IL CULTO DELLO SPIRITO SANTO

Il culto dello Spirito Santo.

[J.-J. Gaume: “Il trattato dello Spirito Santo”,capp. XLI-XLII-XLIII]

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Esultiamo: Sursum corda. Le sofferenze di questo tempo non son nulla, di fronte alla gloria futura che si rivelerà in noi. Pensando al frutto dell’eterna vita, se ci resta qualche raggio di vera luce, qualche sentimento di nobile ambizione, diremo con l’Apostolo: Per guadagnare il cielo ho fatto lettiera di ogni cosa. Come candidati dell’eternità, imiteremo il mercante di pietre preziose del quale parla il Vangelo. “Egli trova una perla, che di per sé sola e un tesoro. Invece di perdere il suo tempo a cercare, e il suo denaro nell’acquistarne altre, compra quella, e diventa il più ricco e il più fortunato dei mercanti. Ma che! una si grande ricompensa per si poca fatica! L’infinito per il finito! Che cosa è questo mistero? Lo Spirito Santo è l’amore infinito; e il cielo è il regno dell’amore infinito. La ragione della proporzione ci è nascosta! ma il fatto è indubitato. Ci è garantito dalla parola divina, e reso sensibile da delle immagini presenti agli occhi di tutti. Chi non ha vista la bellezza, la grandezza, la prodigiosa molteplicità dei frutti di certi alberi? Meditate un poco, questo spettacolo ci dice: Per ottenere di che ripararsi contro gli ardori del sole, riscaldare la sua casa, coprire la sua tavola di frutta succulenta, per degli anni interi, basta all’uomo fare il sacrificio di un sol frutto, capace tutt’al più di soddisfare una leggera sensualità. Colui che moltiplica in un modo così meraviglioso il frutto degli alberi ci ha promesso di moltiplicare, secondo la stessa legge, il frutto delle opere nostre: Centuplum accipiet. Chi ha il diritto di dubitare della sua parola, o di limitare la sua potenza? Le meraviglie che rifulgono nell’ordine materiale, non rappresentano altro che imperfettamente i miracoli che si compiono nell’ordine morale. Quanto più vi è differenza tra l’umile sementa posta in terra e l’albero magnifico coperto secondo la stagione, di fiori e di frutta; tanto più ve ne sarà tra il piacere momentaneo, del quale noi facciamo il sacrificio, o accettiamo volentieri la privazione, e i torrenti di voluttà eterni da cui saremo inondati. – Ora il frutto nasce dal frutto. Il frutto di vita eterna nasce dai frutti del tempo, e li conosciamo. Resta a dirsi come bisogna coltivarli; coltivando cioè l’albero che li porta: quest’albero non è altro che lo Spirito Santo medesimo. [“Et tu colis Deum, et coleris a Deo. Recte dicitur, colo Deum: quomodo autem color a Deo? Invenimus apud Apostolum. Dei agricoltura estis…. Colit te ergo Deus, ut sis fructuosus; et colis Deum, ut sis fructuosus. Tibi bonum est quod te colit Deus; tibi bonum est quod colis Deum, ecc.” S . Aug., Enarrat., in ps. 145, n. 11, opp. t. IV, p. 2323, ediz. Nuovis]. – In qual modo coltivarlo? Rendendogli il culto che merita. Da ciò due questioni: il mondo deve un culto allo Spirito Santo, e quale? 1° Il mondo lo deve. Quando io voglio ottenere la risposta ad una questione di storia o di astronomia, interrogo gli storici o gli astronomi. Per sapere se il mondo deve un culto allo Spirito Santo, mi rivolgo ai maestri della scienza divina. Questi maestri sono: lo stesso Dio, Nostro Signore, gli Apostoli, i Padri, la Chiesa. Sino dall’origine del mondo tutti questi maestri non hanno che una voce per dire, di generazione in generazione, all’eterno soldato che si chiama il genere umano: i tuoi più terribili nemici non son quelli che tu vedi, cioè gli uomini di carne e di sangue. Per te la vera lotta è contro lo spirito del male e le sue schiere invisibili. Vuoi tu conoscere la loro natura? essa è superiore alla tua. Il loro carattere? essi sono la stessa iniquità. Il loro numero? è incalcolabile. I loro artifizi? essi sono i padri della menzogna. La loro dimora? essi abitano l’aria cha tu respiri, e piombano su di te più rapidi dell’uccello di rapina. Solo uno spirito può lottare contro uno spirito, e lo Spirito del bene contro lo Spirito del male. Tenersi nascosti sotto l’ala dello Spirito del bene, o cadere sotto gli artigli dello Spirito del male è l’inevitabile condizione della tua esistenza. 1 1 [Eph., VI, 12 \ Corn. a Lap., ibid. ; I Petr., v, 8]. – Cosi parlano tutti quanti i maestri della scienza. Ascoltiamoli ciascuno in particolare. Iddio. A fine di render sempre presente all’uomo la necessità del culto dello Spirito Santo, Iddio ha scritto due grandi libri: il mondo e la Bibbia. Con una eguale eloquenza questi due libri raccontano le glorie dello Spirito Santo, il suo amore perenne per l’umanità e l’indispensabile necessità della sua assistenza. Il cielo coi suoi soli, la terra con le sue ricchezze, il mare con le sue leggi, lo stesso caos che dilucida e che feconda, parlano di Lui, come essi parlano del Figliuolo e del Padre. Più di centocinquanta volte l’Antico Testamento nomina, benedicendola, la terza Persona dell’adorabile Trinità. Duocentodieci volte lo stesso omaggio gli è reso nel Nuovo Testamento. – Che cosa rivela questa così frequente ripetizione, se non la parte suprema ed eterna dello Spirito Santo nell’opera della creazione, del governo e della redenzione del mondo? Che cosa essa predica se non il dovere imposto agli uomini, agli angeli di tenerlo costantemente col Padre e col Figliuolo, in capo dei loro pensieri, delle loro preghiere e delle loro adorazioni? Aggiungasi, che se in questo culto incessante una preferenza dovesse aver luogo, sarebbe in favore dello Spirito Santo. – Amore sostanziale del Padre e del Figliuolo, ei non si rivela che con benefizi. Tutti i doni della natura e della grazia vengono direttamente da Lui. – Nostro Signore. Alla voce della Bibbia e delle creature si aggiunge quella della Verità in persona, il Verbo incarnato con esempi e parole. Il divino Precettore del genere umano non ha omesso niente per farci amare lo Spirito Santo, e porre in Lui tutta la nostra fiducia. – Ciò che era Giovan Battista a suo riguardo, sembra esserlo Egli stesso riguardo allo Spirito Santo. Il figlio di Zaccaria, il più grande dei figli degli uomini, è scelto per precursore del Messia. Il figliuolo di Dio medesimo prende la parte di precursore di fronte allo Spirito Santo, e pare non abbia altro scopo che di preparare il mondo a riceverlo. Egli ha risoluto di farsi uomo, ma vuole che la Madre sua sia la sposa dello Spirito Santo. Vuole che il suo corpo sia formato per opera dello Spirito Santo. Vuole che il giorno del suo battesimo lo Spirito Santo discenda visibilmente sopra di Lui e che Lo conduca nel deserto, a fine di preparare la sua missione. Durante tutto il corso della sua vita mortale, Egli si mostra costantemente sotto la dipendenza dello Spirito Santo. – Quando arriva l’ora solenne in cui deve salvare il mondo per mezzo del suo sangue, è lo Spirito Santo che lo conduce al Calvario. Muore, ed è lo Spirito Santo che lo ritrae vivo dal sepolcro. [Matth., IV, 1; XII, 18, 28; Hebr., IX, 14; Rom., VIII, 2]. – Fa egli d’uopo difendere i diritti dello Spirito Santo? sembra eh’Egli dimentichi i suoi. Egli medesimo ha pronunziato questa sentenza: « Chiunque avrà detto una parola contro il Figliuolo dell’uomo, gli sarà perdonata; ma colui che l’avrà detta contro lo Spirito Santo, il perdono non gli sarà accordato né in questo mondo, né nell’altro. »[Ibid., XII, 32]. – È egli necessario fargli posto nelle anime? Ei non esita a separarsi da tutto ciò che ha di più caro al mondo, nel timore che la sua presenza non sia un ostacolo al regno assoluto dello Spirito Santo. [Joan XVI, 7]. – Tali sono state le parole e la condotta della seconda Persona della Trinità dirimpetto alla terza. Giammai il cielo e la terra non hanno inteso, né mai intenderanno nulla di sì eloquente, intorno all’eccellenza dello Spirito Santo, intorno al culto che Gli è dovuto, e sulla necessità del suo regno. – Gli Apostoli. Istruiti alla scuola del Verbo e formati dallo stesso Spirito Santo, gli Apostoli parlano della sua pienezza. Dinanzi ai nuovi fedeli e dinanzi ai persecutori, nei loro scritti e nei loro discorsi sempre essi hanno lo Spirito Santo sulle labbra. Ai diaconi la cura di nutrire i poveri; ad essi la missione di annunziare lo Spirito Santo, di comunicarlo al mondo e di proclamare da per tutto l’indispensabile necessità di sottomettersi al suo impero. Niente di più logico. Qual’ è infatti la loro vocazione, e perché sono essi apostoli? – La loro vocazione é una lotta a morte contro lo Spirito del male, satana, dio e re del mondo. Come Apostoli, la loro ragione d’essere è di cacciare l’usurpatore e di far regnare in sua vece lo Spirito del bene. – Come tante nubi benefiche spinte dal vento del Cenacolo, essi si spargono ai quattro canti del cielo, e fanno piovere su tutte le parti della terra lo spirito che risiede in loro. Il gigante di questa gran battaglia, san Paolo, lo conduce per trent’ anni da Oriente a Occidente, e da Occidente a Oriente. In tutti i luoghi esalta le glorie dello Spirito Santo, rivela la sua presenza con splendidi miracoli e non cessa di gridare agli ebrei ed ai pagani, ai Greci ed ai Bàrbari: «Ricevete lo Spirito Santo, riguardatevi da contristare lo Spirito Santo; soprattutto badate di non l’estinguere. Altrimenti, voi resterete o ricadrete sotto l’impero dello spirito infernale. – Chi non ha lo Spirito di Gesù Cristo, non Gli appartiene. Senza lo Spirito Santo voi non potete nulla nell’ordine della salute, neppur pronunziare il nome dell’autore della salute e della grazia. » [Ep., I, 17 ; IV, 30 ; I Thess., V, 19; Galat., V. 16, 17; Rom., VIII, 9; I Cor., XII, 3]. Ciò che Paolo insegna a Tessaloniea, a Efeso, ad Atene, a Corinto, Pietro l’insegna a Gerusalemme, ad Antiochia, a Roma; Bartolomeo in Armenia; Tommaso nell’Indie; Andrea in Scizia, Giacomo in Ispagna; Matteo in Etiopia. Cosi gli Apostoli ci appariscono come gli uomini dello Spirito Santo. Le loro predicazioni, i loro viaggi, i loro miracoli, la loro vita sublime e la loro morte, non meno sublime della loro vita, possono definirsi: lo Spirito Santo, annunziato, comunicato, presentato all’amore e all’obbedienza di tutto il mondo. Ond’è che la conservazione degli esseri non è che la continuazione della loro creazione. Se dunque il mondo cristiano formato dallo Spirito Santo vuole rimanere cristiano, è d’uopo necessariamente eh’egli resti fedele al principio della sua origine. Grande argomento di riflessione per l’epoca nostra! I Padri. Agli Apostoli succedono i Padri della Chiesa e i dottori. Essi hanno visto coi loro propri occhi la più stupenda di tutte le