LO SCUDO DELLA FEDE (222)

LO SCUDO DELLA FEDE (222)

MEDITAZIONI AI POPOLI (IX)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. e libr. Sales. 1883

Del Rosario

PARTE PRIMA,

CHE COSA È IL ROSARIO.

Siamo stati creati per servire Dio e per essere con Lui beati in paradiso. Ma troppo alto è il cielo e santissimo è Dio, e noi troppo in basso qui da potere a quell’altezza elevarci, e rendere a Dio l’omaggio che gli è dovuto. Gesù Dio col Padre, Uomo con noi, Mediatore tra il cielo e la terra, e Redentore pietoso resta qui con noi nel Sacramento a fine di attirarci con Lui a dargli gloria tra i beati in paradiso. Eterno Figliuol di Dio fa causa comune con noi, fino a dividere con noi le persecuzioni e i nostri dolori: compagno indivisibile del nostro pellegrinaggio ha tutto il suo interesse a salvarci, perché siamo del suo Sangue. Gesù è il Padre e noi siamo i suoi figliuoli, che lo circondiamo adunati nel bacio santo della fraternità. Egli il Pastore, e noi le agnelle nel pascolo a lui d’intorno: Egli la vite, e noi i tralci che da Lui tiriamo l’alimento. Egli la via; e bisogna a Lui venire per poter giungere alla patria. Egli la verità, la luce delle anime nostre nel cammino dal tempo all’eternità: Egli la vita, e al tutto è d’uopo farci dappresso a Gesù e camminare insieme con Lui, e così con Lui, e per Lui solo trovare la salute a vita eterna. Centro della vita cristiana è dunque Gesù in mezzo di noi nel Santissimo Sacramento; e noi dobbiamo cercare la più facile maniera per raccoglierci intorno a Gesù, per fermare sopra Gesù i fugaci nostri pensieri, e quasi camminar di conserva con Lui, a fine di giungere dove sono riposti gli eterni nostri destini, in paradiso. Ma chi potrà unirci a Gesù in tanta confidenza, anzi intimità di vita? Chi sarà da tanto, e così vicino a Lui, e con noi tanto buono da volerci pigliar per mano? Il nostro cuore sente che ha in cielo un tesoro di bontà tutto per noi: il cuore nostro sa per prova, che là ha una Madre che ci può tutto ottenere; il cuore nostro quindi si lancia in seno a Maria nella confidenza che Ella voglia fare tutto per noi, perché a Lei ed al suo Gesù costiamo troppi dolori; e là sul Calvario ben se l’intesero fra loro di salvarci. Ci si voleva dunque una pratica di pietà facile, popolare alla mano di tutti, la quale, per unirci a Gesù, ci facesse pigliare per mano Maria così vivamente da non lasciarla mai più, finché non ci abbia con Lei salvi in Gesù Cristo. E questa così utile, così santa e cara pratica di pietà è il santo Rosario, che noi pigliamo a spiegarvi, riserbandoci di esporvi la maniera di recitarlo in altre MEDITAZIONI. – Benedetto Gesù, quest’oggi ci mettiamo sotto il manto della vostra Madre Santissima, perché la ci conduca in seno a Voi a trattare col suo cuore; e Voi, o Maria Santissima, raccogliete la famiglia dei vostri figli intorno a Gesù a contemplarlo, ad amarlo, a seguirlo nella via del Paradiso, come impareremo a farlo nel santo Rosario. Dobbiamo dunque spiegarvi che cosa voglia dire recitare il santo Rosario. Recitare il santo Rosario vuol dire metterci da prima con cuore in Gesù nel santissimo Sacramento, contemplarlo in mezzo di noi, come è realmente in Persona; ed uniti con Gesù alzare le nostre preghiere a Dio Padre in cielo. Vuol dire, poi rivolgerci a Maria, e baciarle e ribaciarle la mano, e dirle tutto il cuore nostro, e pregar tanto la Madre nostra, finché non ci abbia menato seco con Gesù in paradiso. Noi studiamo di farlo col Rosario, in cui contempliamo la vita di Gesù e di Maria nei misteri: ivi con Gesù preghiamo il Padre divino nel Pater noster, e diamo la mano a Maria nell’Ave Maria. Perciò il Rosario è una preghiera la quale si compone della meditazione dei misteri, e del ripetere che facciamo il Pater noster e l’Ave Maria. Miei fratelli, a quest’ora, come un padre che vi ama tanto, mi abbandono del cuore a voi; ed io, e voi meditando che cosa sia il santo Rosario, vogliamo insieme far del Rosario la scuola delle cristiane virtù, ed imparare a pregare facilmente riflettendo sopra i misteri più augusti e più consolanti sul cuor di Gesù e tra le braccia di Maria. – Cominceremo dal considerare perché si recitano i Misteri.

LA MEDITAZIONE DEI MISTERI.

