Omelie del S. NATALE –

 

Omelie del S. NATALE

S. S. Gregorio XVII

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Messa del Giorno (1973)

La difficilissima pagina del Vangelo (Gv I, 1-18) che avete ora ascoltato, che costituisce il prologo del quarto Evangelo, quello di Giovanni, dà però la risposta di due gravi domande. – La prima è: chi è Colui del quale oggi celebriamo la natività? La seconda: ma che cosa è venuto a fare? Vediamo la risposta che dà il difficilissimo brano, che evidentemente non possiamo commentare adeguatamente per limiti di tempo, e non solo di quello. Chi è? La risposta è questa: è Dio, è il Verbo di Dio. Naturalmente a questo punto dobbiamo sentire la maestà del Signore. Noi facciamo distinzioni in questo mondo, e in tutto il creato del resto, tra maestà, amore, giustizia, misericordia, e via discorrendo. In Dio tutto è unico, tutto s’identifica: la maestà è l’amore, l’amore è la giustizia, la giustizia è la misericordia. Per noi tutte queste cose sono distinte e divise, perché siamo piccoli, siamo imperfetti e pertanto non siamo infiniti. E Dio. Ma è il Verbo. Che cosa significa questo? Significa che in Dio c’è un rapporto d’intelletto. Il primo termine di questo rapporto intellettuale si chiama il Padre; il secondo termine si chiama il Verbo, il Figlio. E perché si usa la parola “Verbo”? E maggiormente propria la parola greca “Logos”, usata nel testo originale da Giovanni l’Evangelista. La parola “Verbo” significa la parola; ma quale parola? La parola intellettuale, cioè l’idea. Ed è questo il termine, imperfetto certo, ma vero, che serve ad identificare il secondo termine di questo eterno rapporto di intelletto che è in Dio. Siamo obbligati ad entrare nella vita di Dio oggi. Facciamolo con riverenza infinita, perché le cose divine a noi non possono arrivare se non calate e pertanto rimpicciolite nei termini delle nostre rappresentazioni intellettuali. Ma la constatazione di questi termini, che sono veri, ma che non possono adeguare la realtà rappresentata, deve infondere in noi un senso profondo di rispetto, di ammirazione, di adorazione. Ecco Colui che è nato a Betlemme. E’ così. Se non fosse così, perché tanta festa? Perché si dovrebbe oggi il mondo fermare? Perché oggi si ferma il mondo, anche quello non cristiano, e c’è in questo nostro povero mondo un momento di fede per tutti e, penso, anche di pace per tutti. – La seconda domanda: ma che cosa è venuto a fare? Do la risposta che dà il testo letto. E venuto per essere con gli uomini. Come mai si è fatto uomo? Come si è fatto uomo? Ha assunto una natura umana, identica alla nostra, anima e corpo. Strano? No, difficile, strano no. Dio, che ha creato tutto, anche la natura umana, può assumere tutto quello che crede ed elegge per esser vicino alle Sue creature, e nessuno ha diritto di meravigliarsi di quello che fa Iddio. Noi comunichiamo con i nostri simili mediante la fonazione, la voce; possiamo usare anche dei gesti e possiamo usare dei simboli, la scrittura. Non abbiamo altro per comunicare coi nostri simili. Dio ha tutto, tutto è nelle Sue mani. La docilità dell’atto creativo è la docilità di qualunque assunzione nei termini della Provvidenza Divina. Difficile sì, strano no. Naturalmente, qui c’è il mistero. E perché si è fatto uomo per essere con gli uomini? Con che scopo? Non certo un viaggio turistico sul nostro pianeta; queste sono sciocchezze che vanno bene per i circhi! La ragione è un’altra, e qui c’è una questione che bisogna affrontare. Chi ha ascoltato con attenzione il prologo giovanneo dianzi letto avrà notato che in tutto il brano non si fa alcun cenno