rivoluzioni: satana cacciato dal suo impero e l’umanità liberata dalla schiavitù, passare alla libertà, alla luce, alle virtù del Vangelo. Nessuno di loro ignora che questo miracolo della rigenerazione del mondo, più grande di quello della creazione, incomincia non a Bethlemme, ma al Cenacolo, e che è opera dello Spirito Santo. A perpetuare, ad estendere quest’opera meravigliosa, la loro vita si consuma; come quella degli Apostoli erasi consumata nello stabilirla. Sino dai primi secoli la storia ci mostra i più bei geni dell’Oriente e dell’Occidente consacranti il loro sapere e la loro eloquenza nello spiegare le prerogative dello Spirito Santo, a vendicare la sua divinità, a spiegare le sue opere meravigliose, a provare la necessità del suo regno ed a sollecitare per Lui le adorazioni del genere umano. Dietro l’esempio del Grande Apostolo, san Crisostomo, sant’Agostino, san Girolamo parlano di continuo del divino Paracleto. Didimo, san Basilio, sant’Ambrogio Gli consacrano ciascuno un trattato particolare. Le opere immortali di san Cipriano, di sant’Atanasio, di san Cirillo, di san Gregorio Nazianzeno, di sant’Ilario, di san Leone, di san Gregorio Magno, di Beda il Venerabile, di san Bernardo, di Ruperto, di san Tommaso, di san Bonaventura, di sant’Antonino e di molti e molti altri, sono tanti canali nei quali scorre abbondantemente l’insegnamento apostolico dello Spirito Santo. A tutti questi grandi uomini, fondatori delle comunità cristiane, niente sta più a cuore quanto l’inculcare al mondo la necessità permanente, nella quale si trova a vivere sotto l’impero dello Spirito Santo, o sotto l’impero di satana. In nome di tutti, lasciamo parlare san Bernardo e san Crisostomo. « Noi abbiamo, dice il primo, due pegni dell’amore di Dio per noi: l’effusione del sangue di Gesù Cristo, l’effusione dello Spirito Santo. Uno non serve a nulla senza l’altro. Lo Spirito Santo non è dato che a coloro che credono in Gesù crocifisso. Ma la fede non serve a niente, se essa non opera per mezzo della carità. Quindi la carità è un dono dello Spirito Santo. » [Epist. 107 ad Thom Praeposit. de Beveria, opp. t. I, p. 294, n. 8 e 9, ediz. noviss.]. – San Crisostomo : « Senza lo Spirito Santo, i fedeli non potranno né pregare Dio, né chiamarLo loro Padre. Senza di Lui, non vi sarà né scienza, né sapienza nella Chiesa, né pastori, né dottori, né santifìcatore. Insomma, senza di Lui la Chiesa non esisterebbe. »…. [“Nisi esset Spiritus sanctus pastores et doctores in Ecclesia non essent…. Nisi Spiritus adesset, Ecclesia non consisteret”. In sanct. Pentecoste hom. I, n. 4, opp. t. II, p. 548 ; id., t. IX, p. 40 ; id,, t. XII, p. 296, 297]. Ma se non vi fosse né Chiesa, né sacerdoti, né dottori, né possibilità di pregare, né mezzo di approfittare del sangue del Calvario, come sottrarsi all’impero di satana? – Cosicché senza lo Spirito Santo, niente di tutto ciò esisterebbe. Le parti del mondo incivilite dal cristianesimo sarebbero ancora come la China, le Indie, l’Africa, il Giappone, il Thibet, sotto il dominio assoluto del principe delle tenebre. Tal è l’insegnamento tradizionale dei Padri della Chiesa. Può egli darsi qualche cosa di più imperioso intorno alla necessità di conoscere lo Spirito Santo, d’amarLo, di adorarLo e di sottomettersi al suo impero? – La Chiesa. A fine di renderlo incancellabile, rendendolo popolare, la Chiesa ha cura di tradurre in atto quest’insegnamento fondamentale. Oltre il segno della croce, il cui uso frequente da Lei si raccomanda, [Un decreto di Pio IX, accorda 60 giorni d’indulgenza alla pratica di questo segno venerabile. Vedi la nostra opera Il Segno della Croce nel XIX secolo], ripete parecchie volte al’ dì a tutti i suoi figli il nome e l’influenza necessaria del celeste Consolatore, essa adopra mille mezzi per tenerLo presente al loro pensiero. – Quantunque Egli sia col Padre e col Figliuolo l’oggetto invariabile della sua liturgia, essa vuole che una festa tra tutte solenne, venga ogni anno di generazione in generazione a ricordare alla riconoscenza delle nazioni battezzate, Colui al quale il mondo deve tutto: luce, carità, libertà, civiltà nel tempo, glorificazione nell’eternità. – Se nella sua propria vita, in quella dei popoli, oppure in quella dei particolari si presentano alcune circostanze dove la sapienza dall’alto diventa particolarmente necessaria, la Chiesa non manca mai di indirizzarsi allo Spirito Santo. – La metropoli del mondo cattolico, Roma, è in lutto. La morte che non rispetta nulla ha colpito il suo pontefice e re. A Pietro bisogna dare un successore, al Figliuolo di Dio un Vicario. Il Sacro Collegio è riunito, un profondo silenzio circonda il santuario dove va a continuarsi la catena dei Pontefici. Di dove comincerà l’atto decisivo che deve rimettere nelle mani di un debole mortale i destini del mondo incivilito? La prima parola che esce dalle labbra di tutti quei vecchi, prostrati dinanzi a Dio, é una invocazione allo Spirito di sapienza, l’Inno tante volte secolare: Veni, Creator Spiritus. – Come si perpetua il Pontificato, così si perpetua il sacerdozio. Vedete quella turba di giovani leviti che incedono modesti e timidi verso il vescovo, la cui mano deve consacrarli sacerdoti, secondo l’ordine di Melchisedech. Araldi della fede, modelli dei popoli, missionari in lontane piagge, martiri forse: se essi hanno bisogno di grandi virtù, il consacratore ha bisogno di grandi lumi. Per ottenere ai primi l’eroismo, al secondo il discernimento, a chi la Chiesa si rivolge? Allo Spirito Santo. Nell’ordinazione, come nel Conclave, l’inno reale sale verso il cielo, e comincia, consacrando l’augusta cerimonia: “Veni, creator Spiritus. Così dal Pontefice posto in cima della scala santa, fino al levita seduto sull’ultimo gradino, la gerarchia della Chiesa si perpetua sotto l’influenza dell’adorabile Spirito che la forma. – Nella sua incomprensibile tenerezza per i figli degli uomini, Iddio in persona, degna abitare sulla terra: Egli permette che templi Gli siano innalzati. Chi renderà degni di Lui quegli edifici materiali? Chi ne farà dei nuovi cieli? Lo stesso Spirito, il quale, delle caste viscere di Maria, fece il santuario del Vèrbo eterno. Alla voce della Chiesa Egli discenderà su queste regioni terrestri, le purificherà, le imbalsamerà della sua essenza divina; e per sempre le renderà care a Dio e rispettabili agli uomini. L’invocazione solenne inaugura l’imponente consacrazione, e va a sollecitare sul suo trono lo Spirito Santificatore : “Veni, Creator Spiritus”. – Templi più augusti debbono essere consacrati. Ai poveri, agli orfani, agli infermi, occorrono padri e madri, fratelli e sorelle che sposino tutti i loro patimenti, sollevino tutti i loro bisogni, dalla culla sino alla tomba e al di là. Chi opererà questo miracolo, ignoto al mondo avanti la Pentecoste cristiana? Lo Spirito di sacrificio sarà innanzitutto invocato. Nella stessa guisa che al di del Cenacolo, Egli discenderà; e la sua potente azione formando tanti cuori novelli, il mondo avrà nei frati e nelle monache, delle generazioni di continuo rinascenti d’apostoli e di martiri della carità. “Veni, Creator Spiritus”. – Grazie a perfide intelligenze col cuore umano, lo spirito del male riuscì troppo spesso a varcare la cinta della Città del bene. La zizzania è seminata nel campo del padre di famiglia. Alla vista della defezione degli uni, della connivenza e della vigliaccheria degli altri, l’allarme guadagna i capi del gregge. E quando una rigenerazione generale o parziale diventa necessaria, allora la Chiesa ricorre a quei grandi mezzi che chiamansi i concilii e le missioni. – Raccolta come gli apostoli nel cenacolo, comincia essa invariabilmente con l’invocare lo Spirito che la formò e che formandola, rinnovò da cima a fondo la faccia della terra. Con le sue preghiere ed i suoi canti essa lo scongiura ad illuminare le menti; a dettare esso medesimo le decisioni della fede e le regole dei costumi; a dare l’efficacia alla parola del Verbo, a purificare i cuori e render loro, con la vita soprannaturale, il coraggio e la lotta. Sotto l’influenza sempre antica e sempre nuova dello Spirito creatore, zampillano vive luci sul mondo, e meravigliose trasformazioni si compiono in questi nuovi cenacoli: “Veni, Creator Spiritus”. – Non meno dell’uomo cristiano, l’uomo sociale ha bisogno dello Spirito Santo, ed in tutte le occasioni solenni, la Chiesa prende cura di ricordarglielo. La morte che colpisce i Pontefici don risparmia i Re. Un trono è vacante, bisogna riempirlo. Dare un re a una nazione è farle il più prezioso o il più funesto dono. Vescovo del foro esterno, protettore, modello e padre dei popoli: ecco i nomi del Re cristiano. In questi nomi, quali doveri? chi lo innalzerà all’altezza della sua dignità? Chi gli insegnerà che il potere è un peso? chi lo spoglierà di sé stesso per farne l’uomo di tutti? Solo lo Spirito Santo può operare questo difficile miracolo. La Chiesa lo sa, e la consacrazione dei re non é che una invocazione perpetua allo Spirito di fortezza, di luce, di giustizia e di carità. In questa consacrazione tremenda che dice ai re della terra: Voi siete i vassalli del Re del cielo, e voi dovete essere la sua immagine viva; a Lui dovrete, come l’ultimo dei vostri sudditi, render conto della vostra amministrazione: quali guarentigie di felicità temporale per i’ popoli, e di salute eterna per le anime! Per le dinastie medesime, qual pegno di durata! Meteore passeggere, o flagelli permanenti: ecco ciò che esse sono state, ciò che saranno sempre se non sono sostenute e dirette dallo Spirito di Dio: “Veni, Creator Spiritus”. – Fare delle leggi ed applicarle con discernimento, vale a dire distinguere a un tempo il giusto dall’ingiusto, colpire utilmente il colpevole, assolvere coraggiosamente l’innocente, non importa meno alla felicità delle nazioni della consacrazione dei re. La pubblica prosperità, la pace all’interno, il rispetto al di fuori, la fortuna, l’onore, la libertà, la sicurezza, la stessa vita dei cittadini sono tra le mani del legislatore e del giudice. Quale responsabilità! – Lo stesso Salomone non ne conosceva di più tremende. Il paganesimo, o non ne dubitava, o non ne faceva nessun conto. I suoi codici attestano che egli non consultava che le regole volgari della prudenza umana, o il dictamen incerto dell’equità naturale: troppo spesso anch’egli non invocava altri dii che l’interesse, il capriccioo la forza. Alle stesse sorgenti del diritto attingono ancora i popoli non cristiani, e a poco a poco quelli che cessano d’esserlo. Quindi lo scandalo delle loro legislazioni e le iniquità della loro giustizia. Sarà egli cosi