LO SCUDO DELLA FEDE (216)

LO SCUDO DELLA FEDE (216)

MEDITAZIONI AI POPOLI (IV)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. e libr. Sales. 1883

MEDITAZIONE IV.

Il peccato

Noi siamo qui creati da Dio; tutto che abbiamo viene da Dio: adunque il sommo nostro dovere, la prima nostra giustizia è servire a Dio. Perciò commettere il peccato vuol dire non curar di Dio, negare la nostra sottomissione all’Eterno Creatore del tutto. Commettere il peccato, vuol dire, avere l’ardimento di usurpare le creature ordinate al servizio di Dio e con sacrilego insulto farle servire a scapricciare le nostre passioni a dispetto di Lui: vuol dire abusare dei doni della sua bontà e della vita istessa che Egli con amor ci conserva; e mentre come il più tenero dei padri, si piglia ogni più minuta cura di noi, noi voltargli le spalle colla più orribile ingratitudine, e venirgli a dire crudamente: Non serviam, io non mi curo di Voi: andate lungi da me, io vi ributto; non ho paura del vostro sdegno: e questa poca polvere, questa mia carne, anzi questa bruttura mi è più cara che non tutto il paradiso vostro, e Voi, Dio Stesso!…. Quale orribile tracotanza! Osare tal sacrilego sformato insulto contro alla divina Maestà tremenda, che, se solo soffia nel suo sdegno, manda l’universo in perdizione, e mentre ci tien sospesi qui affinché non cadiamo in inferno, noi avere l’audacia di batterci contro di Lui tra le sue braccia istesse; di mordergli la mano che ci sostiene; di gettare esecrati in seno alla Divinità santissima le ributtanti schifezze, le vituperate cose; insomma fare il peccato in braccio a Lui che lo aborrisce tanto, fino a mandare il suo Figlio a morir, per distruggerlo… Commettere il peccato vuol dire adunque commettere un male di tanto enorme malizia, quanto è grande Iddio in Se medesimo. Noi no, non diremo più in là: perché non possiamo spiegare quanto sia enorme male il peccato. Eh, bisognerebbe poter dimostrare quanto è grande Iddio!…. Via: facciamo di elevarci col pensiero alla sua grandezza. Considerate: mentre tutte le potenze della terra con tutti i loro sforzi non giungeranno mai a creare un sol granellino di polvere, Dio colla sua parola getta nel firmamento a mille a mille ì mondi come una manata di polvere. Così creò l’universo; E tal Maestà tremenda osiamo noi oltraggiar col peccato ?!… No no, non può bastar neppur l’inferno a dare condegna soddisfazione a Dio! Solo Dio stesso poteva cavarsi dal seno il Figliuol suo che si offrisse vittima per noi peccatori!….. Dio Crocifisso! Dio Crocifisso!… Ecco l’opera dei nostri peccati. O Maria Addolorata, tutta aspersa di Sangue sotto la croce del vostro Figlio Divino, voi là ben comprendeste che cosa sia peccato! E noi a calde lacrime vi confesseremo, che ci siamo traditi perdutamente, quando abbiamo commesso i peccati ma ora siamo così miserabili da non potere conoscere quanto spaventoso male abbiamo fatto! Madre benedetta, tirateci voi a guardare nel Cuore di Gesù qui in Sacramento, il quale così addentro squarciato, se ci fa intendere in qualche modo, che cosa sia peccato, ad un tempo però ci consola con dirci, che vi è ancora per tutti perdono per quel Sangue, che gronda ancor caldo sull’anima nostra in Confessione. Ora noi non potendo comprendere che cosa sia il peccato in se stesso, qui ai piedi di Maria, sotto Gesù lacerato in croce faremo di pesare la grandezza dei castighi del peccato, per fare conto quanto debba essere paurosa la sua malizia. Entriamo nella meditazione a pesare sulla bilancia della giustizia di Dio il peccato e i suoi castighi negli angeli ed in Adamo. Meditiamo primamente come fu castigato il peccato degli angeli, per piangere atterriti i peccati nostri in contrizione. Sa la vostra pietà come gli angioli peccarono contro Dio. – Tutto il genere umano sorge con noi per confermare il fatto della caduta degli angeli: mostrando esso in tutte le religioni (pur così svariate, pur così corrotte) che tutte le