SALMI BIBLICI: “DEUS, VENERUNT GENTES” (LXXVIII)

SALMO 78: “DEUS, VENERUNT GENTES”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 78

[1] Psalmus Asaph.

      Deus, venerunt gentes

in hæreditatem tuam; polluerunt templum sanctum tuum; posuerunt Jerusalem in pomorum custodiam.

[2] Posuerunt morticina servorum tuorum escas volatilibus caeli, carnes sanctorum tuorum bestiis terrae.

[3] Effuderunt sanguinem eorum tamquam aquam in circuitu Jerusalem, et non erat qui sepeliret.

[4] Facti sumus opprobrium vicinis nostris, subsannatio et illusio his qui in circuitu nostro sunt.

[5] Usquequo, Domine, irasceris in finem? accendetur velut ignis zelus tuus?

[6] Effunde iram tuam in gentes quae te non noverunt, et in regna quae nomen tuum non invocaverunt;

[7] quia comederunt Jacob, et locum ejus desolaverunt.

[8] Ne memineris iniquitatum nostrarum antiquarum; cito anticipent nos misericordiae tuae, quia pauperes facti sumus nimis.

[9] Adjuva nos, Deus, salutaris noster; et propter gloriam nominis tui, Domine, libera nos, et propitius esto peccatis nostris, propter nomen tuum.

[10] Ne forte dicant in gentibus: Ubi est Deus eorum? et innotescat in nationibus coram oculis nostris ultio sanguinis servorum tuorum qui effusus est.

[11] Introeat in conspectu tuo gemitus compeditorum; secundum magnitudinem brachii tui posside filios mortificatorum;

[12] et redde vicinis nostris septuplum in sinu eorum; improperium ipsorum quod exprobraverunt tibi, Domine.

[13] Nos autem populus tuus, et oves pascuæ tuæ, confitebimur tibi in sæculum; in generationem et generationem annuntiabimus laudem tuam.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXVIII

Si deplorano le calamità incontrate al tempo dei Maccabei per opera di Antioco e di altri persecutori. Essere questo Salmo una profezia, è detto  negli stessi libri de’ Maccabei, 1. 1, c. 7. Può applicarsi alla Chiesa, come fa S. Agostino.

Salmo di Asaph.

1. O Dio, son venute le nazioni nella tua eredità, han profanato il tempio tuo santo, han cangiata Gerusalemme in un tugurio di guardiani delle frutta.

2. Han gettato i cadaveri de’ tuoi servi pasto agli uccelli dell’aria, le carni dei santi tuoi alle fiere della terra.

3. Hanno sparso come acqua il loro sangue intorno a Gerusalemme, e non v’era chi desse lor sepoltura.

4. Siam divenuti oggetto di ignominia pei nostri vicini, d’insulto e di scherno per quei che ci stanno all’intorno.

5. E fino a quando, o Signore, sarai sdegnato implacabilmente, e arderà come fuoco il tuo zelo?

6. Scarica il tuo sdegno sopra le genti, che non ti conoscono, e sopra i regni che non hanno invocato il tuo nome;

7. Perché hanno divorato Giacobbe, e han devastata la casa di lui.

8. Non ti ricordare delle pristine nostre iniquità: ci prevengano prontamente le tue misericordie, perché noi siam divenuti oltremodo miserabili.

9. Aiutaci, o Dio, nostro Salvatore, e a gloria del nome tuo liberaci, e sii propizio a’ peccati nostri pel nome tuo;

10. Affinché non siavi forse tra le nazioni chi dica: Il Dio loro dov’è? (1). Nota sia tra le nazioni, veggenti noi,

11. la vendetta del sangue de’ servi tuoi, che è stato sparso; siano ammessi al tuo cospetto i gemiti di quei che sono in catene. Conserva col tuo gran braccio i figliuoli di que’ che furono uccisi.

12. E rendi, o Signore, ai nostri vicini nel loro seno sette volte tanto pe’ loro improperii vomitati contro di te.

13. Ma noi tuo popolo e pecorelle della tua greggia ti confesseremo eternamente; Annunzierem le lodi tue d’una in altra generazione.

