DEVOZIONE AL CUORE DI GESU’ – Secondo fine: risarcirlo

[Sac. A. Carmignola: IL SACRO CUORE DI GESÙ; S. E. I. Ed. Torino, 1920 – V disc. ]

Secondo fine della divozione al Sacro Cuore di Gesù: Risarcirlo.

Prima che fosse il mondo, prima che esistessero le ore, prima che i primogeniti della creazione, gli Angeli, avessero cantato il loro primo cantico, allorché non c’era altro che Iddio, e rapito della sua bellezza e della sua bontà, inebriato del suo infinito amore, era assolutamente beato pur vivendo solo, Egli tuttavia già aveva risoluto di trarre ciascuno di noi dal nulla, già lo vedeva, più ancora, già lo amava, avendo Egli amato ciascuno di noi d’un amore eterno, vale a dire di un amore che non è mancato, che non è venuto meno mai. Or questo è appunto l’amore che troviamo nel Cuore Sacratissimo di Gesù. Fin da quel momento, in cui si compiva il grande mistero della Incarnazione, questo Amore già prendeva ad amarci, perché fin d’allora tutte le generazioni umane, passate, presenti e future sfilavano dinanzi a Lui. Ma ciò non è tutto; perciocché dovendo il Cuore di Gesù, essere considerato, come le altre sue facoltà umane, quasi uno strumento della sua divinità, quell’Amore senza principio, di cui Iddio senza alcun nostro merito ci ha fatto l’oggetto nella profondità della sua essenza, si impadronisce di questo Cuore, e questo Cuore può dirci: In charitate perpetua dilavi te: (IER. XXXI, 3) ti ho amato di un amore eterno. Ma questo amore per noi che nel Cuore di Gesù Cristo dura da tutta l’eternità, è stato un amore fecondo e sovrano, perciocché, come osserva S. Agostino, la carità non può a meno di generare dei figli e di nutrirli ed alimentarli del suo latte: Charitas mater est, charitas nutrix est. Il Cuore di Gesù pertanto amandoci da tutta l’eternità di un amore immenso, per la fecondità di questo amore ci ha anzi tutto generati alla vita e rifatti figliuoli adottivi del suo Padre celeste. E dopo di averci dato la vera vita, ha pensato a mantenerla cavando da sé il cibo divino de’ suoi Sacramenti, e soprattutto il cibo delle sue stesse carni e la bevanda del suo stesso sangue. Quale amore! Non è desso veramente l’amore più fecondo e più grande, a cui si poteva giungere dallo stesso Dio? Ora quale dovrebbe essere la corrispondenza nostra ad un tanto amore? Non dovrebbero forse tutti gli uomini struggersi di amore, massime innanzi al Sacramento della SS. Eucarestia, che è la prova finale dell’amore di Gesù Cristo per noi? Sì, senza dubbio, ma invece…. Lo stesso Gesù, apparendo a Santa Margherita Alacoque, diceva: « Ecco quel Cuore, che tanto ha amato gli uomini, ed in ricambio non ricevo dalla più parte, che ingratitudine, tante sono le freddezze, tanti gli abbandoni e gli oltraggi, che si commettono contro di me nel Sacramento di amore. » Epperò lo stesso Gesù manifestava alla sua diletta serva essere sua ardentissima brama, che nella divozione al suo Sacratissimo Cuore, si avesse pur questo fine particolare, di ripararlo degli indegni trattamenti, che riceve nella SS. Eucarestia. E noi, devoti del Sacro Cuore, non asseconderemo questa sua brama? Sì certamente: epperò animiamoci oggi a compiere tale dovere.