nazioni del mondo di tutti i tempi confessarono sempre esservi degli spiriti che diventarono malvagi, perché si ribellarono contro la Divinità. Tanto che, se si togliesse via da tutte le mitologie delle false religioni tutto ciò che hanno d’irragionevole, tutto ciò che hanno d’immorale, si troverebbe in fondo di tutte le credenze dell’universo questa verità del racconto della parola di Dio che rivela il mistero: peccarono gli angeli! La ragione annientata davanti al vero Dio non ha nulla da contrapporre. Poiché insomma nella caduta degli angeli si vede la creatura fornita d’intelligenza e di libera volontà la quale abusò dei doni. di Dio e non lo volle servire, non serviam, per innalzare se stessa. È verità, che una immensa moltitudine di angeli peccò! e che dopo il loro peccato, Dio si trovò in un nuovo rapporto con quelle creature. Egli le amava com’erano uscite dal suo amore; ma ora questi spiriti non erano più i figliuoli che volessero ricambiare d’amore Lui sempre, ì quali Egli voleva sempre seco beati. Si sono ribellati, e diventati nemici che lo vogliono combattere ostinatamente, commettendo il male davanti alla sua essenziale bontà. Ora la bontà di Dio deve difendersi contro del male che l’attacca. Così la bontà di Dio che si difende piglia la forma di un altro tremendo attributo, diventa giustizia: e bontà e giustizia di Dio si difendono dal male con castigare il peccato. – Qui, intanto, prima di pesare il peccato, vi prego, o carissimi, di fermarvi in cuore queste due verità, che avremo da ripetere all’uopo nel corso di questa meditazione. La prima è che Dio è infinitamente giusto, e perché è giusto non castiga mai il peccato più di quello che si merita. La seconda, che Dio è infinitamente buono, e per la sua bontà castiga il peccato sempre meno di quanto si merita. Ora lucifero, uno dei più belli angioli, in cui Dio sfoggiò nella ricchezza. dei suoi doni, lucifero principe della luce, rizza il capo nel regno dei cieli in orgoglio contro all’Altissimo, e dice: chi è questo Dio?…. Io nol servirò!… Con lui corrono a ribellarsi molti altri angeli: perché all’orgoglio non manca mai la bordaglia dei vili che si danno seguaci. Allora Dio guarda lucifero e gli angioli peccatori che gli stanno dinanzi in rivolta…. Li ha da castigare terribile nella sua giustizia, cui tempera la sua bontà; e Dio fulmina gli angeli colla tremenda parola « Siate castigati! » Ah! lucifero e gli angeli peccatori precipitano riversati dal cielo: più che folgore rapidi piomban fulminati in inferno!… Sono là i maledetti, diventati spaventosi demoni; e saran demoni, orrore di tutto il creato, e per tutta l’eternità!.. Deh deh! venite col pensiero sopra quest’orrido baratro di disperazione; e da quest’abisso misurate, se lo potete, la distanza che allontana il cielo dall’inferno; e pensate che, quanto è smisuratamente grande questo abisso di distanza, altrettanto è spaventosamente grande la malizia del peccato. Di qui colla mente dall’abisso dell’inferno solleviamoci a contemplare quegli angioli, quando essi erano in quello splendore di gloria, in cui potevano essere felici sempre in paradiso: e quindi guardiamoli giù, ora che sono. demoni, mostri orrendi in quella disperazione senza fine! Fermiamoci sopra l’inferno spalancato sotto dei nostri piedi, ed entriamo in giudizio colla nostra coscienza. Fu un solo peccato dagli angioli commesso, e col solo pensiero, quando non era ancor morto il Figliuolo di Dio per far comprendere quanto gran male fosse il peccato; e quegli spiriti sublimi, nella cui bellezza si specchiava Iddio stesso in cielo, diventarono orridi demoni, nell’inferno disperati per sempre… Noi pecchiamo tante volte, pecchiamo di pensiero, pecchiamo di parole, pecchiamo di opere, in ogni maniera commettiamo di esecrati peccati..; e noi la duriamo ancor per tanto tempo con tanti peccati a provocare l’ira di Dio… Deh deh! come potremo reggere dinanzi al furore di Dio!