Il Frutto della Vita Eterna.

Il Frutto della Vita Eterna.

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[Mrg. J.-J. Gaume: “Il trattato dello Spirito Santo”, cap. XL]

La grazia infusa nell’anima nel giorno del Battesimo, per opera dello Spirito Santo, costituisce la vita soprannaturale. Le virtù infuse ne sono le forze vive. I doni dello Spirito Santo mettono queste forze in moto, e fanno loro produrre degli atti beatifici, chiamati beatitudini. Questi atti beatifici condotti all’ultima perfezione, prendono il nome di frutti, perché essi producono nell’anima una soavità, simile a quella di un eccellente frutto in piena maturità. Questi stessi frutti non sono relativamente che fiori, di fronte al frutto della vita eterna. A procurare all’uomo quest’unico frutto tendono tutte le operazioni dello Spirito Santo: essendo appunto questo frutto, il cielo. [“Cum fructus habeat quodammodo rationem ultimi et finis, nihil prohibet alicujus fructus esse alium fructum; sicut finis ad finem ordinatur : opera igitur nostra, in quantum sunt effectus quidam Spiritus sancti in nobis operantis, habent rationem fructus; sed in quantum ordinantur ad finem vitae aeternae, sic magis habent rationem florum: unde dicitur”: (Eccli XXIV, 23): “Flores mei fructus honoris et gratiae”. S. Th., l a, 2ae, q. 70, art. 1, ad 1]. – «Delle buone fatiche, dice il libro della Sapienza, glorioso è il frutto. » [“Bonorum enim laborum gloriosus est fructus”. Sap., III, 15]. E nel Vangelo: « Colui che miete, riceve ricompensa, e accumula il frutto per la vita eterna. » [Qui metit, mercedem accipit, et congregat fructum in vitam aeternam”. Joan., IV, 36]. E nell’ Apocalisse : « Al vincitore, io darò a mangiare l’abero di vita che è nel paradiso del mio Dio. » [“Vincenti dabo edere de ligno vitae, quod est in paradiso Dei mei”. Apoc., II, 7]. – Perché la felicità, l’immortalità, il cielo infine ci é presentato sotto il nome di frutto? Nel paradiso terrestre, figura del paradiso celeste, era l’albero della vita, il cui frutto di un sapore squisito e di una bellezza sorprendente, aveva la proprietà di comunicare l’immortalità. Accanto a quest’albero era l’albero della scienza del bene e del male, il cui frutto dava la morte. Adamo, posto tra questi due alberi che conosceva perfettamente, vinto dalla tentazione, mangiò del frutto dell’albero proibito, prima d’aver mangiato del frutto dell’albero di vita. È di fede che l’albero di vita, come l’albero della scienza del bene e del male, era un albero vero. Una volta che si fosse mangiato, doveva prolungare la vita per parecchie migliaia d’anni; e dopo avere mantenuto l’uomo in una giovinezza costante, l’avrebbe fatto entrare, senza passare per la morte, nella vita senza fine dell’eternità. [“De fide est fuisse hanc veram arborem…. hoc lignum prorogasset homini vitam et vigorem ad aliquot annorum millia, donec Deus eum transtulissef in coelum, quae aeternitas quaedam est”. Corn. a Lap., Gen., II, 9. — Nell’ambrosia, nel nettare e altri alimenti che comunicavano agli Dei l’immortalità, il paganesimo stesso aveva conservato una memoria di quest’albero di vita]. – Che vi é da meravigliarsi se lo Spirito Santo restauratore di tutte le cose, ci ha presentato il cielo come il frutto dell’albero di vita, ma perfezionato e dotato della virtù di far vivere l’uomo cosi lungo tempo finché Dio sarà Dio, e di una vita divinamente beata? Un frutto è stata la disgrazia dell’uomo, e un frutto sarà la felicità. La vittoria poteva essere meglio proporzionata alla sconfitta: “Ut qui in Ugno vincebat, in ligno quoque vinceretur?” Quando dunque il genere umano, nutrito dei frutti dello Spirito Santo, avrà dormito il suo sonno di morte, lo spirito divino, continuando la sua opera di deificazione, verrà ad aggiungere un benefizio a tutti i