(1) «Dov’è il loro Dio? » È  un rimprovero molto frequente nella bocca dei pagani (Ps. XLI, 4); è ciò che diceva in particolare Sennacherib, nella sua lettera ad Ezechia.

 Sommario analitico

Il Profeta predice e descrive la persecuzioni che il popolo di Dio ebbe a soffrire, o da Nabucodonosor, durante la presa di Gerusalemme e della distruzione di questa città e del tempio, o da parte del re Antioco, e nel nome dei Maccabei, nei quali si personificano la Chiesa Cristiana perseguitata:

I. Egli descrive i dettagli di questa atroce persecuzione.

1° La loro patria occupata dai nemici;

2° Il tempio di Dio profanato;

3° La santa città ridotta alla desolazione (1);

4° I cadaveri esposti agli uccelli predatori ed alle bastie feroci (2);

5° Il loro sangue sparso come l’acqua e la privazione della sepoltura (3);

6° Gli obbrobri e  beffe di cui essi sono oggetti da parte dei loro vicini (4).

II. Domanda a Dio di essere liberato da tutte queste calamità, dando come motivo:

1° I crimini dei gentili, che meritano più di loro questi castighi (6), a causa della loro infedeltà e della loro idolatria, – a causa della loro crudeltà e dei loro sacrilegi (7);

2° La loro qualità di popolo di Dio, che chiede a Dio di cancellare i suoi peccati passati e di liberarlo delle sue miserie presenti (8);

3° La gloria di Dio stesso, che i giusti riconoscono e di cui invocano la potenza, e di cui gli empi di burlano come se fosse colpito da impotenza (10);

4° Le tribolazioni e le afflizioni dei santi che domandano – a) che la loro morte sia vendicata; – b) che dal seno delle loro prigioni i loro gemiti salgano fino a Dio; – c) che Dio prenda sotto la sua protezione dei poveri orfani (11);

5° L’empietà dei popoli vicini, che devono essere puniti – a) per la loro crudeltà contro i figli di Dio; – b) a causa delle loro blasfemie contro Dio (12);

6° Le virtù dei giusti liberati, che manifestano le lodi di Dio con umiltà e perseveranza (13). 

Spiegazioni e Considerazioni

.I. — 1-4.