Al principio d’ ogni decina si recita il mistero per metterci dinanzi a contemplare Gesù e Maria, come li vedessimo in un quadro. Con questo immaginarli dinanzi a noi, fermiamo l’inquieto nostro pensiero intorno a Gesù e Maria: li seguiamo passo passo negli avvenimenti principali della loro vita, e pigliamo parte alle consolazioni, ai dolori, ai trionfi loro così cari ai nostri cuori. Vediamo bene, come li possiamo imitare nella povera vita nostra. Anzi ci pare di vederli stendere la mano a noi, per aiutarci a seguirli; e per poco ci sembra di udire Gesù, che con quel suo fare da Uomo-Dio, ci dica: Pregate, pregate; sono ancor Io qui a pregare con voi il Padre mio, che pure è vostro Padre. Date la mano alla Madre mia, che quando Io moriva vi diedi per vostra. Venite appresso a noi: mettete i piedi sulle orme dei nostri passi; patite con noi ancora un poco, e poi di certo sarete con noi in paradiso. Dove son io e la Madre mia, voglio pure insieme voi, miei figliuoli. Per tal modo col raccoglierci di tutta l’anima nei misteri a contemplare Gesù e Maria, e col tenere appresso col cuore a loro negli andamenti della loro vita, camminiamo di conserva con Gesù e Maria, cioè corriamo la via che ci mena al paradiso. Ve lo accenno in breve ora; ma questo vedremo poi estesamente nelle tre MEDITAZIONI seguenti. Eccoci ai misteri gaudiosi. Nel primo ci contempliamo dinanzi quel fiore di paradiso che è la verginella Maria salutata dall’Angelo. Nel secondo le corriamo appresso per la montagna, a fine di fare con esso lei opera di carità. Nel terzo consideriamo, anzi pigliamo tra le braccia il Salvatore divenuto ancor più amabile in quanto è bambinello piccino; e l’offriamo nel quarto sul petto a Maria, per metterci con Essi in mano a Dio. Lo cerchiamo nel quinto con Maria, e lo troviamo nel tempio; e quinci innanzi no, no, non lo vogliamo abbandonare più mai, ma vivere e fare tutte le nostre azioni della vita nostra uniti con Gesù sotto gli occhi di Maria. Passando al primo dei dolorosi misteri gemiamo con Gesù tutto bagnato di sudore di Sangue boccheggiante nell’agonia, e chiediamo al Padre perdono dei nostri peccati. Nel secondo a lui lo mostriamo tutto lacerato di piaghe in quella tempesta di battiture. Cadiamo nel terzo ai piedi del re dei dolori, il quale dal suo Capo coronato di spine piove Sangue sulla nostra testa. Pigliamo con Gesù nel quarto sulle spalle le nostre croci, e con Maria l’accompagniamo al Calvario. Ah nel quinto, tacciamo, tacciamo; ché gli strazi e la morte di Dio vogliono lacrime, e non parole. Al vederlo inchiodato in croce nascondiamo il volto in seno a Maria tutta cospersa di Sangue divino; e lasciamo che dica Ella tutto per noi con quel suo Cuore, in questa santissima, ma tremenda contemplazione. Ora poi nel primo mistero glorioso giubiliamo con Gesù risuscitato; ci infervoriamo a combattere, perché Egli è risorto, e noi risorgeremo con Lui a vita eterna. Nel secondo su, su leviamo il cuor nostro con Gesù a speranza di paradiso. Egli cel conquistò, ce lo ha aperto, e ci stende la mano a salire anche noi. Nel terzo contempliamo coll’anima in cielo in seno al Padre ed al Figlio l’eterno Amore, Spirito consolatore; e gli mettiamo innanzi Maria a pregarlo che discenda nei nostri cuori, e conforti la Madre nostra la povera Chiesa in tante tribolazioni. Nel quarto elevati al Cielo presso il trono di Maria, Le piangiamo appresso gridando: anche noi, anche noi con voi…. o Gesù…. o Maria. Nell’ultimo: al paradiso! al paradiso! Concittadini del Cielo gustiamo già fin d’ora colla speranza un sorso della beatitudine nostra in Dio, in Gesù, con Maria, e coi beati ingolfandoci nel gaudio dell’eterna gloria. Per così soavi contemplazioni dopo esserci elevati dell’anima in paradiso ricadiamo a terra, e consolati ripetiamo tante volte: Gloria al Padre che mandò, per salvarci, il suo Figlio: gloria al Figlio che, fatto Uomo, sì è dato tutto per noi: gloria allo Spirito Santo, che ci santifica mediante i meriti di Gesù, per averci beati in seno a Dio… Ma il cuor nostro mette ancora un sospiro…. Oh gran Dio delle misericordie, traete anche le anime del Purgatorio ad amarvi in Paradiso! Eccoci adunque come nel santo Rosario noi scorgiamo il Cielo che ci aspetta, Gesù qui con noi in persona, per aiutarci a salire, Maria di là che ci stende la mano; ed in così santi pensieri, in tanta piena d’inesprimibili affetti abbiamo bisogno d’una parola la quale dica tutto; poiché si vorrebbe, ma non si può dire, con umana parola. E Gesù che non manca a nessuno dei nostri bisogni, mette sul nostro labbro di terra la sua divina parola. Questa parola è il Pater noster, per mezzo della quale noi col tremito della tenerezza potremo sfogarci col Padre nostro in cielo. Questa è la ragione, per cui recitiamo in tutti i misteri il Pater noster.

