UNA BOLLA AL GIORNO TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO: HORRENDUM ILLUD SCELUS DI S. PIO V

Questa bolla di S. Pio V, è solo uno dei tanti documenti della Chiesa Cattolica a condanna del “peccato che grida vendetta agli occhi di Dio”, come recita il Catechismo cattolico, o se preferite, del “peccato propter hæc enim venit ira Dei in filios diffidentiæ … per cui l’ira di Dio piomba sopra coloro che gli resistono”, come dice San Paolo nella Epistola agli Efesini (c. V, 6). Chiarezza ed inappellabilità caratterizzano questo breve documento che è come una pietra tombale, inamovibile ed eternamente incastonata nel mosaico del Magistero Pontificio. Non ci sono commenti, né discussioni possibili. Chi dovesse affermare il contrario è semplicemente un a-cattolico, un apostata vizioso, servo consapevole o meno, ma servo, dell’androgino abominevole baphomet. Leggiamo con calma e facciamo nostra questa perla del Magistero e della Dottrina Cristiana. – Lasciamo il testo latino del Bollarium Romanum perché già così il documento è comprensibile ad un lettore di media cultura.

HORRENDUM ILLUD SCELUS

DI S.S. S. PIO V

Contra quoscumque clericos,

iam sæculares quam regulares,

nefandi criminis reos (1).

Pius episcopus servus servorum Dei,

ad perpetuam rei memoriam.

Horrendum illud scelus, quo pollutæ fœdatæque civitates a tremendo Dei iuidicio conflagrarunt, acerbissimum nobis dolorem inurit, graviterque animum nostrum commovet ut ad illud, quantum potest, comprimendum studia nostra conferamus.

1. Sane Lateranensi concilio dignoscitur constitutum ut quicumque clerici illi incontinentia quæ contra naturam est, propter quam ira Dei venit in filios diffidentiæ, deprehensi fuerint laborare, a clero deiiciantur, vel ad agendam in monasteriis pœnitentiam detrudantur.

2. Verum, ne tanti flagitii contagium, impunitatis spe, quæ maxima peccandi illecebra est, fidentius invalescat, clericos huius nefarii criminis reos gravius ulciscendos deliberavimus, ut qui animæ interitum non horrescunt, hos certe deterreat civilium legum vindex gladius sæcularis.

3. Itaque, quod nos iam in ipso pontificatus nostri principio hac de re decrevimus, plenius nunc fortiusque persequi intendentes, omnes et quoscumque presbyteros et alios clericos sæculares et regulares, cuiuscumque gradus et dignitatis, tam dirum nefas exercentes, omni privilegio clericali omnique officio, dignitate et beneficio ecclesiastico, præsentis canonis auctoritate, privamus. Ita quod per iudicem ecclesiasticum degradati, potestati statim sæculari tradantur, qui de eis illud idem capiat supplicium, quod in laicos hoc in exitio devolutos, legitimis reperitur sanctionibus constitutum.

Nulli ergo etc.

Datum Romæ, apud S. Petrum, anno Incarnationis dominicæ MDLXVIII,

 in kalendas septembris,

pontificatus nostri anno III.

Dat. die 30 augusti 1568, pontif. anno III.

– 1 Quell’orribile crimine, a causa del quale città corrotte ed immonde sono state distrutte col fuoco  dalla condanna divina, provoca in noi un acerbissimo dolore e scuote la nostra mente, spingendoci a reprimere un simile crimine con il massimo zelo possibile.

2. Molto opportunamente, il Concilio Lateranense [Conc. Lat. III, Can. 11, 1179 – ribadito nel Conc. Lat. V, 1512-1517 – ndr. – ] emanò questo decreto: “Ogni membro del clero catturato in quel vizio contro natura, dato che l’ira di Dio cade sui figli della perfidia, deve essere rimosso dall’ordine clericale o forzato a fare penitenza in un monastero “; affinché il contagio di una tale grave offesa non possa progredire con maggiore audacia a causa dell’impunità, che è il più grande incitamento al peccato, e in modo da punire più severamente i chierici che sono colpevoli di questo crimine nefando e che non sono spaventati  dalla morte delle loro anime, decidiamo che vengano consegnati alla severità dell’autorità secolare, che applica la legge civile.

3. Pertanto, desiderando perseguire con più rigore di quanto abbiamo esercitato dall’inizio del nostro Pontificato, stabiliamo che qualunque sacerdote o membro del clero, sia secolare che regolare, che commette un crimine così esecrabile, con l’autorità del presente canone sia privato di ogni privilegio clericale, di ogni posto, dignità e beneficio ecclesiastico. E dopo essere stato degradato da un giudice ecclesiastico, sia immediatamente consegnato all’autorità secolare onde essere sottoposto al supplizio, come prescritto dalla legge appropriata che punisce i laici sprofondati in tale abisso.

[La traduzione è redazionale, ma al di là di qualche possibile errore grammaticale, rispetta con tutta l’accuratezza possibile il pensiero del Pontefice. Siamo pronti però ad accettare eventuali autorevoli correzioni ed osservazioni – ndr. – ]

(1) Ad hoc habes aliam huius Pontificis Constitutionem IX, “Cum primum”

 Nella bolla “Cum primum apostolatus officium”, 1 Apr. 1566, ricordata sopra, al punto 11 leggiamo: Si quis crimen nefandum contra naturam, propter quod ira Dei venit in filios diffidentiæ, perpetraverit, curiae sæculari puniendus tradatur; et si clericus fuerit, omnibus ordinibus degradatus, simili pœna subiiciatur.

Concilio Lateranense III, Can. 11:

[Alessandro III, 1179]

11.5 Clerici in sacris ordinibus constituti, qui mùlierculas suas in domibus suis incontinentiæ nota tenuerint, aut obiciant eas et continenter vivant, aut ab officio et beneficio ecclesiastico fiant alièni.

– Quicumque incontinentia illa, quæ contra naturam est, propter quam venit ira Dei in filios diffidentiæ et quinque civitates igne consumpsit, deprehensi fuerint laborare, si clerici fuerint eiciantur a clero vel, ad poenitentiam agendam in monasteriis detrudantur, si laici exeommunicationi subdantur et a cætu fidelium fiant prorsus alieni.

11.5 I chierici che hanno ricevuto gli ordini sacri, i quali tengano in casa delle concubine per la loro incontinenza, se non le scacciano per vivere castamente, siano privati dell’ufficio e dal beneficio ecclesiastico. –

Chiunque fosse trovato colpevole del peccato contro natura, a motivo del quale “… piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono, e distrusse col fuoco cinque città”, se è chierico, sia scacciato dal clero e sia rinchiuso in monastero a fare penitenza, se è laico, sia scomunicato e totalmente allontanato dalla comunità dei fedeli.

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Conc. Later. V,  – 1512-17; Sessione IX, bolla di riforma della curia. –

[S. S. Leone X]

 …si quis vero tam laicus, quam clericus, de crimine, propter quod venit ira Dei in filio diffidentiae, convictus fuerit, poenia per sanctos canones aut ius civile respective impositis puniatur.

Se qualcuno, sia laico che chierico, risultasse colpevole del peccato per cui l’ira di Dio piomba sopra coloro che gli resistono [Ephes. V, 6], sia punito con le pene stabilite rispettivamente dai sacri canoni e dal diritto civile.