suoi benefici. Come ha fatto ad uscire dal sepolcro il Verbo incarnato, tipo dell’ uomo, cosi ne farà uscire tutte le sue membra. « Se lo Spirito di colui il quale ha risuscitato Gesù Cristo tra i morti, dice san Paolo, abita in voi, quegli che ha risuscitato Gesù Cristo tra i morti,, richiamerà pure alla vita i vostri corpi mortali, a cagione del suo Spirito che abita in voi. » [Rom VIII, 11]. – Che cosa farà dell’uomo gloriosamente risuscitato? Egli lo condurrà in cielo, nel vero Eden della felicità e della gloria, dove gli farà mangiare il frutto di vita che è nel Paradiso di Dio. Grazie alle proprietà di questo frutto misterioso, in quel luogo, per le creature e per l’uomo, tutto sarà restaurazione. Perché? perché il cielo sarà il regno assoluto dello Spirito Santo, vale a dire il regno dell’ amore infinito, che opera nella pienezza della sua espansione, senza ostacoli, senza limiti, senza diminuzione; che penetra tutto, anima tutto, illumina tutto, divinizza tutto, immerge tutti gli abitanti della sua Città immensa, tanto uomini che angeli, nello stesso Oceano di luce, d’amore e di eterne voluttà. Ecco il capo d’opera dello Spirito Santo, e il termine finale al quale ci conduce con le sue operazioni successive. – Quale sarebbe sopra di noi l’effetto di questo amore sostanziale, infinito, che opera nella sua incomprensibile energia? la morte istantanea, se noi dimorassimo nella debolezza attuale della nostra natura. Qual essere creato potrebbe sostenere il peso dell’infinito? Ma non sarà cosi. Come la virtù dell’Altissimo fortificò Maria nel di dell’incarnazione, cosi Egli ci circonderà della sua ombra: “Virtus Altissimi obumbrabit tibi”. Affinché non sieno né consunti da ardori infiniti, né accecati da una luce infinita, né schiacciati sotto il peso di una felicità infinita, lo Spirito Santo comunicherà agli esseri, sottoposti alla sua azione, una energia tale, che essi vivranno in quell’immensa atmosfera d’amore, di luce e di felicità, liberi, agili, felici, come il pesce nell’Oceano! La vita della grazia sarà divenuta la vita della gloria. Cosi preparati, l’effetto dell’amore infinito sarà su di essi, simile a quello del fuoco sull’oro. Il fuoco non consuma 1’oro, ma lo trasfigura. – La trasfigurazione divina si estenderà a tutto ciò che ne sarà degno; imperocché lo Spirito di vita non distrugge nulla di ciò che ha fatto. Così saranno trasfigurati e il mondo che noi abitiamo, e l’uomo tutto intero. – Trasfigurazione del mondo, cioè della terra e del cielo. La creazione fisica segue la condizione dell’uomo, della quale è padrone. Poiché l’uomo fu felice finché fu innocente, infelice quando divenne colpevole, cosi essa sarà glorificata allorché lui medesimo sarà glorioso. Il cielo sarà dunque il compimento plenario ed eterno di questo voto, espresso dall’Apostolo, a nome della creazione tutta quanta. « Ogni creatura, dice san Paolo, aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio. Imperocché la creazione è sottoposta alla vanità non volontariamente, ma a cagione di colui che ve l’ha sottomessa con speranza; perché la stessa creatura sarà prosciolta dalla servitù della corruzione mediante la libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che qualunque. Creatura geme ed esperimenta fin qui i dolori del parto. Non solamente essa, ma noi pure, che possediamo in noi le primizie dello Spirito. » [Rom., VIII, 19-28]. Che cosa significano questi patimenti e questi sospiri di tutta la natura? Essi significano che la creazione non è arrivata al suo fine. Significano, che la vita attuale sarebbe un’amara ironia, se non ve ne fosse un’altra. Significano, che la creazione tutta quanta aspira non alla sua distruzione ma al suo rinnovamento, e che a suo modo essa rivolge a Dio, come l’uomo medesimo, questa domanda del Pater : “che venga il vostro regno”. – Ogni essere, dice san Tommaso, ripugna alla sua distruzione. Desiderando ardentemente la fine di questo mondo, le creature non desiderano dunque il loro annientamento, ma la loro liberazione e il loro rinnovamento. – Quindi, i dottori cattolici concludono molto logicamente, che le creature non saranno distrutte, ma purificate dal fuoco dell’ultimo giorno : come l’oro non è distrutto passando pel crogiuolo, ma reso più puro e più fulgido. [Vedi le autorità nel Catechismo di perseveranza, t. VIII, Riassunto generale. Vi si troverà pure, riguardo al cielo, assai lunghi particolari che la mancanza di spazio non ci permette di riprodurre]. – Quale sarà in sé medesima e nei suoi risultati questa trasfigurazione del mondo? Essa sarà in sé medesima la partecipazione la più grande possibile delle creature materiali verso le perfezioni di Dio. Dio è eternità, luce, amore. Per quanto la loro natura può comportarlo, le creature saranno dunque eternità; luce, amore. Eternità. Esse dureranno sempre senza alterazione di forma né di bellezza. « Gli astri, dice san Tommaso, fissi nel punto del firmamento il più conveniente, per risplendere di tutta la loro luce sulla beata Gerusalemme, diverranno immobili. I tempi, per cui sono destinati quaggiù a segnare la successione, susseguiranno al giorno senza notte dell’eternità. La terra sempre egualmente illuminata, godrà di una temperatura costantemente uguale; e gli altri elementi, sempre simili in sé medesimi, non avranno al nostro sguardo, nessuna delle imperfezioni delle quali si lamentano. » [Supplem ., q. 91, art. 2. — 8. Hier., in Hàbac III] . Luce. È rivelato in Isaia che la luce della luna sarà come la luce del sole: e che la luce del sole sarà sette volte maggiore di quella d’oggidì. [“Erit lux lunae sicut lux solis, et lux solis septempliciter”. Js., xxx, 26]. – Ma il cielo, in cui il sole e la luna formano il più bell’ornamento, è la più nobile porzione del mondo corporeo. Come il resto della creazione, così il cielo sarà rinnovato; né può esserlo, che acquistando una maggior chiarezza; attesoché la chiarezza è la sua beltà principale. La stessa terra parteciperà à questa chiarezza del cielo. – Da un lato è di fede che il corpo dell’uomo diverrà luminoso; e il corpo dell’uomo Scomposto di elementi materiali. Dunque gli elementi materiali di cui si comporrà il corpo dell’uomo rivestito di lucentezza, saranno essi medesimi luminosi. Ma gli elementi che compongono il corpo dell’uomo, sono presi in tutti i regni della natura. Dunque, a meno di una anomalia che ripugna, la condizione del tutto seguirà la condizione delle parti: cioè che tutta la creazione materiale diverrà luminosa. [S. Th., ubi supra, art. 4]. D’altra parte, siccome esiste un ordine tra gli spiriti superiori, gli angeli, e tra gli spiriti inferiori, le anime, così ne esiste uno tra i corpi celesti e i corpi terrestri. Ora, la creazione materiale essendo fatta per la creazione spirituale, e dovendo per mezzo suo, essere regolata e condotta al suo fine, risulta che ella ne segue la condizione, alzandosi o abbassandosi con lei e per cagion sua. Nell’universale rinnovamento gli spiriti inferiori, le anime, acquisteranno le proprietà degli spiriti superiori. Gli uomini, dice il Vangelo, saranno simili agli angeli. – Per la stessa ragione i corpi inferiori acquisteranno le proprietà dei corpi superiori. Ma i corpi inferiori non potendo prendere ad imprestito dai corpi celesti fuorché la chiarezza, ne segue di necessità che essi diventeranno luminosi. Cosi tutti gli elementi saranno rivestiti di un manto di luce; non tutti del pari, ma ciascuno secondo la sua natura. È detto infatti che la terra sarà trasparente come il vetro, l’acqua come il cristallo, l’aria pura, quanto il cielo, il fuoco brillante come i luminari del firmamento. [“Unde omnia elem enta claritate quadam vestientur; non tam en aequaliter, sed secundum suum modum: dicitur enim quod terra erit in superfìcie exteriori pervia sicut vitrum , aqua sicut crystallus, aèr ut còelum, ignis ut luminaria coeli”. [Ibid ., corp.]