CONOSCERE LO SPIRITO SANTO (XI)

IL TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO 

Mons. J. J. Gaume:  

[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]

CAPITOLO X.

(continuazione del precedente).

Numero degli angeli — Gerarchie e ordini angelici — Definizione della gerarchia — Sua ragion d’essere— Perché tre gerarchie tra gli Angeli e non più che tre — Definizione dell’ ordine — Perché tre ordini in ciascuna gerarchia e non altri che tre — Immagini della gerarchia angelica nella Chiesa e nella Società — Funzioni degli Angeli — Gli Angeli superiori illuminano gli Angeli inferiori — Linguaggio degli Angeli — Grandi divisioni degli Angeli — Angeli assistenti ed Angeli che eseguiscono — Funzioni dei serafini — Dei cherubini — ‘ Dei Troni — Riverbero di questa prima gerarchia nella Società e nella Chiesa.

Numero degli angeli. Quando gli autori ispirati, ammessi a vedere talune delle realtà del mondo superiore, vogliono indicare la moltitudine degli Angeli, essi non parlano che di milioni e di centinaia di milioni. « Io mi stava osservando, dice Daniele, fino a tanto che furono alzati dei troni e l’antico dei giorni si assise: le sue vestimenta candide come neve e i capelli della sua testa come lana lavata. Il trono di lui era di fiamme infuocate; le ruote del trono erano vivo fuoco. Rapido fiume di fuoco usciva dalla sua faccia. I suoi ministri erano migliaia di migliaia e i suoi assistenti dieci mila volte cento mila. » [Dan. VII, 10]. Testimone dello stesso spettacolo san Giovanni, continua: « E io vidi e intesi intorno al trono la voce di una moltitudine di Angeli il cui numero era di migliaia di migliaia. » [Apoc. V, 11] Più sotto avendo osservato l’universalità degli eletti del sangue d’Abramo, aggiunge: «Dopo ciò vidi una grande moltitudine che nessuno poteva contare, di tutti i popoli e di tutte le lingue. » [Ibid. VII, 9]. Ora sin dal principio del mondo, ciascun predestinato e ciascun reprobo ha per guardiano un Angelo dell’ordine inferiore; cosicché il numero degli Angeli di tutte le gerarchie è incalcolabile. San Dionigi, depositario degli insegnamenti del suo maestro Paolo rapito al terzo cielo, tiene lo stesso linguaggio: «I beati eserciti delle superne menti, superano, egli dice, per numero tutti i poveri calcoli della nostra aritmetica materiale. Non sospettate nessuna esagerazione nelle parole dei profeti. Il numero degli Angeli è incalcolabile; eccede quello di tutte le creature anche quello degli uomini che furono, che sono e che saranno. [ De Coelest. hier. c. IX e XIV] »L’Angelo della scuola ne dà la ragione; e noi traduciamo il suo pensiero. Il fine principale che Dio si è proposto nella creazione degli esseri è la perfezione dell’universo. La perfezione o la bellezza dell’universo risulta dalla più splendida manifestazione degli attributi di Dio, nei limiti segnati dalla sua sapienza. Quindi ne segue che quanto più certe creature sono belle e perfette, tanto più ne è stata abbondante la creazione. Il mondo materiale conferma questo ragionamento. Vi si rinvengono due specie di corpi: i corruttibili e gli incorruttibili. La prima si riduce al nostro pianeta, abitazione degli esseri corruttibili; ed il pianeta nostro è un nulla in confronto ai globi del firmamento. Ora siccome la grandezza è per i corpi la misura della perfezione, il numero lo è per gli spiriti. Così la ragione medesima conduce a questa conclusione, che gli esseri immateriali superano gli esseri materiali in numero incalcolabile [S. Th. I p. q. L, art. 3, corp.]. Aspettando che il cielo ci riveli la esattezza di queste magnifiche supposizioni del genio illuminato dalla fede, è per il nostro pellegrinaggio un grande argomento di sicurezza il sapere che gli Angeli buoni sono molto più numerosi dei cattivi. « La coda del Dragone, dice san Giovanni, non trascinò seco che la terza parte delle stelle. » [Ap. XII, 4] Non avvi nessuno interprete che per queste stelle non intenda parlarsi qui degli angeli ribelli. (Corn. a Lap. in XII. Apoc. et S. Th., i p. q. LIV, art. 9,, corp.]