei aver fatto? — Come vorrei essere vissuto? — Pena che se ne sentirà. — Ricordare i peccati, i disordini, gli abusi deUa grazia. — Come si vorrebbe essersi diportati in quelle date occasioni. — Proporre di rimediare efficacemente a ciò che si ha ragione di temere. Figurarsi di essere sepolti, in putrefazione, dimenticati da tutti — dinanzi al Tribunale di Gesù Cristo — nel Purgatorio — nell’Inferno.  Quanto più viva sarà la rappresentazione, tanto maggior profitto si farà da tale meditazione. È necessaria questa morte mistica, per spogliare l’anima dalla carne e per risuscitare, cioè per liberarsi dalla corruzione del vizio; bisogna passare da questo purgatorio, per giungere al godimento di Dio in questa vita.

8* MANIERA: Applicazione della mente a Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento. Salutare Gesù Sacramentato con tutto il rispetto che richiede la sua presenza reale, unirsi a Lui e a tutte le sue divine operazioni nell’Eucaristia dove non cessa di adorare, lodare, amaro suo Padre in nome di tutti gli uomini e nello stato di vittima.  Concepire il suo raccoglimento, la sua vita nascosta, lo spogliamento di tutto, la sua obbedienza, la sua umiltà ecc. — Eccitarsi a imitarlo e proporsi di farlo all’occasione.  Offrire Gesù Cristo al Padre, come unica vittima degna di Lui, per mezzo della quale noi possiamo rendergli omaggio, riconoscerne i benefici, soddisfare alla sua giustizia e obbligare la sua misericordia a soccorrerci. Offrire a Lui se stessi, l’essere, la vita, l’impiego. Presentargli un atto di virtù che si propone di fare, qualche mortificazione che si vuole praticare per vincersi, e ciò per gli stessi fini per cui Gesù si sacrifica nel Santissimo Sacramento. — Fare tale offerta con un ardente desiderio di accrescere quanto è possibile la gloria che Egli dà al Padre in questo augusto Mistero.  Terminare con la comunione spirituale.

Meditazione eccellente, soprattutto per la visita al Santissimo Sacramento. Rendersela familiare perché la nostra felicità in questa vita dipende dalla nostra unione con Gesù Sacramentato.

9° MANIERA: Essa si fa in nome di Gesù Cristo. — Eccita la nostra fiducia in Dio e ci fa entrare nello spirito e nei sentimenti di Nostro Signore.  Si fonda sul fatto che noi siamo alleati del Figlio di Dio, suoi fratelli, membri del suo Corpo mistico; che Egli vuole cederci tutti i suoi meriti e lasciarci tutte le ricompense che suo Padre gli deve per le sue fatiche e per la sua morte. Questo è ciò che ci rende capaci di onorare Dio con un culto degno di lui e ci dà il diritto di trattare con Dio e di esigere in certo modo le sue grazie come per giustizia. — Noi non abbiamo tale diritto come creature, meno ancora come peccatori, perché vi è sproporzione infinita tra Dio e la creatura, e opposizione infinita tra Dio e il peccatore. Ma come alleati del Verbo incarnato, come suoi fratelli, come suoi membri, possiamo presentarci con fiducia a Dio, trattare familiarmente con Lui e obbligarlo ad ascoltarci benignamente, ad esaudire le nostre suppliche e a darci le grazie, per motivo della nostra alleanza e della nostra unione con suo Figlio.  Presentarsi dunque a Dio per adorarlo, amarlo, lodarlo per mezzo di Gesù Cristo che opera in noi, come Capo nelle sue membra, e che c’innalza con il suo spirito ad uno stato divino; — domandargli qualche favore per i meriti di suo Figlio e a questo fine rappresentargli i servizi a Lui resi dal Figlio diletto, la sua vita, la sua morte, i suoi patimenti la cui ricompensa appartiene a noi, per la donazione che Egli ci fece.

Recitare l’Ufficio divino con questo spirito.

10* MANIERA: Semplice attenzione alla presenza di Dio e meditazione su questa. Prima di mettersi a meditare sull’argomento preparato, mettersi alla presenza di Dio senza accogliere altro pensiero e senza eccitare altro sentimento che quello del rispetto e dell’amore di Dio, ispirato dalla sua presenza. — Accontentarsi di stare cosi dinanzi a Dio in silenzio in questo semplice riposo della mente, finché se ne prova gusto. — Poi meditare secondo la maniera solita.  È bene incominciare cosi tutte le meditazioni ed è utile il fare altrettanto dopo ciascun punto. — Riposare cosi in questa semplice attenzione su Dio. — Cosi ci stabiliamo nel raccoglimento interno; — ci avvezziamo a fissare la mente in Dio e ci prepariamo a poco a poco alla contemplazione. — Ma non fermarsi cosi per pura pigrizia e per non volersi dare la pena di meditare.)

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