Il Pater Noster.

Noi diciamo con fiducia Pater Noster, perché  quando siamo uniti con Gesù, che qui con noi preghi nel Sacramento, Egli pare che ci dica: pigliate coraggio, poveri miei figliuoli, giacché in cielo abbiamo il Padre della bontà, il quale è nostro, e di là ci guarda con compiacenza; ed oh! vel dico Io, se vi ama! Egli è desso che mi mandò, che volle venissi pur a morire per salvarvi! E questo ancora: se non vi perdeva di vista quando gli eravate nemici, pensate, che vi potrà mai negare il Padre di tutti beni, ora che gli siete buoni figliuoli. Noi qui fermandoci a contemplar (quasi per renderci più teneramente consapevoli della nostra fortuna), inteneriti alle lacrime gli diremo in risposta: Oh Figliuol di Dio santissimo, voi siete proprio qui colle vostre Piaghe aperte, con questo vostro Cuore che dà del suo Sangue….. Sì, sì! ardiremo dire con voi: O Padre nostra siete nei cieli! Grande Iddio! avete un bell’essere grande, ma noi pur tra la gloria della vostra maestà vi conosciamo che ci siete Padre. Ah vi siete lasciato conoscere per Padre quando mandaste il vostro Figlio a farsi uomo con noi. Deh, Signore, dagli altissimi cieli abbassate lo sguardo sopra questa terra: essa è bene la poca cosa davanti la vostra Divinità; ma sopra questa povera terra abita qui con noi l’eterno vostro Figliuol Divino, di cui tutto vi compiacete, il quale fa causa comune con noi, e con noi grida: o Padre nostro. « È dunque, dice s. Cipriano, il Pater noster la più bella delle preghiere, la quale si innalza diritta al gran Padre dell’universo sotto la forma della figliale affezione; dessa è il grido del Figlio di Dio e di noi figli del suo Figlio al cuor del Padre che abbiamo in cielo. Deve dunque esser per noi la cara cosa ripetere sempre: o Padre, o Padre nostro! » Pigliamo coraggio. – E che? Il buon Pastore, se sente la pecorina belare tra i precipizii, la sia pur scappata la cattivella, corre subito a strapparla via di bocca al lupo, sulle spalle se la porta a seno. E che? Dice ancora Gesù, se vi venisse un amico pure in sulla mezzanotte a bussare alla porta, e gridasse sotto la finestra: — amico, sorgi su; ve” mi giunge or ora da lunga via un amico, ed io non ho neppur un pane da mettergli innanzi; deh imprestamene qualcuno da apporgli, — voi gli potreste dire: ma la è mala creanza disturbarmi a quest’ora! Vedi, io, i miei figliuoli, i miei servitori siam già coricati? e se l’amico non si parte per questo, e batte ancora alla porta: Amico, non negarmi un po’ di pane per carità! Voi non foss’altro, almeno per levarvi quell’importuno, vi alzereste dal letto, e non pur del poco pane, ma lo vorreste fornire di tutto. Voi che non siete poi tanto buoni vorreste fare così coll’amico che vi disturba. Pensate ora che non farà il Padre della bontà divina quando sentirà le nostre voci con quella del Figlio suo gridare tante volte: O Padre nostro, che siete ne’ cieli liberateci dal male. — Il Padre mio, continua Gesù, vel dico io, vi ascolterà. — Si, sì, stiamo pure alla parola di Gesù, che se lo conosce bene il Padre suo. Egli ce l’assicura le tante volte col dirci: « domandate e riceverete; battete e vi sarà aperto, cercate e sì che troverete..» Adunque non ci resta, che pigliarci sul cuore di Gesù, e con lui mettere gemiti verso del cielo : egli è certo che con Gesù tra le braccia, ci faremo ascoltare. Difatti, se una poverina di madre sta col bambinello delle viscere sue, morente di fame alla porta di un ricco buono in una brezza d’inverno che taglia la vita, e il bambino vagisce, egli apre subito la porta, ed ah! le vede sul petto quel bimbo colle braccioline che cadon giù, cogli occhietti annebbiati, gemente, consunto in quei cenci. Non pure il buon ricco, ma chiunque che non avesse che un sol boccone di pane, se lo toglierebbe di bocca per far carità al meschinello. Pensiamo adesso che non vorrà fare con noi la bontà di Dio, quando sente noi poverini, o meglio, sente il Figliuol suo colla nostra, che è sua parola gemere alla porta del cielo, anzi battere al suo cuore paterno! – Su, su dunque; pigliamoci sul cuore Gesù nel Sacramento, e nel Rosario quì presso la porta del cielo, mostriamolo che vagisce Bambino ancora fasciato tra le angustie delle nostre miserie. Su, su; nel Rosario presentiamolo. tutto bagnato di Sangue con ansioso lamento in passione tra le braccia a Maria colle Piaghe sue e le piaghe nostre, che par che senta in se stesso: su, su; nel Rosario leviamo al cielo le braccia, additandolo al Padre che lo tien alla destra in gloria, mentre è pur qui tra noi tutto nostro: battiamo alla porta del cielo: torniamo a battere ancora, dice s. Cipriano; gridiamo, e torniam a gridare: o Padre, o Padre nostro! Oh! se la conosce il Padre la voce del Figlio, che grida di fuori! È la voce del Verbo che gli esce di seno! Il Padre divino, Egli ci par di vederlo tra lo splendore dell’eterna gloria dissipare colla paterna mano i raggianti baleni della sua inaccessibile luce, e guardare giù. Scorgendo il Figliuolo della sua sostanza a supplicare con noi poverini….. ah! ah! il Padre Divino anche a noi risponde col sorriso di Padre…. Sì veramente: noi vorremmo giurarvi che possiamo tutto con Gesù, tutto ottenere da Dio. Ma chi vorrà darci tal confidenza da metterci sul cuore nostro Gesù? Chi?… La sua Madre la quale ce lo portò in terra. Salve dunque, salve o Maria, o gran Madre di Dio, prega Tu per noi peccatori!