. Gerarchie e ordini degli angeli. Una moltitudine senza ordine è la confusione: tale non può essere lo stato degli Angeli. « Tutte le opere di Dio, dice l’Apostolo, sono ordinate; » o, come è scritto altrove: « Dio ha fatto tutte le cose in numero, peso e misura, » (Omnia in mensura, et numero et pondere disposuisti. Sap. XI, 21). cioè dire con ordine perfetto. (Rom. XIII, 1). L’ordine è la prima cosa che ci colpisce nel mondo materiale. L’ordine produce l’armonia, e l ‘armonia suppone la mutua subordinazione di tutte le parti dell’universo. Dal canto suo questa armonia rivela una causa intelligente che l’ha creata e che la mantiene. – Senza dubbio la stessa armonia deve esistere per quanto è possibile più perfetta nel mondo degli spiriti, archetipo del mondo dei corpi e capo d’opera della Sapienza creatrice. La subordinazione, per conseguenza la gerarchia degli esseri che la compongono, è dunque la legge del mondo invisibile, come è la legge del mondo visibile. Tali sono l’insegnamento della fede e l’affermazione invariabile della ragione. – Ora secondo l’etimologia delle parole; La Gerarchia è un sacro principato. (Hierarchia est sacer principatus. S. Th. I  p. q. CVIII, art. 1, corp.). Principato significa a un tempo il principe stesso e la moltitudine posta sotto i suoi ordini. Di qui derivano bellissime conseguenze che mandano una viva luce sull’ordine generale dell’universo e sul governo particolare della Città del bene. Dio essendo il Creatore degli Angeli e degli uomini non ha rispetto a sé che una sola gerarchia della quale Egli è il supremo Gerarca. Lo stesso è rispetto al Verbo incarnato. Re dei Re, Signore dei Signori, a cui è stata data ogni potenza in cielo e in terra, Egli è il supremo Gerarca degli Angeli e degli uomini e per conseguenza della Chiesa trionfante e della Chiesa militante. Pietro, come Vicario del Verbo incarnato è il supremo gerarca della Chiesa militante in virtù di quelle parole divine: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore. Dal canto suo poi Pietro ha stabilito altri gerarchi, i quali essi pure hanno stabilito rettori subalterni, incaricati di dirigere le diverse provincie della Città del bene. Ciononostante tutti non formano che una sola e medesima gerarchia, poiché tutti militano sotto uno stesso capo, Gesù Cristo.(Viguier, p. 184). Vedremo tra poco che la gerarchia angelica è il tipo della gerarchia ecclesiastica, tipo essa stessa della gerarchia sociale. Se consideriamo il principato nei suoi rapporti con la moltitudine, chiamasi gerarchia l’insieme degli esseri soggetti ad una sola e medesima legge. Se essi sono soggetti a leggi differenti formano delle gerarchie distinte, senza cessare di far parte della gerarchia, generale. (S. Th., I p. q. CVIII, art. 1, corp.). – Cosi vediamo in uno stesso reame e sotto uno stesso re delle città governate da differenti leggi. (Vediamo altresì da questo che la centralizzazione in un grande impero è contraria alle leggi fondamentali dell’ordine, e come conseguenza inevitabile, ella deve produrre la collisione, l’inquietudine, la ribellione, la rovina). Ora, gli esseri non sono soggetti alle stesse leggi, se non perché hanno la stessa natura e le stesse funzioni. Resulta da ciò che gli Angeli e gli uomini non avendo né la stessa natura né le stesse funzioni, formano delle gerarchie distinte; risulta altresì che tutti gli Angeli non avendo le stesse funzioni, il mondo angelico si divide in parecchie gerarchie. Che gli Angeli e gli uomini formino delle gerarchie distinte, la ragione e la prova è nella perfezione relativa degli uni e degli altri. Questa perfezione è tanto più grande, quanto gli esseri partecipano più