delle nazioni uscite dal cenacolo? niente affatto. – La Chiesa vuole che i legislatori ed i magistrati cristiani cerchino le loro aspirazioni alla stessa fonte della verità, e prendano per regola invariabile la legge immacolata di cui lo Spirito Santo è nel tempo stesso l’autore e l’interprete. [Non si cessa di ripetere, da Bossuet in poi, che il diritto romano è la ragione scritta. Nulla di più falso. La vera ragione, scritta è il decalogo. Non ve n’è, né ve ne saranno altre. “Veni, Creator Spiritus”. – Per quanti secoli la Vecchia Europa non ha ella visto le sue assemblee politiche, i suoi stati generali, i suoi parlamenti, i suoi tribunali aprire le loro sessioni, invocando seriamente lo Spirito di sapienza e di luce, senza il quale qualunque legislazione è difettosa, ogni giustizia cieca, ogni scienza pericolosa o vana? 2 2 [“Per me reges regnant et legum conditores justa decernunt”. Prov. VIII, 15. — “Vani enim sunt omnes homines in quibus non subest scientia Dei”. Sap. XIII, 1]. – La sua pietà non fu sterile. Finché lo Spirito Santo diresse i loro sudori, i legislatori e i magistrati non macchiarono i codici moderni di nessuna legge anticristiana, né gli annali dei tribunali di nessuna enormezza giuridica. – Fare invocare lo Spirito Santo nelle grandi circostanze, donde debbono dipartirsi gli interessi generali delle società cristiane non basta alla Chiesa. Ma essa raccomanda a tutti i suoi figli, quali che siano la loro età e il loro stato, di ricorrere a Lui nel principio delle loro occupazioni. Cosi parecchie volte al giorno, in tutti i punti del globo, il figlio cristiano che studia le scienze, sacre o profane, chiama in aiuto della sua intelligenza lo Spirito di luce, di coraggio e di purità. Se si tratta per le generazioni che entrano nella battaglia della vita, di ricevere la terza Persona della Trinità, allora la Chiesa moltiplica gli sforzi della sua materna sollecitudine. Istruzioni prolungate, pubbliche preghiere e particolari, purificazione dell’anima mediante i sacramenti, annunzio solenne del Pontefice: tutto è posto in opera per fare di ciascuna parrocchia un nuovo cenacolo. [È infinitamente deplorevole che queste sapienti intenzioni della Chiesa non siano sempre adempiute, e che secondo una parola volgare, la cresima sia come trafugata a profitto della prima comunione]. – Tali sono con molti altri, i mezzi di continuo impiegati dalla Chiesa, per rendere lo Spirito Santo sempre presente alla memoria e al cuore dei suoi figli; può essa ridirci con più forza il bisogno continuo che abbiamo di Lui come uomini e come cristiani? È egli lecito disprezzare le raccomandazioni si pressanti della più savia delle madri? Non sarebbe forse una grande ingratitudine dimenticare Colui dal quale ogni creatura ripete tutti i doni che essa possiede? Il voler pretendere di fare a meno di Lui, circondati da nemici come siamo, non ci sarebbe nessun pericolo? – Questo pericolo non è lo stesso tanto per la società come per gli individui? Possono esse dunque sfuggire all’alternativa inesorabile dì vivere sotto 1’impero dello Spirito del bene, o sotto la tirannia dello Spirito del male? L’epoca nostra specialmente gode ella a questo riguardo di qualche immunità? Ahimè! per essa, più che per qualunque altra, il culto dello Spirito Santo è dal punto di vista puramente sociale, la grande necessità del momento. – Quest’epoca che si crede padrona di sé medesima dove è ella? Interroghiamo i suoi atti e le sue tendenze, il lusso sfrenato che la divora e che invoca a grandi grida la formidabile reazione del povero contro il ricco che chiamasi socialismo, il sacrificio perpetuo e di giorno in giorno più comune, della coscienza, dell’onore, dell’intelligenza, della vita pubblica e della vita privata, al culto della carne; l’insurrezione generale, inaudita, pertinace delle nazioni contro Dio e contro il suo Cristo; i torrenti di dottrine velenose, notte e giorno sparse sul mondo, terribili semente che saranno inevitabilmente seguite da una mèsse ancor più terribile: è forse lo Spirito Santo che ispira e che fa tutte queste cose? – Se non è lo Spirito di vita è lo Spirito di morte. A quale dei due apparterrà l’avvenire? Chi vuol saperlo fino d’oggi non ha da fare altro che interrogare la scienza o la diplomazia; gli basti di guardare da qual lato si volgono le nazioni. Tutta la questione è li. Per noi se qualche cosa è evidente, è che il mondo attuale deve allo Spirito Santo lo stesso culto, vogliamo dire le stesse preghiere che deve al suo liberatore, il disgraziato sospeso ad un filo sopra a un abisso senza fondo. Questa situazione chi la comprenderà? Questo bisogno chi lo sentirà? Questo dovere chi lo adempirà? Nessuno quasi; e questa non è la minor prova che ciò che noi diciamo è la verità: “Terribiliet ei qui aufert Spiritum principum”.Spirito Santo

2.° Qual culto deve il mondo allo Spirito Santo? Come il Padre e il Figliuolo, così lo Spirito Santo è Dio. Come il Padre e il Figliuolo, Egli ha dunque diritto al culto di latria. Questo culto supremo è interno ed esterno, pubblico e privato. Sotto tutti questi rapporti essendo obbligatorio rispetto al Padre e al Figliuolo, così lo è del pari rispetto allo Spirito Santo. Osiamo aggiungere, che in riparazione del lungo oblio di cui l’Europa moderna è colpevole, e per ragione dell’invasione minacciante dello spirito del male, la terza persona della SS.’Trinità deve essere oggi l’oggetto d’un culto di preferenza, di un culto più che mai ardente. Il culto interno, consiste nella fede, nella speranza e nella carità. [“…. Fide, spe, charitate, colendum Deum”. S. Aug. Euchyrid., c. III].Credere che lo Spirito Santo è Dio, come il Padre e il Figliuolo; come essi Persona distinta; con essi Uno in natura; ad Essi eguale in tutto; come loro eterno, onnipotente, infinitamente buono, infinitamente perfetto; credere tutto ciò dello Spirito Santo, come lo crediamo del Padre e del Figliuolo; sperare nello Spirito Santo, come si spera nelle due altre Persone dell’adorabile Trinità; amare lo Spirito Santo d’un amore supremo, di compiacimento, di riconoscenza, di speranza; nella stessa guisa che si ama, per gli stessi motivi, il Figliuolo e il Padre; tali sono i tre atti fondamentali del culto interno che il mondo deve allo Spirito Santo.Diciamo, amore di compiacenza, a motivo dell’amabilità infinite dello Spirito Santo: amore di riconoscenza, a cagione dei suoi benefizi. Senza parlare degli altri, il mondo deve a Lui : la Santa Vergine, l’Uomo-Dio, la Chiesa, e il cristiano. Amore di speranza, a causa delle sue magnifiche promesse: il cielo sarà il regno speciale dello Spirito Santo, poiché sarà il regno della carità. 11 [Corn. a Lapid. , in Luc., I, 35]. – Come il raggio esce dal centro, così il culto esterno esce necessariamente dal culto interno, e perciò obbligatorio.È impossibile all’uomo, composto di una duplice sostanza di non manifestare con segui esteriori i sentimenti che agitano la sua anima. Ma vi è di più: tutti i suoi atti esteriori non sono che la traduzione dei suoi pensieri e de’suoi sentimenti interiori. Oltreché gli bisognerebbe fare una violenza continua alla sua natura per ricacciare in fondo all’anima sua ciò che tende imperiosamente e costantemente a manifestarsi, l’uomo deve altresì a Dio l’omaggio dei suoi sensi, come pure l’omaggio del suo spirito. Cosi tutti gli atti esterni d’adorazione, le preghiere, il sacrificio, il rendimento di grazie che deve al Padre e al Figliuolo, gli deve pure allo Spirito Santo.L’uomo non è un essere isolato, ma un essere socievole. Iddio avendo fatto le famiglie, i popoli e la società, come ha fatto gli individui, ha diritto pure agli omaggi dell’essere collettivo, come agli omaggi dell’essere individuale. Come persone pubbliche, gli esseri collettivi non possono pagare a Dio il loro tributo, che mediante adorazioni collettive. Un popolo senza culto sarebbe un popolo ateo; e siccome un popolo ateo non è mai esistito, quindi dall’origine del mondo in poi e su tutti i punti del globo, v’è stato un culto pubblico. Aggiungasi che questo culto è tutto a vantaggio delle nazioni, le quali ne hanno bisogno per vivere. Un semplice ragionamento basta a provarlo: nessuna società senza religione: nessuna religione senza culto interiore, nessun culto interiore senza quello esteriore. Tutte queste proposizioni sono tanti assiomi di geometria morale, e tanti di leggi sociali e politiche, dai quali nessun’epoca, né nazione si può impunemente esimere. — Il culto privato, necessario quanto il culto pubblico, deve manifestarsi per la memoria dello Spirito Santo, mediante la preghiera, l’imitazione e il timore di offenderLo.La memoria è il polso dell’amicizia. Finché esso batte, l’amicizia esiste. Di qual forza, e con quale frequenza non deve battere dunque il nostro cuore per lo Spirito Santo? Amore consustanziale del Padre e del Figliuolo, amore eternamente attivo, fonte di tutti i beni della natura e della grazia di cui noi godiamo quaggiù, è altresì il re del futuro secolo, dove beatificherà gli eletti con la effusione senza limiti e senza fine delle voluttà divine. — Intanto, in quanti modi egli sollecita il nostro amore! L’aria che respiriamo, la stella che brilla nel firmamento, gli alberi carichi di frutta, le ricche méssi, i fiori così odoriferi, cosi varii e cosi belli, tutte le creature che non sembrano respirare altro che per renderci servigi, ci gridano con una voce instancabile: Amate lo Spirito d’amore che ci ha fatte come voi, e che non ci ha fatte che per voi.Se noi ascoltiamo questa voce, (e chi potrebbe non intenderla?) l’amore dello Spirito Santo scorrerà dal nostro cuore, come il ruscello dalla sorgente. Manifestandolo, il rendimento di grazie, l’invocazione, l’adorazione, le intime confidenze, la preghiera sotto tutte le forme, diverranno tra il mondo e lo Spirito Santo, il vincolo di un commercio abituale, il cui benefizio sarà per noi.Nei nostri dubbi, nelle nostre perplessità, nelle nostre malattie dell’anima e del corpo, a chi indirizzaci con più probabilità di successo? Soprattutto, qual difensore invocare, di fronte a catastrofi di cui ci minaccia la rapida invasione dello spirito del male? – Solo lo Spirito del bene può arrestarne il progresso. Ripetiamo dunque che la devozione allo Spirito Santo deve essere la devozione favorita dei cristiani moderni; e che le immutabili preghiere inspirate dalla fede dei nostri avi, debbono esalare dal nostro cuore, quasi cosi frequentemente quanto il respiro esce dalle nostre labbra: “Veni, Creator Spiritus” ; “Veni, Sancte Spiritus”, etc. Qui ci sarà domandato: Quando si ha bisogno di lumi, perché