Ave Maria.

Né qui è mestieri di molte parole, per far intendere perché ci rivolgiamo a Maria. Sollevati col cuore in paradiso noi così miserabili, in terra abbiamo bisogno d’un cuore che ci voglia il maggior bene senza guardar tanto alle nostre miserie: abbiamo bisogno di un cuore che interpreti tutto quanto il cuor nostro, e che pigli a far tutto per noi. Eh sì: ci si vuole il cuor di una madre, ma che sia da tanto da far rispettare il suo amore, e farsi ascoltare da Dio. Ebbene la fede nostra ce l’addita in cielo sì fatta Madre, e il nostro cuore sa per prova di avere là Maria SS., la Madre di Gesù che Egli ci diede per Madre nostra; e Maria ci ama dell’amore di vera Madre. Ma poveri noi che siam così meschinelli!… Oh! ma appunto, appunto per questo con Maria è da pigliar maggior confidenza. La madre quanto più è deforme il suo figliuolo con tanta maggior compassione lo piglia ad amare: non vi è storpiatello e brutto di bimbo il quale non abbia goduto in seno alla madre le più care tenerezze; ed il rifiuto di tutti è il più caro amore della madre. Ella lascia talvolta andare in festa i suoi figliuoli ben portanti sì, ma, la buona, rimane in casa tutta cura nel melanconico suo amore a tener consolato il figliuol più meschino. –  Che mistero è mai l’amore! egli si pascola volentieri di patimenti per l’oggetto che prende ad amare; e, quando più ha da patire per chi gli è caro, diventa tanto più vivo l’amore e più generoso. Ecco perché le madri amano più vivamente; gli è perché i figli costano loro troppi dolori. Sicché vi ha talvolta una madre che è ad un fil di vita ridotta a morirsi a fine di dare la vita al bimbo suo; ma quando la buona sel vede per dinanzi ricordando gli spasimi per lui sofferti, se lo stringe al seno con tenerezza più viva; e per vendicarsi, gli stampa in volto un caldo bacio. Con questo pensiero noi ci poniamo sul Calvario appiè della croce, quando Gesù moriva per salvare gli uomini perduti a morte in Adamo, e col suo sangue ricreava gli uomini alla vita eterna, facendoli diventare figliuoli di Dio. Contempliamo il mistero della misericordia divina. Come il primo Adamo, negando ubbidienza a Dio, ci perdette tutti, così Gesù, quale secondo Adamo riparatore, si offriva alla volontà di Dio per salvar tutti, col morire per noi. Allora sotto l’albero della colpa stava Eva con Lui d’accordo a nostra rovina. Ancora sotto la croce di Gesù correva pure Maria, e con Lui offriva del suo Sangue nel Sangue del suo Figlio. Quando Gesù agonizzava in croce, il Sangue pioveva giù dalla testa, grondava giù dalle mani, scorreva giù dai piedi, e Maria stava sotto la croce; e il Sangue di Gesù cadeva sul capo, sul volto, sulle mani, sulle vesti a Maria. Gesù, quando si vide lì sotto la sua Madre tutta bagnata di Sangue, ce la diede per nostra Madre. Appunto appunto allora quando Gesù stava per morire e lasciarsi squarciare il petto a fine di mandare dal Cuore il Sangue più vitale, e dare alla Chiesa sua sposa nei sacramenti la virtù di ricreare i figliuoli del Sangue suo alla vita eterna, a somiglianza del Creatore il quale prepara una madre, quando sta per nascere il bimbo, così Egli a noi che dovevamo rinascere figliuoli di Dio, preparava la madre, e per madre nostra ci dava la sua. Maria è pertanto Madre, perché cooperò a ricrearci col Sangue del suo Figlio; e noi siamo figliuoli del suo dolore. Le madri poi sono sempre madri, eziandio coi figlioli che siano stati cattivi. Provati (vorremmo dir qui, se mai si potesse supporre un figliuolo snaturato così da maltrattare la madre) provati, dopo i maltrattamenti di correre piangendo a baciarle la mano, per domandarle perdono, e noi ti assicuriamo, che questa povera madre ti perdonerà col pianto. Così, costandole noi troppi dolori, Maria troppo più vivamente ci deve amare. Ma vi è ben altra cara ragione per cui Maria è Madre nostra. – Qui giova penetrare nel mistero per comprendere bene e gustare come Maria è proprio la nostra Madre. Ed invero le madri sono madri, perché i figliuoli sono del loro sangue; ed a quel modo che una madre può dire al figliuolo delle viscere sue: cara la vita mia! tu sei il mio sangue, così Maria può dire al suo Gesù, perché il sangue di Gesù viene dal cuore di Maria: vita mia! siete voi Sangue mio! Ora il Sangue di Gesù viene con noi in comunione di vita; e Maria vede in noi il Sangue di Gesù suo Sangue. Ah! noi l’intendiamo questo col cuore; e se ci si permettesse un’espressione ardita come