abbondantemente delle perfezioni di Dio. Come creatura puramente spirituale, l’Angelo ne partecipa più dell’uomo. Infatti l’Angelo riceve le illuminazioni divine nell’intelligibile purità della sua natura, mentre l’uomo le riceve sotto le immagini più o meno trasparenti delle cose sensibili, come la parola ed i Sacramenti. L’Angelo è dunque una creatura più perfetta dell’uomo, e deve per conseguenza formare una diversa gerarchia. Inoltre siccome vi è gerarchia, vale a dire ordine di subordinazione nel mondo angelico, è evidente che tutti gli Angeli non ricevono ugualmente le divine illuminazioni. Vi sono dunque degli Angeli superiori agli altri. La loro superiorità ha per fondamento la cognizione più o meno perfetta, più o meno universale della verità. – « Questa conoscenza, dice san Tommaso, segna tre gradi negli Angeli; imperocché essa può essere riguardata sotto un triplice rapporto. « Primieramente, gli Angeli possono vedere la ragione delle cose in Dio, principio primo e universale. Questa maniera di conoscere è il privilegio degli Angeli che si accostano più a Dio, e che secondo la bella parola di san Dionigi, stanno dentro il suo vestibolo. Questi Angeli formano la prima gerarchia. – « In secondo luogo possono essi vederla nelle cause universali create che appellansi le leggi generali. Queste cause sono multiple, la conoscenza è meno precisa e meno chiara. Questa maniera di conoscere è la dote della seconda gerarchia. – « In terzo luogo, possono essi vederla nella sua applicazione agli esseri individuali, in tanto che essi dipendono dalle loro proprie cause, o dalle leggi particolari che le reggono. In tale modo conoscono gli Angeli della terza gerarchia.(1 p. q. CVIII, art. 1, corp.). Vi sono dunque tre gerarchie tra gli Angeli e non sono che tre: una quarta non troverebbe posto. Di fatti queste tre gerarchie hanno la loro ragione d’essere nelle tre maniere possibili di vedere la verità: in Dio, nelle cause generali, nelle cause particolari, vale a dire come parla il sublime areopagita, nella vita più o meno abbondante della quale godono gli Angeli che le compongono. ( De divin. nom., c. v.). – La rivelazione ci scopre altresì in ciascuna gerarchia tre cori o ordini differenti. Chiamasi coro ovvero ordine angelico, una certa moltitudine di Angeli, simili tra loro per i doni della natura e della grazia. (Magist, Sent. Dist. 9, Sent. n. II). Ogni gerarchia ne racchiude tre non più che tre. Più sarebbe troppo; meno, non basta. Infatti ogni gerarchia compone come un piccolo stato. Ora ciascuno stato possiede necessariamente tre classi di cittadini né più né meno. « Per quanto siano numerosi, dice san Tommaso, tutti i cittadini di uno stato si riducono a tre classi, secondo le tre cose che costituiscono ogni società bene ordinata: il principio, il mezzo e il fine. Perciò noi vediamo invariabilmente tre ordini tra gli uomini; gli uni sono al primo grado, ed è l’aristocrazia; gli altri all’ultimo, cioè il popolo gli altri tengono il mezzo, e quest’è la cittadinanza. « Così avviene fra gli Angeli. In ciascuna gerarchia vi sono ordini differenti. Simili alle gerarchie medesime questi ordini si distinguono per l’eccellenza naturale degli Angeli che gli compongono e per la differenza delle loro funzioni. Tutte queste funzioni si riferiscono necessariamente a tre cose né più né meno: il principio, il mezzo e il fine. » (1 p. q. CVIII, art. 2, corp.; id. id art. 4, c.). Vedremo ciò chiaramente con la spiegazione delle particolari funzioni di ogni ordine. – Prima di darla confermiamo che la magnifica gerarchia del cielo, o della Chiesa trionfante si prova di per se stessa, riflettendosi agli occhi nostri nella Gerarchia della Chiesa militante, quell’altra porzione della Città del bene. Basta aprire gli occhi per vedere che la Chiesa terrena si divide in tre gerarchie, ed ogni gerarchia in tre ordini. –