indirizzarsi allo Spirito Santo e non al Figliuolo che è la luce del mondo: “Ego lux mundi?” – Questa pratica non è ella in opposizione con l’usanza stabilita d’attribuire al Padre la potenza, al Figliuolo la sapienza ed allo Spirito Santo la carità? È facile rispondere che la luce è un dono di Dio, e che il dono essendo un atto d’ amore, è naturale si chieda allo Spirito Santo che è l’amore per essenza e per conseguenza il principio di tutti i doni. Si può aggiungere che essendo Dio, lo Spirito Santo e luce, come lo stesso Figliuolo; e che l’amore, principale attributo dello Spirito Santo, è la vera luce, dalla quale lo spirito e il cuore sono del pari illuminati. Donde risulta che il miglior consigliere, il più sicuro casuista, è l’amore di Dio e del prossimo, di cui lo Spirito Santo è la sorgente. D’altro lato, seguendo questa pratica secolare, la Chiesa non fa che conformarsi alle intenzioni di nostro Signore.Non è Egli stesso che ci ha insegnato a riguardare lo Spirito Santo come il centro della luce e l’oracolo della verità? Nella persona degli Apostoli egli ha detto alla sua sposa una volta per tutte: « Allorché lo Spirito che io vi manderò sarà venuto ; questi v’insegnerà ogni verità. » [Joan., XVI, 13]. – Così nulla è mutato; né l’ufficio d’inferiorità che il Verbo fatto carne prende riguardo allo Spirito Santo, né la missione speciale dello Spirito Santo. Siccome luce dei profeti nell’Antico Testamento, “locutus per prophetas”, così continua nel Nuovo ad essere l’ispiratore della Chiesa e di tutti i figli della Chiesa. – Pur tuttavia le adorazioni e le preghiere non bastano per costituire il vero culto dello Spirito Santo. Qualunque culto ha per fine di ravvicinare l’adoratore all’essere adorato. Questo ravvicinamento consiste essenzialmente nell’imitazione. Imitare lo Spirito Santo è dunque la parte fondamentale del suo culto. Ora, la purità e la carità sono gli attributi distintivi dello Spirito Santo, quindi l’imitarli forma l’essenza del suo culto. – La purità delle affezioni, vale a dire, il distacco del cuore da ogni affezione sregolata, è talmente voluta dallo Spirito Santo, che la sola ombra di una simile imperfezione Lo avrebbe impedito di discendere nel cuore degli Apostoli. Se è cosi, pretendere che Egli scelga per dimora un’anima schiava della carne, sarebbe una grossolana illusione. Santificare le nostre affezioni e i nostri pensieri, è dunque il primo passo da fare nella imitazione e nel culto dello Spirito Santo. L’altro attributo della terza Persona della Trinità è la carità. Da una parte la carità tende all’unione, e l’unione fa la forza; dall’altra, la carità si manifesta nelle opere. Questa seconda pratica del culto dello Spirito Santo, non è meno necessaria della prima. Quindi nei secoli cristiani gli ordini militari dello Spirito Santo e le numerose associazioni di carità spirituale e corporale, conosciute sotto il nome di Confraternite dello Spirito Santo. Ci sia permessa una parola intorno a queste istituzioni, la cui esistenza sola dà un’idea dello spirito che regnava nella vecchia Europa. – Nel XIV secolo, a malgrado della decadenza dei costumi, lo Spirito Santo era tuttora abbastanza popolare, anche nelle alte classi della società, permettendo ai re di farLo onorare di uno splendido culto dal fiore della loro nobiltà. Il giorno della Pentecoste 1352, Luigi di Taranto essendo stato coronato re di Gerusalemme e di Sicilia, istituì in onore dello Spirito Santo, al Quale andava debitore di questo insigne favore, l’ordine militare dello Spirito Santo. Egli stesso ne distese gli statuti che cominciano cosi : « Questi sono i capitoli, fatti e trovati dall’eccellentissimo, principe Monsignore il Re Luigi per la grazia di Dio, re di Gerusalemme e di Sicilia, ad onore dello Spirito Santo, e inventore e fondatore della nobilissima compagnia dello Spirito Santo al Diritto Desiderio. Incominciato il di della Pentecoste dell’anno di grazia 1352. – « Noi Luigi, per la grazia di Dio, re di Gerusalemme e di Sicilia ad onore dello Spirito Santo, nel qual giorno per sua grazia, noi fummo coronati sovrani dei nostri regni, ad esaltazione e accrescimento d’onore, abbiamo determinato di fare una Compagnia di cavalieri che saranno chiamati i cavalieri dello Spirito Santo al Diritto Desiderio; e i detti cavalieri saranno in numero di trecento, dei quali Noi come inventore e fondatore di questa Compagnia saremo principi; e altrettanto devono essere tutti i nostri successori re di Gerusalemme e di Sicilia.  » V. Giustiniani, Ist. di tutti gli ordin. milit., e Hélyott- Storia degli ordini religiosi, t. VIII, p. 319, ediz. in-4]. Dare aiuto e soccorso al re, tanto in guerra che in ogni altra occasione, costituiva il gran dovere dei cavalieri. Questa disposizione costante al sacrificio era simboleggiata da un nodo o cappio d’amore, colorata, posto sul loro petto. Al disopra del nodo si leggeva: Se a Dio piace. Finché non era piaciuto a Dio che il cavaliere segnalasse la sua devozione, con qualche splendida azione, il nodo rimaneva legato. Se in combattimento contro un nemico superiore in numero, il cavaliere aveva ricevuto delle ferite onorevoli, o riportato un notevole vantaggio, egli portava sino da quel giorno il suo nodo sciolto fino a che non fosse egli andato al Santo Sepolcro a fare al Nostro Signore omaggio della sua vittoria. Al ritorno, il nodo era rilegato con queste parole: È piaciuto a Dio. Esse erano accompagnate da un raggio lucente rappresentante una lingua di fuoco, come ricordo del simbolo sotto cui lo Spirito Santo discese sugli Apostoli. – Questi guerrieri veramente cristiani digiunavano tutti i venerdì dell’anno, e davano quel giorno da mangiare a tre poveri in onore dello Spirito Santo. Tutti gli anni essi si trovavano a Napoli il giorno della Pentecoste. – La celebrazione della festa si terminava con un pranzo che il re presiedeva in persona. Nel centro della vasta sala era una tavola chiamata la Tavola desiderata, dove mangiavano i cavalieri che durante l’anno avevano sciolto il nodo. Quegli che portava il suo nodo rilegato con una fiamma, riceveva una corona di lauro. – Alla morte di un cavaliere, il re faceva fare un uffizio solenne per il riposo dell’anima di lui. Tutti i cavalieri presenti vi assistevano, e il più prossimo parente o un amico del defunto, pigliava la sua spada per la punta e l’offriva sull’altare, seguito dal re e dagli altri cavalieri andavano a posarla sull’altare. Di poi si ponevano in ginocchio pregando per l’anima del cavaliere, e dopo il servizio si attaccava quella spada alla parete della cappella. Ricevuta da Dio, adoperata in servizio di Dio, a Dio ritornava. Se il cavaliere aveva portato la fiamma sul nodo, si scolpiva sulla sua tomba una fiamma dalla quale uscivano queste parole: Egli compiè la sua parte del Diritto Desiderio, e ogni cavaliere era obbligato di far dire sette messe per il riposo dell’anima sua. [Helyot, ubi supra]. – Due secoli più tardi la Francia pure ebbe il suo ordine dello Spirito Santo. Il giorno della Pentecoste 1573, Enrico III fu eletto re di Polonia; e lo stesso giorno del seguente anno 1574, chiamato al trono di Francia. – A fine di immortalare la sua riconoscenza verso lo Spirito Santo, questo principe dette, nel 1578, le sue lettere patenti per l’istituzione dell’ordine militare dello Spirito Santo, divenuto cosi glorioso nella storia d’Europa. – Esse esprimono tali sentimenti che ci chiamiamo tanto più fortunati di trovare in bocca d’un re, quanto più siamo meno abituati. – « Avendo riposto, dice il monarca, tutta la nostra fiducia nella bontà di Dio dal quale Noi riconosciamo avere e tenere tutta la felicità di questa vita, è ragionevole che Noi ci ricordiamo, che ci sforziamo di rendergli grazie immortali e che attestiamo a tutta la posterità i grandi benefizi che ne abbiamo ricevuti, particolarmente in questo che in mezzo a tante differenti opinioni in fatto di religione, le quali avevano diviso la Francia, Egli l’ha conservata nella cognizione del suo santo nome, nella professione di una sola fede cattolica, e nell’unione di una sola Chiesa apostolica romana. « Essendogli piaciuto per ispirazione dello Spirito Santo, il giorno della Pentecoste, riunire tutti i cuori e le volontà della nobiltà polacca, e portare tutti gli stati di questo regno e del ducato di Lituania a eleggerci per re, e quindi in simile giorno chiamarci al governo del regno di Francia; perciò, tanto per conservare la memoria di tutte queste cose, quanto per fortificare e mantenere di più la religione cattolica e per decorare e onorare la nobiltà del nostro regno, noi istituiamo l’ordine militare dello Spirito Santo…. il quale ordine creiamo e istituiamo in questo regno, affinché lo Spirito Santo ci faccia la grazia che noi vediamo ben presto tutti i nostri sudditi riuniti nella fede e nella religione cattolica, e vivere in avvenire in buona amicizia e concordia gli uni con gli altri…. che è il fine a cui tendono i nostri pensieri e le nostre azioni, come al .colmo della nostra più grande felicità. » Helyot., t . VIII, p. 406, eseg.]