alla Redenzione dal peccato. Forse è dimenticata? No. E che questo brano vuol ricordare al mondo la prima ed essenziale ragione per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo. La questione sta in questo: se il Figlio di Dio si fosse fatto uomo unicamente per riparare il peccato – il che è ero -, l’iniziativa di quest’opera grande dell’Incarnazione e della Redenzione la avrebbe avuta il peccato, il male, e sarebbe affermare il pessimismo e negare Dio, e non è così. Se non avessimo questa pagina del Vangelo, avremmo dovuto piegare la fronte ad un mistero di più. Questa pagina del Vangelo ci dà la quiete. E come se dicesse: “State tranquilli: l’iniziativa non è del male, ma del bene”. L’iniziativa è di Dio, perché ha voluto. Dice il testo evangelico: ecco perché è venuto, la ragione assoluta che avrebbe avuto valore anche se non ci fosse stato il peccato negli uomini: rendervi figli di Dio (Paolo avrebbe spiegato dopo: “adottivi”). Ecco lo scopo. Siccome veniva per questo scopo, ha assunto anche l’altro: redimere dal peccato. E per questo motivo, è per quello che è rivelato da questo brano del Vangelo che noi sappiamo, che la precedenza l’ha il bene non il male, che la vittoria l’ha il bene non il male. E da questo deduciamo che il bene vivifica sempre e il male si distrugge da sé. Attenzione a quelli che vogliono mettersi dalla parte del male: sappiano che il male si distrugge da sé. Oltre alle altre umiliazioni, ha anche questa. E ben gli sta! – Ecco che cosa è venuto a fare il Figlio di Dio: a fare di noi dei figli adottivi di Dio stesso. E questa filiazione in noi rappresenta una dignità obiettiva, non semplicemente morale. Le dignità umane, quando non sono date per un Sacramento – c’è un unico caso: il Sacramento dell’Ordine che realmente e essenzialmente distingue da tutti coloro che non l’hanno, essenzialmente -, le dignità umane sono cose accidentali, sovrapposte, che cambiano nulla della realtà di chi porta le denominazioni, gli onori, gli attributi. Invece esser figli di Dio cambia totalmente ed obiettivamente il valore della nostra natura, della nostra vita, dei nostri atti, del nostro destino eterno, tutto. È il grande annuncio. Questo grande annuncio a Natale ha sentito il cantico degli Angeli, ma vi prego di guardare a quello che ha preceduto il cantico degli Angeli. Perché gli uomini potessero essere a suo tempo, in un altro piano di Provvidenza, disposti a capir meglio qualcosa, Dio ha sparso a piene mani la bellezza, l’infinita varietà, la bontà delle cose nel creato, e tutte le cose sono una rivelazione divina, talmente chiara a chi ha l’anima pura, talmente profonda a chi ha il sentimento immacolato, da far sì che in realtà Dio sia la cosa più evidente che c’è nel mondo, perché ogni cosa parla e parla di Lui. E la bellezza è l’anticamera del bene e il bene è l’anticamera di Dio. E tutto questo è stato predisposto in un’infinita festosità di cose, in una sequela di luci e di colori e di cose sorprendenti, e abbiamo davanti a noi non soltanto la storia che svolta le sue pagine, ma tutto quanto questo creato che raggiunge i suoi cicli, ne aspetta altri, ne annuncia; è una festosità incontenibile che Dio ha messo in natura, perché quando fosse arrivato il piano soprannaturale, che nessuno poteva esigere, gli uomini fossero pronti, guardando le cose, a intendere i gesti stupendi del loro Creatore. – Ecco la risposta del prologo giovanneo. Risolve delle questioni grandi ed è nostro dovere far sì che le questioni si risolvano. Non possiamo permettere che le questioni diventino un peso inutile, doloroso e nefasto per l’anima degli uomini.