La prima si compone di prelati superiori, e racchiude tre ordini: il supremo Pontificato, l’Arcivescovado e l’Episcopato; al supremo pontificato appartiene il Cardinalato, imperocché i cardinali sono i coadiutori del supremo Pontefice; come l’arcivescovado appartiene al patriarcato, la cui giurisdizione si estende a parecchie diocesi ed anche a parecchie provincie. –

La seconda si compone di prelati mezzani, i quali ricevono la direzione dai prelati superiori, e che adempiono a certe funzioni, sia in virtù della loro propria autorità, ossia per delegazione. Essa racchiude altresì tre ordini: gli abati a cui è affidato il potere di benedire e qualche volta di confermare. I priori e i decani delle collegiate o delle comunità, i cui poteri sono più o meno estesi. I rettori ed i curati, incaricati della condotta delle parrocchie, ed ai quali si riferiscono nella qualità loro di ausiliari!, i vicari ed i chierici inferiori. Tutti hanno per missione di amministrare i Sacramenti.

– La terza si compone dei fedeli o del popolo; ai quali appartiene il ricevere i beni spirituali, ma non amministrarli. – Come le altre, quest’ultima gerarchia racchiude tre ordini, le vergini, i continenti ed i maritati, i cui doveri sono diversi, come la loro stessa vocazione è distinta. – Nella regolarità del loro ministero queste gerarchie e questi ordini presentano la più bella armonia che l’uomo possa contemplare quaggiù, e quest’armonia non è altro che l’immagine dell’armonia mille volte più bella che noi vedremo nel cielo. Lassù si mostreranno agli occhi nostri senza nubi e senza velo, le tre Gerarchie angeliche, con i loro nove cori, di luce e di beltà risplendenti.

Nella prima: i Serafini, i Cherubini ed i Troni.

Nella seconda: le Dominazioni, i Principati e le Potenze.

Nella terza: le Virtù, gli Arcangeli e gli Angeli.