ff. 1-4. – Le calamità descritte nei primi versetti di questo salmo sono una predizione delle sventure di Gerusalemme, o sotto Nabucodonosor, che devastò la Giudea tutta intera, o più verosimilmente, sotto Antioco, persecutore accanito dei Giudei e profanatore del loro tempio. Questa profezia non può aver rapporto con l’ultima devastazione di Gerusalemme dell’imperatore romano Tito, perché come potrebbe chiamarsi eredità di Dio questo popolo che non aveva più il Cristo con sé, che al contrario veniva riprovato e messo a morte; popolo che rifiutava di credere in Lui, anche dopo la sua Resurrezione e che, per di più, faceva morire i suoi martiri? (S. Agost.). – Pertanto, questa profezia sotto forma di preghiera, come lo Spirito Santo avrebbe ispirato un Profeta per ottenere la liberazione di una città che il Signore avrebbe condannato ad una totale rovina senza ritorno? – Queste persecuzioni dirette contro il popolo di Dio, contro la città di Gerusalemme ed il tempio, figurano le persecuzioni dirette contro la Chiesa Cristiana che si sono compiute alla lettera spesso a suo riguardo nel corso dei secoli. – Bisogna comprendere le prime parole profetiche di questo salmo: « O Dio, le nazioni sono venute nella vostra eredità »; (Ps. LXXVIII, 1) in questo senso che i Gentili sono entrati nella Chiesa non credendo, ma perseguitando, cioè essi l’hanno invasa con l’intenzione di distruggerla e perderla interamente, come di fatto lo dimostrano tante persecuzioni, e capire che ciò che segue: « Esse hanno macchiato il vostro tempio santo », si applichi non a del legno o delle pietre, ma a degli uomini che, simili a pietre viventi, servono – dice l’Apostolo San Pietro – a costruire la casa di Dio (I Piet. II, 5). È in questo senso che l’Apostolo San Paolo dice chiaramente: « Il tempio di Dio è santo e voi siete questo tempio. » (I Cor. III, 17). I persecutori hanno dunque macchiato questo tempio in coloro che essi hanno forzato nel rinnegare il Cristo con minacce o con supplizi, e che sono costretti con violente pressioni, ad invocare gli idoli. » (S. Agost.) –  « Essi hanno fatto di Gerusalemme un tugurio per guardiani da frutta. » Con questa figura il Profeta esprime l’abbandono che ha prodotto l’estendersi della persecuzione; perché si abbandona la capanna dove ci si era messi per guardare i frutti, quando il tempo  dei frutti è passata; ma quando la Chiesa, sotto la persecuzione dei Gentili, è sembrata diventare deserta, la anime dei martiri sono passate alla tavola celeste, come frutti numerosi e deliziosi raccolti nel giardino del Signore (Idem). – Le passioni ed i vizi, maestri di un’anima di cui Dio aveva preso possesso con la sua grazia; – il traffico delle cose sante, lo spirito mercenario nelle sacre funzioni, etc., sono, in un senso topologico, le nazioni che sono entrate nell’eredità di Dio, che è la sua Chiesa, e che l’hanno profanata, disonorata, ridotta ad essere come la guardiana dei frutti della cupidità e dell’avarizia. Ogni anima che si sente devastata dai suoi peccati, come tante barbare nazioni, può dire con Mattatia, padre dei Maccabei: « Chi di quelli che non ha ereditato dal suo reame, e non ha ottenuto le sue spoglie? Tutta la sua magnificenza gli è stata tolta: essa era libera, essa è diventata schiava; e tutto ciò che noi abbiamo di santo, di bello e di splendido è stato desolato e profanato dalle nazioni. Perché dunque ancora viviamo? » (I Maccab. II, 10). –  « Non sapete che i vostri corpi sono membra di Gesù-Cristo? Toglierò dunque a Gesù-Cristo le proprie membra per farne membra di prostituta? A Dio non piace … (I Cor. VI, 15). Non sapete che voi siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Ora, se qualcuno profana il tempio di Dio, Dio lo perderà; perché il tempio di Dio è santo, e voi siete questo tempio. » (I Cor. III, 16, 17). Vedete cosa dovete fare del tempio di Dio? Se avete scelto la Chiesa per commettervi un adulterio, cosa ci sarebbe di più detestabile, di più abominevole? Ora, ricordatevi che siete voi stessi il tempio di Dio. Voi siete il suo tempio quando entrate nella vostra dimora, voi siete tempio quando ne uscite, voi siete il suo tempio quando restate nella vostra dimora … Vegliate dunque su tutti i vostri atti, guardatevi dall’offendere Colui che abita questo tempio, per timore che non vi abbandoni, che non vi condanni ad una rovina intera e senza ritorno (S. Agost. Serm XVI sur les parol, du S.). –  « Essi hanno dato i cadaveri dei vostri servi in pasto agli uccelli del cielo, e la carne dei santi alle bestie della terra. Quando le anime dei martiri erano presentate come dei frutti ai loro coltivatori, le nazioni davano i cadaveri e le carni di questi martiri in pasto agli uccelli del cielo ed alle bestie della terra; come se qualche cosa di essi dovesse mancare alla resurrezione, nel momento in cui Colui per il Quale sono contati tutti i capelli della nostra testa, risusciterà il loro corpo riprendendoli dai punti più nascosti della terra (S. Agost.). – La vista di una città riempita di cadaveri a cui nessuno vuol dare sepoltura, e che restano esposti per essere preda delle bestie, è una spettacolo spaventoso, che produce in noi una impressione di terrore da cui non possiamo difenderci. E tuttavia noi vediamo, senza esserne spaventati, tante anime a cui il peccato dà ogni giorno la morte, e che lascia esposti in preda alle loro passioni, mille volte più crudeli delle bestie feroci. Questi morti non si vedono con gli occhi del corpo, è la fede che li scopre, è la fede che li piange. Siccome queste lacrime vengono dal cielo, esse sono potenti nei loro effetti che provengono dalla loro origine; perché le lacrime che si versano sulle rovine delle città, non saprebbero mai ristabilirle; ma spesso le lacrime dei Santi e delle anime pie hanno resuscitato delle anime morte da lungi tempo alla vita della grazia (Duguet). Era dalla gloria di Dio che la sola nazione che fosse al mondo devota al vero culto, non divenisse l’oggetto del disprezzo e dello scherno dei vicini: ma la gloria di Dio non era interessata a questa o quella nazione di cui godesse di una grande considerazione tra i suoi concittadini: l’umiliazione è stata, in tutti i tempi, per gli amici di Dio, la salvaguardia della santità e la strada della salvezza (Berthier). 