I. — La storia del popolo ebreo, narrata nelle Sacre Scritture, si potrebbe chiamare la storia dei benefizi di Dio e delle ingratitudini degli uomini. Ed in vero il Signore aveva scelto quel popolo fra i tanti altri, per farne il popolo prediletto e conservare in seno ad esso la vera religione. Lo aveva liberato dalla schiavitù dell’Egitto, e fattolo passare a piede asciutto il Mar Rosso, lo aveva guidato nel suo cammino verso la terra promessa con una colonna di nube. Per quarant’anni gli aveva mandato dal cielo la manna per somministrargli il cibo, e dalle viscere delle rupi aveva fatto scaturire per lui dell’acqua abbondante. Aveva quindi abbattuti i suoi nemici, gli aveva dato la vittoria sopra tutti i popoli del paese di Canaan e lo aveva introdotto a prendere pieno possesso di una terra che scorreva latte e miele. Ma, oltre che con questi benefizi temporali, Iddio aveva colmato questo popolo di benefizi spirituali. Si era degnato di dargli la sua santa legge e fargli esattamente conoscere la sua volontà, lo aveva istruito nel dovere di credere al futuro Messia, e gliene aveva mantenuta viva in cuore la speranza per mezzo dei profeti; aveva operato in suo prò i più strepitosi miracoli; e da ultimo mandò sulla terra propriamente in mezzo a questo popolo il suo Divin Figliuolo Incarnato, Gesù-Cristo, che vi passò nel mezzo, non facendo altro che del bene e spargendo a piene mani la luce di verità e la grazia di salute temporale ed eterna. Ora, dopo questi ed infiniti altri benefizi, con quale gratitudine avrebbe dovuto corrispondere? E invece vi corrispose coll’ingratitudine più nera, sino al punto di recare a Dio il massimo oltraggio, mettendo in croce il suo Divin Figlio. Oh popolo scellerato!… Ma no, non adiriamoci contro di questo popolo dell’antica legge. Abbiamo ben più ragione di adirarci contro quello della legge nuova. Gesù Cristo venuto sulla terra fece uscire dal suo Cuore Sacratissimo dei benefizi di gran lunga superiori ai benefizi fatti al popolo ebreo, e fra tutti gli altri il massimo che potesse fare agli uomini, il sacramento della SS. Eucarestia. Eppure Gesù Cristo in questo Sacramento è mal corrisposto, Gesù Cristo vi è ben poco amato. Ma come? Gesù Cristo è poco amato in questo Sacramento? Ma non è forse in questo Sacramento che si umilia continuamente per noi, stando lì nei tabernacoli sotto le specie di pane, offrendosi sempre, e dì e notte, quale vittima di, carità al divin Padre per noi? Non è lì, che sorregge e salva dalla rovina il mondo? Non è lì sempre pronto a versare torrenti di grazie nelle anime, che a Lui ricorrono? Anzi, non è lì, che si tiene a disposizione dei suoi figli per nutrirli di sé medesimo ed unirsi a loro nel modo più intimo che sia possibile? Sì, è lì in quel SS. Sacramento, che Gesù ci ama per eccellenza, in modo supremo, ed è lì perciò che dovrebbe avere per sé tutti i cuori degli uomini. Eppure… non ci vuol troppo per constatare, che Gesù nel SS. Sacramento è poco amato; basta considerare come lo trattano coloro medesimi, che sembrano amarlo. Proprietà di chi ama si è, nello stare coll’oggetto amato, di tenere sempre il pensiero, il cuore, la parola, tutto l’essere intento a sfogare il proprio amore. Osservate la madre. Che cosa non pensa, che cosa non dice, che cosa non fa col suo bambino, che tanto ama? Ora lo guarda con tenerezza ineffabile, ora lo piglia tra le braccia e se lo stringe con affètto al cuore, ora gli parla e lo vezzeggia, chiamandolo suo bene, sua vita, tesoro, ora lo solleva e lo abbassa, ed ora lo agita destra e a sinistra, ora gli abboccona le mani e le guance, gli dice di volerlo mangiare, ed ora si abbandona a tanti altri atti, che sembrerebbero follìe, se non