. – satana è lo spirito di divisione, viceversa lo Spirito Santo é lo spirito di carità. Se esiste un mezzo di ricondurre l’unione in un regno crudelmente diviso dalle guerre di religione, e con le discordie civili che ne sono la conseguenza inevitabile, è per l’appunto il ristabilire il regno dello Spirito Santo. Nulla dunque era più giusto del pensiero di questo principe: nulla di più desiderabile del fine della sua istituzione. Per il solo fatto della sua esistenza, era un immenso servizio. Mostrando la più alta nobiltà arruolata sotto la bandiera dello Spirito Santo essa lo metteva in rilievo come elemento sociale, e ritardava l’epoca di funesta dimenticanza in cui è caduta, agli occhi dei governi moderni, la terza Persona dell’adorabile Trinità. – Gli statuti dell’ordine erano adattatissimi a realizzare i voti del monarca. Come gran maestro, il re di Francia, il giorno della sua consacrazióne prestava giuramento sul Vangelo: « Di vivere e morire nella santa fede e religione cattolica, apostolica romana, e piuttosto morire che mancarvi; di mantenere per sempre l’ordine dello Spirito Santo; di non potere dispensare mai i comandanti e ufficiali, ammessi nell’ordine, dal comunicarsi e ricevere il prezioso corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, nei giorni stabiliti, che sono il primo dì dell’anno e il di della Pentecoste. » L’Ordine essendo stato istituito per la propagazione della fede cattolica e per l’estirpazione, delle eresie, lo stesso giuramento di fedeltà a Dio, alla Chiesa, allo Spirito Santo, al re, era prestato dai cavalieri, il giorno del loro ricevimento. I cavalieri erano in numero di cento, tutti tratti dalle più nobili famiglie e di buona condotta e costumi. Per quanto era possibile assistevano tutti i giorni alla Messa, e i giorni di festa alla pubblica celebrazione dell’ufficio divino. – Erano obbligati a dire ogni giorno un rosario di dieci poste, che dovevano portare in dosso, poi l’uffìcio dello Spirito Santo con gli inni e orazioni, oppure i sette Salmi penitenziali; e se vi mancavano, a dare una elemosina ai poveri. I giorni di comunione comandati dagli statuti, dovevano in qualunque luogo si trovassero, portare il collare dell’ordine durante la Messa e la Comunione. – Il giorno dopo il loro ricevimento, essi andavano a udire la Messa vestiti degli abiti di cerimonia, e il re all’offertorio, offriva un cero fiorito di tanti scudi d’oro quanti anni contava. Dopo la Messa essi desinavano con Sua Maestà, e dopo mezzodì assistevano al vespro dei defunti. Il terzo giorno assistevano al servizio che si faceva per i cavalieri morti. All’offertorio il re e i cavalieri offrivano ciascuno un cero d’una libbra. Inoltre due Messe erano celebrate ogni giorno nel convento degli Agostiniani di Parigi, una per la prosperità dell’ordine e i cavalieri viventi, l’altra per quelli defunti. [Helyot ubi supra]. – Fra questi ordini militari del tempo antico, e gli ordini moderni, qual differenza! Mentre l’alta nobiltà praticava con tanto splendore il culto dello Spirito Santo, il popolo più fedele ancora alle tradizioni del passato, Io conservava nella sua ingenua ma commovente ed energica semplicità. Una parte dell’Europa era ricoperta di associazioni e di Confraternite dello Spirito Santo. La santificazione dei loro membri mediante l’unione fraterna e mediante la carità, era l’anima di quelle preziose istituzioni, la cui origine si perde nella notte dei tempi della barbarie: era insomma lo Spirito Santo in azione. Esse esistevano specialmente nella maggior parte delle parrocchie di Savoia. [I confratelli erano tutti o quasi tutti abitanti della parrocchia]. La diocesi privilegiata di san Giovanni di Maurienne, è abbastanza fortunata di conservarne fino a questo di cosi belle vestigia.I pubblici banchetti, ai quali pigliavano parte tutti i confratelli, danno luogo a pensare che le associazioni dello Spirito Santo traessero la loro origine dalle agapi. – Questi pasti avevano luogo su verdi prati all’ aria aperta. Si ammazzava un bove per il banchetto. Anche di recente, abbattendo un enorme noce, si trovò nei fianchi dell’albero secolare, l’arpione di ferro del quale si servivano per spezzare l’animale. Le grandi caldaie dove si faceva la minestra di grasso per il giorno delle agapi, esistono ancora in parecchie parrocchie. Avendo i tempi mutato, i pubblici pasti furono convertiti in elemosine generali, tanto per conservare la memoria dell’antica disciplina, quanto per sollevare più efficacemente i poveri vergognosi. I ricchi, i quali in qualità di confratelli avevano parte alle elemosine e distribuzioni, le ricevevano come i poveri. Cosi faceva il grande, l’amabile santo della Savoia, cioè san Francesco di Sales che portava religiosamente nelle pieghe della sottana le noci che i ragazzi gli davano, andando a confessarsi. Ei le faceva servire alla sua tavola, e diceva mangiandole: Questa è fatica delle mie mani, e son fortunato di mangiarne: “labores manuum tuarum quia manducabis, beatus es et bene Ubi erit”. – Ma in ricompensa di quel che essi ricevevano, e per render sempre più grosse le porzioni dei poveri, i ricchi avevano cura d’aumentare, sia per donazione, sia per testamento il fondo delle confraternite. Grazie alla loro liberalità, vi furono in alcune parrocchie fino a cinque elemosine generali all’anno. — Le epoche in cui avevano luogo, e la natura degli oggetti distribuiti, ci mostra che le elemosine avevano per iscopo di procurare ai confratelli, o alcune ricreazioni innocenti così dolci ai diseredati del mondo, o soccorsi materiali necessarii all’adempimento delle leggi disciplinali della Chiesa. – Così la distribuzione di olio di noce si faceva al principio di quaresima, perché allora non si poteva usare cibi con burro. La distribuzione del lardo aveva luogo il sabato santo, affinché i fedeli potessero preparare da grasso il loro nutrimento, durante il tempo pasquale. – Ma nel tempo in cui tutta la Chiesa è nella gioia, e in cui i solitari più rigidi rallentavano le loro austerità, non avere che poveri alimenti conditi di grasso, era poco. Perciò il lunedì di Pasqua si faceva una distribuzione di pane e di vino. Quando arrivava l’Ascensione, e che gli armenti cominciavano a salire sulle montagne, veniva dato una distribuzione di sale. Finalmente il lunedì o il martedì di Pentecoste, festa patronale della confraternita, si distribuiva della minestra, del vino, e lardo, che permetteva ai più poveri di dimenticare per un istante le loro privazioni consuete. – Oggi le distribuzioni o elemosine si riducono, a quelle del principio di quaresima e del sabato santo. Questo non è che il lato materiale della confraternita. Tutte le opere, di carità spirituale ne sono la parte morale. – In primo luogo, si pensa alla cura delle anime del purgatorio: per esse sono offerte parecchie Messe, e opere pie in diverso genere. Facendo cadere sui defunti la rugiada del refrigerio e della pace, queste testimonianze d’intelligente carità procurano ai vivi, potenti intercessioni appresso Dio, e immortalano i vincoli della confraternita. – Dove trovare qualche cosa di meglio inteso? Perchè lo spirito moderno è egli venuto a perseguitare e distruggere queste ammirabili associazioni? Noi lo sappiamo; ma chi impedisce di ristabilirle dove esse esistevano, di crearle, dove esse non hanno ancora esistito? Noi non lo sappiamo. Per questo, che cosa ci vuole ? la volontà. Volerlo con sapienza, traendo profitto dalle circostanze di tempi e di luoghi. [Chi impedirebbe, per esempio, di approfittare dell’ epoca della cresima per realizzare questo progetto?]. Volerlo con perseveranza, non sì spaventando degli ostacoli, attesoché ciò che è necessario, si fa sempre. Ogni giorno vedonsi stabilirsi nuove confraternite. Vi sono poche parrocchie che non abbiano qualche associazione, o conferenze in onore della Madonna, di sant’Anna, e di diversi santi del paradiso. La terza Persona della augusta Trinità, quella a cui noi dobbiamo tutto, anche la santa Vergine, sarà ella sola e sempre dimenticata? Quale scusa, soprattutto oggi, alla nostra indifferenza? satana non si contenta di comandare al grande esercito del male; con una attività senza esempio egli forma sotto i nostri occhi i suoi numerosi addetti in mille confraternite d’iniquità, Ei sa che per distruggere come per edificare, l’unione fa la forza: il suo calcolo non è falso. Come il campo è scavato dalle talpe, così il suolo di Europa è minato dai neri pionieri del satanismo. – A costo di soccombere, il nostro dovere è di fare la contro mina. Procuriamo di esser membri e membri devoti del grande esercito dello Spirito Santo, cioè della Chiesa cattolica; ma non ci teniamo solamente a questo. – Formiamoci in gruppi offensivi e difensivi: opponiamo società a società. Alle confraternite di satana opponiamo quelle dello Spirito Santo : l’unione fa la forza. Solo lo Spirito del bene può vincere lo spirito del male. Mi pare che si dica abbastanza quando tutto quel che può favorire il regno dello Spirito Santo é ora, più che mai, all’ordine del giorno. – In favore di questo culto salutare, rimane un’ultima considerazione, che sarà l’oggetto seguente. – Se la parte positiva del culto dello Spirito Santo consiste nel ricordarsi della terza Persona dell’augusta Trinità, nel pregarLa e nell’imitarLa; la parte negativa consiste nel fuggire con la più gran cura tutto ciò che può allontanarLa e contristarLa. AllontanarLa. Lo Spirito Santo è essenzialmente purità e carità. Come i cattivi odori fanno fuggire l’ape, cosi il sensualismo l’egoismo allontanano lo Spirito Santo da ogni anima, da ogni popolo reso schiavo all’uno od all’altro di questi vizi. Grande argomento di meditazione e anche di timore per la nostra epoca! Se è vero che nessun’ altra offre allo stesso grado il sensualismo e l’egoismo, è dunque vero che nessun’altra fa allo Spirito Santo una opposizione più adeguata. – Ma allontanare lo spirito di vita è, come lo abbiamo tante volte stabilito, chiamare il regno dello spirito di morte c on le sue inevitabili e disastrose conseguenze. ContristarLa. La negligenza nell’invocarLa, l’infedeltà nel seguire le sue ispirazioni, sia per la condotta privata, come per la direzione degli altri, popoli o particolari, contristano profondamente lo Spirito Santo. Il disprezzo di cui è l’oggetto, l’ingiusta preferenza data a oracoli stranieri, preparano le ultime catastrofi; imperocché conducono a un peccato non meno irremissibile, tanto per le nazioni che per gli individui. Noi abbiamo nominato il peccato contro lo Spirito Santo. Ci rimane a farlo conoscere: oh se potessimo noi ispirare tutto l’orrore ch’egli merita! – L’Uomo-Dio percorreva la Giudea risanando gli infermi, liberando gli ossessi, resuscitando i morti. Bassamente gelosi i farisei della fiducia che i suoi miracoli attiravano a Lui, osavano dire: “È in nome di Beelzebub, principe dei demoni, ch’egli caccia i demoni”. Dopo aver confutato una simile calunnia, il Verbo divino aggiunge, per mostrarne l’enormità: « Io ve lo dico, qualunque peccato o bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata. E chiunque avrà detto una parola contro al Figliuolo dell’uomo, gli sarà perdonata; ma colui che l’avrà detta contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo mondo, né nell’altro. [“Ideo dico vobis: Omne peccatum et blasphemia remittetur hominibus: Spiritus autem blasphemia non remittetur. Et quicumque dixerit verbum contra Filium hominis, remittetur ei; qui autem dixerit contra Spiritum sanctum, non remittetur ei neque in hoc saeculo, neque in futuro”. Matth XII, 31, 32; Marc., III, 29 ; Luc., XII, 10. — San Tommaso spiega in questi termini la differenza tra la bestemmia contro lo Spirito Santo e quella contro Nostro Signore. Gesù Cristo faceva certe cose, in tanto che uomo, come bere e mangiare; e altre in tanto che Dio, come cacciare i demoni, risuscitare i morti. Egli faceva queste ultime per virtù della sua propria divinità e per opera dello Spirito Santo, di cui come uomo era ricolmo. Gli Ebrei avevano dapprima commesso la bestemmia contro il Figliuolo dell’uomo chiamandolo vorace, bevitore di vino, amico dei pubblicani. Dipoi essi bestemmiarono contro lo Spirito Santo, attribuendo al demonio ciò che faceva per virtù della sua propria divinità e per opera dello Spirito Santo. 