Funzioni degli angeli. Il mondo angelico composto di tre grandi gerarchie, ed ogni gerarchia divisa in tre ordini distinti, ci apparisce come un magnifico esercito in bell’ordine. Il saper questo non basta. Per godere dello spettacolo di un immenso esercito nei suoi formidabili splendori, bisogna vederlo in movimento. Cosi, per avere un’idea dell’esercito armato dei cieli, e misurare il luogo occupato nel piano provvidenziale, con i principi della Città del bene, è d’uopo studiarli nell’esercizio delle loro funzioni. Essere purificati, illuminati, perfezionati; ovvero purifìcare, illuminare e perfezionare; tal’è il duplice fine a cui si riferiscono tutte le funzioni delle gerarchie e degli ordini angelici. (San Dion., apud s. Th., I p. q., CVIII, art. 1, corp.). Qual è il significato di queste misteriose parole? Tutti gli Angeli non conoscono del pari i segreti divini. La prima gerarchia, abbiamo detto con san Tommaso, vede la ragione delle cose in Dio medesimo; la seconda, nelle cause seconde universali: la terza, nell’applicazione di queste cause agli effetti particolari. Alla prima appartiene la considerazione del fine; alla seconda, la disposizione universale dei mezzi; alla terza,, il porla in opera. (I p. q. CVIII, art. 6, corp.) I lumi attinti nel seno stesso di Dio gli Angeli della prima gerarchia gli comunicano, per quanto occorre, agli Angeli della seconda gerarchia: questi agli Angeli della terza; e quelli della terza ne fanno parte agli uomini. Ma la reciprocità non ha luogo, atteso che gli Angeli inferiori non hanno nulla da insegnare agli Angeli superiori, né gli uomini agli Angeli. (Vigiiier, p. 79.). Questa comunicazione incessante, come necessaria al governo del mondo, durerà sino all’ultimo giudizio. Essa racchiude quel che noi abbiamo chiamata la purificazione, l’illuminazione ed il perfezionamento. Infatti la manifestazione di una verità a colui che non la conosce, purifica il suo intelletto, dissipando le tenebre dell’ignoranza; essa l’illumina facendo rifulgere la luce dove regnava l’oscurità; essa lo perfeziona dandogli una scienza certa della verità. (S. Dion., cœlest. hier., c. VII). Tali sono le operazioni degli Angeli superiori rispetto agli Angeli inferiori; i quali sono, per questo, detti purificati, illuminati e perfezionati. Neppure una di quelle misteriose operazioni della gerarchia celeste, che non si rinvenga nella gerarchia della Chiesa militante. Ora le comunicazioni angeliche si fanno mediante la parola; imperocché gli Angeli, immagini perfette del Verbo, hanno un linguaggio e si parlano tra di loro. Che gli Angeli parlino, san Paolo ce lo insegna, allorché dice: « Quando io parlassi le lingue degli uomini e degli Angeli. » (I Cor., XIII, 1) Non pertanto guardiamoci dall’immaginare che il linguaggio angelico sia simile al linguaggio umano, e che abbia bisogno di suoni articolati o di segni esteriori, veicoli del pensiero tra un Angelo e l’altro. Questo linguaggio è tutto interiore, tutto spirituale, come lo stesso Angelo. Ei consiste da parte dell’Angelo superiore nella volontà di comunicare una verità all’Angelo inferiore; e dalla parte di questi nella volontà di riceverla. Queste due operazioni non incontrando nessun ostacolo, né nella natura degli Angeli, né nelle loro disposizioni individuali, sono infallibili ed istantanee. (Viguier, p. 80). Tanto la seconda che la terza gerarchia ricevono dalla prima, l’una immediatamente, l’altra mediatamente le divine illuminazioni. Di qui, relativamente alla loro dignità ed alle loro funzioni quella grande divisione degli Angeli, in Angeli assistenti e in Angeli esecutori, o amministratori. I primi considerano in Dio stesso la ragione delle cose da fare, e le manifestano agli Angeli inferiori, incaricati di eseguirle. Tale è l’immagine sotto la quale la sacra Scrittura ci rappresenta gli Angeli della prima gerarchia. Uno di questi principi illustri della corte del grande Re, parlando a Tobia gli dice: « Io sono Raffaello, uno dei sette angeli che siamo assistenti dinanzi a Dio. » (Tob., XII, 15). Che letteralmente vuol dire: che noi stiamo in piedi dinanzi al suo trono. Bisogna dire che questa bella espressione essere assistenti al trono di Dio ha parecchi significati. Gli Angeli assistono dinanzi a Dio allorquando essi prendono i suoi ordini; allorché gli porgono le preghiere, le elemosine, le buone opere, i voti dei mortali; quando essi difendono contro i demoni la causa degli uomini al supremo tribunale; quando penetrano i loro sguardi nei raggi della faccia divina per ritrarne le ineffabili voluttà che costituiscono la loro felicità. In quest’ultimo significato tutti gli Angeli, nessuno eccettuato, sono assistenti dinanzi a Dio; poiché tutti godono e godono continuamente della beatifica visione, allorché pure essi compiono le loro missioni sul governo del mondo. Nondimeno nel senso preciso, l’espressione assistere dinanzi a Dio designa gli Angeli della prima gerarchia, che non hanno costume d’essere impiegati in ministeri esterni. (Corn. a Lap., in Tob. XII, 15). Questi Angeli assistenti al trono di Dio e superiori a tutti gli altri si chiamano i Serafini, i Cherubini, i Troni, e