. Amore, Nei suoi risultati, il rinnovamento del mondo sarà una manifestazione la più splendida delle perfezioni di Dio, e per conseguenza un invito più eloquente alla nostra ammirazione e alla nostra riconoscenza. Il mondo é uno specchio creato per riflettere gli attributi del Creatore. Lo specchio è tanto più perfetto, quanto più riflette meglio l’immagine che gii si presenta. Dopo la loro rinnovazione, le creature libere da ogni macchia di peccato, saranno arricchite di nuove qualità, in armonia con i sensi dell’uomo deificato; e divenute trasparenti lasceranno vedere senz’ombra le bellezze del Creatore. Allora 1’uomo, doppiamente soddisfatto nei suoi sensi e nelle sue facoltà, sarà nei trasporti d’un amore sempre crescente. [S. Thom. ubi supra, art. 1, corp.]. – Riassumendo: l’abitazione deve convenire all’abitante. Il mondo è stato fatto per essere l’abitazione dell’uomo; dunque deve essére conveniente all’uomo. Ma l’uomo sarà rinnovato; dunque parimente il mondo. [“Habitatio debet babitatori congruere, sed mundus factus est ut sit habitatio hominis. Ergo debet homini congruere; sed homo innovabitur. Ergo sim iliter et m undus. Ibid. – Trasfigurazione dell’uomo. Noi conosciamo la dimora: e quale ne sarà l’abitatore? L’uomo. Esso raggiunge quaggiù più di qualunque altra creatura il fine della vita. Come esse, ei sospira verso la sua trasfigurazione. I suoi voti non saranno compiti che alla fine della prova. Il cielo sarà dunque la dimora dell’uomo divenuto quale lo esige la legge del suo essere simile all’Angelo, simile a Dio. Simile a Dio, eternità, luce, amore, felicità, quanto lo può essere una creatura: tale sarà l’uomo trasfigurato. Eternità. L’uomo, unito a Dio, viverà come Dio; unito al Verbo incarnato, vivrà come uomo deificato, della vita del corpo e dell’anima. Egli vivrà della pienezza di questa doppia vita, vivrà sempre. Vivere è godere, vivere pienamente è godere pienamente; vivere sempre, è godere eternamente. Egli vivrà della vita del corpo, ne vivrà pienamente e sempre. Il corpo dell’uomo conserverà tutta la sua integrità, i suoi sepsi, i suoi organi. Resuscitato nell’età della forza e della bellezza, spogliato dal travaglio della tomba di tutte le imperfezioni, risultati del peccato, dotato di nuove qualità, egli godrà di una eterna gioventù. Queste nuove qualità .sono: l’impassibilità, la sottigliezza, l’agilità, la chiarezza. – Il corpo seminato corruttibile risusciterà incorruttibile: [1 Cor., XV , 42], dunque impassibile. L’impassibilità sarà l’effetto necessario della glorificazione. Nelle cose corruttibili, il principio vitale non domina abbastanza perfettamente la materia, da preservarla da ogni offesa contraria alla sua volontà. Ma dopo la risurrezione, l’anima dei santi sarà completamente padrona del corpo. Quest’impero sarà immutabile, poiché l’anima stessa sarà immutabilmente sottomessa a Dio. Sarà perfetto, poiché la stessa anima sarà perfetta, e per conseguenza dotata del potere e della volontà d’impedire tutto ciò che potrebbe nuocere al corpo. Inoltre, nel cielo la felicità dell’uomo sarà completa: né lo sarebbe, se il corpo rimanesse soggetto a patimenti. – Del resto l’impassibilità non distruggerà la sensibilità. Contuttoché conservi intatta la natura dei corpi, la divina potenza può toglierle le qualità che le piace. – Così al fuoco della fornace di Babilonia essa tolse la virtù di ardere certe cose, poiché i corpi dei giovani Ebrei rimasero intatti; ma gli lasciò la virtù di bruciare certe altre cose, poiché