fossero anche filosoficamente riconosciuti come atti del più grande, del più puro, del più bello fra gli amori terreni, dell’amore materno, tant’è, quando si ama, massimamente nello stare coll’oggetto amato, si vive in lui e per lui. Ora, è questo il contegno, che si tiene con Gesù nel SS. Sacramento da coloro medesimi, che sembrano amarlo? Costoro, è vero, si recano forse anche ogni giorno in chiesa ad assistere al Santo Sacrificio, a far visita a Gesù, e vi rimangono ben anche qualche ora, ma dove si trova il loro pensiero? dove il loro cuore? E dov’è il fuoco delle loro parole, dei loro sguardi, dei loro affetti per quel Gesù, che dicono di amare? Ahimè! Se si fosse al teatro, non si staccherebbe l’attenzione un istante dalla commedia; se si fosse in crocchio con gli amici, sempre si saprebbe di che parlare; se si facesse un bel viaggio, vi sarebbero sempre nuove meraviglie da contemplare, ma stando con Gesù, dinnanzi a Lui, oh quale freddezza! Nel santo Vangelo vi è un tratto che ci dipinge al vivo questa insana condotta degli stessi amici di Gesù Cristo, e ci rivela la pena che il suo Cuore ne prova. Il Divin Redentore entrato nel Getsemani, seguito da tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, col volto pallido per l’orrore della vicina Passione, si volse ad essi e disse: « L’anima mia è così afflitta che mi sento morire. Deh! non lasciatemi solo, ma mentre io m’inoltro qualche poco a confortarmi colla preghiera, restate qui ancor voi e vegliate con me. » Così disse Gesù a quegli apostoli, e puossi dubitare che non lo avrebbero accontentato? Non erano essi i prediletti da Gesù? Anzi, poco prima nell’ultima Cena, Simon Pietro non aveva detto: « Signore, io son pronto a morire con te? » Eppure, passata un’ora appena, Gesù, alzatosi da terra con il Cuore agonizzante, si avvicina ai tre Apostoli e li trova che dormivano! Un sacro interprete assicura, che questa freddezza degli Apostoli cominciò ad essere una delle pene più dolorose della sua Passione. Ed in vero Gesù rivoltosi a Pietro: « Così, gli disse, cioè dopo avervi io amato tanto, dopo d’avervi preferiti agli altri, dopo d’aver fatto tanto per voi ed essermi già per voi incamminato a morire, così non avete potuto vegliare un’ora con me? Sic non potuistis una hora vigilare mecum? (MATT. XXVI, 40). – Or, ecco il lamento che parmi di udire tante volte da Gesù Sacramentato : « Io sto qui, vittima di carità, tutto fuoco di amore; Io qui ho le mani piene di grazie per riversarle in seno a chi me le chiede, eppure coloro stessi che Io prediligo, che si dicono miei amici, che sono dal mondo creduti tali, stanno dinanzi a me con indifferenza, Con freddezza! Ecco lì dei cristiani, che se ne stanno muti, ritti in piedi, tesi della persona, affettando autorità come se Io fossi un loro pari. Ecco lì dei cristiani, che invece di pensare a me, pensano ai loro amici, ai loro affari, ai loro interessi. A che vale che mormorino delle preghiere, se intanto hanno altrove il loro affetto? Populus hic labiis me honorat, cor autem èorum longe est a me. (MATT. XV, 8) Ecco lì delle stesse anime a me consacrate, dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, che non mi dimostrano niente di pietà, che non hanno per me alcun fervore. E voi adunque, che vi dito amici miei, voi non potete passare un’ora con atti di fede, di amore, di preghiera con me? Sic non potuistis una hora vigilare mecum? Dite, carissimi, è possibile ascoltare questi pietosi lamenti del Cuore Sacratissimo di Gesù, e noi, suoi devoti, non risolvere di risarcirlo col fuoco dell’amor nostro? e noi non ardere alla sua presenza come i discepoli di Emmaus? E noi non languire anzi davanti a Lui, come facevano i santi?