Sermone di san Leone Papa

Sermone 1 sulla Natività del Signore

O dilettissimi, è nato il nostro Salvatore esultiamo. Poiché non può esser luogo a tristezza allorché nasce la vita: la quale, dissipando il timore della morte, ci riempie di gioia per la promessa dell’eternità. Nessuno è escluso di partecipare a tanta allegrezza. Tutti hanno lo stesso motivo di letizia: perché nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, siccome non trovò nessuno libero da reato, così è venuto per liberar tutti. Esulti il giusto, perché è vicino alla palma: gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono: prenda animo il Gentile, perché è chiamato alla vita. Infatti il Figlio di Dio nella pienezza dei tempi fissata dalla imperscrutabile profondità del divino consiglio, assunse la natura umana per riconciliarla col suo autore, affinché l’inventore della morte, il diavolo, fosse vinto con quella stessa natura onde aveva vinto. – In questo conflitto impegnatosi per noi, si combatté con grande e ammirabile lealtà, poiché l’onnipotente Signore combatté contro il crudelissimo nemico non nella sua maestà, ma nella nostra infermità: opponendogli la stessa forma e la stessa natura soggetta sì, alla nostra mortalità, ma scevra d’ogni peccato. Giacché è alieno da questa natività ciò che si legge di tutti gli uomini: «Nessuno è senza macchia, neppure il bambino, la cui vita sulla terra è appena di un giorno» (Job. XIV,4). Nulla dunque della concupiscenza della carne entrò in questa natura singolare, niente ci s’infiltrò della legge del peccato. Viene scelta una Vergine regale, della stirpe di David, la quale dovendo portare nel seno il sacro rampollo, prima che corporalmente concepisse l’Uomo-Dio spiritualmente. E affinché, ignara del disegno celeste, non si spaventasse a sì inusitato annunzio, apprende mediante colloquio angelico quel che lo Spirito Santo doveva operare in lei: così ella che presto diverrà Madre di Dio, non teme più alcun danno per il suo pudore. – Rendiamo dunque grazia, o dilettissimi, a Dio Padre per il suo Figlio, nello Spirito Santo: poiché «per l’infinita sua carità onde ci amò, ebbe pietà di noi» (Ephes. II,4): e «mentre eravamo morti per i peccati, ci ha reso la vita in Cristo» (Coloss. III,9), perché noi fossimo in lui nuova creatura e nuova opera. «Deponiamo dunque l’uomo vecchio colle sue azioni» (Coloss. 3,9); e fatti partecipi della nascita di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, o Cristiano, la tua dignità: e, «divenuto partecipe della divina natura» (2 Petri I,4), non volere con una indegna condotta ritornare all’antica abiezione. Ricorda di qual capo e di qual corpo sei membro. Rifletti, che «strappato alla potestà delle tenebre» (Coloss. I,13), sei stato trasferito nella luce e nel regno di Dio.

Omelia di san Gregorio Papa

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Omelia 8 sul Vangelo

Poiché per grazia del Signore oggi abbiamo a celebrare tre Messe solenni, non possiamo discorrere a lungo della lettura del Vangelo; però che ne diciamo qualche cosa, sia pur brevemente, ce l’obbliga la stessa Natività del nostro Redentore. Perché dunque alla nascita del Signore si fa il censimento dell’impero, se non per far comprendere che appariva nella carne colui che doveva registrare i suoi eletti nell’eternità? D’altra parte, per mezzo del Profeta, dice dei reprobi: «Siano cancellati dal libro dei viventi, e non siano iscritti coi giusti» (Ps. LXVIII, 29). Egli poi opportunamente nasce in Betlemme, dacché Betlemme vuol dire casa del pane. Difatti lui stesso dice: «Io sono il pane vivo che son disceso dal cielo» (Joann. VI,51). Pertanto il luogo dove nasce il Signore fu chiamato innanzi casa del pane; perché là doveva certamente apparire nella natura umana colui che doveva ristorare internamente le anime dei suoi eletti. Egli nasce non in casa del suoi parenti, ma in viaggio: alfin di mostrarci senza dubbio che per la sua umanità assunta nasceva quasi in luogo straniero.

Omelia di sant’Ambrogio Vescovo

Libro 2 al cap. 2 di Luca, verso la metà

Considerate gl’inizi della Chiesa nascente: Cristo nasce, e i pastori già vegliano, come per raccogliere nell’ovile del Signore i greggi delle nazioni che sino allora vivevano come pecore, affin di preservarle, nelle profonde tenebre della notte, dagli assalti di bestie spirituali. E giustamente i pastori vegliano seguendo l’esempio del buon pastore. Così il gregge è il popolo, la notte è il mondo, i pastori sono i sacerdoti. Senza dubbio anche quegli è pastore cui è detto: «Sta vigilante e conferma gli altri» (Apoc. III, 2). E il Signore non solo ha stabilito i vescovi per difendere il gregge, ma ha destinato anche gli Angeli.

Omelia di sant’Agostino Vescovo

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Trattato 1 su Giovanni, verso la metà

Affinché tu non abbia del Verbo un’idea bassa, come se si trattasse di parole umane, ascolta ciò che devi pensarne: «Dio era il Verbo» (Joann, I,1). Ora venga fuori non so quale infedele Ariano a dirci che il Verbo di Dio fu fatto. Come può essere che il Verbo di Dio sia stato fatto, quando Dio per mezzo del Verbo ha fatto tutte le cose? Se esso Verbo di Dio fu fatto, per qual altro verbo fu egli fatto? Se tu dici che esso è stato fatto da un verbo del Verbo, allora io rispondo che esso è l’unico Figlio di Dio. Se poi non ammetti un verbo del Verbo, concedi allora che non è stato fatto quegli per il quale tutto fu fatto. Perché non poté fare se stesso Colui per il quale tutto fu fatto. Credi dunque all’Evangelista.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.