15 SETTEMBRE: I SETTE DOLORI DELLA BEATA VERGINE MARIA

(GIOACCHINO VENTURA: LA MADRE DI DIO, ovvero Spiegazione DEL MISTERO DELLA SS. VERGINE A PIE’ DELLA CROCE; GENOVA, Presso D. G. ROSSI 1852)

PARTE SECONDA

CAPO VI.

Fortezza dì Maria.

A differenza di Agar, che non vuole veder morire Ismaele, Maria deve essere spettatrice della morte di Gesù Cristo. Suo viaggio del Calvario ed incontro doloroso col Figlio. Suo contegno diverso da quello di Giacobbe alla vista della tonaca insanguinata di Giuseppe.

Se si fosse adunque trattato di una madre comune, la stessa carità che avea condotte sul Calvario le altre, sante matrone ne dovea tener lontana Maria. Ciò che per le discepole fu atto di generosa pietà poteva sembrar durezza per la Madre. Non è nelle regole ordinarie della convenienza che una madre sia spettatrice dell’estremo supplizio del figlio cui non può dare alcun soccorso: e ciò perché lo spettacolo di una madre immersa in un profondo dolore non accresca i patimenti del figlio; o la vista degli acerbi dolori del figlio non funesti lo sguardo e strazii il cuor della madre. – Egli è però che Agar, serva di Àbramo, essendole mancata l’acqua nella solitudine di Bersabea, e vedendo il suo unigenito figlio Ismaele già boccheggiante per l’ardor della sete, « Se non posso – disse – più recargli alcun soccorso, a che serve, e io lo tenga stretto ancora tra le mie braccia? se esso deve irreparabilmente perire, che bisogno vi è che io funesti il mio sguardo materno collo spettacolo doloroso del suo fiero destino? Ah! che non ho cuore di vedermi morire il figlio sotto degli occhi miei: cumque consummata esset aqua.. dixit: Non videbo morientem puerum. » Ed in così dire, depone il fanciullo moribondo a piedi di un albero e si ritira in disparte alla distanza del tiro di un dardo, Abjecit puerum subter unum arborem, et abiit procul quantum potest iucere arcum; e postasi a sedere sopra di un sasso, e scoppiando in un dirottissimo pianto, fece echeggiare l’aria intorno di gemiti profondi e di dolorosissime grida: Et sedens contra levavit vocem suam et flevit. – Cosi adoperò la madre di un puro uomo: ma la madre di un uomo che allo stesso tempo è Dio non deve adoperare così. Come madre di Dio, Maria ha degli obblighi da cui sono dispensate le altre madri: e quello che per ogni altra madre avrebbe potuto sembrare per lo meno una inconveniente, per Maria è un dovere. Come essa ha ricevuto questo Figliuolo in una maniera tutta particolare, così non deve perderlo che in una maniera tutta propria di lei. Come Gesù Cristo non muore per necessità alla foggia degli altri uomini, così Maria in questa morte deve portarsi in un modo tutto diverso delle altre madri. Sul Calvario tutto deve essere grande, straordinario, misterioso, sublime, degno della vittima divina che s’immola. Maria dev’essere dunque presente alla morte di Gesù Cristo, affinché dalla maniera eroica, straordinaria, miracolosa con cui a questa morte assiste la Madre, possa conoscersi la divinità del Figliuolo. Appena perciò da Giovanni, il solo fra i discepoli che non avea mai perduto di vista nel corso della sua passione il suo divino Maestro, sente Maria che il giudice iniquo, con quelle medesime labbra con cui avea dichiarato solennemente Gesù innocente. Io aveva condannato alla morte, e che già il suo diletto Figliuolo carico del peso della sua croce s’incammina per la via del Calvario, « Ecco il tempo – esclama – ecco il giorno, ecco l’ora dei divini misteri! Morrà pur troppo, o eterno Padre, il mio unigenito Figlio, poiché la vostra gloria lo esige, la vostra giustizia lo vuole, la salute degli uomini lo domanda: ma esso non morrà che sotto degli occhi miei: e quella vita che gli diedi, gliela vedrò terminare io stessa: ridebo