II. — Ma quanto più ha da essere così, riflettendo che non solo Gesù in questo Sacramento è trattato freddamente, ma che, peggio ancora, è dalla maggior parte degli uomini lasciato in abbandono. Certamente è impossibile amare e non bramare di stare insieme più che sia possibile alla persona amata. Perché quei due amici bramano di vedersi sovente, di parlarsi, di stringersi teneramente la mano? Perché si amano. Perché quel fratello non vuole più svincolarsi dal fratello che parte, e sente come uno schianto al vederselo andar lontano? Perché lo ama. Perché quella madre esce in altissime grida e si smarrisce e vien meno alla morte di un suo figlio? Perché lo ama. Così fatto è l’amore, ed è questo solo che ci spiega in qualche modo come Gesù volle restare continuamente con noi nel Sacramento dell’altare. Ma potrà dirsi che gli uomini lo ricambino di amore, se nella maggior parte si danno così poco pensiero di venirgli a fare compagnia? Girate lo sguardo pel mondo: è un andare e venire di gente, è un correre continuo ai traffici, agli spettacoli, ai divertimenti; è un ricercare incessante di denari, di piaceri, di onori, è un affannarsi da mane a sera per soddisfare l’amor proprio; ma fra tanto agitarsi per la vita, quanti sono, che pigliano un momento di tregua per entrare in una chiesa e far breve visita a Gesù Sacramentato? Ahimè! non è difficile trovar moltitudine di gente nelle piazze, nei mercati, nei teatri, nei passeggi, ma le chiese, non solo durante le notti, ma assai spesso durante il giorno, son quasi deserte: Gesù vi è negletto, in nessun’altra compagnia che quella di una lampada, che lentamente si consuma. Ma forse che manca il tempo? Oh! il tempo non si getta forse nelle visite inutili, nelle vane ciance, nel mormorare dei fatti altrui, nella lettura di libri e giornali frivoli e cattivi? Il tempo non si cerca forse di ammazzarlo, come si dice, in gite di piacere, in partite di giuochi, in sollievi peccaminosi? E poi, come mancherebbe il tempo ad un’anima che amasse veramente Gesù? Non mancava, no, alle anime accese d’amor divino, benché aggravate da serissime occupazioni, e San Francesco Zaverio, S. Vincenzo de Paoli, S. Francesco di Sales, intenti senza posa nell’importante ministero della conversione dei popoli, della salute delle anime, ne trovavano ancor tanto da passare delle ore intere in adorazione al SS. Sacramento. Forse che manca la comodità? Ah! non ci sarebbe che da uscir di casa, fare pochi passi, e la chiesa, Gesù, si troverebbe subito. Quando si leggono gli annali della propagazione della fede, le lettere che scrivono i missionari, si resta commossi all’intendere che cosa fanno quei buoni convertiti per amore di Gesù. Solo per giungere ad ascoltare una Messa traversano vaste boscaglie, immensi deserti, larghissimi fiumi, e, dopo due o tre giorni di cammino, arrivati alla capanna dove il missionario celebra il santo sacrificio, non potendo starvi entro, si accontentano di inginocchiarsi fuori, esposti o al rigore di un intenso freddo, o al fastidio di un calore che abbrucia. Che cosa adunque impedisce a tanti cristiani di venire qualche istante a trovare Gesù in Sacramento? Pur troppo niente altro che l a noncuranza, il nessun amore che si ha per Lui. Ma ciò non è tutto. Gesù Cristo nella SS. Eucaristia ha voluto non solo restare con noi. ma farsi il cibo delle anime nostre, e nell’eccesso del suo amore per noi lo ha voluto per tal modo, da invitarci a prendere questo cibo prima con tutta la dolcezza del suo Cuore, e poi da minacciarci persino la più terribile sentenza, se non avessimo assecondato il suo invito. « In verità, in verità, Egli disse, se non mangerete la mia Carne e non berrete il mio Sangue, non avrete la vita in voi: solo chi mangia degnamente la mia Carne e beve il mio Sangue, avrà la vita eterna e sarà risuscitato da me nell’ultimo giorno. » Ed altra volta narrava la parabola di un ricco signore, che avendo preparata una gran cena ed invitatovi gran gente, si vide villanamente respingere l’invito