J.-J. GAUME: La profanazione della DOMENICA [lett. V]

J.-J. Gaume: La profanazione della DOMENICA

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LETTERA V.

LA PROFANAZIONE DELLA DOMENICA:

ROVINA DELLA FAMIGLIA.

18 aprile.

I.

Signore e caro amico,

Quello che mi dite voi nella vostra risposta d’inintelligenza del paese legale, havvi nulla che debba apportarvi stupore. Il nostro paese legale non è cristiano; ciò che vuol dire, domandandogliene io perdono, che in fatto di leggi sociali, di salute sociale, di progresso sociale, esso è cieco ed impotente. Il molto è tanto vero, quanto antico, e conia tremila anni; e se lo trova duro, ne muova querela con colui che lo pronunciò: ché vani sono quegli uomini tutti, i quali sono privi della scienza di Dio [“Vani enim sunt omnes homines in quibus non subest scientia Dei”. (Sap. XIII, I.) – “Nisi Dominus ædificaverit domum, etc.”]. – Frattanto che lo ripeto, cotesta è la disgrazia e la punizione de’popoli materialisti di perdere la conoscenza delle leggi fondamentali delle società. Il mortale senza fede religiosa non sa che la società è un fatto divino; un fatto che sussiste in virtù delle leggi, che l’uomo non istabili, e che non può toccare senza produrre uno scrollamento od una rovina. Egli s’immagina al contrario aver facoltà di costituire una società, come l’architetto di costruire una casa; di sostener la società vacillante con leggi a suo modo, come si sorregge con puntelli un casolare. – Certamente, se le leggi umane potessero sole assicurarsi 1’esistenza d’ una nazione, giammai nazione avrebbe avuto argomenti più positivi di longevità che la Francia moderna. La cosa procede diversamente; nonostante tutte le leggi umane, sì numerose e sì saviamente elaborate ch’esse siano, la violazione d’una sola legge divina è sufficiente per condurre una serie di rovine parziali, le quali finiscono presto o lardi per una compiuta rovina. All’esempio presentatovi nell’ultima mia lettera, n’aggiungo io un secondo, per dimostrare non già a voi, signor rappresentante, che lo sapete, ma a parecchi de’vostri colleghi, i quali fingono di non accorgersi, che la profanazione della domenica è la rovina della famiglia.

II.

Nulla di più necessario, nulla di più delizioso, nulla di più onorevole che la famiglia: ecco quello che ognora è vero. Ma nei tempi attuali, in cui la società trovasi divisa in mille partili, i quali si detestano mentre che si lacerano, la famiglia è il solo bene comune che rimane al mortale. Se dunque stabilisco io con ineluttabile evidenza, che la profanazione della domenica distrugge questa cosa cotanto indispensabile, cotanto santa e cotanto dolce, sarà egli d’uopo d’altro motivo per ricondurre immediatamente il riposo sacro del settimo giorno? Ebbene si! La profanazione della domenica è la rovina della famiglia. Per verità, non si dà famiglia senza la pratica de’ doveri che la costituiscono, e senza il vincolo il quale unisce i membri che la compongono.

III.

Elemento primitivo della Chiesa e dello Stato, la famiglia ha per oggetto d’alimentare l’una e l’altro, conservando il fiume delle generazioni umane. Alla Chiesa, ella dona fedeli; allo Stato, cittadini. Dal che nascono doveri religiosi e doveri civili. Questi doveri sono le leggi che ne uniscono tra di loro i membri: doveri di nutrire, d’istruire, di, sorvegliare, di riprendere e d’edificare dalla parte del padre e della madre; e dalla parte de’ figliuoli, doveri di rispettare, amare, d’ubbidire, d’assistere gli autori de’ loro giorni. Egli è la religione che dà il conoscimento di questi doveri sacri; come essa inspira il rispetto necessario per riempierli. Fate ora che la domenica sia profanata da tutti i membri, o soltanto dal capo di famiglia, lo stesso pur troppo succederà prestamente de’doveri che la costituiscono.

