LO SCUDO DELLA FEDE (XLII)

[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]

LO SCUDO DELLA FEDE

XLII.

IL POTERE TEMPORALE.

Perché la Chiesa non approva il fatto compiuto della spogliazione del suo dominio temporale? — Questo fatto non è avvenuto per volontà di tutti gli Italiani e per il gran bene dell’unità d’Italia? — Che differenza c’è tra il dominio perduto dal Papa e quello perduto da altri principi? E il Papa può essere re e buon re? — È giustificabile l’esistenza del dominio temporale, ancorché abbia dato causa a brutte piaghe? — Che bisogno ne ha la Chiesa? — Non sta meglio senza, col compenso delle guarentigie? — Regnum meum non est de hoc mundo; e da principio la Chiesa non ebbe alcun dominio temporale! — Il dominio temporale è un dogma? — Come mai chi vuole il dominio temporale può essere amante della patria e buon italiano ?

— Ella mi disse con le parole dell’attuale Pontefice, che tra i due poteri ecclesiastico e civile è necessaria assolutamente una perfetta armonia. Ma ad ottenere la medesima non dovrebbe la Chiesa travagliarsi per la prima? E ciò mi sembra che essa non faccia, massimamente qui, nell’Italia nostra, dove essa si ostina a mantenere il dissidio nato da alcuni anni.

Tu sei in errore, giacche la Chiesa per il bene di tutti sommamente desidera che il presente contrasto abbia a cessare. E per parte sua, credilo pure, sarebbe pronta a fare tutto ciò che è giusto, perché un tale stato di cose avesse a finire.

— Ma il contrasto, che regna fra lo Stato e la Chiesa, non proviene dalla Chiesa medesima, che non vuole approvare il fatto compiuto del suo spodestamento temporale, e che non vuole perciò entrare in relazione diretta col governo? Non prò viene dal Papa, che non vuol saperne di ricevere l’appannaggio offertogli, e dichiarandosi prigioniero non vuole uscire a passeggiare per Roma a ricevervi gli onori regali, che gli furono decretati?

E vuoi tu dunque che, perché trattasi di un fatto compiuto, la Chiesa approvi un’ingiustizia? ed entri perciò in amichevoli rapporti con chi l’ha spogliata del suo dominio? Supponi che ieri dei ladri rapaci fossero entrati in casa tua e, abusando della tua impossibilità di difenderti, alla tua presenza avessero fatto man bassa di quanto possedevi, che anzi si fossero installati nella tua abitazione, rintanando te in un angolo qualunque della medesima; dovresti oggi, perché il fatto è compiuto, dire che i ladri han fatto bene, e finire per congratularti con loro entrando nella loro amicizia?

— Oh! no certo.

Come dunque la Chiesa dovrà approvare il fatto della spogliazione del suo dominio ed entrare in relazione diretta con i suoi spogliatori? Come mai il Papa dovrebbe ricevere il denaro assegnatogli, se con ciò confermerebbe l’altrui violenza e rinunzierebbe ai suoi diritti? Come dovrebbe uscire a passeggiare per Roma per ricevere onori regali da chi gli ha tolto il regno e nel rischio di essere ad un tempo insultato da molti?

— Mi scusi, ma la cosa qui è diversa da quella che lei mi presesenta. Qui non si tratta di spogliazione violenta, ma di semplice occupazione fatta per assecondare la volontà di tutti gl’Italiani per l’unità d’Italia, volontà addimostrata con splendidissimi plebisciti.

Eh! mio caro: così ti potranno dare ad intendere tutti coloro che con una sicumera incredibile, e pei loro rei intendimenti, vogliono falsare la storia. Ma così non è certamente. Del resto quando pure fosse che tutti, o quasi tutti, gl’Italiani avessero voluto quella che tu chiami semplice occupazione anziché spogliazione violenta del dominio temporale, credi tu che in un popolo vi sia il diritto di far occupare da un principe il dominio di un altro principe, massime quando questo principe è saggio e buono, per la sola ragione che sia unificata la nazione?