dai convitati, a danno dei quali perciò disse, che nessun di loro più mai avrebbe assaggiata la sua cena. Certamente Gesù non poteva parlarci più chiaro per farci intendere la sua espressa volontà, che avessimo a frequentare la Santa Comunione. Eppure la massima parte dei cristiani passa le settimane, i mesi e persino gli anni interi senza venire alla sacra Mensa! Si sa, ancor essi, come i convitati del Vangelo, arrecano di questa condotta le loro scuse. Taluno, come il primo convitato, adduce il pretesto dell’imbarazzo, in cui si trova per le cose temporali: Villam emibisogna che si occupi del suo commercio, delle esigenze del suo negozio, della coltura delle sue terre, del mantenimento delle sue proprietà. Un altro, raffigurato da quello che aveva da andare a provare i buoi, mette innanzi la difficoltà di domare le sue passioni che impetuose tendenze lo travagliano che ei non può vincersi che forse più tardi quando i ghiacci dell’età avranno raffreddato i suoi sensi e il suo cuore. Un terzo, menando vita si tutto sensuale, rappresentato da colui, che aveva tolto moglie, non addurrà neppur più alcuna scusa, ma se dall’esortazione di una madre o dalle preghiere di una sposa, si sentirà ancora invitato ad accostarsi ai Sacramenti: Baie! esclamerà, son cose buone per voi povere donne, ma io non ne debbo più sapere. E così, da chi in un modo, e da chi in un altro, ma dalla massima parte per disamore, Gesù è lasciato in abbandono. Or chi sa dire la pena, che ne prova perciò il suo Sacratissimo Cuore? Egli sospirare cotanto di unirsi agli uomini, di entrare nel loro cuore, di far con ciascuno una cosa sola, e gli uomini in tanta moltitudine dirgli col fatto: Eh! che cosa è poi tutto questo? noi non ci vediam nulla di grande!… noi non sappiamo che fare di questo tuo dono!… E in questo diportarsi degli uomini con Dio non vi è la più nera ingratitudine? E noi, devoti del Sacro Cuore, non ci faremo a risarcirlo con tutte le nostre forze?… coll’essere frequenti noi alle sante visite ed alle sante Comunioni?

III. — Ma infine è per ben più gravi ragioni ancora, che noi dobbiamo riparare al Cuore Sacratissimo di Gesù; perciocché nel SS. Sacramento non solamente lo si tratta con una grande freddezza, e lo si lascia in abbandono, ma gli si recano pur troppo i più gravi oltraggi. E qui esclamerò col Profeta: Chi darà ai miei occhi due fonti di lagrime per piangere eccessi sì mostruosi e sì orrendi? L’inferno non accese il petto dei Giudei di tanto odio e furore contro Cristo, quanto ne mostrarono e ne mostrano gli eretici e gli empi contro questo divin Sacramento. Alla loro diabolica rabbia non fu bastevole saccheggiare le chiese, dove risiedeva Gesù nell’Eucaristia, profanarle, demolirle, atterrare gli altari, scannare i sacerdoti, contaminare e stritolare i vasi sacri; stesero ancora le invereconde mani sui cibori e sulle ostie consacrate, le gettarono per terra, le calpestarono, le diedero ai cani, le trafissero con pugnalate, le impiegarono ad usi i più abbominevoli ed esecrandi. In questi ultimi tempi poi il disprezzo e l’odio contro il SS. Sacramento è giunto a tale nel cuore di certi uomini veramente diabolici, che con una audacia incredibile e con una frequenza inaudita s’inoltrano nelle chiese a scassinare i santi tabernacoli e a rapirvi le sacre pissidi, disperdendo poi sacrilegamente le Santissime Ostie. E nel mentre che i poteri umani dovrebbero almeno dispiegare maggior zelo nel ricercare e punire questi ladri sacrileghi, quanto volte sembrano invece valersi della forza per cooperare ancor essi ad oltraggiare Gesù Sacramentato! Ed invero quante volte mentre si permisero le orgie dei baccanali, le mascherate carnevalesche più scandalose, le gazzarre e le dimostrazioni strepitose di gente nemica di Dio, che procedeva ardita e baldanzosa dietro la bandiera di Satana, al suono di musiche clamorose, si trovarono nulle pretesti per interdire od inceppare lo pubbliche dimostrazioni al divin culto, e Gesù Cristo Sacramentato, il Padrone sovrano