il legno fu consumato. Altrettanto avverrà per i corpi gloriosi: Dio toglierà la passibilità e conserverà la natura. [S. Th., Suppl., q. 82, art. 2, ad 4] D’altronde se i corpi gloriosi non fossero sensibili, la vita dei santi, dopo la risurrezione, rassomiglierebbe più al sonno che alla veglia. Ora il sonno non è la vita, soprattutto la vita nella sua pienezza: non è che una mezza vita. Il corpo seminato animale risusciterà spirituale [I Cor., XV, 42]; dunque sottile. La sottigliezza è una delle principali qualità degli spiriti; e la sottigliezza degli esseri spirituali supera infinitamente quella degli esseri corporei. I corpi gloriosi saranno dunque sottilissimi. La sottigliezza di un corpo consiste, nel poter penetrare attraverso un altro corpo, press’a poco come il raggio luminoso penetra il cristallo senza guastarlo né alterarlo. Due cause, naturali la rendono possibile; la prima, la tenuità del corpo penetrante; la seconda l’esistenza dei pori, o spazi lasciati vuoti tra le parti del corpo penetrato. – Ma il vero principio della sottigliezza dei corpi gloriosi, sarà la loro perfetta sottomissione all’anima glorificata. Il primo effetto di questa sottomissione sarà di fare nei limiti del possibile partecipare il corpo alla natura dell’anima, e per conseguenza alle operazioni dell’anima. Cosi nessun ostacolo alle comunicazioni più intime dei santi tra di loro e con tutte le parti della gloriosa Gerusalemme. [S. Th., Suppl., q. 83, art. 1, corp.]. – Ciononostante i corpi gloriosi resteranno palpabili. Riformati sul modello del corpo del Verbo resuscitato, ne avranno le qualità. Ora, il corpo del Verbo resuscitato era palpabile. « Palpate e vedete, diceva il buon Maestro ai suoi discepoli meravigliati: uno spirito non ha né carne né ossa; come voi vedete io l’ho. » [Luc., XXIV, 39]. – È articolo di fede; sanzionato dalla Chiesa nella condanna d’Eutichete, patriarca di Costantinopoli, il quale sosteneva l’impalpabiìità dei corpi gloriosi. [S. Th., ubi supra. art. 6]. – Il corpo seminato debole risusciterà forte, [I Cor., XV, 13]. Perciò agile e pieno di vita. Agile, vuol dire, facile nel movimento. Dunque i corpi gloriosi saranno agili. Di più, la lentezza ripugna essenzialmente alla spiritualità. Dunque essi saranno agili. D’altronde l’anima è unita al corpo, non solamente come forma o principio vitale, ma altresì come motore. Sotto l’uno e l’altro aspetto il corpo glorioso gli sarà perfettamente soggetto. Per la sottigliezza, il corpo perfettamente sottomesso all’anima come forma, riceve un essere specifico; cosi perfettamente sottomesso all’anima come motore, riceve l’estrema facilità di moto, che chiamasi agilità. [S. Th., ubi supra, q. 84, art. 1, corp.]. – Potersi trasportare senza fatica e in un istante impercettibile, qualunque siasi la distanza da un luogo a un altro, e con la stessa prontezza ritornare nel punto donde era partito; tale sarà la deliziosa prerogativa dei corpi gloriosi. Diciamo deliziosa, poiché di tutte le qualità dei corpi, 1’agilità è quella che il mondo attuale sembra ricercare con più ardore. Egli non vede più distanza. Il peso della materia lo molesta, ad ogni costo vuole liberarsene. Lungi dunque da noi il pensiero che l’immobilità regnerà nel cielo, e che noi vi saremo come statue in tante nicchie. Il moto, l’agilità di quaggiù non sono, che un’ombra di moto e di agilità che regneranno nella Città dello Spirito Santo. [Ibid., art. 2, coip . ; et art. 8, corp.]