VITA E VIRTÙ CRISTIANE (Olier) 1

VITA E VIRTÙ CRISTIANE (1)

GIOVANNI G. OLIER

Mediolani 27-11 – 1935, Nihil obstat quominus imprimetur. Can. F. LONGONI

IMPRIMATUR In Curia Arch.Mediolani die 27 – II – 1935 F. MOZZANICA V. G.

INTRODUZIONE

Questo libro del servo di Dio Giovanni Olier non è che la spiegazione ossia l’applicazione alle virtù cristiane in particolare della sublime dottrina di san Paolo su la vita di Gesù Cristo in noi. – Ricordiamo le parole dell’Apostolo: Cristo è ogni cosa in tutti (Col. IV, 11)… Un solo Signore, Gesù Cristo, per cui tutte le cose, e noi per mezzo di Lui (I Cor.  . 6)… Coloro che Dio ha prescelti, li ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Padre suo (Rom. VIII, 29). Che se uno non ha lo spirito di Gesù Cristo, questo non è di Lui (Rom. VIII, 9)… Figliolini miei, che porto nel mio seno sino a tanto che sia formato in ‘voi Cristo (Gal. IV, 19 )… Vivo non già io, ma è Cristo che vive in me (Gal. II, 26)… Il mio vivere è (Cristo Mihi vivere Christus est – Fil. I, 21). Questa dottrina di san Paolo è la conseguenza e la spiegazione di quella parola dell’Eterno Padre nella Trasfigurazione di Gesù Cristo: Ecco il mio Figlio prediletto nel quale ho posto le mie compiacenze, ascoltatelo (Ipsum audite Luc. IX, 35). – Il Verbo incarnato è il centro di tutto, il centro quindi di tutta la religione e di ogni virtù. L’essenza della vita cristiana è la conformità con Gesù Cristo; nulla può piacere al Padre, se non Gesù Cristo; la nostra vita non può essergli gradita se non in quanto riproduce quella di Gesù Cristo. Gesù Cristo, quindi, è il grande ed unico modello che dobbiamo imitare; ma è pure il principio della nostra vita spirituale. La vita cristiana è la continuazione, ossia l’effluvio in noi della vita di Gesù; è Gesù che vive in noi e con la sua azione ci comunica la sua virtù, Gesù continuato in noi. – Cosi, ci dice G. Olier, la religione è Gesù che in noi continua a rendere al Padre la dovuta adorazione; l’umiltà è Gesù che in noi sazia la sua sete di umiliazioni; Gesù è il «Penitente pubblico e universale» che continua a far penitenza nella Chiesa; la pazienza è Gesù che ancora soffre nelle membra del suo corpo mistico per adempiere, secondo la parola di S. Paolo, ciò che manca al compimento della sua passione. – Fedele allo spirito del Card. de Bérulle, suo grande maestro, Giov. Olier ci conduce sin nella profondità della SS. Trinità, a cercare il modello della nostra vita; così, dobbiamo praticare la mortificazione per imitare la santità di Dio; la castità è partecipazione della natura di Dio; la carità verso il prossimo trova il suo tipo nella vita intima delle divine Persone. Per altro, questa via ci venne segnata dal divino Maestro, quando ci diceva che dobbiamo essere perfetti come il nostro Padre de’ cieli (Matt. V, 48), e che dobbiamo amare il nostro prossimo come Egli medesimo è amato dal Padre e ama noi.

Giov. Olier în poche linee sovente esprime concetti di grande sostanza; questo libro perciò va letto e meditato con serietà. Il celebre sulpiziano Emery lo portava sempre con sé e ne faceva assidua lettura; il compianto Tanquerey nel suo Manuale di teologia ascetica, quando tratta delle virtù cristiane, lo cita ad ogni passo. – Il servo di Dio scrisse quest’opera, insieme con parecchie altre, durante l’ultima sua malattia, dietro insistenti preghiere di molte persone; anche nella sua infermità, non trascurava di lavorare in tal modo al bene, delle anime. – La prima edizione dell’Introduzione alla vita e alle virtù cristiane, tale era il titolo, comparve subito dopo la morte del servo di Dio avvenuta nel 1657. Le opere scritte da Giov. Olier piuttosto che della sua riflessione e dei suoi studi, furono il frutto delle illuminazioni che da Dio riceveva in abbondanza nella orazione.