II — 5-13.

ff. 5-7. – Questa preghiera che fa qui intendere il Profeta, prova che la sua recita delle afflizioni di Gerusalemme non ha come scopo il farle conoscere, bensì il compiangerle. Egli supplica Dio di non irritarsi fino agli estremi eccessi, cioè di non condurre all’estremo i mali che sopravvengono, le loro tribolazioni e la devastazione del loro paese, secondo la parola di un altro salmo: « Voi ci farete mangiare un pane impastato con le nostre lacrime e ci farete bere lacrime in abbondanza » (Ps. LXXIX). – Ma la collera e l’indignazione di Dio non sono dovute a passioni che lo turbino, come certi uomini ritengono dalle Scritture che non comprendono. Sotto il nome di collera, si intende solo la punizione dell’iniquità, e quello di zelo non indica che il rigore con il quale Dio esige quella purezza che fa sì che l’anima rispetti la legge del suo Signore, e non si perda lontano da Lui come per una sorta di adulterio. Questi sentimenti, per gli effetti che producono nell’uomo afflitto, sono causa di turbamento; ma nella disposizione provvidenziale di Dio, essi sono pieni di pace, perché è detto di Dio. « Voi, Signore delle anime, giudicate con mitezza » (Sap. XII, 18). Queste parole fanno ben vedere che le afflizioni sono mandate agli uomini, anche fedeli, a causa dei loro peccati, benché nello stesso tempo facciano brillare la gloria dei martiri per il merito della loro pazienza e della loro pia energia nell’osservare la legge del Signore anche sotto i colpi dei suoi castighi (S. Agost.). – La collera di Dio contro i giusti, è ben differente dalla collera di Dio contro i peccatori: la prima è una collera d’amore che vuole semplicemente reprimere. Esse sono entrambe divampate come un fuoco, ma riguardo ai peccatori è un fuoco che consuma; nei confronti dei giusti, è un fuoco che purifica. – « Spargete la vostra collera sulle nazioni che non vi conoscono, e sui regni che non hanno invocato il vostro nome. » Come dunque interpretare ciò che dice il Signore nel Vangelo: « Il servitore che non conosce le volontà del suo maestro e che commette degli atti degni di castigo, sarà rigorosamente castigato?» (Luc. XII, 48). Se la collera di Dio è più violenta contro le nazioni che non Lo hanno conosciuto … non sarebbe perché c’è una grande differenza tra i servitori che, ignorando la volontà del loro maestro, invocano tuttavia il suo nome, e coloro che sono estranei alla famiglia di un tale padre, e che hanno una ignoranza tale da non invocare neanche il nome di Dio? Anche il Profeta non rappresenta coloro che definisce come ignoranti la volontà del loro padrone, benché non lascino di temerla, ma li rappresenta come ignoranti al punto da non invocarlo e farsi nemici del suo Nome. C’è dunque una grande differenza tra i servitori che non conoscono la volontà del loro padrone, ma che pertanto vivono nella sua famiglia e nella sua casa, ed i nemici che non solo non vogliono conoscere il suo nome, ma che non contenti di non invocare il suo Nome, fanno pure la guerra ai suoi servitori (S. Agost.). – Sotto questi termini così semplici è stata per lungo tempo velata una verità capitale che San Paolo ha chiaramente rivelato alla Chiesa cristiana, e che Bourdaloue ha perfettamente sviluppata nel suo sermone della I settimana di avvento: « … Colui che non avrà ricevuto la legge, sarà giudicato senza la legge; colui che non avrà avuto la fede rischiarata, sarà giudicato senza la legge. » Oltre alla legge esteriore, che non è stata promulgata per questo o quel popolo, oltre alla fede che non ha per Lui questo popolo, è stata data un’altra luce, una luce naturale che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, la luce della ragione che emana dalla ragione eterna e sovrana: il Verbo divino.  Questa luce naturale, questa ragione umana ha dovuto servire da guida ad ogni uomo. Essa era sufficiente, se ascoltata con attenzione, se consultata con sincerità, se obbedita con zelo; essa era sufficiente a condurre l’uomo a Dio Creatore, al Dio principio e fine di tutte le cose, al Dio vendicatore del crimine e rimuneratore della virtù. Coloro che avranno, con il soccorso di questa luce, conosciuto Dio ed invocato il suo Nome, saranno colpevoli di questo difetto di conoscenza, di questo difetto di invocazione, e responsabili di tutte le loro conseguenze. A maggior ragione i Giudei che hanno ricevuto la legge da Mosè, i Cristiani, che hanno ricevuto la legge da Gesù-Cristo stesso, saranno sottomessi al terribile Giudizio, se non hanno conosciuto Dio, se non Lo hanno invocato (Rendu).