. Seminato ignobile, il corpo risusciterà glorioso: [I Cor., XV, 48]: dunque luminoso. Tale è il significato dell’Apostolo medesimo, dato alla parola glorioso, poiché paragona la gloria dei corpi risuscitati alla chiarezza delle stelle. Già abbiamo detto la ragione per la quale i corpi dei santi saranno luminosi, come tutti i corpi materiali. Aggiungiamo che questa luce verrà loro dalla sovrabbondante luce dell’anima glorificata; essa ne sarà penetrata e circondata. Padrona assoluta del corpo, al quale sarà unita colla più intima unione, lo penetrerà .da parte a parte, e lo circonderà completamente di luce. Questa atmosfera luminosa sarà tanto più brillante, quanto più l’anima sarà più santa, cioè dire più vicina a Dio, luce infinita. Così dalla chiarezza del corpo si giudicherà della gloria dell’anima, come attraverso il vetro si conosce il colore del liquido contenuto in un vaso di vetro. [S . Th., ibid., q. 85, art. 1, corp.]. – Impassibile, sottile, agile, luminoso, tale sarà dunque non per un giorno, non per alcuni anni fugaci, ma per tutta l’eternità, il corpo glorificato dallo Spirito Santo. O uomini, voi amate tanto il vostro corpo, e non desiderate il cielo! – Da questa glorificazione generale risulterà il perfezionamento di tutti i sensi, e per ciascuno in particolare la soddisfazione che gli è propria. Da un lato, l’uomo sarà nel cielo non troncato o minorato, ma intero e perfezionato; d’altra parte i sensi non saranno solamente in potenza, ma in atto, attesoché la facoltà in atto è più perfetta della facoltà in potenza; e che tutti i sensi del corpo, essendo stati gli istrumenti dell’anima, saranno ricompensati secondo i meriti dell’anima stessa. [“Corpus praemiabitur vel punietur propter merita vel demerita animae. Ergo et omnes sensns praemiabuntur in beatis, etc.”. S . Th., ubi supra, q. 82, art. 4]. – Non entreremo nei particolari dei godimenti di ciascun senso particolarmente, né delle diverse facoltà dell’anima. Ci basterà notare che esse saranno reali e in armonia con i sensi perfezionati, ma conservanti la loro natura.22 [“Oculi, aures, nares, os, manus, guttur, jecur, pulmo, ossa, medullae…. beatorum, mirabili delectationis et dulcedinis sensu replebuntur”. S. Anselm., de Similitud., c. CVII]. – Cosi nulla ci obbliga a prendere in un senso figurato, tutto ciò che dice la Scrittura, dei piaceri sensibili riserbati ai beati. « Io aspiro, esclamava David, a vedere i beni del Signore nella terra dei viventi. » [Ps. XXVI]. – Su di che Cornelio a Lapide, riassumendo l’insegnamento dei dottori, così si esprime: « Per questo il fiume del paradiso, gli alberi e i frutti di cui è parlato, possono prendersi alla lettera. E perché no? Se nel paradiso terrestre Adamo ha goduto di tutti questi beni, tanto più i beati ne godranno nel paradiso celeste; imperocché il primo non era che un saggio e l’immagine del secondo. [“Quocirca fiuvius bic, arbores et poma ad litteram, uti sonant, accipi possunt. Quid enim obstat? Nam si his in paradiso terrestri fruitus est Adam, multo magis iisdem fruentur beati in paradiso coelesti; bujus enim specimen et imago fuit terrestris. In Apoc., XXII , 2]. – Del resto, si ammettono abbastanza facilmente i piaceri della vista, dell’udito, dell’odorato, del tatto; solo i godimenti del gusto sembrano disputabili. Per farli accettare, possiamo notare che il senso del gusto non più degli altri, può esser privo della sua ricompensa, attesoché egli ha meritato per i digiuni, per le astinenze, per le austerità d’ogni genere, come lo vediamo in un sì gran numero di santi: che il bere e il mangiare non saranno più destinati come quaggiù, a riparare alle forze del corpo, ma a procurare al senso del gusto la sua legittima soddisfazione; che i frutti e non la carne, essendo stato il cibo dell’uomo innocente, ridiventeranno dell’uomo rigenerato; che il corpo spiritualizzato spiritualizzerà il nutrimento, in modo che non darà luogo a nessuna delle conseguenze nelle condizioni della vita terrena. [V. le autorità citate da Corn., ubi supra]. – Secondo il parere dei dottori si aggiunge, in prova di ciò che diciamo, un fatto, la cui autenticità