formano la prima gerarchia. Poiché le gerarchie del mondo inferiore non sono che un riflesso delle gerarchie del mondo superiore; un solido confronto, preso dalla corte dei re della terra, ci aiuta a comprendere il grado e le funzioni di questi grandi ufficiali della Corona eterna. Fra i cortigiani ve ne sono di quelli che debbono alla loro dignità l’entrare famigliarmente presso il principe, senza aver bisogno d’essere introdotti; altri che aggiungono a questo primo privilegio quello di conoscere i segreti del principe; altri finalmente ancor più favoriti, compagni inseparabili del principe, sembrano non fare che un solo con lui. Questi ultimi ci rappresentano i Serafini. Creature le più sublimi che Dio abbia tratte dal nulla, questi spiriti angelici debbono il loro nome alla fiamma del loro amore. (Viguier, p. 85; S. Dion., 7; Cœlest hier,). Posti in cima delle gerarchie create, essi giungono fin dove il finito può giungere all’infinito, alla Trinità divina, all’amore stesso ed al centro eterno di ogni amore. Lungi dal raffreddare il loro ardore, le solenni missioni che gli sono qualche volta affidate sembrano accrescerlo e far loro ripetere, con una più intima voluttà, il cantico sentito da Isaia: « I Serafini stavano in piedi, e chiamandosi l’un l’altro, dicevano: Santo, santo, santo è il Signore Dio degli eserciti; tutta la terra è ripiena della sua gloria. » (Is., VI, 3) Nei fortunati cortigiani che conoscono tutti i segreti del principe, noi abbiamo un’immagine dei Cherubini, il cui nome significa pienezza della scienza. (Viguier, ibid.) Questi spiriti deiformi che non abbagliano né turbano mai i raggi scintillanti della faccia di Dio, contemplano con uno sguardo le ragioni intime delle cose nella loro sorgente, a fine di comunicarle agli Angeli inferiori, dei quali debbono essi determinare le funzioni e regolare la condotta. Essi medesimi qualche volta sono spediti in missione. Cosicché vedesi un Cherubino incaricato di guardare l’ingresso del paradiso terrestre e d’interdirlo all’uomo colpevole. Perché un Cherubino e non un altro Angelo? Vegliare e vedere di lontano sono le due qualità di una sentinella. Ora, come il loro nome lo indica, i Cherubini posseggono queste due qualità ad un grado sovraeminente, anche nel mondo angelico.(Corn. a Lap., in Gen., III, 23). I Troni sono rappresentati dai grandi signori che hanno libero ingresso presso il Re. Elevatezza, beltà, solidità: ecco le tre idee che reca allo spirito il nome della sede sulla quale si pongono i monarchi nelle occasioni solenni. Nessuno poteva meglio designare il terzo ordine angelico della prima gerarchia. I Troni sono così chiamati, anche quegli Angeli, sfolgoranti di bellezza, che sono elevati al disopra di tutti i cori delle gerarchie inferiori, ai quali essi intimano gli ordini del gran Re, dividendo con i Serafini ed i Cherubini il privilegio di vedere chiaramente la verità in Dio medesimo, vale a dire nella causa delle cause. (S. Th. I p. q. CVIII, art. 5, ad. 3). Fissi in Dio per intuizione della verità, essi sono incrollabili. – Di più, come il trono materiale è aperto da un lato per ricevere il monarca che parla di questa fede maestosa; cosi i Troni angelici sono aperti per ricevere lo stesso Dio che parla per bocca loro. Ad essi appartiene il nobile ufficio di trasmettere le sue sovrane comunicazioni agli Angeli delle gerarchie inferiori, sparsi in tutte le parti della Città del bene. Infatti i Troni, essendo l’ultimo ordine della prima gerarchia o degli Angeli assistenti, toccano immediatamente alle Dominazioni, che formano il coro il più elevato degli Angeli ministranti. – Tali sono dunque in poche parole i rapporti e le distinzioni che esistono tra gli Angeli della prima gerarchia. Tutti sono assistenti al Trono. Tutti contemplano le ragioni delle cose nella causa prima. Il privilegio dei Serafini è di essere uniti a Dio nel modo il più intimo, negli ardori deliziosi di un indicibile amore! Il privilegio dei Cherubini è di vedere la verità, di una veduta superiore a tutto ciò che è al disotto di essi. Il privilegio dei Troni è di trasmettere agli Angeli inferiori, in proporzione del bisogno, le comunicazioni divine di cui essi posseggono la pienezza. S. Th., I p., q. CVIII, art. 6, corp.).  Cosi è che l’augusta Trinità, la cui immagine passa attraverso a tutte le creazioni, brilla di un incomparabile splendore nella massima perfezione. Nei Troni vediamo la Potenza; nei Cherubini, l’intelligenza; nei Serafini, l’Amore. La gerarchia ecclesiastica, come riflesso della gerarchia celeste, offre lo stesso spettacolo. Nel Diacono voi avete la Potenza che eseguisce; nel Sacerdote, l’Intelligenza che illumina; nel Pontefice, l’Amore che consuma, secondo quella parola indirizzata al capo supremo del Pontificato: « Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più degli altri? — Signore, voi sapete che io vi amo. — Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore. » L’amore è dunque il principio, il fine, la legge suprema della Città del bene; siccome l’odio, come noi vedremo, è il principio, il fine, la legge suprema della Città del male. (S. Dion., Eccles. hierarch; C. V.)