IV.

In effetto si toglie l’assistenza comune alle istruzioni, le quali insegnano a’ singoli membri della famiglia le reciproche obbligazioni loro: istruzioni necessarie al genitore, a cui esse ridicono, e ciò in presenza di tutti i fedeli, in presenza di sua sposa e dei suoi figliuoli, che una grande dignità a lui è conferita, ma che una grande responsabilità pesa sopra di esso stesso; ch’egli è rivestito d’una duplice autorità del sacerdozio e dell’impero, non per esserne despota, ma ministro di Dio pel bene; ch’egli debbe, immagine vivente dell’Altissimo, comandare, riprendere, dirigere la sua casa con saviezza ed equità, come il Creatore governa l’universo. – Istruzioni necessarie alla genitrice fa cui esse ridicono, e ciò alla presenza di tutti i fedeli, al cospetto di suo marito e di sua prole, che la sua vita deve essere un sacrificio di tutti i giorni e di tutte le ore, ch’essa stessa esser debbe l’angelo della sottomissione, del pudore, della clemenza, della carità, del lavoro e della pace, acciocché diriga l’interno della sua famiglia, come la Provvidenza medesima ciascuna cosa regge per la doppia possanza della dolcezza e della forza. – Istruzioni necessarie al padre ed alla madre, a’quali essi ridicono, e ciò dinanzi a tutti i fedeli, e davanti dell’uno e dell’altro e de’ loro figliuoli, che la religione e la società tengono fissati in su di essi gli sguardi loro, che la figliolanza loro è un sacro deposito, di cui loro sarà domandato conto, sangue per sangue. – Istruzioni necessarie a’figliuoli, a’ quali queste ripetono, e ciò alla presenza di tutti i fedeli, de’padri e delle madri, dei fratelli e delle sorelle loro, che, sotto pena di grave colpa innanzi a Dio ed agli uomini, e di severe punizioni in questa vita e nell’altra gravitano sopra di essi quattro doveri sacri da compiersi verso de propri parenti: il rispetto, l’amore, l’ubbidienza, l’assistenza spirituale e corporale, in prima e dopo la morte loro.

V.

Cessino per un tanto poco queste istruzioni, ed in sull’istante la conoscenza de’ doveri della famiglia s’infievolisce, diventa prestamente soltanto una vaga reminiscenza senza influenza sovra la condotta: la santa dignità della missione loro vien posta in dimenticanza da’ parenti. Agli occhi loro il pargoletto non è più un candidato del cielo, ma un cittadino della terra, ma un pusillo della specie umana. Crederanno essi aver compiuto ogni legge, come avranno inspirato nel cuore de’ figliuoli e delle figliuole loro 1’amore a’ beni di questo mondo, procurando loro i mezzi di procacciarseli: cioè allorquando avranno formato reclute al socialismo ed al comunismo, estremo a cui metton capo, necessariamente, per una o per un’altra via, le tendenze del mortale privo di speranza al di là della tomba. Allora dal domestico focolare sbucano sciami di esseri perversi, e tanto più pericolosi che nulla nell’anima loro risponda alle grandi nozioni del dovere, del sacrificio e della virtù. Come mai la società, per entro la quale entrano costoro di tale guisa preparati, non si risentirà essa profondamente troppo del contraccolpo de’ principi di disordine, che v’apportano? Eppoi, il conoscimento de’ doveri non è sufficiente: è indispensabile il coraggio di adempierli. Ora, niun dovere n’esige uno maggior d’ubbidienza, di sollecitudine, di sacrificio, di perseveranza, cioè il verace coraggio, che i doveri della famiglia. – Iddio unicamente può darlo e sostenerlo. L’ elargirà Egli mai, se non si degna il mortale nemmeno di domandarglielo? E a Lui lo si domanda mai seriamente, quando si profana il giorno consacrato alla preghiera? Ohimè, i genitori profanatori della domenica non pregheranno né in cotesto né in altri giorni, ed assai in breve i figliuoli stessi non pregano più. Ma senza orazioni, e sopratutto senza orazioni fatte in comune, ai piedi de’santi altari, senza partecipazione comune al banchetto divino, senza edificazione vicendevole, conseguentemente senza la grazia divina, che addiviene il coraggio cristiano, che addiviene la famiglia? – I cattivi istinti inerenti alla natura umana riprendono l’impero. E voi avete de’ padri duri, iracondi, capricciosi, indolenti, bordellieri: voi avete delle madri molli, impazienti, mondane, accidiose e troppo sovente infedeli; voi avete dei figliuoli irriverenti, insommessi, libertini, disaffezionali, divorati dalla brama dell’indipendenza; ed invece di riposare tranquilli come in un paradiso, il tetto domestico si permuta in un inferno: la famiglia più non esiste. Non è questa punto una supposizione gratuita, ma un fatto conosciuto; un fatto di cui il più oscuro villaggio della più oscura provincia presenta la trista prova, un fallo che tulle le nostre ville vi offrono venti volte nella lunghezza d’una contrada: un fatto che si rivela ciascun giorno per querele, divisioni, processi scandalosi, bestemmie, lacrime, tratti d’ingratitudine e di durezza che fanno tremare e vergognare.