— Dunque in un popolo questo diritto non c’è?

Certamente si può ammettere con San Tommaso che la nazione (nota bene quel che dico, perché la nazione non sono i facinorosi e le sette) possa ritrarsi dall’obbedienza al principe, che viola sostanzialmente i patti fondamentali dello Stato ed esercita una vera tirannide, che anzi possa con nazionale decreto, in questo caso, destituirlo; ma non si può ammettere che un popolo possa spodestare il suo principe, quando non tiranneggia, per porsi sotto al regime di un altro con questa sola ragione, che si tratta di unificare un regno. Io non ti nego che l’unità d’Italia potesse, con la sua indipendenza dallo straniero, essere per se stessa cosa buona e desiderabile. – Ma bisognava perciò, che l’ottenere tale unità non importasse la violazione di diritti preesistenti e sacri, quali sono quelli del dominio temporale del Papa.

— Ma se ella medesima mi concede che l’unità d’Italia poteva essere un bene, perché mai per riguardo a questo bene non si potevano lasciar da banda questi diritti?

E bravo! Ma non sai che se si dovesse ammettere questo detestabile principio, che sia lecito fare il male per un fine anche ottimo, tutta la morale evangelica e naturale andrebbe a fascio, e tutto il mondo a soqquadro!? Con questo principio il tuo vicino, affine di arrotondare i suoi poderi e giovare all’agricoltura, potrebbe senza più cacciar te dalla tua casa e dal tuo campo per impadronirsene egli!

— Ciò che ella dice è giusto. Ma io non capisco perché altri prìncipi abbiano potuto perdere il loro dominio, senza che perciò si credano violati i loro diritti, e invece non sia così del Papa.

Ascolta. È vero che altri prìncipi hanno perduto il loro dominio o per la guerra o per altre cause, e in modo tale che non si abbiano a dire perciò violati i loro diritti, cui secondo il diritto delle genti dovevano rinunziare; benché non rare volte sia accaduto anche per essi il contrario. Ma il Papa non si trova ad avere sopra il temporale dominio solamente quel diritto che è proprio di ogni altro principe, ma un diritto molto più elevato. Precisamente perché egli è Papa, e cioè Vicario di Gesù Cristo, perciò questo diritto diventa in lui sacro ed ecclesiastico come la sua persona. Inoltre essendo egli il Capo di tutta la Chiesa, questo diritto non lo ha soltanto come individuo, ma a nome di tutti i Cattolici, ai quali tutti torna di vantaggio. Epperò il dominio temporale  non essendo solo di diritto comune e naturale ma eziandio di diritto ecclesiastico e sacro, e di diritto di tutta la Chiesa Cattolica ossia di tutti i fedeli, interessati nel diritto del loro capo, deve essere rispettato non solo come ogni altro dominio, ma più di qualsiasi altro, e quindi la sua usurpazione importa la violazione non solo di diritti comuni ad ogni principe, ma altresì di diritti, che i prìncipi laici non hanno, e che ha solo il Papa, Vicario di Gesù Cristo e Capo della Chiesa Cattolica.

— Ora ho capito la differenza che passa tra il dominio temporale del Papa, ossia della Chiesa, e quello degli altri prìncipi. Tuttavia a me pare strano che il Papa debba essere re, e possa esserlo come si conviene. Il Papa, perché Vicario di Gesù Cristo e Capo della Chiesa non dovrebbe avere una potestà civile, perché se egli l’esercita a dovere resta impedito di occuparsi come si conviene del bene di tutta la Chiesa; e se egli la trascura, non può essere un buon governatore de’ suoi sudditi.