2a, 2ae, q. 14, art. 1, corp.]. – Come si vede, il rimprovero che Nostro Signore indirizza ai farisei, è di attribuire maliziosamente al demonio i miracoli ch’Egli faceva, e dei quali essi non potevano dubitare che fossero opera del dito di Dio. Questa era la loro bestemmia e il loro delitto. Perciò a malgrado dell’evidenza, trattare le opere del Verbo divino, come opere di satana, e per conseguenza il Figlio di Dio come agente del demonio falsario, e come usurpatore della divinità, in ciò consiste propriamente la bestemmia contro lo Spirito Santo. – « Bisogna notare, dice un dotto commentatore, che Nostro Signore non parla qui di ogni peccato contro lo Spirito Santo, ma solamente della bestemmia contro lo Spirito Santo, che si commette con parole, come pure con pensieri e con opere. Ha luogo allorché si calunniano opere manifestamente divine e miracolose, pie e sante, che Dio compie per la salute degli uomini e con le quali egli conferma la verità della fede; come per esempio, l’espulsione dei demoni. Queste opere essendo opere della bontà e della santità di Dio sono attribuite allo Spirito Santo. Ond’è, che colui il quale le calunnia, e che scientemente per malizia le attribuisce ai demoni, bestemmia contro lo Spirito Santo, perché egli toglie a Dio la sua santità, la sua verità, e fa di lui un demonio: “Ex Deo facìt diabolum”. » [Corn. a Lap. in Matth. XII, 31] . Il peccato contro lo Spirito Santo non si limita dunque alla bestemmia contro lo Spirito Santo, né a un atto passeggero; ei si estende a parecchie prevaricazioni, e costituisce anche uno stato permanente. Secondo i Padri, i teologi e san Tommaso particolarmente, quest’albero di morte si divide in sei rami: 1) la disperazione della salute; 2) la presunzione di salvarsi senza merito, o l’essere perdonato senza penitenza; 3) l’impugnare la verità conosciuta; 4) l’invidia della grazia altrui; 5) l’ostinazione nel peccato, 6) l’impenitenza finale, sono altrettanti peccati contro lo Spirito Santo. [“Desperatio, praesumptio, impoenitentia, obstinatio, impugnatio veritatis agnitae et invidentia fraternae gratiae”. Ap. S. Th., 2a, 2ae, q. 14, art. 2]. – La ragione è che questi peccati sono peccati di pura malizia, soprattutto il terzo, che è propriamente il peccato fulminato dal Salvatore. – Perché sono essi peccati di pura malizia? San Tommaso risponde: « Vi è peccato di pura malizia, allorquando con disprezzo si respinge ciò che poteva impedire di abbracciare il peccato. Per esempio, quando si respinge la speranza per lasciarsi andare alla disperazione; o il timore di Dio per lasciarsi dominare dalla presunzione. – Ora, molte cose impediscono questa scelta funesta, tanto dal lato dei giudizi di Dio, quanto dal lato dei doni dello Spirito Santo, come dal lato dello stesso peccato. – « Dal lato dei giudizi di Dio: per speranza che nasce dal pensiero della misericordia di Colui che rimette i peccati e ricompensa le buone opere. Ora quésta speranza è tolta dalla disperazione. – « Dal lato’ dei doni dello Spirito Santo tra’ quali due soprattutto ci allontanano dal peccato: l’uno è l’intelligenza della verità. Questa intelligenza è combattuta dall’impugnare la verità conosciuta, quando uno insorge contro una verità di fede, a fine di peccare più liberamente. – L’altro è il soccorso della grazia interiore che proviene dal dono di pietà. A questa grazia si oppone la gelosia delle grazie altrui, allorquando qualcuno porta invidia, non solo alla persona di suo fratello, ma ancora ai progressi della grazia di Dio nel mondo. – « Dal lato del peccato: due cose ce ne allontanano: una è il disordine e la turpitudine dell’atto, il cui pensiero ha l’attitudine di condurre a pentirsi del peccato commesso. – A questo mezzo di salute è opposta la impenitenza intesa nel senso della volontà di non pentirsi. L’altra è la brevità e il nulla del bene, che si cerca nel peccato e che, pel solito, impedisce la volontà dell’uomo di fissarsi nel male. Questo nuovo mezzo di salute è distrutto dall’ostinazione, allorché il peccatore si conferma nella volontà di attaccarsi al peccato. Tutti questi mezzi che c’impediscono di scegliere il male invece del bene, sono tanti effetti dello Spirito Santo in noi; imperocché, peccare cosi per malizia, è un peccare contro lo Spirito Santo. » [“Haec autem omnia quae peccati electionem impediunt, sunt effectus Spiritus sancti in nobis: et ideo sic ex militia peccare?, est peccare in Spiritum Sanctum”. 2a, 2ae, q. 14, art. 1, corp., et art. 2, corp.]. Il dolce san Francesco di Sales aggiunge: « Il peccare è assai comune alla debolezza umana; ma sostenere pertinacemente la sua colpa, voler persuadere che si é avuta ragione di commetterlo, chiamare il male bene, e mettere le tenebre in luogo della luce, è offendere lo Spirito Santo; è combattere una verità manifestamente, è essere in qualche modo in senso reprobo. » [Spirito, ec., t-. II, part. XI, p. 387, ediz. in-8]. – Tale è in se medesimo il peccato contro lo Spirito Santo; resta ora a dire in qual significato è irremissibile. La bestemmia contro lo Spirito Santo, dichiara il Verbo stesso, non sarà perdonata, né in questo mondo né nell’altro. Nondimeno, affidando alla sua Chiesa il potere delle chiavi, Egli dice senza restrizioni: «Tutto ciò che voi scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo: quelli a cui rimetterete i peccati, saranno loro rimessi. » Come interprete infallibile della dottrina del suo sposo, la Chiesa cattolica mostra che non vi è nessuna contraddizione tra queste divine parole. Essa insegna che il Redentore universale, non ha posto nessun limite alla sua misericordia; che nessun peccato è. Irremissibile nel rigore della parola: e nella persona di Novato colpisce d’ anatema colui che osasse sostenere il contrario. – Come dunque bisogna intendere che il peccato contro lo Spirito Santo è irremissibile? Se si tratta dell’impenitenza finale, resta rigorosamente vero che questo è irremissibile. L’impenitenza finale è il peccato mortale, nel quale l’uomo persevera sino alla morte. Ora, questo peccato non è rimesso, né in questo mondo mediante la penitenza, né nell’altro; poiché di là non vi è più redenzione. Si tratta di altri peccati contro lo Spirito Santo? L’irremissibilità deve intendersi non della impossibilità assoluta, ma della estrema difficoltà di ottenerne il perdono. La ragione è che per sua natura, il peccato contro lo Spirito Santo non merita alcuna remissione, né in quanto alla pena, né in quanto alla colpa. – Quanto alla pena: colui che pecca per ignoranza o per debolezza, sembra, fino a un certo punto, scusabile; in ogni caso merita minor castigo. Ma colui che pecca scientemente e per malizia, ex certa malitìa, non ha veruna scusa, né merita nessuna diminuzione di pena. – Tale è l’uomo che pecca contro lo Spirito Santo. – Quanto alla colpa: si dichiara incurabile la malattia che per la sua stessa natura respinge tutti i mezzi di guarire; per esempio, allorché essa toglie la possibilità di ritenere nessuna specie di cibo o di medicamento, quantunque Dio possa sempre guarirlo. Così il peccato contro lo Spirito Santo è chiamato irremissibile di sua natura; in tanto quanto respinge tutti i mezzi di perdono; poiché si oppone attivamente e direttamente allo spirito di luce, di grazia e di misericordia. Non vuol dire che la via del perdono e della guarigione sia chiusa all’onnipotenza ed alla misericordia di Dio; ma come ella può sempre guarire dalle malattie incurabili, cosi ella può sempre rimettere dei peccati irremissibili. Grazie gli siano rese, poiché questi miracoli di bontà sono lungi dall’essere senza esempi.11 [“Per hoc tamen non praecluditur via remittendi et sanandi omnipotentiae et misericordiae Dei, per quam aliquando tales quasi miraculose spiritualiter sanantur. S. Th., 2a, 2ae, q. 14, art. 3. Corp.]. – Pensando al peccato contro lo Spirito Santo ed alle conseguenze a cui trascina, è egli facile d’essere senza timore circa l’avvenire di un’epoca, in cui esso si commette così spesso, e da un sì gran numero di persone di ogni condizione? Sono eglino rari oggi quelli i quali, malgrado avvertimenti reiterati, si ostinano nel libertinaggio dello spirito e del cuore, e mettono fine ai loro giorni col suicidio, o che muoiono con l’insensibilità della bestia? Quelli che indifferenti verso i doveri essenziali della religione, si lusingano in un avvenire felice dopo la morte, dicendo col sorriso dell’empietà: Dio è troppo buono per perdermi? Quelli che nelle loro conversazioni, nei loro discorsi, nei loro giornali, nelle loro opere impugnano audacemente la verità conosciuta? Coloro che spingendo la bestemmia a tali limiti che 1’inferno non ha mai conosciuti, osano da una parte calunniare il cattolicismo tutto quanto, il Vicario di Gesù Cristo, il Figliuolo di Dio medesimo; e d’altra parte aggiungere a questa denigrazione satanica la glorificazione di tutto ciò che è anticristiano: come Giuda, Nerone, Giuliano l’Apostata, satana? Sopra labbra battezzate che cosa è questo, se non il peccato contro lo Spirito Santo, in ciò che si può immaginare di più odioso? – Qual sorte è riserbata alle nazioni che lasciano cosi oltraggiare lo stesso autore di tutti i loro beni ? La Provvidenza ha permesso, che vi fosse nella storia un fatto che ne desse la risposta. – Sino dai primi secoli, i Greci, spinti dallo spirito maligno, non avevano cessato di assalire la terza Persona della SS. Trinità. Macedonio, Fozio, Michele Cerulario, sono i colpevoli, padri di una lunga posterità d’insultatori. – La Chiesa Latina, allarmata intorno alla sorte della sua sorella, non trascura nulla per ricondurla all’unità. – Tredici volte i Greci segnano solennemente il simbolo cattolico, e tredici volte essi violano la fede giurata. Nel 1439, appena ritornati in Oriente dopo il Concilio di Firenze, si burlano della loro firma, e ripigliano il corso delle loro bestemmie contro lo Spirito Santo. – Quest’ultimo delitto colma la misura, e il nuovo deicidio sarà punito come il primo.1 1 [Noi chiamiamo i Greci deicidi dello Spirito Santo, nello stesso senso che san Paolo chiama deicidi quelli che pei loro peccati crocifiggono di nuovo il Verbo incarnato. Heb., VI, 6. – Qui comincia tra la rovina di Gerusalemme e il sacco di Costantinopoli, il terribile raffronto che non è mai sfuggito agli osservatori cristiani. « Per trovare, dicono essi con ragione, qualche cosa di simile alla rovina di Costantinopoli fatta da Maometto, bisogna risalire alla rovina di Gerusalemme sotto Tito.