morientem puerum. Quando Gesù Cristo riempiva le contrade di Palestina de’ benefici del suo amore e della fama de suoi portenti: quando gli correvano appresso i popoli acclamandolo come l’inviato del cielo per la consolazione della terra, quando entrò in Gerusalemme in trionfo tra le acclamazioni e le grida festose delle turbe devote; Maria non gli teneva appresso, sene allontanava, si nascondeva, perché nessun raggio della gloria del Figlio venisse a riflettere sopra la Madre. Ma quando questo Figlio medesimo va al patibolo per finirvi la vita colla morte più obbrobriosa e spietata, quando si tratta di dividerne gli affronti e le pene, Maria si mostra. Alla gloria, alla soddisfazione innocente di essere additata come la madre avventurosa di un profeta, volentieri rinunzia: ma non rinunzia già all’ignominia e al dolore di essere pubblicamente additata come la madre infelice di un condannato: ed il trasporto con cui corre ad essere spettatrice e consorte del martirio del Figlio è eguale alla cautela che usa per essere dimenticata quando trattasi de’ trionfi di Lui: Fidebo morientem puerum. – Eccola quindi abbandonare la sua solitudine e, come la sposa dei Cantici, vera figura de’ santi trasporti di Maria, girare per le vie e le piazze di Gerosolima, impaziente d’incontrarsi col diletto del suo cuore che s’incammina al patibolo: Circuivi civitatem. La città è presso che abbandonata e deserta: il popolo tutto corre in folla al luogo de’ condannati, riempiendo l’aria di grida di una gioja feroce. Maria ne ode da lungi il rumor cupo, il rimbombo funesto; e dietro adesso e molto più alle orribili tracce che lasciava il Figlio nel suo penoso cammino, segnando la terra che calava di cadute e di sangue, riconosce la via in cui ritrovarlo.Guari infatti non va che sente il fiero squillo della tromba che lo precede e pubblica il preteso delitto e l’atroce condanna;e poco dopo ecco venirle innanzi Egli stesso. Ma ahi! che di uomo, secondo la profezia d’Isaia, esso non ha nemmeno più la figura: Vidimus eum, et non erat aspectus. La sua fronte è circondata di una ghirlanda ignominiosa e crudele di pungentissime spine, che, trapassate avendo le tempie, mostrano al di fuori le punte insanguinate: i suoi occhi umidi delle lacrime sparse sopra Gerusalemme deicida e grondanti di sangue; il suo volto è livido e contraffatto: il suo petto squarciato di piaghe: tutto il corpo è pesto da flagelli: ed Egli languido, spossato, anelante sotto l’orribile peso della sua croce, tra gl’insulti del popolo e le spinte crudeli della sbirraglia, va lentamente guadagnando a stento l’erta pendice del Calvario. Oh incontro! oh vista! oh spettacolo atroce al cuor di una madre!Di Giacobbe sta scritto che, al vedere la tonaca insanguinata del suo figliuolo Giuseppe, diede in altissime grida di dolore, si strappò di dosso le vesti, proruppe in un torrente di lacrime, cadde in un’ambascia profonda, e sdegna ogni consolazione ed ogni conforto: Quam cum agnovisset pater, dicit: Tunica filli mei est; fera pessima devoravit Joseph. Scissisque cestibus, lugiens filium suum multo tempore … noluit consolationem accipere. – Ora che farà Maria alla vista non già della veste, ma del corpo del proprio Figlio, solcato da profonde ferite e ricoperto di sangue?Qualche scrittore che ha minutamente descritto tutti i luoghi teatro della passione dolorosa dell’uomo-Dio, afferma che vi è tuttavia sul Calvario un tempietto diroccato che dicesiS. Maria dello spasimo, ed un sentiero che chiamasi ancora oggidì la strada dell’amarezza, poiché dicesi che ivj appunto, essendosi incontrata Maria a vedere il Figlio in atteggiamentosì compassionevole, in una situazione sì crudele,cadde a terra svenuta, non reggendo alla piena inondatrice del suo