Egli scriveva di solito dopo questo santo esercizio, in ginocchio e con una facilità e rapidità straordinaria. « I suoi scritti. diceva il Vescovo di Puy nell’approvazione della prima edizione di quest’opera, sono pieni di quell’abbondante unzione di grazie, «che si trova in parecchi libri che sono come sorgenti della vita divina, quali il Combattimento spirituale, l’Imitazione, la Filotea e gli altri scritti del gran servo di Dio Francesco di Sales. Egli imprime fortemente nei cuori il disprezzo delle massime del secolo, la stima della fede, la dignità dei nostri misteri, l’amore della religione, specialmente in questo libro dell’Introduzione alla vita cristiana, che abbiamo letto con ammirazione ».

CAPITOLO I.

Della virtù di Religione in Gesù Cristo

Cristo è venuto sopra la terra per procurare all’Eterno Padre la dovuta adorazione. — Egli diffonde nei fedeli il proprio spirito di religione. — Tutto è nulla: a Dio solo l’adorazione. Gesù Cristo estende la sua religione alle anime nostre, si diffonde in noi e ci rende partecipi del suo stato di ostia, per fare di ciascuno di noi un vero adoratore del Padre. — Così ei rende partecipi anche della gloria della sua risurrezione.

Gesù Cristo, Nostro Signore, è venuto in questo mondo per apportare sulla terra il rispetto, l’amore e la religione verso il Padre suo, per stabilirvi il regno e la gloria del Padre. Questa gloria divina fu, nel corso della sua vita, l’unico oggetto delle sue domande al Padre; è questa l’opera che Egli proseguiva nei trentatré anni che visse su la terra. Il suo incessante desiderio era di effondere il suo proprio spirito di religione nella mente e nel cuore di quei fedeli che Egli prevedeva destinati a ricevere tale effusione, perché potesse onorare il Padre in essi come lo onorava in sé medesimo. – Gesù Cristo domandava e meritava per gli uomini questa grazia, durante la sua vita mortale, e principalmente nella sua morte su la Croce; in questa, mentre implorava per noi la grazia di poter dar gloria al Padre, Egli manifestava pure quanto fosse grande il rispetto e l’amore che portava al Padre suo; perché la riverenza e l’amore sono i due elementi che costituiscono la religione. Gesù Cristo vedeva il Padre suo infinitamente puro e infinitamente santo; non trovava nulla che meritasse di vivere e di sussistere davanti a Lui: ed Egli appunto subì la morte per attestare e manifestare questa verità. Gesù moriva su la Croce tanto per amore quanto per riverenza verso il Padre; si sottoponeva alla morte, l’accettava volentieri e con gioia, perché in essa vedeva il beneplacito e la soddisfazione del Padre suo; vedendo che il Padre non riceveva la dovuta riparazione per i peccati che si commettevano contro la sua Maestà, Egli moriva onde dargli ogni compiacimento ed offrirgli una completa e perfetta soddisfazione. In tal modo, noi Cristiani, che facciamo professione di essere partecipi del medesimo spirito di religione di Gesù Cristo e quindi del suo rispetto e del suo amore verso il Padre, dall’esempio di Lui dobbiamo imparare a non risparmiar nulla per manifestare, con Lui, veri sentimenti di religione, e a giungere per questo sino al sacrificio secondo le occasioni, perché il sacrificio effettivo è più sicuro di una semplice disposizione dell’anima, che. Sovente è ingannevole. – Nostro Signore, anche dopo la sua morte, ha continuato, con tutte le industrie del suo amore, ad infondere negli uomini questo spirito di religione verso il Padre; ha dato loro perciò il suo medesimo spirito, che è lo spirito di Dio vivente in Lui, onde stabilire in essi