Anche qui tu sei in errore: giacché se il Papa può e deve anche essere re, è precisamente per il bene di tutta la Chiesa; e benché Capo di tutta la Chiesa meglio di ogni altro principe può curare il bene de’ suoi sudditi. – Dovendo egli come Capo della Chiesa essere pienamente libero, del tutto indipendente, per esercitare quegli atti, che mirano al bene di tutta la Chiesa, la Divina Provvidenza, quando giunse il tempo opportuno, lo ha dotato perciò della regia dignità e potestà, siccome del mezzo più naturale e sicuro. E sebbene come re debba sobbarcarsi a cure temporali per il bene altresì dei suoi sudditi temporali, ciò egli può fare assai meglio di altri prìncipi, sia perché non ha figli da allevare, sia perché risparmia il tempo, che altri prìncipi impiegano nei teatri, nei balli, nelle caccie e in altri simili divertimenti, sia perché il suo dominio è assai ristretto e può farsi aiutare nel suo governo da ministri scelti e valenti, sia per altre ragioni ancora.

— Sì, ciò è vero: bisogna convenirne. Ma l’origine e l’uso di questo dominio temporale è poi veramente tale da giustificarne la esistenza?

Ascolta: il dominio temporale del Papa è

1°: il dominio più antico che vi sia al mondo, essendo esso cominciato nel 754 sotto Stefano II;

2°: è il più legittimo, non essendo provenuto al Papa per via di ingiustizie o di guerre, ma per voto dei popoli, dopoché gl’Imperatori bizantini abbandonarono il ducato romano, e per le donazioni che Pipino e Carlo Magno fecero alla Chiesa;

3° : fu il più buono, essendo che i Papi, generalmente parlando, ne fecero sempre uso pel bene religioso, morale e civile non solo dei loro sudditi immediati, ma di tutta quanta la cristianità. E se vi ha chi accusa il governo pontificio di debolezza nel reprimer certi disordini, come ad esempio il brigantaggio, o di prepotenza nel condannare certi delitti politici, bisogna pur riconoscere che lo fa per spirito di parziale e deliberata malevolenza contro la Chiesa, giacché lo si può benissimo sfidare a trovare, anche presentemente, sulla terra un governo, contro del quale non si possano lanciare ben maggiori accuse. Ora un dominio, che fu acquistato legittimamente, che fu posseduto da antichissimo tempo e impiegato sempre per il bene de’ suoi soggetti e di tutta la Cristianità, non è tale da dover giustamente esistere?

— Certo stando così le cose bisogna pur ammettere che tale dominio esista giustamente. Non si potrà tuttavia disconoscere che lungo il corso dei secoli ha dato causa ad ambizioni, a scismi, e a quella brutta piaga che si chiama nepotismo.

Ed io non ti nego che v i siano stati ambizioni e scismi nell’elezione di qualche Pontefice. Ma ve ne furono altresì prima che esistesse il dominio temporale. Il che prova che la tua obbiezione non ha quel gran valore che ti credi. D’altronde qual è mai il bene, del quale non si possa abusare? E se perciò si dovesse abolire tutto quello, di cui si abusa, guai a noi! che cosa di buono ci sarebbe ancora al Mondo?In quanto poi al nepotismo ti concedo pure che sia un punto nero nella storia del Papato, ma devi riflettere che taluni dei Papi si trovarono quasi forzati ad innalzare i loro nipoti alle dignità ed al comando per avere intorno a sé gente più fida e sicura, che molti di essi fecero di tutto per sterminarlo, e che quelli degli ultimi tempi ne sono affatto immuni.

— Ad ogni modo ella deve pur concedermi che la Chiesa non ha assoluto bisogno del dominio temporale e che sta ancor meglio senza col compenso delle guarentigie.