… Ahi che ci pare che già ci fulmini qui…. Ahi che c’ingoia l’inferno!… Dove fuggiamo?… la terra, i cieli, l’abisso sono nella sua mano: Egli conserva tutto colla sua parola: Egli può mandare i mondi in rovina sol che si sdegni..; Ahi ahi! Se ci vede ancor peccatori siamo dannati… Ripariamoci pentiti sotto il Crocifisso: attacchiamoci a Lui, affinché non ci divori quel baratro di disperazione eterna. – Or sì ben intendiamo il grande terrore dei Santi. Quando leggiamo, che certe anime di molta santità sovente esclamavano di non sapere come ad ogni momento non li colpisse ancora la giustizia di Dio! come mai la terra li sostenesse tuttora! come non si spalancasse, per ingoiarli, l’inferno! quando troviamo che non si potevano “dar pace più, al pensiero d’aver potuto forse anche con un solo peccato offendere Dio, noi consideriamo queste espressioni, come iperboli esaltate della fervente loro pietà. Pare a noi che dicessero con se stessi queste ed altre quasi sante menzogne, ma che non dovessero poi sentire in coscienza di meritarsi tanto castigo…. Ah, miei fratelli, che i Santi ben si addentravano in questa grande meditazione che spaventa l’anima: che, cioè è verità di Dio avere un solo peccato fatto gli angeli diventare demoni…. Grande Iddio, la Maestà vostra tremenda, e il pensiero di aver potuto peccare contro di Voi, li inabissava in tanto terrore! E noi?… Noi dobbiamo fare uno sforzo per eccitarci a qualche dolore, dopo di aver commessi tanti peccati!! Oimé, oimé! in così tetro accecamento siam noi caduti, che l’inferno spalancato, gli angioli per un peccato dannati, lo sdegno di Dio offeso non ci spaventano per niente! laddove per l’enormità dell’offesa di Dio un peccato solo ci dovrebbe spezzare il cuore per contrizione. – Intanto il primo frutto, che dobbiamo raccogliere da questa meditazione, si è l’umiltà, la quale ci deve rendere rassegnati a ricevere tutte le tribolazioni in questa povera vita, come tante grazie fatteci dalla misericordia di Dio, per risparmiarci i tremendi castighi della sua giustizia. Dobbiamo ricordare, anzi ripetere sovente alla nostra coscienza questa tremenda verità: per un solo peccato gli angioli meritarono di essere precipitati in inferno: or io troppo più di loro ho peccato le tante volte; non ho dunque ragione di lamentarmi di qualunque male m’incolga: i mali sono tanti colpi di che la giustizia di Dio castiga me peccatore, ma i suoi castighi in questa vita mia sono altrettante misericordie. Iustus es, Domine, et rectum iudicium tuum… Virga tua et baculus tuus, ipsa me consolata sunt. Adunque, se sono calunniato e maltrattato dagliuomini, dirò all’anima mia: è un po’ di giustiziache le creature, senza saperlo, fanno contro di meprotervo nemico di Dio. Se sarò caduto in povertà,se verrò buttato a languire sul letto dei dolori intante malattie, se mi colpiranno disgrazie d’ognimaniera… buon Dio! tutto è sempre per la vostra grande misericordia; che invece di avermi sprofondato nell’inferno, mi fate soffrire un tal poco di tribolazioni in questo così breve momento di vita: misericordia Domini quod non sumus consumpti !….È una grande misericordia di Dio, se non siam oradivorati dal fuoco eterno…. perocché, se Dio avesse fatto con noi a rigor di giustizia fino dalla prima colpa commessa, da tanti anni noi dovremmo esser dannati per sempre in inferno. Virga tua et baculus tuus, ipsa me consolata sunt. Quindi noi dobbiamo concepire un santo sdegno contro quest’uomo peccatore che siamo noi, e smontar giù da tante pretensioni, trangugiando nel silenzio dell’umiltà disprezzi e sofferenze, dispiaceri d’ogni fatta, ricordando che siam poveri sciagurati, meritevoli del fuoco eterno. Quando poi la nostra carne, questa nemica dell’anima che ci fece offendere Dio, intollerante di patimenti si lamentasse per poco di aver a soffrire, noi la porteremo col pensiero sopra l’inferno, e: guarda, le diremo, li dentro, in quell’orrendo fuoco dovrebbe essere la tua abitazione coi demoni in quegli