i sentimenti medesimi dell’anima sua, affinché, dilatando così ed estendendo il suo spirito di religione, Egli facesse di sé medesimo e di tutti i Cristiani un solo adoratore, un solo Religioso di Dio (Religioso, la persona specialmente dedicata alla religione, che ha l’ufficio di rendere a Dio la dovuta adorazione.). – Mentre già regnava glorioso in Cielo, Egli viveva nel cuore e nella penna dei suoi Evangelisti, per istabilire dappertutto il disprezzo verso la creatura e il rispetto verso Dio solo. Ed Egli vive nel cuore e nella bocca dei suoi Apostoli e dei suoi discepoli, perché annunzino dappertutto il regno di Dio, promuovano l’adorazione conveniente al santo Nome di Dio e gli procurino sudditi perfettamente sottomessi, adoratori che gli rendano omaggio in ispirito e verità (Veri adoratores adorebunt Patrem in ispiritu et veritate – Joan. IV, 22). – Questa pure è propriamente la funzione dello spirito di Dio nei Sacerdoti; in essi questo spirito continua ciò che operava in Gesù Cristo. Nei sacerdoti, per mezzo di esempi, di istruzioni orali e scritte, e per tutte le vie possibili, Egli promuove la santa religione verso Dio, il quale solo merita adorazione e riverenza, mentre la creatura non merita che disprezzo. – All’infuori di Dio, tutto è ombra e vanità. Che cosa è mai, infatti, tutto l’essere creato? Una scorza leggera di quell’essere che sta nascosto in Dio e che, in certo qual modo, si manifesta sotto il colore di tutto ciò che si vede. Tutta la figura di questo mondo passerà (I Cor., VII, 61), quando Dio vorrà cessare di comparire sotto figure, quando farà vedere senza velo ciò che Egli è. Quando gli occhi del nostro spirito saranno aperti e rafforzati dal lume della gloria. allora il mondo non avrà più per noi nessun’attrattiva; come quando compare il corpo o la persona. non si considera più l’ombra né il ritratto, La maschera non piace più quando il volto si vede scoperto: così tutto sì riconoscerà come figura, maschera e niente, quando Dio si renderà visibile all’anima in tutto l’essere suo. – Dio, sia dunque adorato in sé medesimo: tutto perisca davanti a Lui nel nostro spirito, poiché tutto è niente al suo cospetto. Per ispirito di religione, anticipiamo annientamento e il sacrificio Universale di tutto questo essere che deve perire in onore di Dio onde attestarne la grandezza e la santità. La nostra fede sia la luce e la fiaccola che guidi la nostra religione, perché facciamo davanti a Dio il sacrificio di tutte le creature! Gesù Cristo medesimo, ha voluto essere immolato in sacrificio per il grande rispetto verso il Padre, per la stima verso di Lui e la sua santità; quanto più dobbiamo noi sacrificare ogni cosa a Dio, disprezzar tutto, non aver stima né considerazione se non per quello che solo è vero e unicamente merita stima e rispetto? – Davanti al vero Dio non si deve adorare nessun idolo, ma tutte deve essere ridotto in cenere. Dunque ogni creatura perisca davanti al mio Dio! – Nostro Signore, mentre sacrificava se stesso, intendeva di tutto annientare e di fare in sé medesimo il sacrificio di ogni cosa perché tutto Egli aveva riunito e riassunto nella propria persona (Recapitulare Omnia in Christo. Ephes., I, 10); così, è giusto che anche noi condanniamo e sacrifichiamo tutte le cose fuori di Lui, perché  tutte sono tanto meno sante quanto meno sono in Lui. Sacrificar tutto per Dio, attestando in tal modo che tutto davanti a Lui è vile ed abbietto, e che non abbiamo stima né riverenza per nulla fuorché per Lui solo, ecco il vero contrassegno della verità del nostro spirito di religione.