Che la Chiesa non abbia bisogno di dominio temporale potrà parere a te e a tutti coloro che in sì grave materia giudicano superficialmente, ma non certo a chi abbia un po’ di senno e riconosca come il Papa non debba sottostare ad alcun governo e debba essere pienamente libero nell’esercizio medesimo della sua spirituale autorità. Certamente la Chiesa continua a sussistere senza il dominio temporale; e ciò dimostra chiaro che la sua sussistenza non dipende dal dominio temporale, e che in modo assoluto può farne senza. E forseché non sussisteva anche allora che era perseguitata nel modo più atroce? Ma dal sussistere nella persecuzione e nella schiavitù, al sussistere, come ha diritto, nella libertà e nell’indipendenza ci corre assai! E questa libertà e indipendenza, relativamente al pieno esercizio della sua autorità e missione, non può averla senza il dominio temporale. Del resto è poi vero, come tu dici, che sta ancor meglio senza di esso, col compenso delle guarentigie? L’esperienza dimostra chiaramente che no. Con tutte le pretese guarentigie e garanzie di libertà e di rispetto fatte al Papa nello spogliarlo del suo dominio, non c’è, da quel momento in cui fu spogliato, non c’è villania, scherno, insulto, sfregio, al quale il Papato e la Chiesa non siano stati fatti segno nella stessa città di Roma. E poi il compenso delle guarentigie, dato pure, ciò che non è; che avesse finora assicurato al Papa la libertà e la indipendenza, di cui abbisogna, come gli fu concesso dal voto delle Camere legislative di quel tempo, in cui fu privato del suo dominio, non gli potrebbe essere tolto dalle Camere legislative di oggi o di domani? E non si è già più volte parlato di far ciò? Quindi è che la libertà e l’indipendenza, che può avere il Papa per la legge delle guarentigie, non è sua propria, ma dipendente dalla volontà dei ministri e dei membri del Parlamento e del Senato, una libertà e indipendenza che perciò non è tale.

— Ma allora perché mai Gesù Cristo ha detto: Regnum meum non est de hoc mundo?

E che c’entra ciò al nostro proposito? Gesù Cristo con quelle parole volle dire a Pilato, cui erano rivolte (e basta un po’ di grammatica per capirlo), che la sua autorità regale o il suo regno, comeché voglia chiamarsi, non venivagli dal mondo, ma da Dio; che perciò nessuna potestà della terra, neppur Pilato, condannandolo a morte, poteva privamelo. Or dunque che hanno a fare queste parole di Gesù Cristo col dominio temporale dei Papi?

— Eppure a principio, quando S. Pietro non era che povero pescatore, i Papi non ebbero alcun dominio terreno.

La bella trovata! Se allora la Chiesa era ne’ suoi esordii e non aveva bisogno di ciò, se n’ha ad inferire che non debba averne bisogno adesso, che s’è pienamente sviluppata? Anche al bambino appena nato bastano a sostenerlo alcuni cucchiaini d’acqua zuccherata e un po’ di latte, ma divenuto uomo adulto potrebbe così scampare la vita?

— Dunque il dominio temporale è un dogma, negando il quale non si è più Cattolici?

E chi mai ti dice che il dominio temporale sia un dogma? No esso non lo è, e non lo sarà mai. Ma se non è un dogma, è un fatto che si basa sopra un diritto sacro, che non assolutamente lecito di violare senza offendere la giustizia. Chi pertanto nega la necessità di questo fatto, se non perde la fede, perché non nega alcun dogma, offende non di meno l’onestà e la giustizia, e se lo fa con conoscenza di quello che fa, pecca certissimamente, e non può più dirsi perciò buono e vero Cattolico, ancorché in tutto il resto stesse con la Chiesa e si regolasse da buon Cristiano. – Dimmi, è forse un dogma che la casa, che tu hai ereditato da tuo padre, sia tua? No certamente. Ma se venendoti usurpata vi fossero di quelli, che approvassero quell’usurpazione e negassero il diritto della tua proprietà, ne avversassero la restituzione, ancorché, costoro non perdessero la fede per ciò, si potrebbero non di meno ritenere per uomini giusti e onesti? Niente affatto: ciò è chiaro anche ad un bambino. Ora io non nego che tra i laici Cattolici (non certamente tra i preti), vi possano essere taluni che in buona fede avversino il potere temporale del Papa: ma dopo tante dichiarazioni della Chiesa, così solenni e così precise a questo riguardo è un po’ difficile. E ad ogni modo costoro sarebbero nel dovere di formare la loro mente al riguardo leggendo spassionatamente libri e giornali Cattolici, domandando cognizioni in proposito a chi loro le può dare, eccetera.