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Affinché i Greci sappiano bene che la causa del loro disastro fu la loro rivolta ostinata contro lo Spirito Santo, si é nelle feste stesse della Pentecoste, che la loro capitale fu presa, il loro imperatore ucciso, e il loro impero annientato. » [Storia Universale della Chiesa, t. XXII, p. 105, 2a ediz., in-8. — “Ut intelligant causam exitii sui fuisse pertinaciam in errore de processione Spiritus Sancti, in ipsis feriis Spiritus Sancti capta fuit Constantinopolis a Turcis, imperata occisus, et imperium omnino deletum”. Bellarm., de Christo, lib. II, c. XXX, p. 431, ediz. in fol., Lugd. 1587; vide etiam S. Anton., Chronic p. III, t. II, c. XIII, ediz. princeps]. – Pochi anni innanzi la rovina di Gerusalemme, Gesù, figlio d’Anano, si pone ad un tratto a gridare nel tempio: « Voce dell’ Oriente, voce dell’Occidente; voce dai quattro venti, voce contro a Gerosolima e al tempio, voce contro ai nuovi mariti e contro alle novelle spose, voce contro tutto il popolo! » Poi correndo notte e giorno per le piazze e le vie della città, manda di continuo lo stesso grido, aggiungendo con voce più lugubre: « Guai alla città, guai al popolo, guai al tempio ». Finalmente come egli faceva il giro dei bastioni della città assediata, grida: « Guai a me » nell’ istesso istante una pietra lanciata da una macchina, lo stende morto al suolo! [Josepho, De bello judaico, lib. VII, c. XVII. – Per gli Ebrei, la voce della giustizia succedette all’invocazione della misericordia. Così fu del pari per i Greci. Due anni circa [Ottobre 1451] innanzi la presa di Costantinopoli, il Papa Niccolò V, dopo avere esaurito tutti i mezzi di persuasione, gli minaccia della prossima rovina del loro impero. « Noi sopportiamo ancora, scrive loro, i vostri ritardi in considerazione di Gesù Cristo Pontefice eterno, che lasciò sussistere il fico sterile fino al terzo anno, quantunque il giardiniere si preparasse a tagliarlo, poiché non portava più frutti. Noi abbiamo atteso tre anni per vedere, se alla voce del divin Salvatore, voi ritornereste indietro dal vostro scisma. Ebbene! se il nostro attendere è stato vano: sarete abbattuti, affinché non occupiate più inutilmente la terra. [Àpud Reginald., an. 1451, n. 1 e 2]. – Con queste lettere profetiche il Vicario di Gesù Cristo fa partire un legato per l’Oriente. Quest’ultimo messaggero della misericordia fu il grande e santo cardinale Isidoro, arcivescovo di Kief, greco d’origine e celebre fra i Greci medesimi, a cagione del talento ch’egli aveva spiegato al concilio di Firenze. Sotto ogni rispetto egli era l’uomo il più capace di ricondurre gli scismatici all’unità. – Gli Ebrei non tengono nessun conto delle predizioni del figlio di Anano: essi al contrario lo battono e l’ingiuriano. Invece di ascoltare quella voce ispirata, amano piuttosto seguire i falsi profeti che gli spingono alla guerra contro i Romani, promettendo loro l’aiuto del cielo. – I Greci disprezzano gli avvertimenti del Sovrano Pontefice, volgono le spalle al suo inviato e più che mai si mostrano ostili all’ unione. Correndo in folla al monastero, dove risiede il troppo famoso Giorgio Scolano, gli domandano quel che hanno da fare. Senza degnare di uscire dalla sua cella, l’orgoglioso monaco risponde con un biglietto di anatema contro i Latini, e attacca questo biglietto alla sua porta dove tutti lo leggono come un oracolo: « Miseri cittadini, diceva, perché traviate voi ? Rinunziando alla religione de padri vostri, voi abbracciate l’empietà, e sottostate al giogo della schiavitù. Invece di contare sui Franchi, mettete la vostra fiducia in Dio. Signore io giuro che sono innocente di questo delitto. » [È bene sapere che questo Scolario o Gennadio, essendo a Firenze, si mostrò uno dei più premurosi di comparire dinanzi al Papa, a fine di essere lodato come il principale autore della riunione]. – Le parole di quest’uomo tenuto per profeta, cambiano l’odio contro i Latini in fanatismo popolare. Le strade di Costantinopoli risuonano delle giuda: Lungi da noi gli Azzimiti; noi non sappiamo che fare del soccorso de Latini: è meglio piuttosto vedere in Costantinopoli il turcasso di Maometto che il cappello di Isidoro! – Non era questo il grido degli Ebrei allorché dicevano: Toglietelo, toglietelo, noi non vogliamo che egli regni su di noi?- Come i Giudei, cosi i Greci contano sopra un prodigio per salvarli. Ogni sera si vedono radunarsi sui canti delle vie, e ivi invocano la Vergine in loro aiuto, bevendo alla salute della sua immagine, e caricando gli Occidentali d’imprecazioni. – Frattanto Tito, principe straniero di paese e di religione, viene ad assediare Gerusalemme alla testa del suo popolo; e l’apparizione terribile delle aquile romane dinanzi a Gerusalemme è l’abominazione della desolazione nella terra santa. Et civitatem et sanctuarium dissipabit populus cum duce venturo: et finis ejus vastitas et statuta desolatio”. Dan., IX, 26]. – Dalla parte dei Romani, si fanno prodigi di attività per innalzare le loro linee di circonvallazione e rinchiudere come in un cerchio di ferro, o meglio in un vivo sepolcro, Gerusalemme e i suoi abitanti. – Dalla parte dei Giudei, la vertigine dell’orgoglio e il furore della guerra civile. Costretti dai nemici di fuori, essi si dividono in fazioni che si sbranano, e che fanno di Gerusalemme l’immagine dell’inferno. – Maometto II, principe straniero di paese e di religione, comparisce sotto le mura di Costantinopoli alla testa del suo popolo. Questo popolo d’infedeli si componeva di trecentomila soldati, accompagnati da una flotta di quattrocento navi: e la formidabile comparsa della mezzaluna dinanzi a Costantinopoli era l’abominazione della desolazione in una terra cristiana Frattanto Maometto ardendo dal desiderio di vincere, forma i suoi accampamenti, rizza le sue macchine e dispone le sue bocche da fuoco. Ben tosto padroni di tutti i contorni, gli assedianti battono più da vicino le mura, colmano i fossati, aprono le brecce e si preparano all’ assalto. – Invece di unirsi, i Greci come i Giudei, si dividono sempre più. Quelli che paiono accettare il domma cattolico concernente lo Spirito Santo, sono considerati come tanti empii. La gran Chiesa di santa Sofia, che per Costantinopoli era ciò che il tempio per Gerusalemme, avendo servito di riunione ai cattolici « non è più per gli scismatici che un tempio pagano, un rifugio di demoni; non vi si vede più né ceri, né lampade. – Non è altro che una spaventosa oscurità e una trista solitudine, immagine funesta della desolazione, dove i nostri delitti stavano per ridurla in pochi giorni.2 »2 [Michel Ducas c. XXXVI. – Tal è l’accecamento del loro odio, o 1’eccesso della loro viltà, che una città di trecentomila anime non trovi per difenderla, che settemila cittadini e duemila stranieri. – Come i sicari di «Gerusalemme, cosi questa piccola truppa fa prodigi di valore. Ma questi sforzi non fanno che irritare Maometto, come quei dei Giudei non avevan servito che a esasperare Tito. Il porto di Costantinopoli era chiuso da una forte catena che rendeva inutile la flotta ottomana. Maometto concepisce il prodigioso disegno di fare scendere le sue navi nel porto, portandole sopra un promontorio, e facendole sdrucciolare su dei panconi unti di sego, fino a’piè di Costantinopoli. – Il lavoro si compié durante la notte, e ai primi raggi del giorno i Greci stupefatti vedono la flotta nemica nel loro porto. – Dopo furibondi combattimenti, Tito s’impadronisce della prima e della seconda cinta di Gerusalemme: poi della terza e della cittadella Antonia, riunita al tempio per mezzo di un portico. Non potendo ancora forzare i faziosi, abbandona la città al saccheggio. I suoi soldati vi commettono tutti gli orrori ; il tempio è ridotto in cenere; neppure una pietra rimane sopra’ pietra, e l’aratro passa sul suolo della città deicida. Accostatosi a Costantinopoli per terra e per mare, Maometto annunzia l’assalto generale per il 27 maggio, accendendo dei fuochi in tutto il suo campo. L’assalto incomincia il 28 al mattino. Come quello di Gerusalemme, esso si continua tutto il giorno, e una parte della notte, con un incredibile accanimento. Finalmente il 29 maggio, seconda festa di Pentecoste 1453, a un’ora dopo mezza notte, Costantinopoli cade in potere dei Turchi. – Cosi, mentre la Chiesa latina, devotamente radunata nelle sue chiese, celebra con allegrezza il solenne anniversario della discesa dello Spirito Santo sul mondo, e proclama altamente la sua processione dal Padre e dal Figliuolo, i Greci che la negano bestemmiando, sono schiacciati sotto le rovine della loro capitale, e ricevono sulle loro teste orgogliose il giogo di ferro della barbarie mussulmana. Dal che deducesi, che delle due più spaventevoli catastrofi di cui la storia faccia menzione, la rovina di Gerusalemme e il sacco di Costantinopoli, la prima é la tremenda punizione del delitto commesso contro la seconda persona della SS. Trinità, la seconda, il castigo non meno tremendo di un delitto analogo, commesso contro la terza Persona della SS. Trinità. – Ciò che i romani fecero a Gerusalemme, è oltrepassato da quel che fecero i Turchi a Costantinopoli. Come i Giudei, respinti da tutte le parti, si erano rifugiati nel tempio, cosi i Greci perduti, si rifugiano nella grande chiesa di santa Sofia. Tempio e chiesa divengono il teatro di tali orrori, che la storia osa appena delinearne il ricordo. Ascoltiamo pertanto un testimone oculare. È il cardinale Isidoro medesimo, d’origine Greco, che ci dipinga la desolazione di Costantinopoli; come un altro testimone oculare, Gioseffo, Giudeo di nazione, è stato scelto dalla Provvidenza, per trasmettere alla posterità la descrizione del sacco di Gerusalemme! [Allo scopo di sfuggire alla morte, il principe della Chiesa rivesti del suo abito di cardinale un cadavere, al quale i Turchi tagliarono la testa e la recarono al Sultano col cappello rosso].