ff. 8, 9. – « Non rammentate le nostre antiche iniquità. » Egli non dice le nostre iniquità passate, che potrebbero anche ssere recenti, ma delle nostre iniquità antiche, vale a dire di quelle che vengono dai nostri padri; perché sì gravi iniquità meritano non la correzione, ma la condanna. « Affrettatevi a prevenirci con la vostre misericordie. » Che ci precedano esse davanti ai vostri giudizi; perché la misericordia si eleva sopra al giudizio … ma aggiungendo: « … perché noi siamo caduti in una estrema povertà, » il Profeta vuol far sentire che le misericordie divine  ci prevengono affinché la nostra povertà, cioè la nostra debolezza, sia aiutata dalla sua misericordia nell’osservare i comandamenti per timore di non arrivare al giudizio per essere condannati. « Aiutateci o Dio che siete il nostro Salvatore. » Con queste parole: « Nostro Salvatore, » egli spiega molto chiaramente di quale genere di povertà abbia voluto parlare dicendo: « … perché noi siamo caduti in una estrema povertà; » infatti questa povertà non è altra cosa che la debolezza per la quale è necessaria un Salvatore. Ma quando vuole che siamo aiutati, non manca né di riconoscenza verso la grazia, né di giustizia verso il nostro libero arbitrio, perché colui che riceve soccorso agisce nello stesso tempo per mezzo di Lui stesso. Egli dice ancora: « Liberatemi, Signore per la gloria del vostro Nome », vale a dire … non a causa nostra. Cosa meritano in effetti i nostri peccati, che sia dovuto loro, se non dei castighi proporzionati? Ma « Siate propizio ai nostri peccati, a causa del vostro Nome, » … « e che la vendetta del sangue dei vostri servitori brilli ai nostri occhi in mezzo alle nazioni. » Ci sono due modi per intendere queste parola: o che l’iniquità dei nostri nemici sia distrutta dalla loro fede in Dio, o che, perseverando nella loro malvagità. essi siano puniti dei supplizi del giudizio finale (S. Agost.). –  Non c’è parola in questa preghiera che non sia espressiva. L’oggetto della preghiera è la gloria del santo Nome di Dio; Colui al quale si indirizza la preghiera è Dio, Autore di ogni grazia e salvezza; la disposizione della preghiera, è il cuore penetrato dal ricordo dei propri peccati; il desiderio principale enunciato dalla preghiera, è di essere ristabilito nel favore di Dio (Berthier) – Dio ci previene con le sue misericordie aiutandoci – 1° ad espiare con la penitenza, i peccati passati; – 2° ad evitare i peccati; – 3° a fare opere di giustizia. Quando domandiamo il soccorso di Dio ed il perdono dei nostri peccati, non lo attendiamo per i nostri meriti. – È un dolore dei più sensibili per i giusti che soffrono, vedere che le loro sofferenze siano una occasione di oltraggiare Dio e vomitare delle bestemmie contro Lui. Si lasci a Dio la cura di arrestare queste bestemmie, e salvare l’onore della pietà. –  Occorre fare anche questa preghiera, non solo per i nostri peccati particolari, ma per la nostra Patria: o Dio, Voi che siete la nostra unica salvezza, aiutateci; ed a causa vostra, a causa della gloria del vostro Nome, perché agli occhi di tutti i popoli la Francia è sempre stata il più ricco pinnacolo della vostra corona terrena, venite in nostro aiuto e procurateci la nostra liberazione. Infine se è purtroppo vero che ancora siamo peccatori, che siamo sempre colpevoli, siate propizio, siate indulgente verso i nostri peccati a causa vostra e del vostro Nome, e perché la Francia non possa essere abbassata, forse umiliata ché il vostro Nome ne soffra, che la vostra causa ne sia profondamente colpita. (Mgr PIE, Disc, etc., t. VII, p. 307).