spasimi tremendi per sempre…. Tizzone d’inferno! E ti lamenti di questi pochi mali di così breve momento? …. Ah gettiamoci piuttosto a baciar inteneriti nel cuore Gesù, il quale, mettendo i nostri patimenti insieme coi suoi, soddisfa per noi; e così ci porta via di bocca all’ inferno, e ancor ci vuole beati in paradiso. – Meditiamo nel secondo punto come fu castigato il peccato d’Adamo. Iddio creò Adamo padre di tutti gli uomini, e lo pose nel paradiso terrestre. Là, elevato come in trono, sovrano di tutte le creature della terra, viveva sotto un padiglione d’immensa luce di cielo; ai suoi piedi stendevasi un velluto d’erbe smaltato di fiori, davanti a lui le piante chinavano i rami ad offerirgli ogni maniera di frutta, e gli animali intorno ad aspettare i suoi cenni. Tutti i beni ch’ei gustava, come tanti assaggi, lo dovevano invogliare del Sommo Bene..; e… il cuore irrequieto lo slanciava a trovarlo in seno al Creatore. Affinché poi questa creatura, questo figliuolo anzi dell’amore di Dio non trasmodasse in perdizione, ma sì contenesse sottomesso al suo dominio e si lasciasse da Lui guidare, il quale lo avrebbe fatto beato, Dio gli fece comando, che non toccasse il frutto dell’albero della scienza del bene e del male; perché altrimenti si attirerebbe addosso, con tutti i mali, la morte. Adamo negò obbedienza, mangiò il frutto. Ecco il primo peccato. – Così Adamo peccò d’orgoglio rifiutando di assoggettarsi al comando di Dio. Ma, come peccò Adamo, pecchiamo noi disobbedendo alla legge di Dio. Adamo peccò d’amor proprio volendo mangiar del frutto per farsi eguale a Dio. Or, come peccò Adamo pecchiamo noi, quando invece di valersi delle cose create per servir Dio secondo la sua volontà ci serviamo, delle cose date a noi dalla. sua bontà, per accontentare noi a dispetto di Dio. Adamo peccò di sensualità, volendo mangiar del frutto per accontentare la gola. Pur troppo come peccò Adamo si pecca da noi per accontentare la carne! Ora come vediamo pesare il peccato d’Adamo, pensiamo da Dio si pesi ad uno ad uno ogni nostro peccato. – Ora ecco Adamo, ecco l’uomo che si ribella a Dio come nemico; e per la sua giustizia lo debbe fulminar di castigo; ma egli si ricorda della sua bontà. Ah, figliuoli! che qui batte troppo vivamente il cuore, erribil sicché mi è d’uopo interrompere per ricordarvi intenerito, che fin d’allora il Figliuol di Dio Salvator nostro benedetto diceva al Padre: pagherò io per quest’infelici! Così Dio nell’atto di castigare il peccato, guardando la bontà del Figliuol suo, pigliò la bilancia della sua giustizia: mise da una parte il peccato d’Adamo, come mette ciascun nostro peccato; e per contrabilanciare la colpa col meritato castigo, gettò sull’altra parte tutti i mali che prevedeva nel mondo: pesò…..; pesava di più il peccato. Deh pensate, verità di fede! che non vi sarebbero mali nel mondo se mai non vi fosse stato peccato. No, no vi sarebbero dispiaceri, non dolori, non lacrime di patimenti, non disperazioni, se mai non vi fosse stato il peccato. Dunque pel peccato vennero nel mondo tutti i mali. Tutti i mali? Che terribile parola, che spalanca innanzi alla mente il mare immenso di tutte le sciagure umane! Fermate il pensiero sulla serie delle sole malattie del corpo. Se vi si schierassero sotto degli occhi qui tutti i poveri infermi, che languiscono solamente in quest’oggi in tutti gli ospedali del mondo, (mio Dio!), quante luride piaghe! quanti tormini di convulsioni spaventose! quante membra consumate dall’etisie! quanti indescrivibili malori, tutti ributtanti che maciullano questa povera carne umana! Rifugge atterrito il pensiero… Immaginatevi poi tutti gli ammalati di tutto il mondo, di tutti i secoli. Che mar di dolori, troppo più grande del mar che abbraccia la terra! A questi mali solo dei corpi senza misura aggiungete tutti i mali dell’anime, i quali travalicano ogni misura immaginabile. Or Dio gettò questo smisurato ammasso di mali sulla terribil