— Vuol dire che il Papa quando pronunzia discorsi o compie degli atti, intenti a rivendicare i diritti del dominio temporale, alla fin fine compie un suo dovere.

Certamente egli rivendica in tal guisa i diritti della Chiesa, dei quali più che arbitro è tutore. « Noi, diceva Pio VII al Radet, che lo arrestava in nome di Napoleone I, non dobbiamo ne vogliamo cedere, né abbandonare quello che non è nostro. Il dominio temporale appartiene alla Chiesa, e noi non ne siamo che l’amministratore ».

— Così adunque non c’è a credere che il Papa rinunzi mai a questi diritti e si stabilisca la pace fra Lui e il governo italiano?

— Quando il Papa rinunziasse a questi diritti, diventerebbe immantinente suddito di un altro sovrano, e come suddito non sarebbe più assolutamente libero. Si ha un bel dire che lo si lascerebbe esercitare pienamente la sua autorità spirituale, ma nell’esercizio di tale autorità dovrebbe alle volte insorgere contro dello stesso governo, di cui sarebbe divenuto suddito, e il governo potrebbe offendersi e levarsi contro di lui, e magari giudicarlo e condannarlo, e per tal guisa provenire dei danni gravissimi a tutta la Cristianità. Che se per queste ed altre ragioni, che già ti dissi, il Papa continua sempre a sostenere i suoi diritti, e così non si stabilisce la pace da tutti desiderata, non è certamente sua la colpa.

— Dunque toccherà al governo italiano di restituire il dominio temporale al Papa? Io credo che ciò non accadrà più mai.

Dio è padrone dei tempi e degli eventi. E ad ogni modo Egli provvederà mai sempre perché il Papa, anche nella condizione di martire perenne, passa compiere la sua missione.

— Ella dice ottimamente e non avrei mai creduto che ci fossero ragioni così ovvie e così buone a prò del dominio temporale. Ma intanto chi tiene tali idee e si regola in conformità delle medesime, non può presentemente nell’Italia nostra amare la patria, non può essere un buon italiano.

Ecco qui un errore gravissimo, nel quale cadono molti pur troppo ai giorni nostri, i quali confondono la patria col disordine settario, a cui l’Italia nostra trovasi presentemente in preda. La patria, nel senso nostro, è la nazione con tutte le più intime relazioni che in essa troviamo per noi, con tutte le sue bellezze, con tutte le sue grandezze, con tutte le sue buone istituzioni, con tutto ciò che ce la rende cara; ma non è già la rivoluzione, la prepotenza, il governo più o meno ateo e settario, che nella patria vi può essere, con tutte le male conseguenze, che ne derivano contro l’autorità divina ed ecclesiastica. Quindi è che il vero Cattolico con le sue giuste idee al riguardo non solo non odia la patria e non lascia di essere buon italiano perché, amando la sua nazione odia i l disordine che in essa vi è, massimamente per la continuata violazione dei diritti della Chiesa, ma si deve dire il vero patriota e il vero italiano, giacché desiderando egli che nella patria cessi il funesto dissidio con la restituzione al Papa di ciò che gli spetta, vuole il vero assetto dell’Italia, il suo vero bene. In conferma di ciò che ti dico e a norma sicura dei sentimenti, che devi avere per questo riguardo, ti metterò innanzi un tratto sapientissimo, preciso ed energico di una Enciclica di Leone XIII al popolo italiano, dove, mentre è sfatato l’errore che il vero cattolico sia nemico dell’Italia, è indicato altresì nettamente il dovere suo di volere che al Capo della Chiesa sia restituito il dominio che gli appartiene. Ti prego di voler leggere e ponderare seriamente le sue auguste parole.