ff. 11-12. – Se non bisogna rendere a nessuno male per il male, non solo non bisogna opporre una azione malvagia, ma non bisogna rendere un desiderio malvagio che, se non si vendica da se stesso, attende non di meno e desidera che Dio punisca il suo nemico. Se dunque il giusto ed il malvagio desiderano che Dio li vendichi dei loro nemici, in cosa distinguerli se non in ciò che il giusto desidera vedere il suo nemico corretto piuttosto che punito, e se lo vede punito da Dio, non si compiace nel suo castigo, perché non lo odia, ma nella giustizia di Dio, perché ama Dio? Infine se il giusto è vendicato dal suo nemico in questo mondo, gioisce o perché al suo soggetto, il castigo lo corregge, o per gli altri, affinché temano di rendersi colpevole come lui. Egli stesso diventa migliore attraverso questo castigo, non nutrendo il suo odio del supplizio del suo nemico, ma correggendo i propri errori. È dunque per benevolenza e non per malvagità che il giusto gioisce vedendosi vendicato, e lava le sue mani, cioè purifica le sue opere nel sangue, cioè nella punizione del peccatore, dalla quale trae non una gioia per la disgrazia altrui, ma un esempio di avvertimenti da Dio (S. Agost.). –  « Versate nel seno dei nostri vicini sette volte tanto il male che essi ci hanno fatto ». Il Profeta non desidera il loro male ma, come in precedenza, annunzia la giusta punizione delle loro colpe, e profetizza l’avvenire. Con il numero sette, cioè con il male reso sette volte, egli vuol far comprendere che la punizione sarà piena, perché spesso il numero sette è impiegato per esprimere la totalità. Il profeta dice: «I nostri vicini », perché la Chiesa abiterà in mezzo ai suoi nemici fino al giorno della separazione, perché al presente, non si opera nessuna separazione visibile. Egli dice: « versate nel seno », vale a dire nel segreto, affinché la vendetta che si fa oggi segretamente « brilli ai nostri occhi in mezzo alle nazioni ». Ed in effetti, quando un uomo è dedito al suo senso depravato, egli riceve interiormente, nel suo seno, la minaccia dei supplizi avvenire che ha meritato. « E l’obbrobrio che essi hanno gettato su di Voi, Signore; » versato nel loro seno sette volte con tanto di vergogna; cioè come punizione dell’obbrobrio che essi hanno voluto gettare su di Voi, respingeteli interamente nel segreto dei loro cuori. È la, in effetti, che essi hanno gettato l’obbrobrio su di Voi, conservando la speranza di cancellare il vostro nome dalla terra, per la distruzione dei vostri servitori (S. Agost.).

ff. 13. – « Ma noi, vostro popolo », queste parole si applicano in generale ad ogni sorta di uomini pii e di veri Cristiani. Noi dunque, che essi credevano di poter perdere, « noi, vostro popolo e pecore del vostro gregge », se qualcuno si glorifica, lo faccia nel Signore (I Cor. I, 21), « … noi confessiamo il vostro Nome per il secolo », vale a dire fino alla fine dei secoli (S. Agost.), « … e renderemo pubbliche le vostre lodi nelle future generazioni ». Quale più dolce occupazione c’è per coloro che sono veramente il popolo di Dio, che sono del numero delle pecore, che lo seguono come loro Pastore, e che sono nutriti nei suoi pascoli, che rendergli eterne azioni di grazie e rendere pubbliche le sue lodi già fin da questa vita ed in seguito nella sequela dei secoli. (Dug.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.