dell’universo, il Redentore pietoso dell’uman genere fu condannato al carcere, fu costretto a restarsene prigioniero nelle chiese, fu impedito di uscire in processione per le contrade e per le piazze e ricevere gli omaggi del suo popolo! – Ma quasi ciò fosse ancor poco, ecco aggiungersi gli insulti di tanti Cristiani, commessi proprio alla sua presenza. Ah! se Gesù là, dentro al tabernacolo, non volesse darci l’esempio della più grande pazienza, quante volte dovrebbe levarsi di là e con aria maestosa e terribile, col flagello alla mano dovrebbe farsi a cacciar via dal tempio i suoi profanatori! Perciocché che cosa gli tocca di vedere tante volte dal tabernacolo? Gli tocca vedere dei Cristiani, che, nell’atto stesso ch’egli s’immola al suo divin Padre, ridono, ciarlano, danno sguardi malvagi e accendono in cuore cattivi desideri! Gli tocca vedere delle donne vane, che gli si recano innanzi con baldanza, con aria procace e libera a rubargli l’amore e le adorazioni. Gli tocca di vedere là in un angolo un pugno di giovinastri, che fa delle burle infami, e che con l’accento della bestemmia va mormorando contro di lui. Gli tocca di vedere la ragazzaglia, che entra a scorrazzare e fin anco a schiamazzare con insolenza sotto gli occhi suoi. Povero Gesù Sacramentato? Che indegno trattamento verso di Lui, là propriamente, dove ci dà tanta prova di amore! – Ma infine, più ingrati e più scellerati di tutti si offrono al mio pensiero quei pessimi Cristiani, che, Giuda novelli, osano ricevere Gesù in Sacramento collo labbra immonde, con l’anima ripiena di peccato. Ah? chi può dire la pena gravissima, che sono costoro al Cuore Sacratissimo di Gesù? Si narra nella storia della Chiesa di quell’iniquo tiranno che fu Massenzio, che a maggior tormento dei martiri, con finissima barbarie, immaginò di legare un uomo vivo ad uno schifoso cadavere, mani a mani, piedi a piedi, bocca a bocca, sì che a poco a con l’imputridire di quest’ultimo, il martire di Gesù Cristo lentamente e quasi direi a sorso a sorso bevesse la morte. Ma costoro, di questo infame tiranno sono infinitamente più barari e più inumani, perché accostandosi con immonda coscienza alla mensa eucaristica osano congiungere, con sacrilega ed empia unione, il Corpo immacolato di Gesù Cristo con un’anima macchiata di colpa mortale, innanzi ai suoi occhi divini più orribile di qualsiasi più schifoso cadavere, epperò gli recano il più grave ed il più spietato affronto. – Così adunque, voi lo vedete, intorno all’altare accade pur troppo quello stesso mistero di iniquità che accadeva sul Calvario. Là, carnefici furibondi, che si scagliavano contro il Corpo sacratissimo del Redentore, facendone crudo scempio; bestemmiatori sacrileghi, che insultavano ai suoi dolori ed alle sue umiliazioni; increduli maligni, che beffavano sarcasticamente la sua crocifissione e la sua morte. E qui, altri carnefici, profanatori delle Sante Ostie, altri empi, che bestemmiano orribilmente contro la carità di Dio, altri increduli che sogghignano a questo grande mistero. Là degli smemorati, degli Ignoranti e degli indifferenti, che dimentichi dei benefizi ricevuti, che non conoscendo Gesù, che non sentendo per Lui alcun amore. non partecipavano punto ai suoi patimenti, lo guardavano appena e poi lo lasciavano nel più villano abbandono. E qui altri indifferenti, altri ignoranti ed altri smemorati, che non sanno che farsi di questo Sacramento dì amore e ne vivono del tutto lontani. Là dei paurosi, dei deboli, degli accidiosi che pur avrebbero voluto appressarsi a Gesù, confortarlo nelle sue pene, unirsi al suo sacrificio, ma che intanto tremavano di farsi conoscere suoi discepoli, non avevano la forza di tenergli dietro, non si facevano animosamente a vincere la ritrosia della loro carne inferma. E qui altri paurosi, altri deboli, altri accidiosi, che pur sentendo di dover amare Gesù, non l’amano tuttavia come dovrebbero, vittime come sono del rispetto umano, delle distrazioni e della freddezza. – Tuttavia là, sul Calvario, accanto a questo