non è mai stata posta in dubbio. L’anno 304, nel colmo della persecuzione di Diocleziano, una vergine cristiana, per nome Dorotea, fu condotta al tribunale di Sapricio, governatore di Cesarea in Cappadocia. Era il sesto giorno di febbraio. Per il suo rifiuto di sacrificare ai demoni, la sposa del Verbo incarnato viene distesa sul cavalletto. Calma in mezzo alle torture, essa dice al giudice: « Affrettati di fare ciò che tu vuoi, e che i tuoi supplizi siano la strada che mi conducano al mio sposo. Io L’amo e non temo. Io desidero altresì i tuoi tormenti: il mio Sposo mi chiama. Con questi patimenti, brevi e lievi andiamo al paradiso delle delizie, dove sono dei pomi di una meravigliosa bellezza, rose e gigli e fiori innumerevoli che mai si seccano, fonti d’acque vive che mai si asciugano, e delle quali i santi godono con felicità, pieni d’ allegrezza nel Cristo. » A queste parole l’assessore del giudice, un letterato, un Renan del tempo, nominato Teofilo, si rivolge alla santa, e gli dice sogghignando: « Mandami dei pomi del paradiso del tuo sposo, allorché tu vi sarai arrivata. — Lo farò volentieri, rispose la giovane martire. » “Mitte mihi poma e paradiso sponsi tui, cum eo perveneris. Faciam, inquit illa”.- Non si dimentichi che eravamo nel cuor dell’ inverno. Il carnefice si impadronisce della vittima e gli tronca la testa. Frattanto Teofìlo se n’era tornato a casa facendosi bello della sua frivolezza, la raccontavi a’ suoi amici, con molte lepidezze intorno a questi stupidi cristiani. Tutt’ad un tratto, apparisce un giovinetto di una sorprendente bellezza, recante nel grembo del suo abito tre magnifici pomi e tre rose di una bellezza e di una freschezza inarrivabili. « Ecco, gli disse, ciò che la santa vergine Dorotea ha promesso di mandarti dal paradiso del suo sposo. » Teofilo, stupefatto, riceve dalle sue mani quei pomi e le rose, ed esclama: « Veramente il Cristo è Dio, il Dio che non inganna! » Facendo questa professione di cristianesimo, Teofìlo ha pronunziato il suo decreto di morte. Di li a poche ore, lo si vide condotto al supplizio, diventando uno dei gloriosi martiri della fede, della quale si era burlato. – Ora, siccome nessuno mai si è fatto tagliare il capo per un simbolo, quindi è che questi pomi e queste rose erano ben realmente pomi e rose.[Baron an. 304, n. LXIX; et Corn. a Lap., Apoc. XXII— In memoria appunto di questo miracolo, in certi luoghi si benedicono ancora dei pomi il giorno di santa Dorotea.] – Luce. Dio non è solamente eternità, ma è luce. Al modo stesso che il nostro corpo trasfigurato sarà luce, così il nostro spirito sarà luce e luce senz’ombra. Come i nostri occhi vedranno tutte le bellezze sensibili, per cui potranno essi senza fatica sostenere lo splendore abbagliante, così il nostro spirito in cui vivrà lo Spirito Santo con la pienezza di cui una creatura finita può esser capace, conoscerà tutte le bellezze spirituali, cioè dire tutta la verità, “omnem verìtatem”. Allora sarà completamente e eternamente soddisfatto uno dei più ardenti desideri dell’uomo. – L’instancabile investigatore della verità, che fa egli dalla culla sino alla tomba? Appena svegliato alla vita dell’intelligenza, ci domanda la verità di tutto ciò che lo circonda, come quando chiede il pane che lo nutrisce. Che cosa fa durante tutto il corso della sua esistenza, se non andare in cerca della verità: verità in religione, verità in politica, in istoria, in filosofia, in matematiche, in industria, in arte, in commercio, in agricoltura? Non lo vedete rinchiudersi per lunghi anni nelle faticose scuole, intraprendere lunghi viaggi, attraversare mari, salire in vetta delle più alte montagne, scendere fin dentro le viscere della terra, consumandosi in veglie prolungate che lo consumano avanti tempo? Perché cosa? Per conoscere