bilancia, gettò di riscontro il peccato: pesò…; pesava di più il peccato! Allora Dio gettò sulla bilancia la morte. Poiché non vi sarebbe stata la morte nel mondo, ove il peccato non l’avesse introdotta. Ma or via, mi dite: vi siete mai voi, o fratelli, fermati a considerare il terribile male che è la morte; e quanti spaventosi dolori cagiona agli uomini la morte? Pensate un istante: proprio in quest’oggi chi sa a quanti infelici quanti dolori fa provare la morte! Entriamo in quella povera casa percossa dalla disgraziata morte della madre di famiglia, che è la appena spirata. Quante angosce sotto quel tetto! In un angolo della camera il padre infelice colla testa sulle ginocchia, colle mani nei capelli!… cupo in silenzio!… poi si batte la fronte!… poi rompe nel gemito: Ma la compagna della mia vita è morta!…. morta la madre dei miei figliuoli!… Ma io non posso senza di lei;… e i miei poveri figli…. No!… qualunque altra disgrazia!… — Poi egli guarda come fulminato sul letto:… la madre è morta….. Ahi quali strida !…. sono esse di dolore… troppo acuto!… Ah è la figlia maggiore che corre dentro convulsa colle mani nelle trecce, e si getta colla testa contro del letto, e: Oh mamma, oh la mia mamma…. non l’avrò più!… No, mamma! che non dovete morire!… Qui’sempre con me voi.. ; non vi porteran via dalle braccia mie: no mai…, Alza la testa, la guarda esterrefatta… La mamma è morta…. Entra piangendo forte il fanciulletto: corre al solito dalla sorella; ma la buona ora lo respinge; ed egli alle ginocchia del padre; ma il padre lo ributta via, e: Va, disgraziato!… è per te questo colpo! … povero figliuol mio, senza la madre!… — Il figlio si volge alla mamma…, e si stringe al braccio di lei che pende dal letto… Ahi! ché è il braccio stecchito di un freddo cadavere! Si alza in punta di piedi, e guata sul letto… La madre è morta!… Si getta per terra arrotolandosi come in convulsione; urla… In quegli strazianti dolori anche il bimbo abbandonato si arrampica dalla culla a cercar il seno alla madre; ma quel seno è gelato, e quel cuore non palpita più!… La guarda in volto; ma quel volto color di cenere è sformato…; ma quella bocca fumante!.. quell’occhio di vetro annebbiato di morte!… Stride il povero bimbo…… Ha ragione: ha ragione!…… La sua mamma è morta. Oh la morte!…. La più orrida cagion di mali per questa povera famiglia umana… Oh morte, sempre terribile in tutte le forme, con cui ti presenti!… – Signori! noi vedemmo la morte forse nel più orrendo de’ suoi trionfi. Al tempo della guerra, per assistere i porveri nostri figliuoli scannati, ci gettammo sul campo della battaglia in quell’aria fosca di fumo, nei bagliori d’incendi dei diroccati edifizi. Oh Dio, quante urla! Voci alte e fioche e strida strazianti! Erano trentamila tra i morti ed i feriti morenti…. un orrore d’inferno! Qui subito un soldato sbattuto colla persona contro d’un sasso, portatagli via da un colpo la mascella di sotto, teneva la lingua penzoloni sovra del petto..: guizzava uno sguardo..; voleva dirci: deh aiutatemi a ben morire!… — Un altro rotto del capo…, colla faccia tutta di sangue, colla mano attrappata tentava in tremore stringerci la mano per…. Ahi moriva! Di li appresso un capitano, colla vita ad un albero spezzato, sentendo la nostra parola di pietà, manda un sospiro: Oh un sacerdote qui?…. — Sì, mio buon signore, per aiutarvi!… » – « O Padre, una consolazione anche per me!…. Guardatemi: ditemi, vedrò ancora i miei figliuolini?… » Poverino! una palla gli aveva portato via un occhio, e l’altro gli pendeva fuor sulla guancia. Qui, là, membra tronche colle schegge delle ossa infrante: larghi squarci nei petti; e tanti pensiero!….e tanti tenersi le viscere che si riversavan per terra: e troppi ammucchiati in pozze di sangue, stesi morti Ora ecco: li colle pugna serrate nello spasimo dei dolori… cogli occhi sbarrati e come di vetro sanguigno… colle tracce d’orrende morti ancor sulle facce annerite…. Noi piangevamo come madre sui poveri figli strozzati così, quando un buon ufficiale col pallore della morte… a noi « Oh Padre… avete ragione di piangere!