l’amor che sentiamo, noi vorremmo dire, che Maria ci guarda più che figliuoli adottivi, ma siccome figliuoli di Sangue. Ora pensiamo qui: se mai vi fosse una madre così fortunata nel mondo, la quale avesse il figlio suo primogenito diventato per avventura il più gran re dell’universo, e poi avesse altri figliuoli dispersi per la terra in abbietta miseria; e il figliuolo suo buono la volesse in reggia onorata regina alla sua destra in trono, dite chi mai vorrebbe al figlio suo in tanta gloria raccomandare in prima se non i poverini suoi figliuoli? Racconteremo un fatto. Di Napoleone, che da umile stato era diventato il più gran re dell’Europa, si racconta, come ad ogni sua nuova conquista volesse egli stesso portare la novella alla propria madre Letizia, a fine di godere della materna consolazione; e come la madre gli rispondesse ogni volta: ne godo assai; ma e i vostri fratelli? e che pur finalmente gli dicesse l’imperatore figliuolo: Mamma, per compiacervi uno de’miei fratelli farò re di Spagna; l’altro re di Portogallo, poi l’altro re di Vestfalia; e quanto alla sorella farolla regina d’Etruria. Vuolsi che a questo la madre con un lungo sospiro gli rispondesse: la vostra madre è felice. –  Deh! fate coraggio e consolatevi, o poveri figliuoli di Maria: la nostra madre è coronata in cielo in trono col Figliuol suo divino. Maria contempla in Paradiso tra lo splendore della divinità il Figlio suo in seno al Padre, e guarda in terra a noi poverini suoi figliuoli in tante miserie; e lì lì scorgendoci per perderci ad ora ad ora: Oh! Figliuol mio, gli dice: gli è Sangue nostro in quei meschinelli! Essa contempla in cielo nel Figlio le gloriose Piaghe e: Figliuol mio, gli soggiunge, queste piaghe nostre le soffrii di riverbero nel mio cuore; e quel Sangue che voi spargeste, venne dal mio seno: poi contemplando in terra le piaghe nostre, e gli ripete: mi par di sentirle nella mia persona quelle loro miserie, perché sono madre vostra, e madre anche di loro! Maria si fissa in cielo nel Costato aperto; e: Mio Gesù, esclama, questa ferita poi la sentii tutta io sola nel mio cuore; deh salvatemi i figli di tanto dolore! Su dunque, da questa povera terra alziamo le grida e il cuore alla gran Madre di Dio, e salutiamola, che è madre nostra. Fortunati noi i quali abbiamo tali parole da dirle, che nessuna creatura si è mai sentito a dire più belle. Queste sono le parole dell’Ave Maria. E da chi le abbiamo imparate? dall’Angelo Gabriele, da santa Elisabetta e dalla santa Chiesa. – Allorché 1’Arcangelo Gabriele fu mandato da Dio a Lei verginella Immacolata in terra per annunciarle che nel suo casto seno dovea nascere il Figliuolo, quel principe del cielo la salutò con tali parole: « Dio vi salvi, o piena di grazia; il Signore è con esso voi; benedetta Voi siete in fra tutte le donne. » I fedeli dell’universo unanimi raccolsero questo saluto e lo ripeterono d’età in età in ogni angolo della terra; e dal fondo di questa valle di lacrime, si vanno consolando tutti a vicenda in ripetendo alla madre del Salvatore « Dio ti salvi, o Maria. » Queste parole debbono commuovere le viscere della Madre di Dio in cielo. Esse ricordano e la predilezione mai più udita di Dio per Lei, e l’istante in cui Ella cominciò ad esser Madre divina, e la sua virtù con cui si metteva nelle mani di Dio, pronta al tremendo martirio di offrire alla morte il Figliuol dell’Eterno, le viscere sue. Poi, a fine di intenerirla più vivamente noi le ricordiamo le consolazioni della carità nell’umana famiglia; e le benediciamo in | seno con l’ispirata Elisabetta il Figliuol del suo Sangue. Infine, acciocché la sia tutta per noi questa Madre divina, colle parole della Chiesa da ogni angolo del mondo le raccomandiamo i bisogni nostri ed il massimo di tutti, quello di spirarle tra le braccia nell’agonia, conchiudendo: « Prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte! » Avvi adunque nell’Ave Maria il saluto del cielo, le benedizioni di un ispirato da Dio; e inoltre le grida de’ poveri figliuoli del Sangue del Figlio suo divino. Ora si domanderà di nuovo il perché si ripeta tante volte Ave Maria? per rispondere bisognerebbe saper dire il perché i veri amanti si compiacciano di ripetere le loro più calde espressioni: bisognerebbe sapere spiegare il perché nella vivezza dell’affetto il cuore non si sazi mai di palpitare; anzi come i palpiti medesimi formino il pascolo dell’istesso amore. – Noi però possiamo qui osservare, come