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Infine, Nostro Signore, onde dilatare la sua virtù di religione verso Dio, e moltiplicarla nelle anime nostre, viene in noi: ha lasciato perciò se stesso sulla terra in mano ai Sacerdoti come ostia di lode, onde renderci partecipi del suo spirito di ostia, unirci alle sue lodi e comunicarci interiormente i suoi propri sentimenti di religione. Egli si diffonde intimamente in noi; imbalsamando, in certo qual modo, l’anima nostra, la riempie delle disposizioni interiori del suo proprio spirito di religione, dimodoché dell’anima nostra e della sua ne fa una sola ch’Egli anima di un medesimo spirito di riverenza, di amore, di lode e di sacrificio interiore ed esterno di ogni cosa alla gloria di Dio Padre. Così Gesù Cristo mette l’anima nostra in comunione con la sua medesima religione, per fare di ciascuno di noi in Lui medesimo, come abbiamo già detto, un vero adoratore ossia Religioso del Padre. – Anzi, onde fare di noi degli adoratori più perfetti, ed elevarci al più puro e più santo spirito di religione, il nostro divin Maestro ci mette in comunione col suo stato di Ostia, affinché noi pure siamo con Lui una medesima ostia, e siamo adoratori non già solo in ispirito, ma anche in verità, ossia in tutta realtà, col sacrificio interiore in noi stessi di tutto l’essere e di tutti i sentimenti della carne. Così, non siamo soltanto sacrificati come Gesù in Croce con la mortificazione e la crocifissione interiore; ma pure tutto consumiamo, nel nostro cuore, con Gesù Cristo consumato sull’altare. – Ecco la perfezione cui ci chiama Gesù Cristo in questa vita, poiché con la sua presenza intima in noi, e per mezzo del suo fuoco che ci divora, Egli ci rende partecipi dello stato più perfetto della sua religione, quello di Ostia consumata alla gloria di Dio; affinché ciascuno di noi sia un’ostia che non vive più in sé stessa della sua vita propria e della vita della carne, ma vive totalmente della vita divina, della vita consumata in Dio.

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È propriamente questo lo stato della vita di risurrezione, cui siamo chiamati ad imitazione di Nostro Signore, il quale nel giorno della sua Risurrezione venne esternamente consumato nel suo Padre: Egli vuole che noi pure siamo interiormente risorti e riformati in Lui. Perciò dice di aver comunicato agli uomini la gloria che da suo Padre aveva ricevuta (Joan. XVII, 22, 23). Questa gloria è lo stato di risurrezione che Egli aveva già nell’ostia, nell’ultima Cena. Ut sint unum; sicut et nos unum sumus. Ego in eis. et Tu in me. Che siano una cosa sola, o Padre, come noi pure siamo una cosa sola. Io in loro e Voi in me. (Joan. XVII, 23). Io sono in essi, mentre in essi compio il medesimo effetto che Voi, o Padre mio che siete in me, operate in me: li vivifico, come Voi vivificate me, li consumo come Voi consumate me (Joan., XVII, 23). Gesù in quella preghiera, domandava dunque che noi siamo ostie viventi, sante e a Dio gradite (Rom. XI, 1). Ecco perché S. Paolo non prega per nulla con tanta insistenza, come per ottenere ai Cristiani quella perfetta consumazione in Gesù Cristo secondo lo spirito che li renda affatto simili interiormente a Lui: « Prego Dio con tutto il cuore, di portarvi quel grado di perfezione che desidero vi sia in voi per la virtù del Santo Spirito di Gesù Cristo, che vi consumi interiormente in Lui. Oramus vestram consummationem. (II. Cor. XII). – È questa l’opera dello Spirito Santo, in questo mondo: rendere nei nostri cuori testimonianza alla carità; e lo farà molto meglio di S. Giovanni Battista: Egli infatti, è lo Spirito di verità. mentre il Santo Precursore non ne era che l’organo (Joan. V, 23). Lo Spirito Santo, con la fede, incomincerà a farci comprendere nell’intimo dell’anima nostra la falsità e l’impostura delle cose create e di tutto quanto non è Dio; poi ci farà disprezzare ogni cosa come un niente in confronto di quel Tutto così grande, magnifico e ammirabile, che è Dio; ci disgusterà di tutto, e con tale disgusto ce ne distaccherà interamente; ci porterà a Dio con vivissimo ardore e ci unirà a Lui in una tale intimità che di tutti noi farà una cosa sola in Lui; infine, ci consumerà perfettamente, a somiglianza di Gesù Cristo consumato nel Padre suo.