mistero di iniquità, ne accadeva un altro di compassione e di amore. Inginocchiata appiè della Croce, e stretta alla medesima, vi era la Maddalena che si disfaceva in lagrime di dolore. Ritti presso la Croce vi erano Maria, l’eroica madre del Crocifisso, Giovanni, il discepolo prediletto, le pie donne di Gerusalemme, e questi tutti contemplavano Gesù morente, prendevano parte ai suoi dolori, si univano più che era possibile ai patimenti suoi. Or ecco la parte, che in opposizione agli oltraggiatori del SS. Sacramento, dobbiamo far noi intorno al santo altare; ecco l’atteggiamento che dobbiamo prendere, la condotta che dobbiamo tenere alla considerazione delle pene atrocissime, cui deve sottostare il Cuore di Gesù nel santo tabernacolo. È appunto a noi, o devoti del Sacro Cuore, che fra tante amarezze si volge il benignissimo Salvatore, e dopo d’averci ripetuto quelle tenere espressioni, con cui si lagnò con la sua fedele serva Margherita: « Ecco quel Cuore che tanto ama gli uomini e viene da loro sì mal corrisposto, » almeno voi, dice, almeno voi che vi dite miei devoti, porgetemi una qualche stilla di filiale consolazione. Miseremini mei, miseremini mei saltem vos, amici mei. (IOB. XIX, 21). O miei cari, è l’amoroso Gesù, che con parole sì commoventi ne cerca conforto; ci basterà l’animo di ricusarglielo? Lo costringeremo a rivolgerci quel rimprovero: Ne’ miei affanni cercai chi mi consolasse e nol trovai? Sustinui qui consolaretur me, et non inveni? (Ps. LXVIII) Ah no, no di certo! Come un figliuolo affettuoso si presenta talvolta al padre ingiuriato da un fratello, e invece di lui gli chiede scusa; come un suddito più leale si presenta al principe e gli promette maggior fedeltà in vista di altri sudditi rivoltosi; e come una sposa tratta con maggior affetto lo sposo per ricompensarlo degli affronti ricevuti da qualche villano, così noi, devoti del Sacro Cuore, per ripararlo delle freddezze, degli abbandoni e degli oltraggi di tanti cattivi cristiani, ci appiglieremo con slancio a quei mezzi, a quelle pratiche, che lo stesso Sacro Cuore ha indicato alla Beata Margherita essere le più acconce a ripararlo, vale a dire: Ogni anno ne celebreremo con grande divozione la festa, massimamente coll’accostarci alla Santa Comunione, e col fare atti di compassione, di amore e di pentimento al Sacro Cuore, oltraggiato nel Santissimo Sacramento. E questa Comunione riparatrice la faremo pure al primo venerdì di ogni mese. In ogni settimana, al venerdì, faremo qualche esercizio di pietà ad onore della Passione di Gesù Cristo. Ogni giorno faremo qualche visita devota al santo tabernacolo. E poi ci comunicheremo con la maggiore frequenza che sia possibile, faremo sovente atti di amore, ripeteremo spesso di vote giaculatorie, pregheremo incessantemente per la conversione dei poveri peccatori, e del continuo procureremo di vivere soltanto pel Sacro Cuore e nel Sacro Cuore di Gesù, offrendo a lui, come faceva la Beata Margherita, da lui ammaestrata, tutte le nostre opere, tutti i nostri discorsi, tutti i nostri patimenti, e persino le nostre ricreazioni. Per tal guisa noi consoleremo l’afflitto Cuore di Gesù, ci andremo acquistando la sua speciale benevolenza e saremo da lui favoriti delle più belle grazie. E voi, Cuore adorabile di Gesù, confermate questi nostri propositi con la grazia vostra. Dateci la forza per praticarli costantemente. Anzi accrescete sempre nei nostri cuori la fiamma di risarcirvi, tanto più perché tra coloro che malamente corrisposero al vostro amore ci troviamo anche noi. Anche noi vi abbiamo amato assai poco; anche noi vi lasciammo tanto tempo in abbandono; anche noi vi abbiamo talvolta villanamente oltraggiato. Deh! ci sia dolce da questo momento, mercé il vostro aiuto, consumare la nostra vita per voi e cancellare, se fosse possibile, col nostro sangue tutti i disprezzi recati a Voi. Ci sia caro con la vita e con la morte rendervi quell’onore e quella gloria, che vi son dovuti!

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.