eziandio la poesia e il canto, che sono il linguaggio dell’amore, hanno le loro cadenze e posate a misura: ed hanno gl’intercalari, i quali sì ripetono sempre gli stessi. In questi pare che l’anima si fermi a riposo, quasi per pascolarsi a bell’agio di ogni fior di bellezza che le ride d’intorno. Osserviamo anche come nei Salmi quasi di ogni verso la prima parte esprime un pensiero, e la seconda ne ripete il concetto con una cotal simetria: e come allora che si fa più vivo l’affetto, persino proprio le istesse parole tante volte ripetute rendono l’espressione più forte. – La musica poi questa bellissima espressione del sentimento, la quale solleva l’anima nostra e quasi le ali d’angelo le impenna, incominciar suole con un motivo, e tutta vivacità e movimento ed affetto colle onde dell’armonia ci trasporta ne’ campi dell’immaginazione. Quindi quasi a riposare del vagare incerto si raccoglie tratto tratto, e ci rimette in quiete. Poscia ricominciando coll’istesso motivo primiero, ritorna più vivace, e brilla ne” trilli, e s’insegue nelle fughe, e mobilissima al paro dei pensieri dinanzi le varie tinte de’ tuoi affetti ti colora. Aspettiamo un’istante: essa si calma e ritorna ancora sull’istesso motivo. Si direbbe che in quei ritorni l’ispirazione piglia forza a nuovi slanci: e noi ci troviamo come contenti che il tempo del ritmo moderi gli slanci, raccolga i voli e misuri i passi, e così nell’armonia ci ritenga soavemente. Non altrimenti avviene a noi nel Rosario. Noi riposiamo in seno a Maria e le diciamo tutti i nostri segreti: e per questo che le confidiamo noi stessi, pigliamo cuore a confidenze sempre più intime. Colle istesse parole sono diverse assai le cose che le vogliamo dire; è ponendole dinanzi tutti ì nostri bisogni nella piena del cuore ritorniamo a ripetere: Ave Maria, Ave Maria! –  Ma noi vogliamo far intendere fino ai bambini, il perché del ripetere continuo che facciamo: « Ave Maria ». Signori, degnatevi di abbassarvi alla cara semplicità dei bimbi, a cui ci vuol ridotti il Vangelo, ed ascoltate. Immaginate una tenera madre, la quale, di ogni più fine cura circondato il bambino suo, sì lo compone a sedersi sul preparatogli guancialetto. Affinché nulla gli manchi ella gli cerca e pone tra mano i ninnoli a giuocherellare; e quindi, credendolo quieto a trastullarsi, dassi tosto alle faccende domestiche. Il bambolo giuoca per poco, ma poi lasciandosi i ninnoli andar dalle manine, dice: Mamma! con voce amorosa. La mamma è subito a lui, e gli dà un bocconcino; ma il bambino lo lascia tosto cader di bocca, e torna ad esclamare: Mamma!… e la mamma gli porge un po’ d’acqua; ma il bimbo torce dal nappo la testolina, e col riderle negli occhi par che le dica: « E del cuore vostro che voglio io, o mamma, » e ripete ancora: « mamma, e mamma ancora ! » Insomma né il bambino, crediamo, si stanca mai di chiamar la madre, né la madre è mai che si annoj di sentirsi chiamar mamma; né certo principessa o regina sarebbe mai tanto pretendente in orgoglio da sgridare il bimbo, e dirgli: Finiscila una volta con quella tua voce sempre l’istessa: chiamami o principessa, o regina! No, no: né bimbo, né madre non si sazian mai delle ripetute carezze, e dei cari vezzi amorosi. Parimenti noi non ci troviamo mai così bene come quando siamo tra le braccia di Maria a trattar con Dio. Quindi noi non rifiniamo di dirle le tenerezze nostre infinite, di baciarle e ribaciarle le mani, e « di farla interprete con Dio delle nostre parole piene di pianto!… Sî, sì noi la pregheremo continuamente per ora, e per l’istante della nostra agonia, in cui le vogliamo volare in seno… Ave Maria, ora pro nobis nunc et in hora mortis nostræ. Ora se vi è chi non intenda perché noi replichiamo tante volte Ave Maria, povero a lui, egli è senza cuore, oppure non conosce le vie del cuore. Noi godiamo invero di immaginarci nelle case cristiane le famigliole raccolte appiè dell’immaginetta di Maria. Al lume della lampadella tremolante come i nostri cuori innanzi al tabernacoletto, stanno e giovani e più attempati in belli gruppi graziosi; ci par di vedere gli angioli confusi con esso loro a gara fornire ghirlande di rose in recitando il Rosario, ed intrecciare in mezzo ai misteri gaudiosi, come dir perle di candor che innamora: metter dentro, quasi rubini rosseggianti del Sangue di Gesù, ai dolorosi misteri: e diamanti lucentissimi di celeste splendore insertare nei misteri gloriosi, e tutti insieme facendo corona a Maria. Godiamo, godiamo che le nostre famiglie riposino dai travagli della povera vita la sera aspirando i profumi di una vita migliore nel santo Rosario. Noi vogliam con essi ripetere in questo gaudio: « Gloria a Dio, e requie, e luce eterna ai vivi ed ai morti con Gesù, con Maria in Paradiso. » – Ma ahi! che in questa povera valle innaffiata di lagrime strisciano dei rettili a cui fanno noia persin le rose; ed un brutal uomo ebbe l’audacia di stampare sopra una gazzettaccia che fa schifo, il Rosario essere una preghiera stupida !