VI.

Quante fiate, signore e caro amico, non siete voi stato colpito da questo sintomo di decadenza che offerisce, infra noi, la domestica società, l’insubordinazione vi sembra ordinata, e confesso di tenerlo per uno de’ presagj i più certi della prossima rovina, da cui minacciate sono le vecchie nazioni dell’Europa meridionale. Lo stato della famiglia determina quello della socielà. Infino ad un certo punto i governi possono esistere senza pubblici costumi, ma non senza costumi domestici: testimoni due grandi fatti che non sfuggirono niente alle vostre meditazioni. Il primo appartiene al mondo antico, il secondo sussiste ancora: io voglio parlare dell’impero Romano e dell’impero Cinese. – Mi sono spesso domandato, qual era il vincolo sociale, che conservalo aveva per tanto lunga pezza questi due colossi in stato di nazione? Se considero io la religione, la legislazione, la giustizia, i costumi pubblici, lungi dal trovar de’principi di vita, io scorgo anzi dovunque i germi i più attivi di dissoluzione. Il materialismo il più grossolano tutto vi penetra, tutto vi domina, di tutto vi tiene luogo; si bene che il Cinese d’oggi giorno vi dirà essere esso in sulla terra per papparsi di riso, come il Romano delle altre volte diceva che vi si trovava per mangiar del pane, ed assistere ai giuochi del circo. – Nulla dimeno, ogni cosa ha la sua ragione per cui sussiste. Dove rinvenire quella di questi due giganteschi imperi? Unicamente nel rispetto dell’autorità paterna, cioè nel vincolo domestico. In niuna parte, voi lo sapete meglio di me, questo legame non fu più esteso , più forte, più sacro. Quando esso si ruppe, l’impero Romano cadde in polvere, e quando si romperà nel celeste impero, noi vedremo la medesima catastrofe.

VII.