dolore. Ma, senza ammettere una tal caduta,che gravissimi scrittori negano come indegna della Madre di Dio, nella quale tetto dovea indicare una costanza. Una fortezza, una grandezza d’animo più che umana, é fuor di dubbio però che a quella vista le si gelò il sangue nelle vene, tutte le si commossero le sante viscere per compassione, lesi spezzò in seno il cuor per dolore: e perciò rimase ivi alquanto immobile e come assiderata, astratta da’ sensi, ma non alienata dalla ragione. – Che anzi fu a sé stessa sì presente che non mai apparve sì magnanima e sì sublime, quanto in questo istante in cui fu più addolorata. Gli occhi della Madre s’incontrano negli occhi del Figliuolo: si rimirano entrambi, e i due cuori commossi arcane misteriose parole si parlano e si rispondono. La vista di tanta fermezza, in mezzo a tanto dolore per parte di una madre, intenerisce, dice S, Bernardo, anche i cuori più duri; essi non possono contenersi dal mescolare le loro colle lacrime delle figlie di Gerusalemme, cui Gesù Cristo ha vietato di compassionarlo e di piangerlo; Multo» etiam invitos ad lacrymas provocabat omues plorabant qui ovbviabant ei, e nel pianto comune Ella sola non piange, e nella commozione comune alla vista dell’acerbità delle sue pene, Ella sola soffre con animo sereno, con ciglio asciutto. E, ben differente da Giacobbe, non un solo movimento, non un solo segno, non un solo accento, non una sola lacrima di dolore, non un solo rimprovero alla sinagoga ingrata, che’ le ritorna il Figlio in uno stato sì compassionevole e sì diverso da quello onde Maria glielo allevò e gliel diede: non un solo lamento sull’odio infernale degli accusatori, sulla ingiustizia dei magistrati, sulla barbarie dei carnefici, sulla cieca rabbia del popolo; non un solo tentativo, dal quale non avrebbe potuto astenersi ogni altra madre, di gittarsi tra la folla, di giungere sino al Figlio per stringerselo al seno e recargli conforto. Ma reprimendo gl’impeti della sua tenerezza materna sì profondamente ferita, ma comandando ai suoi affetti e al suo dolore, ma concentrando nel fondo del trafitto suo cuore tutta l’ambascia che lo crucia, tutta la tristezza che lo ingombra, accompagna Gesù in silenzio, come Abramo – dice S. Ambrogio – accompagna Isacco sino al luogo del suo sacrificio: Abraham Isaac, Maria comitabatur filium. Anzi, Soggiunge Giuglielmo abate, come essa è la prima dei predestinati: così è la prima a percorrerne la via: e praticando il Vangelo prima che fosse promulgato, è laprima che, giusta il precetto di Gesù Cristo, prende la sua croce e lo segue sul Calvario per essere interiormente crocifissa con Lui: Tollebat et Mater crucem suam et scquebatur eum, crucifigenda figenda cum ipso (in Cant. 7).Così, come Gesù Cristo dimostra che non si va al cielo che per la via del Calvario e dietro le orme sanguinose del Figlio di Dio, Maria dimostra che non si va a Gesù Cristo che dietro le tracce ed in compagnia della sua Madre: che tenendo fedelmente dietro all’odore prezioso degli unguenti delle sue virtù, si va dritto ad incontrare Gesù Cristo: e la strada che batte Maria è quella appunto in cui si trova Gesù: e difatti lo stuolo glorioso delle vergini eroiche che secondo la profezia di Davide, cammineranno dietro le pedate di Maria, perciò solo si troveranno con Gesù, il vero Re della gloria, saranno a Lui presentate e ricevute da Lui, e dietro questa guida seguiranno l’Agnello dovunque Egli va: Adducentur Regi virgines post eum; proximæ afferentur tibi. Maria perciò, allo stesso tempo che generi figli della Chiesa coll’eroismo della sua carità, li conduce ancora e li guida colla sublimità de’ suoi esempi, ed indica ed appiana la via ai figli del suo amore e del suo dolore, ai quali ha procurato la vita.