…. Oh!…. oh!…. stupida preghiera il Rosario? Fratelli, trattenete lo sdegno…. perché quel miserabile non poteva che dire così. S. Paolo ci avvisa, che certe bestie di uomini…. animalis homo, non gustano punto le cose di Dio. A questi uomini bestie avviene come ai ciacchi indegni che si avvoltolano in fango. Se mai nel grufolar le immondezze accadesse lor davanti una corona di gioie, l’accefferebbero i brutti col grugno affine di succhiarvi il sudiciume; ma poi rigetterebbero stupidamente le pietre preziose troppo dure alle loro zanne, perché non hanno sapor di schifezza. Così questi miserabili chiamano stupida pratica il santo Rosario, abbandonati che sono da Dio al reprobo senso: abbietti in vita bestiale, quando trattano le immondezze sono nella lor beva allora, e tuffati perdutamente a gola guazzano in brago…. Noi via via torciamo lo sguardo, noi figliuoli di Maria, perché costoro danno in feccia e scolatura d’ogni ribalderia. Ma se i rospi gracidan nella melma e si rituffano nel fango, non ci curiamo di loro altrimenti, e passiamo, senza neppur guardarli, a salutare nel Rosario Maria. – Quando poi vediamo questa pratica del Rosario, usata dai Cristiani nei maggiori loro bisogni, attraversare tanti secoli e conservarsi con sentimento così vivo, così tenero ed universale, noi allora conchiudiamo che questo sentimento deve essere l’effetto di quell’istinto meraviglioso il quale guida divinamente i fedeli nelle pratiche della pietà, anima ed espressione della fede e della vita cristiana. $i, il Rosario deve essere in armonia coi bisogni del cuore dell’umanità cristiana, perché essa tutta comunemente lo adottò e pratica sempre; ed ottenne con esso da Maria i più belli favori e le più care grazie. Ma per dare ai fedeli questa maniera di conversare beatamente con Dio colla forma del santo Rosario, Egli ci voleva un’anima la quale sentisse ben addentro nelle cose del Signore. Ebbene san Domenico fu l’uom fatto secondo il cuore di Dio, per farsi interprete della Chiesa e dei suoi figliuoli. Egli insegnò la formola del santo Rosario: e se ne fece un’arma per abbattere gli Albigesi i quali con mostruosa eresia volevano fare gli uomini un branco di bestie matte e furiose, rotte ad ogni libidine. Tutti i fedeli contenti di averlo da lui imparato se lo insegnarono l’un l’altro, e nol dimenticarono mai più. Non vi è madre cristiana, la quale non l’abbia coi figliuoli recitato. In ogni magnifico tempio, come in ogni chiesuola, nei palagi dorati, come nelle più povere casette dinanzi ad una preziosa immagine come ai piedi di una madonnina di gesso, pontefici, re, regine, artigiani e contadinelle tutti dicono i loro bisogni alla gran madre di Dio nel santo Rosario. Vengono in esso i sacerdoti a dar mano a Maria, e ad offrirsele ad accompagnare Gesù, come Ella, fin sotto la croce, nel sacrificio, il quale sull’altare si ripete. Le sacre vergini sposate a Dio, le giovanette e i fanciulli mettono in salvo i loro gigli in seno all’Immacolata in ripetendo a coro come gli Angioli: Ave Maria. Le monache offertesi al martirio della carità e le povere madri martiri delle famiglie pigliano piangendo in grembo a Maria il balsamo da medicare le piaghe umane ripetendo a gemiti: Ave Maria: le Sacramentine poi gementi d’amore davanti a Gesù nel Sacramento, esclamano tutto il dì e tutta la notte: o Maria, o Maria la benedetta, benedite voi a questo Amor nostro, Gesù, a cui non sappiam meglio parlare che col vostro Cuore!