… guardate là: per prendere quella posizione attaccaronla sei mila soldati, e tornarono soli cinquecento; cinquemila e cinquecento li mitragliati dai cannoni, trafitti nelle cariche alla baionetta, calpestati dai cavalli: orribile sfracellamento!… » Ah quanti orrori! oh morte!… Uomini d’orgoglio, ecco dove va a finire il carro della vostra tracotanza… alla morte!… alla morte!… A terra tutti sotto i passi della morte, che ci butta schiacciati appiè del trono della giustizia di Dio!… Ahi dalla terra tutta mischiata di tanti milioni di morti balena un lampo di luce di sangue, e tuona tremenda la voce: stipendium peccati mors: la morte è la paga del peccato. Questo tuono lascia voi per orrore nel silenzio, e me nel fremito del terrore!… Eppure Dio gettò con tutti i mali la morte sulla terribile bilancia: pesò;… pesava di più il peccato. Allora Dio nella tremenda sua giustizia gettò sulla bilancia finalmente l’inferno. Poiché non vi sarebbe l’inferno per gli uomini se non avessero mai peccato. – L’inferno?!… E chi può ponderare l’inferno? Chi può durarla in fissarsi in quel mare di disperati dolori?… Guardate nell’inferno quei reprobi che si arrovellano con furor di demoni in quei vortici di fiamme, che si sprofondano in quella fornace immensa di fuoco, cercano la morte, e trovano sempre la disperazione in rabbia eterna; ed ahi sotto i colpi del pendolo dell’eternità che batte coll’immutabile « sempre!… non mai!.. sempre nel fuoco: non fine, non mai…. sempre… fine non mai!… » Ahi ahi il fuoco dell’eternità ci abbrucia fino il pensiero!…. Col cuore annientato rifuggiamo dall’inferno!… – Ora ecco: Dio gettò tutti i mali del mondo, gettò le morti tutte, gettò l’inferno stesso sulla terribile bilancia e di riscontro il peccato: pesò;… pesava di più il peccato!… Poiché i mali degli uomini e fino tutti i mali dell’inferno, osserva S. Agostino, non sono che mali contro le creature; ma il peccato è male che offende il Creatore. Ma dunque il peccato prevalerà contro Dio? Ma dunque sopra il bene ha da vincere il male? E la giustizia eterna non avrà soddisfazione? E che ci voleva a soddisfare pel peccato? – Miei fratelli, guardiamo il Crocifisso, e comprendiamo. Ci voleva che Dio, per non mancare alla sua giustizia, sì cavasse dal seno della sua misericordia, come vittima condegna, il Figliuolo del suo eterno amore. Il Figliuol suo venne sulla terra, si fece uomo come noi per fare causa con noi comune; si mise dentro della nostra famiglia, stette in mezzo di noi dalla nostra parte, e volle dare Egli tale soddisfazione nel fior della vita, offerendosi per noi pagatore fino colla propria vita. Contempliamolo là nell’orto del Getsemani. Si getta in ginocchio davanti al Padre suo celeste; e, se si può dire colla misera parola umana: ciò, che diceva colla sua divina: Padre, par che esclami, sciagurati gli uomini vi offendono troppo indegnamente, e non potendo dare soddisfazione alla vostra giustizia, essi vanno tutti perduti! Ma eccomi, mi sono fatto uomo anch’io con loro, e soddisferò io per questi che mi ho fatto fratelli di mio sangue. — Così si piglia sul Cuore i peccati di tutti; vede la grandezza della Divinità in se stesso, e l’enormità dell’offesa di Dio: ne sente tutto il tremendo peso: il cuore umano nella sua Persona divina non può reggere più, gli viene meno la vita!… cade per terra!… in quella pressura di spasimo agonizza in sudore di morte! Ahi suda sangue! e in tanta copia che il sangue scorre fino per terra! Eccovi Gesù tutto bagnato di Sangue, boccheggiante in agonia che nell’anelito mette un gemito « Oh il peccato!… » e giù una pioggia di Sangue! « Che gran male è il peccato!…. » e piove Sangue ancora! Buon Gesù, Salvator nostro Dio, al dolore del vostro Cuore per li peccati unite il dolore nostro, piovete sul nostro arido cuore le calde gocce del Sangue vostro. E noi diciamo col pianto: Signore, mi pento e mi dolgo col vostro dolore solo degno di Dio: Vi abbiamo tanto offeso!