qualche verità di più. Inconsolabile, se il successo non corona i suoi sforzi, egli è al colmo della felicità, se perviene a strappare alla natura uno solo dei suoi segreti, a decifrare un solo enimma della storia, a intravedere la più piccola bellezza del mondo spirituale. – E nonostante che cosa sono tutte queste verità tanto faticosamente cercate? Delle particelle, degli atomi, delle ombre, viste attraverso altre ombre. Ma il cielo sarà la vista della verità, e della verità completa, contemplata faccia a faccia e senza velo. Introdotti nel santuario dell’augusta Trinità, conosceremo Dio; il finito conoscerà l’infinito; ei si vedrà tale quale è. Videbimus eun sicut est Questo Dio sì grande, sì incomprensibile, del quale si è tanto parlato e che non abbiamo mai veduto, noi Lo conosceremo e vedremo: questo dice tutto. – In Lui noi conosceremo i consigli più intimi della eterna sapienza: la creazione del mondo, la caduta dell’angelo e dell’uomo, la redenzione dell’universo, tutte le rivoluzioni materiali e morali, che da seimila anni meravigliano la scienza e la sfidano. Nel gran giorno ci compariranno tutti i segreti della natura e delle anime diventate trasparenti; e questa conoscenza prodigiosa andrà sempre crescendo senza mai raggiungere il suo ultimo limite: De claritate in claritatem. Amore. Dio è amore, e il cielo è l’amore infinito, che agisce in tutta la libertà dei suoi movimenti. Immagine di Dio, l’uomo pure è amore. Se è vero che amare ed essere amato è il bisogno più imperioso del cuore dell’uomo, è vero altresì che amare ed essere amato, è il bisogno più imperioso del cuore di Dio. Se è vero che amare ed essere amato è la suprema felicità dell’uomo, è vero eziandio che amare ed essere amato è la suprema felicità di Dio. Se è vero che l’amore tende all’unione, che l’amore eterno tende all’unione eterna, l’amore infinito all’unione infinita; chi può dire l’intimità dell’unione di Dio e dell’uomo? Chi può sospettarne gli incanti e le ebbrezze? – Essi saranno tanto più grandi, quanto più saranno accompagnati dalla certezza di non li veder mai finire. – Oceano di vita, oceano di luce, oceano d’amore; ecco Dio. Ed è in questo triplice oceano che vivranno per sempre gli abitanti trasfigurati della Città del bene. – Noi conosciamo il termine finale al quale lo Spirito Santo conduce l’umanità, docile alla sua azione. Ci resta da considerare l’eterna dimora, dove lo spirito del male trascina i suoi adepti: questo è l’ultimo tratto del parallelismo tra l’opera divina e l’opera satanica. – Il cielo di Satana è l’inferno. Vita e vita eterna, luce e luce eterna, amore e amore eterno, felicità eterna: “Beati quelli che abitano la tua casa, essi ti loderanno nei secoli dei secoli”. [Ps. LXXXIII]. Morte e morte eterna, tenebre e tenebre eterne, odio e odio eterno, supplizi e supplizi eterni: “Saranno tormentati notte e giorno per tutti i secoli dei secoli”. Questo è il cielo di Satana. [Apoc. XX, 10] – Fra questi due soggiorni non vi è via di mezzo. Ad ogni ora l’umanità entra in uno, o nell’altro. Essa vi entra e non ne esce più. Come fare ad evitare l’inferno, e arrivare al cielo? Tale vita, tale morte. Vivere sotto l’impero dello Spirito Santo, a fine di morire nella sua grazia; morire nella grazia, a fine di regnare nella gloria: per l’uomo, tutto consiste in questo. Per tutte quante le società ogni cosa è qui. Benché esse non vadano in corpo nell’altro mondo, guai però alle nazioni che si sottraessero all’azione dello Spirito di giustizia e di verità. Esse fanno paura e compassione; e la loro storia vera non può scriversi che con lacrime, con sangue e con fango. Ma come vivere sotto l ‘impero dello Spirito Santo? Rendendogli il culto che solo può meritarci i suoi favori. Qual’è questo culto? I capitoli seguenti ce lo insegneranno.