… Ed il povero popolo, quando si trova intorno all’altare e sa che Gesù tratta i suoi interessi col Padre in cielo, va ripetendo ave, ave, Maria, dite voi tutto a Gesù per nol peccatori. Sol che egli si fermi in Chiesa a trattare con Dio, si mette col Rosario tra le braccia a Maria; e quando gli muore sul labbro la parola della preghiera almen si consola, e devoto, come già s. Stanislao Kostka, di tenersi legato alle mani convulse il santo Rosario, come la più bella cosa da presentar alla Regina Madre della misericordia arrivato in Paradiso. Al Rosario sì, al Rosario non altrimenti che i popolani stendono la mano e il cuore anche gli uomini grandi. Il fiero connestabile Anna di Montmorency col Rosario in mano alla testa del cattolico esercito francese contra gli Ugonotti protestanti arrabbiati, mentre dava l’attacco della battaglia si segnava di croce alto gridando: Padre nostro, del cielo… liberaci dal male! Poi: Ave Maria! e tuonava il suo comando: battaglioni, avanti, attaccate alla destra. — Appendeva all’arcion della sella la corona, balenava come un fulmine innanzi a loro nella mischia; e, fugato il nemico, ripigliava in mano il Rosario dicendo: Santa Maria, prega per noi peccatori. Poi: Ave Maria… Battaglioni, attaccate alla sinistra, al centro; e sfondato l’inimico, ripigliava dalla sella in mano la corona dicendo: Santa Maria, prega per noi! — Ah fratelli, se si recitasse ancor da tutti noi il Rosario, non ci colpirebbero tanti insuccessi. Anche Enrico IV confessava altamente che sul trono recitava il Rosario almeno al sabato e alla domenica. Ricorderemo una gloria del Piemonte. Emanuele Filiberto di cui fu detto che non ebbe mai paura in tutta vita, fugati i francesi a S. Quintino, e così fermati i piemontesi sulle Alpi della Savoia, come nelle tende dei forti alla difesa d’Italia e formavale una sicura barriera. Ritornato trionfalmente in Torino il bravo duca alla testa di quella truppa d’eroi, e circondato dai cavalieri dell’Annunziata, fissati per legge in numero di Quindici ad onore dei Quindici Misteri, andava processionalmente recitando coi prodi la Corona a ringraziare della vittoria riportata, Maria santissima nella chiesa del Rosario. Nell’assedio di Torino, mentre cadevano le bombe ad incenerire la città, il beato Sebastiano Valfrè per salvarla, raccoglieva gli inermi innanzi alla cittadella a recitare il Rosario. Ma era riserbato a s. Pio V l’onore di francar col Rosario l’Europa dalla Turchia che la minacciava di schiavitù, giurato avendo il Sultano di voler tagliar la testa a tutti i Cristiani. Pio raccoglie dall’Italia, dalla Spagna e da altre nazioni quel po’ di navi che poté…. Era l’Europa nel più terribile frangente; ma il Papa ordina di recitare il Rosario dappertutto. Nell’ora del cimento Giovanni d’Austria colla bandiera di Gesù in passione dal santo Pontefice a lui affidata, stava nel golfo di Lepanto alla presenza della spaventosa flotta turchesca. Tremendo istante! Le due armate si guardano in solenne silenzio: Giovanni ritto in alto sulla capitana si segna di croce, mette un grido al Padre nostro in cielo, e poi: Ave Maria! e le flotte son nell’attacco. Si alza un vento e spinge le navi cristiane contro la flotta dei turchi: l’Europa è salva, perché la salvò Maria nel Rosario invocata. Pio era in Roma le cento e cento miglia lontano circondato dai cardinali; aprendo in quell’istante la finestra esclamava il Pontefice del Rosario: Ringraziamo Dio, che per Maria siamo salvati. La Chiesa consacrò la vittoria della libertà europea con una festa solenne, che Gregorio XIII volle si chiamasse solennità del santo Rosario, la prima domenica di Ottobre. Conchiuderemo con le approvazioni dei sommi Pontefici le quali per noi cattolici valgono più di tutte altre ragioni a raccomandarlo. Nicolò V, Urbano IV, Innocenzo VIII, Leone X, Adriano VI, Clemente VII, Paolo III, Pio V, Urbano VIII lodarono ed approvarono sommamente il Rosario, e concessero tante indulgenze, per cui guadagnare debbono i fedeli farsi ascrivere alla Compagnia del santo Rosario. Madre di Dio e Madre nostra onnipotente, voi scorgete come freme orrenda e universale la guerra contro i fedeli: un altro Pio ricorre a Voi egli che vi proclamò Immacolata, forse perché nella maggior vostra gloria schiaccerete col piede immacolato la testa alla massima delle eresie!… al panteismo truce il quale si traduce praticamente in latrocinio universale, ed in delitto legale!… Noi non ardiremo più in là; ma pure inabissati nel nostro nulla, mentre nello scuro e pauroso orizzonte muggisce tant’orribile burrasca, nello splendore del vostro trionfo noi vogliamo gridare: Oh vedi l’arcobaleno annunziator della pace all’universo cristiano. È Maria proclamata da Pio IX Immacolata: Maria aiuto al tempo opportuno che noi invochiamo col Rosario. Il quale vi mostreremo a recitare nelle seguenti MEDITAZIONI.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.