- Ecco alcuni versi del suo racconto: « Maometto circondato da’ suoi visir, essendo entrato in Costantinopoli, due soldati gli portano la testa dell’imperatore di Costantino. – Ei la fa inchiodare ad una colonna, dove essa vi resta fino a sera: Poi, avendola fatta scorticare e riempire di paglia, la invia come trofeo ai principi dei Turchi, in Persia e in Arabia. » [Apud. S. Antoh., pars historia l.fol. 188, c. XIV, ediz. infol.]. – Cosi Tito, dopo averli mostrati in spettacolo ai romani, il giorno del suo trionfo, fece scannare nella prigione Mamertina, Simone di Gioras e Giovanni di Giscala, principi dei Giudei. – « Dopo quest’oltraggio al vinto, Maometto entra in Santa Sofia e si asside sull’altare, come se fosse il Dio del tempio, in luogo del Verbo incarnato, proclamandosene in tal modo l’avversario. Di già i suoi soldati hanno scannato alla rinfusa tutti quelli che si trovavano sul santo luogo. Aggiungendo il sacrilegio alla crudeltà, ricoprono di sputi, rompono, calpestano le immagini di Nostro Signore, dell’augusta sua Madre, dei santi e dei martiri. Essi strappano i Vangeli e tutti i libri di preghiere: indossano gli ornamenti sacerdotali, profanano nel modo il più ributtante i vasi sacri, le reliquie dei santi e tutto ciò che vi ha di più venerabile nella religione. » [“Mingebant, stercorizabant, omnia vituperabilia exercebant”. Apud S. Anton., ubi supra]. – Come nel tempio e in Gerusalemme, cosi in Santa Sofia e in Costantinopoli tutto è massacro e abominio. Centundicimila Giudei periscono durante l’assedio; gli altri sono venduti come schiavi, carichi di catene, impiegati nei pubblici lavori, riserbati per i combattimenti dei gladiatori, queste turbe di deicidi portano per tutta la terra lo spettacolo vivente della predetta desolazione: e dopo diciotto secoli tutte le generazioni veggono questo cadavere di popolo, appeso al patibolo della divina giustizia. – Medesimo spettacolo a Costantinopoli. Sacerdoti, frati, monache, donne, fanciulli, vecchi, tutto ciò che sopravvive, divenuto preda dei vincitori, è accatastato in tanti stabbj e venduto come bestiame. Si veggono i principi, i baroni, i grandi signori trascinati con la corda al collo, cacciati a colpi di staffile e comprati per tanti uomini da nulla, che ne fanno tanti guardiani di bovi e di maiali. [Apud S. Anton., ubi supra.]. – La massa della popolazione è gettata nelle galere, che pongono subito alla vela per tutte le direzioni. – Per lungo tempo i porti dell’Asia e dell’Africa vedono esposti, nei loro spaventosi mercati, lunghe catene di schiavi, che sono come gli ebrei dispersi ai quattro venti, per insegnare a tutti i popoli ciò che diventa una nazione che osa dire allo Spirito Santo: Noi non vogliamo che tu regni su di noi: “Nolumus hunc regnare supen nos”. Tanto Gerusalemme che Costantinopoli fu così bene spopolato, che Maometto non vi lasciò, dice il cardinale, né un greco, né un latino, né un armeno, né un ebreo : “Nullum incolam intra reliqiierunt, non Graecum, non Latinum, non Armenum, non Judaeum”. – Così si compié sul Greco deicida della terza Persona della SS. Trinità, la minaccia adempiuta sul Giudeo, deicida della seconda. « Voi che non avete voluto servire il Signore nella gioia, nell’allegrezza del vostro cuore e nell’abbondanza di tutti i beni, servirete il nemico che il Signore vi manderà nella fame e nella séte, nella nudità e nell’indigenza, e porrà sul vostro collo, un giogo di ferro che vi schiaccerà. Il Signore condurrà contro di voi una nazione lontana, rapida come l’aquila, della quale non intenderete la lingua. Nazione orgogliosa e crudele, senza riguardo alla vecchiezza, senza pietà per l’infanzia, non vi lascerà nulla, rovescerà le vostre mura e vi annienterà col massacro e la dispersione. [Deuter., XXVIII, 48 e seg.]. » – [Come non pensare alle analoghe vicende dei monofisiti, nestoriani, giacobiti, giovanniti di Siria ed Iraq, viste le attuali vicissitudini belliche di questi popoli ribelli alla dottrina ed al Magistero Cattolico, … non avranno forse irritato la divina Maestà per le loro ostinazione contro lo Spirito Santo e la sua azione, come i Giudei ed i Greci di Costantinopoli? – n.d.r. – ]. – Dopo l’adempimento alla lettera di questa minaccia divina, i Greci vivono sotto il giogo tirannico de’ loro vincitori. Ancor oggi, dopo quattro secoli di umiliazioni e di castighi, questo popolo, come il Giudeo, ha occhi per non vedere, orecchie per non udire, memoria per non ricordarsi, mente per non comprendere la formidabile lezione che Dio gli infligge in punizione della sua ribellione ostinata contro lo Spirito Santo.

Constantinople

– O nazioni d’Occidente, procurate che questa lezione non sia perduta per voi. Tale è il voto che ci resta a formare dando termine a questo lavoro, dove si mostra sin,dal cominciamento dei secoli, l’azione permanente e sovrana dello Spirito del bene e dello Spirito del male, sull’umanità. – Vedendo ciò che Costa il peccare contro lo Spirito Santo, impariamo a correggere i nostri pensieri e i nostri timori. Allo spettacolo della corruzione dei costumi, del fascino per le cose da nulla, dell’oblio troppo generale dei doveri più sacrosanti, tremiamo per l’avvenire, ma tremiamo soprattutto nel pensare al peccato contro lo Spirito Santo, divenuto oggidì tanto comune. – Deh possano i governi ancor più dei governati, prendere sul serio la sentenza pronunziata dal Legislatore supremo, contro i bestemmiatori dello Spirito Santo, e ricordarsi, che immutabile come la verità, essa rimane sempre sospesa sul capo delle società che li imitano o che li tollerano. Possano essi nella vita pubblica come nella vita privata, non dimenticare giammai che l’uomo quaggiù è posto nell’alternativa inesorabile di vivere sotto l’impero dello Spirito,del bene, o sotto la tirannia dello Spirito del male; che il primo è lo Spirito di vita, vita intellettuale, vita morale, vita sociale, vita eterna: che il secondo è lo Spirito di morte, e che, negatore adeguato dello spirito di vita, produce la morte sotto tutti i nomi: per gli individui, la morte eterna alla quale ei li trascina per il cammino dell’iniquità, della vergogna e della servitù; per le nazioni, che non vanno in corpo nell’altro mondo, la morte sociale a cui ei gli conduce con catastrofi inevitabili. -In conclusione: Perduto per lo Spirito del male, il mondo non sarà salvo che per lo Spirito del bene. Gli rimane intelletto bastante per capirlo ? Iddio lo sa. – Quel che noi sappiamo, è che una sola potenza è capace di fare intendere questa verità capitale ai sordi coronati come a popoli materialisti e distratti. Questa potenza è il clero; il clero che opera nella pienezza della sua forza e della sua libertà. Per i re come per i sudditi, questo solo ha le parole di guarigione, tutte le parole di guarigione; perché esso solo ha le parole di vita, tutte le parole di vita. Se, come non bisogna dubitarne, al coraggio del bene aggiunge l’intelligenza de’ tempi, egli vedrà che la lotta attuale, lotta accanita e che si estende per tutta la faccia del globo, è oramai tra la negazione assoluta e l’affermazione assoluta, tra il cattolicismo del male e il cattolicismo del bene, tra satana e lo Spirito Santo, combattenti per una suprema vittoria in persona, e per cosi dire corpo a corpo, alla testa de’ loro eserciti. A questo solennissimo spettacolo della storia, il suo zelo, come quello di Paolo alla vista d’Atene pagana, s’infiammi di nuovo ardore. Il clero soldato intelligente ma non inteso, non si lasci scoraggiare né dall’impossibilità morale dell’impresa, né dagli scherni del mondo, né dal torpore dei falsi fratelli. I Pescatori di Galilea non hanno affrontato Cesare e i barbari? Perseguitati e derisi, non hanno essi vinto? Per cedere il posto al Dio del Cenacolo, satana non ha egli veduto i suoi altari rotolar nella polvere dall’alto del Campidoglio? Il braccio dell’Onnipotente non è punto scorciato. Per noi cattolici ecclesiastici o laici, la lotta non è già una speculazione, ma é un dovere. Qualunque sia l’avvenire della società, noi saremo riusciti a fare o dei nobili vincitori, o delle nobili vittime. Sia dunque da qui in innanzi predicato per tutto Io Spirito Santo; affinché riprenda nella vita delle nazioni quel posto che gli si compete e che non avrebbe giammai dovuto perdere. Che il suo culto troppo lungamente trascurato, rifiorisca nelle città e nelle campagne; e che sulle labbra di tutti’i cattolici del secolo decimonono si trovi frequente come il respiro, l’ardente preghiera del re profeta. Manda fuori il tuo spirito, e tutte le cose saranno create; e rinnoverai la faccia della terra. “Emitte spiritum tuum, et creabuntur, et renovabis faciem terrae” . [Ps. CIII]

In ciò, in ciò soltanto sta la salute del mondo.

Parigi, nella festa della Pentecoste,

15 maggio 1864