… — Corriamo sotto la Croce a confessarci. Ma egli si dà in mano ai Giudei, che gl’irrompono addosso, lo tempestano di battiture, lo strascinano sul Calvario al patibolo. Lo han già gettato per terra!… Sentite? Sono colpi di martello!….. L’inchiodano sopra una trave, e lo levano alto in croce. Gesù con quel fascio di spine conficcato nel capo, colle mani, coi piedi inchiodati pende di croce, e non ne potendo più, mette l’altissimo grido; consummatum est. »: Gli uomini consumarono adunque il male del peccato! e Dio consumò il sacrificio della sua bontà!! Questo grido si fa sentire fino nel più alto dei cieli; e il terribile Angelo, che di là veglia alla difesa dell’onore di Dio, scosso a quel grido, abbassa lo sguardo sul Calvario, vede Gesù che spira per lo peccato: rompe la spada della vendetta di Dio, e bagnando il dito tremendo nel Sangue di Gesù, scrive sul terribile libro del giudizio divino: gli uomini otterranno perdono, perché soddisfece per loro il Figliuolo di Dio; — Ora l’eterna giustizia che aveva gettato sulla bilancia tutti i mali, tutte le morti e l’inferno, e che vedeva pesare sempre più il peccato, pone Gesù morto crocifisso. Pesa..; pesa di più il Crocifisso! Una sola goccia del Sangue di Dio pesa più che tutto l’universo: Gesù versa tutto il Sangue: la bilancia trabocca, balza via il peso del peccato… e davanti agli occhi di Dio resta sulla bilancia solo Gesù sacrificato il quale chiama col suo Sangue, col suo Cuore squarciato misericordia pei peccatori. Deh! corriamo sotto a Gesù Crocifisso: qui vi è perdono per tutti. Sì, spero, saremo già perdonati; ma è però verità che atterrisce al pensarvi, che noi peccando abbiamo commesso così gran male, sicché per riparare il peccato Egli ha voluto morire in croce il Figliuolo di Dio. Ora se noi vedremo la croce sulle nostre chiese, la croce sugli altari, la croce appesa al letto, dappertutto la croce, quella croce, diremo tremando, ricorda Gesù morto in croce pei miei peccati! Faremo come san Francesco d’Assisi. Sentite il fatto. Un di passava il Santo per un sentiero in una foresta, in cui i boscaioli atterravano alcuni alberi. Tra l’erba vide una pianta squadrata a modo di trave. San Francesco all’improvviso resta cogli occhi fissi sopra la trave, diventa pallido, pallido.., trema tutto della persona.., gli manca il cuore, cade svenuto sopra un sasso… mette un gemito di ansioso dolore come si sentisse morire… « Oimé!…. Oimé!… » Accorrono i boscaioli: « O Padre Francesco, che è mai? Vi ha morso una vipera?…. o qualche fiera vi ha addentato? Dove è la vipera? » e la cercavano colle mani nell’erba. « Ma dite, dite, padre: da qual parte fuggi la fiera? » E la cercavano colla secure tra i buscioni. E Francesco col pallor della morte, la bocca aperta, gli occhi sbarrati, le braccia colle mani larghe in fremito di convulsione a rispondere: oimé!… o figliuoli! altro che vipera!.. altro che bestia feroce!.. ho veduto una trave che mi ricorda, che il Figliuol di Dio è morto inchiodato sopra una trave pei miei peccati….. Oimé! oimè che mi si spezza il cuore;… — Fratelli, mandiamo le nostre grida sotto il Crocifisso: poveri noi! tristi a noi! che, commettendo i peccati, abbiam fatto così gran male, che per pagare il peccato volle morir trafitto in croce il Figliuol di Dio!