« I cattolici italiani in forza degli immutabili e noti principii della loro religione, rifuggono da cospirazione e ribellione qualsiasi contro i pubblici poteri, ai quali rendono il tributo che ad essi si deve. La loro condotta passata, alla quale tutti gli uomini imparziali possono rendere onorata testimonianza, è garante di quella futura, e ciò dovrebbe bastare ad assicurar loro la giustizia e la libertà, a cui hanno diritto tutti i pacifici cittadini. Diremo di più; essendo essi, per la dottrina che professano, i più solidi sostenitori dell’ordine, hanno diritto al rispetto; e se la virtù ed il merito fossero adeguatamente apprezzati, avrebbero anche diritto ai riguardi ed alla gratitudine di chi presiede alla cosa pubblica. Ma i Cattolici italiani, appunto perché Cattolici, non possono prescindere dal volere che al loro Capo supremo sia restituita la necessaria indipendenza e la pienezza della libertà vera ed effettiva, la quale è condizione indispensabile per la libertà e l’indipendenza della Chiesa Cattolica. Su questo punto i loro sentimenti non cambieranno né per minacce, né per violenze; essi subiranno l’attuale ordine di cose; ma fino a che questo avrà per scopo la depressione del Papato e per causa la cospirazione di tutti gli elementi antireligiosi e settari, essi non potranno mai, senza violare i loro più sacri doveri, concorrere a sostenerlo con la loro adesione e col loro appoggio. — Il richiedere dai Cattolici un positivo concorso al mantenimento dell’attuale ordine di cose, sarebbe pretesa irragionevole ed assurda; poiché ad essi non sarebbe più lecito ottemperare agli insegnamenti ed ai precetti di questa Apostolica Sede, anzi dovrebbero agire in opposizione ai medesimi e dipartirsi dalla condotta che tengono i Cattolici di tutte le altre nazioni. Quindi è che l’azione dei Cattolici italiani, nelle presenti condizioni di cose, rimanendo estranea alla politica, si concentra nel campo sociale e religioso, e mira a moralizzare le popolazioni, renderle ossequenti alla Chiesa ed al suo Capo, allontanarle dai pericoli del socialismo e dell’anarchia, inculcar loro il rispetto al principio di autorità, sollevarne infine l’indigenza colle opere molteplici della carità cristiana.— Come dunque i Cattolici potrebbero essere chiamati nemici della patria ed esser confusi coi partiti che attentano all’ordine ed alla sicurezza dello Stato? Siffatte calunnie cadono dinanzi al solo buon senso. Esse si fondano su questo solo concetto, che le sorti, l’unità, la prosperità della nazione consistano nei fatti compiuti a danno della Santa Sede, fatti pur deplorati da uomini punto sospetti, i quali dichiararono apertamente essere immenso errore il provocare un confitto con quella grande istituzione, che Dio pose in mezzo all’Italia e che fu e rimarrà perpetuamente il suo vanto precipuo ed incomparabile; istituzione prodigiosa che domina la storia, e per la quale l’Italia divenne l’educatrice feconda dei popoli, la testa ed il cuore della Civiltà Cristiana. Di qual colpa pertanto sono rei i Cattolici quando desiderano il termine del lungo dissidio, sorgente di grandissimi danni per l’Italia nell’ordine sociale, morale e politico? quando domandano che sia ascoltata la voce paterna del loro Capo supremo, che tante volte ha reclamato le dovute riparazioni, mostrando i beni incalcolabili che da esse deriverebbero all’Italia? I nemici veri d’Italia bisogna ricercarli altrove; bisogna ricercarli tra coloro, che mossi da spirito irreligioso e settario, chiuso l’animo dinanzi ai mali ed ai pericoli che pesano sulla patria, respingono ogni vera e feconda soluzione del dissidio, e procurano, pei loro riprovevoli disegni, di renderlo sempre più lungo e più acerbo ».

— Davvero che il Papa qui ha parlato ben chiaro. E in quanto a me seguirò fedelmente i suoi insegnamenti. Le dichiaro intanto che sono contentissimo delle spiegazioni avute e vorrei che le intendessero e riconoscessero giuste tanti altri.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.