Ma la profanazione della domenica non è la rovina della famiglia solamente perché essa sospinge il mortale all’ignoranza ed all’ oblio dei doveri, che la costituiscono, essa l’è eziandio perché infrange il legame, che unisce i membri i quali la compongono. Si conosce forse a fondo il modo di vivere degli artigiani, degli operai e della più parte degli abitanti delle campagne, cioè dei tre quarti degli uomini? – Allo spuntar dell’alba, il capo della famiglia ha lasciato il suo letticciuolo. – L’ora del lavoro lo chiama, esce di sua casa senza aver veduta la sua figliuolanza, che ancora riposa tra le braccia del sonno. – Due volte il giorno viene egli, correndo, a prender 1’alimento necessario al sostentamento di sue forze. I suoi fanciulli o sono assenti, ritenuti alla scuola, al lavoro; oppure, se trovansi presenti, né li vede, né loro parla che in fretta. Giunge la sera, e il padre, rifinito e prostrato di forze s’affretta d’andar a cercare in un sonno riparatore il vigore indispensabile alle opere dell’indomani. Altre volte una corsa necessaria, o il seducimento dei compagni a lui ruba quei pochi istanti, di cui potrebbe disporre in favore di sua famiglia. Succede quasi ad un dipresso di altra classe, presentemente assai numerosa, di uomini impiegati nei banchi, nelle compagnie delle strade ferrate, o negli uffici delle amministrazioni dello Stato. Ora, siffatta assenza, siffatta separazione della famiglia avviene in ciascun giorno della settimana dal principio dell’anno fino al fine; colla profanazione della domenica, quella diventa perpetua. In questo caso, il padre e la madre rassomigliano agli animali selvatici, de1 quali l’uno dalla mattina è in giro per rintracciare del pascolo alla sua prole; frattanto che l’altro monda la caverna, e protegge i teneri parti, insino a tanto che questi, divenuti più forti, abbandonino essi medesimi la dimora, in cui nacquero, e dimentichino per sempre gli autori di loro esistenza. Tale è il degradante andamento, a cui la profanazione della domenica condanna la cosa la più santa, la più nobile del mondo : la famiglia.

VIlI.

Il santo riposo solo della domenica è capace di sottrarvela. In questo giorno tutti i membri della famiglia, liberi dalle opere servili, possono insieme passare dei preziosi istanti. Il padre può agevolmente assai interrogare i suoi figliuoli, farli discorrere, studiare il loro carattere, i loro difetti, le buone qualità loro; incoraggiare gli uni, riprendere gli altri, dare a ciascuno utili consigli, cavati sia dalle confidenze della madre, sia dalle confessioni che egli intese dai fanciulli istessi, sia dalle istruzioni della Chiesa, sia da una lettura vantaggiosa e gradevole fatta in comune. Può egli informarsi di proposito, e non leggermente, appresso de’ maestri, e delle maestre loro, della loro attitudine, della loro condotta, della loro frequenza, della loro esattezza alla scuola od al laboratorio; in una parola egli può compiere il più dolce, come il più sacro de’ suoi doveri : l’educazione dei suoi pargoletti. In quanto poi ai figliuoli stessi, questi da un canto osservando il genitore loro rispettosamente sottomesso al Padre che è ne1 cieli; dall’altro la sollecitudine e bontà di lui, apprendono a meglio conoscerlo, a rispettarlo più religiosamente, in breve a temerlo, di quel timore sì dirittamente nominato il timore figliale. – Diventando più cristiano, il vincolo della famiglia diviene e più dolce e più forte. Per tutti, 1’interno del focolare domestico prende una novella attrattiva, pegno prezioso della concordia e salvaguardia de costumi. – Somigliante risultamento è infallibile sopratutto allorquando la giornata, santificata per l’assistenza comune agli uffizi della parrocchia, si compie per visite fatte o ricevute ai differenti membri della famiglia, per passeggiate gradevoli, per giuochi innocenti, e per quelle cene piacevolissime, e desiderate sempre mai, le quali riuniscono intorno ad una mensa semplicemente imbandita parecchie generazioni di parenti e di amici. Tutte queste gioie sì morali e sì vive, le sole, ahimè alle quali si possa di presente aspirare, divengono il frutto della santificazione del giorno sacro. Per lo contrario colla profanazione della domenica nulla di tutto ciò è possibile. A buon diritto dunque io premisi, che per questo nuovo motivo codesta profanazione diventa la rovina della famiglia, posto che essa n’infrange il vincolo, come la stessa ne fa obliare i doveri. Gradite, ecc.