… Non ci resta che piangere i nostri peccati con un atto di viva contrizione ai piedi del Crocifisso. Ora ci metteremo qui ad imparare insieme a far l’atto di contrizione. – Un venerando Vescovo, Monsignor De-la-Motte, diceva che, quando era per disporsi all’atto di contrizione per confessarsi, faceva tre stazioni: si fermava cioè col pensiero in tre luoghi. Si metteva in prima col pensiero come sollevato tra il cielo e l’inferno: poi si figurava di esser sopra tutti i cadaveri del mondo orribilmente ammucchiati, finalmente tutto atterrito si immaginava di essere sul Calvario appiedi di Gesù morente. Impariamo a farlo anche noi. Quando ci prepariamo alla Confessione facciamo la prima stazione. Alla presenza di Dio, fermi qui in terra, ritti verso del cielo, spingiamo lo sguardo fino in paradiso… Oh che oceano di luce! che splendore di gloria! che interminabile gaudio di Dio… O paradiso… o paradiso! Ma che? ci pare di vedere tra quei seggi di eterna gloria che alcuni troni sono abbandonati. Gli spiriti che vi risiedevano, dove sono presentemente? Abbassiamo lo sguardo nell’inferno spalancato di sotto. Sono là, diventati orrendi demoni, in eterna disperazione!… Chi precipitò dal cielo quegli angioli? chi li piombò nell’inferno? Il peccato!… Oh Dio… oh paradiso tutto perduto pel peccato… oh inferno meritato pel peccato!… Ed io ho da volere ancora il peccato? Bisogna che io abbia perduto la fede!… – Per fare la seconda stazione immaginiamoci di esser li fermati coi piedi sopra il coperchio di una sepoltura, o sopra i cadaveri di un cimitero. Eh via, basta fermarci sopra questa povera terra, sulla quale, se battiamo il piede, ci par di sentire risponderci il fremito di milioni e milioni di morti, i cui scheletri sono lì in frantumi, la cui polvere è frammischiata a tutto il terriccio, e le cui carni infracidiscono in quel fango. Immaginiamoci di tener i piedi sopra la sterminata montagna di tutti i morti del mondo: penetriamo col pensiero tra tutti i corpi dei morti. Ve’ li quante floride membra di gioventù imputridite, e quei biondi capelli avviluppati con quelle ossa in marciume annerite, e… Deh chi fece morir tutto quel mondo d’innumerabili genti? Fu il peccato!… E le anime loro… dovrebbero essere in quel gaudio d’eterna gloria in paradiso; eppure chi sa quante sono dannate in inferno!… Chi fece perdere a loro il paradiso? Chi le sprofondò nell’inferno?.. Il peccato… Ed io vorrò ancora commettere il peccato? Bisogna che io operi da pazzo furioso, per gettarmi a perdermi orribilmente così… Mio Dio, mio Dio, mi consumi qui subito il vostro amore, prima che io commetta ancora il peccato! – Ora dove faremo noi la terza stazione? Voi mi prevenite al Calvario, al Calvario coi cuori trepidanti sotto la croce… Ahi! si fa scuro il sole, e nel negro cielo le stelle pallide tremolano di smorta luce come fiaccole del funerale di Dio. Trema la terra: ci scoppia il monte sotto dei piedi; fremono i morti in gola ai sepolcri; e fino i giudei si battono in terrore il petto. Oh ascoltiamo il grido di Gesù, il quale mette uno strido: Eloîm Eloim lama sabactani: Oh mio Dio, oh mio Dio mi avete adunque abbandonato solamente, perché ho la forma degli uomini che sono peccatori! Mette ancora un più alto grido: consummatum est! il peccato fu consumato; è consumato il sacrificio di Dio per salvare l’uom peccatore! Rispondiamogli colle grida del nostro dolore, quasi si spezzi il cuore in contrizione: Gran Dio della eterna giustizia, Signore della misericordia e del perdono, Gesù Salvatore benedetto, cavate le lacrime da questo cuore di sasso! Ora comprendo alquanto che cosa sia il peccato: vi ho fatto così grande offesa, che per soddisfare a’ miei peccati non bastano tutti i mali, non basta la morte, non basta anche l’inferno: ci voleva, o buon Gesù, il vostro Sangue. Deh! vi supplico, vi scongiuro pel vostro Cuore santissimo per noi squarciato! Toglietemi questa vita piuttosto che io. pecchi ancora, e dal Cuor istesso mandatemi il Sangue, che scancelli il peccato, cui io non posso tollerare più; struggete ogni avanzo che mi lasciò. il peccato. – Con questo atto di contrizione vi do in mano la chiave del paradiso. Se voi vi confessate con questa contrizione in cuore, è di fede; otterrete per Gesù subito il perdono. Se morite senza potervi confessare con questa contrizione in cuore, vi salvate. Ripetetelo adunque tutte le sere sovente in vita sicché l’abbiate in pronto in caso di morte.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.